ACS 006 , Giubileo d'oro della missioni 1925

Don Rinaldi. Lettera 1925ACS 6, (1925) 30, 364-373


IL GIUBILEO D'ORO DELLE NOSTRE MISSIONI.



J. M. J.


Carissimi figli in Gesù Cristo,


1. Dalle relazioni verbali e scritte degl'Ispettori e Direttori rilevo con particolare compiacenza l'impegno grande con cui in quasi tutte le Case si è commemorato il Centenario del primo sogno di Bon Bosco: ciò mi prova che ciascuno di voi ha cercato di mettere in pratica il Ricordo degli ultimi Esercizi spirituali, approfondendo con più assidua meditazione la pagina paterna che ci descrive l’origine soprannaturale, la natura intima, la forma specifica e la realtà luminosa della nostra vocazione all’apostolato salesiano.

Commemorando quel primo sogno del Ven. Padre, noi abbiamo implicitamente festeggiato il centenario dell'inizio di tutta l'Opera Salesiana; fu in quella prima visione ch'egli venne, si può dire, consacrato apostolo della gioventù, padre d'una nuova famiglia religiosa, missionario dei popoli selvaggi; essa infatti gli suscitò in cuore anche un vivissimo desiderio di vita religiosa e di evangelizzazione degl'infedeli; e in questo duplice desiderio erano contenuti in germe i due mezzi atti a perpetuare e ad estendere dappertutto il suo nuovo apostolato: cioè la Società Salesiana e le Missioni. Be illustrazioni celesti ch'egli ebbe in seguito non fecero che chia­rire sempre meglio quello che gli era stato indicato nella prima.

B'anno scorso, celebrando il Giubileo d'oro dell' approvazione delle nostre Costituzioni, abbiamo avuto campo di studiare l'ori­gine e lo sviluppo progressivo della Società Salesiana, che Bon Bosco iniziò verso il 1850, e fondò palesemente nel '59, e che, approvata dalla S. Sede nel '69, otteneva la sanzione definitiva delle sue Costituzioni nel '74.

Quest'anno ricorre il 50° anniversario del principio delle nostre Missioni, precisamente il giorno 11 novembre prossimo. Nella mia circolare dello scorso ottobre vi ho già invitati a prepararvi alla solenne commemorazione di questa data; ora è tempo, o miei cari, ch'io vi parli un po' più a lungo di questo argomento, perché le Missioni tra i popoli selvaggi, come furono una delle più ardenti aspirazioni del cuore di Bon Bosco, così sono e saranno sempre uno dei più preziosi gioielli dell'Opera Salesiana.


2. Le Missioni sono l'opera divina per eccellenza: Gesù Cristo l'affidò alla sua Chiesa allorché, prima di salire al cielo, le impose di predicare il suo Vangelo per tutto il mondo, a tutte le genti e fino alla consumazione dei secoli. E d'allora in poi la Chiesa non ha mai cessato d'inviare dappertutto i suoi evangelizzatori, ] dolendosi solo di non averne mai a sufficienza per l'abbondante mèsse che le si offre di continuo in ogni plaga della terra. Perciò essa pone ogni studio a suscitare e accrescere nelle nazioni civili l'amore alla vita missionaria, affine di avere soggetti e mezzi in quantità proporzionata ai crescenti bisogni.

