Atti_2000_373.ACG_


Atti_2000_373.ACG_

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1.1 Page 1

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1. IL RETTOR MAGGIORE
«ECCO IL TEMPO FAVOREVOLE»
1. l e v o c a z io n i: un p u n to ch e ci f a p e n s a re - Un momento fecondo. - In sintonia con la Chiesa.
- L’orientamento vocazionale nel nostro rinnovamento pastorale. - Un nuovo approccio.
2. l a c o m u n ità s a le s ia n a : spazio di e s p e rie n z a e p r o p o s ta v o c a z io n a le . - La logica del “Vieni e
vedi”. - La forza vocazionale della vita della comunità. - L’azione pastorale della comunità. -
Accompagnare. - Alcune aree di speciale attenzione. - L'angelo portò l'annuncio a Maria.
Roma, 8 settembre 2000
Festa della Natività di Maria
Carissimi Confratelli,
Mi è impossibile dare inizio a questa lettera senza dirvi una
parola sentita di ringraziamento per la vicinanza fraterna e per
la preghiera in occasione della prova che il Signore ha predi­
sposto per me.
Egli ha voluto che da tutto risultasse una maggiore unione
fraterna nella Congregazione e nella Famiglia Salesiana e una
conoscenza da parte di tutti del nostro confratello coadiutore
Artemide Zatti, per la cui beatificazione già sono sostanzial­
mente compiute tutte le condizioni. Presto dunque lo vedremo
sugli altari.
Questa mia lettera vuole continuare il tema capitolare sulla
presenza e sulla vita della comunità salesiana, esservi di aiuto
per le vostre riflessioni nei Capitoli ispettoriali e, più tardi, nel
Capitolo generale.
Avevamo già individuato tre dimensioni in cui la comunità
salesiana deve qualificarsi e presentarsi visibilmente nell’am­
biente : la vita fraterna, la testimonianza dei valori evangelici,
l’accoglienza dei giovani e dei poveri.
1 cf. 2 Cor 6, 2

1.2 Page 2

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4 ATTI DEL CONSIGLIO GENERALE
1. LE VOCAZIONI: UN PUNTO CHE CI FA PENSARE
Tra i temi, a cui la Congregazione si è manifestata molto
sensibile nel momento della consultazione sul tema del pros­
simo Capitolo generale, c’era anche quello della nostra capacità
di suscitare vocazioni. E non a torto. E stato sempre conside­
rato un punto qualificante della nostra testimonianza e per
questo venne abbondantemente ripreso con diverse accentua­
zioni nel CG24: la nostra formazione per un discernimento vo­
cazionale2; la promozione vocazionale unitaria nella Famiglia
Salesiana3; la comunità salesiana capace di promuovere la vita­
lità del carisma e il dinamismo vocazionale, perché lo vive con
profondità, consapevolezza e radicalità4; la raccomandazione di
un accompagnamento che riproponga le motivazioni vocazio­
nali nella CEP5. Era dunque una materia posta all’attenzione,
da riprendere.
Con più chiarezza e determinazione, il CG23 aveva messo
quella vocazionale come una delle aree immancabili di lavoro
del nostro cammino di fede con i giovani6 e come una dimen­
sione qualificante della Spiritualità Giovanile Salesiana7.
A ll’interno del tema del CG25, che si riferisce specifica­
mente alla vita e missione delle nostre comunità, vogliamo veri­
ficare le condizioni di vita e di azione che possono favorire un'e­
sperienza gioiosa e incoraggiante della vocazione, un’esistenza
che sia testimonianza e profezia, un ambiente che diventi ap­
pello vocazionale per tutti coloro che si sentissero attirati dallo
spirito e dalla missione di Don Bosco.
Di fatto, la preoccupazione vocazionale è stata una delle
piste che hanno portato alla scelta del tema del Capitolo. In
2 cf. CG24, 141-142
3 cf. CG24, 143. 146
4 cf. CG24, 159
5 cf. CG24, 165
6 cf. CG23, 149-157
7 cf. CG23, 178-180

1.3 Page 3

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IL RETTOR MAGGIORE 5
certo modo, la crisi delle vocazioni alla vita consacrata, che
stiamo esperimentando in una buona parte della Congrega­
zione e della Chiesa, è “una cura” salutare, nel senso che ci ob­
bliga a verificare la qualità della nostra vita personale e comu­
nitaria, il significato delle nostre strutture e della nostra orga­
nizzazione, la possibilità di essere ancora significativi e proposi­
tivi oggi.
I giovani hanno bisogno di testimoni, di persone e ambienti
che mostrino, per via di esempi, le possibilità di impostare la
vita secondo il Vangelo nella nostra società. Questa testimo­
nianza evangelica costituisce il primo servizio educativo da of­
frire loro, la prima parola di annuncio del Vangelo.
Questa lettera vuol essere un contributo alla verifica che le
Ispettorie devono realizzare; vuole offrire alcuni elementi di il­
luminazione per incoraggiare il molto che già si fa, stimolare
ogni comunità e confratello a impegnarsi in prima persona
nella testimonianza e proposta vocazionale e aprire orizzonti
perché la nostra pastorale non si limiti a proposte generiche e
superficiali di impegno vocazionale, né si riduca soltanto a cer­
care, fuori dei nostri ambienti, candidati alla vita salesiana.
II tema delle vocazioni è emerso spesso, come primo interro­
gativo o come preoccupazione, nei dialoghi che ho fatto con i
confratelli durante le mie visite: e non solo per la paura di
estinguerci in vaste regioni del mondo nord-occidentale, nelle
quali ogni anno si constatano la diminuzione, l’invecchiamento
e gli esigui ingressi; ma forse perché nell’infecondità vocazio­
nale si manifesta vistosamente sia la scarsa forza di attrazione
delle nostre comunità, sia il modesto livello di profondità della
vita cristiana che proponiamo ai giovani.
Le domande dei confratelli si rivolgevano sempre, in ma­
niera particolareggiata, alla fecondità vocazionale di ciascuna
parte del mondo: alle possibilità di avere ancora vocazioni alla
vita consacrata negli ambienti cosiddetti fortemente secolariz­
zati e benestanti, segnati dalla libertà, dalle molteplici opportu­

1.4 Page 4

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6 ATTI DEL CONSIGLIO GENERALE
nità per i giovani, dai progetti di vita temporanei; alle condi­
zioni richieste per assicurare l’autenticità e la perseveranza nei
contesti segnati dalla religiosità popolare, da una condizione de­
mografica ancora numerosa o dalle limitate prospettive di vita
per i giovani. Molti hanno chiesto di inserire, per il prossimo
Capitolo, questa prospettiva nella riflessione sulla comunità.
Ciò, d’altra parte, è in linea con quanto affermano le nostre
Costituzioni, che mettono la promozione delle vocazioni tra le
finalità della nostra missione: «Fedeli agli impegni che Don
Bosco ci ha trasmesso, siamo evangelizzatori dei giovani spe­
cialmente dei più poveri, abbiamo una cura particolare per le
vocazioni apostoliche»8.
Lo conferma l’articolo 28, nel capitolo che riguarda i nostri
destinatari principali: «Rispondendo alle necessità del suo po­
polo, il Signore chiama continuamente con varietà di doni a se­
guirlo per il servizio del Regno. Siamo convinti che tra i giovani
molti sono ricchi di risorse spirituali e presentano germi di vo­
cazioni apostolica. Li aiutiamo a scoprire, ad accogliere e a ma­
turare il dono della vocazione laicale, consacrata, sacerdotale, a
benefìcio di tutta la Chiesa e della Famiglia Salesiana. Con pari
diligenza curiamo le vocazioni adulte»9.
Ogni salesiano è dunque uno scopritore ed accompagnatore
di vocazioni. Ogni comunità ha questa tra le sue finalità princi­
pali. È da sottomettere a verifica se tale “dettato” costituzio­
nale orienta l’azione di ogni comunità nelle singole Ispettorie
ed ispira l’agire di ogni confratello. O se, al contrario, sulla vo­
cazione e sulle strade che rendono possibile una decisione evan­
gelica siamo così poco istruiti e attenti da non riuscire a portare
la “nostra pastorale” al suo punto di maturità.
Ciò raccoglie l’esperienza e la preoccupazione di Don Bosco.
In lui era costante e operativo il pensiero delle vocazioni. Basti
ricordare due fatti. Il primo è l’iniziativa di creare il settore
8 Cost. 6
9 Cost 28

