Anuncio_primo_2018_06_it


Anuncio_primo_2018_06_it

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Alfred Maravilla
Il Primo
Annuncio
Oggi

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Il Primo
Annuncio
Oggi
Alfred MARAVILLA
SDB Settore per le Missioni e FMA Ambito per le Missioni
Roma 2017

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Editrice S.D.B.
Edizione extra commerciale
Direzione Generale Opere Don Bosco
Via della Pisana, 1111
Casella Postale 18333
00163 Roma

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Presentazione

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Con sentimenti di umile gratitudine per il cammino fatto e
condiviso da FMA e SDB, ecco che vi presentiamo questo prezioso
strumento di lavoro.
Si tratta prima di tutto di una consegna. Vi affidiamo una
sintesi di questo significativo percorso fatto insieme attraverso le
otto Giornate di Studio sul Primo Annuncio celebrate in tutto il
mondo tra il 2010 e il 2015. Durante queste Giornate di Studio ci
siamo messi ardentemente alla ricerca di un primo annuncio di
qualità, secondo lo spirito di Don Bosco e di Madre Mazzarello,
indirizzato ai giovani di tutti i continenti.
Questa consegna ha uno scopo centrale: quello di suscitare
in noi FMA e SDB una maggiore consapevolezza e un maggio-
re impegno missionario. Più che scatenare dibattiti che rischie-
rebbero di diventare sterili, l’intenzione è quella di svegliare an-
cora di più la responsabilità missionaria in ognuna delle nostre
famiglie religiose. Dunque, si tratta di uno strumento da mettere
apostolicamente in pratica!
Per arrivare a questo vi proponiamo una strada fondamen-
tale e irrinunciabile: lo studio e la riflessione personale. Questo
non è un testo solo da leggere: è da studiare, da utilizzare come
piattaforma per ulteriori ricerche e approfondimenti. Le abbon-
dantissime note a piè di pagina sono già un’indicazione chiara che
siamo davanti ad una miniera di pensiero e di orientamenti mis-
sionari ecclesiali e salesiani che richiedono studio e riflessione.
Facciamo voto dunque che il lavoro che è stato fatto per l’ela-
borazione attenta di questa sintesi, in particolare attraverso la
generosa dedizione di Don Alfred Maravilla SDB, possa, grazie
allo studio orante e critico, portare abbondanti frutti apostolici.
Suor Alaide Deretti FMA
Consigliera Ambito Missioni
Don Guillermo Basañes SDB
Consigliere Settore Missioni
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Introduzione

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LLe otto Giornate di Studio sul Primo Annuncio in diversi con-
tinenti, promosse dal Settore Missioni e dall’Ambito Missioni, so-
no state un vero kairós, cioè un momento privilegiato in cui lo
Spirito Santo manifesta la sua presenza per rinnovare noi e le
nostre comunità. “Ecco ora il momento favorevole, ecco ora il gior-
no della salvezza!” (2 Cor 6, 2). Infatti, è lo Spirito che guida dal
profondo, tocca i nostri cuori e le nostre menti per rinnovarci.
Durante le Giornate di Studio, spinti dallo Spirito Santo, i
partecipanti provenienti da diversi continenti e culture, hanno
voluto trovare la strada per innescare nei cuori delle persone, so-
prattutto dei giovani, l’interesse per Gesù Cristo. Hanno discusso
sulle molte preoccupazioni che sorgono dalla loro esperienza pa-
storale tra i giovani, molti dei quali sono alla ricerca di verità
e di felicità. Ciò può anche creare confusione in alcuni, per cui re-
stano privi dei veri valori che portano loro a un’autentica felicità.
Infatti, la grande sfida e la grande opportunità è quella di offrire
a tutti Gesù Cristo, poiché soltanto Lui potrà soddisfare ogni nostro
desiderio.
Non è stato possibile trovare tutte le risposte durante ogni
edizione delle Giornate di Studio. In ciascuna delle otto Giornate
di Studio è stato possibile approfondire sempre di più varie di-
mensioni del primo annuncio di Gesù Cristo, attraverso una pro-
gressiva riflessione, condivisione delle esperienze, l’ascolto della
Parola e la preghiera. Le diverse Giornate di Studio, oltre che
indicare tecniche e metodologie, ci hanno resi coscienti che per
promuovere il primo annuncio siamo tutti chiamati a vivere più
profondamente la nostra vita cristiana, a mostrare gli splendidi
frutti dello Spirito (Gal 5, 22-23) e a testimoniare l’amore e la mi-
sericordia di Dio nel mondo. È necessario pure il “rinnovamento
della mente” (Rm 12, 2) per allargare i nostri orizzonti e vedere
le innumerevoli possibilità di promuovere il primo annuncio nel
contesto della nostra attività quotidiana.
Il capitolo I del presente sussidio presenta il primo annuncio
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nel Nuovo Testamento, soprattutto nei Vangeli, nelle attività e
negli scritti di San Paolo come pure nella vita della prima comu-
nità cristiana. Il capitolo II delinea lo sviluppo della riflessione
teologico-pastorale, particolarmente dal post Concilio Vaticano II
fino ai nostri giorni.
I capitoli III, IV, V e VI possono essere considerati il cuore di
questo sussidio perché raccolgono gli elementi essenziali delle
discussioni di tutte le Giornate di Studio e definiscono il primo
annuncio, mostrandone l’attualità anche nei contesti tradizional-
mente considerati cristiani, e la sua relazione con il kerygma, con
la testimonianza di vita e con le opere di carità.
Il capitolo VII presenta l’urgenza di ripensare la nostra pa-
storale tra i giovani indicando il primo annuncio come la nostra
preoccupazione principale. Questo implica una vera conversione
missionaria per ripensare ed elaborare nuove strategie della nostra
pastorale giovanile.
“Coraggio! Alzati, ti chiama!” (Mc 10, 49), disse la folla di Ge-
rico a Bartimèo. Lo stesso invito viene rivolto a noi oggi. “Corag-
gio! Alziamoci! Non lasciamoci rubare la gioia dell’evangelizza-
zione! Non lasciamoci rubare l’ardore missionario! Non lasciamoci
rubare l’allegria, la dedizione e l’audacia nel promuovere il primo
annuncio!”.
Possa questo sussidio essere un aiuto a ciascun Salesiano, Figlia
di Maria Ausiliatrice e membro della Famiglia Salesiana, per co-
gliere questo kairós e lanciare iniziative coraggiose e audaci per
promuovere il primo annuncio di Cristo oggi!
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Capitolo I
Il Primo Annuncio
nel Nuovo Testamento

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GLI INCONTRI CON GESÙ
MMatteo ha riassunto l’attività missionaria di Gesù in maniera
concisa e densa: “Gesù percorreva tutte le città e i villaggi, inse-
gnando nelle loro sinagoghe, annunciando il Vangelo del Regno e
guarendo ogni malattia e ogni infermità” (Mt 9, 35). Non aspettava
che la gente andasse da lui. Invece andava nelle loro case, nei
villaggi e nelle città per incontrare le persone nell’esercizio della
loro attività quotidiana ordinaria: Pietro e Andrea mentre stavano
pescando con la loro barca (Mt 4,16-20), Zaccheo mentre stava
guardando da un albero (Lc 19, 1-10), Marta e Maria nella loro
casa (Lc 10, 38-42). Questo ha anche permesso a Gesù di trovare
la fede dove non si aspettava di trovarla come nella donna siro-fenicia
(Mc 7, 24-30), nel centurione (Mt 8, 5-13) e negli eunuchi (Mt 19,12).
Infatti, andava dappertutto alla ricerca di pecore smarrite.1
I tre incontri di Gesù nel Vangelo di Giovanni, invece, sono
paradigmi splendidi del primo annuncio. Per l’evangelista Gio-
vanni, l’andare da Gesù è prima di tutto iniziativa del Padre. An-
che se questo non è sempre esplicitamente evidente, l’iniziativa
del Padre è reale e spesso sorprendente: “Nessuno può venire
a me, se non lo attira il Padre che mi ha mandato” (Gv 6, 44).
I discepoli sono stati attirati da Gesù, poi hanno trasmesso questa
attrazione agli altri.
La chiamata dei fratelli Pietro e Andrea, Giacomo e Giovanni
(Gv 1, 35-50) è in realtà il primo annuncio di Gesù per l’umanità.
Si svolge in un luogo non specificato, quasi per suggerire che que-
sto primo incontro con Gesù può avvenire ovunque. I discepoli so-
no chiamati in momenti diversi. Nel Vangelo di Giovanni è
Giovanni Battista che, vedendo passare Gesù, esclama con un
entusiasmo contagioso: “Ecco l’agnello di Dio!”. Due dei suoi
discepoli sono andati da Gesù per chiedere curiosamente “dove
abiti?”. Gesù risponde – sono le sue prime parole nel Vangelo di
1 MARIA KO HA FONG, “Gesù Percorreva tutte le Città e i Villaggi” in A. MARAVILLA
(a cura di), Giornate di Studio sul Primo Annuncio di Cristo in Città (Roma: SDB-FMA,
2016) 245-252.
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Giovanni – “Venite e vedrete”. Da coloro che lo cercano, Gesù si
lascia trovare in modo originale. Non consegna loro una dottrina
da capire, né un precetto a cui obbedire, ma li invita a fare una
esperienza personale con lui e a rimanere con lui. Perciò: “anda-
rono dunque e videro dove egli dimorava e quel giorno rimasero
con lui”. Questo stare con lui diventa una risorsa interna inesau-
ribile per la vita e la missione dei discepoli. Uno di loro, Andrea,
dopo aver trovato il Messia, conduce a lui suo fratello Pietro.
Il giorno successivo Filippo, dopo essere diventato discepolo di
Gesù, gli porta Natanaele. Il discepolo crea una catena di attra-
zione e il circolo dei discepoli di Gesù si allarga.2
Nel suo dialogo con “un fariseo di nome Nicodemo” (Gv 3, 1-
42), è questi stesso che dice la prima parola, ma Gesù guida lo
svolgimento del dialogo. Nicodemo afferma di conoscere Gesù,
ma in realtà sa solo qualcosa di Gesù. Ha in mano un paio di dati
il cui significato completo non ha pienamente afferrato ancora.
Nicodemo è una persona sincera e buona, che preferisce incon-
trare Gesù nel buio della notte perché è incapace di aprirsi al
nuovo, di vivere con flessibilità e libertà. Attraverso il dialogo,
Gesù lo aiuta a fare un salto nel buio della sua chiusura mentale
verso la novità assoluta e trascendente. Giovanni racconterà poi
che Nicodemo ha difeso Gesù contro tutto il Sinedrio (Gv 7, 48-
52) e, dopo la crocifissione, ha onorato il suo corpo con oli preziosi
e, insieme a Giuseppe d’Arimatèa, gli ha fornito una degna se-
poltura (Gv 19, 39). Così il primo annuncio conduce progressiva-
mente una persona a passare dall’ambiguità e dalla paura alla
conoscenza e alla fede in Gesù.
L’incontro di Gesù con la Samaritana (Gv 4, 5-42) evoca an-
che l’immagine di colui che è in stato permanente di primo an-
nuncio. Il pozzo del villaggio è il luogo dove le vite si intrecciano,
dove l’acqua viene chiesta e data, dove gli stranieri diventano
amici e dove si creano relazioni interpersonali inaspettate. Il poz-
zo diventa il luogo dell’incontro tra Gesù e la Samaritana che ri-
mane trasformata. Gesù prende l’iniziativa e fa una richiesta:
2 MARIA KO HA FONG, “Ecco l’Agnello di Dio!” “Abbiamo trovato il Messia!” “Che cosa
cercate?” “Venite e Vedrete” in Missione Salesiana in Situazione di Frontiera e Primo An-
nuncio Cristiano in Europa Oggi (Roma: SDB-FMA, 2013) 21-30.
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“dammi da bere”. La richiesta non solo apre la donna al dialogo
che dissipa l’odio etnico e allarga i suoi orizzonti, ma la induce
ad entrare in sé e ad affrontare la verità di se stessa. Sotto la
guida di Gesù la donna scopre non solo se stessa, ma soprattutto
scopre Gesù come Messia. Alla fine dell’incontro, la donna corre
al villaggio per annunciare Gesù ai suoi compaesani.
Nell’incontro di Gesù a Cafarnao con il funzionario del re il
cui figlio era malato (Gv 4, 43-54), Gesù porta il funzionario a fa-
re un salto di fede dal vedere Gesù solo come un taumaturgo a
credere in lui. La stessa dinamica troviamo nella guarigione
del servo del centurione (Mt 8, 5-13) e nella figlia della cananea
(Mc 7, 24-30). Le situazioni di vita ordinaria, di sofferenza, di
malattia diventano il punto di partenza della fede che poi nasce
e cresce nella misura in cui le persone crescono nella conoscenza
della persona di Gesù.3
IL PRIMO ANNUNCIO IN SAN PAOLO
San Paolo è un modello incomparabile del primo annuncio.
Ha ritenuto che la sua missione doveva essere la promozione del
primo annuncio del Vangelo per fondare nuove comunità. Egli af-
fermò chiaramente: “mi sono fatto un punto di onore di non an-
nunciare il Vangelo dove era già conosciuto il nome di Cristo, per
non costruire su un fondamento altrui” (Rm 15, 20). Lo faceva so-
prattutto attraverso la sua testimonianza di vita e la predicazio-
ne. Si presenta come “il servo di Gesù Cristo” (Rm 1, 1), un an-
nunciatore umile e indegno del suo Vangelo, un fragile vaso di
argilla in possesso di un grande tesoro (2Cor 4, 7). Lui stesso si
era “fatto servo di tutti per guadagnarne il maggior numero”
(1Cor 9, 19), “mi sono fatto tutto per tutti, per salvare a ogni co-
sto qualcuno” (1Cor 9, 22). Ai Corinzi ai quali annunziò il Vange-
lo contro ogni previsione, opposizione e avversità, ribadisce: “noi
non intendiamo fare da padroni sulla vostra fede; siamo invece
i collaboratori della vostra gioia” (2Cor 1, 24). Invitava la sua
3 MARIA KO HA FONG, “L’Incontro di Gesù con tre Personaggi in Situazione Diversa”
in Missione Salesiana in Situazione di Frontiera e Primo Annuncio Cristiano in Europa
Oggi, 45-55.
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comunità cristiana ad imitarlo come lui stesso imitava Cristo
stesso (1Cor 11, 1) e ad avere “lo stesso spirito di Cristo” (Fil 2, 5).4
Al centro dell’esperienza cristiana di Paolo c’è un evento con-
creto che gli ha dato una visione sublime: ha conosciuto Gesù Cri-
sto come Signore e Salvatore. Il suo conoscere non ha il consueto
senso greco di un impegno intellettuale. È al di là della conoscen-
za e della comprensione. Conoscere nel senso biblico implica, di
più, entrare in comunione e sviluppare una relazione intima in
modo tale che lui stesso fa come Cristo e gli permette di plasmare
il destino della sua stessa vita. Il frutto di questa conoscenza è il
cambiamento radicale e permanente dei valori, dei modi di vedere
la realtà e, soprattutto, il modo di vedere se stesso davanti a Dio.5
Tuttavia per Paolo l’origine e forza di tutta la predicazione era to-
talmente “dallo Spirito e dalla sua potenza” (1Cor 2, 4).
“La sublimità della conoscenza di Cristo Gesù” (Fil 3, 8) è
la radice e il fondamento della conoscenza apostolica di Paolo.
Capiva che il suo dovere primario nella vita era quello di procla-
mare “Gesù Cristo, e Cristo crocifisso” (1Cor 2, 2). Era consape-
vole che Dio aveva agito in lui in una maniera imprevista e, di
conseguenza, si riteneva inviato alle genti (Gal 1, 17) con il supre-
mo dovere: “guai a me se non annuncio il Vangelo!” (1Cor 9, 16).6
Come strategia missionaria Paolo sceglie le zone che non sono
state evangelizzate, facendo delle grandi città centri di irradia-
zione del Vangelo. Tutte le strade principali portavano a queste
città nelle quali quasi tutti capivano il greco. Paolo si sentiva
a casa in un contesto urbano dove poteva usare la sua capacità di
predicatore popolare. La presenza degli ebrei nella diaspora ha
anche facilitato la sua missione, ma non si è lasciato chiudere nel
loro ghetto. Ha cercato di portare il Vangelo a tutti. Ha stabilito
4 MARIA KO HA FONG, “¿Comprenden lo que Acabo de Hacer con Ustedes?” in M. Loes
(a cura di), Jornadas de Estudio del Primer Anuncio al Discipulado Misionero en América
y el Caribe (Roma: SDB-FMA, 2014) 222-223; Idem, “Paolo, Missionario della Città” in
A. MARAVILLA (a cura di), Giornate di Studio sul Primo Annuncio di Cristo in Città (Roma:
SDB-FMA, 2015), 257.
5 JUAN JOSÉ BARTOLOMÉ, “Lasciarsi Conquistare da Cristo, il Cuore dell’Esperienza
Cristiana di Paolo” in A. MARAVILLA (a cura di), Giornate di Studio Sulla Presenza Sale-
siana tra i Musulmani (Roma: SDB-FMA, 2013) 191-196.
6 JUAN JOSÉ BARTOLOMÉ, “‘Rivelare suo Figlio in me’, Origine e Causa della Missione
Paolina” in Giornate di Studio Sulla Presenza Salesiana tra i Musulmani, 179-184.
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rapporti personali profondi con le persone e le comunità da lui fon-
date creando un movimento di persone per la causa del Vangelo.7
Il discorso all’Areopago di Atene (Atti 17, 16-34) è un classico
esempio del primo annuncio paolino. Paolo ha cercato di spiegare
ai cittadini d’una grande città del mondo mediterraneo ciò che è
caratteristico della nuova religione nel modo più conciso possibile.
Ha usato varie strategie che gli hanno permesso di affrontare i
suoi ascoltatori e di sentirsi subito in sintonia con loro. Ha toccato
fondamentali presupposti filosofici di stoici, epicurei e prestigiose
scuole filosofiche di Atene; ha mostrato grande familiarità con
le tradizioni letterarie e storiche significative degli Ateniesi;
ha usato un piano apologetico comune alla mentalità pagana,
facendo appello alla rivelazione naturale quando si trattava
di norme universali. Anche se molti l’hanno lasciato quando ha
cominciato a parlare della risurrezione dei morti, alcuni addirit-
tura l’hanno seguito e gli hanno creduto; tra questi, Dionigi Areo-
pagita e una donna di nome Damaris.
IL PRIMO ANNUNCIO NELLA COMUNITÀ CRISTIANA PRIMITIVA
Gli Atti degli Apostoli presentano i membri della comunità
cristiana che vivono uno stile di vita semplice. Essi “godevano il
favore di tutto il popolo” (Atti 2, 47) a causa del loro modo di vive-
re: vendevano tutto quello che avevano, e mettevano in comune
il ricavato da distribuire ai bisognosi (Atti 4, 32-37). Erano testi-
moni viventi del Vangelo, una buona notizia che cambia la vita;
lo mostravano non come un sistema dottrinale da credere, né
una serie di prescrizioni morali da osservare. Quindi, il Vangelo
era trasmesso con calore umano, testimonianza di vita e amore.
Era una comunità imbevuta dallo Spirito, sentito come principio
vitale (Atti 2, 29-47). Essa “si consolidava e camminava nel timo-
re del Signore con il conforto dello Spirito Santo” (Atti 9, 31).
La Chiesa primitiva ha anche annunciato con coraggio e fran-
chezza, come si vede nel dialogo di Filippo con l’eunuco dall’Etiopia
(Atti 8, 26-40). La passione apostolica spinge gli evangelizzatori
7 MARIA KO HA FONG, “Paolo, Missionario della Città”, 253-259.
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a portare Cristo agli altri con creatività e ardore. I primi cristiani
erano chiaramente consapevoli che è lo Spirito Santo che facilita
alle persone di qualsiasi età, sesso, razza o cultura, l’incontro col
Vangelo. Lo Spirito spinge e precede l’evangelizzatore, sostiene
la sua passione apostolica, mentre prepara anche il destinatario
del primo annuncio a nutrire la sua passione, per cercare la verità
e la pienezza di vita.8
All’eunuco etiope non mancava l’apertura del cuore, ma Filippo
l’ha spronato con un breve primo annuncio di cui aveva bisogno
per illuminare la sua mente ed infiammare il suo cuore. La co-
munità cristiana aveva trasmesso la fede in Gesù – ricevuta
liberamente – a coloro che sono stati affascinati da Lui. Dopo il
battesimo, l’eunuco ha continuato il suo viaggio, ma era interior-
mente trasformato e pieno di gioia. In effetti, Luca mostra negli
Atti che la diffusione della Chiesa primitiva è permeata di gioia,
anche in mezzo alle persecuzioni. È la gioia di vedere qualcuno
che crede in Gesù Cristo.9
Riassumendo
È l’incontro personale con Gesù che innesca la fede in Lui. Anche i
primi cristiani presentavano l’incontro con Gesù come una chiamata
alla conversione dalla vita precedente ad una nuova vita nella fede.
Poi, la predicazione apostolica ha ripreso di nuovo i vari aspetti della
vita umana alla luce degli insegnamenti di Gesù. Il cristianesimo era
considerato una ‘via’ che esige un cammino con molte implicanze nel-
la vita dei credenti. Dunque, il primo annuncio non è che l’inizio di un
cammino, che proclama una promessa ed esige fedeltà ad un percorso
spirituale e comunitario.10
8 RUTH DEL PILAR MORA, ALEXIUS MULONGO, “Emerging Insights and Perspectives du-
ring the Study Days in View of a Renewed Missionary Praxis in Africa and Madagascar”
in M. LOES (a cura di), Study Days on the Initial Proclamation of Christ in Africa and
Madagascar (Roma: SDB-FMA, 2014), 126, 129.
9 MARIA KO HA FONG, “Go up and Join that Chariot” in A. MARAVILLA (a cura di), Study
Days on the Salesian Mission and the Initial Proclamation of the Gospel in South Asia
(Roma: SDB-FMA, 2013) 135-143.
10 VESCOVI DELLE DIOCESI LOMBARDE, “La Sfida della Fede: il Primo Annuncio” in
Regno – Documenti, vol. 21 (2009), 726.
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Capitolo II
La Riflessione
Teologico-Pastorale
sul Primo Annuncio

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LO SVILUPPO DELLA COMPRENSIONE DEL PRIMO ANNUNCIO
II Padri apologisti alla fine del II secolo avevano cercato un
dialogo ed un confronto con la cultura pagana, per una duplice
ragione: da una parte volevano giustificare le ragioni della loro
conversione, dall’altra sentivano la necessità di respingere i pre-
giudizi contro i cristiani. Hanno cercato di dialogare con ebrei e
pagani, sottolineando il ruolo della loro cultura nella storia della
salvezza. In tal modo tramite il dialogo cercavano di innescare
l’interesse per la persona di Gesù Cristo e il suo Vangelo.
Cirillo e Metodio hanno promosso il primo annuncio con la
creazione di un alfabeto di lingua slava, sforzandosi di approfon-
dire la conoscenza del mondo interiore del popolo slavo e tradu-
cendo la Bibbia ed i libri liturgici. Ciò ha permesso loro di annun-
ciare la Parola di Dio usando immagini e concetti che risultavano
familiari agli slavi e suscitavano facilmente il loro interesse.11
Nel corso della storia, innumerevoli missionari hanno promosso
questa metodologia tra i popoli e le nazioni in tutti i continenti.
Dopo il Vaticano II, il crescente assalto del secolarismo ha por-
tato la Chiesa a riscoprire l’importanza del primo annuncio.
L’Evangelii Nuntiandi è uno dei primi documenti del magistero
che parla della necessità di promuovere il primo annuncio (chia-
mandolo ‘pre-evangelizazzione’) non solo tra coloro che non cono-
scono Cristo, ma anche tra coloro che sono battezzati, ma hanno
una fede debole, non praticano la loro fede o che l’hanno abban-
donata completamente.12 Il primo annuncio appare gradualmente
in altri documenti pontifici, sia pure con sfumature diverse.
All’inizio del suo pontificato, San Giovanni Paolo II ha sotto-
lineato che la catechesi è fondata sul primo annuncio, definendola
come “predicazione missionaria attraverso il kerygma per susci-
tare la fede”.13 Nella Redemptoris Missio ribadisce che il primo
11 GIOVANNI PAOLO II, Enciclica Salvorum Apostoli (Vaticano: Libreria Editrice Vatica-
na, 1985), n.11, 21.
12 PAOLO VI, Esortazione Apostolica Evangelii Nuntiandi (Vaticano: Libreria Editrice
Vaticana, 1975), n. 51-52.
13 GIOVANNI PAOLO II, Esortazione Apostolica Catechesi Tradendae (Vaticano: Libreria
Editrice Vaticana, 1979), n.18.
21

3.3 Page 23

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annuncio ha un ruolo centrale e insostituibile nella missione della
Chiesa perché introduce ogni persona in un rapporto personale
con Cristo.14 In questa luce il Direttorio Generale per la Catechesi
sottolinea l’importanza del primo annuncio non solo in contesti
in cui vi è la necessità della missione ad gentes, ma anche tra le
Chiese di antica tradizione cristiana.15 È importante notare, tut-
tavia, che il Direttorio lo descrive come “l’annuncio esplicito del
Vangelo”16 e lo considera come il terzo momento di evangelizza-
zione, preceduto dalla testimonianza di carità e di vita cristiana
e seguito dai sacramenti dell’iniziazione e dalla catechesi, dal-
l’educazione alla fede e dalla missione.17
Il primo annuncio è stato ripreso in alcuni sinodi continentali
che hanno contribuito a chiarire la sua identità e hanno sottoli-
neano alcuni dei suoi elementi. È necessario per la ‘nuova evan-
gelizzazione’ del Vecchio Continente, perché varie aree sociali e
culturali hanno bisogno di una vera e propria missio ad gentes.
Qui il primo annuncio è rivolto ai non battezzati del Continente,
mentre il ‘rinnovato annuncio’ è indirizzato a condurre i battez-
zati a convertirsi a Cristo e al suo Vangelo.18 In contesti multire-
ligiosi come quello dell’Asia, il primo annuncio ha bisogno di se-
guire una pedagogia che introdurrà le persone passo dopo passo,
utilizzando mitologie, folclori e metodi narrativi, affini alle forme
culturali locali.19 Nei contesti dove ci sono culture vivaci e reli-
gioni tradizionali come l’Africa, queste sono da considerare come
punto di partenza per il primo annuncio, e potrebbero suscitare
un’esperienza sconvolgente ed entusiasmante di Gesù Cristo.20
Anche se il primo annuncio non è esplicitamente menzionato
in altre esortazioni post-sinodali continentali, si potrebbe dedurre
14 GIOVANNI PAOLO II, Enciclica Redemptoris Missio (Vaticano: Libreria Editrice
Vaticana, 1990), n.44.
15 CONGREGAZIONE PER IL CLERO, Direttorio Generale per la Catechesi (Vaticano: Libreria
Editrice Vaticana, 1997), n. 25, 58.
16 IBID, n. 47.
17 IBID, n. 48.
18 GIOVANNI PAOLO II, Esortazione Apostolica Ecclesia in Europa (Vaticano: Libreria
Editrice Vaticana, 2003), n. 45-47.
19 IBID, n. 45.
20 GIOVANNI PAOLO II, Esortazione Apostolica Ecclesia in Africa (Vaticano: Libreria
Editrice Vaticana, 1999), n. 57.
22

