Conoscere ed imitare Don Bosco

Conoscendo e imitando Don Bosco,

facciamo dei giovani la missione della nostra vita


Commento alla Strenna 2012 del Rettor Maggiore



1. Don Bosco, padre e maestro, dono di Dio

Tutto ciò che vogliamo sapere sullo “spirito salesiano” lo troviamo incarnato in Don Bosco. Egli è, semplicemente, il nostro “modello”, il nostro “padre e maestro”. Tutti abbiamo bisogno di tipi su cui modellare la vita. Per noi egli è la via alla pienezza umana e alla sequela di Gesù. Anche se le circostanze storiche nelle quali viviamo sono molto diverse dalle sue, la sua immagine e il suo progetto continuano ad essere di una vibrante validità.

Fu veramente un padre per molti ragazzi, che non avevano nella vita nessun’altra persona con la quale sperimentare la paternità di Dio. Lo fu per i Salesiani, che accanto a lui hanno scoperto il senso dell’esistenza e, come lui, hanno imparato a viverla donandosi ai giovani. Continua ad esserlo ora, quando lo scopriamo come vero padre di una grande famiglia spirituale.

Se la paternità di Don Bosco evoca la paternità divina, la sua immagine di “maestro” trae alla mente alcuni tratti del Divino Maestro, colui che è stato la sua guida dal “sogno dei nove anni” in poi. Ha imparato da lui il linguaggio da usare con i giovani: “Non con le percosse, ma con la bontà”. Soltanto così potranno essi sperimentare l’amore di Dio. Si sa che Don Bosco ha approfondito questo aspetto, fino al punto di scoprire che “non basta amare, è necessario che i giovani si sentano amati”. Non è forse un colpo di genio definire l’educazione “una questione di cuore”?

Noi lo consideriamo “padre e maestro” insieme ai giovani, in particolare quelli più bisognosi di sperimentare la bontà di Dio; insieme a tutti coloro che hanno la missione di curare i giovani: i genitori, i maestri, gli educatori, i pastori.

Come tutti i grandi, è stato uomo di una sola causa: i giovani. Essi hanno costituito la sua missione. Per loro ha sviluppato tutte le sue risorse umane e per loro si è andato trasformando sotto l’azione dello Spirito. Dicono che, quando Dio manda nel mondo un grande santo, gli affida la missione con cui si santificherà. Così è stato per Don Bosco che, nell’educazione dei giovani, nella ricerca della loro salvezza, trovò la propria santità. E non tanto come premio alle sue fatiche e premure, che pure sono state tante, ma come conseguenza di una unità della sua persona, che lo portava ad essere interamente impegnato con i giovani e, allo stesso tempo, tutto di Dio; ricolmo di “sogni” e, contemporaneamente, di un realismo impressionante.

In questo tempo, che si caratterizza per l’assenza della figura del padre, Don Bosco si offre a noi come modello per amare con tutta l’amorevolezza del Sistema Preventivo e con tutta la propositività del “Da mihi animas”, sapendo che i giovani hanno bisogno in primo luogo di amore, ma che ciò si traduce nell’educazione, in modo che possano maturare e affrontare con successo la vita, sempre più competitiva.

Infatti, avere Don Bosco come padre e maestro comporta conservare il dono di Dio. Lasciare che sia Don Bosco a guidare la nostra vita, sforzarci perché la sua esperienza spirituale guidi la nostra, ci farà vivere sotto il comando della grazia divina, sperimentando l’azione di Dio in noi. Chi abita nella casa di Don Bosco, chi impara alla sua scuola, vive il dono di Dio e saprà come ringraziare. Dio non ha reso facile la vivenza della sua grazia, l’esperienza della sua vicinanza, la prova della sua benevolenza: accettare il magistero di Don Bosco, la sua paternità, è il modo salesiano di sentirsi amati da Dio. Qui radica la capacità di allegria, tipica del modo salesiano di realizzare la santità.

Riconoscere in Don Bosco un dono di Dio obbliga a considerarlo strumento e mezzo per la nostra esperienza di Dio, impone di apprezzarlo maggiormente e di conoscerlo meglio, di prendere sul serio il suo insegnamento e vivere con radicalità la sua paternità.



2. Conoscere la storia di Don Bosco

Ci stiamo avvicinando a grandi passi alla celebrazione del bicentenario della nascita di Don Bosco!

Una ricorrenza che deve trovarci pronti e disponibili a rafforzare la nostra identità carismatica.