1.5 Page 5

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IL RETTOR MAGGIORE 7
studenti di Valdocco, proprio per favorire quelli che, per bontà
di animo e capacità intellettuale, davano segni di vocazione allo
stato ecclesiastico. Impegni di studio, ma soprattutto intensità
nella vita di pietà e rapporto con lo stesso Don Bosco dovevano
portare a maturare i germi che si erano individuati nei primi
incontri.
Il secondo fatto è la schiera di sacerdoti e religiosi usciti dal­
l’Oratorio, di cui Don Bosco stesso presenta con gioia e con fie­
rezza la statistica, come segno della buona formazione cristiana
dei suoi giovani. Trascriviamo, dalle Memorie Biografiche: «In­
fatti nel 1883, noi presenti con D. Dalmazzo, abbiamo udito D.
Bosco esclamare: - Sono contento! Ho fatto redigere una dili­
gente statistica, e si è trovato che più di 2000 sacerdoti sono
usciti dalle case nostre e sono andati a lavorare nelle Diocesi.
Siano rese grazie al Signore e alla sua Santissima Madre, che ci
hanno fornito abbondanza di ogni mezzo per fare questo bene.
Il suo calcolo però non era compiuto. Altri 500 dei suoi gio­
vani si ascrissero al clero prima della sua morte; e poi altri, dei
quali egli aveva svolta la vocazione, negli anni seguenti alla sua
dipartita da questo mondo, sceglievano per loro porzione il
sacro ministero. Aggiungiamo quelli che da tante sue case fi­
gliali passarono al Seminario. Non omettiamo i molti che per
suo consiglio entrarono a ripopolare le case religiose, e non vi
sono Ordini e direi quasi Congregazioni in Italia che non ab­
biano sacerdoti un giorno figli di D. Bosco. Indirettamente poi
non gli si deve negare il merito di aver con varii mezzi accre­
sciuto di nuove forze l’esercito del Cattolicismo. Si può dire che
fu dopo il suo esempio, e talvolta per le sue istanze e per la sua
cooperazione, che si apersero e si sostennero i piccoli Seminari.
E da lui che non pochi Direttori di questi e dei grandi Seminari,
venuti a consultarlo, impararono il modo di coltivare gli alunni
con amorevole e paterna assistenza, colla pietà e specialmente
colla frequenza della Comunione, condizione indispensabile per
la perseveranza nella vocazione, sicché ne ebbe grande van­
taggio il clero delle rispettive diocesi [...] Altre prove del nostro

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8 ATTI DEL CONSIGLIO GENERALE
asserto riserbiamo pel corso della storia, dalle quali unite a
queste noi possiamo dedurre di non essere lungi dal vero coloro
i quali asseriscono aver D. Bosco formati seimila sacerdoti»10.
Dalla scuola di Don Bosco vennero un Rua, un Cagliero, un
Domenico Savio e tanti altri. I Salesiani oggi sono convinti che
la fecondità vocazionale, nei diversi contesti, curando a dovere
la pastorale e il cammino di formazione cristiana, giudica la
loro capacità di comunicare una conoscenza sufficiente ed un
amore a Cristo che spingono alla imitazione e alla sequela. E,
d’altra parte, si scorge quanto siano lontani dall’impostazione
salesiana coloro che pensano che le vocazioni debbano essere ri­
cercate in altri contesti o attraverso l’azione di persone partico­
larmente incaricate, mentre le comunità dovrebbero dedicarsi
soltanto a “servizi”, fossero anche a favore dei più poveri.
Un momento fecondo.
Ci sono molti punti da cui si può partire per comprendere ade­
guatamente il fatto vocazionale. Nella Sacra Scrittura troviamo
dei paradigmi dove si vede bene la parte di Dio, che non viene mai
meno, e le condizioni della risposta dell’uomo o della donna.
La Bibbia ha pagine per i tempi vocazionalmente difficili o
di sterilità. In essi Dio, garante della salvezza, parla diretta­
mente al cuore delle persone per assicurare la memoria della
sua alleanza. Mi piace ricordare l’episodio di Samuele. Egli, in
un momento di decadenza dell’istituzione religiosa, in cui l’at­
tenzione del popolo era concentrata sullo sforzo bellico, quando
si era persino dimenticata la figura dei profeti, riceve diretta­
mente, durante la notte, la chiamata da Dio. I modelli di identi­
ficazione non esistevano, le domande e le urgenze del popolo
non erano quelle religiose. Eppure Dio parla al cuore del gio­
vane direttamente, per renderlo suo testimone e portavoce.
10M B V pag. 411-412

1.7 Page 7

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IL RETTOR MAGGIORE 9
In questa lettera io desidero richiamare la vostra attenzione
sul fatto che forse stiamo vivendo una fase di privilegiate possi­
bilità vocazionali, se però il nostro amore per Gesù riesce ad
esprimersi ed a comunicare.
Nel contesto del Giubileo, abbiamo vissuto due avvenimenti
che ci hanno fatto pensare all’apertura interiore dei giovani a
Gesù e alla forza che ha la figura e il progetto di Cristo su di loro.
Il primo in ordine di tempo è stato il Forum 2000 del Movi­
mento Giovanile Salesiano. Mentre mi trovavo al Colle Don Bosco,
un giovane ha rivolto al Rettor Maggiore una domanda esplicita:
«Dal Movimento Giovanile Salesiano e in particolare dagli anima­
tori non escono vocazioni per il sacerdozio e la vita consacrata?».
La risposta del Rettor Maggiore è stata: certo, sono matu­
rate vocazioni; ma è anche vero che questa dimensione della
spiritualità giovanile salesiana non è stata sufficientemente col­
tivata: dall’annuncio alla proposta, dall’invito all’accompagna­
mento personale di coloro che dimostrano attitudine, segni o
primi desideri. Nel suo messaggio per il cammino del MGS nel
2000, il Rettor Maggiore ha voluto includere proprio questo
aspetto. Potete leggerlo in questo stesso numero degli Atti.
Il secondo avvenimento è stato la Giornata Mondiale della
Gioventù di Roma. Nell’omelia durante la celebrazione dell’Eu­
caristia il Papa ha esortato i giovani a pensare anche alla possi­
bilità di donare tutta la propria esistenza nel ministero sacer­
dotale e nella vita consacrata: «Possa esservi sempre, in ogni
comunità, un sacerdote che celebri l’Eucaristia. Chiedo per
questo al Signore che fioriscano tra di voi numerose e sante vo­
cazioni al sacerdozio»11. E, più avanti, richiamava ancora:
«Dalla partecipazione all’Eucaristia scaturisca una nuova fiori­
tura di vocazioni anche alla vita religiosa, che assicuri nella
Chiesa forze fresche per la nuova evangelizzazione»12.
11Giovanni Paolo II, Omelia del 20 agosto 2000, Osservatore Romano 21-22 agosto
2000
12 Ib.

