Evangelizzazione nel contesto intrreligioso

Evangelizzazione

in contesti interreligiosi


Arcivescovo Thomas Menamparampil, SDB

Guwahati


Introduzione


Condividere la fede è fondamentale per la nostra vocazione cristiana. Se continuiamo a dimenticarlo, indeboliamo l’identità cristiana fino a correre il rischio di perderla del tutto. Si dà gente disposta a condividere i frutti della propria fede, ma non la fede stessa, fonte di tutto il bene che opera. Attua come se volesse mantenere in eterna dipendenza coloro ai quali fa del bene. Perché non insegnare alle persone a pescare, invece di continuare a servir loro del pesce? La fede, una volta ricevuta, produce ogni tipo di opere buone. Le persone che riceverebbero grandi benefici dai frutti della tua fede (per es. opere di carità, schemi di sviluppo, iniziative di giustizia e pace), approfitterebbero ancora di più se fossero esposte anche alla sorgente della tua ispirazione e alle ragioni della tua convinzione; in altre parole, alla tua fede stessa.


1. “Parlo, perché anche credo


La prima cosa che direi a chiunque desidera essere un evangelizzatore efficiente è di “parlare”. Se tu sei un credente, parla. Ma parla a chi, quando, dove, di che cosa, come? Sono le domande. Questa breve conferenza cerca di rispondere, in modo informale, a tali domande prese insieme. Riferiamoci innanzitutto agli errori che continuiamo a commettere nel lavoro di evangelizzazione. Molti rifuggono da questa missione perché sono stati testimoni di gravi errori da parte degli annunciatori del Vangelo, o ne hanno commessi loro stessi. Sono riluttanti di apparire fanatici. Per esempio, predicatori superzelanti incominciano a volte la missione in tono aggressivo e con un messaggio sbagliato. L’ira di Dio e il suo giudizio finale non sono un buon punto di partenza per proporre il cristianesimo alla gente. Eppure vediamo predicatori di strada che fanno proprio così. Temi come strutture ecclesiali, schemi di autorità, richieste di legge canonica, differenze teologiche, impressionante numero di devozioni, pretese di conquiste storiche, relazione dell’opera straordinaria della Chiesa in differenti campi fondata su fatti storici o risultati del momento... ecco un materiale che può non essere il più stimolante per genuini ricercatori di Dio.


2. Ascoltare, imparare, mettersi sull’onda di ascolto della gente


Pochi evangelizzatori riescono a superare tali aree di interesse ecclesiale. Semplicemente non sanno dove incominciare. Il loro parlare è carico di un certo vocabolario interno teologico-cattolico, linguaggio catechetico; le loro preoccupazioni sono così incentrate sulle discussioni della Chiesa, che chiunque collocato fuori di essa non riuscirà mai a capire di che cosa stiano parlando. A tali maestri, se non si offendessero, mi azzarderei a dire: “Meglio stare zitti”. In verità possiamo affermare che non vinceremo mai una causa se non abbiamo prima fatto silenzio, ascoltato, imparato, penetrato nella vita e nel linguaggio del nostro compagno di conversazione, cambiato atteggiamento per intonarci al suo punto di vista e ai suoi bisogni. Silenzio in tale contesto significa rispetto per l’altro, attenzione non soltanto alle sue parole ma anche ai suoi sentimenti, apprezzamento della sua gente e cultura, stima della sua esperienza di vita. Quanto ho indicato va oltre le tecniche del libro fai-da-te che avete appena letto. Richiede profondità. Può nascere soltanto da una genuina serietà religiosa, da un sentirsi in comunione con il resto dell’umanità, da un senso di impegno per il bene comune, dal desiderio di preparare il terreno comune per una sincera condivisione religiosa.