3.4 Page 24

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che in Oceania l’incontro personale e il dialogo con le religioni
tradizionali favoriscono il primo annuncio.21 In America la gioia,
la convinzione e la testimonianza di vita sono le sue condizioni
necessarie.22 Invece in Medio Oriente, il Vangelo diventa credibile
attraverso la testimonianza della carità, come espressione del-
l’amore di Dio per l’umanità, rispondendo ai bisogni immediati
di tutti.23
Alcune conferenze episcopali hanno anche insistito sul primo
annuncio. Nel 2005 la Conferenza Episcopale Francese ha pub-
blicato il “Documento Nazionale per l’Orientamento della Cate-
chesi in Francia e dei suoi Principi Organizzativi” (Texte Natio-
nal pour l’Orientation de la Catechèse en France et Principes d’Or-
ganisation). I vescovi francesi hanno sottolineato l’importanza e
la necessità del primo annuncio invitando le famiglie ed i movi-
menti a promuoverlo e hanno insistito pure sulla sua importanza
nelle istituzioni cattoliche. Inoltre, hanno sottolineato le caratte-
ristiche importanti per identificare, articolare e approfondire la
riflessione e la pratica del primo annuncio. Nel 2009 i vescovi
della Lombardia hanno anche loro pubblicato una lettera invi-
tando ogni comunità cristiana della regione ad essere ‘testimone
del primo annuncio’.24
Negli ultimi 15 anni, l’Ufficio Catechistico Nazionale della
Conferenza Episcopale Italiana ha caldeggiato molto una mag-
giore comprensione e riflessione sull’importanza del primo an-
nuncio nella catechesi. Nel 2003 ha organizzato uno Studio-
Seminario sul Primo Annuncio, e anche un Convengo sul Primo
Annuncio nella Parrocchia. Nel 2005 ha pubblicato la Nota Pasto-
rale sul Primo Annuncio e ha convocato il Secondo Seminario sul
Primo Annuncio nel 2007, nonché il Convegno sul Primo Annun-
cio tra il Kerygma e la Catechesi nel 2009.
Il Documento di Aparecida del CELAM V del 2007 insiste sul-
21 GIOVANNI PAOLO II, Esortazione Apostolica Ecclesia in Oceania (Vaticano: Libreria
Editrice Vaticana, 2001), n.10, 20.
22 GIOVANNI PAOLO II, Esortazione Apostolica Ecclesia in America (Vaticano: Libreria
Editrice Vaticana, 1999), n.67.
23 BENEDETTO XVI, Esortazione Apostolica Ecclesia in Medio Oriente (Vaticano: Libre-
ria Editrice Vaticana, 2012), n. 11, 89.
24 VESCOVI DELLE DIOCESI LOMBARDE, “La Sfida della Fede: il Primo Annuncio”, 716-730.
23

3.5 Page 25

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l’importanza dell’annuncio kerigmatico come un modo per svilup-
pare un rapporto personale con Cristo e iniziare il discepolato.
Ma allo stesso tempo considera il kerygma come primo annuncio.
Aparecida non ha definito chiaramente il primo annuncio e que-
sto, forse, ha aperto la strada a modi diversi di intenderlo nel
Continente americano. La Conferenza Episcopale della Colombia,
durante l’Assemblea Plenaria nel 2013, presenta il primo annun-
cio come parte del processo di evangelizzazione. Il Segretario
Aggiunto per CELAM, Leonidas Ortiz Losada, nella sua presen-
tazione alla stessa assemblea plenaria dei vescovi scambiava
continuamente il kerygma con il primo annuncio. Nel Seminario
Nacional de Catequesis en Argentina del 2011 il primo annuncio
è presentato intrecciato con la catechesi.25
In preparazione all’Anno della Fede (11 ottobre 2012 - 24 no-
vembre 2013) il cardinale Filoni, Prefetto della Congregazione
per l’Evangelizzazione dei Popoli, spiegava che la Propaganda Fi-
de aveva in programma di celebrare l’Anno della Fede dal punto
di vista del primo annuncio. In modo simile, il Sinodo sulla Nuova
Evangelizzazione di quell’anno (07-28 ottobre 2012) insisteva
sull’importanza del primo annuncio.
Dopo il Concilio Vaticano II, molti documenti ecclesiali po-
stconciliari non hanno mai abbandonato del tutto il concetto con-
ciliare d’evangelizzazione, ma allo stesso tempo ne hanno sottoli-
neato anche una concezione più ampia, aggiungendo degli agget-
tivi e prefissi, come ad esempio, prima evangelizzazione, pre-
evangelizzazione, ri-evangelizzazione, nuova evangelizzazione.
Questa comprensione del processo di evangelizzazione ha anche
portato alcuni a sottolineare una dimensione sopra l’altra.26 Allo
stesso modo la riscoperta dell’attualità e dell’importanza del pri-
mo annuncio ha anche rivelato modi diversi di intendere il suo
posto nel processo di evangelizzazione, soprattutto per quanto ri-
guarda la sua identità e il suo rapporto con il kerygma e la cate-
25 ALFRED MARAVILLA, “El Primer Anuncio como Fundamento del Discipulado Misio-
nero”, in Jornadas de Estudio del Primer Anuncio al Discipulado Misionero en America
y el Caribe, 45-48.
26 UBALDO MONTISCI, “Primo Annuncio: Verso un Concetto Condiviso” in Missione
Salesiana in Situazione di Frontiera e Primo Annuncio Cristiano in Europa Oggi, 33.
24

3.6 Page 26

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chesi. Infatti, il primo annuncio è spesso confuso con il kerygma
e la catechesi.
Anche se Papa Francesco, seguendo Aparecida,27 ha identifi-
cato il kerygma con il primo annuncio, ha precisato altresì un pun-
to importante che aiuta a chiarire l’identità del primo annuncio
nella sua prima esortazione apostolica. Ha sottolineato che è
primo “non perché esiste all’inizio e può quindi essere dimenticato
o sostituito da altre cose più importanti”; piuttosto “perché è
l’annuncio centrale, quello che dobbiamo ascoltare ripetutamente
in modi diversi”. Il primo annuncio, quindi, è distinto, ma profon-
damente legato al kerygma e alla catechesi.28
Diversi autori hanno riflettuto anche sull’importanza del pri-
mo annuncio. Già nel lontano 1990, Joseph Gevaert aveva insi-
stito sulla necessità del primo annuncio nel suo libro Prima Evan-
gelizzazione. Nel 2001 ha ribadito questo ne La Proposta del Van-
gelo a chi non Conosce il Cristo. Nel 2009, Xavier Morlans ha de-
dicato un intero libro sul tema: El Primer Anuncio. El Eslabon
Perdido. Nel 2011 Enzo Biemme ne Il Secondo Annuncio ha con-
diviso le strategie sul primo annuncio nei contesti tradizional-
mente cristiani. Nel 2013, Serge Tyvaert ha sottolineato il ruolo
del primo annuncio in un contesto secolarizzato nella pubblica-
zione De la Première Annonce à la Nouvelle Évangélisation.
Le Giornate di Studio
In questo contesto di continua riflessione teologico-pastorale, nel 2010,
il Settore Missioni SDB e l’Ambito Missioni FMA hanno deciso di orga-
nizzare le Giornate di Studio sul Primo Annuncio secondo i diversi con-
tinenti: in Europa (Praga, 2010), in Asia Sud (Kolkata, 2011), Asia Est
(Sampran, 2011), Oceania (Port Moresby, 2011), Africa e Madagascar
(Addis Abeba, 2012), America e Caraibi (Los Teques, 2013); inoltre, sulla
27 CARLOS MARÍA GALLI, “La Teología Pastoral de Aparecida. Una de las Raíces Latino-
americanas de Evangelii Gaudium” in Gregorianum 96/1 (2015): 25-50.
28 FRANCESCO, Esortazione Apostolica Evangelii Gaudium (Vaticano: Libreria Editrice
Vaticana, 2013), n. 164-166.
25

3.7 Page 27

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presenza Salesiana tra i Musulmani (2012) e sul primo annuncio in città
(Roma, 2015). Queste otto Giornate di Studio erano destinate a pro-
muovere una discussione e una riflessione approfondita e contestua-
lizzata sull’importanza del primo annuncio nella nostra missione sale-
siana, al fine di arrivare ad una comprensione più profonda delle sfide
e avere nuove intuizioni e prospettive in vista di una rinnovata prassi
missionaria.
Questo opuscolo sintetizza le discussioni e nuovi intuizioni di queste
giornate di studio per aiutare ogni Salesiano, Figlia di Maria Ausiliatrice,
membro della Famiglia Salesiana e ogni membro della comunità edu-
cativa, a promuovere il primo annuncio di Cristo in tutti i nostri contesti.
26

3.8 Page 28

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Capitolo III
Che cosa è il Primo Annuncio

3.9 Page 29

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3.10 Page 30

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“CORAGGIO! ALZATI, TI CHIAMA!”
IIl Vangelo di Marco racconta l’incontro di Gesù con Bartimèo
a Gerico (Mc10,46-52) non solo come un racconto della guarigione
di un cieco, neppure della guarigione dalla cecità dei suoi discepoli
sul mistero di Gesù. Marco vuole sottolineare, piuttosto, che la ce-
cità delle persone può essere guarita se seguono Gesù e accettano
la sua signoria, entrando più profondamente nel mistero della sua
persona e della sua missione. Infatti, i discepoli vengono guariti
dalla loro cecità, gradualmente e in varie fasi, nello stesso modo
che il mistero di Gesù viene rivelato al loro passo dopo passo.
Il passaggio di Gesù a Gerico diventa un primo annuncio per
Bartimèo. Dalla consapevolezza della sua cecità Bartimèo accetta
questa buona notizia nel suo cuore e grida affinché Gesù abbia
pietà di lui e veda. Una volta guarito dalla sua cecità, Bartimèo
diventa discepolo “e lo seguiva lungo la strada” (Mc 10, 52). Allo
stesso modo, il primo annuncio è portare le persone ad incontrare
Gesù dicendo loro: “Coraggio! Alzati, ti chiama!”29.
IL PRIMO ANNUNCIO COME “INNAMORAMENTO
Come la guarigione di Bartimèo, si potrebbe paragonare il pri-
mo annuncio anche all’innamoramento.30 Quando due persone
provenienti da ambienti diversi si incontrano ed in qualche modo
sentono nascere un sentimento reciproco, la curiosità iniziale di-
viene interesse a conoscersi meglio. Tutto ha inizio dal livello sen-
sibile, dal piano esperienziale. Come l’amore si evolve soltanto
quando i due amanti imparano ad accettare l’unicità dell’altro, a
considerare le loro differenze come arricchimento reciproco, così
il primo annuncio implica sempre l’inculturazione attraverso la
consapevolezza e la comprensione del linguaggio, della cultura,
29 MARIA KO HA FONG, “Courage! Lève-toi, il t’Appelle!” in M. LOES (a cura di), Jour-
nées d’Etudes sur la Première Annonce du Christ en Afrique et à Madagascar (Roma: SDB-
FMA, 2014), 161-165.
30 ALFRED MARAVILLA, “El Primer Anuncio como Fundamento del Discipulado Misionero”,
47-48.
29

4 Pages 31-40

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4.1 Page 31

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dei bisogni e delle potenzialità di coloro ai quali il primo annuncio
è indirizzato, come pure la capacità di discernere i semi della
Parola nel loro contesto.
Quando, finalmente, un giovane dice alla sua amata “Ti amo”,
tale espressione verbale, peraltro molto comune, è in realtà il ri-
sultato di passi precedenti, timidi e a volte goffi, per conoscersi
meglio. Per una persona che ama, questo non è un semplice cliché;
esso, di fatto, svela, rivela e fa rivivere il significato più profondo
di tutti i precedenti bei momenti che hanno goduto insieme. Seb-
bene sia un’espressione abusata, che rischia di perdere il suo si-
gnificato, per queste due persone “Ti amo” diventa un invito im-
pegnativo al quale è possibile rispondere.
Come l’incontro di Bartimèo con Gesù, o come due persone che
non pianificano di innamorarsi, il primo annuncio non è pianifi-
cato e organizzato. Non è né un programma, né un metodo e nem-
meno un’attività o una celebrazione. Perciò, noi non facciamo il
primo annuncio. Esso avviene in “ogni istante quotidiano della
nostra vita con la carità cristiana, la fede e la speranza”,31 in ogni
stagione (2 Tim 4, 2), specialmente nel contesto della vita quoti-
diana ordinaria, in diverse forme, secondo la cultura, il contesto,
i ritmi di vita e le situazioni storico-sociali di coloro ai quali l’an-
nuncio è diretto. È un invito, libero e rispettoso, all’interlocutore,
che liberamente decide di accettarlo o rifiutarlo, invito esemplifi-
cato dall’incontro di Gesù con la Samaritana al pozzo di Giacobbe
(Gv 4, 3-42).
È primo non solo perché è udito per la prima volta; e neppure
implica di essere compreso in termini strettamente cronologici.
È quel momento, preceduto da altre indispensabili condizioni che,
attraverso la forza dello Spirito, può accendere un interesse ini-
ziale per la persona di Gesù Cristo. Il primo annuncio è come
quella scintilla che, dopo diversi colpi di fiammifero, finalmente
accende il fuoco. È il momento in cui, attraverso la forza dello
Spirito, il cuore umano si apre alla persona di Gesù, innescando
un interesse iniziale per la persona di Gesù Cristo o suscitando
31 UNITED STATES CONFERENCE OF CATHOLIC BISHOPS, Committee on Evangelization
and Catechesis, Disciples Called to Witness. The New Evangelization (Washington D.C.
USCCB, 2012) Parte IV, 11.
30

4.2 Page 32

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domande inerenti al posto che si dà a Dio nella propria vita.32
Perciò, il discernimento sul momento giusto e il metodo più
appropriato per promuovere il primo annuncio sono cruciali per
la sua efficacia.
È quindi necessario, prima di tutto, creare un ambiente,
un’atmosfera in cui si possa suscitare e promuovere il desiderio
di conoscere Gesù Cristo. Certamente, una chiara comprensione
di cristologia è importante per i cristiani. Ma il problema princi-
pale per quanto riguarda il primo annuncio non è la formulazio-
ne corretta della fede in Gesù Cristo. Infatti, la preoccupazione
del primo annuncio non è quella di annunciare chi è Gesù,
ma piuttosto quella di come condurre altri alla scoperta di Gesù
Cristo e ad essere affascinati dalla sua persona, che sola conduce
alla fede.
La testimonianza vitale, la relazione interpersonale e il dia-
logo preparano il cuore al primo annuncio. La fede non è frutto di
un programma educativo o di uno studio scientifico. Di fatto, né
una scelta etica, né un discorso dottrinale e neppure una presen-
tazione logica o un’esposizione argomentata della fede sono in
grado di suscitare il desiderio di conoscere Gesù Cristo.33 La fede
non è altro che il risultato di un incontro con Dio che rivela se
Stesso liberamente in Gesù Cristo.34
Come un giovane che è teso ad individuare il momento oppor-
tuno per rivelare il suo amore alla sua amata, così un cristiano,
che vive la sua vita in un permanente stato di missione, è sempre
attento, per discernere il momento per il primo annuncio. È come
una sentinella sempre pronta a dare ragione della sua speranza.35
Dopo essersi conosciuti meglio, arriva quel momento magico
32 Joseph Herveau, Moment 3. Le Bulletin de la Première Annonce, n. 1 (aprile 2012),
2; André Fossion, “La Désirabilité de la Foi Chrétienne comme Condition de l’Evangéli-
sation et de l’Initiation à l’Expérience Chrétienne”, Revue Théologique de Louvain, vol 44
(2013): 45-53.
33 Joseph Phuoc, Alma Castagna, “Emerging Insights and Perspectives during these
Study Days in View of a Renewed Missionary Praxis”, in A. Maravilla (a cura di), Study
Days on the Salesian Mission and the Initial Proclamation of Christ in East Asia (Roma:
SDB-FMA, 2013), 114.
34 Benedetto XVI, Enciclica Deus Caritas Est (Vaticano: Libreria Editrice Vaticana,
2006), n. 1.
35 Benedetto XVI, Africae Munus, n.30.
31

4.3 Page 33

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in cui il giovane dice finalmente alla sua amata: “Ti amo”. Non
c’è un piano preciso per rivelare i propri sentimenti all’amata.
Tuttavia, avendo questo pensiero fisso, l’amante sarà sempre
vigilante per cogliere il momento opportuno per la sua dichiara-
zione all’amata.
Questo ‘ti amo’ non è la fine ma l’inizio di un processo, che
porta al corteggiamento, fidanzamento e matrimonio; è il fonda-
mento d’un matrimonio felice e duraturo. Soprattutto dopo il ma-
trimonio, con il passare degli anni, la coppia ha bisogno di rivivere
periodicamente questo primo ‘ti amo’ per rafforzare l’amore reci-
proco che permetterà di affrontare le avversità della vita. Allo
stesso modo, il primo annuncio ha bisogno di essere approfondito
attraverso le altre fasi del processo di evangelizzazione (la con-
versione, il catecumenato, il battesimo, l’iniziazione sacramentale
e la catechesi) per tutta la vita. In modo simile, un battezzato che
ha avuto un primo annuncio inadeguato, gli manca il fondamento
di una fede robusta. Senza questa opzione iniziale che porta alla
conversione e alla fede personale iniziale, la catechesi rischia di
diventare sterile. In questa luce, anche i cattolici che frequentano
le nostre parrocchie, corsi di catechesi e lezioni di religione, così
pure i cristiani di tutti i nostri centri hanno bisogno del primo
annuncio del Vangelo in vista di approfondire la loro fede e l’ade-
sione personale a Gesù Cristo.
UNA DEFINIZIONE DEL PRIMO ANNUNCIO
Si può definire il Primo Annuncio come la testimonianza di
ogni cristiano e dell’intera comunità cristiana; ogni attività o
insieme di attività che favoriscono un’esperienza travolgente
ed esilarante di Gesù che, sotto l’azione dello Spirito Santo,
suscita la ricerca di Dio e un interesse per la sua Persona,
mentre si salvaguarda la libertà di coscienza, che in ultima
analisi, conduce ad un’iniziale adesione a Lui, o alla rivi-
talizzazione della fede in Lui.
Il primo annuncio, quindi, è primariamente uno stile di vita
che è capace di stabilire un tipo di rapporto come quello di Gesù
nel Vangelo che ci permette di essere impegnati in un rapporto
32

4.4 Page 34

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profondo e trasformativo con lui, come Bartimèo, la Samaritana,
Nicodemo e Zaccheo. È uno stile di autoproporsi della Chiesa come
istituzione a partire dalle sue manifestazioni pubbliche perché
esse sono il primo annuncio che la società percepisce. È anche
un’azione pastorale con delle iniziative concrete mirate ad inne-
scare l’interesse per Gesù. È da sottolineare che il primo annuncio
è effettivamente promosso se i passi nella fede seguono una pe-
dagogia graduale, che è attenta al contesto culturale e storico-so-
ciale del destinatario.36
È primo non in senso strettamente cronologico, e non solo per-
ché conduce alla conversione, né soltanto perché avvia il processo
di evangelizzazione che si estende per tutta la vita. È primo piut-
tosto perché è l’annuncio principale o fondante (al modo con cui
veniva inteso il termine arché dagli antichi greci), che diventa fat-
tore generante del primo atto di fede personale in Gesù Cristo.37
Siccome il suo obiettivo è come condurre gli altri a scoprire e ad
essere affascinati dalla persona di Gesù, è chiaro che il primo an-
nuncio “non è, anzitutto, un messaggio elementare concentrato
in una ‘formula breve’ (il kerygma, l’annuncio pasquale) a cui se-
guirebbe poi una serie di ‘esplicitazioni’ di carattere liturgico, spi-
rituale, morale, missionario per la vita cristiana (la didaché,
l’esortazione degli apostoli).38
36 XAVIER MORLANS, El Primer Anuncio. El Eslabon Perdido (PPC: Madrid, 2009), 29-
31; SERGE TYVAERT, “De la Première Annonce à la Nouvelle Évangelisation”, Cahiers In-
ternationaux de Théologie Practique, n. 10 (2012): 97-99; UBALDO MONTISCI, “La Pastorale
Giovanile e la Città: la Sfida e la Gioia del Primo Annuncio”, Giornate di Studio sul Primo
Annuncio in Città, 153-154; EDMUND ARENS, “Dall’Istruzione all’Interazione. Cambiamento
di Paradigma nella Comunicazione della Fede nella Cultura Moderna” in CORRADO PA-
STORE, ANTONIO ROMANO (a cura di), La Catechesi dei Giovani e i New Media (Elledici, To-
rino, 2015), 22-26. L’autore parla di sette modalità di comunicare la fede oggi: la narra-
zione, la memoria, la celebrazione, l’annuncio, la testimonianza, la confessione e la condi-
visione.
37 IBID, 153-160; CARMELO TORCIVIA, Teologia della Catechesi. L’Eco del Kerygma (To-
rino: Elledici, 2016), 6-7, 102. Nella filosofia greca avrch è il principio o elemento fonda-
mentale da cui tutto ha origine, o ciò da cui si formano tutte le cose.
38 VESCOVI DELLE DIOCESI LOMBARDE, “La Sfida della Fede: il Primo Annuncio”, 726.
33

4.5 Page 35

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A CHI È INDIRIZZATO?
Ogni cristiano e ogni comunità cristiana è il soggetto del primo
annuncio, anche se ci sono membri della comunità ecclesiale
ai quali si affida specificamente la missione di promuoverlo.39
Le Giornate di Studio da Praga (2010) a Roma (2015) hanno
dimostrato che il primo annuncio, per sua natura, è indirizzato
primariamente a:40
1) coloro che non conoscono Gesù Cristo (ai non cristiani);
2) cristiani che hanno ricevuto in maniera insufficiente il primo
annuncio del Vangelo, perciò
a) coloro che dopo aver conosciuto Gesù lo hanno abbandonato;
b) coloro che si chiamano cristiani o cattolici, senza la pratica
cristiana con la comunità, o senza ricevere i sacramenti o
lasciarsi coinvolgere nella vita e attività della parrocchia;
c) coloro che hanno un’identità cristiana debole e vulnerabile;
d) coloro che credono d’aver già conosciuto Gesù abbastanza,
vivono la loro fede come routine o qualcosa di semplicemente
culturale;
3) coloro che cercano Qualcuno o qualcosa che percepiscono ma
a cui non riescono a dare un nome;
4) coloro che vivono la loro vita quotidiana senza alcun senso.
Per coloro che non conoscono Cristo, il primo annuncio è quella
scintilla che porta alla conversione e inizia il processo di evange-
lizzazione. Per quelli che già sono stati battezzati ma hanno ab-
bandonato la pratica della loro fede o la vivono come qualcosa di
culturale, il primo annuncio innesca la rivitalizzazione della fede
e approfondisce l’adesione iniziale al nostro Signore Gesù Cristo.41
39 UBALDO MONTISCI, LORENZINA COLUSI, “Orizzonti di Primo Annuncio per la Famiglia
Salesiana in Europa Oggi: Condizioni, Strategie, Metodologie, Contenuti”, in Missione Sa-
lesiana in Situazioni di Frontiera e Primo Annuncio Cristiano in Europa Oggi, 92.
40 ALFRED MARAVILLA, “Dio Vive con il suo Popolo in Questa Città”, Giornate di Studio
sul Primo Annuncio in Città, 22; PAOLO VI, Evangelii Nuntiandi, n. 52-53.
41 PAMELA VECINA, JOHN CABRIDO, “Emerging Insights and Perspectives during these
Study Days in View of a Renewed Missionary Praxis” in A. MARAVILLA (a cura di), Study
Days on the Salesian Mission and the Initial Proclamation of Christ in Oceania (Roma:
SDB-FMA, 2013), 107.
34

4.6 Page 36

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L’ATTUALITÀ DEL PRIMO ANNUNCIO
Il primo annuncio è attualissimo perché mette in rilievo
l’importanza dell’incontro personale con Cristo, non le dottrine,
che fa nascere la fede in Lui.
In ultima analisi, il primo annuncio si focalizza su quattro
elementi:
– sulla persona, prendendo in considerazione il suo contesto so-
cio-culturale-religioso e gli eventi della vita quotidiana ordina-
ria, perché il primo annuncio accade nel cuore di chi lo riceve;42
– sulla persona del credente cristiano, che pratica la sua fede e
vive una vita cristiana impegnata come discepolo-missionario.
Si focalizza sull’essere credente cristiano, non sulle sue qualità
umane né sulle ‘tecniche’ per raggiungere il primo annuncio;43
– sull’incontro “personale con Dio, che mi tocca nel mio tessuto
più intimo e mi mette di fronte al Dio vivente in assoluta im-
mediatezza in modo cioè che io possa parlargli, amarlo ed en-
trare in comunione con Lui”. È questo contatto profondo che
fa nascere la fede. Perciò “la chiesa deve introdurre all’incontro
con Gesù Cristo e portare alla Sua presenza nel sacramento”.44
– sullo Spirito Santo che è il vero protagonista del primo annun-
cio, e non il cristiano, né il ‘predicatore’. È attraverso la po-
tenza dello Spirito Santo, il quale “opera come vuole, quando
vuole e dove vuole”45 che il modo di vivere di ogni cristiano e
ogni attività della comunità cristiana diventano un primo an-
nuncio. È lo stesso Spirito che dà a ogni cristiano la forza di
non essere timido, quando Dio apre la porta del cuore di una
persona per annunciare che Gesù Cristo è il Signore.46
Con questa comprensione del primo annuncio è meno impor-
tante se uno si trova, o in una scuola, in una parrocchia, in un cen-
42 GIULIO ALBANESE, “Evangelizzazione Urbana. Città terra di Missione”, in Giornate
di Studio sul Primo Annuncio in Città, 78-81.
43 FRANCESCO, Evangelii Gaudium, no.24, 50; UBALDO MONTISCI, “La Pastorale Gio-
vanile e la Città: La Sfida e la Gioia del Primo Annuncio”, in Giornate di Studio sul Primo
Annuncio in Città, 179.
44 JACQUES SERVAIS, “Intervista al Papa Emerito Benedetto XVI. La Fede non è
un’Idea ma la Vita”, in L’Osservatore Romano (17 marzo 2016) 4.
45 FRANCESCO, Evangelii Gaudium, n. 279.
46 PAOLO VI, Evangelii Nuntiandi, n.75.
35

4.7 Page 37

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tro giovanile, o in una stazione missionaria, se uno è coinvolto in
prima evangelizzazione, in educazione, in attività pastorale o nella
promozione e sviluppo umano. Ciò che conta di più è vivere la pro-
pria vita come cristiani e come religiosi ‘permanentemente in stato
di missione’; in questo modo, ogni persona e ogni comunità è un
centro irradiante di vita cristiana che favorisce il primo annuncio.47
La Via da Percorrere
Vivere il primo annuncio significa passare all’altra riva, e questo neces-
sariamente implica un processo continuo di conversione personale, co-
munitaria, missionaria e pastorale che ci spinge ad aprirci alle nuove
frontiere della nostra società. Così tutto ciò che siamo e tutto ciò
che facciamo, come testimoni di Gesù, diventa un primo annuncio.48
In questa luce risulta necessaria una conversione dei cuori e delle menti
che ci fa passare:
– da una trascuratezza di riflessione e di esperienze sul primo annuncio
a promuovere momenti di riflessione e a condividere esperienze di
primo annuncio;49
– da una vita ‘ordinaria’ ad una forma di vita personale e comunitaria
che sia credibile, attraente ed affascinante, che conduca gli altri
ad essere curiosi di conoscere le motivazioni e la ragione ultima per
un tale stile di vita; 50
– da una visione della nostra missione d’evangelizzazione e d’educa-
zione centrata sui programmi ad un’attenzione pastorale che favorisca
una pedagogia del primo annuncio.51
47 FRANCESCO, Evangelii Gaudium, no. 25; CONFERENCIA GENERAL DEL EPISCOPADO
LATINOAMERICANO Y DEL CARIBE, V Conferencia General. Documento Conclusivo (Lima:
Conferncia Episcopal Peruana, 2007), n. 551, 362.
48 ANA MARIA FERNANDEZ, ISABEL MADRID CISNEROS, RAFAEL ANDRÉS BORGES, “En-
sancha sin Miedo el Espacio de tu Tienda”, Jornadas de Estudio del Primer Anuncio al
Discipulado en América y Caribe, 173; “Prospettive Emergenti nelle Giornate di Studio:
La Città, Spazio e Opportunità per il Primo Annuncio”, 208.
49 PAMELA VECINA, JOHN CABRIDO, “Emerging Insights and Perspectives during these Stu-
dy Days in View of a Renewed Missionary Praxis”, 106; ANA MARIA FERNANDEZ, ISABEL MADRID
CISNEROS, RAFAEL ANDRÉS BORGES, “Ensancha sin Miedo el Espacio de tu Tienda”, 178.
50 IBID, 173, 174.
51 IBID, 175.
36