È nostro compito comprendere, reinterpretare e perpetuare le sue intuizioni, le scelte e l’azione pastorale da lui condotta. La genialità operativa, le doti educative e la spiritualità sono, senza dubbio, tre dimensioni che caratterizzano la figura di Don Bosco.

Il primo passo è conoscere la sua storia.

Una conoscenza che pur avvalendosi dei metodi della ricerca storica non deve prescindere dalla grande dedizione che Don Bosco ha avuto per i giovani e non deve dimenticare la presenza e l’azione di Dio nella sua vita.



La Strenna che da Rettor Maggiore affido ai gruppi della Famiglia Salesiana per il 2012 è un invito a conoscere in maniera profonda la storia di Don Bosco per ricostruire, oggi, la sua immagine e perpetuare la missione ad essa affidata: l’educazione e l’evangelizzazione dei giovani.

La ricostruzione dell’immagine di Don Bosco e della sua azione deve illuminare la realtà dove la Famiglia Salesiana opera e che è caratterizzata da un orizzonte culturale particolare, dalla complessità della vita contemporanea, dalla globalizzazione, della cultura postmoderna, dalle difficoltà della pastorale, dalla diminuzione delle vocazioni e dalla “messa in questione” della vita consacrata.



3. Perché una storia su Don Bosco?

Don Bosco continua ad essere una figura di grande levatura per la Chiesa e per la società civile. La sua è una figura a tutto tondo che non può essere ridotta a semplici formule.

In passato molte sue presentazioni, non prive di esaltazioni e amplificazioni, hanno corso il rischio di distorcerne il volto, l’intuizione e lo spirito.

Oggi l’agiografia tiene conto di interpretazioni storiche fondate e di una rinnovata lettura teologica dell’esperienza spirituale dei santi.

Don Bosco è una figura poliedrica. È un fondatore, un legislatore, un educatore, un maestro di vita spirituale.

Per questo, per evitare che quanto ci è stato tramandato può andare smarrito, è urgenza e necessario conoscerlo.

Aumentando la distanza cronologica, geografica e culturale da lui, si può correre il rischio di perdere quel clima affettivo e quella vicinanza che ce lo rendevano familiare.

Se dovesse venir meno il riferimento al nostro Padre comune, al suo spirito, alla sua prassi, ai suoi criteri ispiratori, come Famiglia salesiana non abbiamo più diritto di cittadinanza nella Chiesa e nella Società, perché saremmo privi delle nostre radici e della nostra identità.

Ci sono altri due motivi da considerare.

Per un movimento spirituale, come la Famiglia Salesiana, è importante tener viva la memoria della propria storia, organizzarla e renderla accessibile così da favorire il consolidamento della cultura di riferimento e far fronte alle trasformazioni storiche, sociali e culturali.

In questo modo la Famiglia Salesiana potrà continuare a essere portatrice del carisma delle origini e a farsi vigile e creativa custode della propria tradizione.

La conoscenza approfondita di Don Bosco trova la sua ragione, infine, anche dal fatto che molti documenti normativi dei gruppi della Famiglia Salesiana indicano Don Bosco come guida e modello.




4. Quale storia?

La storia di Don Bosco deve essere ricostruita e interpretata con coraggio e autenticità.

Come suggeriva Papa Leone XIII: lo storico non deve mai dire nulla di falso né tacere nulla di vero.

I rilievi delle imperfezioni dei santi hanno il triplice vantaggio di rispettare l’esattezza storica, di sottolineare l’assoluto di Dio e di mostrare la fragilità della natura umana che tutti condividono.

Occorre, poi, superare l’aneddotica e favorire l’attualizzazione di Don Bosco oggi, all’alba del terzo millennio.

Una conoscenza che, in tensione tra l’interrogarsi sul presente e la ricerca di risposte che provengono dal passato, aiuti il carisma salesiano ad inculturarsi nell’oggi.

È necessario che il carisma fondazionale di un movimento venga reinterpretato vitalmente così da non diventare un fossile prezioso.

I fondatori hanno fatto esperienza dello Spirito Santo in un preciso contesto storico; per questo è indispensabile determinare gli elementi di contingenza dettati dalla cultura e dalla situazione dell’epoca. Sarà, così, possibile determinare il valore della loro azione e la portata delle risposte date alle sfide del loro tempo.

Una ricerca storica su Don Bosco deve essere in grado di determinare ciò che è transitorio e ciò che è permanente nel carisma, ciò che deve essere lasciato e ciò che deve essere assunto.

