2015|it|03: Famiglia Salesiana, che cosa cercate?

2


IL MESSAGGIO DEL RETTOR MAGGIORE

DON ÁNGEL FERNÁNDEZ ARTIME

Famiglia Salesiana, che cosa cercate?

La nostra Famiglia, presente in quasi ogni angolo della Terra, viene invitata a trasformarsi in casa di Gesù, la sua dimora, dove qualsiasi persona di qualsiasi condizione, ma soprattutto quelle più bisognose, possa fare l'esperienza di venire e vedere.

L'evangelista Giovanni narra gli umili inizi del piccolo grup­po di discepoli di Gesù. Il suo racconto comincia in maniera misteriosa. Si dice che Gesù «passava». Non sappiamo da dove venga né dove vada. Non si ferma accanto al Battista: va oltre il suo mondo religioso del deserto. Per questo Gio­vanni suggerisce ai propri discepoli di concentrare su di lui la loro attenzione: «Ecco l'Agnello di Dio». Gesù viene da Dio, non con potenza e gloria, ma come un agnello indifeso e inerme. Non si imporrà mai con la for­za, non obbligherà nessuno a credere in lui. Un giorno sarà sacrificato su una croce. Quelli che vorranno seguirlo do­vranno accoglierlo liberamente.

I due discepoli che hanno ascoltato il Battista iniziano a seguire Gesù senza dire una parola. C'è in lui qualcosa che li attrae, anche se non sanno ancora chi sia né dove li stia conducendo. Tuttavia, per seguire Gesù non basta ascol­tare quello che altri dicono di lui: è necessaria un'espe­rienza personale.

Gesù, perciò, si volta e rivolge loro una domanda molto importante: «Che cosa cercate?». Sono le prime parole che rivolge a quelli che lo seguono. Non si possono seguire i suoi passi in un modo qualunque. Che cosa speriamo da lui? Perché lo seguiamo? Che cosa cerchiamo? Quegli uomini non sanno dove li possa portare l'avventu­ra della sequela di Gesù, ma intuiscono che egli può inse­gnare loro qualcosa che ancora non conoscono: «Maestro, dove abiti?». Non cercano in lui grandi dottrine. Vogliono che insegni loro dove vive, come vive e quali sono i suoi progetti. Desiderano che insegni loro a vivere. Gesù dice loro: «Venite e vedrete».

Come i discepoli di Giovanni, anche noi in un momento della nostra vita ci siamo messi in cammino per seguire Gesù, magari ancora senza conoscerlo troppo, magari senza sapere con certezza cosa significa essere suoi discepoli allo stile di Don Bosco. E' vero che Don Bosco è una persona affascinante, capace di turbare positivamente il cuore delle persone, capace di trascinare comunità intere verso il Dio della Vita, anche in modo che non si stacchino dal quotidiano, dalla vita ordinaria, dalla semplicità e dalla “normalità” di qualsiasi cittadino di qualsiasi cultura su questa terra. Non sempre uno si domanda cosa sostiene l’attualità di Don Bosco, cosa l’ha spinto in vita e cosa spinge oggi la sua opera a essere così coinvolgente ed entusiasmante. E Gesù, come ai discepoli di Giovanni, in un momento quasi per caso, ci guarda e ci domanda: “Che cosa cercate?”. Anch'io vi domando oggi: Famiglia Salesiana, che cosa cercate?”


Il piano di pastorale vocazionale di Gesù


E' molto importante che ognuno possa rispondere personalmente a questa domanda e una volta anche insieme, come corpo ecclesiale. Abbiamo bisogno di imparare a sentire la Parola di Gesù con il cuore aperto, il più purificato possibile, rinnovando la nostra capacità di ascolto. I discepoli dei quali parla il Vangelo, prima di ascoltare Gesù hanno ascoltato dal Battista: “Ecco l'agnello di Dio”, provando nel proprio cuore il desiderio di cercare qualcosa in più nella loro vita, e così pur Simone ha ascoltato suo fratello Andrea: “Abbiamo trovato il Messia” e lo “condusse da Gesù”. Ascoltare e riconoscere la voce degli intermediari è una prima condizione.