4.8 Page 38

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Capitolo IV
Il Primo Annuncio
nei Contesti Cristiani

4.9 Page 39

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4.10 Page 40

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“PERCORREVA TUTTE LE CITTÀ E I VILLAGGI
NNel suo vangelo Matteo fa un riassunto dell’attività missio-
naria di Gesù con parole dense e concise: “Gesù percorreva tutte
le città e i villaggi, insegnando nelle loro sinagoghe, annunciando
il Vangelo del Regno e guarendo ogni malattia e ogni infermità”
(Mt 9, 35). Gesù non frequentava i grandi centri urbani del
suo tempo. Si recò a Gerusalemme varie volte come Città Santa
(Sal 48, 2) e dimora di Dio (Sal 135, 21), mai per andare in una
grande città. Gesù andava là dove la gente abitava, per cercare
“le pecore smarrite” in qualunque luogo si trovassero. Così
percorreva le città e i villaggi per incontrare persone, storie e si-
tuazioni sempre nuove e imprevedibili. Infatti, Gesù non dava
priorità al territorio, bensì ad ogni contesto di vita umana come
luogo in cui portare salvezza.52
Paolo, invece, ha scelto i centri urbani. Fu una scelta piutto-
sto strategica, perché le città romane disponevano di strade che
collegavano le varie città importanti, dove si parlava la lingua
comune: il greco (koinè), che era lo strumento di comunicazione
per tutto il bacino del Mediterraneo. Paolo ha scelto come campo
da evangelizzare e come centro missionario da cui irradiare
l’annuncio evangelico, le grandi città con popolazione numerosa
e con grandi movimenti migratori da varie provenienze e tradi-
zioni. Arrivando in città, prendeva come punto di riferimento la
sinagoga, per poi aprirsi sempre più ai pagani e non chiudersi
nel ghetto. Ma la sua apertura verso tutti non era un’apertura
vaga e dispersiva, piuttosto un frutto del discernimento dello
Spirito: “Ed ecco, dunque, costretto dallo Spirito, io vado ...” (Atti
20, 22). Ovunque si fermava creava una rete missionaria di
collaboratori, mobilitando molte persone attorno al suo progetto
missionario.53
52 MARIA KO HA FONG, “Gesù Percorreva tutte le Città e i Villaggi”, Giornate di Studio
sul Primo Annuncio di Cristo in Città, 245-246; 250-252.
53 MARIA KO HA FONG, “Paolo, Missionario della Città”, 253-259.
39

5 Pages 41-50

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5.1 Page 41

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PRIMO ANNUNCIO O NUOVA EVANGELIZZAZIONE?
Oggi il primo annuncio è necessario in tutti i contesti. Quindi
è importante anche parlare del primo annuncio nei contesti che
sono considerati ‘cristiani’ o ‘cattolici’ per tradizione o per cultura.
Molte famiglie vivono una fede culturale alimentata dalla pratica
della religiosità popolare e dalla sacramentalizzazione dei bam-
bini e giovani, membri nominali della Chiesa. Ma non è sorpren-
dente se in contesti considerati o nei contesti di antica tradizione
cristiana dove c’è un abbandono della fede, o dove la si vive come
routine, uno domanda se ciò che è veramente necessario è il primo
annuncio o piuttosto una nuova evangelizzazione.54
Infatti, in questi contesti il primo annuncio che i cristiani han-
no avuto in famiglia, dai genitori, è povero e spesso non è ade-
guato ad essere un fondamento di una fede robusta. Senza questa
conversione iniziale e la fede personale iniziale, la propria fede
rischia di rimanere debole. Quindi, anche dopo anni di catechesi,
abbandonano facilmente la pratica della loro fede, o la vivono solo
come qualcosa di culturale. Perciò, il Direttorio Generale per la
Catechesi insiste sul fatto che i cristiani che hanno abbandonato
la pratica della fede, come pure quelli che vivono la fede per
abitudine, hanno tutti bisogno del primo annuncio del Vangelo,
in vista di promuovere la loro re-adesione personale a Cristo 55.
In questa luce, il primo annuncio è considerato come il primo passo
necessario verso una nuova evangelizzazione.56
LA NUOVA EVANGELIZZAZIONE COME ‘SECONDO ANNUNCIO
Questo primo annuncio ai cristiani che l’hanno ricevuto in maniera
inadeguata, potrebbe essere chiamato secondo primo annuncio o sem-
54 GLORIA ELENA GARCIA PEREIRA, “Las Oportunidades y los Desafíos del Primer Anuncio
para SDB y FMA en América Latina y el Caribe” in Jornadas de Estudio del Primer Anuncio
al Discipulado Misionero en América y el Caribe, 132.
55 CONGREGAZIONE PER IL CLERO, Direttorio Generale per la Catechesi (Vaticano: Libreria
Editrice Vaticana, 1997), n. 61.
56 Sinodo sulla Nuova Evangelizzazione, Proposizione n. 9 sulla nuova evangeliz-
zazione e il primo annuncio enfatizza la continuità tra catechesi e il primo annuncio: in-
segnamento sistematico del kerygma nella Scrittura e nella Tradizione; insegnamenti
e citazioni da santi e martiri missionari e formazione di evangelizzatori cattolici oggi.
40

5.2 Page 42

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plicemente “secondo annuncio”57 per distinguerlo dal primo annuncio
indirizzato a quelli che non conoscono Cristo. Parlare del secondo an-
nuncio non annulla la forza teologica del primo annuncio. Esso è una
“proposta di fede a chi è stato cristiano e non lo è più, a chi lo è per
anagrafe e abitudine, a chi pensa di esserlo e anche a chi effet-
tivamente lo è”.58 Il suo scopo è suscitare nei cristiani un interesse
che risvegli il fascino iniziale per la persona di Gesù Cristo.
Quindi, il secondo annuncio tiene conto che c’è stato già un
primo annuncio che può aver lasciato dei valori e delle abitudini
evangeliche tali da sorprenderci. Essendo battezzati il punto di
partenza è la fede già più o meno presente, ricevuta in qualche
modo come eredità, però va rianimata, sia per dimenticanza, per
trascuratezza, per ostilità, per influsso della cultura secolarizzata
o per influsso di altre religioni. Ormai il Vangelo ha cessato di af-
fascinarli perché lo danno per scontato, come qualcosa di già co-
nosciuto e ovvio. In alcuni casi la loro immagine della Chiesa, del
Cattolicesimo o del Cristianesimo è stata annebbiata da pregiu-
dizi, esperienze negative, scandali e paure. In questo caso la te-
stimonianza di vita cristiana, la relazione interpersonale, o l’espe-
rienza di vita ecclesiale diventano un secondo, libero invito a ri-
scoprire la persona di Gesù Cristo ed il suo Vangelo.59 Ovviamen-
te, il secondo annuncio ha profonde conseguenze nella catechesi.
Questo secondo annuncio implica quattro sfide per ogni cri-
stiano e per l’intera comunità cristiana. La prima è un secondo
ascolto della Parola di Dio allo scopo di promuovere “un incontro
con Cristo, la Parola vivente di Dio” 60; l’altra è diventarne riflesso
per gli altri; una terza sfida consiste nel promuovere una dina-
57 L’espressione è stata usata da San Giovanni Paolo II il 9 giugno 1979 durante
l’omelia nel Santuario della Santa Croce in Mogila, Polonia: “Una nuova evangelizzazione
è iniziata come se fosse un secondo annuncio, anche se in realtà è lo stesso di sempre”.
Insegnamenti di Giovanni Paolo II, vol II/1 (Vaticano: Libreria Editrice Vaticana, 1979)
1505.
58 ENZO BIEMME, “Catechesi e Iniziazione Cristiana”, in GILLES ROUTHIER, LUCA BRESSAN,
LUCIANO VACCARO (a cura di), La Catechesi e le Sfide dell’Evangelizzazione Oggi (Brescia:
Morceliana, 2012), 113.
59 ENZO BIEMMI, Il Secondo Annuncio (Bologna: EDB, 2011) 37; SALVATORE CURRÒ,
ENZO BIEMMI, “Il Secondo Annuncio e ... Oltre. Dialogo su Questioni Catechetiche Attuali”,
in Catechesi, vol. 81/ 5 (2011-2012): 35-38; 40-41.
60 BENEDETTO XVI, Esortazione Apostolica Verbum Domini (Vaticano: Libreria Editrice
Vaticana, 2010), n. 87.
41

5.3 Page 43

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mica di accompagnamento, cosicché la disponibilità e l’apertura
di cuore delle persone, per opera dello Spirito, conduca ad un nuo-
vo atto di fede; e la quarta sfida è la pastorale familiare.
La famiglia è il vivaio dove la fede viene impiantata e nutrita
nei cuori dei figli. Ma non esiste una famiglia ideale, quindi è im-
portante la pastorale di accompagnamento delle famiglie per po-
terle seguire con gradualità, misericordia pastorale, riflessione e
discernimento, specialmente quelle che si trovano in situazioni
di fragilità e di imperfezione. In questa maniera si aiuta ogni fa-
miglia perché possa diventare un luogo privilegiato di sostegno,
di accompagnamento e di guida all’educazione umana, sociale,
sessuale, etica e religiosa dei figli. Così la famiglia diviene luogo
della trasmissione della fede a tutti coloro che le si accostano e
anche una famiglia veramente missionaria!61
Per favorire il secondo annuncio occorre promuovere una pa-
storale orientata verso le periferie che aiuti a riscoprire la fede.
Essa pone attenzione ai luoghi dove è possibile fare esperienza
del cristianesimo e trovare reali possibilità per incontrare Gesù.
Per luogo non si riferisce solo allo spazio geografico concreto, ma
anche a quello esperienziale e relazionale: la famiglia, come luogo
dove si coglie la bellezza della fede; la comunità cristiana, come
luogo dove si fa una esperienza di fede vissuta con impegno; la li-
turgia, come luogo in cui i cristiani vivono e celebrano la bellezza
della loro fede; le forme di pietà popolare come espressione di una
fede inculturata; l’arte sacra come espressione della bellezza della
fede; i centri educativi come luogo di formazione integrale e di ela-
borazione dell’identità e del senso della vita; la catechesi come op-
portunità per comprendere il cristianesimo e la religione cattolica.
È importante avere un approccio sistematico con strategie che
partono dall’esistente, riconoscono le situazioni già in atto e fa-
voriscono la maturazione dei ‘germogli’ già spuntati che possono
diventare questi luoghi, vere soglie di accesso alla fede.62
61 FRANCESCO, Esortazione Postsinodale Amoris Laetitia (Vaticano: Libreria Editrice
Vaticana, 2016), n. 287, 289, 293-312.
62 UBALDO MONTISCI, “La Pastorale Giovanile e la Città: la Sfida e la Gioia del Primo
Annuncio”, 149, 168-159, 162-163, 166: GIOVANNI CASAROTTO, “Una Pastorale Kerygmatica
per il rinnovamento Ecclesiale”, in Catechesi vol 85, no. 1 (2015-2016): 64-72.
42

5.4 Page 44

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IL PRIMO ANNUNCIO NEI CONTESTI URBANI
La Chiesa nata e sviluppatasi nei centri urbani fin dagli inizi,
oggi deve nuovamente confrontarsi con il fenomeno urbano, per-
ché la maggior parte dei fedeli abita in città. Anche la maggio-
ranza delle nostre presenze SDB e FMA si trovano nei contesti
urbani. Il punto di partenza della nostra pastorale urbana è guar-
dare la realtà urbana con simpatia sulla scia della Gaudium et
Spes, sapendo discernere i ‘segni dei tempi’ ed evitando genera-
lizzazioni e atteggiamenti pregiudizialmente giudicanti.63
Nei centri urbani le reti sociali sono l’ambiente abitato dai gio-
vani della “generazione app”. La nostra cultura tecnologica ha
sviluppato applicazioni per tablets e smartphones che sono facili
da usare offrendo nuovi modi di mettersi in collegamento e inco-
raggiando la condivisione. Questo “mondo delle app” è diventato
un ambiente che crea cultura. Nel contesto urbano, la Chiesa par-
la e rivolge il suo messaggio agli abitanti di questo ‘mondo’. Il
messaggio della Chiesa ha la sua complessità, spesso percepito
anche come giudizio, voce incomprensibile e moralizzante, mentre
nel “mondo delle app” la comunicazione è semplice e immediata.
La sfida, dunque, è come promuovere il primo annuncio.64 Un mo-
do strategico è inserirsi nel mondo vitale del cyberspace e capire
il suo linguaggio per creare uno spazio in cui il Vangelo possa
essere scoperto, sperimentato e vissuto dai digital natives e non
soltanto per puntare ad una mera ripetizione di forme cristiane
tradizionali di vita.65
In città si deve confrontare anche con il fenomeno di un cre-
scente flusso migratorio che crea un “meticciato culturale” e rende
ogni società urbana sempre più multireligiosa e multiculturale.
Da un lato, la globalizzazione ha moltiplicato le possibilità di re-
lazione e di scambio tra culture, persone e individui causando
63 IBID, 32-34
64 HOWARD GARDNER, KATIE DAVIS, The App Generation. How Today’s Youth Navigate
Identity, Intimacy and Imagination in a Digital World (New Haven: Yale University Press,
2013), 121- 154, 169, 441-443; GIOVANNI CASAROTTO, “Una Pastorale Kerygmatica per il
rinnovamento Ecclesiale”, 66.
65 NORBERT METTE, “Comunicazione del Vangelo nell’Era Digitale, in Particolare con
la Generazione che Cresce, in La Catechesi dei Giovani e i New Media, 39-40.
43

5.5 Page 45

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l’emergere di una nuova cultura globale che diventa sempre più
omogenea. Dall’altro lato, questa nuova cultura è imbevuta di
principi di materialismo e secolarismo, senza spazio ai principi re-
ligiosi ed ai valori etici. Come reazione alla globalizzazione vedia-
mo pure una riasserzione delle proprie origini culturale ed identità
etnica che potrebbe sfociare nell’estremismo nazionalista.66
Il processo di secolarizzazione è una caratteristica positiva del
nostro tempo perché ha aperto la strada alla giusta separazione
fra la Chiesa e lo stato facendo emergere una società civile dove
c’è una pluralità di prospettive e di visioni del mondo.67 Invece, il
secolarismo è radicato nell’illuminismo e nella rivoluzione fran-
cese che hanno forgiato la laicité come dottrina politica, che ora è
diventata un’ideologia agnostica e atea che spesso si esprime
nell’opposizione a ciò che è religioso e specialmente alla Chiesa
come istituzione. E “quando la secolarizzazione si trasforma in
secolarismo, si ha una grave crisi culturale e spirituale”68 che si
sente molto di più nei contesti urbani.
È nel contesto urbano che si sente fortemente l’effetto del se-
colarismo aggressivo, che crea una cultura laicista soft, che favo-
risce una indifferenza religiosa, che evita di infervorarsi troppo
per la propria fede o per il credo altrui, portando i credenti ad
un’evidente “stanchezza della fede” e “alla sensazione di averne
abbastanza del Cristianesimo”. È in città che si sente molto il
nuovo ateismo che presenta credenze più attente alla fragilità
umana ed è portatore di un modo di vivere meno appesantito da
norme e principi. Nei centri urbani vediamo, specialmente fra i
giovani, una riscoperta delle credenze e pratiche religiose, ma pu-
re il fenomeno di una religiosità fluida che si esprime nell’essere
spirituali, ma non religiosi’ o ‘credere senza appartenere’.69
66 ANA MARIA FERNANDEZ, ISABEL MADRID CISNEROS, RAFAEL ANDRÉS BORGES, “Ensancha
sin Miedo el Espacio de tu Tienda”, 165-166.
67 Gaudium et Spes, n. 36; DAVID WILLIS, “Initial Proclamation in Societies in the Pro-
cess of Secularisation”, in Study Days on the Salesian Mission and the Initial Proclamation
of Christ in Oceania, 81-87.
68 CONSIGLIO PONTIFICIO DELLA CULTURA, Per una Pastorale della Cultura (Vaticano:
Libreria Editrice Vaticana, 1999), n.23.
69 ALFRED MARAVILLA, “Dio Abita col Suo Popolo in Questa Città!” Giornate di Studio
sul Primo Annuncio in Città, 27-30, 32-34; CARMELO DOTOLO, “La Città e il Secolarismo
Oggi: Sfide e Opportunità per il Primo Annuncio”, in Ibid, 123-126.
44

5.6 Page 46

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Le conseguenze della mobilità umana internazionale (in vari
Paesi) e interna (dalla campagna alle grandi città), per motivi eco-
nomici, culturali, politici e religiosi oppure per il motivo di lavoro,
o per sfuggire dal terrorismo, dalla violenza e dal narcotraffico, si
sentono molto nei centri urbani, soprattutto in quartieri degradati
o nelle baraccopoli di periferia delle megalopoli. Spesso ciò provoca
manifestazioni di intolleranza, xenofobia e razzismo per motivo di
timori e paure da parte di molti che sentono gli immigrati come
un peso e addirittura un pericolo e una minaccia. La violenza in
diversi continenti ha causato un flusso significativo di migranti,
la maggioranza dei quali sono seguaci di altre religioni, e tra que-
sti molti sono musulmani. Il migrante – nella maggior parte dei
casi donna e minore non accompagnato – è spesso bisognoso di ge-
sti di apertura, accoglienza e solidarietà, per cui ha bisogno di sen-
tirsi accolto, riconosciuto e valorizzato come persona umana, pro-
tagonista del proprio futuro. Perciò, la testimonianza di vita e le
espressioni di carità concreta in mezzo a loro suscitano interesse
e curiosità, e diventano un rispettoso ma potentissimo primo an-
nuncio. Tra gli immigranti c’è pure un numero consistente di cri-
stiani, particolarmente dai Paesi cattolici e cattolici di rito orien-
tale.70 Essi si rivolgono alle istituzioni ecclesiali per ricevere so-
stegno emotivo e sociale come pure per affermare la propria iden-
tità culturale o tradizione liturgica. La cura pastorale dei migranti
cattolici offre l’opportunità per promuovere il primo annuncio, il
primo passo necessario per una nuova evangelizzazione.71
Anche nel contesto urbano si nota la religiosità popolare, sia
tra gli immigranti, sia tra i cittadini. Si tratta di diverse espres-
sioni di valori positivi (semina verbi) trasmessi da diverse culture
tradizionali e del loro incontro con il Vangelo.72 Anche se sono
espressioni culturali di un popolo, le forme genuine della religio-
sità popolare sono frutto dello Spirito Santo e espressione della
pietà della Chiesa. Ponendosi in fecondo contatto con la Parola
70 PONTIFICIO CONSIGLIO DELLA PASTORALE PER I MIGRANTI E GLI ITINERANTI, Istruzione
Erga Migrantes Caritas Christi (Vaticano: Libreria Editrice Vaticana, 2004), n. 6, 7, 10,
49-59, 65, 69, 96, 100; MILVA CARO, “Pastorale Interculturale a Favore dei Giovani e dei
Migranti”, in Giornate di Studio sul Primo Annuncio in Città, 106-109.
71 CONGREGAZIONE PER IL CLERO, Direttorio Generale per la Catechesi, 62.
72 Lumen Gentium, n. 16.
45

5.7 Page 47

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rivelata, la tradizione e la liturgia, la religiosità popolare non solo
aiuta molti fedeli a perseverare nella preghiera e nella lode
di Dio, a rendere testimonianza a Cristo, ma può diventare un’op-
portunità per il primo o il secondo annuncio di Cristo. È un fatto
che la religiosità popolare si mostra interessata a fenomeni e fatti
straordinari, spesso connessi con rivelazioni private. In questi
casi, è compito dei Pastori della Chiesa discernere e autenticare
tutto ciò che conviene.73
La Via da Percorrere
Ogni città è veramente multiculturale, multireligiosa, globalizzata e di-
gitale! Più che mai “siamo chiamati a capire in profondità lo stile di Don
Bosco nel suo rapporto con la città e con i giovani che si lasciavano
attirare da essa. Ogni incontro di Don Bosco con i suoi giovani era
un’opportunità per presentare loro ‘le cose di Dio’”.74 La sua esperienza
ci insegna che, per promuovere il primo annuncio in città, bisogna met-
tere al centro la persona tramite l’ascolto, l’accoglienza e la relazione,
per permetterle di incontrare Cristo e lasciarsi interpellare da Lui. È im-
portante che ci sia una presenza cristiana nei luoghi d’incontro, di
scambio e di cultura: nei pensatoi, nei seminari di studio, nelle redazioni
dei giornali, nei convegni dove si discutono questioni sociali, nei circoli
che coltivano il diritto di cittadinanza per dialogare con le molteplici si-
tuazioni sociali, economiche e politiche e far fiorire l’umano e il bene
comune. È lì che la relazione umanizzante, animata dalla fede del
discepolo, diventa epifania, memoria e profezia del Regno, cosicché
può innescare l’interesse per Gesù o può essere un punto di partenza
per re-iniziare un cammino di fede.75
73 ENRIQUE AGONZÁLEZ ORDOSGOITTI, “La Complejidad Religiosa de América Latina.
La Grande Como Texto y Contexto para una Nueva Evangelización” in Jornadas de Estu-
dio del Primer Anuncio al Discipulado Misionero en América y el Caribe, 70; ANA MARIA
FERNANDEZ, ISABEL MADRID CISNEROS, RAFAEL ANDRÉS BORGES, “Ensancha sin Miedo el
Espacio de tu Tienda”, 166, 171; CONGREGAZIONE PER IL CULTO DIVINO E SULLA DISCIPLINA
DEI SACRAMENTI, Direttorio su Pietà Popolare e Liturgia. Principi e Orientamenti (Vaticano:
Libreria Editrice Vaticana, 2002), 84, 86, 90.
74 “Prospettive Emergenti nelle Giornate di Studio: La Città, Spazio e Opportunità
per il Primo Annuncio”, 207-208.
75 GIULIO ALBANESE, “Evangelizzazione Urbana. Città Terra di Missione”, in Giornate
di Studio sul Primo Annuncio in Città, 80-81; CARMELO DOTOLO, “La Città e il Secolarismo
Oggi: Sfide e Opportunità per il Primo Annuncio”, 129-131; UBALDO MONTISCI, “La Pasto-
rale Giovanile e la Città: la Sfida e la Gioia del Primo Annuncio”, 165.
46

5.8 Page 48

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Abbiamo bisogno di vedere, capire e giudicare le realtà urbane. Non pos-
siamo essere ingenui e accettare indiscriminatamente tutte queste realtà.
Dobbiamo imparare a discernere lo spirito che anima tutto ciò che avvie-
ne nelle società urbane. Per promuovere questo discernimento pastorale
è necessario convertire mentalità e modificare strutture, passando:
– da una pastorale tradizionale ad un atteggiamento di accoglienza del
bello e del buono presenti nelle nuove espressioni di fede dei giovani
che sono in ricerca di un senso profondo per la loro vita; 76
– da un atteggiamento di sfiducia e paura per ciò che è diverso, che
vede la diversità culturale e il migrante come un pericolo e una
minaccia, ad un atteggiamento di apertura per accogliere il diverso,
il migrante, le espressioni culturali come opportunità per promuovere
il primo annuncio; 77
– da una mancanza di contatto con le famiglie, ad una pastorale di
accompagnamento delle famiglie; 78
– dall’indifferenza verso le comunicazioni sociali e la tecnologia alla pro-
mozione del primo annuncio; ad un approfondimento delle nostre co-
noscenze sulle nuove tecnologie, i “nuovi cortili”, il linguaggio giova-
nile e alla solidarietà per trasformare il “non-luogo internet” in un luogo
di incontro, di amicizia e di solidarietà con i giovani e per i giovani; 79
– da una comprensione confusa della secolarizzazione e del secolari-
smo, come dalle nostre sicurezze pastorali e concettuali che consi-
derano la città come “non-luogo”, ad una giusta comprensione delle
luci e ombre del processo di secolarizzazione con il conseguente ri-
torno al sacro, alla dimensione religiosa e alla ricerca di Dio. Tutto
ciò tramite una pastorale che cerca di trasformare la realtà urbana e
le sue periferie esistenziali in un ‘luogo’ più umano, un ‘luogo’ che
evidenzi la presenza di Dio.80
76 “Prospettive Emergenti nelle Giornate di Studio: La Città, Spazio e Opportunità
per il Primo Annuncio”, 207.
77 IBID; ANA MARIA FERNANDEZ, ISABEL MADRID CISNEROS, RAFAEL ANDRÉS BORGES, “En-
sancha sin Miedo el Espacio de tu Tienda”, 165.
78 PAMELA VECINA, JOHN CABRIDO, “Emerging Insights and Perspectives during these
Study Days in View of a Renewed Missionary Praxis”, 106.
79 “Prospettive Emergenti nelle Giornate di Studio: La Città, Spazio e Opportunità
per il Primo Annuncio”, 206-207.
80 IBID; ANA MARIA FERNANDEZ, ISABEL MADRID CISNEROS, RAFAEL ANDRÉS BORGES,
“Ensancha sin Miedo el Espacio de tu Tienda”, 173; PAMELA VECINA, JOHN CABRIDO, “Emer-
ging Insights and Perspectives during these Study Days in View of a Renewed Missionary
Praxis”, 106.
47

5.9 Page 49

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– da un atteggiamento di tolleranza verso la religiosità popolare cultu-
rale ad una pastorale che la rinnovi affinché stimoli i propri seguaci
a vivere una vita profondamente ispirata dal Vangelo.81
81 IBID, 105; ANA MARIA FERNANDEZ, ISABEL MADRID CISNEROS, RAFAEL ANDRÉS BORGES,
“Ensancha sin Miedo el Espacio de tu Tienda”, 166-169, 177.
48

5.10 Page 50

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Capitolo V
Il Kerygma
e il Primo Annuncio

6 Pages 51-60

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6.1 Page 51

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6.2 Page 52

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“VÀ AVANTI, E RAGGIUNGI QUEL CARRO!”
LLuca racconta negli Atti (8, 26-40) un esempio di primo an-
nuncio nella Chiesa primitiva. È lo Spirito che spinge Filippo a
cogliere l’occasione, perché forse non tornerà più a promuovere il
primo annuncio: “Và avanti, e raggiungi quel carro!”. Un eunuco
dall’Etiopia aveva appena fatto il pellegrinaggio a Gerusalemme,
leggeva il libro del profeta Isaia. Questo eunuco, considerato dal
giudaismo ortodosso, estraneo ed escluso dalla salvezza (Dt 23,
2) era sincero ed aveva un cuore aperto. Ma lo Spirito aveva già
preceduto Filippo, alimentando la passione di ricerca della verità
e della pienezza di vita dell’eunuco. E Filippo lo raggiunse e gli
offre la prospettiva di fede, condividendo con passione la sua fede
in Gesù.
Negli Atti vediamo che nella Chiesa primitiva esisteva una
forte passione apostolica che spingeva la comunità ecclesiale a
cercare incessantemente mezzi e modi di offrire la sua fede con
gentilezza e con l’arte di cuore, con grande passione, a quelli che
non conosco ancora Gesù. Qui si tratta di presentare il fascino di
Gesù da affascinati. Il brano conclude quando l’eunuco non vede
più Filippo ma prosegue pieno di gioia. Infatti, il fuoco della fede
innescato con il primo annuncio continuerà ad ardere e sostenere
il cammino di ogni credente.82
IL KERYGMA
Come abbiamo visto nell’incontro di Filippo con l’eunuco, il ke-
rygma è stato una risposta alla memoria di Gesù, il cui nocciolo
consisteva nella sua vita, nella sua predicazione e nella sua ri-
surrezione. Questo è stato ponderato, accuratamente formulato,
proclamato, celebrato e vissuto, come testimoniato da varie for-
mule cristologiche trovate nel Nuovo Testamento (Mt 28, 6; Mc
16, 6; Lc 24, 6.34; Atti 2, 24; 1Tim 4, 14). Il Vangelo è parola di
verità (Ef 1, 13) e la verità del Vangelo è l’essenza del kerygma
82 MARIA KO, “Go Up and Join that Chariot!” in Study Days and the Salesian Mission
and the Initial Proclamation of Christ in East Asia, 178-182.
51