3. Superare confini culturali


Tra le molte cose che ho nominato, vorrei sottolineare particolarmente la ‘cultura’. Per imparare, guardiamo come il Vangelo ha superato confini culturali in diversi periodi della storia: Gesù che parla alla donna samaritana, alla donna siro-fenicia e all’ufficiale romano; san Paolo che si rivolge agli ateniesi, agli ufficiali romani, alle popolazioni indigene dell’Asia Minore e delle isole; san Patrizio che predica ai celti, san Bonifacio ai sassoni, san Francesco Saverio ai pescatori della costa del Malabar, padre Lievens alla gente tribale del Chota Nagpur, don Vendrame ai Khasi del Meghalaya, don Ravalico alla comunità tribale di Manipur. Questi missionari, identificandosi rapidamente con la comunità alla quale presentavano il Vangelo, si sono guadagnati l’ascolto, hanno avvinto nuovi aderenti alla fede cristiana e costruito Chiese sicure di sé. La fede ha sviluppato allora nuove forme di espressione nel pensiero, nell’arte, nella musica, nell’organizzazione e in altre auto-manifestazioni culturali, a beneficio del resto della Chiesa universale.


4. Ogni persona è unica: curarla come tale


Alcuni pensano che, se annunciano qualcosa che è vera, essa sarà accettato facilmente. Sono convinti che, se “proclamano” a chiara voce, con energia e convinzione, il messaggio, nessuno saprà opporre resistenza. Predicano con lo stile dei politici, sondano seguendo il sistema degli agenti commerciali, cercano di attirare l’attenzione come se fossero comunicatori professionali, usano piani tecnici come media personali… ma nessuno sembra esserne impressionato. La società è abituata a queste montature, si è fatta resistente a propagandisti di bassa lega. La gente ha una nozione diversa della verità e un senso differente dell’obbligo di riferirsi ad essa; concetti diversi di religione e comprensione differente della sua importanza nella vita; diversi piani di valori personali e differenti profondità in cui collocarle. Ogni persona è unica. Dobbiamo situarci sulla lunghezza d’onda di ogni persona in un modo assolutamente unico. Gesù ha afferrato Zaccheo nel momento della sua curiosità, Matteo allo zenit del suo profitto economico, il centurione romano mentre adempiva il dovere di castigare criminali. Filippo raggiunge l’etiope che legge un testo della Scrittura; Paolo convince Lidia mentre essa cerca di guadagnare nuovi clienti per il suo prodotto tra coloro che ascoltano l’apostolo. La lista è lunga, ogni caso può essere studiato con interesse: in pratica non ce ne sono due esattamente uguali tra di loro.


5. Presenta alla gente, non le tue abilità, ma la tua fede


Comunque, in ogni caso sembra che giochino un ruolo importante la personalità e l’istinto creativo dell’evangelizzatore. Più di un evangelizzatore è ‘insicuro’ e ha paura di permettere che chi dialoga con lui gli si avvicini. Teme che gli occhi scrutatori di colui al quale parla prendano le sue misure e pesino ciò che dice. S’accorge di possedere una personalità non troppo lusinghiera. Preoccupazione legittima, perché le sue parole non possono valere più di lui stesso. È la ragione per cui siamo felici di presentare alla gente la nostra erudizione, la nostra eloquenza, le nostre capacità come docenti, le nostre tecniche di organizzatori, i nostri complessi istituzionali, ma non invece noi stessi e la nostra fede. Al non essere totalmente incentrati in Dio, consacrati, altruisti, orientati verso gli altri, generosi, gentili e di buon cuore, sembriamo tutto meno ciò che il Vangelo vuole che siamo. Ecco la ragione della nostra confusione. Ecco perché le nostre parole non sanno convincere e noi abbiamo perso da tempo la capacità di persuadere. Un sussurro di Madre Teresa scuoteva milioni.