In questi ultimi tempi quest'apostolato missionario si è fatto più intenso, al che ha contribuito non poco l'opera del nostro Yen. ! Padre, sia per l'impulso straordinario dato alle vocazioni religiose I e sacerdotali coi suoi Oratorii e Istituti, sia, anche per il nuovo metodo educativo che i suoi figli hanno pure applicato alla conversione dei selvaggi. Man mano che progrediva negli anni e negli j studi, egli venne a capire sempre meglio che il comando ricevuto nel sogno, di lavorare a pro della gioventù, doveva riferirsi anche ; ai giovani selvaggi, ch'erano i più infelici di tutti. Sospirava perciò di farsi missionario, si deliziava a leggere i vari Annali delle Missioni Cattoliche, e si approfondiva nello studio della geografia e delle lingue. Sacerdote, continuò a studiare le lingue in vista delle Missioni, e vagheggiò l'idea d'entrare fra gli Oblati di Maria che in quel tempo avevano aperta una fiorente Missione nell'Indocina. Non diminuì in lui questo vivo desiderio neppure dopo che il suo confessore gli ebbe detto chiaramente ch'egli non doveva andare nelle Missioni. Fin dal 1848 Don Rua con altri condiscepoli d'allora, e più tardi anche Don Bonetti, lo videro più volte guardare a lungo la carta del globo terrestre e poi dire sospirando: Oh se avessi molti preti e molti chierici! Vorrei mandarli ad evangelizzare la Patagonia e la Terra del Fuoco, perché questi popoli finora furono i più abbandonati!



3. Di tratto in tratto poi, misteriose illustrazioni gli rendevano più vive e palpabili queste sue aspirazioni missionarie. Nel 1854, chiamato per amministrare gli ultimi Sacramenti a un suo giovane moribondo, una subitanea visione prima d'una risplendente colomba, poi di strane figure di selvaggi, dall'aspetto orrido, color del rame, che, curvi sul morente, sembravano implorarne il soccorso gli fece intuire, oltre al futuro di quel giovane, quali fossero i selvaggi che aspettavano la salvezza da lui, come riconobbe più tardi.

Un'altra volta gli parve di trovarsi in un'immensa pianura, tutta incolta. Turbe d'uomini, di statura più che ordinaria, di colore abbronzato, di aspetto feroce, vestiti solo con pelli d'animali, e armati di lance e fionde, la percorrevano in ogni senso, ora cacciando, ora combattendosi tra loro, e ora azzuffandosi accanitamente con soldati vestiti all'europea, per cui il terreno era sparso di cadaveri. Molti missionari, a lui affatto sconosciuti, tentavano l'un dopo l'altro di avanzarsi in mezzo a quei barbari per mansuetarli con la religione di Gesù Cristo, ma erano tosto uccisi e fatti a pezzi.


Mentre Don Bosco provava gran pena per il ripetersi di così orribili scene, e pensava come fare a convertire quell’infelici, giunsero, preceduti da una schiera di giovanetti, altri missionari dal volto ilare, ch'egli riconobbe tosto i primi anche personalmente come chierici e preti salesiani. Avrebbe voluto farli tornare indietro per sottrarli alla sorte dei precedenti, ma con sua gran meraviglia vide che i barbari sorridendo abbassavano le armi, li ricevevano con deferenza, si lasciavano poco per volta istruire, rispondevano alle preghiere, e insieme con loro cantavano lodi alla Madonna.


Il Venerabile Padre ritenne questo sogno, fatto poco dopo l'approvazione definitiva della sua Società, come un avviso celeste che lo sollecitasse a dar principio anche all'Opera missionaria tra i popoli selvaggi. Si pose subito a studiare l'indole e la natura di vari tra questi popoli, e finalmente nel 1874 si convinse che le note caratteristiche di quelli veduti nei sogni si riscontravano con chia­rezza solo negli abitanti della Patagonia, regione allora quasi sconosciuta della Repubblica Argentina. I pressanti inviti fattigli proprio quello stesso anno dall'Arcivescovo di'Buenos Aires perché mandasse in quella Repubblica i suoi figli, lo confermarono pienamente in tale convinzione; sicché non gli restava più altro che preparare e disporre con sollecitudine tutte le cose necessarie per iniziare l'opera da tanto tempo vagheggiata.


