Corresponsabili per la missiona salesiana

7a ISTRUZIONE

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GLI OPERAI CORRESPONSABILI DELLA MISSIONE SALESIANA:

II. TUTTI I MEMBRI

(Cost. art. 5; Atti p. XIX; nn. 12, 83, 126, 151-177, 189-190, 727-745)



[131] Il CG ha consacrato alla Famiglia salesiana due docu­menti: il cap. VI del doc. 1 (sull'intera Famiglia), il doc. 18 con le sue due dichiarazioni ai cooperatori e ai confra­telli sui cooperatori (e un 30 documento, 19, sugli ex-al-lievi, se prendiamo la Famiglia nel senso largo). Dobbiamo subito dire che questi testi, con le riflessioni fatte, le scoperte compiute e le decisioni prese al riguardo, sono senza dubbio tra i più importanti per l'avvenire della pre­senza salesiana nel mondo e per il rinnovamento della nostra Congregazione. In particolare, a proposito dei coope­ratori, si parla di « realtà veramente rinnovatrice di cui dobbiamo prendere coscienza... Ci vuole un cambio radicale di mentalità a tutti i livelli » (Atti 739).

In che cosa consiste questa novità? Nel prendere co­scienza e nel prendere sul serio il contenuto del titolo di questa istruzione. Nella istruzione precedente, noi parlava­mo degli operai corresponsabili della missione salesiana. Il tema non è esaurito: continuiamo a trattare esattamente lo stesso tema: si tratta di capire a chi è affidata la mis­sione, di costatare l'ampiezza dei suoi titolari, e di abi­tuarci a lavorare tenendo conto di questi così numerosi fratelli corresponsabili e collaboratori che Dio stesso ci ha dato, per un servizio più efficace alla gioventù.

[132] Vorrei toccare tre punti:

A ) L'insieme della Famiglia dei corresponsabili. B ) I cooperatori, membri plenari della Famiglia. C ) Il ruolo speciale della nostra Congregazione nella Fa­miglia.

A) L'IMMENSO NUMERO DEI « SALESIANI » PORTATORI DELLA MISSIONE E DELLO SPIRITO DI DON BOSCO

1. Come è stato sollevato il problema

Il problema della Famiglia salesiana non è venuto al CG come un problema occasionale e marginale, ma come un elemento della ricerca di fondo della nostra identità: non possiamo pensare noi stessi senza scoprirci subito come legati ad altri.

Lo scopo del CG (vedi 1a Istruzione) non è stato di ri-dare la sua forza o il suo splendore a una « istituzione » della Chiesa, anche se molto rispettabile, ma bensì, in modo molto più profondo e vitale, di « re-incarnare » o « ri-attualizzare » nel presente della Chiesa e del mondo il carisma dello Spirito Santo dato a Don Bosco fondatore. Siamo quindi ri-saliti alla Sorgente non solo umana e sto­rica, ma divina, del « fatto salesiano ». Ora, è proprio là che abbiamo ritrovato la Famiglia salesiana, nella pienezza stessa del dono dello Spirito Santo alla Chiesa tramite Don Bosco. Evidentemente, ciò è decisivo.

Altri elementi ci hanno aiutato a fare questa riscoper­ta. Una certa coscienza comune di molti confratelli, attra­verso alcuni Capitoli ispettoriali, e un appello preciso dei cooperatori, di cui parlerò dopo. Poi la nuova ecclesiologia del Vaticano II che insiste sulla « comunione » e sulla partecipazione attiva di tutti, anche dei laici. Infine l'am­piezza straordinaria e la complessità del problema giovanile oggi, che sprona il nostro zelo ad accentuare le forme di [133] distribuzione delle forze operanti in questo settore e la loro mutua collaborazione.

Però l'argomento decisivo è stato quello dell'origine carismatica della missione salesiana.

2. Cosa ha voluto fare Don Bosco, ispirato dallo Spirito Santo?



È un fatto storico che Don Bosco, nell'intensità del suo zelo e davanti all'immensità del lavoro, ha avuto quasi l'ansia di riunire in un vasto insieme e di animare tutti coloro che accettavano di lavorare con lui, ognuno secondo la sua situazione concreta, secondo le sue possibilità. Nella sua bocca o sotto la sua penna torna sempre l'appello: « Dobbiamo unirci! Uniamoci in questi tempi difficili! ». Si pensa all'episodio evangelico del padrone che chiama gli operai a ogni momento del giorno: « Andate anche voi nella mia vigna ».