6.3 Page 53

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(Gal 2, 5.14; 4, 16; 5, 7). Diversamente, non ci può essere alcun
kerygma senza la narrazione della memoria della persona, della
vita e della predicazione di Gesù Cristo. Infatti, come abbiamo
visto nel Capitolo I, nel Nuovo Testamento la proclamazione di
Giovanni Battista (Ecco l’agnello di Dio) e di Paolo (Gesù Cristo e
Cristo crocifisso) è rappresentata non solo come narrazione di un
evento, ma soprattutto come un annuncio della storia di Gesù
Cristo, di cui i quattro Vangeli sono le sue versioni estese. Questa
narrazione kerygmatica è, in realtà, il confluire della storia di Ge-
sù, la condivisione dell’esperienza di fede del narratore con le spe-
ranze e le attese dell’ascoltatore, nella ricerca del significato della
propria vita. Quando queste convergono, si sviluppa una relazio-
ne tra chi annuncia e chi ascolta; ciò promuove l’esperienza della
presenza del Signore che può suscitare l’interesse a conoscere di
più la Persona di Gesù che, in ultima analisi, può far nascere la
fede (Rm 10, 17), la conseguente conversione radicale, metanoia,
(Atti 5, 31; 11,18) e l’impegno a seguirlo e a imitarlo (Fil 2, 1-11)83.
Mentre si diffondeva la fede, la Chiesa primitiva a poco a poco
ha fatto una chiara distinzione tra kerygma come predicazione ai
non credenti per condurli alla fede, e didaché come insegnamento
per rafforzare la fede dei credenti. Il kerygma, per sua natura, è
legato ai dati essenziali e centrali della fede cristiana – l’incar-
nazione, morte, risurrezione e messaggio di Gesù – e tutto ciò che
va creduto per potersi dire cristiani. È il kerygma che dà origine
alla Chiesa.84 D’altronde, i confini fra primo annuncio e kerygma
non sono nettamente definibili, e non è pensabile creare tra di
essi barriera, o compartimenti-stagno. Bisogna, tuttavia, non per-
dere l’identità del primo annuncio perché è l’attenzione al primo
annuncio che pone ogni cristiano, ogni comunità cristiana e tutta
la Chiesa in uno ‘stato permanente di missione’.85
83 JEAN AUDUSSEAN, XAVIER LÉON-DUFOUR, Prêcher, in Xavier Léon-Dufour (a cura
di), Vocabulaire de Théologie Biblique Seconda ed., (Cerf: Paris, 1970), 1106-1011; CESARE
BISSOLI, Il Primo Annuncio nella Comunità Cristiana delle Origini”, CETTINA CACCIATO
(a cura di), Il Primo Annuncio tra “Kerygma” e Catechesi (LDC: Torino, 2010), 13-22; COLIN
BROWN, “Proclamation”, in COLLIN BROWN (a cura di), New Testament Theology, III (Grand
Rapids: Zondervan Corporation, 1978), 44-68.
84 CARMELO TORCIVIA, Teologia della Catechesi. L’Eco del Kerygma, 104-105.
85 FRANCESCO, Evangelii Gaudium, 25.
52

6.4 Page 54

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Non è sufficiente colpire un fiammifero per accendere il fuoco.
Se la scintilla creata non viene utilizzata per accendere una can-
dela o una lampada, si spegnerà e diventerà inutile. Come il
“Ti amo” espresso da due innamorati deve condurre al fidanza-
mento e al matrimonio, così il primo annuncio conduce al kerygma;
e il kerygma è intimamente legato al primo annuncio.
Come ci mostra Filippo negli Atti, il kerygma è presentato in
quel momento propizio in cui lo Spirito apre la porta del cuore al
primo annuncio. A questo punto, esso consiste soltanto in un bre-
ve, gioioso, intelligente e rispettoso invito come “Gesù è il Signore”
(Rm 10, 9; Fil 2, 11), o “Dio ha costituito Signore e Cristo quel
Gesù che voi avete crocifisso” (Atti 2, 36). Soltanto un breve an-
nuncio è sufficiente, perché in questo momento il primato non va
alle parole, ma all’esperienza che suscita interesse; non alla for-
mula dogmatica, ma a Dio che comunica se Stesso in Gesù Cristo.
Suscitato l’interesse a conoscere la persona di Gesù Cristo, segue
allora, al momento opportuno, l’annuncio impegnativo.
Questo annuncio diventa un’introduzione narrativa della vita
di Gesù, dei suoi miracoli e della sua predicazione, come pure del-
la propria esperienza di Cristo. La narrazione diventa primo an-
nuncio quando è intessuta nella ricerca di senso della vita di chi
ascolta, suscita speranza, dona forza per affrontare le lotte della
vita quotidiana. Attraverso lo Spirito Santo, il Grande Tessitore,
che opera nelle profondità di ogni coscienza, questa narrazione
potrebbe far scattare delle domande esistenziali che conducono
ad uno svelamento della verità e dei valori profondamente desi-
derati dal cuore umano, suscitando l’ascolto del messaggio di Gesù
Cristo e la fede in Lui.86
Certamente è per la forza e il fervore della propria fede che
una persona sente l’urgenza e la necessità di narrare ripetuta-
mente ad altri la propria esperienza personale di Gesù, senza vo-
ler imporsi agli ascoltatori. Questo, a sua volta, promuove “l’in-
contro con un evento, una persona, che dà alla vita un nuovo oriz-
86 RICARDO TONELLI, La Narrazione nella Catechesi e nella Pastorale Giovanile (LDC:
Torino, 2002), 54-64; JOHANN BAPTIST METZ, “Breve Apologia del Narrare” in Concilium 5
(1973): 864-868.
53

6.5 Page 55

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zonte e con ciò la direzione decisiva”87 che alla fine potrebbe ini-
ziare e porre le fondamenta di un processo di evangelizzazione
che dura tutta una vita.
ORIENTATO VERSO IL CATECUMENATO E LA CATECHESI MISSIONARIA
Esprimere il proprio amore all’amato non è sufficiente. L’inna-
moramento è soltanto l’inizio. Occorre che sia seguito dal fidanza-
mento, da una proposta di matrimonio e da un impegno per tutta
la vita. Perciò, una volta che ci si decide a conoscere la persona di
Gesù Cristo, la fede è “esplicitamente proposta in tutta la sua am-
piezza e ricchezza”88 usando una pedagogia che introduce la per-
sona passo dopo passo al mistero del Signore Gesù Cristo, Figlio
di Dio.89 La catechesi promuove e fa maturare la conversione ini-
ziale quale frutto del primo annuncio. Ad ogni modo, il primo an-
nuncio non dovrebbe essere considerato isolato, ma necessaria-
mente legato e orientato alla successiva tappa del processo di evan-
gelizzazione, che è quella dell’opzione per l’inizio di un cammino
di iniziazione cristiana o Catecumenato – oppure come una nuova
iniziazione per i cristiani tiepidi e trascurati – ed i riti dell’Inizia-
zione Cristiana, della vita sacramentale e della formazione inte-
grale permanente per vivere la fede e condividerla con gli altri.90
Infatti, la grazia iniziale, che tramite il primo annuncio ha su-
scitato una fede iniziale, deve essere sviluppata ad una fede espli-
cita in Gesù Cristo tramite la catechesi 91 perché “non c’è vera
evangelizzazione se il nome, l’insegnamento, la vita, le promesse,
il Regno, il mistero di Gesù di Nazareth, Figlio di Dio, non siano
proclamati!”92. In modo simile, la catechesi senza il primo annun-
87 BENEDETTO XVI, Deus Caritas Est, n.1.
88 GIOVANNI PAOLO II, Ecclesia in America, n. 69.
89 ANA MARIA FERNANDEZ, ISABEL MADRID CISNEROS, RAFAEL ANDRÉS BORGES, “Ensancha
sin Miedo el Espacio de tu Tienda”, 178.
90 SERGE TYVAERT, “De la Première Annonce à la Nouvelle Évangélisation”, 104;
ANTONIO L. AROCHA, “Del Primer Anuncio y la Educación a la Fe”, in Jornadas de Estudio
del Primer Anuncio al Discipulado Misionero en América y el Caribe, 113-114.
91 ENZO BIEMME, “L’Annonce de l’Évangile dans l’Espace de la Gratuité” in JEAN-PAUL
LAURENT (a cura di), L’Évangélisation: Une Annonce Gracieuse, Cahiers Internationaux de
Théologie Practique, Série “Actes” n. 9 (2016): 14-16.
92 PAOLO VI, Evangelii Nuntiandi, 22.
54

6.6 Page 56

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cio seguito dalla conversione e dalla fede personale iniziale rischia
di diventare sterile. Il primo annuncio, quindi, è indispensabile
per un’efficace catechesi per tutta la vita.
Una catechesi missionaria cambia il paradigma della tra-
smissione della fede dall’educazione (patrimonio sociale) all’ini-
ziazione (proposta personale). Prima si promuovono alcune di-
sposizioni, che aiutino ad accogliere meglio il kerygma: vicinanza,
apertura al dialogo, pazienza, accoglienza cordiale che non
condanna. Segue la logica di proporre la fede che dipende più
dall’affermazione e dall’appropriazione personale, perché essa
non è più vista come qualcosa di culturale, né come una tradizio-
ne da seguire. Questa, a sua volta, ha delle conseguenze pratiche
sulla catechesi.
La catechesi missionaria torna sempre ad ascoltare il primo
annuncio in modi diversi e in una forma o nell’altra, in tutte le
sue tappe e i suoi momenti. Partendo dall’anelito d’infinito che
c’è in ogni cuore umano, la fede si presenta centrata sull’amore
salvifico di Dio senza ridursi a poche dottrine, o obbligazioni mo-
rali e religiose. “L’annuncio in stile missionario è focalizzato sul-
l’essenziale, sulle cose necessarie: questo è anche quello che affa-
scina e attrae di più, ciò che fa ardere il cuore, come fu per i di-
scepoli di Emmaus”.93 La catechesi missionaria, più che imporre
la verità, fa appello alla verità per generare gioia, stimolo, vitalità
ed un’armoniosa completezza.
Questa personalizzazione della fede è come un apprendimento:
il discepolo apprende a vivere la via di Gesù Cristo, e orienta la
sua vita come un cammino efficace e duraturo verso il regno di
Dio che allo stesso tempo esige esercizio, resistenza, perseveranza,
ascetismo.
Quindi la catechesi non è vista esclusivamente o prioritaria-
mente come formazione dottrinale. La conoscenza della dottrina
ha la sua importanza, ma l’insegnamento della dottrina è colle-
gato ai luoghi e alle celebrazioni di fede, in modo che possa effet-
tivamente essere vista, toccata, visitata. Si comincia con la com-
93 ANTONIO SPADARO, “Intervista a Papa Francesco” in La Civiltà Cattolica n. 3918 (19
settembre 2013): 464.
55

6.7 Page 57

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prensione della Parola di Dio, si spiegano i gesti sacramentali del-
la fede, incorporandoli nella propria vita, e così ci si incammina
nella speranza verso il Regno.94
La Via da Percorrere
Il nostro zelo missionario ci invita anche ad entrare con rispetto nelle
culture di coloro con i quali vogliamo condividere il Vangelo; a ricono-
scere il valore delle loro visioni del mondo e le espressioni della propria
identità (lingua, arte, architettura, folklore, riti vitali...), per scoprire in loro
la presenza dei semi della Parola (semina Verbi).95 Per affrontare le esi-
genze di una presenza esperienziale, educativa e pastorale tra i giovani
è necessario convertire mentalità e modificare strutture, passando:
– da una comprensione del kerygma come identico al primo annuncio
alla comprensione del primo annuncio come qualcosa di distinto, che
allo stesso tempo conduce ed è intimamente legato al kerygma; 96
– da una preparazione improvvisata dei sacramenti di iniziazione
cristiana ad una sensibilizzazione delle comunità in modo da favorire
il primo annuncio prima della catechesi e assicurare più frequente
accompagnamento del cammino di preparazione ai sacramenti
dell’iniziazione.97
94 STIJN VANDENBOSSCHE, “Grandir dans la Foi toute la Vie: les Défis d’une Catéchèse
Permanente”, in L’Évangélisation: Une Annonce Gracieuse : 25-39.
95 ANA MARIA FERNANDEZ, ISABEL MADRID CISNEROS, RAFAEL ANDRÉS BORGES, “Ensancha
sin Miedo el Espacio de tu Tienda”, 171.
96 RUTH DEL PILAR MORA, ALEXIUS MULONGO, “Emerging Insights and Perspectives
during the Study Days in View of a Renewed Missionary Praxis in Africa and Madagascar”
129; ANA MARIA FERNANDEZ, ISABEL MADRID CISNEROS, RAFAEL ANDRÉS BORGES, “Ensancha
sin Miedo el Espacio de tu Tienda”, 167-169.
97 PAMELA VECINA, JOHN CABRIDO, “Emerging Insights and Perspectives during these
Study Days in View of a Renewed Missionary Praxis”, 108; RUTH DEL PILAR MORA, ALEXIUS
MULONGO, “Emerging Insights and Perspectives during the Study Days in View of a Re-
newed Missionary Praxis in Africa and Madagascar” 130; ANA MARIA FERNANDEZ, ISABEL
MADRID CISNEROS, RAFAEL ANDRÉS BORGES, “Ensancha sin Miedo el Espacio de tu Tienda”,
176; UBALDO MONTISCI, LORENZINA COLUSI, “Orizzonti di Primo Annuncio per la Famiglia
Salesiana in Europa Oggi: Condizioni, Strategie, Metodologie, Contenuti”, 97.
56

6.8 Page 58

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Capitolo VI
La Testimonianza
di Vita e di Carità
come Primo Annuncio

6.9 Page 59

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6.10 Page 60

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“VOI STESSI DATE LORO DA MANGIARE!”
NNel suo vangelo Marco (6, 30-44) ci racconta che Gesù ebbe
compassione della grande folla che lo seguiva perché erano come
pecore che non hanno pastore. Certamente i discepoli non hanno
pensato di prendersi la responsabilità di dare da mangiare a una
tale folla. Hanno chiesto a Gesù di mandarli via e invece Egli dice
loro: “Voi stessi date loro da mangiare!”. Così vuole far capire loro
che, invece di prendere le distanze dai bisogni della gente, occorre
provare a chiedersi: “che cosa possiamo fare per aiutarli?”.
Ordinando ai suoi discepoli “voi stessi date loro da mangiare!”
Gesù spinge i suoi discepoli a passare da un atteggiamento pas-
sivo ad un coinvolgimento attivo, da una distanza fredda dai pro-
blemi del mondo ad un’immersione più profonda nella storia. Qui
Gesù ha mostrato chiaramente il suo desiderio che tutti coloro
che lo seguono condividano anche la sua compassione per le per-
sone, che abbiano il suo cuore e il suo amore forte e premuroso.
Così Gesù chiede ai suoi discepoli: “Quanti pani avete? Andate
a vedere”. I cinque pani e i due pesci sono poco per una folla.
Ma questi poche cose diventeranno materiale per il miracolo. Nel-
le mani di Gesù, i pochi doni sono stati trasformati per saziare
una folla. Ma anche i discepoli sono stati trasformati da spettatori
non coinvolti in persone veramente immerse nella compassione
di Gesù, in collaboratori attivi che portano il miracolo.98
LA TESTIMONIANZA
L’evangelizzazione non si realizza soltanto attraverso la pre-
dicazione pubblica del Vangelo o con le opere. Non dovrebbe ac-
cadere che l’urgenza di annunziare il Vangelo a masse di persone
faccia dimenticare la testimonianza personale, come l’altra forma
di trasmettere il Vangelo da persona a persona. Questa forma di
annuncio è sempre una via di grande efficacia evangelizzatrice,
98 MARIA KO HA FONG, “¿Cuantos Panes Tienen? Vayan a Ver”, in Jornadas de Estudio
del Primer Anuncio al Discipulado Misionero en América y el Caribe, 205-208.
59

7 Pages 61-70

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7.1 Page 61

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perché raggiunge e tocca la coscienza in modo del tutto straordi-
nario.99 Questo primato della testimonianza e dello stile di vita
non esclude l’annuncio esplicito, quando arriva il momento giusto
nella successiva fase dell’evangelizzazione.
Il primo annuncio “non può essere disgiunto dall’attestazione
esistenziale positiva di chi fa l’annuncio”.100 Infatti, la testimo-
nianza è un elemento importante nella trasmissione della fede
perché “la fede deriva dall’ascolto (fides ex auditu). L’ascolto a sua
volta implica sempre un partner. La fede non è un prodotto della
riflessione e neppure un cercare di penetrare nelle profondità del
mio essere. Entrambe le cose possono essere presenti, ma esse re-
stano insufficienti ... Perché io possa credere ho bisogno di testi-
moni che hanno incontrato Dio e me lo rendono accessibile”.101
Questa testimonianza è radicata anche nell’atteggiamento ini-
ziale di rispetto e apprezzamento dei valori umani e religiosi dei
propri amici e vicini che non conoscono Cristo. “La testimonianza
autentica chiede il riconoscimento e il rispetto dell’altro, una di-
sposizione al dialogo nella verità, la pazienza come una dimen-
sione dell’amore, la semplicità e l’umiltà di colui che si riconosce
peccatore davanti a Dio e al prossimo, la capacità di perdono, di
riconciliazione e di purificazione della memoria, a livello perso-
nale e comunitario”.102
La testimonianza di una vita cristiana autentica e la pratica
della carità sono primo annuncio perché sfidano l’altro ad esami-
nare il proprio stile di vita, i suoi valori e le sue priorità. Sono un
invito costante e una sfida per l’altra persona a entrare in se stes-
sa in modo più consapevole, personalizzato e profondo che potreb-
be innescare delle domande esistenziali. La testimonianza di vita
e la pratica della carità sono mezzi primari del primo annuncio.
Questi esigono, innanzitutto, vivere in piena disponibilità
allo Spirito così che possa plasmarci interiormente più conformi
a Cristo. Infatti, “non si può testimoniare Cristo senza riflettere
99 CONGREGAZIONE PER LA DOTTRINA DELLA FEDE, Nota Dottrinale su Alcuni Aspetti
dell’Evangelizzazione (Libreria Editrice Vaticana: Vaticano, 2007), n. 11.
100 UBALDO MONTISCI, LORENZINA COLUSI, “Orizzonti di Primo Annuncio per la Fami-
glia Salesiana in Europa Oggi: Condizioni, Strategie, Metodologie, Contenuti”, 93.
101 JACQUES SERVAIS, “Intervista al Papa Emerito Benedetto XVI”, 4.
102 BENEDETTO XVI, Ecclesia in Medio Oriente, n. 12.
60

7.2 Page 62

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la sua immagine, la quale è resa viva in noi dalla grazia e dal-
l’opera dello Spirito”.103 Quindi, il contatto personale, il rapporto
interpersonale e il dialogo che vengono preceduti, accompagnati
e seguiti dalla carità, con l’ispirazione dello Spirito, sono dati di
grande importanza perché la testimonianza della carità ispira,
domanda e sfida.104 Queste domande sono presentate senza alcu-
na sfumatura di proselitismo e con rispetto alla dignità umana e
alla libertà di coscienza.
Le celebrazioni della fede e le espressioni di religiosità popolare
sono anche luoghi per favorire il primo annuncio. Perciò, partico-
lare cura e attenzione dovrebbero essere date alle attività pastorali
“tradizionali” (celebrazioni dei Sacramenti, soprattutto del batte-
simo e del matrimonio, pellegrinaggi, religiosità popolare) perché
sono un riflesso della vita ecclesiale. Quando queste celebrazioni
sono preparate con cura, da un lato, potrebbero ispirare l’appro-
fondimento della vita evangelica, e anche alimentare e rafforzare
la speranza dei partecipanti. D’altro lato, queste realtà potrebbero
favorire il fascino della fede che potrebbe suscitare un interesse
per la persona di Gesù Cristo tra coloro che non lo conoscono.105
È altrettanto necessario affrontare le possibilità e le sfide of-
ferte dalle nuove frontiere (ad esempio, il continente digitale, le
migrazioni, le impostazioni multiculturali e multireligiose), così
come le nuove situazioni determinate dai cambiamenti culturali
(ad esempio, l’individualismo, la fluidità, la laicità), perché essi
influenzano lo stile di vita dei cristiani. È anche importante tro-
vare e creare occasioni o luoghi di incontro dove uno possa sentirsi
libero di parlare su domande esistenziali e religiose e sentirsi ca-
pito ed ascoltato.106
Essere donne e uomini di Dio, di grande fede, di coraggio, che
si sforzano di vivere le Beatitudini, il perdono, l’accoglienza,
l’amore per tutti fino al punto di offrire la nostra vita per gli altri
103 GIOVANNI PAOLO II, Redemptoris Missio, 87.
104 “Prospettive Emergenti nelle Giornate di Studio: La Città, Spazio e Opportunità
per il Primo Annuncio”, in Giornate di Studio sul Primo Annuncio in Città, 206.
105 ANA MARIA FERNANDEZ, ISABEL MADRID CISNEROS, RAFAEL ANDRÉS BORGES, “Ensan-
cha sin Miedo el Espacio de tu Tienda”, 176-177.
106 UBALDO MONTISCI, LORENZINA COLUSI, “Orizzonti di Primo Annuncio per la Fami-
glia Salesiana in Europa Oggi: Condizioni, Strategie, Metodologie, Contenuti”, 97-100.
61

7.3 Page 63

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“affinché abbiano la vita e l’abbiano in abbondanza” (Gv10, 10) è
sempre profetico.107 Questa testimonianza degli apostoli infuocati
dell’amore per Gesù nella vita quotidiana ordinaria diventa un
invito interessante per capire le motivazioni e le ragioni profonde
di un tale stile di vita. Un testimone credibile innesca domande
esistenziali del tipo: “Perché vivi in questo modo?” “Perché fai
così?” Quindi, tali domande diventano una “via realmente prope-
deutica alla fede”.108 Questa attenzione all’importanza dello stile
di vita cristiano riguardo al primo annuncio aiuta a superare il
pericolo di ridurre il cattolicesimo o il cristianesimo semplicemen-
te a un insieme di dottrine.
Quando la nostra testimonianza di vita salesiana e apostolato
innesca in coloro che incontriamo e in coloro che ci osservano il
desiderio di porre domande esistenziali che possono condurre alla
ricerca della verità, allora la nostra presenza diventa effettiva-
mente un vero sale e vera luce (Mt 5, 13-16) che è precisamente
il contrario di una presenza “senza sapore” (Mt 5, 13). In effetti,
la testimonianza di vita dei singoli cristiani, o della famiglia cri-
stiana, lo stile di vita dei SDB e delle FMA, delle comunità reli-
giose e di tutta la comunità cristiana, oppure l’immagine istitu-
zionale e collettiva della Congregazione e della Chiesa in tutte le
loro manifestazioni pubbliche, sono tutte forme di primo annuncio
o, purtroppo, un ostacolo ad esso.109 Ciò implica che ogni cristiano
e ogni comunità cristiana viva in stato di costante conversione
mentre cammina verso la santità. Essa inizia principalmente nel-
la famiglia, che è chiesa domestica. La testimonianza della vita
dei genitori e l’ambiente educativo nella famiglia suscitano l’in-
teresse dei bambini a conoscere meglio Gesù Cristo e favoriscono
la crescita e lo sviluppo della loro fede, al fine di viverne gli inse-
gnamenti e diventarne testimoni credibili.
107 RUNITA BORJA, PIERGIORGIO GIANAZZA, “Prospettive Emergenti nelle Giornate di
Studio in Vista di una Rinnovata Prassi Missionaria”, in Giornate di Studio sulla Presenza
Salesiana tra i Musulmani, 153-154, 158.
108 GIOVANNI PAOLO II, Enciclica Fides et Ratio, n.67.
109 ANDRÉ FOSSION, “Proposta della Fede e Primo Annuncio”, Catechesi 78, no. 4 (2008-
2009): 29-34; 30; LUCA BRESSAN, “Quali Esperienze di Annuncio Proporre?”, Notiziario
dell’Ufficio Catechistico Nazionale 36, no.1 (2007), 61-68.
62

7.4 Page 64

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LA CARITÀ
Anche se la testimonianza di vita è necessaria, tuttavia non è
sufficiente. Ha bisogno di essere preceduta, accompagnata e se-
guita dalla carità, perché la testimonianza della carità ispira do-
mande, sfida l’intelletto e la volontà a porre domande esistenziali
o religiose. D’altra parte, la pratica della carità va di pari passo
con lo stile di vita credibile dei singoli cristiani, della famiglia cri-
stiana e di tutta la comunità cristiana. Questa testimonianza di
vita e di carità avviene nelle specifiche espressioni culturali dei
momenti importanti dell’esistenza umana, o in tutte le sue
espressioni relazionali o socio-politiche della vita quotidiana.
“Voi stessi date loro da mangiare!”. Un vero cristiano riconosce
Gesù negli affamati, nei prigionieri, nei malati, nei nudi, in quelli
che non hanno lavoro ma devono portare avanti la famiglia. Vede
Gesù in coloro che sono soli, tristi, in coloro che hanno commesso
degli errori e hanno bisogno di un consiglio, in coloro che hanno
bisogno di qualcuno che cammini accanto a loro in silenzio perché
si sentano accompagnati.110 Questa testimonianza cristiana si
esprime anche attraverso il servizio della riconciliazione, della
giustizia e della pace, attraverso la preoccupazione per gli oppressi,
per chi non ha voce, per gli emarginati, attraverso la lotta per la
pace e la giustizia, e l’impegno per lo sviluppo umano integrale, la
riconciliazione e la costruzione di una società più umana.111 In effetti,
queste opere di misericordia sono le caratteristiche del volto di Gesù
Cristo, che si prende cura dei “miei fratelli più piccoli” (Mt 25, 40)
per portare la tenerezza e la vicinanza di Dio a ciascuno di essi.112
Questo è il motivo per cui la testimonianza della carità e il
servizio sincero di ogni cristiano vissuti con fede, speranza e amo-
re e mediati dalla preghiera diventano comunicazione della pro-
pria esperienza del Divino. La testimonianza della carità e il ser-
vizio sincero risuonano nelle parole di San Francesco d’Assisi:
“Predicare sempre e, quando necessario, usare le parole!”.
110 FRANCESCO, Udienza Generale, 30 giugno 2016.
111 GIOVANNI PAOLO II, Ecclesia in Africa, n. 44-45, 68, 77; BENEDETTO XVI, Africae
Munus, n.15
112 FRANCESCO, Udienza Generale, 12 ottobre 2016.
63

7.5 Page 65

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Inoltre, annunciare Cristo è anzitutto un atto di carità perché
fa conoscere l’amore di Dio per ognuno di noi.113 Dunque, i luoghi
dove la Chiesa è impegnata ad aiutare i malati e i sofferenti, i po-
veri, i migranti e gli emarginati, dove la Chiesa lotta per la giu-
stizia, la pace e l’integrità del creato, sono contesti propizi per il
primo annuncio. Ma ci sono due pericoli da evitare: prima di tutto,
quello di perdere di vista il primo annuncio come obiettivo fonda-
mentale del nostro impegno sociale. Senza questa nostra preoc-
cupazione principale per promuovere il primo annuncio, le nostre
opere sociali si riducono a mera filantropia e diventiamo solo degli
operatori sociali. Eppure né la Chiesa né la Congregazione è una
ONG.114 L’altro pericolo è far degenerare la testimonianza della
carità in proselitismo quando tramite le opere sociali si offrono
vantaggi sociali o materiali ai destinatari per un apparente inte-
resse e adesione alla persona di Gesù.115
Siamo consapevoli che in contesti multireligiosi, nella maggior
parte dei casi, la nostra presenza potrebbe essere limitata ad una
testimonianza silenziosa di vita e di azione attraverso una vita
cristiana autentica.116 È la realtà affrontata da coloro che lavora-
no tra i musulmani, induisti o anche buddisti. Questo è il motivo
per cui il cristianesimo come “stile” di vita è di grande importanza
perché è una forma di primo annuncio. In tale luce, l’amicizia o il
modo di relazionarsi con i popoli di diverse culture, di diverse re-
ligioni e di diverso stato sociale, che è aperto e accogliente, diven-
ta primo annuncio.117 Così, la vita quotidiana ordinaria tra i po-
poli è l’arena del dialogo, del dialogo interculturale e interreligio-
so e il fondamento su cui costruire dialoghi teologici e spirituali.
La testimonianza cristiana nella vita quotidiana ordinaria, quin-
di, diventa una manifestazione di un cristianesimo vivo per coloro
che non conoscono Cristo. Così, lo ‘stile’ di vivere la propria vita
113 FRANCESCO, Messaggio per la Giornata Missionaria Mondiale (2016).
114 FRANCESCO, Omelia alla Casa Santa Martha, 24 aprile 2013.
115 PAOLO RICCA, “Il Primo Annuncio tra Afonia e Proselitismo”, AA. Primo Annuncio.
Tra Afonia e Proselitismo. Le Religioni si Interrogano (Livorno: Pharus, 2015) 62-66.
116 PAOLO VI, Evangelii Nuntiandi, n. 41.
117 TC GEORGE, THERESA JOSEPH, “Emerging Insights and Perspectives during these
Study Days in View of a Renewed Missionary Praxis”, Study Days on the Salesian Mission
and the Initial Proclamation of Christ in South Asia (Roma: SDB-FMA, 2013), 94.
64

