2020|it|09: Giovani profeti senza paura

IL MESSAGGIO DEL RETTOR MAGGIORE

Don Ángel Fernández Artime


GIOVANI PROFETI

Senza paura


Siamo uniti da una missione: «Andare in paradiso e portare con noi più gente che possiamo»


Vi saluto con tutto il cuore, amici lettori del Bollettino Salesiano, che don Bosco tanto amava. Voglio

condividere con voi una bella testimonianza giovanile, con le parole di una ragazza venezuelana.

Quando ho visitato di nuovo il Venezuela, nel febbraio di quest'anno, ho partecipato all’Encuentro Nacional con jóvenes, un incontro nazionale con i giovani venezuelani, bello e animato. Quel giorno, una ragazza di nome Eusibeth lesse un messaggio che aveva scritto di suo pugno e che le stava molto a cuore, e lo pronunciò a voce alta in nome dei giovani venezuelani, generosi, pieni di speranza e sofferenti per la situazione della loro bella terra.

Diceva così:

"Carissimo Don Ángel, dal profondo del cuore ringraziamo il Signore per la sua visita nel nostro Paese e perché ha trovato il tempo per incontrare noi i giovani, che sappiamo quanto le siano cari.

Queste mie parole vogliono esprimere il sentimento di ciascuno di noi che viviamo questa proposta di Santità e che abbiamo un cuore salesiano.

Siamo tutti rappresentati. Dai ragazzi indigeni cresciuti nella libertà della giungla amazzonica, ai fratelli andini pieni di fraternità e gentilezza, ai giovani della regione centrale che costruiscono con gioia la civiltà dell'amore, ai guaros, agli orientales, i corianos, gli zulianos, e tutti noi che abbiamo la gioia e l’orgoglio di essere venezuelani.

È presente con noi oggi ogni giovane che ha dovuto lasciare la sua terra, trasformando un suolo straniero in casa, scuola, parrocchia e cortile.

Se c'è qualcosa che ci caratterizza come giovani, oltre alle nostre peculiari personalità e ai diversi modi di pensare, è che siamo uniti da una missione: «Andare in paradiso e portare con noi più gente che possiamo», come diceva il nostro amato padre Don Bosco.

Per nessuno è un segreto quello che dobbiamo vivere ogni giorno: una realtà in cui siamo calpestati dagli scarponi chiodati di questo mondo che vuole impedirci di sognare l’impossibile e di scommettere su grandi ideali.

La spiritualità salesiana ci ha permesso di camminare nella speranza, rinnovando la nostra fede, anche quando a volte tutto sembra incerto e irrealizzabile.

Noi giovani venezuelani siamo dei coraggiosi profeti e nonostante la paura di essere giudicati o aggrediti, non permetteremo che la nostra voce venga soffocata.

Siamo giovani che si svegliano ogni mattina, con niente da mangiare, per andare a scuola o all'università, e che perseguono con tenacia e fatica il compito di conquistare una formazione integrale, con molti chilometri nelle gambe, impegnati nell'educazione, perché questo è il migliore strumento che abbiamo per cambiare la nostra nazione e il mondo.

Siamo giovani che, pur essendo costretti a lavorare per necessità, mettendo da parte ciò che amano e sacrificando i loro sogni, osano essere una luce in mezzo a un popolo così ferito e assetato di Gesù.

Siamo fragili anche noi e spaventati da questo nostro mondo che cade a pezzi e avremmo voglia di gettare la spugna, ma lo sguardo amorevole di Dio e la protezione materna di Maria ci invitano a continuare a mettere la nostra vita al servizio degli altri, soprattutto dei ragazzi e delle ragazze più poveri e indifesi. Nessuno può tornare indietro, ma tutti possono andare avanti.

Essere giovani salesiani ci aiuta a rispondere come discepoli fedeli e coraggiosi a tutto ciò che stiamo vivendo. Siamo dei veri chamos, “maghi”, autentici, audaci, santi di oggi: con jeans, scarpe e magliette, come dice papa Francesco.

Carissimo Don Angel e tutti i membri della nostra famiglia salesiana: la vostra presenza ci incoraggia a fare la differenza, a continuare a lottare per un Venezuela giusto e santo, scommettendo tutto per il bene dei giovani. Non smettete di accompagnarci e di credere in noi. Grazie perché ci siete!»


Così termina questa affettuosa testimonianza giovanile. Ascoltare Eusibeth davanti a 800 giovani in una calda serata di Caracas mi ha fatto pensare a come e quanto Don Bosco credesse nei suoi giovani, nelle loro capacità, nelle loro potenzialità, nella bontà che è nel cuore di ogni giovane.

E quello che accadeva con Don Bosco 160 anni fa, accade ancora oggi in tutte le parti del mondo. Non è vero che i giovani di oggi non hanno un bel cuore. Certamente ci sono giovani che si trovano su strade di confusione, di schiavitù, di morte già in vita... Giovani che hanno davvero bisogno di essere "salvati".

Ma ce ne sono molti altri, milioni e milioni (e i giovani che ho incontrato con Eusibeth ne sono la prova) che credono nella vita, nella bellezza dell'Amore, nella bellezza della condivisione e nella pienezza di significato che Dio dà loro. Sanno che non siamo sconfitti quando perdiamo, ma quando desistiamo.

È possibile ancora pensare e parlare così, oggi? Io affermo che è possibile.

Continuate senza paura a fare il bene, amici miei, e che il buon Dio vi riempia della sua pace.