2010|it|03: Il vangelo ai giovani: In famiglia l'educazione di Gesù


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di Pascual Chávez Villanueva





IL VANGELO AI GIOVANI


IN FAMIGLIA

L’EDUCAZIONE DI GESÙ


La famiglia è la grande scuola fondata da Dio per l’educazione del genere umano (Gotthold E. Lessing).


U


no degli elementi che meglio ci aiutano a capire noi stessi in quanto esseri umani, e che il pensiero moderno ha sottolineato in particolare nel secolo XX, è il carattere storico dell’esistenza umana. Non solo viviamo nella storia, ma ci costruiamo progressivamente attraverso di essa, in un processo che termina solo con la morte. Ciò sembrava così evidente che spesso ci si passava sopra. Una conseguenza, tra le altre, è il modo di cogliere la vita come formazione, e quindi, come un processo permanente; non possiamo mai dirci soddisfatti (‘pienamente fatti’), né rimanere statici come pietre. Prendere sul serio il fatto che il Figlio di Dio ha voluto condividere la nostra vita implica, pertanto, credere che anch’egli visse questo periodo di storicità in tutto il corso della sua esistenza umana.


<< In fondo, è quello che ci dice la Parola di Dio quando afferma: “Il bambino cresceva e si fortificava, si riempiva di sapienza; e la grazia di Dio era su di lui” (Lc 2,40). Quando ci si dimentica di questa realtà, si cade nel pericolo di considerare la sua vita reale sulla terra solo come un’apparenza. Facciamo fatica a credere che Dio ci abbia tanto amato, da voler diventare uno di noi. Uno dei criteri per cui la Chiesa, fin dai primi secoli, ha rifiutato i cosiddetti “vangeli apocrifi”, cioè non ispirati da Dio, è che in fondo non sostenevano la verità dell’incarnazione. Questo ci permette di parlare della “educazione del Figlio di Dio” in modo simile a qualsiasi altro essere umano che abbisogna di un ambiente adeguato per poter realizzare tutte le proprie potenzialità. Tale ambiente fu costituito, per Gesù, soprattutto da Maria e Giuseppe suo sposo. Paolo VI dice molto bene che “lo straordinario equilibrio umano di Gesù manifesta la presenza dei suoi genitori”.


<< San Giuseppe, lo sappiamo, non è “padre” di Gesù in senso fisico: ma la sua collaborazione nel piano di Dio e nello sviluppo umano di Gesù è molto più rilevante che la paternità biologica nel focolare di Nazaret. Basandoci sullo stesso criterio teologico che permette di parlare della Vergine come “Madre di Dio”, possiamo anche parlare di Lei e san Giuseppe come “educatori di Dio”, un titolo che deve esserci molto caro come membri della Famiglia Salesiana. Anche noi, difatti, siamo chiamati nel nostro lavoro educativo e pastorale a favorire progressivamente nei ragazzi/e la configurazione a Cristo, “affinché egli sia il primogenito tra molti fratelli” (Rm 8,29). Spesso sentiamo dire di qualche bambino/a: “Ha gli stessi occhi di sua madre” o “Ha il volto di suo padre”, risvegliando così un legittimo orgoglio nei genitori. Oseremo affermare la stessa cosa riguardo a Gesù? Credo di sì. Giuseppe, in un momento decisivo della sua vita, davanti a una situazione che gli riesce incomprensibile, “essendo giusto”, decise di agire non secondo la Legge, ma in base a una legge superiore, quella dell’amore, e scelse di separarsi in segreto da Maria che amava, invece di metterla in evidenza (cfr Mt 1,19). Proprio questo ha appreso perfettamente Gesù, mettendolo in pratica durante tutta la sua vita. “Se la vostra giustizia non supera quella degli scribi e dei farisei, non entrerete nel Regno dei cieli” (Mt 5,20).


<< In Maria scopriamo il modello della dedizione a un servizio generoso e dimentico di sé: quando si reca presso la sua parente Elisabetta per esserle di aiuto durante la gestazione e il parto, senza preoccuparsi della propria situazione; o quando, a Cana, è attenta ai bisogni altrui, pur non avendo essa nessuna responsabilità. È la Madre di cui, anni dopo, si dirà: ”il Figlio dell’uomo non è venuto per essere servito, ma per servire e dare la sua vita in riscatto di molti” (Mt 20,28). Ma, soprattutto, in Maria e in Giuseppe, quando per vie diverse sono invitati a collaborare al Piano della salvezza, vediamo che entrambi, con le parole e più ancora con il loro atteggiamento, rispondono incondizionatamente al Signore: la loro fede si traduce in obbedienza totale.Ecco l’ancella del Signore; si faccia in me secondo la tua Parola” (Lc 1,38). “Destatosi dal sonno, Giuseppe fece come gli aveva ordinato l’angelo del Signore” (Mt 1,24; cfr. 2,14). Il Figlio imparò perfettamente questa lezione fino a farla diventare l’atteggiamento centrale della sua vita: “obbediente fino alla morte, e morte in croce” (Fil 2,8b).




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  1. a. Gesù adolescente (Anonimo sec. XVII): “Il bambino cresceva e si fortificava, si riempiva di sapienza; e la grazia di Dio era su di lui” (Lc 2,40)


b. Gesù costruisce un aratro (Antonio Berti 1957 - Pro Civitate Christiana di Assisi): (Gesù ha vissuto la nostra vita...


  1. Basandoci sullo stesso criterio teologico che permette di parlare della Vergine come “Madre di Dio”, possiamo anche parlare di Lei e san Giuseppe come “educatori di Dio”.