4. Qui, miei cari figli, vorrei che richiamassimo alla nostra mente tutte le fatiche, le premure, le pene e i sacrifici del nostro buon Padre nel 1875 per fare quei preparativi. Non dimentichiamo che nel suo gran cuore erano accumulati da anni ed anni gli ardori apostolici d'un Francesco Saverio, alimentati da una fiamma superna che gli andava rischiarando l'avvenire attraverso i sogni; e ci sarà facile comprendere com'egli in quell'anno rivolgesse tutta la sua straordinaria attività di pensieri, parole e opere alle Missioni d'America; per me, penso che forse nessun missionario è stato propagandista più zelante e infaticabile di lui. Lo rivedo, il Padre amatissimo, nei lontani ricordi della mia, vocazione salesiana, proprio negli anni del suo maggior fervore missionario; e l'impressione che me n'è rimasta è indelebile; era un vero missionario, un apostolo divorato dalla passione delle anime.


La sua prima cura fu di suscitare nei suoi figli l'ardore delle Missioni. «Ascolto una voce che viene da lontano e grida: Veniteci a salvare! Sono le voci di tante anime che aspettano chi vada a torte dall'orlo della perdizione e le metta per la via della salvezza. Io vi dico questo perché parecchi di voi sono chiamati alla carriera ecclesiastica, al guadagno delle anime. Fatevi animo: ve ne sono molte che vi attendono! » Tanto calda e persuasiva era la sua parola, che, si può dirlo senza esagerazione, tutti i suoi figli avrebbero voluto essere i prescelti a diventar missionari.


I componenti però del primo drappello gli erano già stati indicati chiaramente nella visione: erano i migliori sostegni dei suoi I fiorenti Oratori e Collegi d'allora, sicché il privarsene per inviarli nelle Missioni fu per lui un grave sacrificio, dato che aveva pochissimo personale: ma lo fece serenamente e senza esitazione alcuna. Non vi parlo qui delle fatiche e dei sacrifici che sostenne per condurre a termine le complesse trattative in America e a Roma; per preparare ed addestrare alla vita apostolica gli eletti; per raccogliere il danaro necessario e provvedere tutto l'occorrente alla spedizione: c'era lavoro per parecchie persone, ma da ciò non si la sciava spaventare Don Bosco.


Compreso inoltre di tutta la grandezza dell’opera che stava per iniziare e per inserire effettivamente tra le finalità della sua Congregazione, egli dinanzi al Signore andava pure pensando al modo più efficace per assicurarle una vita rigogliosa anche in avvenire. A tal fine occorrevano soprattutto due cose: moltiplicare le vocazioni religiose-sacerdotali, e assicurarsi una falange numerosa, stabile e attiva di benefattori che gli fornissero i mezzi materiali. Di qui la necessità di due altre opere, da lui presentita fin d’allora. Le linee generali del programma per la futura Unione dei suoi Coo­peratori si erano andate maturando nella sua mente fin dal 1845; ma non vedeva ancora come poter rimediare alla scarsità delle vocazioni. Assillato da questi pensieri, fece ricorso, com'era solito nelle cose di maggior momento, alle preghiere e alle mortificazioni; e non tardò ad essere dal Signore esaudito. Proprio nei primi mesi del 1875 ebbe nuove illustrazioni dall’alto, che lo indussero a dar T'ultima mano alla Pia Unione dei Cooperatori e a fondare in quell’anno stesso l’opera di Maria Ausiliatrice per le vocazioni degli adulti allo stato ecclesiastico e religioso, dopo aver invocato e ottenuto sopra entrambe le imprese la benedizione più ampia del S. Padre.

Ho accennato a queste due opere perché la loro origine si collega intimamente coli'inizio delle nostre Missioni; ma essendo esse state approvate solo il 9 maggio 1876, avrò agio di parlamene meglio durante Vanno venturo, che sarà il cinquantesimo della loro approvazione.


5. Intanto, più si avvicinava la data, della partenza dei suoi primi missionari, e più il Ven. Padre intensificava la sua attività per disporre bene ogni cosa, e le sue tenerezze materne verso quei figli che gli erano divenuti doppiamente cari. Li inviò a Roma a ricevere la benedizione del Vicario di Gesù Cristo e il mandato di predicare il Vangelo. Desidero che cresciate in numero disse il Papa nel vederli perché grande è il bisogno, copiosissima è poi la mèsse tra le tribù selvagge.

