RM BS 2015 01 it


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IL MESSAGGIO DEL RETTOR MAGGIORE

ÁNGEL FERNÁNDEZ ARTIME


QUELLA MERAVIGLIOSA QUALITÀ

UMANA E RELIGIOSA

CHE CHIAMIAMO «GRATITUDINE»



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1.1 «Intrattenendovi a vicenda con salmi, inni, cantici spirituali, cantando e inneggiando al Signore con tutto il vostro cuore, rendendo continuamente grazie per ogni cosa a Dio Padre, nel nome del Signore nostro Gesù Cristo» (Efesini 5, 19-20). Non soltanto nel salterio, ma per tutta la durata della nostra vita, il senso e l’espressione del ringraziamento a Dio emergono in molti modi e con diverse tonalità.

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1.2 Il 2015, anno del Bicentenario, ha messo in moto un’ampia programmazione pastorale in tutti i paesi, ma soprattutto ha inaugurato un tempo di riconoscenza e ringraziamento.

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1.3 L’apprezzamento e lo stupore per quanto il Signore ci ha regalato in questi duecento anni di fecondità richiede uno stile di vita, un atteggiamento che lo alimenta: la gratitudine. Sì, le celebrazioni dell’anno giubilare che pullulano nel mondo intero provocano inevitabilmente la riconoscenza, che come ogni virtù deve essere appresa ed esercitata. È un compito per la vita e permettetemi di proporre tre modi di viverla concretamente.

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Saper contemplare


Per ringraziare, in primo luogo è necessario saper contemplare; il nostro sguardo deve essere capace di concentrare l’attenzione nella storia della nostra Famiglia Salesiana. In questi duecento anni dalla nascita di don Bosco ci siamo sentiti amati incondizionatamente. Proprio perché la riconoscenza si nutre di umiltà, abbiamo bisogno di trovare il tempo per maturare le nostre vere motivazioni apostoliche: perché non sbaglino direzione, non si arrestino, non siano affrettate né interminabili né sterili, ma sappiano aprirsi alla grazia di Dio .

1.4 Nel turbine di tante iniziative e attività con cui celebreremo il Bicentenario della Nascita del nostro padre don Bosco, dobbiamo curare il tempo dell’interiorità, quegli “spazi verdi” liberi dal rumore, per affidarci alla Provvidenza di Dio ed essere liberi nella risposta. La nostra vita pastorale impantanati come siamo ogni giorno in mille impegni, a volte, intrappolati da infiniti campi di azione, ci invita a prendere sul serio un tempo generoso per lasciarci sorprendere ogni giorno, per sperare le promesse di Dio con il medesimo atteggiamento che viveva don Bosco. Il Bicentenario deve raggiungere in primo luogo il cuore delle persone.

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1.5 Con l’energia di Dio

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In secondo luogo, ricordiamo come la passione educativa attraversò la vita di don Bosco da un capo all’altro, dai primi passi fino alla fine, dai cinque anni fino ai settantatré. Non ci sono tempi morti nella vita di un salesiano. Non ci sono parentesi nella promessa di Dio né nella risposta generosa di chi è chiamato. L’atteggiamento della gratuità nella vita apostolica sgorga da questa convinzione: lavoriamo per Dio e con la forza di Dio. La logica del Vangelo è quella della grazia (Rom 9,16; 1 Cor 4,7) e la vocazione di ciascuno non è un gesto calcolato sulla propria misura o sulle proprie qualità, ma solo sulla promessa di Dio che è dono gratuito. Una promessa che non può venire meno nè fallire. Nel cuore della Famiglia Salesiana ci sono persone di qualunque età nelle quali è facile scorgere i segni di questa vita impegnata: le loro piccole attenzioni, il rispetto per i ragazzi, la presenza affettuosa, raggiungono un livello di intensità pari alla forza di Colui che essi rappresentano .

1.6 Creatori di ponti

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Infine, la riconoscenza apre le porte della nostra vita all’originalità, alla novità e alla freschezza. E ci avvicina ai giovani, a cui vogliamo bene e ci vogliono bene, stringendo legami e consolidando relazioni profondamente gratuite.

Viviamo nella cultura del merito, che ha il narcisismo come migliore alleato, la generazione del “me lo sono meritato”, contro la cultura delle relazioni gratuite, dell’amicizia sincera e disinteressata. L’eredità pastorale ricevuta da don Bosco, la sua sapienza pedagogica e carismatica è descritta non in studi, sondaggi o voluminosi trattati, ma nell’esperienza vissuta di chi passa molto tempo di qualità con i giovani. La gratitudine è una merce rara nel mondo delle relazioni. La nuova edizione del “Quadro di riferimento per la Pastorale Giovanile Salesiana”, presentata nel Capitolo Generale dei salesiani scorso, ci invita a “fare della nostra casa una famiglia per i giovani” (capitolo V), ci chiede una presenza animatrice che faccia della gratuità uno strumento della nostra relazione educativa.

Lo Spirito Santo ha suscitato nella Chiesa il carisma salesiano e noi, eredi di questo dono, siamo chiamati ad essere “creatori di ponti” tra Dio e i giovani. Siamo chiamati a visitare continuamente le due sponde: la nuova generazione e il Signore. Ogni giovane è amato e degno di fiducia da parte di Dio. È qui che si fonda la presenza amica e paterna che nel modo di fare di don Bosco si manifestava in una amicizia sincera e in una presenza amorevole.

I giovani sono la nostra Terra Promessa. Lungo il cammino, nel trascorrere dei giorni, essi sono il cespuglio ardente da cui Dio ci chiama alla gratitudine. Il modo migliore per dirgli il nostro grazie per il dono di don Bosco è celebrare la vita e questa missione non si esaurisce nell’orazione liturgica, ma si estende alla totalità della nostra vita quotidiana. Quando il cuore è colmo di gratitudine, è necessario celebrare. La celebrazione è il culmine del ringraziamento per le tante prove di predilezione ricevute nella storia della nostra Famiglia.

La sua voce è risuonata molto più in là della Chiesa cattolica, suscitando simpatie in tutti i contesti e creando ponti di dialogo con altre culture religiose. Siamo felici soprattutto perché la parola di don Bosco è stata accolta con entusiasmo dai giovani. Sono loro che hanno preso possesso del suggestivo slogan salesiano che voglio offrire, come messaggio ai giovani del mondo: «Cari giovani, vi amo con tutto il cuore, e mi basta che siate giovani per amarvi con tutta l’anima». Don Bosco lo disse per tutti i suoi giovani e io chiedo questo dono al nostro Padre, Maestro e Amico.