2020|it|01: Quattro ragazzi e un sogno

IL MESSAGGIO DEL RETTOR MAGGIORE

DON ÁNGEL FERNÁNDEZ ARTIME


QUATTRO RAGAZZI

E UN SOGNO

Un minuscolo foglietto di carta scritto da un diciassettenne è il più commovente e prezioso della nostra storia


Cari amici e amiche, cari amici del carisma di Don Bosco, lettori del Bollettino Salesiano, strumento umile di comunicazione salesiana tanto caro a Don Bosco stesso, suo fondatore, vi scrivo da Roma.

Poco prima di iniziare a scrivere queste righe, ho celebrato l'Eucaristia insieme al Consiglio Generale della Congregazione Salesiana (Salesiani di Don Bosco), nelle "Camerette", cioè in uno spazio che era una stanza e una cappella con un piccolo altare dell'epoca, dove don Bosco celebrò la Messa fino al 17 maggio 1887. Morì a Torino qualche mese dopo, il 31 gennaio 1888.

In quello spazio ristretto, modesto e raccolto, il mio pensiero è volato per qualche istante non solo alle ultime eucaristie celebrate da don Bosco durante il suo ultimo soggiorno romano, costellate di preoccupazioni e di lacrime, ma ad un'altra stanzetta, ancora più modesta, a Torino, dove la sera del 26 gennaio 1854, mentre nella città impazzava un freddo polare e la gente si affrettava avvolta in pesanti mantelli, don Bosco parlava a quattro giovanotti che seguivano con gli occhi sgranati le sue parole: «Vi prometto che la Madonna ci manderà oratori vasti e spaziosi, chiese, case, scuole, laboratori…»

Erano le “profezie” che qualche anno prima avevano fatto rischiare a don Bosco l’internamento in manicomio.

I quattro erano poco più che ragazzi, ma avevano una fiducia sconfinata in don Bosco. Tra quei quattro c’erano le pietre fondamentali della Congregazione Salesiana.

Ho tra le mani un documento storico che è un piccolo pezzo di carta di 10,5 centimetri di lunghezza per 5 centimetri di larghezza scritto da uno di quei ragazzi. L'autore è il giovane Michele Rua. E su quel piccolo pezzo di carta ha scritto quanto segue: «La sera del 26 gennaio 1854, ci radunammo nella stanza di D. Bosco: esso D. Bosco, Rocchietti, Artiglia, Cagliero e Rua e ci venne proposto di fare coll'aiuto del Signore e di S. Francesco di Sales una prova di esercizio pratico della carità verso il prossimo per venire poi ad una promessa; e quindi, se sarà possibile e conveniente di farne un voto al Signore. Da tale sera fu posto il nome di Salesiani a coloro che si proposero e si proporranno tale esercizio».

Dei quattro, tre (Rocchietti, Cagliero e Rua) divennero salesiani.


Da un minuscolo seme


Fuori, il vento fischiava gelido intorno al Rondò della Forca. In quel momento nel mondo succedevano eventi da “grande storia”: Karl Marx stava scrivendo Il Manifesto, in America Samuel Colt inventava la super rivoltella, a qualche centinaio di metri da quella cameretta, Camillo Cavour firmava la legge per la chiusura di 337 conventi e nei quartieri militari i soldati si preparavano per la stupida e crudele guerra di Crimea.

Eppure, mentre il mondo non se ne sapeva nulla, quel giovane prete e i suoi quattro ragazzi davano il via ad una “start up” che non ha smesso di crescere e compiere meraviglie.

È ammirevole che questo piccolo verbale ci sia giunto, ma ciò che è veramente ammirevole e prodigioso è l'intuizione e la visione di questo grande uomo santo che è Don Bosco, con un cuore pieno di passione educativa ed evangelizzatrice verso i suoi ragazzi.

Lo Spirito Santo ha fatto lievitare quel primo incontro con quattro dei suoi ragazzi, fino alla Congregazione e alla Famiglia Salesiana di oggi, che è diffusa in 136 nazioni del mondo, per prendersi cura di ragazzi, ragazze, adolescenti e giovani, soprattutto i tanti che la nostra epoca dimentica.

Dal nulla è cresciuto un albero bellissimo. Un albero che oggi ha migliaia di amici e benefattori grazie ai quali possiamo fare tanto bene. Un albero che ha come rami migliaia e migliaia di laici che condividono il carisma di Don Bosco e che lavorano ogni giorno nelle case di tutta la famiglia salesiana del mondo.

Senza trionfalismo e invitandoci sempre a prendere coscienza della nostra responsabilità, dico tante volte ai miei fratelli e sorelle del mondo che siamo custodi di un grande Tesoro che non ci appartiene, che è un Dono dello Spirito Santo alla Chiesa per il bene dei bambini e dei giovani, ma che dobbiamo custodire e far fruttificare, come con i talenti del Vangelo.

Questa è la nostra grande responsabilità, perché immaginare oggi una Chiesa e un mondo senza i figli e le figlie di Don Bosco in mezzo ai giovani sarebbe difficile, o almeno gli mancherebbe quella predilezione data loro dal "Padre e Maestro della gioventù", come ha dichiarato San Giovanni Paolo II.

Un foglietto scritto da un ragazzo di diciassette anni. Davvero inizio più umile non poteva avere la nostra storia. Che testimonia anche l’incredibile “genio” (modernissimo anche in questo) di don Bosco: una congregazione per i giovani fondata da giovanissimi.

Lascio su questa pagina che compare in tante lingue sui bollettini salesiani del mondo il mio saluto e il mio augurio.

Grazie a nome di Don Bosco per la simpatia che avete per il nostro carisma, il nostro sogno e tutto ciò che è il motivo della nostra vita: Gesù Cristo Signore e i giovani.

Che il nostro santo fondatore vi benedica. Con affetto.