7.6 Page 66

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quotidiana ordinaria diventa primo annuncio e un percorso gra-
duale alla fede.118
LA CONVERSIONE NEI CONTESTI MULTIRELIGIOSI
Dio vuole che tutti siano salvi e giungano alla conoscenza della
verità. Il suo Figlio Gesù è l’unico salvatore e “in nessun altro c’è
salvezza” (Atti 4, 12). Tuttavia tramite l’azione invisibile dello
Spirito, Dio può portare alla salvezza quelli che senza loro colpa
ignorano il Vangelo, attraverso vie che lui solo conosce. È comun-
que necessario che tutti si convertano al Cristo e siano incorporati
a Lui e al suo corpo, la Chiesa, attraverso il battesimo.119
Il tema della conversione nel contesto del primo annuncio è
certamente un problema spinoso nei contesti multiculturali e
multireligiosi. In realtà, il primo annuncio è rispettoso della li-
bertà di coscienza. Non dovrebbe mai fare violenza alla coscienza
della persona né essere scambiato per proselitismo. Il proseliti-
smo non è rispettoso delle persone che incontriamo, e neppure
conforme al nostro carisma salesiano, che usa la ragione e l’amo-
revolezza come approccio. Siamo consapevoli che la verità non è
possesso di nessuno, né può essere imposta agli altri. È, invece,
un dono che si dischiude solo in un incontro d’amore e cammi-
nando insieme verso un’assimilazione sempre più intesa della
verità.120 In questo cammino “è già all’opera lo Spirito Santo, che
apre e dispone i cuori all’accoglienza della verità evangelica”.121
Tuttavia, “non resteremo timidi quando Dio ci apre la porta
perché proclamiamo esplicitamente il Signore Gesù Cristo come
118 GIOVANNI PAOLO II, Fides at Ratio, n. 67; Christoph Theobald, Le Christianisme
Comme Style, vol. 1 (Cerf: Paris, 2007), 125-131, 188-189, 385-387; ANGELO FERNANDES,
“Dialogue in the Context of Asian Realities”, Vidyajyoti Journal of Theological Reflection
55 (1991): 548.
119 Ad Gentes, n.7; CONGREGAZIONE PER LA DOTTRINA DELLA FEDE, Nota Dottrinale su
alcuni Aspetti dell’Evangelizzazione (Vaticano: Libreria Editrice Vaticana: 2007), n.10;
PONTIFICO CONCILIO PER IL DIALOGO INTERRELIGIOSO, Dialogo e Annuncio (Vaticano: Libreria
Editrice Vaticana, 1991), n. 29.
120 BENEDETTO XVI, Ecclesia in Medio Oriente, n. 27; Pontifico Concilio per il Dialogo
Interreligioso, Dialogo e Annuncio, n. 41, 79.
121 CONGREGAZIONE PER LA DOTTRINA DELLA FEDE, Nota Dottrinale su alcuni Aspetti
dell’Evangelizzazione, n.4.
65

7.7 Page 67

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Salvatore e come risposta alle domande fondamentali dell’esistenza
umana”.122
Una conversione vera porta alla vera conoscenza di Dio,
la quale, a sua volta, è orientata all’apertura reciproca verso gli
altri. Questa è la conversione a Dio, che è di fondamentale im-
portanza e che è la condizione indispensabile per il primo annun-
cio. Tuttavia, è anche importante sottolineare qui che la vera con-
versione dipende esclusivamente dalla chiamata interna di Dio
e dalla libera decisione della persona. Così, i vescovi dell’Asia in-
sistono che “il dialogo che mira a convertire l’altro alla propria
fede e tradizione religiosa è disonesto ed immorale”.123 Infatti, un
dialogo interreligioso sincero e autentico non può avere come
obiettivo la conversione degli altri, anche se non è del tutto esclu-
sa. E se una sincera conversione avviene, ciò è dono di Dio e non
frutto dello sforzo umano.
Invece, in una relazione interreligiosa tutti sono chiamati ad
una più profonda conversione a Dio e ad una conversione più pro-
fonda alla propria tradizione religiosa e alle sue potenzialità, pro-
muovendo un arricchimento reciproco e una comunione in spirito
con i seguaci di altre religioni. Così, attraverso il primo annuncio
condividiamo la nostra “esperienza religiosa di fede e amore di
Gesù, non per fare proselitismo, ma semplicemente per condivi-
dere quello che siamo in amicizia trasparente e in unità”, anche
se non dovrebbe essere respinto che i cristiani “possano portare
la Buona Novella della salvezza alle persone che desiderano ascol-
tare e accoglierla liberamente”.124
122 FEDERATION OF ASIAN BISHOPS CONFERENCES, “V Plenary Assembly”, 4.3 in Gau-
dencio Rosales, Cayetano G. Arevalo (a cura di), For All Peoples of Asia, vol. I (Quezon
City: Claretian Publications, 1997), 282.
123 BISHOPS’ INSTITUTE FOR INTERRELIGIOUS AFFAIRS V/3, “Working for Harmony in the
Contemporary World”, 6 in Franz-Josef Eilers (a cura di), For All Peoples of Asia, vol. II
(Quezon City: Claretian Publications, 1997), 158.
124 FEDERATION OF ASIAN BISHOPS CONFERENCES, “VIII Plenary Assembly”, 97 in Franz-
Josef Eilers (a cura di), For All Peoples of Asia, vol. IV (Quezon City: Claretian Publica-
tions, 2007), 36; PAOLO VI, Evangelii Nuntiandi, n. 53: “Né il rispetto e la stima verso queste
religioni, né la complessità dei problemi sollevati sono per la Chiesa un invito a tacere l’an-
nuncio di Cristo di fronte ai non cristiani. Al contrario, essa pensa che queste moltitudini
hanno il diritto di conoscere la ricchezza del mistero di Cristo, nella quale noi crediamo che
tutta l’umanità può trovare, in una pienezza insospettabile, tutto ciò che essa cerca a tentoni
su Dio, sull’uomo e sul suo destino, sulla vita e sulla morte, sulla verità”.
66

7.8 Page 68

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La Via da Percorrere
Per esperienza sappiamo che le persone che soffrono la povertà ma-
teriale sono spesso più ricche di espressioni religiose e culturali attra-
verso i loro simboli e riti. Allo stesso tempo siamo consapevoli che non
possiamo proclamare Gesù a loro senza alleviare le loro miserie, in mo-
do che possano vivere con dignità come figli di Dio. Siamo anche con-
sapevoli che molti di loro apprezzano i nostri servizi per il loro sviluppo
umano, ma non sono interessati a sapere di più su Gesù e, purtroppo,
spesso non ci occupiamo di suscitare in loro delle domande più pro-
fonde sul senso della vita umana.125 In molti posti dove lavoriamo non
è possibile l’annuncio esplicito del Vangelo. Molte volte siamo costretti
al silenzio e alla sola presenza. In questi contesti, la nostra testimonian-
za è una proclamazione incisiva.126 Per rendere la nostra testimonianza
di vita e di carità un vero primo annuncio è necessario convertire men-
talità e modificare strutture, passando:
– da un atteggiamento che considera la povertà come ostacolo al-
l’evangelizzazione, e i poveri come soli destinatari delle nostre opere
sociali, a un atteggiamento che vede nei poveri che serviamo l’occa-
sione per comprendere meglio il Vangelo e le nostre opere sociali
(progetti di sviluppo rurale, case popolari, l’assistenza sanitaria, istru-
zione, formazione professionale) come spazio e opportunità per pro-
muovere il primo annuncio; 127
– dalle attività e iniziative sociali frenetiche a uno spirito contemplativo
che conta più sull’essere che sul fare e sulla buona riuscita, diven-
tando il Vangelo vivente per i nostri fratelli e sorelle di altre religioni; 128
– da un atteggiamento relativista e ingenuamente irenico verso i se-
guaci di altre religioni, che frequentano le nostre opere (giovani e
adulti), ad una educazione integrale (degli educatori e dei giovani),
partendo dagli elementi positivi, tenendo presente la raccomanda-
125 JOSEPH PHUOC, ALMA CASTAGNA, “Emerging Insights and Perspectives during these
Study Days in View of a Renewed Missionary Praxis”, 115; 118.
126 “Prospettive Emergenti nelle Giornate di Studio: La Città, Spazio e Opportunità
per il Primo Annuncio”, 206.
127 JOSEPH PHUOC, ALMA CASTAGNA, “Emerging Insights and Perspectives during these
Study Days in View of a Renewed Missionary Praxis”, 115; TC GEORGE, THERESA JOSEPH,
“Emerging Insights and Perspectives during these Study Days in View of a Renewed Mis-
sionary Praxis”, 94.
128 RUNITA BORJA, PIERGIORGIO GIANAZZA, “Prospettive Emergenti nelle Giornate di
Studio in Vista di una Rinnovata Prassi Missionaria”, 154.
67

7.9 Page 69

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zione e l’esempio di Gesù: “essere astuti come serpenti e semplici
come le colombe” (Mt 10, 16); 129
– da un atteggiamento che considera i seguaci di altre religioni come
l’oggetto dell’annuncio evangelico ad un apprezzamento delle loro
tradizioni religiose e di ciò che Dio ha fatto per loro: in particolare, la
loro propensione alla contemplazione, che spinge al silenzio, al di-
stacco da sé, alla cura e compassione per gli altri, e ritenendo questi
come risorse per il primo annuncio; 130
– da una mentalità che i Salesiani e le Figlie di Maria Ausiliatrice im-
pareranno a lavorare con i seguaci di altre religioni ‘sul campo’, ad
una preparazione programmata in tutte le fasi di formazione iniziale
e formazione professionale, in modo da poter condurre adeguati pro-
grammi educativo-pastorali.131
129 IBID, 158, 159.
130 ANA MARIA FERNANDEZ, ISABEL MADRID CISNEROS, RAFAEL ANDRÉS BORGES, “Ensancha
sin Miedo el Espacio de tu Tienda”, 177: TC GEORGE, THERESA JOSEPH, “Emerging Insights
and Perspectives during these Study Days in View of a Renewed Missionary Praxis”, 94.
131 RUNITA BORJA, PIERGIORGIO GIANAZZA, “Prospettive Emergenti nelle Giornate di
Studio in Vista di una Rinnovata Prassi Missionaria”, 159, 160.
68

7.10 Page 70

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Capitolo VII
Il Primo Annuncio
e il Carisma Salesiano

8 Pages 71-80

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8.1 Page 71

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8.2 Page 72

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“ALLARGA LO SPAZIO DELLA TUA TENDA!”
IIl capitolo 54 di Isaia riprende un simbolo caro ad Osea, Eze-
chiele e Geremia ed immagina che Israele stia per celebrare il
suo matrimonio con Dio. A causa della sua infedeltà, Israele era
sola, senza figli e piena di vergogna. Adesso, attraverso l’alleanza
è sposa del Signore e madre feconda. È Dio che la rende feconda.
Così deve allargare la sua tenda per i numerosi figli: “Allarga lo
spazio della tua tenda, stendi i teli della tua dimora senza rispar-
mio, allunga le cordicelle, rinforza i tuoi paletti, poiché ti allarghe-
rai a destra e a sinistra e la tua discendenza possederà le nazioni,
popolerà le città un tempo deserte” (Is 54, 2-3). Nella Bibbia la ten-
da è il luogo d’incontro di Dio con il suo popolo e uno spazio vitale
d’incontro e di interscambio. La tenda serve per ripararsi dalle
intemperie e per il riposo per poi continuare il proprio cammino.
Quindi, è importante che la tenda si allarghi per accogliere e
convocare tutti.
La nostra fede in Gesù Cristo, Figlio di Dio, che pose la sua
tenda in mezzo a noi (Gv 1, 14), ci invita, come Salesiani e Figlie
di Maria Ausiliatrice, ad allargare i nostri orizzonti missionari
in modo che il primo annuncio sia la preoccupazione principale
della nostra vita di educatori ed evangelizzatori consacrati. L’at-
tenzione al primo annuncio certamente renderà feconda la nostra
pastorale tra i giovani.
UNO SGUARDO ALLE NOSTRE ORIGINI
Lo stile pedagogico di Don Bosco era tutto orientato verso la
creazione dello spirito di famiglia come ambiente educativo indi-
spensabile per favorire il primo annuncio tra i ragazzi poveri e
abbandonati di Torino. Don Bosco ha fatto percepire ai giovani
che non stavano entrando in una scuola, ma in una famiglia sotto
la guida di un padre, il cui unico desiderio era il loro bene spiri-
tuale e materiale. Infatti, intendeva sempre l’oratorio come ‘casa’
più che istituto. In tale ambiente educativo ha suscitato nei gio-
vani il desiderio di Dio e la percezione che Lui è amorevolmente
71

8.3 Page 73

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vicino a loro e si manifesta nella loro aspirazione di intraprendere
un cammino di fede. Don Bosco non distingueva tra primo an-
nuncio e catechesi, ma, incontrando un ragazzo, subito lo invitava
ad un cammino di vita cristiana. Così integrava la catechesi nella
vita dei ragazzi.132
Nella sua lettera da Roma del 1884 scrisse sulla necessità “che
si rompa quella fatale barriera della diffidenza e sottentri a questa
la confidenza cordiale. ... Quante conversioni non cagionarono alcune
sue parole fatte risuonare all’improvviso all’orecchio di un giovane
nel mentre che si divertiva. Chi sa di essere amato, ama, e chi è
amato ottiene tutto, specialmente dai giovani. Questa confidenza
mette una corrente elettrica fra i giovani e i Superiori. I cuori si
aprono e fanno conoscere i loro bisogni, e palesano i loro difetti”.133
Allo stesso modo, a Mornese, Maria Domenica Mazzarello ha
trascorso la sua vita stando con le giovani del paese, al fine di
portarle alla pratica della fede. Quando Don Pestarino ha chiesto
ad ogni Figlia dell’Immacolata di insegnare le mamme come
educare cristianamente i figli, la giovane Maria Mazzarello ha
preparato le sue ‘istruzioni’ e il catechismo con grande cura, per-
ché era convinta che la vita cristiana delle ragazze e di tutta la
famiglia dipendeva dalla mamma. Infatti, l’istruzione religiosa
delle ragazze, in particolare quelle incolte e abbandonate, è stata
profondamente impressa nel suo cuore anche prima di diventare
Figlia di Maria Ausiliatrice.
Lo stile catechetico di Madre Mazzarello era colloquiale; uti-
lizzava una pedagogia semplice e pratica circa la preghiera e il
rapporto con Dio. La sua catechesi era basata sulla Parola di Dio
ed era incentrata principalmente sull’interesse delle giovani e la
loro esperienza di Gesù. Ma per lei la catechesi era principalmen-
te una questione dipendente dall’ambiente educativo e non solo
una questione di stile o metodo.
I suoi biografi ricordano che Maria Domenica ha introdotto la
danza nell’oratorio per contrastare gli effetti del carnevale del
132 DICASTERO PER LA PASTORALE GIOVANILE SALESIANA, La Pastorale Giovanile Sale-
siana. Quadro di Riferimento (Roma: SDB, 2014), 143.
133 GIOVANNI BOSCO, “Lettera da Roma alla Comunità Salesiana dell’Oratorio di Torino-
Valdocco”, in ISTITUTO STORICO SALESIANO, Fonti Salesiane. 1. Don Bosco e la Sua Opera
(Roma: LAS, 2014), 444-451. Per il testo integrale vedere pp. 100-108.
72

8.4 Page 74

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paese. Insegnare alle ragazze a ballare era qualcosa di inaudito
tra i Mornesini di quel tempo. Ha incoraggiato la danza perché
la vedeva come un modo di essere felice senza offendere Dio. Più
tardi, su suggerimento di Don Costamagna, ha organizzato rap-
presentazioni teatrali a cui sono stati invitati anche gli abitanti
di Mornese. Lo stile educativo inaugurato a Mornese da Madre
Mazzarello e dalle prime FMA era una vera mistagogia, arte di
condurre le giovani a Cristo.
Quindi, per Don Bosco e Madre Mazzarello, ogni mezzo può es-
sere occasione propizia per annunciare la Buona Novella della sal-
vezza. Così, essi hanno dato massima importanza alla creazione
dell’ambiente educativo. In esso le persone, le attività e le parole
possono suscitare in tutti la consapevolezza della presenza di Dio;
e ciò può avvenire nell’Oratorio, nelle scuole, nelle case, nei labo-
ratori, e perfino nella ricreazione, nei cortili o nelle gite.134
IL SISTEMA PREVENTIVO
Don Bosco ha dato grande importanza alle esperienze dei
giovani. Ha usato le loro esperienze di vita come fondamento su
cui costruire il suo sistema educativo, che ha portato frutti. Papa
Giovanni Paolo II lo ha sintetizzato bene:
si può dire che il tratto peculiare della sua “genialità” è legato a
quella prassi educativa che egli stesso chiamò “sistema preventivo”.
Questo rappresenta, in un certo modo, il condensato della sua saggez-
za pedagogica e costituisce quel messaggio profetico, che egli ha la-
sciato ai suoi e a tutta la Chiesa, ricevendo attenzione e riconoscimento
da parte di numerosi educatori e studiosi di pedagogia. Il termine
“preventivo”, che egli usò, va preso più che nella sua stretta accezione
linguistica, nella ricchezza delle caratteristiche tipiche dell’arte edu-
cativa del santo. Va innanzitutto ricordata la volontà di prevenire il
sorgere di esperienze negative, che potrebbero compromettere le energie
del giovane oppure obbligarlo a lunghi e penosi sforzi di ricupero. Ma
nel termine ci sono anche, vissute con peculiare intensità, profonde
134 GLORIA ELENA GARCIA PEREIRA, “Las Oportunidades y los Desafíos del Primer
Anuncio para SDB y FMA en América Latina y Caribe”, 134-135, 139-140; 146; ISTITUTO
FIGLIE DI MARIA AUSILIATRICE, Perché Abbiano Vita, Vita in Abbondanza. Linee Orientative
della Missione Educativa delle FMA (LDC: Torino, 2005) 30.
73

8.5 Page 75

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intuizioni, precise opzioni e criteri metodologici, quali l’arte di educare
in positivo, proponendo il bene in esperienze adeguate e coinvolgenti,
capaci di attrarre per la loro nobiltà e bellezza; l’arte di far crescere i
giovani “dall’interno”, facendo leva sulla libertà interiore, contrastan-
do i condizionamenti e i formalismi esteriori; l’arte di conquistare il
cuore dei giovani per invogliarli con gioia e con soddisfazione verso il
bene, correggendo le deviazioni e preparandoli al domani attraverso
una solida formazione del carattere”.135
IL SISTEMA PREVENTIVO COME PRIMO ANNUNCIO
Il cuore del sistema educativo di Don Bosco è la dimensione
religiosa. In realtà, l’amore di Don Bosco per i giovani non può
essere compreso se non è visto come radicato nel suo zelo ardente
per la loro salvezza totale. Nel sogno dei 9 anni gli è stato rivelato
per la prima volta che la sua vocazione era quella di portare i gio-
vani a Dio attraverso la persuasione e l’amorevolezza, mostrando
loro “la bellezza della virtù e la bruttezza del peccato”. Tuttavia,
è stato nell’Oratorio a Valdocco che lui stesso ha potuto verificare
gli effetti di questo metodo educativo.
La presenza è fondamentale per il Sistema Preventivo. L’edu-
catore è presente come segno e testimonianza dell’amore radicale
di Dio verso l’umanità. Attraverso la presenza si sviluppa un rap-
porto dialogico Io-Tu. Questo rapporto è al centro di questa prassi
pastorale educativa.136 L’educazione e l’evangelizzazione dei gio-
vani avvengono attraverso la relazione e lo scambio, l’amicizia e
il dialogo, la proposta e l’annuncio. Questo, a sua volta, crea un
ambiente educativo in cui il giovane vive la bellezza e il fascino
della vita cristiana espressa nella gioia di amare e servire Dio:
servite Domino in laetitia! 137
Don Bosco conosceva bene ogni ragazzo non solo per nome e
per carattere, ma anche internamente. Per i suoi ragazzi, lui era
135 GIOVANNI PAOLO II, Lettera Iuvenum Patris (Vaticano: Libreria Editrice Vaticana,
1988), n.8.
136 MARIA AROKIAM KANAGA, “Significato, Opportunità e Sfide della Presenza Salesiana
tra i Musulmani” in Presenza Salesiana tra i Musulmani, 131-132.
137 PIERA RUFFINATTO, “Il Sistema Preventivo Spazio del Primo Annuncio in Stile Sa-
lesiano” in Giornate di Studio sul Primo Annuncio in Città, 184-186, 196-199.
74

8.6 Page 76

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un fedele amico dell’anima’ che sapeva cosa dire loro senza am-
biguità per il bene della loro anima. In un tale contesto, permeato
dalla confidenza e fiducia, le parole brevi e precise, ma dense –
chiamata dalla pedagogia salesiana parolina all’orecchio – diven-
tano come un dardo che penetra la mente e illumina il cuore del
giovane. Si tratta di parole che Don Bosco diceva confidenzial-
mente al giovane nel suo momento più inatteso (come al momento
del gioco in cortile). Per questo la parolina all’orecchio restava
fissa nella mente e nel cuore del giovane in modo da non esserne
più sradicata. Quindi, la parolina all’orecchio può essere un modo
di sussurrare il Vangelo nel cuore del giovane per provocare quel-
la scintilla che potrebbe innescare in lui un interesse a conoscere
Gesù e il suo Vangelo. È davvero una strategia eccellente per pro-
muovere il primo annuncio a condizione che chi lo dà, sia impe-
gnato ad essere coerente con il messaggio che proclama.138
UNA PASTORALE GIOVANILE INNERVATA DAL PRIMO ANNUNCIO
La pastorale giovanile è un’azione organica di una Comunità
Educativo-Pastorale che vuole abilitare i giovani a crescere fino
alla propria maturità e fino alla comunione nella Chiesa con Gesù
Cristo.139 L’allora Rettor Maggiore, Don Pascual Chávez, aveva
fatto presente ai Salesiani che “la nostra pastorale è ancora poco
missionaria, cioè presenta scarsa attenzione al primo annuncio,
o all’annuncio rinnovato del Vangelo”. Quindi, aveva sollecitato
il ripensamento della pastorale giovanile dando più qualità edu-
cativa ed evangelizzatrice alla nostra proposta educativo-pasto-
rale, per condurre i giovani all’incontro con Gesù.140 Il risultato
di tale ripensamento è il Quadro di riferimento che è un’ottima
sintesi organica, una visione d’insieme del patrimonio pastorale
salesiano in risposta alle sfide odierne.141 Purtroppo in esso, sot-
tolinea Ubaldo Montisci, “sono presenti solo cinque rimandi al
138 IBID, 193-195.
139 ISTITUTO FIGLIE DI MARIA AUSILIATRICE, Perché Abbiano Vita, Vita in Abbondanza, 5, 37.
140 PASCUAL CHAVEZ VILLANUEVA, “La Pastorale Giovanile Salesiana” in ACG 107
(2010), 23.
141 FABIO ATTARD, “Presentazione”, La Pastorale Giovanile Salesiana. Quadro di Rife-
rimento, 9.
75

8.7 Page 77

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primo annuncio”.142 Sulla stessa linea le Linee Orientative della
Missione Educativa delle FMA quale centro del testo è “l’annuncio
esplicito di Gesù”143 ha solo un rimando al primo annuncio!
Allarghiamo lo spazio della nostra tenda! Ciò implica una vera
conversione missionaria dell’intera pastorale giovanile che si met-
te al servizio del primo annuncio o l’annuncio rinnovato del Van-
gelo! In questa luce urge un cambio di mentalità per poter ripen-
sare, elaborare e sperimentare strategie differenti e magari ine-
dite che intercettino le attese e le speranze soprattutto degli ado-
lescenti e dei giovani dei nostri centri. Le tappe della formazione
dell’identità per l’adolescente e dell’intimità per i giovani sono il
luogo in cui si affaccia la domanda sulla verità e sul senso della
vita: lì, si propongono le basi più stabili per una fede da vivere poi
come persone adulte. Perciò è cruciale costruire un ambiente con
strutture minime in cui sia curato il rapporto personale; dove il
giovane possa fare ciò che gli piace (sport, musica, gruppi, gite ...),
oppure studiare e qualificarsi; dove si respirino i valori evangelici
e si incontrino persone che ne sono convinte e li testimoniano. Con-
seguentemente, la formazione degli educatori evangelizzatori è in-
dispensabile, soprattutto la loro qualificazione spirituale, affinché
diventino persone con una viva coscienza missionaria e un’intensa
esperienza credente, capaci di narrare in prima persona la loro
esperienza di fede, di amore, di speranza e di carità.144
142 UBALDO MONTISCI, “La Pastorale Giovanile e la Città: la Sfida e la Gioia del Primo
Annuncio”, nota 68, p.160.
143 ANTONIA COLOMBO, “Presentazione”, Perché Abbiano Vita, Vita in Abbondanza, 5.
144 ISTITUTO FIGLIE DI MARIA AUSILIATRICE, Perché Abbiano Vita, Vita in Abbondanza,
161, 171, 173-174, 175-179.
76

8.8 Page 78

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La Via da Percorrere
Affinché la nostra pastorale giovanile sia innervata dal primo annuncio
e la pratica del Sistema Preventivo possa diventare un modo per favo-
rire il primo annuncio, è necessario una triplice conversione: antropo-
logica, spirituale e pedagogica. La conversione antropologica richiede
che i Salesiani e le Figlie di Maria Ausiliatrice sentano profondamente
l’angoscia dal fatto che molti giovani non hanno ancora udito il Vangelo
o vivono la loro fede come qualcosa di meramente culturale. Gli SDB
e le FMA cercano i giovani fino alle periferie, perché sono convinti che,
in mezzo alle loro fatiche, questi giovani hanno un cuore aperto al Van-
gelo e che, come educatori consacrati, anche loro hanno Qualcuno da
offrire: Gesù Cristo. Una vera e propria conversione spirituale porta ad
un rinnovamento e rafforzamento della nostra vocazione come fedele
amico dell’anima ed educatori alla fede, in modo che ogni incontro con
loro diventi educativo ed evangelizzatore. Infine, una conversione pa-
storale significa assicurare il nostro ardore missionario e coraggio apo-
stolico, in modo che il nostro lavoro educativo-pastorale sia innervato
dal primo annuncio e diventi veramente un modo per portare il Vangelo
ai giovani.145 Per realizzare questo, è necessario convertire mentalità e
modificare strutture, passando:
– da una presenza di routine tra i giovani ad una presenza sempre
attenta alle diverse occasioni che si presentano per promuovere il
primo annuncio;146
– dalla preoccupazione per la gestione delle nostre opere con ruoli ma-
nageriali ad una attenzione e promozione dei valori culturali positivi,
insieme con la Chiesa locale, in modo che questi possano arricchire
la pratica del Sistema Preventivo;147
– da un’assistenza di routine tra i giovani ad un’assistenza salesiana
come un modo di accompagnare i giovani nelle loro scelte di vita,
145 PIERA RUFFINATTO, “Il Sistema Preventivo Spazio del Primo Annuncio in Stile
Salesiano” in Giornate di Studio sul Primo Annuncio in Città, 199-202.
146 JOSEPH PHUOC, ALMA CASTAGNA, “Emerging Insights and Perspectives during these
Study Days in View of a renewed Missionary Praxis”, 114, 119; “Prospettive Emergenti
nelle Giornate di Studio: La Città, Spazio e Opportunità per il Primo Annuncio”, 208.
147 RUTH DEL PILAR MORA, ALEXIUS MULONGO, “Emerging Insights and Perspectives
during the Study Days in View of a Renewed Missionary Praxis in Africa and Madaga-
scar”, 128-129; RUNITA BORJA, PIERGIORGIO GIANAZZA, “Prospettive Emergenti nelle Gior-
nate di Studio in Vista di una Rinnovata Prassi Missionaria”, 158.
77

