2011|it|10: BEATO ALBERTO MARVELLI (1918-1946)

BEATO ALBERTO MARVELLI (1918-1946)

L'amore non è mai a riposo

La vocazione di un exallievo salesiano



E’ il primo ex allievo salesiano dichiarato beato dalla Chiesa. In occasione della sua beatificazione scrissi: “La beatificazione di Alberto Marvelli è un appello a trovare la strada della santità in famiglia, nella professione, nella politica: ma è anche un riconoscimento dell’educazione salesiana, capace di formare santi”. Questa era la grande convinzione ed esperienza personale di don Bosco, prete educatore e formatore di giovani santi.


Alberto, prima ancora del richiamo del Vaticano II ai laici e al loro impegno nella società, ha riaffermato la sua vocazione di laico impegnato nel mondo, considerato questo non come qualcosa di negativo, ma come la vigna del Signore nella quale lavorare con competenza e con amore, secondo i criteri di Dio espressi nel Vangelo. Ha realizzato così la propria santità nello studio, nel lavoro, in ogni situazione in cui si veniva a trovare, per scelta o portato dagli avvenimenti. Marvelli vive dentro la storia del mondo collaborando con coraggio e con amore per farla diventare una storia di salvezza per tutti. Non è differente la nostra vocazione e missione in questo mondo.


Quella di Alberto Marvelli è una vicenda che trova, dopo l’ambiente famigliare, il suo terreno di coltura e di crescita nell’oratorio salesiano di Rimini, nella Parrocchia di Santa Maria Ausiliatrice. La chiamata di Dio passa attraverso la fede della sua famiglia e attraverso un ambiente ricco di vita e di proposta cristiana, com’è l’oratorio salesiano, dove l’esempio e l’attrattiva di Domenico Savio sono fortissimi e contagiosi: Alberto prega con raccoglimento, fa catechismo con convinzione, manifesta zelo, carità, serenità, purezza. Emerge fra i giovani dell’Oratorio per le sue virtù non comuni e per l’apparente facilità e naturalezza con cui fa le cose più difficili. La matrice della sua formazione umana, apostolica, spirituale è salesiana. Alberto ha solo 15 anni; ma i salesiani capiscono di che stoffa è fatto: diventa delegato Aspiranti e generoso animatore dell’oratorio. Lavora col massimo impegno in mezzo ai ragazzi, animandoli entro una giusta visione del gioco e del divertimento. È intelligente, dotato di buona memoria, pacifico anche se vivace, forte di carattere, generoso, animato da un profondo senso di responsabilità e giustizia; grazie alle sue qualità umane ha un forte ascendente sui compagni; è stimato da tutti per le sue virtù.


Tuttavia Marvelli non è nato con le ali e l’aureola; la conquista di se stesso sarà graduale e difficile. In questo clima matura la sua scelta fondamentale di essere di Gesù e di seguirlo. Scrive nel suo Diario: “Non ci può essere una via di mezzo, non si possono conciliare Gesù e il diavolo, la grazia e il peccato. Ebbene io voglio essere tutto di Gesù, tutto suo. Se fino a ora sono stato un po’ incerto, ora non vi devono essere più incertezze; la via è presa: tutto soffrire, ma non più peccare. Gesù, piuttosto morire che peccare; aiutami tu a mantenere questa promessa”.


Servire è migliore del farsi servire. Gesù serve!” – scrive ancora nel suo Diario. È con questo spirito che affronta i suoi gravosi impegni civici. Alberto diventa un appassionato ricostruttore della città, non risparmia energie, perché avverte e soffre le necessità, le urgenze, la disperazione della gente. Impegnato nel difficile compito della costruzione della città terrena, fu rimproverato da qualcuno, perché avrebbe dovuto dedicare più tempo ad attività ecclesiali. Alberto risponde con semplicità: “Anche questo è apostolato”, riaffermando così la sua vocazione di laico impegnato nel mondo. Sente e vive il suo impegno in politica come un servizio alla collettività organizzata: l’attività politica poteva e doveva diventare l’espressione più alta della fede vissuta. Alberto negli ultimi serve il Signore. Erano con lui specialmente nei momenti di preghiera, del suo dialogo con Dio al quale si elevava portando nel cuore i poveri, i fratelli più cari.


Nell’estate del 1946, dopo lunga riflessione, decide la sua vocazione, che negli anni precedenti aveva oscillato fra una consacrazione religiosa e il sacerdozio. Ora è deciso: formerà una famiglia e chiederà di essergli compagna a Marilena Aldè di Lecco, che aveva conosciuto a Rimini durante le vacanze estive, negli anni del liceo, e con la quale aveva creato un forte legame di amicizia spirituale. Alberto decide di dichiarare a voce a Marilena la sua intenzione, poi il 27 agosto le scrive una lunga lettera. “…è da lunedì che ho sentito di nuovo battere il mio cuore per te, dopo che ti ho vista sempre bella e con gli occhi un po’ mesti, ma tanto buoni. Potrebbe essere questa la chiamata che sta risvegliando l’amore?”. La lettera non ha risposta. Anche a questo dolore Alberto è preparato: “Amo troppo il Signore per ribellarmi o piangere sulla sua volontà… a questa volontà dobbiamo sacrificare il soddisfacimento dei nostri desideri e ideali terreni”.


La vita di Alberto è un forte appello soprattutto ai laici nel “testimoniare la fede mediante le virtù che vi sono specifiche: la fedeltà e la tenerezza in famiglia, la competenza nel lavoro, la tenacia nel servire il bene comune, la solidarietà nelle relazioni sociali, la creatività nell’intraprendere opere utili all’evangelizzazione e alla promozione umana. A voi spetta pure di mostrare – in stretta comunione con i Pastori – che il Vangelo è attuale e che la fede non sottrae il credente alla storia, ma lo immerge più profondamente in essa”, scrisse Giovanni Paolo II.