E qui, viene il progetto audace di riunire nella stessa società dei membri interni, religiosi, e dei membri esterni, non religiosi (progetto attraverso cui si vede che per Don Bosco la prima cosa era veramente il lavoro apostolico, che può essere compiuto sia in condizione di consacrazione religiosa, sia nello stato laicale). Sappiamo che durante 14 anni, tra il 1864 e il 1874, ha lottato e resistito per ten­tare di far accettare dalla « Congregazione dei religiosi » 'questo progetto che non entrava in nessuno dei quadri abituali della legislazione canonica sui religiosi... Finalmente, vinto dall'incomprensione di Roma, fondò nel 1876 la « Pia unione dei Cooperatori salesiani » di cui il primo Regolamento, scritto da Don Bosco, è ancora pieno della sua visione primigenia. Il CG ha pensato che si poteva e si doveva ritrovare oggi questo progetto e dargli vita secondo tutte le possibilità attuali.

Poi Don Bosco fondò le F.M.A.; e così fu realizzato questo trittico di fondazioni, su cui abbiamo una pagina straordinaria dove Don Bosco stesso mette in un parallelo perfetto i tre rami dell'albero salesiano. Questo testo è [134] citato nel doc. 1, Atti n. 153, p. 116: « Ma un'associazione per noi importantissima, che è l'anima della nostra Con­gregazione e che ci serve di legame ad operare il bene d'accordo e con l'aiuto dei buoni fedeli che vivono nel secolo, è l'opera dei Cooperatori salesiani. Abbiamo la pia Società salesiana per coloro che vogliono vivere ritirati e consacrati a Dio con la professione religiosa. Abbiamo l'Istituto delle Figlie di Maria Ausiliatrice per le giovani che vogliono imitare i Salesiani, per le persone di altro sesso. Ora è necessario che noi abbiamo nel secolo degli amici, dei benefattori, della gente che praticando tutto lo spirito dei Salesiani, vivano in seno alle proprie famiglie, come appunto fanno i Cooperatori salesiani; sono essi il nostro aiuto nel bisogno, il nostro appoggio nelle difficoltà; i nostri collaboratori in quello che si presenta da farsi per la maggior gloria di Dio, ma che a noi manca nei mezzi personali o materiali. Questi cooperatori devono moltipli­carsi quanto è possibile... » (testo preparato da Don Bosco per il primo Capitolo generale della Società, nel 1877).



3. 1 diversi gruppi. Modo dì appartenenza degli Ex-allievi

Per designare l'insieme di questi diversi gruppi che lavorano nel campo salesiano, il CG ha scelto l'espressione « famiglia salesiana ». C'è stata molta discussione su questo, perché difatti l'espressione è bella, tradizionale, coerente con il nostro spirito, ma anche ambigua, così ambigua che si è dovuto finalmente parlare di

- appartenenti « in senso stretto » alla Famiglia salesiana (Atti nn. 154-15G),

- e di appartenenti « a titoli diversi » e « in senso largo » (n. 157).

Questa distinzione è importantissima, perché veramen­te si tratta di due cose del tutto diverse.

a ) Chi appartiene alla Famiglia in senso stretto? Quelli che partecipano a1 carisma salesiano, cioè coloro [135] ai quali lo Spirito Santo ispira di impegnarsi nella missione salesiana (anche se in condizioni e forme diverse), secondo lo spirito salesiano, quindi coloro che insieme si sentono corresponsabili e collaboratori nel compimento di questa missione: la salvezza della gioventù soprattutto povera, il bene del ceto popolare, l'evangelizzazione dei pagani, tutto questo secondo lo spirito salesiano.

In questa Famiglia, abbiamo quindi i tre gruppi diret­tamente fondati da Don Bosco: i salesiani, le suore sale­siane, i cooperatori; e poi altri gruppi possibili, venuti do­po, ma che si sentono chiamati alla stessa vocazione fon­damentale. L'esempio più tipico è quello delle Volontarie di Don Bosco, gruppo originale poiché istituto secolare.

b) Chi appartiene alla Famiglia in senso largo?

Tutti quelli che girano attorno a noi, che ci sono legati da diversi legami, ma non dal legame di una corresponsa­bilità nella missione. Sono certo numerosi: i nostri giovani stessi, i loro genitori, i simpatizzanti, i benefattori che sono soltanto benefattori con qualche dono materiale... e poi gli ex-allievi.