8.9 Page 79

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per collaborare con lo Spirito Santo a suscitare in loro l’interesse per
Gesù e per il suo Vangelo;148
– dal “comodo criterio pastorale del ‘si è fatto sempre così’”149 all’es-
sere donne e uomini di grande fede e coraggio, infiammati dal fuoco
del Da mihi animas, che vivono la propria vita in uno stato perma-
nente di missione e capaci di ripensare, elaborare e sperimentare
strategie inedite che si mettono al servizio del primo annuncio tra
i giovani.150
148 ANA MARIA FERNANDEZ, ISABEL MADRID CISNEROS, RAFAEL ANDRÉS BORGES, “Ensancha
sin Miedo el Espacio de tu Tienda”, 175,176, 178.
149 FRANCESCO, Evangelii Gaudium, n. 33.
150 “Prospettive Emergenti nelle Giornate di Studio: La Città, Spazio e Opportunità
per il Primo Annuncio”, 209-210.
78

8.10 Page 80

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Conclusione

9 Pages 81-90

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9.1 Page 81

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9.2 Page 82

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LLa concezione di Maria per la potenza dello Spirito Santo (Lc
1, 35; Mt 1, 18.20) fu “un momento culminante della sua azione
nella storia della salvezza”.151 Lei non solo è diventata tempio del-
lo Spirito Santo, ma anche “si è lasciata condurre dallo Spirito,
attraverso un itinerario di fede, verso un destino di servizio e
fecondità”.152 Il suo fiat è stato veramente una totale apertura alla
volontà di Dio e “alla persona di Cristo, a tutta la sua opera,
a tutta la sua missione”.153
Nel Vangelo di Luca l’annunciazione dell’angelo Gabriele
a Maria è immediatamente seguita dalla visita alla sua cugina
Elisabetta (Lc 1, 26-57). L’angelo ha dato a Maria un ‘segno’ per
confermare ciò che era stato appena annunciato a lei: “Ed ecco,
Elisabetta, tua parente, nella sua vecchiaia ha concepito anch’es-
sa un figlio e questo è il sesto mese per lei, che era detta sterile”
(Lc 1, 36). Ad Ain Karim Maria ha potuto verificare da se stessa
che davvero “nulla è impossibile a Dio” (Lc 1, 37).
Alla conclusione della nostra riflessione sul primo annuncio,
guardiamo Maria per trarre forza da lei che in fretta è andata a
casa di Elisabetta per proclamare la Buona Novella - Gesù Cristo,
il Salvatore. Il suo era un vero viaggio missionario. Il suo andare
“in fretta verso la regione montuosa” è diventato l’immagine della
Chiesa, che subito dopo la Pentecoste, esce per diffondere il Van-
gelo sino agli estremi confini del mondo. In quella mattina di Pen-
tecoste ha visto con la sua preghiera l’inizio dell’evangelizzazione
spinto dallo Spirito Santo.154
Nel suo viaggio verso la casa di Elisabetta ad Ain Karim, Maria
non ha considerato la distanza, né il tempo, né il disagio né i
151 PAOLO VI, Esortazione Apostolica Marialis Cultus (Vaticano: Libreria Editrice Vaticana,
1974), n. 26.
152 FRANCESCO, Evangelii Gaudium, n. 287.
153 GIOVANNI PAOLO II, Enciclica Redemptoris Mater (Vaticano: Libreria Editrice Vaticana,
1987), n. 39.
154 PAOLO VI, Evangelii Nuntiandi, n. 82.
81

9.3 Page 83

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rischi a ciò connessi. Maria, “serva del Signore”, è diventata colei
che ha rivelato Dio attraverso il suo amore e il servizio. Nel suo
viaggio portando Gesù dentro di sé, unì insieme il “custodiva tutte
queste cose, meditandole nel suo cuore” (Lc 2, 19) al camminare
“in fretta”: andò in fretta, ma rimase con il Signore. Il suo percor-
so esterno mentre si muoveva in fretta attraverso strade tortuose
riflette il suo cammino interiore di fede. Sotto la guida dello
Spirito Santo era passata dall’adesione docile del suo fiat dopo
la visita del messaggero di Dio all’esplosione gioiosa del suo ma-
gnificat come messaggera di Dio per gli altri. Era il cammino di
fede di Maria verso Dio nel suo cuore che dirigeva e dava senso
alle sue azioni esterne. In lei vediamo il modello di chi favorisce
il primo annuncio, fonde la sua vita interiore con l’attività ester-
na, sa intrecciare armoniosamente credere e agire. Il suo viaggio
è anche un simbolo del cammino di fede di ogni cristiano, che
dall’adesione iniziale al progetto di Dio giunge ad essere un
discepolo missionario.
Il viaggio di Maria culmina con l’incontro con Elisabetta: le
due donne portano in sé il mistero ineffabile. Questo incontro le
ha poste sulla soglia del Vecchio e Nuovo Testamento, tra il tempo
in cui Dio ha parlato per mezzo di segni e meraviglie, e il tempo
in cui Egli si manifesta attraverso il Figlio suo incarnato. Il loro
sostegno reciproco è diventato lo spazio in cui Dio si è rivelato e
ha fatto grandi cose. Elisabetta aveva in grembo Giovanni che
avrebbe portato il messaggio di Dio onnipotente, mentre il bam-
bino nel grembo di Maria è il Dio onnipotente. Davvero, abbiamo
raggiunto la “pienezza del tempo” (Gal 4, 4).155
Luca conclude la narrazione che va dall’annunciazione fino
alla prima infanzia di Gesù (Lc 2, 8-20, 51), sottolineando che
“sua madre custodiva tutte queste cose nel suo cuore” (Lc 2, 51).
Dal momento in cui lei medita tutto l’evento che ha avuto luogo
al fine di comprendere le straordinarie opere di Dio nella sua vita,
155 MARIA KO HA FONG, “Marie se leva et Partit en Hâte vers la Région Montagneuse”,
Journées d’Etudes sur la Première Annonce du Christ en Afrique et à Madagascar,
179-186; IDEM, “Mary the ‘First Evangelised’ and the ‘First Evangeliser’”, in The Salesian
Mission and the Initial Proclamation of Christ in the Three-fold Context of South Asia,
146-147.
82

9.4 Page 84

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“sa riconoscere le orme dello Spirito di Dio nei grandi avvenimenti
ed anche in quelli che sembrano impercettibili. È contemplativa
del mistero di Dio nel mondo, nella storia e nella vita quotidiana
di ciascuno e di tutti”.156
Nel suo Vangelo, Giovanni ci ha trasmesso le ultime parole
scritte di Maria a Cana, le uniche rivolte alle persone, proprio co-
me suo “testamento spirituale”. Chiedendo ai servi di Cana di
fare “qualsiasi cosa vi dica”, Maria ha espresso l’idea essenziale
per ogni persona umana, che è quella di aprire il proprio cuore a
Gesù che, solo, ha “parole di vita eterna” (Gv 6, 68). Eppure, tale
breve ingiunzione è stata un vero e proprio primo annuncio. In-
fatti, quando leggiamo queste ultime parole di Maria collegandole
con le ultime parole del Risorto, vediamo chiaramente che Maria
ci conduce a Gesù: “andate dunque e fate discepoli tutti i popoli,
battezzandoli nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo”
(Mt 28, 19). A Cana, la sua profonda fede espressa nel suo fiat è
diventata un facite convincente rivolto agli altri. In Maria si vede
che è solo una profonda adesione personale a Dio che può condurci
a portare gli altri a Dio.157
Sulla Croce Gesù ci ha dato sua madre (Gv 19, 26-27) perché
sia madre nel nostro cammino. Maria, infatti, è la madre e l’aiuto
della Chiesa, è vicina a noi, cammina al nostro fianco, condivide
le nostre lotte e costantemente ci circonda con l’amore di Dio.
Lei è l’ispirazione e il modello di quell’amore materno che tutti i
discepoli missionari devono nutrire.158
La Chiesa, missionaria per sua natura, continuamente guarda
all’esempio di Maria, per rivelare in modo più efficace il Dio na-
scosto, non solo attraverso l’annuncio, ma anche suscitando un
interesse nel suo Figlio attraverso la testimonianza di amore e di
servizio, soprattutto a coloro che sono nelle periferie esistenziali
della nostra società.
Per Don Bosco, la Vergine Maria era la guida e il sostegno del
156 FRANCESCO, Evangelii Gaudium, n. 288.
157 MARIA KO HA FONG, “Mary the ‘First Evangelised’ and the ‘First Evangeliser’”,
148-150.
158 FRANCESCO, Evangelii Gaudium, 285-286; Giovanni Paolo II, Redemptoris Missio,
n. 92.
83

9.5 Page 85

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suo lavoro per i giovani. Per Madre Mazzarello, le giovani sono
state affidate dalla Vergine a lei. Questi hanno segnato profon-
damente l’identità carismatica e spirituale dei gruppi che com-
pongono la Famiglia Salesiana. Mentre continuiamo il nostro
cammino nella fede, attraversando i deserti del nostro tempo,
ci affidiamo a Lei affinché possiamo rispondere con generosità
alla nostra missione di promuovere il primo annuncio.159
Con la preghiera sulle nostre labbra e la speranza nei nostri
cuori, insieme a tutti i giovani affidati a noi, chiediamo a Maria
di stare con noi così com’è stata con la prima comunità dei disce-
poli in attesa della venuta dello Spirito (Atti 1, 14). Lei è il nostro
aiuto e guida. Imploriamo di aiutarci in modo che la nostra preghiera
e la nostra vita possono essere una cosa sola, e quindi attraverso
di noi, lo Spirito possa suscitare nei cuori di molti giovani il de-
siderio di conoscere e seguire il frutto benedetto del suo grembo,
Gesù Cristo!
159 Carta D’Identità della Famiglia Salesiana (2012), art 11, 37.
84

9.6 Page 86

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Appendici

9.7 Page 87

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9.8 Page 88

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Conclusioni Operative delle Giornate di Studio
(2010-2015)
Missione salesiana in situazione di frontiera
e primo annuncio cristiano in Europa oggi
Praga, 4-10 novembre 2010
SDB
1. Aprire nuove presenze nei Paesi europei dove non c’è ancora una
presenza salesiana, per suscitare il senso missionario e l’entusiasmo
apostolico nei salesiani in Europa.
2. Intensificare e privilegiare la pastorale per le famiglie, specialmente la
catechesi familiare.
3. Seguire più da vicino ed aiutare i nuovi missionari, arrivati per il pro-
getto Europa, ad integrarsi.
4. Promuovere con gli Ispettori d’Europa una riflessione per concordare una
comune linea operativa riguardo ai confratelli europei che hanno fatto un
discernimento, riconoscendo la vocazione di essere missionari in Europa.
5. Rafforzare i processi affinché la pastorale diventi più evangelizzatrice,
per integrare la pastorale giovanile salesiana.
6. Ogni Ispettoria faccia uno studio per poter iniziare un progetto con-
creto, nel quale la priorità sia data al primo annuncio di Cristo.
La Missione Salesiana e il Primo Annuncio
di Cristo nel triplice Contesto del Sud Asiatico
Kolkata, 7-11 agosto 2011
FMA
Per creare una nuova mentalità nella mente e nel cuore delle nostre Sorelle,
alla luce del Primo Annuncio:
1. Fare di ogni pastorale un annuncio di Gesù.
2. Formare le “Annunciatrici” (anche quelle in formazione) – iniziale e
permanente – ad una profonda esperienza di Dio, della Parola di Dio,
aperte alle realtà locali.
3. Preparare i laici a collaborare con noi nell’annuncio di Gesù.
4. Focalizzarsi sul Primo Annuncio nelle visite sistematiche ai villaggi e
alle famiglie.
87

9.9 Page 89

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5. Rivitalizzare la dimensione Mariana nell’opera del Primo Annuncio.
6. Dimostrare rispetto e tolleranza verso persone di altre religioni e co-
raggio nell’annunciare Cristo con prudenza.
7. Trasmettere il contenuto e l’esperienza di queste Giornate di Studio a
livello locale e ispettoriale, focalizzandosi sulla missione ad gentes.
Presentare le conclusioni finali alle rispettive ispettorie. Il prossimo
incontro della Conferenza Interispettoriale PCI sarà un momento privi-
legiato per questa presentazione.
8. Studiare gli insegnamenti della Chiesa per quanto riguarda il Primo
Annuncio (in particolare i documenti in preparazione al prossimo sino-
do dei Vescovi che avrà come tema il Primo Annuncio).
9. Fare del Primo Annuncio un elemento di valutazione.
10. Prendere come impegno quello di valutare gli esistenti ambiti della
Pastorale presenti nelle nostre ispettorie per vedere se sono in linea
con il Primo Annuncio.
SDB
Per promuovere azioni concrete e dare priorità al Primo Annuncio nelle
Ispettorie salesiane del Sud Asiatico:
1. Si richiede un incontro a livello ispettoriale come parte di un programma
di accompagnamento nella realizzazione di quanto proposto. Questo
dovrebbe essere fatto attraverso la SPCSA. Il PDMA può organizzarlo
come pure presentarlo all’incontro dei responsabili delle comunità.
2. Il primato del Primo Annuncio dovrebbe riflettersi nel Progetto Educa-
tivo Pastorale (PEPS) di ogni comunità. Questo dovrebbe essere
seguito dall’Ispettore durante la sua visita annuale.
3. L’introduzione e l’accompagnamento dei gruppi missionari nei nostri
vari ambienti.
4. La formazione di una rete con altri membri della FS e altre comunità
religiose missionarie della nostra regione per aiutarci nella condivisio-
ne delle diverse esperienze e dei metodi di successo del Primo An-
nuncio.
5. Sarebbe utile fare una ricerca a livello nazionale riguardante l’impatto
del Primo Annuncio nei nostri vari ambienti.
6. Si dovrebbero sensibilizzare le famiglie a non limitare il numero dei figli
col pretesto di una genitorialità responsabile.
7. Si dovrebbe cercare di migliorare la collaborazione ed il coordinamento
tra le Quattro Commissioni (Pastorale Giovanile, Comunicazione
Sociale, Formazione e Missione)
8. I Delegati Ispettoriali per l’Animazione Missionaria (DIAM) hanno biso-
88

9.10 Page 90

▲back to top
gno di creare nelle ispettorie gruppi con una stessa visione a riguardo
del Primo Annuncio.
9. Gli Ispettori dovrebbero inviare regolarmente, al “Sacred Heart Colle-
ge” di Shillong, Meghalaya, studenti per lo studio della Missiologia.
10. Un Corso a breve termine sul Primo Annuncio può essere organizzato
regolarmente a livello nazionale (a livello regionale a Bangalore o Shil-
long)
11. Si dovrebbe dare un’appropriata enfasi al Primo Annuncio nel Corso
per i Direttori.
12. È necessaria una maggiore enfasi sul Primo Annuncio nel curriculum
per i giovani Salesiani della formazione iniziale.
13. Una precisa esposizione sulla missione dovrebbe far parte del corso
Annuale dei Diaconi nei nostri seminari teologici.
La Missione Salesiana e il Primo Annuncio
di Cristo nel triplice Contesto dell’Est Asiatico
Sampran, 14-18 agosto 2011
FMA
1. Creare un clima, in tutti i settori della nostra missione, in cui si viva
veramente l’amore di Cristo.
2. Trasmettere i contenuti e i risultati di questo incontro alle sorelle
dell’Ispettoria, coinvolgendo il consiglio ispettoriale e il gruppo di ani-
mazione missionaria.
3. Continuare la riflessione sul Primo Annuncio, soprattutto impegnandoci
nell’approfondimento dei documenti delle Chiese locali, e nella cono-
scenza delle iniziative di altre istituzioni che operano in questo campo,
allo scopo di creare una rete.
4. Abilitare e accompagnare i giovani cristiani così che diventino essi
stessi missionari per altri giovani.
SDB
1. Facciamo sforzi consapevoli per suscitare il desiderio di conoscere la
persona di Gesù. Abbiamo bisogno di sviluppare abilità (linguistiche,
informatiche, buona conoscenza delle culture, religioni e aspetti so-
cio-politici ecc.) e prepararci attraverso un’immersione.
2. Per promuovere la comprensione della vita e della natura della missio-
ne, la formazione missiologica dovrebbe essere inclusa nel programma
di formazione iniziale.
89

10 Pages 91-100

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10.1 Page 91

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3. Rinforzare il ruolo dell’animatore missionario nelle ispettorie. L’anima-
zione missionaria nelle ispettorie è fatta in due dimensioni, ad gentes
e inter gentes; dare speciale importanza all’inter gentes.
4. Favorire la consapevolezza alle singole persone, come pure alle comu-
nità, sulla necessità di vivere una vita di testimonianza cristiana come
unico modo di annunciare Cristo agli altri.
5. Potenziare i membri laici della Famiglia Salesiana (cooperatori, volontari,
membri del Movimento Giovanile Salesiano ecc.) così che essi stessi
possano diventare agenti del Primo Annuncio.
6. Fare un uso appropriato dei nostri ambienti tradizionali (scuole, oratori,
centri giovanili ecc.) come luoghi auspicati per il Primo Annuncio ed
anche uscire verso nuove frontiere di pastorale e apostolato.
La missione Salesiana ed il Primo Annuncio di Cristo
in Oceania nel contesto delle Religioni e Culture tradizionali,
e Culture in processo di secolarizzazione
Port Moresby, 21-25 novembre 2011
FMA
1. Approfondire l’esperienza personale di Gesù, per annunciare il suo
messaggio, ossia, testimoniare nella vita “il primo e autentico” annun-
cio di Gesù.
2. Studiare e riflettere, personalmente e comunitariamente, sui documenti
della Chiesa (universale e locale) e dell’Istituto, in prospettiva missionaria.
3. Riflettere sulla propria esperienza di vita dal punto di vista della mis-
sione.
4. Rileggere, personalmente e comunitariamente, la nostra attività pasto-
rale alla luce della missione.
SDB
Per affrontare le richieste della chiamata e le sfide del Primo Annuncio in
Oceania, in un contesto di religioni e culture tradizionali, come pure di cul-
ture in processo di secolarizzazione, noi abbiamo bisogno di cambiare
mentalità ed il nostro modo di evangelizzare, muovendoci:
1. dal fare missione soltanto entro le nostre istituzioni educative e le par-
rocchie, per andare verso i giovani e raggiungerli dove si trovano
(attraverso l’oratorio festivo o i centri giovanili ecc.);
2. dal condividere la fede in luoghi formali (parrocchie, centri educativi
religiosi, ritiri ecc.) ad una maggiore consapevolezza che le attività
90

10.2 Page 92

▲back to top
sono occasioni di Primo Annuncio (Comunità ecclesiali di Base,
gruppi giovanili ecc.);
3. dall’ignorare le culture (tradizionali, post-moderne, secolarizzate ecc.)
ad un impegnarci a capire e comprendere le culture della nostra
gente e la loro fede religiosa, attraverso un ascolto paziente e fiducioso,
prendendoli dal punto dove si trovano;
4. da una mancanza di contatto con la famiglia ad un avvicinamento
alle famiglie, coinvolgendole di più, poiché il Primo Annuncio avviene
prima di tutto nella famiglia;
5. dal fare noi stessi missione (missione ad gentes, primo annuncio,
ordinaria attività pastorale, nuova evangelizzazione) a formare e im-
pegnare i laici come nostri compagni nella missione, i quali sono cor-
responsabili del Primo Annuncio e dell’evangelizzazione, specialmente
nelle famiglie, attraverso il Sistema Preventivo vissuto come nostro
modo di testimoniare la vita evangelica.
La presenza salesiana tra i Musulmani
Roma, 30 luglio - 4 agosto 2012
FMA
Le FMA partecipanti alle Giornate di Studio sulla presenza salesiana tra i
musulmani hanno sottolineato alcuni punti da tenere presenti per la conti-
nuità e l’approfondimento delle giornate di studio:
1. Portare la voce nei Consigli ispettoriali, nelle Assemblee ispettoriali,
nelle Conferenze interispettoriali.
2. Sensibilizzare le ispettrici. Siano loro coinvolte nel dare un quadro delle
realtà inerenti al tema.
3. Crescere nella conoscenza della realtà dell’Islam a livello di Europa.
4. Valorizzare la presenza della coordinatrice dell’Animazione Missionaria
come “voce” significativa all’interno del Consiglio e dell’Equipe ispet-
toriale.
5. Tener presente la realtà e la ricchezza diocesana, dove si lavora con
gli immigrati musulmani e cercare di inserirsi e collaborare.
6. Lavorare sul contenuto delle Giornate nella Formazione iniziale (a To-
rino, per il prossimo anno, nel Postulato ci saranno giovani provenienti
dal Medio Oriente).
7. Incoraggiare le sorelle a sensibilizzarsi alla missione e al contesto isla-
mico attraverso letture e incontri di Testimoni (cf. Louis Massignon).
8. Valorizzare la letteratura locale che aiuti il dialogo con i musulmani.
91

10.3 Page 93

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9. Riconoscere il fenomeno delle migrazioni e dell’Islam come “luogo
pastorale” emergente.
Inoltre, hanno suggerito di:
1. Favorire altri incontri simili.
2. Ipotizzare incontri per FMA e SDB che operano in Europa e il confronto
con l’Islam delle migrazioni.
3. Includere il tema sull’Islam nella preparazione al 23° Capitolo generale
FMA.
SDB
Le conclusioni tengono conto delle realtà di ciascun partecipante alle
Giornate. Al raduno erano presenti 30 SDB di tutti i 4 gruppi di lavoro du-
rante le giornate (Europa, Medio Oriente-Nord Africa, Africa subsahariana,
Asia Sud - Est).
1. Che cosa possiamo portare nelle nostre ispettorie a livello operativo:
• Progetto Educativo Pastorale (PEPSI) e Direttorio ispettoriale: le ispet-
torie prendano consapevolezza delle conclusioni, facciano progetti e
diano indicazioni nel direttorio durante il Capitolo ispettoriale 2012-2013.
• Dedicare del tempo nelle ispettorie per contestualizzare le conclusioni.
• Inviare a tutti gli ispettori (87) le conclusioni delle Giornate di Studio.
• Approfittare dei prossimi capitoli ispettoriali per parlare della questione
delle nuove frontiere.
• Cercare modi per partecipare alle commissioni per il dialogo interreli-
gioso delle Conferenze episcopali (Africa subsahariana...), per essere
in contatto diretto con l’esperienza e le risorse delle Chiese locali,
anche condividendo con loro la nostra esperienza.
• Organizzare simili incontri tra le ispettorie (come ha fatto già l’AFO-
AFW nel 2010).
• Raccogliere tutto ciò che è stato condiviso dai vari gruppi, special-
mente le buone pratiche e le azioni, ispirazioni concrete.
• Dare opportunità ai partecipanti per una condivisione nelle ispettorie
(consiglio, direttori, commissione di PG, comunità locali, esercizi spi-
rituali o ritiri trimestrali).
• Avere alcuni giovani SDB specializzati nel dialogo con i musulmani,
i quali possono guidare il cammino di dialogo nelle ispettorie.
• Condividere le conclusioni di queste giornate durante il corso per i nuovi
missionari.
• A livello locale invitare dei leader o studiosi musulmani per condividere
con noi.
92

10.4 Page 94

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• Integrare la pastorale tra i musulmani nella pastorale giovanile delle 30
ispettorie; occorre lavorare con i Delegati e le commissioni ispettoriali
di PG.
• Quale importanza diamo alla formazione dei confratelli missionari? Le
emergenze creano queste situazioni. Dovremmo essere più informati
riguardo alle possibilità dei centri di formazione nelle regioni, paesi -
non solo PISAI a Roma (Hyderabad-India).
• Inserire “l’Introduzione all’Islamologia” nella formazione iniziale dei con-
fratelli.
• Puntare sulla raccolta delle esperienze positive che incoraggino, ispi-
rino e motivino i confratelli ad una presenza salesiana tra i musulmani.
• Importanza del bollettino d’animazione missionaria “Cagliero 11”: sfrut-
tarlo bene anche per il tema della presenza tra i musulmani. Un parti-
colare invito a verbalizzare le nostre esperienze di vita missionaria,
le buone pratiche concrete.
• Dobbiamo fare attenzione a non essere solo ‘politically correct’ secondo
le aspettative dei media, ma soprattutto essere ‘prophetically correct’
come vuole Gesù.
2. Come possiamo rafforzare il nostro lavoro in rete (tra i partecipanti,
tra le ispettorie, nella Congregazione)?
• Per garantire la continuità della riflessione sulla presenza tra i musul-
mani, abbiamo bisogno di un punto di riferimento.
• Allegare ai documenti del raduno anche una scheda personale dei
Salesiani che lavorano tra i musulmani (profilo personale, elementi
concreti) per facilitare un cammino successivo con frutto.
• Presentare una richiesta più specifica: scambio di persone ed espe-
rienze, non solo digitale. Per esempio, nel Progetto Europa c’è la nostra
missione per/con i migranti. Seguendo questa linea, abbiamo bisogno
di una piattaforma per l’informazione (cfr. www.sdb.org/AGORA - spa-
zio riservato oppure la Salesian digital library SDL - spazio aperto).
• Scambio e possibili incontri regolari tra le ispettorie, zone più vicine,
più omogenee.
3. Suggerimenti concreti per alcune Ispettorie
• AFW - Nigeria: Coinvolgere i confratelli e le comunità nel fare espe-
rienze nelle zone del nord, dove non siamo ancora presenti (solo alcuni
campi d’estate).
• MOR - Non aspettare subito grandi frutti nelle presenze tra i musulmani.
A volte siamo limitati in alcuni casi solo ad avere un gran numero di
battesimi, quale unica soddisfazione della missione.
93

10.5 Page 95

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• INK - Promuovere la devozione a Maria e ai Santi (devozione popolare)
come metodo per la prima evangelizzazione. Esempio, il Santuario
di Bangalore, in India.
• SLK - Azerbaigian: Necessità di inviare confratelli non Slovacchi per
l’inculturazione del Vangelo e del Carisma, per essere più efficaci nel
lavoro pastorale.
• ITM - Indonesia: È importante aiutare i confratelli indonesiani ad essere
più missionari.
• FIS - Mindanao: Queste giornate aiuterebbero i confratelli ad aprirsi
alla missioni tra i musulmani (andare oltre le due comunità con 9 con-
fratelli, solo 10% dell’ispettoria).
• AFE - Delegazione del Sudan: Sensibilizzare i confratelli del Sud per la
presenza tra i musulmani nel Sudan (nord).
Il Primo Annuncio in Africa e Madagascar
Addis Abeba, 5-9 novembre 2012
FMA
Per le FMA, le conclusioni delle Giornate di Studio possono essere rias-
sunte come segue:
1. Trasmettere con entusiasmo i contenuti di queste Giornate di Studio
all’intera Ispettoria, in accordo con l’Ispettrice. Far convergere tutti gli
sforzi sul Primo Annuncio durante questo Anno della Fede.
2. Rivedere gli aspetti dell’evangelizzazione nel Piano Ispettoriale.
3. Organizzare momenti comunitari sul Primo Annuncio, per attuare l’ani-
mazione missionaria in ogni realtà.
4. Insistere sulla qualità della nostra testimonianza personale e comuni-
taria, fondamentale per il Primo Annuncio.
Per dare continuità alle Giornate di Studio, le FMA propongono di:
a. Pianificare incontri formativi con SDB e FMA partecipanti a queste
Giornate di Studio nelle loro rispettive ispettorie.
b. Mantenere i contatti con questi partecipanti per condividere riflessioni,
contenuti ed esperienze sul Primo Annuncio, attraverso i mezzi di co-
municazione disponibili.
c. Nel lungo termine, sviluppare un piano di base per le Ispettorie SDB e
FMA per realizzare un evento simile a queste Giornate di Studio, ossia,
di natura missionaria come pure di valutazione del lavoro intrapreso
insieme.
94