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10 ATTI DEL CONSIGLIO GENERALE
Le conversazioni individuali con i giovani hanno fatto emer­
gere quanto il pensiero di seguire Cristo radicalmente si affacci
nella loro anima. Ma sovente li trova impreparati per una ri­
sposta e, secondo quanto già altre volte si è commentato, li
trova insicuri di fronte alle possibilità reali di trovare spazi
sulla misura delle loro attese, nei quali esprimere una tale vo­
cazione per tutta la vita.
È vero: la gioventù presente nei due avvenimenti non rap­
presentava tutta la gioventù del mondo, nemmeno quella catto­
lica. Erano, specialmente nel Forum 2000, giovani scelti. Ma
proprio questi sono i giovani che offrono uno spazio di dialogo
vocazionale impegnativo e hanno confessato che tale dialogo
non sempre è stato fatto con loro.
Forse stiamo vivendo un “tempo nuovo”, nel quale è deter­
minante un adeguamento della pastorale vocazionale in ter­
mini di immagine, di linguaggio e di proposta.
Non voglio qui ripetere la dottrina teologica sulla vocazione
e nemmeno descrivere le condizioni sociologiche e religiose di
certe zone nelle quali sembrano concentrarsi le difficoltà. Le
abbiamo già sentite a sufficienza. Si è detto, con ragione, che
bisogna passare dalla analisi alle proposte.
C’è un fenomeno che ci deve far pensare. In zone, che si di­
cono diffìcili, convivono insieme comunità, centri di spiritualità
o movimenti ecclesiali che attirano fortemente e altre comunità
od opere che non riescono a provocare desideri di unirsi all’e­
sperienza che i giovani hanno pure davanti ai loro occhi.
Anche nelle aree ancora fertili si dà una differenza tra i
“tipi” di giovani e ragazzi che vengono attratti dalla nostra vita
e la loro tenuta una volta che si inseriscono nelle comunità: si
tratta di autenticità di motivazioni, di formazione spirituale
cristiana, di progetto di vita in Cristo, di ferie interiorizzata.
Dobbiamo pensare seriamente questo aspetto. Effettiva­
mente le vocazioni rappresentano il principale problema della
nostra come di altre Congregazioni ed Ordini religiosi. Campi
di lavoro ce ne sono in abbondanza, in tutti continenti: la cosa

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IL RETTOR MAGGIORE 11
più facile è individuarli ed enumerarli. Si è pure avviata ed è
cresciuta la collaborazione dei laici, per rispondere alle urgenze
dei numerosi fronti. La dinamica di animazione è diffusa. Ma
senza persone, che testimonino fino in fondo il carisma, niente
di questo si muove!
«Pregate il Signore, perché la messe è molta e gli operai
sono pochi»13. Questa espressione di Gesù, vera sempre, si ap­
plica più che mai al nostro momento storico.
Il Signore ci sta dando una nuova opportunità, ma allo
stesso tempo ci chiede una purificazione, una sottolineatura
dell’essenziale, una capacità di mettere in contatto vivo con
Cristo, piuttosto che soltanto coinvolgere in amicizie personali
o prestazioni di servizio.
In sintonia con la Chiesa.
Sulla pastorale vocazionale in Europa è stato fatto un con­
vegno a Roma dal 5 al 10 maggio 1998. Previamente era stato
diffuso un documento di lavoro che rilevava, nel modo più og­
gettivo possibile, l’andamento quantitativo e qualitativo delle
vocazioni, ma anche la coscienza vocazionale delle Chiese e le
modalità di pastorale e proposta vocazionale che esse hanno
sviluppato.
Il documento si soffermava naturalmente sulle condizioni
umane, sociali e religiose dei giovani; ma raccoglieva anche i se­
gnali positivi, le risorse attuali, i germi di una stagione nuova
che chiede una cura sapiente da parte di tutte le comunità, in
particolare degli educatori.
Alla conclusione dei lavori è stata pubblicata una relazione
finale veramente nuova e ricca di proposte.
Un lavoro simile è stato fatto in America e alla fine di feb­
braio la Congregazione per l’Educazione Cristiana ha pubbli­
cato un numero della rivista Seminarium riguardante la situa-
13cf. Mt 9, 38

1.10 Page 10

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12 ATTI DEL CONSIGLIO GENERALE
zione delle vocazioni nel futuro, per il quale è stato richiesto al
Rettor Maggiore dei Salesiani un articolo dal titolo “Pastorale
giovanile ed orientamento vocazionale”14, un segno di come la
nostra esperienza sia apprezzata.
Da parte nostra, abbiamo dedicato un lungo tempo di studio
alla Ratio, che comprende anche il prenoviziato e i criteri di di­
scernimento per l’accettazione.
Direi che è inutile fingere: il problema vocazionale è un pro­
blema che scotta! Ciononostante, l’intenzione generale dei conve­
gni è di “promuovere la speranza”. Tale è il tono dei documenti
previ; tale fu pure l’aria dei congressi. Abbiamo fiducia che il Si­
gnore continuerà a suscitare profeti e uomini secondo il suo cuore.
Anche l’Unione dei Superiori Generali degli Ordini e Con­
gregazioni religiose ha voluto mettere a fuoco la riflessione
sulle possibilità e condizioni per proporre oggi la vocazione e
maturare i candidati alla vita consacrata, in particolare là dove
la dimensione religiosa sembra di pochissima rilevanza sociale,
in balia dell’elaborazione soggettiva.
Con tutto questo si è avuta una visione generale delle nuove
condizioni nelle quali le vocazioni nascono e si sviluppano15. In
qualche parte si vive la prova della sterilità, come quella di
Sara o anche di Anna, madre di Samuele. Non è accettabile
però decretare la propria estinzione e programmare semplice­
mente il passaggio della propria eredità carismatica ad altri,
per esempio ai laici, e bloccarsi quanto alla proposta di vita cri­
stiana e di sequela Christi nella cultura secolare!
Se Cristo è stato per noi senso e cammino, se la nostra espe­
rienza con Lui è stata felice, è meglio, come ha fatto Abramo,
supplicare per un figlio che assuma la discendenza e darsi da
fare per suscitarlo. È necessario, si è detto, convocare ed anche
provocare, tornando a presentare, nella loro realtà paradossale,
14 Seminarium Anno XL n. 1 Gennaio-Febbraio 2000, pag. 67-80
15 USG - 55° Conventus Semestralis. “Le vocazioni alla vita consacrata nel contesto
della società moderna e post-moderna” , Ed. Il Calamo, Maggio 1999