C'è stata una discussione lunga e intricata nel CG per tentare di far entrare gli ex-allievi nella Famiglia in senso stretto. Sembrava ad alcuni che non farlo era gettare una ombra o un disprezzo sugli ex-allievi e soprattutto sul movimento ufficiale degli ex-allievi. Bisognerà ancora chiarire le cose, cercando di determinare lo scopo e il contenuto preciso del Movimento. Per me, la distinzione è chiara: un ex-allievo come tale, un associazione di ex-allievi come tate fanno parte della Famiglia soltanto in senso largo, per la ragione chiara che un ex-allievo come tale non prende su di sé le responsabilità della missione salesiana. È stato un destinatario di questa missione; continua ad esserlo un poco, nella misura in cui conserva legami con i suoi edu­catori; vive più o meno dello spirito salesiano; ma non è attore della missione.

Può certo diventarlo. E si deve dire che, in molti casi, [136] è meglio preparato di molti altri per diventarlo. È così vero che, nelle associazioni di ex-allievi, c'è spesso un appello all'apostolato, e ci sono anche delle realizzazioni apostoli­che, grazie a Dio! Se quest'apostolato va nella linea del­l'apostolato salesiano, allora diremo che alcuni gruppi di ex-allievi, non in quanto ex-allievi, ma in quanto ex-allievi impegnati in un lavoro di tipo salesiano e di ispirazione salesiana, appartengono alla Famiglia salesiana in senso stretto.


4. 1 membri della Famiglia in senso stretto: tutti veri salesiani insieme

Bisogna dire che questa chiarificazione non è stata fa­cile, perché un certo numero di capitolari provavano grande pena -ad accettare che altri da noi avessero la stessa mis­sione. Pensavano e dicevano: « A chi è affidata la missione salesiana? Ai salesiani religiosi e alle FMA, e, all'occasione, questi due gruppi si fanno aiutare da quelle persone bene­voli che sono i cooperatori ». Obbedivano a questo schema mentale:

MissioneCooperat.

S p. S. D. Bosco Salesiani VDB

Spirito( + FMA)Ex-allievi



E pensavano questo perché, in fondo, ritenevano (al­meno alcuni) che il primo elemento della vocazione sale­siana è la consacrazione religiosa, poi viene l'apostolato... In tal caso, è chiaro che solo i Salesiani religiosi e le Suore salesiane sono « salesiani » incaricati della missione. Gli altri non possono essere altro che « aiutanti ».

Ora, la maggioranza dell'assemblea capitolare ha respin­to questi due modi di vedere, e ha concluso: « Un salesiano è prima di tutto un "chiamato alla dedizione ai giovani e al popolo, secondo lo spirito salesiano». Quindi la vocazio­ne salesiana è "salesiana" prima di essere "religiosa" ». La [137] stessa vocazione salesiana fondamentale può essere vissuta nelle diverse forme di esistenza battesimale: nella consa­crazione religiosa, nella consacrazione secolare ( VDB ), nel laicato ordinario. Abbiamo quindi dei « salesiani religiosi » o religiose, dei « salesiani consacrati secolari » (al femmi­nile), e dei « salesiani laici », cooperatori. E tutti sono salesiani autentici; tutti insieme, nella corresponsabilità e nella collaborazione, si sentono portatori della missione sa­lesiana. Abbiamo quindi questo schema:

FMA

MissioneSDB

S p. S. D. Bosco

Spirito Cooperat.

VDB



È evidente che tale scelta è di primaria importanza.

B) I COOPERATORI, SALESIANI AUTENTICI IN SITUAZIONE LAICALE

Vorrei aggiungere qualcosa sui cooperatori, perché sono i più direttamente toccati dalla novità della prospettiva (penso che anche le FMA dovranno essere sensibilizzate a questo problema).

