2016|it|01: Sogno una Famiglia Salesiana formata da donne e uomini felici

IL MESSAGGIO DEL RETTOR MAGGIORE

DON ÁNGEL FERNÁNDEZ ARTIME


SOGNO UNA FAMIGLIA SALESIANA FORMATA DA DONNE E UOMINI FELICI


Le nostre comunità, le nostre presenza e opere non possono non essere abitate da persone che si sentono bene, liete di quello che vivono, di quello che fanno, della vita che donano giorno dopo giorno.


Conservo nella mente e nel cuore i ricordi inobliabili della festa del bicentenario della nascita di don Bosco che abbiamo avuto il piacere di vivere nel mese di agosto nella terra santa salesiana di Valdocco e del Colle don Bosco. La convivenza di molti giorni con migliaia di giovani provenienti da cinquantotto paesi fu, semplicemente, una grazia e uno stupendo regalo.

Eccezionale fu la meravigliosa celebrazione della chiusura del Bicentenario al Colle. Mi ha rallegrato molto ascoltare le notizie e gli eco delle celebrazioni che si sono svolte in tanti angoli del mondo durante tutto l’anno che abbiamo concluso. Grazie allo Spirito Santo la Famiglia Salesiana si dimostra viva e vitale.

È arrivato il momento, dopo questo grande anno giubileo salesiano che abbiamo vissuto, di progettare, concretizzare e mettere in atto tutto quello che portiamo nel cuore. Pensando al futuro e alla nostra Famiglia Salesiana sparsa in tutto il mondo, voglio rivelarvi un sogno molto personale che ho comunicato alcuni mesi fa in una lettera ai salesiani sdb.

Il mio sogno è questo: sogno, dopo questo Bicentenario della nascita di don Bosco, e come frutto di questo magnifico evento, una Famiglia Salesiana composta da uomini e donne felici.

Vi sorprende? Credete che sia strano sognare e desiderare questo? O che chissà sia una utopia?

Io lo vedo ogni volta come una realtà crescente e come una grande necessità del nostro mondo e anche come qualcosa che meritano i nostri ragazzi e le nostre ragazze.

Sapete una cosa? Non ho alcun dubbio che in tutto il mondo e tra tutti, con tanti amici di Don Bosco, giovani leader e catechisti laici impegnati, facciamo del bene, anche molto bene, ma credo che questo non è sufficiente. Importante sì, ma non abbastanza.

Questo bene deve provenire dalla testimonianza di donne e uomini, consacrati o laici, tutti con identità salesiana, che si sentono e sono felici. Le nostre comunità, le nostre presenza e opere non possono non essere abitate da persone che si sentono bene, liete di quello che vivono, di quello che fanno, della vita che donano giorno dopo giorno.

Tutti conosciamo delle persone che hanno ricevuto dalla vita tante ferite. È una caratteristica della vita stessa. Nessuno può evitare questo angolo oscuro e doloroso. La gioia del cristiano è una gioia umanissima che non dimentica le dimensioni corporee e relazionali e si evidenzia, come dice san Paolo, soprattutto come «gioia nelle tribolazioni». Significa che la gioia cristiana abita nel profondo del credente e consiste nella sua vita nascosta con Dio. È la gioia che nessuno può estirpare perché nessuno può impedire al cristiano di amare il Signore e i fratelli anche in situazioni estreme: i martiri sono lì a ricordarcelo.

Per questo dobbiamo ogni giorno dimostrare con la nostra serenità e il nostro sorriso che siamo felici della vita che viviamo e della vita che doniamo. E se tutti i cristiani dovrebbero essere in grado di irradiare questa luce, quanto più lo dovremmo fare noi, uomini e donne della Famiglia Salesiana, pur nella unicità di ogni gruppo, che siamo rami dell’albero del carisma di don Bosco. Noi, figli di un padre che faceva consistere la santità nell’essere sempre allegri, e che abbiamo con il suo stesso entusiasmo impegnato le nostre vite e il nostro tempo al servizio degli altri.

Non si può comunicare e donare la vita con la sensazione che non ne valga la pena. Lo specchio quotidiano più evidente lo abbiamo vissuto in prima persona nelle nostre mamme. Hanno dato la vita e danno la vita ogni giorno, con incondizionate serenità e tenerezza, senza mai far pesare le proprie stanchezze e i propri dolori.

Il carisma salesiano gode di una caratteristica unica: ha tutto quello che serve per sprigionare speranza, ottimismo ed entusiasmo. E noi che abbiamo la fortuna di incarnarlo oggi, tutti voi e io, dobbiamo annunciare al mondo che siamo felici, che la nostra vita ha un senso meraviglioso e che seguire Gesù sulle orme di don Bosco riempie una vita.

Se questa non fosse una motivazione sufficiente, cari amici miei, è ovvio che nel nostro mondo, complesso, spesso duro e indifferente, più che le parole sono i fatti che convincono e muovono i cuori. E se c’è qualcosa di cui questo mondo ha fame e necessità assoluta, insieme alla pace, è la speranza e uomini e donne che quasi senza volerlo, irradiano e comunicano speranza.

Quest’anno celebrerò la festa di don Bosco il 31 gennaio in Sierra Leone. Ho preferito rinunciare a Valdocco (sicuramente con il permesso di don Bosco stesso dal cielo), per stare con i nostri fratelli salesiani e la Famiglia Salesiana della Sierra Leone e con le centinaia e centinaia di bambine e bambini che hanno perduto i genitori a causa di Ebola.

Vorrei che la mia presenza simboleggiasse la presenza di tutta la Famiglia Salesiana del mondo, messaggera di speranza, di affetto e vicinanza, per vivere con loro la gioia e la felicità che ho sognato. Insieme alla forza per superare le difficoltà di ogni giorno.

Mia cara Famiglia Salesiana, realizziamo insieme questo sogno. Don Bosco merita una famiglia così.