2 Pages 11-20

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2.1 Page 11

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IL RETTOR MAGGIORE 13
i percorsi di un’esistenza conforme al Vangelo, come le beatitu­
dini, la croce, la libertà di realizzarsi in Dio.
L’orientamento vocazionale nel nostro rinnovamento pastorale.
Lungo questi anni la Congregazione ha sviluppato una ri­
flessione sull’orientamento dell’educazione dei giovani alla
fede. Ne ha individuato nell’orientamento vocazionale la dimen­
sione fondamentale e qualificante16. Vogliamo aiutare i giovani a
collocarsi di fronte al proprio futuro in atteggiamento di dispo­
nibilità e generosità, predisporli ad ascoltare la voce di Dio, ac­
compagnarli nel formulare il proprio progetto di vita.
In questo impegno vocazionale privilegiamo alcuni aspetti
che si appoggiano e si completano a vicenda: l’orientamento of­
ferto a tutti i giovani all’interno del discorso educativo; la co­
stante attenzione per scoprire e accompagnare con iniziative
differenziate e appropriate vocazioni di particolare impegno
nella società e nella Chiesa; l’attenzione speciale alle vocazioni
di servizio alla Chiesa (vocazioni per le diocesi, per altri istituti
religiosi) e della mondialità (vocazioni missionarie, anche
laiche); una particolare responsabilità verso il carisma sale­
siano nelle sue molteplici forme, mediante il discernimento e la
cura dei semi di vocazione salesiana, sia consacrata che laicale,
presenti nei giovani.
È nostra convinzione che regaliamo un gran tesoro alla
Chiesa quando procuriamo una buona vocazione. Non importa
che questa vocazione vada in diocesi, nelle missioni o in una
casa religiosa. È sempre una risorsa che si mette a disposizione
della Chiesa e del Regno17.
La situazione non è facile. Il Congresso “Nuove vocazioni
per una nuova Europa” 18 ha segnalato alcune cause o radici
della difficoltà: una cultura pluralista complessa, senza fonda­
16cf. CGS, 374 e 692; CG21, llOss; CG23, 149 ss e 247
17cf. MB XVII, pag. 262
18cf. “Nuove vocazioni per una nuova Europa”, n. 11c: Uomo senza vocazione

2.2 Page 12

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14 ATTI DEL CONSIGLIO GENERALE
mento, che tende a produrre nei giovani un’identità fragile;
una cultura della distrazione, che rischia di sommergere o an­
nullare gli interrogativi sul senso della vita; una mentalità che
porta a pensare che le possibilità della vita devono consumarsi
in fretta; il nomadismo nelle idee e negli impegni, che non si
preoccupa dei riferimenti orientativi definitivi. Ma è in questo
contesto che il Vangelo va comunicato ed offerto come norma e
cammino.
In tali circostanze noi cerchiamo di vivere con un atteggia­
mento di fede serena, di speranza e senza colpevolizzazioni. Ad
Abramo, quando era triste perché non vedeva realizzarsi il
dono della discendenza, Dio rivolge l’invito ad uscire dalla sua
piccola capanna per mettersi sotto la grande tenda del Signore,
il cielo, e con quell’orizzonte più vasto interpretare e credere
alla storia che Dio, fedele alle sue promesse, gli sta preparando.
Questo atteggiamento di speranza deve anche guidarci nella
lettura dei segni dei tempi: la carenza di vocazioni (un male) si
può cogliere come un invito ad una purificazione delle inten­
zioni, a riconoscere la necessità di centrarsi sull’essenziale della
vita consacrata e della nostra specifica vocazione nella Famiglia
Salesiana.
Quando preghiamo il Signore della messe, è importante che
siamo mossi più dal suo Regno e dal desiderio che si adempia la
sua volontà, che dalla necessità o dall’angoscia di avere succes­
sori per ciascuna delle nostre attuali opere, che prendano il no­
stro posto nei molti progetti apostolici che stiamo animando.
Intanto, tra i giovani, nella Famiglia Salesiana, tra la gente,
diffondiamo una cultura vocazionale. È un termine, questo,
lanciato dal Papa19. Successivamente è stato anche da noi ap­
profondito20. Si tratta di promuovere una forma di vita e di im­
19 Giovanni Paolo II, Messaggio della XXX Giornata Mondiale di preghiera per le
vocazioni (1993)
20 cf. V e c c h i J., “La vocazione tra cultura e culture: crisi del modello occidentale?,
in Cultura e Vocazioni, Rogate, Roma 1994, pag. 31-63

2.3 Page 13

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IL RETTOR MAGGIORE 15
postazione delle scelte personali davanti al futuro secondo un
insieme di valori come la gratuità, l’accoglienza del mistero, la
disponibilità a lasciarsi chiamare e coinvolgere, la fiducia in sé
e nel prossimo, il coraggio di sognare e desiderare in grande.
Accanto all’azione di contenimento, ci sono delle proposte ed
esperienze educative sulla linea dei valori proposti.
Questa cultura diventa oggi il primo obiettivo della Pasto­
rale Vocazionale, e forse della pastorale in genere, afferma il do­
cumento conclusivo del Congresso sulle vocazioni nell’Europa21.
Un nuovo approccio.
Attraverso questo cammino di riflessione e le esperienze in
corso, si percepisce una disponibilità dei giovani ancora viva
per l’esperienza di Dio e si scoprono nuove dimensioni e nuovi
elementi, importanti per il nascere e il crescere delle vocazioni.
Vi si scorge soprattutto il nuovo soggetto destinatario e
interlocutore principale del discorso vocazionale: è soprattutto
l'adolescente adulto, sia per l’allargamento dell’obbligo scolasti­
co, sia per la maggiore età in cui si decide lo stato di vita. Per noi
è importante inserire elementi vocazionali in ogni età, ma ab­
biamo uno spazio privilegiato tra gli animatori, i volontari, i gio­
vani collaboratori, gli universitari, gli allievi degli ultimi corsi.
Questa novità ne comporta un’altra che ci riguarda molto
da vicino: il discorso di vita cristiana e l’orientamento vocazio­
nale per questi adolescenti adulti è m olto più esigente e spe­
cifico. Essi non entrano in un’équipe di lavoro o di servizio. Se
si tratta di fare un lavoro laicale, anche gratuito, sanno che
possono disporre di altri spazi e strutture di volontariato. È la
visione e il senso della vita che determina il loro orientamento.
Soltanto se sono attirati da Gesù e hanno appreso la vita che
Egli propone, si decidono a seguirlo.
Siamo, si è detto, in un’epoca “selvaggiamente religiosa” .
21 cf. “Nuove vocazioni per una nuova Europa”, n,13b

2.4 Page 14

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16 ATTI DEL CONSIGLIO GENERALE
È necessario far sentire ai giovani la grande novità di Gesù
Cristo, l'oltre e non solo il piacere della gratuità a tempo limi­
tato. È inutile, per l’appello vocazionale, la clandestinità reli­
giosa del gruppo che si è costituito nel nome di Cristo. È meglio
che dichiariamo, apertamente con parole e opere, quale è stata
la nostra scelta e la gioia con cui la viviamo.
Nel libro degli Atti leggiamo che, mentre la comunità dei se­
guaci di Cristo dava i nuovi segni tipicamente cristiani, il Si­
gnore orientava verso di essa coloro che dovevano essere salvi22.
Le due cose sono necessarie e complementari: la voce o grazia
del Signore e i segni della comunità.
A lcu n e costa n ti ricorrenti nelle conversazioni di cui vi
parlavo prima, presenti anche nelle esperienze fatte dalle Ispet-
torie, possono aiutare pure alla riflessione sulla capacità voca­
zionale delle nostre comunità. Eccole.
1. La vocazione è un’attrazione. Se il carisma e la vita di
quelli che oggi ne sono i portatori e rappresentanti non è, per
così dire, affascinante, vengono meno le condizioni per susci­
tare seguaci. Ciò era capitato già con Gesù. Gli apostoli sono ri­
masti legati a Lui da un’ammirazione non comune; avevano
percepito la bontà che si sprigionava da Lui e perciò gli hanno
domandato: «Dove abiti?»23. Andando poi a stare con lui.
Nell’adunanza dei Superiori Generali, diversi Istituti hanno
presentato esperienze di comunità aperte ed accoglienti, fron­
tiere di missione audaci e nuove, esperienze di vita consacrata
espressive del primato di Dio che avevano suscitato l’interesse
nei giovani.
Torno ad insistere sulla genuinità e il carattere comunitario
delle esperienze di Dio, particolarmente vicine ai giovani “reli­
giosi” di oggi, anche se debbono capire le condizioni quotidiane
22 cf. At 2, 42-48
23 Gv 1, 38