La storia di Don Bosco, inoltre, non è solo nostra!

È anche della chiesa e dell’umanità e non dovrebbe essere assente dalle loro storiografie.

L’esclusione dal dibattito culturale in corso in ogni paese determinerebbe anche l'insignificanza storica dei salesiani, la loro emarginazione sociale, l’assenza della nostra offerta di educazione.

Se vogliamo continuare ad avere credibilità dobbiamo avere la stessa professionalità, conoscere lo stesso linguaggio.




5. Il cammino della storiografia salesiana

La produzione storiografica salesiana ha percorso un notevole cammino.

Dai primi modesti profili biografici di Don Bosco si è passati alle biografie encomiastiche, ispirate ad una lettura teologica, aneddotica e taumaturgica.

Dopo la metà del 1900, il senso di inquietudine sulla letteratura agiografica del passato investì anche i salesiani.

Il nuovo clima culturale degli anni settanta portò - attraverso presupposti, indirizzi, metodi, strumenti di indagine attuali, condivisi dalla ricerca storiografica - ad approfondire la conoscenza del patrimonio ereditario di Don Bosco.

Per una corretta ermeneutica della storia salesiana, oggi, tiene conto di tre tipologie di analisi.

L’analisi filologica è possibile grazie alla pubblicazione delle Opere edite e inedite di Don Bosco. Il prezioso lavoro svolto dal Centro Studi Don Bosco dell’Università Pontificia Salesiana e dall’Istituto Storico Salesiano ha messo a disposizione di tutti, in edizioni scientificamente curate e revisionate, migliaia di pagine degli scritti di Don Bosco.

Segue l’analisi storico-critica che deve tener conto del contenuto delle fonti in riferimento alle categorie culturali ed ecclesiali dell’epoca.

La terza, la più importante, è l’analisi vitale e attualizzante, capace di riesprimere, ripensare e riattualizzare il contenuto delle fonti.

L’approccio a Don Bosco, fatto con metodi propri della ricerca storica, ci ha portati a meglio misurare la sua grandezza, la sua genialità operativa, le sue doti di educatore, la sua spiritualità, la sua opera, comprensibili solo se pienamente radicati nella storia della società in cui visse.

Non è un rifiuto aprioristico delle valide e rispettabili immagini di Don Bosco che hanno avuto generazioni di salesiani e di membri della Famiglia Salesiana.

Abbiamo bisogno di un’immagine di Don Bosco che sia attuale, che parli al mondo di oggi, in un linguaggio rinnovato.




6. L’immagine di Don Bosco oggi

Don Chávez, nel commento alla Strenna, evidenzia ed analizza alcune esperienze e scelte operate da Don Bosco:

  • L’evoluzione delle sue opere e della comprensione di quali fossero i suoi destinatari;

  • cosa intendeva per “Gioventù abbandonata”;

  • come rispondeva alle necessità dei giovani;

  • come rispondeva con flessibilità ai bisogni;

  • l’insistenza per la povertà di vita e il lavoro instancabile

Partendo dall’analisi storica di questi comportamenti suggerisce percorsi di verifica così da poter ricostruire l’immagine di Don Bosco con una fedeltà che non sia mera ripetizione.

È un processo che deve coinvolgere ogni gruppo della Famiglia Salesiana per giungere ad una visione comune colta, professionale, profonda di Don Bosco così da valorizzare il patrimonio storico, pedagogico, spirituale.

Un processo che favorendo la conoscenza della realtà giovanile, abbia chiaro il profilo del cristiano nella società.

Si tratta in altri termini di rivedere istituzioni e strutture di aggregazione e di educazione, di rileggere il Sistema Preventivo in chiave di attualità, di presentare al Mondo e alla Chiesa uno stile particolare di educatore salesiano.




7. Suggerimenti per l’operatività

La Strenna, proseguendo la tradizione avviata dallo stesso Don Bosco, è un vero e proprio programma spirituale e pastorale che impegna individui e comunità e studiare, riflettere, pregare e agire insieme.

Ai gruppi della Famiglia Salesiana e alle strutture di coordinamento - come le consulte locali e territoriali – Don Chávez indica alcuni punti di riferimento e impegni operativi.

La carità pastorale, che caratterizzò tutta la storia di Don Bosco e fu l’anima delle sue molteplici opere, deve essere il marchio e il motivo di credibilità della Famiglia Salesiana presso i giovani.