Alla funzione di addio, celebrata l’11 novembre nel Santuario di Maria Ausiliatrice, la parola del Padre rivelò il suo immenso affetto verso i partenti, e la profonda commozione ch'egli provava nel veder realizzato il suo ardente desiderio. Dopo aver ripetuto il comando divino, e accennato che il granellino di senapa, ch'egli in quel momento lanciava oltre l'Oceano, si sarebbe esteso a poco a poco, operando un gran bene, insistè principalmente sul metodo da usarsi, a base di mansuetudine e di carità, occupandosi di preferenza della gioventù, tanto dei connazionali emigrati colà, quanto degli indigeni ancora da convertire. — «Voi troverete un grandissimo numero di fanciulli, e anche di adulti, che vivono nella più deplorevole ignoranza del leggere, dello scrivere, e di ogni principio religioso». Andate, cercate questi nostri fratelli, cui la miseria o la sventura portò in terra straniera, adoperatevi per far loro conoscere quanto sia grande la misericordia di quel Dio che ad essi vi manda per il bene delle loro anime... Nelle regioni poi che circondano la parte civilizzata vi sono grandi orde di selvaggi tra cui non penetrò ancora la religione di Gesù Cristo. Questi paesi sono le Pampas, la Patagonia e alcune isole che vi stanno attorno... Ora tutte quelle vastissime regioni sono ignare del Cristianesimo, ed ignorano af­fatto ogni principio di civiltà, di commercio e di religione. Oh! noi dunque preghiamo, preghiamo il Padrone della vigna, che mandi operai nella sua mèsse, che ne mandi molti; ma che li mandi secondo il suo cuore, affinché si propaghi su questa terra il regno di Gesù Cristo ».

Con voce soffocata dalle lacrime disse in seguito tutto il dolore che provava per la loro partenza; li animò a star sempre attaccati alla S. Chiesa e uniti al suo Capo supremo, ad affrontare coraggiosamente i pericoli, le fatiche, gli stenti d'ogni genere, fidando nell'indefettibile assistenza divina. All'addio e all'abbraccio finale, dopo la benedizione di rito, una profonda commozione s'impossessò di tutti. E da quel tempo la cara funzione si andò ripetendo ogni anno sempre nello stesso modo commoventissimo.


Quella sera medesima il Venerabile accompagnò i missionari a Sampierdarena, e stette con loro ancora due giorni, nella più grande intimità d'unione; il 14 li accompagnò sul bastimento, visitò le loro cabine, e pareva proprio che non sapesse staccarsene. Negli ultimi istanti confuse le sue lacrime con quelle dei figli, e dopo averli benedetti ancora una volta, ridiscese a terra, portando seco il loro cuore, e lasciando a loro il suo.


6. E veramente quei dieci primi missionari si ebbero tutto il cuore del Padre, perché egli, nei 13 anni che rimase ancora quag­giù dopo la loro partenza, parve non pensasse più ad altro che a preparar nuovi missionari, a farne annuali spedizioni, e a cercare i mezzi per i viaggi e per le necessarie provviste. Con la sua meravi­gliosa attività egli provvedeva pure a tutte le altre opere della Congregazione a pro delle anime, ma le Missioni occupavano il primo posto nel suo cuore, ed erano il tema favorito delle sue conversazioni con Dio e con gli uomini.