2.5 Page 15

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IL RETTOR MAGGIORE 17
del nostro rapporto con il Padre alla luce dell'avvenimento del­
l’incarnazione, liberandosi dal fascino momentaneo dello
straordinario.
2. La vocazione è una chiamata e una grazia; è fuori
dalle nostre possibilità ispirarla e farla nascere. L’iniziativa è
di Dio. È una costante nelle vocazioni bibliche e lo ripete
Gesù: «Non voi avete scelto me, ma io ho scelto voi»24. È neces­
sario pregare e lavorare, accogliere e ringraziare, anche solo
per una vocazione, osservare e scoprire. In tal senso non ci la­
mentiamo, ma il nostro cuore si rivolge grato al Signore per i
circa 500 giovani che anche quest’anno sono entrati nei nostri
noviziati.
3. La vocazione è un cammino strettamente legato alla
maturazione nella fede, in un dialogo con Dio che dura tutta la
vita. La condizione basilare perché essa sorga è di sviluppare la
vita cristiana in ogni aspetto: verità, costumi, preghiera. Sono
quasi sparite le vocazioni di carattere “sociologico” . Una forte
personalizzazione della fede e una vita interiormente legata a
Cristo sono indispensabili perché maturino proposte secondo la
parola del Signore. Ricordate il dialogo del giovane ricco con
Gesù? Ebbene, non basta essere onesti. Si tratta di cogliere mi­
steriose dimensioni della nostra esistenza.
4. Ognuno sperimenta questa chiamata, perché Dio ha un
progetto per ogni persona. È necessario che tutti ne diven­
tino consapevoli. A noi tocca aiutare ciascuno a sviluppare la
sua vocazione con un programma appropriato: per la vita lai­
cale, per il sacerdozio, la vita consacrata, la secolarità consa­
crata. È vero, comunque, che l’accompagnamento verso il sacer­
dozio e la vita consacrata costituisce un aspetto specifico e non
bisogna diluire tutto in un discorso genericamente vocazionale.
24 Gv 15, 16

2.6 Page 16

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18 ATTI DEL CONSIGLIO GENERALE
5. C’è bisogno di un lavoro diretto ed esplicito per le voca­
zioni di particolare consacrazione o servizio. Spontaneamente
non sorgono, nemmeno dagli ambienti religiosi. Sono poco co­
nosciuti i modelli di vocazioni ecclesiali, anche tra i giovani ca­
techizzati. Per questo le Diocesi e le nostre Ispettorie organiz­
zano un servizio di animazione. E si vede che, dove tale servizio
funziona, le cose vanno meglio, sempre che le comunità non de­
leghino ad esso ciò che invece esse stesse possono e debbono
fare. Non bisogna cadere nel genericismo e non distinguere più
i diversi tipi di appelli o chiamate che Gesù stesso ha fatto.
6. Ogni comunità ed in essa ogni persona dev’essere
profondamente coinvolta secondo le proprie possibilità, nello
scoprire ed aiutare le vocazioni. Lo sforzo di un “reclutatore” o
incaricato o delegato è assolutamente insufficiente e non offre
garanzie riguardo alla quantità e all’autenticità.
Al di là della inadeguatezza per ottenere un risultato desi­
derato, è in gioco la continuità della missione della comunità e
del singolo. Ciascuna comunità rappresenta Don Bosco nel con­
testo dove vive ed opera ed è deputata a prolungare il suo ca­
risma e la sua missione. È un alibi dire che la nostra missione
potrà passare ai laici o programmare la propria estinzione,
anche con motivazioni religiose.
Dio dirà quale sarà la nostra sorte; ma è importante che in
essa non influisca né la nostra trascuratezza, né scelte sba­
gliate, come può essere quella di rinunciare a proporre ai gio­
vani forme di intensa vita cristiana e di sequela radicale di
Cristo.
7 .I giovani sentono la necessità di una esperienza diretta
e di contatto con le realtà di contenuto vocazionale. In tal
senso gioca un ruolo importante l’ambiente dove il giovane si
impegna: vi può trovare modelli, gustare valori e amicizie e so­
prattutto esercitare responsabilità che sono tipiche delle voca­
zioni ecclesiali. Le nostre parrocchie, scuole, oratori, gruppi di

2.7 Page 17

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IL RETTOR MAGGIORE 19
volontariato debbono costituirsi come comunità dove si speri­
mentano ministeri a servizio di una missione e vi si aiuta ad un
incontro con Gesù.
8. Molte vocazioni, come si è detto, maturano ad un’età più
alta e ciò significa un periodo di accompagnamento più
lungo. Si deve infatti cominciare con una catechesi a sfondo
vocazionale già nella fanciullezza e nella adolescenza. Ma non
bisogna abbandonare il lavoro quando i giovani sono entrati
nell’università o in ambienti equivalenti. La media di età di co­
loro che entrano al noviziato sta oscillando tra i 21 e 27 anni.
Oltre ad essere più lungo, l’accompagnamento dev’essere
più consistente, per quanto riguarda la fede e la pratica cri­
stiana. Deve corrispondere allo sviluppo intellettuale del gio­
vane, alle domande che gli pongono la vita e la società. Due En­
cicliche di Giovanni Paolo II - la Veritatis Splendor e la Fides et
Ratio - danno un’idea delle questioni di mentalità e di abitu­
dini sulle quali il giovane sente le più svariate opinioni,
espresse con estrema sicurezza e in nome del diritto della per­
sona a pensare e ad esprimersi.
Sono ambiti dove è necessario l’accompagnamento. È
chiaro, infatti, che mentalità ed abitudini, se non vengono illu­
minate ed orientate dal Vangelo, impediscono le seguenti deci­
sioni vocazionali e ostacolano il cammino da intraprendere. Per
questo nel documento conclusivo del convegno sulle vocazioni
in Europa si accumulano indicazioni su un orientamento cri­
stiano deciso: presentare Cristo come progetto dell’uomo, invi­
tare alla sequela, coltivare il primato dello Spirito, favorire il
radicalismo evangelico come profezia, dare direzione spirituale.
9. Il riferimento a un ambito comunitario è indispensa­
bile. Nessuno ha vocazione alla solitudine e all’isolamento.
Perciò anche alle chiese locali viene raccomandato di organiz­
zare la comunità come una articolazione ricca di ministeri o
servizi per la missione.