Don Bosco - che sostenne numerose sofferenze, sacrifici e privazioni per i suoi giovani - insegna che l’azione pastorale salesiana richiede la conformazione al cuore del Buon Pastore e un buon cammino di ascesi.

Il verbale di fondazione della Congregazione salesiana e lo sviluppo storico dell’opera di Don Bosco attestano che la finalità principale della Famiglia Salesiana è la salvezza dei giovani che, come fece lui, vanno coinvolti, responsabilizzati e accompagnati nell’essere apostoli dei loro coetanei.

I giovani, campo privilegiato dell’azione salesiana, devono essere incontrati nei luoghi, nelle situazioni e nelle frontiere dove essi sono. Le iniziative e le istituzioni per loro create senza la pratica dell’assistenza e della presenza in cortile, sono insufficienti.

Le risposte che Don Bosco diede ai bisogni dei suoi giovani possono illuminare quelle già date - e quelle ancora possibili – della Famiglia Salesiana che deve essere consapevole di dover combattere l’indifferentismo, il relativismo etico, le false ideologie e il consumismo che distruggono il valore di cose ed esperienze.

Gli interrogativi che guidarono Don Bosco devono accompagnare la Famiglia Salesiana nell’ascoltare il grido dei giovani e ad offrire risposte ai loro bisogni più urgenti e più profondi, ai bisogni concreti e spirituali.

Le Memorie dell’Oratorio di San Francesco, scritte per richiesta esplicita di Pio IX, sono un punto di riferimento imprescindibile per conoscere il cammino spirituale e pastorale di Don Bosco. Definite anche, memorie del futuro, esse racchiudono le motivazioni e le scelte di Don Bosco.

Invito ogni gruppo della Famiglia Salesiana, le consulte locali e territoriali ad assumere - con lo studio e la riflessione - il messaggio della Strenna 2012.

L’azione pastorale, lì dove possibile condivisa, sia ispirata dalla storia del nostro padre fondatore perché il suo sogno e il mandato ricevuto da Dio possano continuare ancora oggi



Don Bosco ci offre una presentazione semplice, ma al tempo stesso profetica del suo spirito e della sua missione: il sogno dei nove anni.

In questa pagina autobiografica viene definito il campo di azione che gli viene affidato: i giovani;

viene indicato l’obiettivo della sua azione apostolica: farli crescere come persone attraverso l’educazione;

viene offerto il metodo educativo che risulterà efficace: il Sistema Preventivo;

viene presentato l’orizzonte in cui si muove tutto il suo e, oggi, il nostro operare: il disegno meraviglioso di Dio che ama i giovani.


6. Conclusione

Il ragazzo del sogno


A quell'età ho fatto un sogno. Sarebbe rimasto profondamente impresso nella mia mente per tutta la vita. Mi pareva di essere vicino a casa, in un cortile molto vasto, dove si divertiva una grande quantità di ragazzi. Alcuni ridevano, altri giocavano, non pochi bestemmiavano. Al sentire le bestemmie, mi slanciai in mezzo a loro. Cercai di farli tacere usando pugni e parole.

In quel momento apparve un uomo maestoso, vestito nobilmente. Un manto bianco gli copriva tutta la persona. La sua faccia era così luminosa che non riuscivo a fissarla.


Egli mi chiamò per nome e mi ordinò di mettermi a capo di quei ragazzi. Aggiunse:

- Dovrai farteli amici con bontà e carità, non picchiandoli. Su, parla, spiegagli che il peccato è una cosa cattiva, e che l'amicizia con il Signore è un bene prezioso.

Confuso e spaventato risposi che io ero un ragazzo povero e ignorante, che non ero capace a parlare di religione a quei monelli.


In quel momento i ragazzi cessarono le risse, gli schiamazzi e le bestemmie, e si raccolsero tutti intorno a colui che parlava. Quasi senza sapere cosa dicessi gli domandai:

- Chi siete voi, che mi comandate cose impossibili?

- Proprio perché queste cose ti sembrano impossibili - rispose - dovrai renderle possibili con l'obbedienza e acquistando la scienza.

- Come potrò acquistare la scienza?


- Io ti darò la maestra. Sotto la sua guida si diventa sapienti, ma senza di lei anche chi è sapiente diventa un povero ignorante.

- Ma chi siete voi?

- Io sono il figlio di colei che tua madre ti insegnò a salutare tre volte al giorno.

