Consulta 2010 Missione salesiana nella Ratio


Missione salesiana e missioni nella Ratio SDB - Consulta 2010-2 P.Vittorio Pozzo MOR



1. Il salesiano “è consacrato per la missione che dà alla sua esistenza il suo tono concreto. L’appello di Dio gli giunge attraverso l’esperienza della missione giovanile [...]. Nella missione si impegnano, si manifestano e crescono in lui i doni della consacrazione” (Ratio 29).

La missione del salesiano non si identifica semplicemente con l’attività o l’azione esterna, ma è una vera esperienza spirituale” (Ibid, 87).

La missio ad gentes del salesiano si inserisce quindi in questo quadro generale come elemento specifico. Che ne dice la Ratio?



2. Non ne tratta per lo più in modo esplicito e dettagliato, ma implicito, ritenendo quasi come ovvio che la missio ad gentes faccia parte dell’identità del salesiano come ha fatto parte dell’identità di Don Bosco: “La predilezione per la gioventù, specialmente la più povera, l‘attenzione ai ceti popolari e l’impegno missionario hanno dato identità alla sua vita” (Ratio 2): tre elementi messi praticamente sullo stesso piano, come viene esplicitato al n. 32: “Questo impegno prioritario per i giovani [predilezione] si armonizza con l’azione pastorale verso i ceti popolari [...] e l’azione missionaria mediante l’annuncio del Vangelo ai popoli che non lo conoscono”.

Sempre parlando di Don Bosco, è detto: “pieno di ardore per la missione e le missioni” (Ratio 537), con una netta distinzione tra la missione salesiana generale e la missio ad gentes.

Altrove è detto: “il salesiano nutre una sensibilità preferenziale per la situazione giovanile, popolare e missionaria, verso la quale si sente investito di una responsabilità carismatica” (Ratio37).

Nonostante le citazioni di cui sopra, trattandosi di “responsabilità carismatica”, si può dire che la Ratio curi e valorizzi questo aspetto in modo adeguato, in modo che ogni salesiano senta questa dimensione come parte integrante della propria identità? Non ne sono del tutto sicuro...



3. La dimensione missionaria nel senso di missio ad gentes rientra “nello ‘stabilire il modo di attuare la formazione secondo il proprio contesto culturale’ (C 101)”, nella cui impostazione degli studi deve essere “presente la prospettiva dell’inculturazione. Essa interessa, in particolare, [...] la dimensione dell’evangelizzazione, l’azione missionaria e il dialogo ecumenico, i rapporti interreligiosi [...]” (Ratio 136).

Nasce qui una domanda: Il fatto che la formazione debba attuarsi secondo il proprio contesto culturale, significa senz’altro che la prospettiva dell’inculturazione varia da contesto a contesto, ma è pure da intendersi nel senso che gli aspetti menzionati (evangelizzazione, azione missionaria, dialogo ecumenico e rapporti interreligiosi) possono variare notevolmente o addirittura essere ridotti al minimo o scomparire in contesti dove queste problematiche non sono molto sentite? A dire il vero sempre di meno.

Pur sottolineando che “l’attenzione all’inculturazione deve essere presente in tutte le dimensioni della formazione” (Ratio 135), non sembra affermato in modo esplicito come l’approfondimento degli aspetti suindicati sia indispensabile per formare l’identità del salesiano oggi in qualsiasi contesto. In altre parole: non è concepibile oggi un salesiano che abbia solo un’idea sommaria e superficiale dell’evangelizzazione, della missio ad gentes, del dialogo ecumenico e dei rapporti interrereligiosi. Quanto enunciato dalla Ratio sui contenuti della formazione teologica in relazione “alle sfide che presenta la nuova evangelizzazione nei vari contesti” ( Ratio 136) e la missio ad gentes deve essere assolutamente esplicitato per tutti e non solo in certi contesti “missionari”.


4. Lo “slancio missionario” a cui ripetutamente la Ratio si richiama, sembra avere una connotazione piuttosto generica, anziché specifica, legata cioè alla missio ad gentes (cf nn. 9, 83, 366, 464).

Un accenno concreto alla missio ad gentes lo si trova invece nei nn. 95: Il salesiano “sviluppa in sé e negli altri l’amore per le missioni e il coinvolgimento nell’animazione missionaria”; 343 e 411: il “lavoro missionario” viene presentato cone esperienza educativa e pastorale significativa per il prenoviziato e il postonoviziato.



5. A conclusione di queste osservazioni, se vengono ritenute appropriate, c’è da chiedersi:


- Le rare indicazioni concrete offerte dalla Ratio perché la missio ad gentes rientri de facto e non solo de jure nell’identità carismatica del salesiano, sono ritenute sufficienti per formare e garantire questa identità?


- In caso negativo: quali nuove indicazioni esplicite suggerire? Come aiutare il salesiano a sviluppare in sé e negli altri l’amore per le missioni e lo slancio missionario orientato alla missio ad gentes? E come concretizzare questo aiuto nelle varie fasi della formazione? Cf il contibuto del Dicastero “The Missionary Dimension in Salesian Formation”.



Vittorio Pozzo

16/07/2010


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