2.8 Page 18

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20 ATTI DEL CONSIGLIO GENERALE
Anche noi, negli ultimi tempi, abbiamo potuto trarre delle
conclusioni utili, constatando la percentuale di giovani chia­
mati che hanno fatto l’esperienza della comunità educativa sa­
lesiana, del gruppo, di una comunità giovanile, in un servizio di
volontariato.
Al contatto con l’ambiente educativo si sta aggiungendo
oggi l’esperienza di vita nella comunità salesiana per giovani
che hanno fatto già un certo cammino.
Si segue il criterio: “Vieni e vedi” . Per un tempo breve o
medio, questi giovani partecipano alla preghiera, alla progetta­
zione e realizzazione del lavoro, alla vita fraterna. È superfluo
dire che si tratta di comunità scelte, che si dimostrano atte a
questa accoglienza. Ma in non poche Ispettorie si è cercato di
moltiplicarle. L’ideale è che ogni comunità possa essere spazio
di esperienza vocazionale.
10. Nel cammino di fede ci sono esperienze che sono par­
ticolarmente rivelatrici delle caratteristiche ed esigenze del­
le vocazioni e che aiutano a maturare più rapidamente le capa­
cità vocazionali: possiamo includere in queste l’impegno in un
lavoro pastorale, l’apprendimento della preghiera, la rimedita­
zione della fede, il volontariato, gli esercizi spirituali. In tali espe­
rienze si sente in maniera più immediata la dimensione religiosa.
Sono chiamate esperienze “forti” proprio per la loro intensità e
non dovrebbero mancare in un programma vocazionale.
11. In molti casi è necessario l’invito esplicito. L’am­
biente sociale non suggerisce una vocazione religiosa. La rile­
vanza e il significato sociale di essa oggi è scarso; i modelli di ri­
ferimento per immaginare come sarà la propria vita in un fu­
turo lungo sono confusi, quando non scoraggianti. In qualche
parte la Chiesa, presa come istituzione, è presentata come
erede di un passato di soggezione intellettuale e morale.
Il giovane può avere desiderio di impegnarsi, ma si orienta
verso i movimenti e le cause oggi più gettonate: la pace, l’eco­

2.9 Page 19

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IL RETTOR MAGGIORE 21
logia, i poveri. Sarà sempre il fascino di Cristo quello che deter­
mina un altro orientamento. E qui sta la nostra prova di pa­
stori - educatori di giovani.
Il giovane inoltre spesso non arriva alla conclusione che egli
realizza le condizioni per una vocazione di speciale servizio o
consacrazione. I discepoli si sentirono affascinati da Gesù. Ma
per capire che potevano mettersi al suo seguito hanno dovuto
ascoltare l’invito: «Seguimi!».
Nelle conversazioni con i nostri giovani confratelli vediamo
che quasi tutti hanno trovato qualcuno che ha fatto loro una
proposta, che ha pronunciato l’appello. C’è da pensare quanti di
essi non sarebbero venuti senza questo invito provvidenziale e
quanti effettivamente non sono entrati perché nessuno ha ri­
volto loro la chiamata o almeno l’interrogativo.
12. L’accompagnamento o direzione spirituale diventa
necessario. Lo affermava già il congresso vocazionale del 1982,
riportando un’affermazione di Paolo VI: «Non c’è vocazione che
maturi senza un direttore spirituale che l’accompagni».
Possiamo pure prendere l’espressione “Direttore spirituale”
non in forma tecnica, ma aperta, riferendoci a chi è capace di
accompagnare. Purché questo accompagnatore conosca la
storia del soggetto e le esigenze della vita spirituale e sia capace
di portare i giovani verso nuovi traguardi nella vita di grazia. E
qui forse abbiamo un altro punto debole: la nostra capacità di
mostrare, entusiasmare, indicare i passi e le condizioni, invi­
tare perché vengano assunte mete più esigenti, sanando ciò che
non è conforme a Dio ed aiutando ad assumere tutto quello che
contribuisce a fargli spazio nella vita, rivedere periodicamente
la strada fatta. Abbiamo bisogno di accompagnatori spirituali
che siano non solo comprensivi, ma propositivi, esperti nella
vita spirituale.
Tutto ciò è stato ribadito anche nel documento conclusivo
del convegno sulle vocazioni in Europa, cui già accennavo. Il
giovane sente il bisogno di confrontare molti punti della fede

2.10 Page 20

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22 ATTI DEL CONSIGLIO GENERALE
con tante idee e proposte che gli vengono dal contesto. Ha bi­
sogno di un interlocutore. Ha bisogno di chiarire aspetti della
morale cristiana. Ha bisogno di sostegno e orientamento. So­
prattutto, non avendo esperienza del cammino della grazia e
delle possibilità che ha la vita in Cristo, necessita di qualcuno
che gli apra questi orizzonti.
È provato che attorno ad alcuni direttori spirituali, ad alcuni
cenacoli o case di ritiri, ad alcune esperienze di fede stanno na­
scendo candidati alla vita sacerdotale, consacrata, laicale.
Noi ci troviamo nella situazione di tutti. In alcune parti vi­
viamo la prova dell’infecondità. Abbiamo però un campo privi­
legiato nei nostri destinatari: i giovani. Sviluppiamo un’attività
molto adeguata per il discorso vocazionale: l’educazione. Posse­
diamo ambienti che possono offrire stimoli interessanti: le co­
munità educative. Possiamo pure estendere le offerte di coin­
volgimento e di lavoro apostolico oltre le nostre opere
Il MGS del 2000 dovrebbe esprimersi in gruppi di volonta­
riato, di preghiera, di riflessione di fede, di approfondimento
culturale. Tutto ciò potrebbe essere un campo fertile per l’in­
terrogativo vocazionale. Se non ci è consentito di raccogliere,
cerchiamo almeno di seminare abbondantemente.
2. LA COMUNITÀ SALESIANA: SPAZIO DI ESPERIENZA E
PROPOSTA VOCAZIONALE.
Esaminati a volo d’uccello e senza pretese di completezza la
situazione delle vocazioni e alcuni suggerimenti generali di pa­
storale, ci riferiamo più direttamente al tema che sarà oggetto
dei nostri Capitoli, per riflettere su quali elementi della comu­
nità possono diventare appelli vocazionali.
Quando pensiamo all’origine della nostra Congregazione e
Famiglia, da dove è partita l’espansione salesiana, troviamo so­
prattutto una comunità, non soltanto visibile, ma addirittura
singolare, atipica, quasi come una lucerna nella notte: Val-

3 Pages 21-30

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3.1 Page 21

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IL RETTOR MAGGIORE 23
docco, casa di comunità originale e spazio pastorale cono­
sciuto, esteso, aperto. Vi arrivavano, per interessamento o per
curiosità, personaggi del mondo civile e politico, cristiani fer­
venti ed ecclesiastici che vedevano in essa un risveglio religioso,
vescovi del mondo.
In tale comunità si elaborava una nuova cultura, non in
senso accademico, ma nella direzione di nuovi rapporti interni
tra giovani ed educatori, tra laici e sacerdoti, tra artigiani e stu­
denti, un rapporto che rifluiva sul contesto del quartiere e della
città. E, secondo quanto leggiamo, tale cultura sollevava degli
interrogativi, che arrivavano fino a mettere in dubbio la salute
mentale di Don Bosco.
Inoltre, lì avevano luogo nuove esperienze educative:
esempi da tutti conosciuti sono il pensionato per giovani che
andavano a lavorare in città, l’insegnamento delle arti e me­
stieri, il tipo di vita che vi si era instaurato.
Tutto questo aveva come radice e motivazione la fede e la
carità pastorale, che cercava di creare all’interno uno spirito di
famiglia, e orientava verso un affetto sentito al Signore ed alla
Madonna.
Il termine “Religione” nel trinomio del Sistema Preventivo
era tutt’altro che formale. Comprendeva l’invito ad intrapren­
dere una vita in Dio, come ci ricorda l’episodio di Magone Mi­
chele in lacrime, fino ad orientare per le strade della santità i
giovani capaci, come ci mostra la conversazione tra Don Bosco
e Domenico Savio.
Ciò suscitava nei giovani desiderio di appartenere ad una
tale singolare comunità e lavorare in un’opera così originale.
La parola opportuna di qualche salesiano o dello stesso Don
Bosco aiutava poi a maturare la decisione.
Così la Congregazione salesiana fu composta all’inizio, in
gran parte, da “oratoriani”, persone che avevano fatto, con Don
Bosco e nella sua casa, l’esperienza educativa.
Saranno le nostre comunità oggi capaci di provocare un fe­
nomeno simile, anche se di minori proporzioni?