- La mamma mi dice sempre di non stare con quelli che non conosco, senza il suo permesso. Perciò ditemi il vostro nome. - Il mio nome domandalo a mia madre.

In quel momento ho visto vicino a lui una donna maestosa, vestita di un manto che risplendeva da tutte le parti, come se in ogni punto ci fosse una stella luminosissima. Vedendomi sempre più confuso, mi fece cenno di andarle vicino, mi prese con bontà per mano e mi disse:


- Guarda.


Guardai, e mi accorsi che quei ragazzi erano tutti scomparsi. Al loro posto c'era una moltitudine di capretti, cani, gatti, orsi e parecchi altri animali. La donna maestosa mi disse:

- Ecco il tuo campo, ecco dove devi lavorare. Cresci umile, forte e robusto, e ciò che adesso vedrai succedere a questi animali, tu lo dovrai fare per i miei figli.

Guardai ancora, ed ecco che al posto di animali feroci comparvero altrettanti agnelli mansueti, che saltellavano, correvano, belavano, facevano festa attorno a quell'uomo e a quella signora.

A quel punto, nel sogno, mi misi a piangere. Dissi a quella signora che non capivo tutte quelle cose. Allora mi pose una mano sul capo e mi disse:

- A suo tempo, tutto comprenderai.

Aveva appena detto queste parole che un rumore mi svegliò. Ogni cosa era scomparsa.

Io rimasi sbalordito. Mi sembrava di avere le mani che facevano male per i pugni che avevo dato, che la faccia mi bruciasse per gli schiaffi ricevuti.”


Possiamo dire che egli visse per trasformare in realtà quel sogno.

Siamo chiamati a fare quanto il nostro caro Padre fece: assumere i giovani come programma di vita, ragione della nostra esistenza spendendo per loro tutte le nostre energie fino all’ultimo respiro.

Don Bosco non viene mai meno per i suoi giovani.

Per approfondire questo aspetto vi affido un aneddoto.



E la nostra musica continua

Immaginate il cortile della prigione di una colonia europea del secolo XVII. E’ l’alba e mentre il sole comincia a riempire di colori dorati il cielo di oriente, un prigioniero viene portato fuori, nel cortile, per l’esecuzione. Si tratta di un prete condannato a morte per essersi opposto alle crudeltà con le quali venivano trattati gli indigeni della colonia. Adesso è in piedi contro il muro e contempla i componenti del plotone di esecuzione, suoi compatrioti. Prima di bendargli gli occhi, l’ufficiale di comando gli pone la tradizionale domanda su un ultimo desiderio da esaudire. La risposta arriva come una sorpresa per tutti: l’uomo chiede di suonare per l’ultima volta il suo flauto. I soldati vengono messi in posizione di riposo, mentre aspettano che il prigioniero suoni. Quando le note cominciano a riempire l’aria silenziosa del mattino, l’ambiente del carcere è come inondato da una musica che si espande dolce ed incantevole riempiendo di pace quel luogo segnato quotidianamente dalla violenza e dalla tristezza. L’ufficiale è preoccupato perché, quanto più si prolunga la musica, tanto più sembra assurdo il compito che gli corrisponde. Ordina dunque ai soldati di aprire il fuoco. Il sacerdote muore all’istante ma, con stupore di tutti i presenti, la musica continua la sua danza di vita. A dispetto alla morte.

In una società totalmente impegnata nel soffocare il messaggio di Cristo, penso che la nostra vocazione sia quella di trovarci tra coloro che continuano a far ascoltare la musica della Vita.

In un mondo che sta facendo di tutto perché i giovani non ascoltino l’insistente invito di Cristo a “venire e vedere”, è nostro privilegio essere stati attirati da Don Bosco e incoraggiati a suonare la musica del cuore, a testimoniare la trascendenza, a esercitare la paternità spirituale, a stimolare i ragazzi in una direzione che corrisponde alla loro dignità e ai loro desideri più autentici.

Carissimi fratelli, sorelle, membri tutti della Famiglia Salesiana, amici di Don Bosco, giovani tutti, auguro tutti voi un anno 2012 ricco delle benedizioni di Dio e un rinnovato impegno per continuare a far sentire la musica, la nostra musica, quella che riempie di senso la vita dei giovani e li fa trovare la sorgente della gioia.


Conoscendo e imitando Don Bosco, facciamo dei giovani la missione della nostra vita!!!




Don Pascual Chávez V., SDB

Salesianum, 21 Gennaio 2012

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