1. I testi ufficiali

Il 2 luglio 1971, un gruppo rappresentativo di coope­ratori, appartenenti a nove nazioni, inviò ai membri del CG un bellissimo Messaggio. Si diceva: « Consapevoli di appartenere all'unica Famiglia salesiana per il comune fon­datore, per il fine cui tendiamo, per l'oggetto precipuo dell'apostolato, per la comunione dei beni spirituali e per gli stessi superiori, rinnoviamo la nostra completa disponi­bilità. ed assicuriamo ]'impegno di rivitalizzare la nostra [138] Associazione perché finalmente si completi il geniale pro­getto tanto caro al f fondatore Crediamo che í tempi siano maturi perché tra i "salesiani religiosi" e i "salesiani coo­peratori" (cf il modo di esprimersi) si -instauri un rapporto vicendevole di vera fraternità, che costituisca d'ora in poi il nuovo stile di vita salesiana » (è un invito a vedere i cooperatori come veri confratelli di un certo tipo, e le cooperatrici come vere consorelle). Aggiungevano alla fine: {< Per la nostra Associazione, questo Capitolo è di impor­tanza storica: è il caso di dire: O adesso o mai più! Vi farà piacere sapere che nei nostri centri, si prega con questa intenzione: che non venga meno la vostra fede nei valori salesiani! ».

Orbene, Dio ha esaudito la loro preghiera; e la fede dei capitolari nei valori salesiani è stata degna della loro fede. A questo messaggio il CG ha dato, il 1° gennaio, una risposta molto esplicita nella Dichiarazione ai coope­ratori. Bisogna leggerla attentamente. È bella, sostanziale e rinnovatrice, più importante che ad es. il documento sugli ex-allievi. E poi dà delle direttive pratiche. Del coope­ratore, dà questa definizione, ai nn. 730 e 739 degli Atti: «Nel pensiero primigenio di Don Bosco, il cooperatore è un vero salesiano nel mondo, cioè un cristiano, laico 0 sacerdote che - anche senza vincoli di voti religiosi - realizza la propria vocazione alla santità impegnandosi in una missione giovanile o popolare secondo lo spirito di Don Bosco, al servizio della Chiesa locale ed in comunione con la Congregazione salesiana ». Quindi, è cosa seria es­sere salesiano cooperatore! Non basta dare una somma a un'opera salesiana per ricevere una tessera ben firmata di cooperatore! Ci vuole una certa anima e un certo impegno di azione. Vorrei un poco precisare questo, sulla base del prezioso Regolamento del 1876, scritto da Don Bosco. [139]


2. Esigenze della vocazione del salesiano cooperatore, riguardo all'insieme della famiglia

a ) Comune missione e comune spirito, da compiere se­condo il proprio stato di vita e le proprie possibilità. - Le parole di Don Bosco sono chiare: « Ai cooperatori salesiani si propone la stessa messe della Congregazione di san Francesco di Sales, cui intendono associarsi » (Regol. p, 13). « Vivono in seno alle proprie famiglie praticando tutto lo spirito dei salesiani » (Manoscritto del 1877; cf Atti n. 164; e discorso di Pio XII, 12 sett. 1952). Per le attività pos­sibili cf n. 736: « Alcuni campi del vostro lavoro nella comune missione ».

b} Comune ricerca della santità cristiana attraverso lo spirito dei consigli evangelici. - I salesiani cooperatori non fanno professione religiosa coi tre voti. Ma condividono con noi lo stesso movimento di anima nella ricerca della carità perfetta, nel desiderio di seguire il Vangelo, e anche degli elementi di comportamento esteriore in cui si mani­festi il loro « spirito » di castità, di povertà e di ubbidienza. Don Bosco è esigente per loro, e scrive nel loro Regola­mento: « Ai cooperatori salesiani non è prescritta alcuna opera esteriore, ma affinché la loro vita si possa in qualche modo assimilare a quella di chi vive in comunità religiosa, loro si raccomanda la modestia negli abiti, la frugalità nella mensa, la semplicità nel suppellettile domestico, la casti­gatezza dei discorsi, l'esattezza nei doveri del proprio stato... Facendosi cooperatori salesiani, possono continuare a stare in mezzo alle loro ordinarie occupazioni in seno alle proprie famiglie e vivere come se di fatto fossero in Congrega­zione ». così Don Bosco nel loro Regolamento cap. VI! ...

c) Infine comune espressione di fraternità apostolica. - Cioè attraverso mille forme diverse di contatti si manifesta uno stesso stile familiare e una preoccupazione di lavorare insieme, rendendosi servizio vicendevolmente e collaboran­do al massimo. [140]


Tutto questo non si realizza quasi automaticamente. Appaiono almeno due esigenze:


1) Una differenza chiara tra cooperatori e benefattori. Sono due realtà diverse!


2) Una formazione dei cooperatori. Bisognerebbe propor­re o forse imporre loro (certo con flessibilità nelle forme) un vero noviziato, con, alla fine, una promessa di impegno salesiano... o qualcosa di simile. - Penso che molti lo desiderino 11.