10.6 Page 96

▲back to top
SDB
1. Che cosa possiamo riportare alle nostre rispettive Ispettorie a
livello pratico?
a. A livello di “consapevolezza del Primo Annuncio” per la formazione
e animazione degli SDB:
• Utilizzare gli strumenti a nostra disposizione nelle nostre Ispettorie
(Newsletter, Bollettino Salesiano, Bollettini di Animazione Missiona-
ria) specialmente per la formazione e animazione degli SDB;
• Suddividere il tema sulle dinamiche del Primo Annuncio per ogni mese.
• I prossimi Capitoli Ispettoriali nelle nostre Ispettorie sono una buona
opportunità per suscitare consapevolezza a riguardo del Primo An-
nuncio, con alcuni suggerimenti concreti per promuoverlo nei diversi
settori della nostra pastorale.
b. Le celebrazioni dell’Anno della Fede e la Giornata Missionaria Sa-
lesiana del 2013 sono opportunità per promuovere la consapevolezza
dell’importanza e della rilevanza del Primo Annuncio.
• Condividere le esperienze del Primo Annuncio nei nostri ambienti
educativi e pastorali con giovani e adulti (parrocchie, oratori, opere
sociali, scuole, animatori, catechisti, genitori, insegnanti, educatori,
volontari, gruppi missionari) o preparare una celebrazione avendo il
Primo Annuncio come tema.
• La spinta per il Primo Annuncio potrebbe essere un buon punto di
partenza per l’animazione missionaria nelle Ispettorie della regione,
dal momento che attrae e suscita molto entusiasmo missionario.
c. Produzione di alcuni semplici materiali sul Primo Annuncio (per uso
dei collaboratori laici e dei giovani).
• Contenuto possibile: Che cos’è il Primo Annuncio? Presentazione di
come si fa il Primo Annuncio. Del semplice materiale di formazione nel
promuovere il Primo Annuncio sia come stile di vita che come prassi
(rendere il concetto di vita quotidiana in un modo semplice e pratico).
• Dal momento che tutti noi operiamo in diversi contesti (parrocchie,
formazione, comunicazione sociale, in stazioni missionarie rurali o
urbane), potrebbe essere molto utile la produzione di materiali per
darci ispirazioni.
2. Come rinforzare la nostra rete su questo argomento tra i parteci-
panti, nelle nostre Ispettorie e nella Congregazione?
a. Formazione missionaria continua: Avvaliamo l’idea, che si è sviluppata
in queste Giornate di Studio, del bisogno di lanciare il concetto di un
possibile futuro “Centro Regionale di Formazione Continua” o almeno
95

10.7 Page 97

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di iniziare la formazione di un Gruppo di Riflessione composto da 3
SDB Africani di ogni zona linguistica, che potrebbe promuovere una
riflessione critica sulle nostre culture africane e studiare l’inculturazione
del Vangelo e del Carisma.
Noi, come gruppo di Delegati per l’Animazione Missionaria delle Ispet-
torie, abbiamo bisogno di fare rete con le già operanti commissioni CI-
VAM (Formazione – Pastorale Giovanile) e anche con CONFORM
(Commissione Formazione Continua).
b. La Rete tra i partecipanti delle Giornate di Studio potrebbe essere fa-
cilitata da:
• Contatto personale attraverso e-mails (come minimo), ci incoragge-
rebbe anche a proseguire nel cammino.
• A causa della connettività di internet, il modo migliore sarebbe quello
di salvare tutto il materiale nel server dell’Ispettoria e facilitare
l’accesso (caricamento e scaricamento) tramite links.
• Creare un BLOG di animazione missionaria o, possibilmente, creare
una pagina Facebook.
c. La Radio è un mezzo importante di Primo Annuncio. Una possible rete
potrebbe arricchire le già esistenti Stazioni Radio Salesiane, Trasmis-
sioni Radio Internet, Radio Don Bosco (MDG) Sudan Tony (AFE) ecc.
Dal primo annuncio al discepolato missionario
in America e Caraibi
Los Teques, 20-25 novembre 2013
FMA
Le conclusioni operative delle FMA possono essere riassunte in questo
modo:
4. Il Primo Annuncio richiede l’incontro personale con Gesù e un impegno
coerente di crescita nella fede. Per vivere il Primo Annuncio è neces-
sario entrare nel contesto delle culture. Dio è presente nelle culture!
Inoltre, è necessario uscire, andare verso la gente, non aspettare che
la gente venga da noi; superare paure e altri ostacoli; potenziare l’im-
pulso missionario e ravvivare il fuoco della passione missionaria nelle
Ispettorie.
5. Siamo chiamate a vivere in uno stato permanente di missione: possa
la nostra presenza parlare alla gente, suscitare interrogativi, a partire
dall’incontro personale con Gesù e con le nostre sorelle.
6. Lasciamoci interpellare: come portare avanti, nella nostra animazione
96

10.8 Page 98

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missionaria, quello che abbiamo imparato in queste Giornate di
Studio? Come essere testimoni per i giovani? Abbiamo bisogno di for-
mazione missionaria specifica, formazione che faccia crescere vere
convinzioni in tutto l’Istituto.
7. Potenziare il lavoro con la Famiglia Salesiana; rinnovarsi nell’entusia-
smo missionario, che tante volte, a causa degli anni, delle difficoltà, si
è perduto. Rinnovarsi nel desiderio di annunciare con gioia, di ascoltare
i giovani, la comunità, coloro che condividono la missione con noi.
Magari fosse questa la nostra sfida più grande!
8. Il carisma continua vivo! Condividere le nostre esperienze e dare testi-
monianza di vita sono un preannuncio silenzioso, ma significativo.
9. Potenziare lo spirito missionario nelle giovani, durante la formazione
iniziale, e anche in tutte noi. Rivedere le nostre proposte formative per
la formazione iniziale, considerando non soltanto la dimensione mis-
sionaria della nostra vocazione, ma favorendo il Primo Annuncio anche
a noi stesse FMA. Abbiamo bisogno di accogliere questa esperienza
di incontro personale e liberatore con Gesù. Vivere l’esperienza del
Primo Annuncio con le giovani in ricerca vocazionale.
Per la continuità delle Giornate di Studio, le FMA propongono:
1. Integrare la riflessione fatta durante le Giornate di Studio: nella forma-
zione iniziale, negli itinerari formativi delle nostre Ispettorie e nelle espe-
rienze che proponiamo alle giovani in ricerca vocazionale, nei processi
e nei percorsi che le Ispettorie offrono (ritiri mensili, esercizi spirituali,
progetti comunitari…); nella formazione delle animatrici e delle coor-
dinatrici locali di pastorale.
2. Curare a livello di comunità la testimonianza di vita, la preghiera e la
missione, sia le FMA come i laici. Approfittare delle esperienze-limite
presenti nelle nostre realtà per accompagnare e proporre nuovi per-
corsi come risposte o alternative, soprattutto privilegiando in questi
momenti l’incontro personale con Gesù.
3. Favorire il cambio di mentalità riguardo al Primo Annuncio e alla mis-
sione universale della Chiesa e dell’Istituto, considerando tutte le nostre
presenze come “casa di missione”. Educarci personalmente e comu-
nitariamente all’uso dei mezzi di comunicazione in vista dell’evangeliz-
zazione e non soltanto per una soddisfazione personale. Abbiamo
bisogno di evangelizzarci ed evangelizzare i nostri ambienti. Proporre
delle esperienze e una formazione per disimparare vecchi paradigmi e
aprire il cuore a nuovi orizzonti, cambiando la mentalità che non ci lascia
andare avanti nella missione o non favorisce l’incontro con Cristo.
4. Favorire delle esperienze giovanili nelle Ispettorie che portino a una
97

10.9 Page 99

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profonda esperienza missionaria. Essere casa aperta, permettere ai
giovani che vengano da noi e condividano la vita; questo è un modo
molto significativo per annunciare Gesù.
5. Coinvolgere i Consigli Ispettoriali FMA e SDB per dare spazio alla pro-
posta di formazione e di riflessione sul Primo Annuncio, sostenendo
azioni concrete. Lavoro pastorale insieme con i SDB.
6. Promuovere delle Giornate di studio e di formazione interculturale (per
regioni, ispettorie...) per accompagnare i processi di inculturazione in
atto nelle Ispettorie, nelle regioni che ospitano le stesse etnie, aiutan-
doci ed educandoci in reciprocità. Favorire la formazione interambiti
nelle nostre Ispettorie. Creare più sinergia nel lavoro in rete in vista della
missione. Mantenerci in contatto e in rete per dare continuità a quanto
abbiamo studiato per inculturare il Primo Annuncio nelle nostre realtà.
7. Integrare nella proposta curriculare la dimensione missionaria e l’iden-
tità delle etnie. Favorire l’inculturazione nella liturgia tramite la cono-
scenza delle culture e delle loro spiritualità.
8. Verificare a livello ispettoriale come ci troviamo di fronte alla missione
e al Primo Annuncio in tutte le opere, perché abbiamo proprio bisogno
di scuoterci e di convertirci. Fare delle proposte concrete di formazione
e di esperienze missionarie (gruppi, volontariato...) per le sorelle, per
i giovani, ecc.
9. Potenziare la proposta dell’Infanzia Missionaria nelle nostre Ispettorie.
SDB
1. Approfittare dei momenti di formazione permanente per aiutare i Sale-
siani a comprendere e approfondire l’importanza del Primo Annuncio
e di vivere la propria vocazione salesiana in un permanente stato di
missione.
2. Riscoprire la presenza salesiana nei cortili come opportunità per il
Primo Annuncio.
3. Riscoprire il servizio o il volontariato come un’opportunità di Primo
Annuncio per i giovani e, tramite loro, anche per le loro famiglie.
4. Promuovere la sinergia tra la pastorale giovanile, la comunicazione sociale
e l’animazione missionaria per promuovere una più accurata attenzione
al Primo Annuncio, sopratutto all’interno dei nostri gruppi giovanili.
5. Invitare alcuni giovani per fare un’esperienza di vita comunitaria con la
comunità salesiana come opportunità per il Primo Annuncio.
6. La celebrazione della settimana missionaria o la Giornata Missionaria
Salesiana come un’opportunità per il Primo Annuncio.
7. Promuovere la nuova esperienza delle famiglie missionarie.
98

10.10 Page 100

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Il Primo Annuncio di Cristo in Città
Roma, 15-21 Novembre 2015
FMA
Di tutte le GS realizzate nel sessennio precedente, le FMA hanno sintetiz-
zato le loro scelte così.
1. Approfondire l’esperienza dell’incontro personale con Gesù per pro-
clamare il suo messaggio, attraverso la nostra testimonianza personale
e comunitaria in stato permanente di missione.
2. Potenziare la nostra Formazione alla Missionarietà insieme ai giovani,
a tutti livelli (formazione iniziale, formazione permanente e comunità
educante).
3. Inserire nella programmazione ispettoriale la dimensione missionaria del-
la nostra vocazione e valutare tutta l’attività pastorale in quest’ottica.
4. Qualificare la nostra azione missionaria in rete con la Famiglia Salesiana
e le altre istituzioni civili e religiose.
SDB
A livello congregazionale:
1. Far conoscere a tutta la Congregazione l’attualità del Primo Annuncio,
utilizzando gli spazi già esistente come: siti web (sdb.org); Agenzia No-
tizie Salesiane (ANS); sussidi del Primo Annuncio (Strumento di lavoro);
le schede negli Atti delle Giornate di Studio.
2. Approfittare delle Giornate di Spiritualità della Famiglia Salesiana per
parlare del Primo Annuncio con strumenti mediali (videoclip), conte-
nenti l’esperienza delle Giornate di Studio sul Primo Annuncio in Città.
A livello regionale:
1. Approfittare degli incontri regionali dei Delegati Ispettoriali per l’Ani-
mazione Missionaria (DIAM) per aiutarli a fare le risonanze nelle Ispet-
torie della Regione.
A livello Ispettoriale:
7. I DIAM coinvolgano gli altri delegati ispettoriali (Formazione, Pastorale
Giovanile, Comunicazione) tramite un lavoro di sinergia per aiutare i
confratelli a capire bene il Primo Annuncio, usando il Bollettino Sale-
siano, videoclip e altre iniziative secondo il proprio contesto, ossia ri-
sonanze all’Ispettore e al suo consiglio, Buonanotte, Giornate di Studio
ispettoriale con la Famiglia Salesiana e con tutte le comunità locali,
utilizzando un linguaggio adatto, ecc.
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La Lettera da Roma del 1884
In questa lettera, molto nota nell’ambiente salesiano, Don Bosco racconta,
in due puntate, un suo sogno fatto in due notti consecutive. L’argomento
è l’Oratorio di Valdocco popolato di ragazzi e il suo clima educativo: anzi-
tutto il clima felice dei primissimi tempi dell’Oratorio, poi quello così cam-
biato del 1884. Data l’importanza pedagogica del sogno, che sottolinea il
valore dell’ambiente educativo indispensabile per favorire il primo annun-
cio, ne pubblichiamo il testo integrale. I sottotitoli sono nostri.
Roma, 10 maggio 1884
Miei carissimi figliuoli in Gesù Cristo,
Vicino o lontano io penso sempre a voi. Uno solo è il mio desiderio,
quello di vedervi felici nel tempo e nell’eternità. Questo pensiero, questo
desiderio mi risolsero a scrivervi questa lettera. Sento, o cari miei, il peso
della mia lontananza da voi, e il non vedervi e il non sentirvi mi cagiona
pena, quale voi non potete immaginare. Perciò io avrei desiderato scrivere
queste righe una settimana fa, ma le continue occupazioni me lo impedi-
rono. Tuttavia benché pochi giorni manchino al mio ritorno, voglio anti-
cipare la mia venuta tra voi almeno per lettera, non potendolo di persona.
Sono le parole di chi vi ama teneramente in Gesù Cristo e ha il dovere
di parlarvi con la libertà di un padre. E voi me lo permettete, non è vero?
E mi presterete attenzione e metterete in pratica ciò che sto per dirvi.
L’Oratorio prima del 1870
Ho affermato che voi siete l’unico e il continuo pensiero della mia
mente. Or dunque in una delle sere scorse io mi ero ritirato in camera, e
mentre mi disponevo per andare a riposo, avevo cominciato a recitare le
preghiere che mi insegnò la mia buona mamma. In quel momento, non
so bene se preso dal sonno o tratto fuori di me da una distrazione, mi
parve che mi si presentassero innanzi due degli antichi giovani dell’Ora-
torio. Uno di questi due mi si avvicinò e, salutandomi affettuosamente,
mi disse:
- O Don Bosco, mi conosce?
- Sì che ti conosco - risposi.
- E si ricorda ancora di me? - soggiunse quell’uomo.
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- Di te e di tutti gli altri. Tu sei Valfrè ed eri nell’Oratorio prima del
1870.
- Dica - continuò quell’uomo -, vuol vedere i giovani che erano al-
l’Oratorio ai miei tempi?
- Sì, fammeli vedere - io risposi -; ciò mi cagionerà molto piacere.
E Valfrè mi mostrò i giovani, tutti con le stesse sembianze e con la
statura e nell’età di quel tempo. Mi pareva di essere nell’antico Oratorio
nell’ora della ricreazione. Era una scena tutta vita, tutto moto, tutta al-
legria. Chi correva, chi saltava, chi faceva giocare. Qui si gioca alla rana,
là a barrarotta e al pallone. In un luogo era radunato un crocchio di gio-
vani che pendeva dal labbro di un prete, il quale narrava una storiella.
In un altro luogo un chierico, che in mezzo ad altri giovanetti giocava
all’asino vola e ai mestieri. Si cantava, si rideva da tutte le parti e do-
vunque chierici e preti, e intorno ad essi i giovani che schiamazzavano
allegramente. Si vedeva che tra i giovani e i superiori regnava la più
grande cordialità e confidenza. lo ero incantato a quello spettacolo e
Valfrè mi disse:
- Veda, la familiarità porta affetto e l’affetto porta confidenza. È ciò
che apre i cuori, e i giovani palesano tutto senza timore ai maestri, agli
assistenti e ai superiori. Diventano schietti in confessione e fuori di con-
fessione e si prestano docili a tutto ciò che vuoi comandare colui dal qua-
le sono certi di essere amati.
L’Oratorio nel 1884
In quell’istante mi si avvicinò l’altro mio antico allievo, che aveva
la barba tutta bianca, e mi disse:
- Don Bosco, adesso vuoi conoscere e vedere i giovani che attualmente
sono nell’Oratorio?
Costui era Buzzetti Giuseppe.
- Sì - risposi io -, perché è già un mese che non li vedo.
E me li additò: vidi l’Oratorio e tutti voi che facevate ricreazione. Ma
non udivo più grida di gioia e cantici, non vedevo più quel moto, quella
vita come nella prima scena. Negli atti e nel viso di molti giovani si
leggeva una noia, una spossatezza, una musoneria, una diffidenza che
faceva pena al mio cuore.
Vidi è vero molti che correvano, giuocavano, si agitavano con beata
spensieratezza, ma altri non pochi io ne vedeva, star soli appoggiati ai pi-
lastri in preda a pensieri sconfortanti; altri su per le scale e nei corridoi o
sopra i poggioli dalla parte del giardino per sottrarsi fra di loro dando
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attorno occhiate sospettose e maligne: talora sorridere ma con un sorriso
accompagnato da occhiate da far non solamente sospettare, ma credere
che san Luigi avrebbe arrossito se si fosse trovato in compagnia di costoro;
eziandio fra coloro che giuocavano ve ne erano alcuni così svogliati, che
facevano veder chiaramente, come non trovassero giusto nei divertimenti.
- Ha visto i suoi giovani? - mi disse quell’antico allievo. - Li vedo -
risposi sospirando.
- Quanto sono differenti da quello che eravamo noi una volta! - escla-
mò quell’antico allievo.
- Purtroppo! Quanta svogliatezza in quella ricreazione!
- E di qui proviene la freddezza in tanti nell’accostarsi ai santi sa-
cramenti, la trascuranza delle pratiche di pietà in chiesa e altrove; lo
star malvolentieri in un luogo ove la divina Provvidenza li ricolma di
ogni bene pel corpo, per l’anima, per l’intelletto. Di qui il non corrispon-
dere che molti fanno alla loro vocazione; di qui le ingratitudini verso i
superiori; di qui i segretumi e le mormorazioni, con tutte le altre deplo-
revoli conseguenze.
Ci manca il meglio
- Capisco, intendo, risposi io. Ma come si possono rianimare questi
miei cari giovani, acciocché riprendano l’antica vivacità, allegrezza,
espansione?
- Coll’amore!
- Amore? Ma i miei giovani non sono amati abbastanza? Tu lo sai se
io li amo. Tu sai quanto per essi ho sofferto e tollerato nel corso di ben
quaranta anni, e quanto tollero e soffro ancora adesso. Quanti stenti,
quante umiliazioni, quante opposizioni, quante persecuzioni per dare a
essi pane, casa, maestri e specialmente per procurare la salute alle loro
anime. Ho fatto quanto ho potuto e saputo per coloro che formano l’affetto
di tutta la mia vita.
- Non parlo di lei.
- Di chi dunque? Di coloro che fanno le mie veci? Dei direttori, pre-
fetti, maestri, assistenti? Non vedi come sono martiri dello studio e del
lavoro? Come consumano i loro anni giovanili per coloro che ad essi af-
fidò la Divina Provvidenza?
- Vedo, conosco; ma ciò non basta: ci manca il meglio. - Che cosa
manca adunque?
- Che i giovani non solo siano amati, ma che essi stessi conoscano di
essere amati.
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- Ma non hanno gli occhi in fronte? Non hanno il lume dell’intelli-
genza? Non vedono che quanto si fa per essi è tutto per loro amore?
- No, lo ripeto, ciò non basta.
- Che cosa ci vuole adunque?
- Che essendo amati in quelle cose che loro piacciono col partecipare alle
loro inclinazioni infantili, imparino a vedere l’amore in quelle cose che na-
turalmente loro piacciono poco, quali sono la disciplina, lo studio, la mor-
tificazione di se stessi; e queste cose imparino a fare con slancio e amore.
Il Salesiano “anima della ricreazione”
- Spiegati meglio!
- Osservi i giovani in ricreazione.
Osservai e quindi replicai: - E che cosa c’è di speciale da vedere?
- Sono tanti anni che va educando giovani e non capisce? Guardi
meglio. Dove sono i nostri Salesiani?
Osservai e vidi che ben pochi preti e chierici si mescolavano tra i gio-
vani, e ancor più pochi prendevano parte ai loro divertimenti. I superiori
non erano più l’anima della ricreazione. La maggior parte di essi pas-
seggiavano parlando tra loro, senza badare che cosa facessero gli allievi;
altri guardavano la ricreazione non dandosi nessun pensiero dei giova-
ni; altri sorvegliavano così alla lontana senza avvertire chi commettesse
qualche mancanza; qualcuno poi avvertiva, ma in atto minaccioso, e ciò
raramente. Vi era qualche Salesiano che avrebbe desiderato di intromet-
tersi in qualche gruppo di giovani, ma vidi che questi giovani cercavano
studiosamente di allontanarsi dai maestri e dai superiori.
Allora quell’amico ripigliò: - Negli antichi tempi dell’Oratorio lei
non stava sempre in mezzo ai giovani e specialmente in tempo di ricrea-
zione? Si ricorda quei begli anni? Era un tripudio di paradiso, un’epoca
che ricordiamo sempre con amore, perché l’affetto era quello che ci ser-
viva di regola, e noi per lei non avevamo segreti.
- Certamente! E allora tutto era gioia per me, e nei giovani uno slan-
cio per avvicinarsi a me, per volermi parlare, e una viva ansia di udire
i miei consigli e di metterli in pratica. Ora però vedi come le udienze
continue e gli affari moltiplicati e la mia sanità me lo impediscono.
- Va bene. Ma se lei non può, perché i Salesiani non si fanno suoi
imitatori? Perché non insiste, non esige che trattino i giovani come li
trattava lei?
- lo parlo, mi spolmono, ma purtroppo molti non si sentono più di
fare le fatiche di una volta.
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- E quindi trascurando il meno, perdono il più; e questo più sono le
loro fatiche. Amino ciò che piace ai giovani e i giovani ameranno ciò che
piace ai superiori. E a questo modo sarà facile la loro fatica. La causa
del presente cambiamento nell’Oratorio è che un numero di giovani non
ha confidenza nei superiori. Anticamente i cuori erano tutti aperti ai su-
periori, che i giovani amavano e obbedivano prontamente. Ma ora i su-
periori sono considerati come superiori, e non più come padri, fratelli e
amici; quindi sono temuti e poco amati; perciò se si vuol fare un cuor
solo e un’anima sola, per amore di Gesù bisogna che si rompa quella fa-
tale barriera della diffidenza e sottentri a questa la confidenza cordiale.
Quindi l’obbedienza guidi l’allievo come la madre guida il fanciullino;
allora regnerà nell’Oratorio la pace e l’allegrezza antica.
- Come dunque fare per rompere questa barriera?
- Familiarità con i giovani specie in ricreazione. Senza familiarità
non si dimostra l’affetto, e senza questa dimostrazione non vi può essere
confidenza. Chi vuole essere amato bisogna che faccia vedere che ama.
Gesù Cristo si fece piccolo con i piccoli e portò la nostra infermità. Ecco
il Maestro della familiarità.
Il maestro visto solo in cattedra è maestro e non più, ma se va in ri-
creazione con i giovani, diventa come fratello. Se uno è visto solo predi-
care dal pulpito, si dirà che fa né più né meno che il proprio dovere; ma
se dice una parola in ricreazione, è la parola di uno che ama. Quante
conversioni non cagionarono alcune sue parole fatte risonare all’improv-
viso all’orecchio di un giovane nel mentre che si divertiva!
Amorevolezza e sorveglianza
Chi sa di essere amato, ama; e chi è amato ottiene tutto, specialmente
dai giovani. Questa confidenza mette una corrente elettrica tra i giovani
e i superiori. I cuori si aprono e fanno conoscere i loro bisogni e palesano
i loro difetti. Questo amore fa sopportare ai superiori le fatiche, le noie,
le ingratitudini, i disturbi, le mancanze, le negligenze dei giovanetti.
Gesù Cristo non spezzò la canna già fessa né spense il lucignolo che
fumigava. Ecco il vostro modello. Allora non si vedrà più chi lavorerà
per fini di vanagloria; chi si ritirerà dal campo della sorveglianza per
gelosia di una temuta preponderanza altrui; chi mormorerà degli altri
volendo essere amato e stimato dai giovani, esclusi tutti gli altri supe-
riori, guadagnando null’altro che disprezzo e ipocrite moine; chi si lasci
rubare il cuore da una creatura, e per fare la corte a questa trascuri tutti
gli altri giovanetti; chi per amore dei propri comodi tenga in non cale il
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dovere strettissimo della sorveglianza; chi per un vano rispetto umano
si astenga dall’ammonire chi deve essere ammonito.
Se ci sarà questo vero amore, non si cercherà altro che la gloria di
Dio e la salute delle anime. Quando illanguidisce questo amore, allora
è che le cose non vanno più bene.
Perché si vuole sostituire alla carità la freddezza di un regolamento?
Perché i superiori si allontanano dall’osservanza di quelle regole di edu-
cazione che Don Bosco ha loro dettate?
Perché al sistema di prevenire con la vigilanza e l’amorevolezza i di-
sordini, si va sostituendo a poco a poco il sistema, meno pesante e più
spiccio per chi comanda, di bandir leggi che se si sostengono con i casti-
ghi, accendono odi e fruttano dispiaceri; se si trascura di farle osservare,
fruttano disprezzo per i superiori a causa di disordini gravissimi?
L’educatore sia tutto a tutti
E ciò accade necessariamente se manca la familiarità. Se adunque
si vuole che l’Oratorio ritorni all’antica felicità, si rimetta in vigore l’an-
tico sistema: il superiore sia tutto a tutti, pronto ad ascoltare sempre ogni
dubbio o lamentanza dei giovani, tutto occhio per sorvegliare paterna-
mente la loro condotta, tutto cuore per cercare il bene spirituale e tempo-
rale di coloro che la Provvidenza gli ha affidato. Allora i cuori non
saranno più chiusi e non regneranno più certi segretumi che uccidono.
Solo in caso di immoralità i superiori siano inesorabili. È meglio correre
pericolo di scacciare dalla casa un innocente, che ritenere uno scandaloso.
Gli assistenti si facciano uno strettissimo dovere di coscienza di riferire
ai superiori tutte quelle cose che conoscano essere in qualunque modo
offesa di Dio.
Allora io interrogai: - E qual è il mezzo precipuo perché trionfi simile
familiarità e simile amore e confidenza?
- L’osservanza esatta delle regole della casa.
- E null’altro?
- Il piatto migliore in un pranzo è quello della buona cera.
Mentre così il mio antico allievo finiva di parlare ed io continuava ad
osservare con vivo dispiacere quella ricreazione a poco a poco mi sentii op-
presso da grande stanchezza che andava ognora crescendo. Questa oppres-
sione giunse al punto che non potendo più resistere mi scossi e rinvenni.
Mi trovai in piedi vicino al letto. Le mie gambe erano così gonfie e mi fa-
cevano coì male che non potevo più star ritto. L’ora era tardissima quindi
me ne andai a letto risoluto di scrivere ai miei cari figliuoli queste righe.
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Io desidero di non far questi sogni perché mi stancano troppo. Nel
giorno seguente mi sentiva rotto nella persona e non vedevo l’ora di po-
termi riposare la sera seguente. Ma ecco appena fui in letto ricominciare
il sogno. Avevo dinanzi il cortile, i giovani che ora sono all’Oratorio, e
lo stesso antico allievo dell’Oratorio. Io presi a interrogarlo. - Ciò che mi
dicesti io lo farò sapere ai miei Salesiani; ma ai giovani dell’Oratorio
che cosa debbo dire?
Mi rispose: - Che essi riconoscano quanto i superiori, i maestri, gli
assistenti fatichino e studino per loro amore, poiché se non fosse per loro
bene non si assoggetterebbero a tanti sacrifici; che si ricordino essere
l’umiltà la fonte di ogni tranquillità; che sappiano sopportare i difetti
degli altri, poiché al mondo non si trova la perfezione, ma questa è solo
in paradiso; che cessino dalle mormorazioni, poiché queste raffreddano
i cuori; e soprattutto procurino di vivere nella santa grazia di Dio. Chi
non ha pace con Dio, non ha pace con sé, e non ha pace con gli altri.
- E tu mi dici adunque che vi sono fra i miei giovani di quelli che
non hanno la pace con Dio?
- Questa è la prima causa del malumore, fra le altre che tu sai, alle
quali devi porre rimedio, e che non fa d’uopo che ora ti dica. Infatti non
diffida se non chi ha segreti da custodire, se non chi teme che questi
segreti vengano a conoscersi, perché sa che gliene tornerebbe vergona e
disgrazia. Nello stesso tempo se il cuore non ha la pace con Dio, rimane
angosciato, inquieto, insofferente di obbedienza, si irrita per nulla, gli
sembra che ogni cosa vada male, e perché esso non ha amore, giudica
che i superiori non lo amino.
- Eppure, mio caro, non vedi quanta frequenza di Confessioni e di
Comunioni vi è nell’Oratorio?
- È vero che grande è la frequenza delle Confessioni, ma ciò che manca
radicalmente in tanti giovani che si confessano è la stabilità nei proponi-
menti. Si confessano, ma sempre le stesse mancanze, le stesse occasioni
prossime, le stesse abitudini cattive, le stesse disobbedienze, le stesse tra-
scuranze nei doveri. Così si va avanti per mesi e mesi, e anche per anni e
taluni perfino così continuano alla 5ª ginnasiale. Sono confessioni che
valgono poco o nulla, quindi non recano pace, e se un giovi netto fosse
chiamato in quello stato al tribunale di Dio, sarebbe un affare ben serio.
- E di costoro ve ne ha molti all’Oratorio?
- Pochi in confronto del gran numero di giovani che sono nella casa:
Osservi. – E mi li additava.
Io guardai e ad uno ad uno vidi quei giovani. Ma in questi pochi io
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vidi cose che hanno profondamente amareggiato il mio cuore. Non voglio
metterle sulla carta, ma quando sarò di ritorno voglio esporle a ciascuno
cui si riferiscono. Qui vi dirò che è tempo di pregare e di prendere ferme
risoluzioni; proporre non con le parole ma con i fatti, e far credere che i
Comollo, i Domenico Savio, i Besucco e i Siccardi vivono ancora tra noi.
In ultimo domandai a quel mio amico: - Hai null’altro da dirmi?
- Predica a tutti, grandi e piccoli, che si ricordino sempre di Maria
santissima Ausiliatrice. Che Essa li ha qui radunati per condurli via
dai pericoli del mondo, perché si amassero come fratelli, e perché dessero
gloria a Dio e a Lei con la loro buona condotta; che è la Madonna quella
che provvede loro pane e mezzi per studiare con infinite grazie e portenti.
Si ricordino che sono alla vigilia della festa della loro santissima Madre
e che con l’aiuto suo deve cadere quella barriera di diffidenza che il de-
monio ha saputo innalzare tra i giovani e i superiori, e della quale sa
giovarsi per la rovina di certe anime.
- E ci riusciremo a togliere questa barriera?
- Sì certamente, purché grandi e piccoli siano pronti a soffrire qualche
mortificazione per amore di Maria e mettano in pratica ciò che io ho detto.
Intanto io continuavo a guardare i miei giovanetti, e allo spettacolo
di quelli che io vedevo avviati verso l’eterna perdizione, sentii tale stretta
al cuore che mi svegliai. Molte cose importantissime che io vidi deside-
rerei ancora narrarvi, ma il tempo e le convenienze non me lo permettono.
Ritornino i giorni dell’affetto e della confidenza
Concludo: sapete che cosa desidera da voi questo povero vecchio, che
per i suoi cari giovani ha consumato tutta la vita? Niente altro fuorché,
fatte le debite proporzioni, ritornino i giorni felici dell’Oratorio primiti-
vo. I giorni dell’affetto e della confidenza cristiana tra i giovani e i su-
periori; i giorni dello spirito di condiscendenza e di sopportazione, per
amore di Gesù Cristo degli uni verso gli altri; i giorni dei cuori aperti
con tutta semplicità e candore; i giorni della carità e della vera allegrezza
per tutti. Ho bisogno che mi consoliate dandomi la speranza e la pro-
messa che voi farete tutto ciò che desidero per il bene delle anime vostre.
Voi non conoscete abbastanza quale fortuna sia la vostra di essere stati
ricoverati nell’Oratorio. Innanzi a Dio vi protesto: basta che un giovane
entri in una casa salesiana, perché la Vergine santissima lo prenda su-
bito sotto la sua protezione speciale. Mettiamoci adunque tutti d’accordo.
La carità di quelli che comandano, la carità di quelli che debbono ubbi-
dire faccia regnare tra di noi lo spirito di San Francesco di Sales.
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O miei cari figliuoli, si avvicina il tempo nel quale dovrò staccarmi
da voi e partire per la mia eternità.
[Nota del segretario: A questo punto Don Bosco sospese di dettare,
i suoi occhi si riempirono di lacrime, non per rincrescimento ma per inef-
fabile tenerezza che trapelava dal suo sguardo e dal suono della sua voce:
dopo qualche istante continuò]. Quindi io bramo di lasciare voi, o preti,
o chierici, o giovani carissimi, per quella via del Signore nella quale
Egli stesso vi desidera. A questo fine il Santo Padre, che io ho visto il
9 maggio, vi manda di tutto cuore la sua benedizione. Il giorno della
festa di Maria santissima Ausiliatrice mi troverò con voi innanzi all’ef-
figie della nostra amorosissima Madre. Voglio che questa gran festa si
celebri con ogni solennità; e Don Lazzero e Don Marchisio pensino a far
sì che stiate allegri anche in refettorio. La festa di Maria Ausiliatrice de-
ve essere il preludio della festa eterna che dobbiamo celebrare tutti
insieme uniti un giorno in Paradiso.
Vostro affezionatissimo in Gesù Cristo
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Bibliografia Selezionata
DOCUMENTI MAGISTERIALI
Concilio Vaticano II. Costituzione Pastorale sulla Chiesa nel mondo con-
temporaneo Gaudium et Spes.
Concilio Vaticano II. Costituzione Dogmatica sulla Chiesa Lumen Gentium.
Concilio Vaticano II. Decreto sull’attività missionaria della chiesa Ad Gentes.
BENEDETTO XVI. Esortazione Postsinodale Africae Munus. Vaticano: Libreria
Editrice Vaticana, 2011.
BENEDETTO XVI. Enciclica Deus Caritas Est. Vaticano: Libreria Editrice
Vaticana, 2006.
BENEDETTO XVI. Esortazione Apostolica Ecclesia in Medio Oriente. Vaticano:
Libreria Editrice Vaticana, 2012.
BENEDETTO XVI. Esortazione Apostolica Verbum Domini. Vaticano: Libreria
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FRANCESCO. Esortazione Apostolica Evangelii Gaudium. Vaticano: Libreria
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Vaticana, 1998.
GIOVANNI PAOLO II. Enciclica Redemptoris Mater. Vaticano: Libreria Editrice
Vaticana, 1987.
GIOVANNI PAOLO II. Enciclica Redemptoris Missio. Vaticano: Libreria Editrice
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GIOVANNI PAOLO II. Enciclica Salvorum Apostoli. Vaticano: Libreria Editri-
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GIOVANNI PAOLO II. Esortazione Apostolica Catechesi Tradendae. Vaticano:
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GIOVANNI PAOLO II. Esortazione Apostolica Ecclesia in Africa. Vaticano:
Libreria Editrice Vaticana, 1999.
GIOVANNI PAOLO II. Esortazione Apostolica Ecclesia in America. Vaticano:
Libreria Editrice Vaticana, 1999.
GIOVANNI PAOLO II. Esortazione Apostolica Ecclesia in Europa. Vaticano:
Libreria Editrice Vaticana, 2003.
GIOVANNI PAOLO II. Esortazione Apostolica Ecclesia in Oceania. Vaticano:
Libreria Editrice Vaticana, 2001.
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12 Pages 111-120