Il Signore poi, continuando le grandiose illustrazioni notturne, ora gli faceva intravedere moltitudini sterminate di ragazzi e ragazze, e con loro popoli immensi condotti dai suoi missionari; ora gli additava, in un viaggio fulmineo, l’immensa eredità riserbata ai Salesiani nelle Americhe, i sudori e il sangue con cui avrebbero fecondato quelle terre, e la futura prosperità di esse; e ora gli mostrava in un punto solo il presente, il passato e l’avvenire delle Missioni Salesiane, i pericoli, i successi, i momentanei disinganni, e da ultimo il trionfo finale, raffigurato in un gran convito, al quale partecipavano tutti i missionari con le innumerevoli turbe da loro guadagnate alla Chiesa e alla civiltà. Era il pieno avverarsi della trasformazione degli animali selvaggi in agnelli e in pastori, da lui veduta nel primo sogno; ed egli n'era così certo, che, dopo aver narrato il meraviglioso sogno avuto a S. Benigno la notte del 30 agosto 1883, concludeva con queste memorande parole: Colla dolcezza di S. Francesco di Sales, i Salesiani tireranno a Cristo le popolazioni dell'1 America. Sarà cosa difficilissima moralizzare i primi selvaggi; ma i loro figli obbediranno con tutta facilità alle parole dei missionari, e con essi si fonderanno colonie; la civiltà prenderà il posto della barbarie, e così molti selvaggi verranno a far parte dell''ovile di Gesù Cristo.

Per qual ragione, del resto, il Signore nel 1854 gli aveva risanato miracolosamente colui che sarebbe stato il condottiero del suo primo drappello di missionari, l’apostolo intrepido della Patagonia, poi Vescovo e infine Cardinale di S. Romana Chiesa, se non per fargli toccar con mano che quelle Missioni erano proprio volute da Lui, e per confermarlo nella fiducia che poco per volta si sarebbero pure avverate tutte le altre cose mostrategli nei sogni? Con quale commozione, la vigilia della consacrazione episcopale di Monsignor Cagliero, egli narrò quanto aveva veduto attorno al letto di lui moribondo nel 1854! La luce s'era convertita in realtà, e il Signore gli , riserbava ancora la consolazione di vedere coi propri occhi alcuni di quei poveri selvaggi della visione prostrarsi ai suoi piedi per ringraziarlo di aver loro inviato i suoi missionari.


7. Ora, o miei cari, noi vediamo quanto quest'opera sia stata benedetta da Dio! Nell'Argentina, in meno di cinquant'anni, i Salesiani han fondato 57 Case, e 33 le Figlie di Maria Ausiliatrice. Dall' Argentina son passati in tutte le altre nazioni d'America, poi in Africa, in Asia, in Australia! E i nostri festeggiamenti giubilavi sono destinati a lumeggiare questa meravigliosa espan­sione, non per fini umani, ma unicamente perché il bene fatto ri­dondi a gloria del Padre: ut videant opera vestra bona, et glorificeut Patrem (Matth., 5,16). La divina Maestra di lui, la potente nostra Ausiliatrice, che gli fece intravedere qualche barlume di queste meraviglie, e gli additò il luogo donde sarebbero uscite: Hic dormis mea! Hic gloria mea!, vuole da noi questa cinquantenaria glorificazione delle nostre Missioni, che sono pure le sue.


Noi l'abbiamo già cominciata da due anni, questa glorificazione, mediante il più intenso sviluppo dato all'azione missionaria, sia col creare un apposito periodico, sia coi numerosi Comitati missio­nari (locali, regionali, nazionali), sia col partecipare all'Esposi­zione Vaticana, sia finalmente col suscitare tra i Cooperatori, tra gli Ex-Allievi, e in modo particolarissimo tra gli allievi, un vivo entusiasmo per le nostre Missioni. Quante consolazioni ci hanno procurato e ci procurano col loro zelo missionario gli alunni degli Oratorii festivi, dei Collegi e dei Pensionati! Si son fatti promotori di congressi, comitati, lotterie, collette, recite di beneficenza, sottoscrizioni rateali, numeri unici, conferenze con proiezioni, e via dicendo. E quanto commuove, visitando le Case, il vedere quei giovanetti deporre nelle mani del Superiore, con gli occhi scintillanti di gioia, il gruzzolo industriosamente raccolto a pro delle Case di formazione missionaria!