E noi, come Famiglia Salesiana, siamo stati chiamati anche a diventare intermediari che conducono gli altri da Gesù, in nostro caso specifico, specialmente i giovani. Dunque, siamo chiamati ad ascoltare molto di più Dio e gli altri, e anche essere pronti per diventare noi stessi intermediari, mediatori, che portano da Gesù. Questa è una mia convinzione fin dall'inizio e ve la condivido perché possa essere anche vostra. Noi, come Famiglia, siamo chiamati a un maggiore ascolto di Dio e degli altri, soprattutto dei giovani che dappertutto e dalle diverse periferie ci interpellano.

Una volta che i discepoli risposero con un po' di sorpresa e imbarazzo domandandogli dove abitasse, Gesù ha fatto sentire il suo invito indirizzato oggi anche a noi: “Venite e vedrete”. Ecco il piano di pastorale vocazionale di Gesù.

Carissimi, la nostra Famiglia, presente in quasi ogni angolo della Terra, viene invitata a trasformarsi in casa di Gesù, la sua dimora, dove qualsiasi persona di qualsiasi condizione, ma soprattutto quelle più bisognose, possa fare l'esperienza di venire e vedere. Ma possiamo ugualmente domandarci qual era la casa di Gesù. Infatti, nei Vangeli, troviamo Lui quasi sempre in cammino e quando è “a casa” si trova come ospite di qualcuno che lo riceve, perché sappiamo bene che Egli non aveva nemmeno “dove posare il capo”. Quindi, attenzione a non attaccarci troppo alle strutture delle nostre case e presenze, le nostre opere e istituzioni. Sicuramente sono molto lodevoli, e meritevoli, ma attenzione con il trionfalismo vuoto che finalmente ci svuota. Il vaccino per prevenire o combattere questa malattia è contemplare Gesù sempre in cammino, perché il cammino è proprio lo scenario di un rabbi con i suoi discepoli. Infatti, cosa significa essere discepolo, se non una persona che segue un maestro?


Dio non ci vuole dormiglioni!


Ricordate la storia di Samuele, molto conosciuta, perché è un tipico testo vocazionale: Dio chiama “Samuele, Samuele”, e Samuele risponde: “Eccomi”. Voglio però sottolineare un altro aspetto. Nel racconto sembra che Dio si sia impegnato a non lasciar dormire Samuele. Il testo dice che “Il Signore chiamò” e ancora una volta: “Il Signore chiamò di nuovo”, e ancora: “Il Signore tornò a chiamare”, e, finalmente: “Venne il Signore, stette accanto a lui e lo chiamò come le altre volte”.

Una prima osservazione è che Dio non si stanca di chiamarci, un'altra è che non ci vuole dormiglioni. Lo ripeto, carissimi tutti della Famiglia Salesiana: Dio non ci vuole dormiglioni! Facciamo molta attenzione ad un peccato non poco comune: l'autocompiacimento, cioè, il conformarci con il vissuto ad intra, il gusto e la soddisfazione dell'essere insieme e mettere il centro in noi stessi come gruppi e istituzioni. Quando uno si trova molto a suo gusto, molto coccolato, nel calore della “dolce casa”, è facile che si addormenti. E una famiglia addormentata e dormigliona non può essere mai una porzione di Chiesa in uscita, come oggi ci propone Papa Francesco, e come viene proprio nel nostro DNA salesiano dalle origini.

Carissimi fratelli e sorelle della Famiglia Salesiana, svegliamoci e svegliamo il mondo! Il nostro carisma è più vivo che mai, non per virtù nostra, ma per la grazia di Dio che mai ci abbandona, per la forza della sua chiamata, per la testimonianza dei nostri cari santi, beati e venerabili della nostra immensa Famiglia, e per la testimonianza di migliaia di sorelle e fratelli che ci hanno preceduto o sono oggi in mezzo a noi. Ma soprattutto è un carisma vivo più che mai perché ancora ci sono milioni di giovani, soprattutto quelli delle diverse periferie geografiche ed esistenziali, a gridare a Dio, tante volte con grande chiasso e tantissime con un profondo silenzio pieno di dolore, abbandono e sofferenza.

Maria, Stella della nostra vita personale e comunitaria, Ausiliatrice, Madre e Maestra della nostra spiritualità, già presente e operante dalle origini fino ad oggi, ci conforti, ci svegli e ci incoraggi per vivere la comunione tra di noi, nella Chiesa e nella società, per essere strumento della cultura dell'incontro lì dove ci troviamo, e per vivere il nostro carisma come comunità credente in uscita, in missione, dove ognuno di noi possa crescere come vero discepolo e discepola missionari, e vivere, come Don Bosco, con i giovani e per i giovani.