6. La nostra conversione porta al cambio di cuore in altri


Ma c’è speranza, possiamo cambiare. Paolo, Agostino, Girolamo e altri erano meno che perfetti. E, una volta convertiti, hanno rafforzato i fratelli nella fede. L’evangelizzatore è impegnato innanzitutto a convertire se stesso. Lo fa non tanto per convertire altri, ma per riuscire a suscitare l’auto-conversione della gente. ‘Conversione’, per quanto sia odiata la parola oggi in India, è la principali missione della Chiesa: invita la gente ad essere migliore, a optare per un modo superiore di vita, a scegliere valori più alti, a costruire relazioni migliori e stabilire vicinanza con Dio. È ciò che facciamo all’insegnare e al pregare, al lavorare per lo sviluppo e lottare per la giustizia, al parlare in difesa degli sfruttati e invitare gli sfuttatori a un cambio di vita, al curare i ragazzi della strada e i malati di HIV, all’accorrere presso le vittime della violenza e delle nuove forme di povertà. Intanto continuiamo ad annunciare: “Cambiate i vostri cuori, cambiate la vostra vita, cambiate le vostre relazioni. Siate onesti. Siate buoni gli uni con gli altri. Perdonate. Guardate Gesù per avere la luce”. Tutto ciò che facciamo dovrebbe puntare a Gesù. E noi stessi dovremmo essere persone di calibro così altamente evangelico da puntare in modo chiaro al messaggio del Vangelo.


7. Molti valori moderni hanno radici nel Vangelo


Ho letto recentemente sull’Observer, il settimanale RSS, l’affermazione seguente: “Ormai sono pochissimi gli hindu veri. La maggioranza sono hindu cristianizzati”. Questo lamento evidentemente si riferisce al fatto che tante cose della nostra vita pubblica sono influenzate da valori le cui radici ultime sono piantate nel cristianesimo. Non diciamo che valori simili non siano presenti anche nelle antiche tradizioni indiane o asiatiche. Ma le forme attuali di giustizia pubblica, i principi di buon governo, gli stili di comunicazione, i modi di assicurare partecipazione, la vigilanza per i diritti umani, la sensibilità per i diritti di donne e bambini e l’attenzione all’ecologia nascono da società con un retroterra cristiano. Lo stesso vocabolario che domina le discussioni pubbliche, così come i programmi formulati per migliorare la società, non sono altro che versioni secolarizzate di preoccupazioni cristiane per essa. Sì, qualcosa si è riversato dal Vangelo nella società più ampia attraverso i nostri sforzi missionari, malgrado le nostre limitazioni. La ragione è semplice: tutto ciò che è genuinamente vero possiede una misura di potere di convinzione. Persino chi non si accorge per niente delle fonti dalle quali questi interessi sociali derivano, si trova collocato di un soffio più vicino al posto dove, coprendo con la sua ombra il Sub-continente, è in piedi Gesù.


Molti dei nostri compatrioti sono pronti ad affermare, come ha fatto Mahatma Gandhi, valori come giustizia, uguaglianza, partecipazione e altri, che sono vicini agli insegnamenti del Vangelo. La loro visione sociale, stili di relazione e priorità di sviluppo hanno tratto la vita dall’ispirazione cristiana. Se tu affermi una realtà simile, la negheranno. Ma quando si presenta nella sua evidenza, in certo modo è accettata in silenzio; poiché la verità non può essere nascosta troppo a lungo. Comunque, non è importante stabilire chi abbia annunciato il miglior messaggio a chi. Importante è accettarlo, viverlo e condividerlo con altri.


8. Nel giorno difficile, noi tutti ritorniamo alla nostra cultura, alla nostra fede


Ma si presenta un problema quando le sorgenti inaridiscono. Quando le fonti di ispirazione sono esaurite, bisogna ricolmarle nuovamente. Amartya Sen attinge frequentemente alle risorse comuni della tradizione indiana: hindu, buddista, islamica e altre. Queste risorse sono anche nostre, e noi cristiani facciamo ad esse riferimento alla ricerca di ispirazione, di radici. Si tratta della nostra eredità comune, di un patrimonio condiviso. Persone di ogni tradizione in ogni parte del mondo ritornano alle proprie risorse culturali per rinnovare motivazioni e ricaricare energie collettive. È in tale contesto che noi cristiani, mentre attingiamo alle risorse culturali della nostra civiltà antica, abbiamo la possibilità di trarre forza anche dalle fonti definitive della nostra fede religiosa. Quando la gente tratta di questioni attuali e le sottomette a discussione pubblica, è possibile che da parte nostra ci sia qualcosa di unico da offrire, unico per noi come cristiani. Ciò che noi sentiamo è unico secondo le nostre convinzioni, è offerto con gioia ai nostri compatrioti come opzione degna di essere presa in considerazione. Non si tratta di imporre idee, ma di proporre possibilità.