3.2 Page 22

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24 ATTI DEL CONSIGLIO GENERALE
In questo lavoro di Don Bosco per le vocazioni appaiono
alcuni elem enti im portanti che possono illuminare la nostra
riflessione, anche se il linguaggio va letto nel contesto della sua
epoca culturale e teologica.
Egli si prende speciale cura di far sorgere e sviluppare i
semi vocazionali nei giovani. Non si affida al caso, ma collabora
attivamente per far percepire il dono di Dio.
Costruisce, con svariati mezzi ed interventi, un ambiente
adatto, in cui la proposta vocazionale possa essere favorevol­
mente accolta e giungere a maturazione; elemento centrale di
questo ambiente era lo spirito di famiglia: sentirsi benvoluto, a
casa, valorizzato.
Promuove un intenso clima spirituale nel quale guida alla
relazione personale con Gesù, alla frequenza ai sacramenti, alla
devozione a Maria, alla preghiera che porta a radicare sempre
di più nel cuore e nella vita l’adesione personale al progetto di
Dio. In questa linea vanno anche le brevi raccomandazioni per
favorire le vocazioni.
Aiuta a purificare e maturare le motivazioni della scelta
dello stato di vita, centrandole nella gloria di Dio e nella sal­
vezza delle anime, attraverso esperienze di impegno generoso
ed entusiasta per la salvezza dei giovani.
Don Bosco s’impegna inoltre ad essere l'animatore e guida
spirituale dei giovani chiamati, in modo speciale attraverso la
confessione, ma anche facilitando diversi incontri e colloqui con
loro. In questo ministero uno dei tratti che maggiormente col­
pisce è la sua grande prudenza nel discernimento, che sa orien­
tare i candidati con realismo e consapevolezza delle esigenze
spirituali.
Mette sempre alla base la convinzione, profondamente radica­
ta, che ogni successo in campo vocazionale è da attribuirsi a Dio e
alla materna protezione di Maria SS. Ausiliatrice. Perciò racco­
manda a tutti una costante e fervente preghiera per le vocazioni.
L’intensissimo lavoro che Don Bosco ha svolto a favore
delle vocazioni, di cui già si è parlato, sottolinea il suo senso di

3.3 Page 23

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IL RETTOR MAGGIORE 25
Chiesa ed una fiducia aperta alle sorprese per la generosità
dei giovani. Ci permette di comprendere la sua insistenza
perché da tutti concordemente si lavori e si fatichi per pro­
curare alla comunità ecclesiale quei grandi tesori che sono le
vocazioni25.
Il movimento vocazionale oggi non è diverso, anche se rico­
nosciamo che è meno sentito dalla stessa comunità cristiana. Si
va dove ci si sente attirati. Certamente non sarà per la nostra
organizzazione, né per il nostro servizio o lavoro che oggi i gio­
vani si sentiranno affascinati da una vita consacrata, ma pro­
prio per l’intensità della dimensione religiosa. «Il Signore
orientava verso la comunità coloro che voleva salvare», dicono
gli Atti degli apostoli26, come già ricordavamo. C’è una coinci­
denza tra i segni che pone la comunità, quello del radunarsi per
la fractio panis, del mettere le cose in comune, e la voce che Dio
fa risuonare nel cuore delle persone che sono potenziali membri
di tale comunità. È il profilo del cammino vocazionale.
Risulterà inutile che noi offriamo comunità laiche o secolari
a giovani che cercano il senso e l’esperienza calda di Dio, a co­
loro che hanno incominciato a gustare il Vangelo e desiderano
viverlo con maggiore intensità. È necessario offrirsi come luogo
di esperienza del Vangelo!
La logica del “Vieni e vedi”27
La cultura odierna è molto sensibile ai segni e ai testimoni,
alle prove e alle esperienze, poco alle parole e alle promesse.
Oggi la proposta vocazionale si realizza nello stile evangelico
del “Vieni e vedi” . Questo è stato anche il cammino percorso da
Don Bosco, come dicevamo. Egli voleva mostrare ai giovani una
26 cf. Le vocazioni nella Famiglia Salesiana. IX settimana di Spiritualità della
Famiglia Salesiana. Gennaio 1982. Elle di ci , Torino 1982, pag. 145-183
26 cf. At 2, 48
27 cf. Gv 1, 39

3.4 Page 24

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26 ATTI DEL CONSIGLIO GENERALE
forma di vita cristiana che li rendesse felici. Per questo curò che
nell'ambiente dell’Oratorio regnasse una grande allegria e uno
stile di famiglia che attirava i cuori dei giovani.
Un obiettivo importante è di costruire una comunità sale­
siana che renda visibili i valori della vita religiosa incarnati nei
confratelli, evidenzi le motivazioni delle opzioni ed impegni di
educazione; una comunità dove si senta la gioia della fraternità
e dello spirito di famiglia, che sappia comunicare la sua espe­
rienza con la propria vita, oltre che con le parole; una comunità
capace di coinvolgere in un clima, ma ancora di più in una
storia, perché racconta efficacemente le sue gesta, i suoi in­
contri con missionari, condivide i suoi momenti di preghiera, dà
testimonianza con esperienze qualificanti e con appropriate at­
tività e soprattutto con il tono della sua vita.
Un tempo si diceva che la rovina di una comunità arriva
quando sopraggiunge la rilassatezza. Oggi si afferma che siamo
in tempi di mistici e profeti e occorre molto di più per dar fu­
turo alla vita religiosa. Dopo il Vaticano II, in genere, le Con­
gregazioni hanno fatto sforzi di rinnovamento dottrinale, strut­
turale e operativo, ma non per questo i giovani vi aderiscono. Il
problema non sta tanto nella correttezza e nella serena coe­
renza, ma in quel “di più” che attira; non nel normale e onesto
che serve per poter conservare le cose come stanno, ma in quel
“di più” che è incluso nella profezia, nella significatività, nella
radicalità; o in quella che si può chiamare l’“esperienza calda” ,
dalla quale sorgono intuizioni e voglia di impegnare la vita.
La forza vocazionale della vita della comunità.
È facile constatare che la vita consacrata in alcune parti ha
perso visibilità o per la forte secolarizzazione dell’ambiente o
talvolta per la volontà stessa di coloro che hanno pensato di
non esporsi come “uomini religiosi” e hanno puntato soltanto
sul valore “umano” della loro scelta.
Gli stessi cristiani non sempre capiscono la portata della

3.5 Page 25

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IL RETTOR MAGGIORE 2 7
consacrazione e più ancora non percepiscono il senso e il valore
della vita consacrata. Molte volte essa viene ridotta ad una più
ampia disponibilità per il servizio agli altri; sfugge la sua testi­
monianza del primato di Dio e il suo significato profetico.
Anche questo è stato un punto di interesse nella riflessione
sulla vita religiosa: si chiede qual è il contributo della testimo­
nianza e l’azione specifica di un consacrato/a nell’ambito della
salute, dell’educazione, del servizio sociale a confronto di quello
che fanno onesti “laici” .
L’Esortazione Vita Consecrata afferma ripetutamente l’ur­
genza di dare visibilità alla vita consacrata: «anche lo stile di
vita (delle persone consacrate) deve far trasparire l’ideale che
professano, proponendosi come segno vivente di Dio e come elo­
quente, anche se spesso silenziosa, predicazione del Vangelo»28.
«I giovani non si lasciano ingannare: venendo a voi, essi vo­
gliono vedere ciò che non vedono altrove. Avete un compito im­
menso nei confronti del domani: specialmente i giovani consa­
crati, testimoniando la loro consacrazione, possono indurre i
loro coetanei al rinnovamento della loro vita. L’amore appassio­
nato per Gesù Cristo è una potente attrazione per gli altri gio­
vani, che Egli nella sua bontà chiama a seguirlo da vicino e per
sempre. I nostri contemporanei vogliono vedere nelle persone
consacrate la gioia che proviene dall’essere con il Signore»29.
Nell’adunanza del Superiori Generali del maggio 1999, ci
siamo interrogati sulla capacità dei giovani a comprendere come
la nostra è una sequela Christi. Soprattutto abbiamo riflettuto
sulle modalità o forme di vita che possono suscitare nei giovani
l’immagine di una esistenza evangelica. Si vede infatti che la so­
lennità istituzionale o il succedersi normale delle giornate non
dice molto a loro. Ecco alcuni elementi, che dovrebbero conno­
tare le nostre comunità e rendere visibile la loro vita consacrata.
28VC 25
29VC 109