Questo entusiasmo giovanile aumenta di anno in anno, con frutti sempre più copiosi, con sempre nuove geniali industrie e gradite sorprese. Se molti Direttori mi scrivessero in breve i tratti più salienti di tale apostolato missionario dei loro giovani, si potrebbe formare in poco tempo un'antologia commovente di azione, missionaria. Perché non tutti lo fanno? Perché non indire qualche concorso a premio, per incitare i giovani stessi a scrivere bozzetti sulle Missioni e sul modo di aiutarle?


L'educazione missionaria, se ben diretta, è pur fonte di numerose vocazioni tra i nostri giovani. Un direttore di Oratorio festivo che la sappia trasfondere nei catechismi, nelle conferenze, nelle istruzioni, nel teatro, con azione collettiva e individuale, può star sicuro che ogni anno avrà parecchie vocazioni sode.


8.Eccovi adesso, o miei cari, il piano generale per i nostri festeggiamenti:


1° A Torino inizieremo le feste in novembre, con la consacrazione del tempio a Gesù Adolescente in Borgo S. Paolo, e con la commovente funzione della partenza d'una numerosa schiera di missionari. Più tardi s'inaugurerà solennemente la nostra Esposizione Missionaria, e s'indiranno altri festeggiamenti religiosi

e civili.


2° In tutto il mondo poi si promuovano Congressi missionari. Gl'Ispettori dispongano le cose in modo che entro i mesi di novembre, dicembre e gennaio prossimo, si tenga in ogni Casa e Oratorio festivo un piccolo Congresso missionario, con Comitato Promotore composto di Superiori e Comitato Esecutivo composto di alunni. Gli Atti di questi Congressini, con lo svolgimento dei temi i quali, non occorre dirlo, dovranno essere adattati alla capacità giovanile potranno essere coordinati in modo da formare un'utile pubblicazione di propaganda. Nei mesi di febbraio, marzo e aprile poi si tengano Congressi regionali promossi e attuati dai Cooperatori ed Ex-Allievi, a cui interverranno, coi rispettivi vessilli, rappresentanze dei Collegi e Oratorii festivi della regione ove ha luogo il Congresso. E nel maggio si terrà a, Torino e in qualche altro luogo lontano un Congresso generale. In America e nell'Oriente si scelgano i mesi più opportuni.

3° Il periodico « Gioventù Missionaria », che si stampa già in italiano e polacco, si pubblicherà pure in castigliano per i 14 Stati di lingua spagnola. Esso proporrà qualche nuova Casa di formazione missionaria, prima' in Spagna, possibilmente, poi dove a Dio piacerà disporre.


4° Il 24 di ogni mese sia per tutti giornata di speciali funzioni e preghiere missionarie. Alla Benedizione del SS.mo, prima del Tantum ergo si canterà o reciterà tre volte: Ut omnes errantes ad unitatem Ecclesiae revocare et infìdeles universos ad Evangelo lumen perducere digneris: Te rogamus audi nos.

Vorrei che da questi festeggiamenti venisse anche a noi lo zelo e la carità del nostro Ven. Padre: sì che c'infervorassimo a seguirlo più da vicino nella sua passione di suscitare sempre nuove vocazioni missionarie e sempre più numerosi Cooperatori alle nostre Missioni. Questo è il fine che tutti debbono proporsi nei Congressi e negli speciali festeggiamenti che si crederà opportuno di indire.


Ogni cosa deve riuscire come un inno di gloria a Dio e alla Vergine Ausiliatrice, per i benefizi largiti alla Società Salesiana, e un potente stimolo per noi a corrispondere meglio alle grazie che il Signore ci ha fatte, a renderci più degni strumenti delle sue miseri­cordie, e ad essere più generosi nell'imitare il nostro Padre e Fondatore, il quale per le Missioni non risparmiò fatiche ne sacrifizi.

La materna benedizione di Maria Ausiliatrice ci aiuti nella santa impresa di condurre le anime al suo Divin Figliuolo! Io la imploro sopra ognuno di voi, mentre mi raccomando tanto alle vostre preghiere, e vi sono sempre


aff.mo in C. J.

Sac. FILIPPO RINALDI.


6