9. Estendi un invito “Vieni e Vedi”


È il momento di una proposta “vieni e vedi”. Tu suggerisci: “Vieni, esploriamo più a fondo queste idee. Pesa le ragioni e fa la tua decisione. Vieni e vedi la persona che ha ispirato queste idee. Il suo nome è Gesù di Nazaret”. Lascia che le persone vadano oltre i livelli superficiali delle relazioni con te e permetti che entrino nelle camere interne delle tue convinzioni personali. Generalmente gli indiani (asiatici) incominceranno a parlare con te di cose serie solo quando avranno scoperto in te questa dimensione profonda: che le tue convinzioni hanno profondità e sono fondate su esperienze religiose profonde. Ma purtroppo capita con frequenza che chi cerca è più profondo di chi evangelizza. È un peccato quando succede una cosa simile! Abbiamo bisogno noi stessi di cercare profondità.


10. Rispondi alla richiesta: “Vogliamo vedere Gesù”


Quelli che hanno vissuto l’esperienza di una condivisione profonda, saranno pronti ad ammettere che c’è molta gente oggi nel mondo, persino nella nostra stessa nazione, per la quale è più adatta la formula seguente: non un invito “vieni e vedi”, ma una risposta alla richiesta “Vogliamo vedere Gesù”. Quest'ultimo gruppo non ha bisogno di un invito, basta identificarli e aiutarli. E qui spesso sbagliamo: rimaniamo a livello superficiale di relazione e non afferriamo l’urgenza della loro ricerca. Vogliono vedere il ‘vero volto’ di Gesù, non quello deformato dal nostro volto personale o da distorsioni collettive, oppure oscurato dal nostro vocabolario teologico o da uno stile di vita non evangelico. Siamo capaci di portarli dal ‘vero Gesù’? Riusciamo a costruire ponti culturali che raggiungano gente dal retroterra hindu, buddista, islamico e tribale, avvicinarci ad essa fino a un punto di intimità, svelandole il volto di Gesù? Ecco la sfida.


11. Afferma l’autonomia delle comunità, contribuisci alla loro crescita


Avrei molte altre cose da dire sulla cultura in questo contesto, ma non è possibile in un breve articolo. Permettetemi però di offrirvi alcuni suggerimenti prima di immergervi più profondamente in questa esigente missione. Non offendete mai l’autonomia di una comunità. L’autonomia si esprime soprattutto attraverso la cultura. Gesù viene a rafforzare tutto ciò che è positivo in una cultura particolare e portarla alla perfezione, non per diminuire o distruggere. Allo stesso modo, non permettete mai che le cose esterne che circondano il cristianesimo vi impediscano di guidare la gente agli interessi centrali dell’umanità come ha fatto lo stesso Gesù: giustizia, pace, compassione, perdono, fedeltà, onestà, integrità, autenticità, generosità, compassione, pietà filiale, rispetto della vita. Allo stesso modo, non aggirate mai gli interessi centrali della religione: esperienza di Dio, rinuncia, pentimento, serietà spirituale, zelo evangelico. Ma, soprattutto, attirate l’attenzione della gente sulla ‘persona di Gesù’.


12. Parla di Gesù


Qui sta l’essenza dell’evangelizzazione. Parla di Gesù. Fa che la gente sperimenti il potere delle sue parole. Che sia ammaliata dalla sua personalità. Aiutala a ricostruire il proprio mondo interno e la propria condotta personale secondo gli insegnamenti centrali di Gesù. Fa che guardi a lui che è crocifisso. Che il cuore della gente esulti meravigliato per l’esperienza del potere della risurrezione. Gesù è irresistibile.


Malgrado tutto ciò che noi possiamo fare, la scelta definitiva di Gesù è sempre un miracolo. Ma i miracoli avvengono. Ed essi avvengono attraverso di te e di me!



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