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Vaticana, 1988.
PAOLO VI. Esortazione Apostolica Evangelii Nuntiandi. Vaticano: Libreria
Editrice Vaticana, 1975.
PAOLO VI. Esortazione Apostolica Marialis Cultus. Vaticano: Libreria
Editrice Vaticana, 1974.
CONGREGAZIONE PER IL CLERO. Direttorio Generale per la Catechesi. Vaticano:
Libreria Editrice Vaticana, 1997.
CONGREGAZIONE PER IL CULTO DIVINO E SULLA DISCIPLINA DEI SACRAMENTI.
Direttorio su Pietà Popolare e Liturgia. Principi e Orientamenti. Vaticano:
Libreria Editrice Vaticana, 2002.
CONGREGAZIONE PER LA DOTTRINA DELLA FEDE. Nota Dottrinale su alcuni
Aspetti dell’Evangelizzazione. Vaticano: Libreria Editrice Vaticana: 2007.
CONSIGLIO PONTIFICIO DELLA CULTURA. Per una Pastorale della Cultura.
Vaticano: Libreria Editrice Vaticana, 1999.
PONTIFICO CONCILIO PER IL DIALOGO INTERRELIGIOSO. Dialogo e Annuncio.
Vaticano: Libreria Editrice Vaticana, 1991.
PONTIFICO CONSIGLIO DELLA PASTORALE PER I MIGRANTI E GLI ITINERANTI.
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CONFERENCIA GENERAL DEL EPISCOPADO LATINOAMERICANO Y DEL CARIBE.
V Conferencia General. Documento Conclusivo. Lima: Conferencia Epi-
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FEDERATION OF ASIAN BISHOPS CONFERENCES, “VIII Plenary Assembly”.
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STUDI
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AROCHA,ANTONIO L. “Del Primer Anuncio y la Educacion a la Fe”. A cura di
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di Studio Sulla Presenza Salesiana tra i Musulmani. Roma: SDB-FMA,
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à Madagascar. Roma: SDB-FMA, 2014. 159-167.
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MAIKE LOES. Jornadas de Estudio del Primer Anuncio al Discipulado
Misionero en América y el Caribe. Roma: SDB-FMA, 2014. 205-210.
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“Che cosa cercate” “Venite e Vedrete”. Missione Salesiana in Situazione
di Frontiera e Primo Annuncio Cristiano in Europa Oggi. Roma: SDB-
FMA, 2013. 21-30.
KO HA FONG, MARIA. “Gesù Percorreva tutte le Città e i Villaggi”! A cura
di ALFRED MARAVILLA. Giornate di Studio sul Primo Annuncio di Cristo
in Città. Roma: SDB-FMA, 2016. 245-252.
KO HA FONG, MARIA. “Go Up and Join that Chariot!” A cura di ALFRED
MARAVILLA, Study Days and the Salesian Mission and the Initial Procla-
mation of Christ in East Asia. Rome: SDB-FMA, 2013. 175-183.
KO HA FONG, MARIA. “L’Incontro di Gesù con tre Personaggi in Situazione
Diversa”! Missione Salesiana in Situazione di Frontiera e Primo Annuncio
Cristiano in Europa Oggi. Rome: SDB-FMA, 2013. 44-55.
KO HA FONG, MARIA. “Mary the ‘First Evangelised’ and the ‘First Evange-
liser’”. A cura di ALFRED MARAVILLA. The Salesian Mission and the Initial
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SDB-FMA, 2013. 145-150
KO HA FONG, MARIA. “Paolo, Missionario della Città”. A cura di A. MARA-
VILLA. Giornate di Studio sul Primo Annuncio di Cristo in Città. Roma:
SDB-FMA, 2015. 253-259.
MARAVILLA, ALFRED. “Dio Vive in Questa Città”. A cura di A. MARAVILLA.
Giornate di Studio sul Primo Annuncio in Città. Roma: SDB-FMA, 2016.
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Misionero”. A cura di MAIKE LOES. Jornadas de Estudio del Primer Anun-
cio al Discipulado Misionero en América y el Caribe. Roma: SDB-FMA,
2014. 43-56.
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in Europa Oggi. Roma: SDB-FMA, 2013. 32-40.
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per la Famiglia Salesiana in Europa Oggi: Condizioni, Strategie, Meto-
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MORLANS, XAVIER. El Primer Anuncio. El Eslabon Perdido. PPC : Madrid,
2009.
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Nuovi Spazi di Evangelizzazione. Roma: LAS, 2014.
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ring these Study Days in View of a Renewed Missionary Praxis”. A cura
di ALFRED MARAVILLA. Study Days on the Salesian Mission and the Initial
Proclamation of Christ in East Asia. Roma: SDB-FMA, 2013. 113-121.
_____. “Prospettive Emergenti nelle Giornate di Studio: La Città, Spazio
e Opportunità per il Primo Annuncio”. A cura di ALFRED MARAVILLA.
Giornate di Studio sul Primo Annuncio di Cristo in Città. Roma: SDB-
FMA, 2016. 205-210.
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Annuncio. Tra Afonia e Proselitismo. Le Religioni si Interrogano. Livorno:
Pharus, 2015. 57-75.
ROMIO, ROBERTO. “Educazione Religiosa e Nuove Tecnologie della Comuni-
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RUFFINATTO, PIERA “Il Sistema Preventivo Spazio del Primo Annuncio
in Stile Salesiano”. A cura di ALFRED MARAVILLA. Giornate di Studio sul
Primo Annuncio di Cristo in Città. Roma: SDB-FMA, 2016. 181-202.
RUSPI, WALTER. “Il Primo Annuncio: Dove Siamo? A che Cosa Tendiamo?”.
Notiziario dell'Ufficio Catechistico Nazionale 36. no.1 (2007). 7-16.
SERVAIS, JACQUES. “Intervista al Papa Emerito Benedetto XVI. La Fede non
è un’Idea ma la Vita”. L’Osservatore Romano (17 marzo 2016). 4-5.
SPADARO, ANTONIO. “Intervista a Papa Francesco”. La Civiltà Cattolica
n. 3918 (19 settembre 2013): 449-477.
SPADARO, ANTONIO. Cyberteologia. Pensare il Cristianesimo al Tempo della
Rete. Milano: Vita e Pensiero, 2013.
TAYLOR, CHARLES. The Secular Age. Cambridge: Belknap Press, 2007.
THEOBALD, CHRISTOPH. Le Christianisme Comme Style. vol. 1. Cerf: Paris,
2007.
TONELLI, RICARDO. La Narrazione nella Catechesi e nella Pastorale Giovani-
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Elledici, 2016.
TYVAERT, SERGE. “De la Première Annonce à la Nouvelle Évangelisation”.
Cahiers Internationaux de Théologie Pratique. Série “Recherches” n. 10
(2012).
VANDENBOSSCHE, STIJN. “Grandir dans la Foi toute la Vie: les Défis d’une
Catéchèse Permanente”. L’Évangélisation: Une Annonce Gracieuse,
in Cahiers Internationaux de Théologie Pratique. Série “Actes” n. 9 (2016):
23-39.
VECINA, PAMELA. CABRIDO, JOHN. “Emerging Insights and Perspectives du-
ring these Study Days in View of a Renewed Missionary Praxis”. A cura
di ALFRED MARAVILLA. Study Days on the Salesian Mission and the Initial
Proclamation of Christ in Oceania. Roma: SDB-FMA, 2013. 103-108.
WILLIS, DAVID. “Initial Proclamation in Societies in the Process of Secula-
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FMA, 2013. 81-87.
116

12.8 Page 118

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Indice
Presentazione ................................................................................................... 3
Introduzione...................................................................................................... 7
Capitolo I
IL PRIMO ANNUNCIO NEL NUOVO TESTAMENTO........................................... 11
Gli Incontri con Gesù.................................................................................... 13
Il Primo Annuncio in San Paolo................................................................ 15
Il Primo Annuncio nella Comunità Cristiana Primitiva ..................... 17
Riassumendo .................................................................................................. 18
Capitolo II
LA RIFLESSIONE TEOLOGICO-PASTORALE SUL PRIMO ANNUNCIO........... 19
Lo Sviluppo della Comprensione del Primo Annuncio ......................... 21
Le Giornate di Studio .................................................................................. 25
Capitolo III
CHE COSA È IL PRIMO ANNUNCIO? ................................................................. 27
“Coraggio! Alzati, Ti Chiama!” ................................................................. 29
Il Primo Annuncio come “Innamoramento” ........................................... 29
Una Definizione del Primo Annuncio ....................................................... 32
A Chi è Indirizzato? ...................................................................................... 34
L’Attualità del Primo Annuncio ................................................................ 35
La Via da Percorrere.................................................................................... 36
Capitolo IV
IL PRIMO ANNUNCIO NEI CONTESTI CRISTIANI............................................ 37
“Percorreva Tutte le Città e i Villaggi” ..................................................... 39
Primo Annuncio o Nuova Evangelizzazione?.......................................... 40
La Nuova Evangelizzazione come ‘Secondo Annuncio’ ........................ 40
Il Primo Annuncio nei Contesti Urbani ................................................... 43
La Via da Percorrere.................................................................................... 46
117

12.9 Page 119

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Capitolo V
IL KERYGMA E IL PRIMO ANNUNCIO ............................................................... 49
“Và Avanti, e Raggiungi quel Carro!”...................................................... 51
Il Kerygma ...................................................................................................... 51
Orientato verso il Catecumenato e la Catechesi Missionaria............... 54
La Via da Percorrere.................................................................................... 56
Capitolo VI
LA TESTIMONIANZA DI VITA E DI CARITÀ COME PRIMO ANNUNCIO......... 57
“Voi Stessi Date Loro da Mangiare!”........................................................ 59
La Testimonianza.......................................................................................... 59
La Carità ......................................................................................................... 63
La Conversione nei Contesti Multireligiosi ............................................. 65
La Via da Percorrere.................................................................................... 67
Capitolo VII
IL PRIMO ANNUNCIO E IL CARISMA SALESIANO ........................................... 69
“Allarga lo Spazio della Tua Tenda!” ...................................................... 71
Uno Sguardo alle Nostre Origini .............................................................. 71
Il Sistema Preventivo.................................................................................... 73
Il Sistema Preventivo come Primo Annuncio .......................................... 74
Una Pastorale Giovanile Innervata dal Primo Annuncio .................... 75
La Via da Percorrere.................................................................................... 77
Conclusione ....................................................................................................... 79
Appendici............................................................................................................ 85
Conclusioni Operative delle Giornate di Studio
(2010-2015).................................................................................................... 87
La Lettera da Roma del 1884 ............................................................... 100
Bibliografia Selezionata ........................................................................ 109
118

12.10 Page 120

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Pubblicazioni del Settore per le Missioni
(per titolo e anno di pubblicazione)
1. Il Missionario (1980)
2. Salesian Africa (1986)
3. Pastoral Amazónica. Semana de Estudos Missionários - Campo Grande (1986)
4. Evangelization in India. Study Sessions for the Salesian Family on Evan-
gelization in Tribal Areas of India - Shillong (1987)
5. Africa Salesiana. Visita d’Insieme - Lusaka (1988)
6. Spiritualità Missionaria Salesiana I. La Concezione Missionaria di Don
Bosco (1988)
7. Spiritualità Missionaria Salesiana II. L’Educazione Cristiana e
Missionaria di Don Bosco (1988)
8. Salesian Missionary Spirituality III. Prayer and the Salesian Missionary
(1988)
9. Espiritualidad Misionera Salesiana IV. The Ideal of Mission (1988)
10. Spiritualité Missionnaire Salésienne V. The Missionary Project of the Sa-
lesians of Don Bosco (1988)
11. Pastorale Salesiana in Contesto Islamico (1989)
12. Animazione Missionaria Salesiana II. Secondo Incontro di Studi per
DIAM - Madrid (1989)
13. Pastoral Mapuche. Encuentro DIAM Salesiano - Junin de los Andes (1989)
14. The Far East. Cultures, Religions, and Evangelization- Hua Hin (1989)
15. Lettura Missionaria di “Educare i Giovani alla Fede” CG XXIII. Incontro
di Procuratori e DIAM dell’ Europa - Roma (1991)
16. Animación Misionera Salesiana. Primer Encuentro de DIAM de America
Latina - Lima (1991)
17. Missionary Animation. First Meeting of the PDMA for Asia and Australia
- Bangalore (1992)
18. Spiritualité Missionnaire Salésienne, Les Jeunes Africains en Quête de
Leur Identité. Séminaire d’Animation - Yaounde (1992)
19. Evangelización y Cultura en el Contexto de Pastoral Amazonica. Seminario
de Animación - Cumbayá (1993)
20. Evangelización y Cultura en el Contexto de Pastoral Andina. Seminario
de Animación - Cumbayá (1994)
21. Evangelización y Cultura en el Contexto de Pastoral Mapuche. Seminario
de Animación - Ruca Choroi (1993)
22. Evangelization and Interreligious Dialogue. Missionary Animation
Seminar - Batulao (1994)
23. Evangelization and Interreligious Dialogue. Missionary Animation
Seminar - Hyderabad (1994)
119

13 Pages 121-130

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13.1 Page 121

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24. Evangelización y Cultura en el Contexto de Pastoral Mesoamericana.
Seminario de Animación - Mexico (1994)
25. Il Volontariato e la Missione Salesiana (1995) – ENG, ESP, ITA, FRA,
POR
26. Educare alla Dimensione Missionaria (1995) – ENG, ESP, ITA, FRA, POR
27. Presenze dei Salesiani in Africa (pubblicazione annuale dal 1986 to1996)
28. Church - Communion and Mutual Missionary Relationship. Missionary
Animation Seminar - Addis Abeba (1997)
29. Incontro Europeo Delegati Ispettoriale per l’Animazione Missionaria
[DIAM] - Roma (1997)
30. National Missionary Animation Meeting for PDMA - Mumbai (1997)
31. Manual of the Provincial Delegate for Missionary Animation (1998)
32. Uniqueness of Salvation in Jesus Christ and Need of Primary Evangeli-
zation. Animation and Missionary Formation Seminar SDB-FMA East
Asia Oceania - Hua Hin (1998)
33. Missionary Praxis and Primary Evangelization. Animation and
Missionary Formation Seminar SDB-FMA - Calcutta (1999)
34. Seminário de Pastoral em Contexto Afro-Americano. Seminario de
Animação e Formação Missionária-Belo Horizonte (1999)
35. G. Ballin, I Fioretti d’un Missionario. Paraguay Cuore d’America (1999)
36. Le Projet-Afrique face au Defi de la Première Evangelisation et de la Phase
de Consolidation. Seminaire d’Animation et de Formation Missionnai-
re-Yaounde-Mbealmayo (1999)
37. La Primera Evangelización en Diálogo Intercultural. Experiencias y For-
mación de Catecquistas. Seminario de Animación y Formación Misionera
en el Contexto Pastoral Andino y Mesoamericana - Cumbayá (2000)
38. Seminário Sobre a Práxis Missionaria na Região Amazônica. Seminario
de Animação e Formação Missionária - Manaus (2000)
39. Missionari nel Paese del Sol Levante Discepoli di Don Cimatti. Figure
che Parlano ancora (2000)
40. P. Baldisserotto, Rio de Agua Viva. Cartas de Pe. Antonio Scolaro Para
a Missão e Testemunho (2000)
41. Sprazzi di Vita. Figure che Parlano Ancora (2000)
42. Project Africa Between the Challenges of First Evangelization and the
Phase of Consolidation. Animation and Missionary Formation Seminar
SDB-FMA – Nairobi (2001)
43. Seminario di Animazione e Formazione Missionaria. SDB-FMA in
Contesto Islamico - Roma (2001)
44. Presenza Salesiana SDB-FMA in Contesto Ortodosso. Seminario di
Animazione e Formazione Missionaria - Roma (2002)
45. Salesian Family Missionary Seminar. Mission Animation Notes 1 - Port
Moresby (2005)
120

13.2 Page 122

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46. East Asia and the Challenges of Mission Ad Gentes. Salesian Family
Missionary Seminar. Mission Animation Notes 2 - Hua Hin (2005)
47. Planning and Development Office. Proceedings of the Seminar - Roma
(2005)
48. Les Défis de la Mission Ad Gentes en Afrique. Seminaire de Missiologie
de la Famille Salesienne. Animation Notes 3 - Kinshasa (2006)
49. Mission Ad Gentes Today in Africa. Challenges to Mission Ad Gentes in
the English Speaking Provinces of Africa in the Light of the Apostolic Exhor-
tation Ecclesia in Africa. Mission Animation Notes 4 - Nairobi (2006)
50. Pueblos Indígenas y Evangelización. V Encuentro de Misioneras y
Misioneros Salesianos en Contextos Pluriculturales – Cumbayá (2006)
51. Project Africa [1980-2005] (2006)
52. Impegno Salesiano nel Mondo Islamico. Dossier (2008)
53. Il Volontariato nella Missione Salesiana (2008) – ENG, ESP, ITA, FRA, POR
54. Mantén Viva tu Llama Misionera. II Seminario Americano de Animación
Misionera SDB-FMA - Cumbayá (2012)
55. Oficinas de Planificación y Desarrollo al Servicio del Carisma Salesiano
en la Provincia - Hyderabad (2012) – ENG, ESP, FRA, POR
56. Procuras Misioneras Inspectoriales al Servicio del Carisma Salesiano -
Bonn (2012) – ENG, ESP
57. Giornate di Studio sulla Missione Salesiana in Situazione di Frontiera
e Primo Annuncio Cristiano in Europa Oggi - Praga (2013)
58. Giornate di Studio sulla Presenza Salesiana tra I Musulamani (2013) –
ENG, ITA, FRA
59. Study Days on the Salesian Mission and the Initial Proclamation of Christ
in Oceania in the Context of Traditional Religions and Cultures and
Cultures in the Process of Secularisation – Port Moresby (2013)
60. Study Days Study Days on The Salesian Mission and the Initial Procla-
mation of Christ in the Three-fold Context of East Asia – Sampran (2013)
61. Study Days Study Days on The Salesian Mission and the Initial Procla-
mation of Christ in the Three-fold Context of South Asia – Kolkata (2013)
62. La Formazione Missionaria dei Salesiani di Don Bosco (2014) – ENG,
ESP, ITA, FRA, POL, POR
63. Journées d’Étude sur la Mission Salésienne et la Première Annonce du
Christ en Afrique & Madagascar - Addis Abeba (2014) – ENG, FRA, POR
64. Jornadas de Estudio del Primer Anuncio al Discipulado Misionero en
América y el Caribe (2014) – ESP
65. Missionari Salesiani in Europa. Atti degli Incontri dei Missionari per il
Progetto Europa (2016) -ITA, ENG, SPA
66. Atti delle Giornate di Studio sul Primo Annuncio in Citta (2015) – ITA,
ING, POR, SPA, FRA
67. Il Primo Annuncio Oggi (2017) – ITA, ING, POR, SPA, FRA
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Tipolitografia Istituto Salesiano Pio XI Via Umbertide, 11 - 00181 Roma - tipolito@donbosco.it
Finito di stampare: Febbraio 2017

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Non parlare
di Dio
a chi non
te lo chiede.
Ma vivi
in modo tale
che, prima o poi,
te lo chieda.
S. Francesco di Sales