Qui appare il ruolo specifico dei salesiani religiosi ri­guardo a tutta la Famiglia.

C) IL RUOLO PARTICOLARE DELLA NOSTRA SOCIETÀ RIGUARDO ALL'INSIEME DELLA FAMIGLIA

Per due ragioni almeno, i salesiani religiosi hanno nella Famiglia un ruolo speciale:


1) Sono stati fondati per primi da Don Bosco, e sono stati l'oggetto delle sue cure più attente.


2) La presenza del sacerdozio, legato alla consacrazione religiosa, permette loro di esprimere in pieno í contenuti della missione e dello spirito salesiano. E difatti la tradi­zione manifesta che i gruppi salesiani hanno costituito la propria unione attorno a loro, e in particolare attorno al Rettor maggiore. [141]


Non posso toccare qui il punto delicato dell'autonomia dei diversi gruppi e, in conseguenza, del modo di realizzare una certa unità istituzionale, necessaria per favorire


  • da una parte l'intercomunicazione, lo scambio delle no­stre ricchezze spirituali e pastorali,


  • dall'altra parte la collaborazione nel lavoro apostolico, a livello sia locale, sia diocesano, sia nazionale. Un campo immenso ci è aperto.


Il CG ha determinato tre aspetti della funzione spe­ciale della nostra Società riguardo alla Famiglia. Sono espres­si negli Atti al n. 173, p. 126: « Essi hanno innanzi tutto una funzione di "stabilità"; vivono la missione e lo spirito salesiano nella consacrazione religiosa, secondo la pienezza desiderata da Don Bosco. La loro professione dei consigli evangelici fornisce gli aiuti necessari per la stabilità e la coerente creatività (nei confronti della missione e dello spirito salesiano) all'esterno nella Chiesa, e all'interno nei confronti dei gruppi che compongono la Famiglia. Essi hanno inoltre una funzione di "animazione". I salesiani realizzando in se stessi la pienezza della consacrazione (bat­tesimale, cresimale e per alcuni anche sacerdotale), sono i portatori e gli animatori, nella Chiesa e nella stessa Fa­miglia salesiana, della missione vista nella sua integralità: dalla promozione umana fino alla pienezza della vita cri­stiana. Infine essi svolgono una funzione di "unione", sia all'interno dei vari gruppi in virtù dell'animazione di cui sopra, sia all'esterno perché in spirito di servizio propon­gono i legami con i singoli gruppi e con i gruppi fra loro ». Questo modo speciale è per noi esigenza di essere più au­tenticamente salesiani consacrati (Atti n. 126).

Adesso siamo capaci di capire bene il senso dell'art. S delle Costituzioni, di cui ogni espressione ha il suo peso: « Lo Spirito Santo ha suscitato altri gruppi di battezzati che, vivendo lo spirito salesiano, realizzano la missione di Don Bosco con vocazioni specifiche diverse: le Figlie di Maria Ausiliatrice (FMA) e i, Cooperatori furono fondati da Don Bosco stesso; più tardi sono nate altre istituzioni [142] e altre ne potranno sorgere. Questi gruppi, insieme a noi, formano la Famiglia salesiana. In essa abbiamo particolari responsabilità; mantenere l'unità dello spirito e promuo­vere scambi fraterni per un reciproco arricchimento e una maggiore fecondità apostolica. Gli ex-allievi vi appartengo­no a titolo dell'educazione ricevuta, che può esprimersi in vari impegni apostolici ».

Senza l'impegno rinnovato di tutta la Famiglia salesia­na, sarà impossibile ri-attualizzare nella sua pienezza il carisma che lo Spirito Santo si è degnato dare alla Chiesa tramite Don Bosco. L'albero è bello ed è « vero » soltanto quando tutti i suoi rami, nutriti dalla stessa linfa, hanno le loro foglie e i loro fiori e frutti.

1 Posso apportare una testimonianza personale: nelle Giornate di studio sullo spirito salesiano a Grottaferrata (9-13 febbraio 1572), seguite da 80 cooperatori di ogni età e venuti da tutta l'Italia, ho potuto ammirare la loro fame di alimento salesiano e la loro volontà d'impegno salesiano accanto a noi. Le sette conferenze sono state pubblicate dal Centro Cooperatori di Roma, col titolo Lo spirito salesiano.