3.6 Page 26

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28 ATTI DEL CONSIGLIO GENERALE
a. Mostrare la gioia della fraternità e dello stile di fa­
miglia.
Il clima di famiglia, di accoglienza e di fede, creato dalla te­
stimonianza di una comunità che si dona con gioia, è l’am­
biente più efficace per la scoperta e l’orientamento delle voca­
zioni30. Tale testimonianza suscita nei giovani il desiderio di co­
noscere e seguire la vocazione salesiana31. Questo dicono le no­
stre Costituzioni.
Occorre rendere più visibile il fatto di essere comunità reli­
giosa che vive e che lavora insieme. Spesso i giovani non incon­
trano una comunità di persone, ma dei singoli salesiani che agi­
scono individualmente.
Conviene ricordare che la missione salesiana non è mai un
fatto individuale o privato, ma è sempre espressione di una co­
munità. Don Bosco stesso ha subito pensato ad un gruppo di
collaboratori e si è preoccupato molto dell’unità della sua Con­
gregazione. Anche oggi i giovani hanno bisogno di vedere Gesù
attraverso una comunità visibilmente unita, fraterna e gioiosa.
Questo richiede di curare le relazioni personali e la comunica­
zione fraterna.
In un mondo diviso e lacerato, in una società di massa dove
le persone sovente vengono trattate come numeri, la testimo­
nianza di fraternità evangelica che offrono le nostre comunità
può risultare sempre più significativa.
b. Testimoniare la gioia della vocazione.
«La vostra gioia nessuno ve la potrà togliere»32, dice Gesù.
Siamo chiamati a vivere ed a comunicare l’esperienza di un
dono ricevuto: «Tu mi hai sedotto, Signore, e io mi sono la­
30 cf. Cost. 37
31 cf. Cost. 16
32 Gv 16, 23

3.7 Page 27

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IL RETTOR MAGGIORE 29
sciato sedurre»33; «Sono stato conquistato da Gesù Cristo»34.
«Vidimus Dominum». Abbiamo avuto un’esperienza di in­
contro, svelamento, “visione” del Signore.
«La vivacità di questa esperienza non deve diminuire col
crescere dell’età o il radicarsi dell’abitudine. È chiamata anzi a
maturare e riempire la vita. Se cadesse, la vita religiosa perde­
rebbe la sua motivazione e si trascinerebbe nel funzionalismo,
cioè nel solo adempimento corretto dei propri doveri. Capite­
rebbe a noi quello che capita alle coppie stanche, che conti­
nuano a convivere in pace, ma che da tale convivenza non si at­
tendono né novità né felicità»35.
Dobbiamo esaminarci per scoprire se qualche stanchezza,
qualche delusione ci ha tolto, se non la voglia di vivere seria­
mente la consacrazione, forse la convinzione e l’iniziativa di
proporre la nostra vita ad altri in maniera efficace. Questa
gioia ed entusiasmo ci deve portare a superare, nella nostra
vita ordinaria e nei nostri rapporti con i giovani e con la gente,
la legge del minimo sforzo o dell’appiattimento ed a proclamare
i motivi di soddisfazione, di contentezza, di speranza, più che
quelli di scontento, di malumore e di scoraggiamento.
c. Manifestare, nella nostra forma di vivere, il valore
umano ed educativo dei consigli evangelici36.
Oggi si insiste sul significato antropologico dei consigli: non
limitano la persona, ma aprono un campo più vasto alle sue aspi­
razioni ed energie. «La scelta di questi consigli, infatti, - leggia­
mo nell’Esortazione Vita consecrata - lungi dal costituire un im­
poverimento di valori autenticamente umani, si propone piutto­
sto come una loro superiore realizzazione, una trasfigurazione...
Così coloro che seguono i consigli evangelici, mentre cercano la
33 Ger 20, 7
34 Fil 3, 12
35ACG 365, pag.15
36 cf. Cost. 62-63

3.8 Page 28

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30 ATTI DEL CONSIGLIO GENERALE
santità per se stessi, propongono, per così dire, una “terapia spi­
rituale” per l’umanità, poiché rifiutano l’idolatria del creato e
rendono in qualche modo visibile il Dio vivente»37.
Questo esige da noi uno sforzo per viverli non solo con coe­
renza e verità, ma anche in dialogo attento con la cultura
odierna, in modo che appaia con chiarezza il loro valore uma­
nizzante, in particolare di fronte ai giovani.
Le nostre Costituzioni sottolineano nei voti questo valore
educativo: «L’obbedienza conduce alla maturità facendo cre­
scere la libertà dei figli di Dio»38. «La testimonianza della no­
stra povertà, vissuta nella comunione dei beni, aiuta i giovani a
superare l’istinto del possesso egoistico e li apre al senso cri­
stiano del condividere»39. «La castità ci fa testimoni della predi­
lezione di Cristo per i giovani, ci consente di amarli schietta­
mente in modo che conoscano di essere amati, e ci rende capaci
di educarli all’amore e alla purezza»40.
Come traduciamo nella realtà della nostra vita comuni­
taria questi valori?41 Come facciamo diventare contenuti edu­
cativi originali i consigli evangelici? Se i religiosi, nelle opere
educative, nel confronto coi laici, avessero soltanto una mag­
giore disponibilità di tempo o il possesso delle strutture, ben
poco di sostanziale vi apporterebbero. La domanda ricorrente
sul valore specifico della loro presenza nell’educazione, sa­
rebbe giustificata. È compito nostro, dei singoli e della comu­
nità, far sì che la nostra sequela Christi diventi energia, le­
zione e proposta educativa non generica, ma specifica: nel
confronto della mentalità e dell’uso dei beni, in un’epoca se­
gnata dalla finanza e dall’economia; circa l’orientamento della
sessualità e dell’amore e circa il significato della libertà, in un
tempo in cui vige il principio del piacere e delle scelte indivi-
37VC 87
38 Cost. 67
39 Cost. 73
40 Cost. 81
41 cf. anche CG 24, 152 e ACG 363, pag. 36-37

3.9 Page 29

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IL RETTOR MAGGIORE 31
duali; riguardo al rapporto con Dio in ogni passaggio della
vita, in un momento in cui parte della religiosità è “disincar­
nata” , assente.
Questo valore profetico si manifesta anche pronunciandosi
sui grandi temi della storia umana e del mondo giovanile, inter­
venendo per creare opinione evangelica sulla realtà e le situa­
zioni. La professione deve diventare annuncio, sereno ma deci­
sivo, dei beni che il Vangelo propone per la sessualità, la ric­
chezza, la libertà.
d. Animare spiritualmente un’ampia comunità educativa.
Ciò vuol dire essere segni di Dio ed educatori ad una rela­
zione personale con Lui42 per giovani e adulti, singoli ed istitu­
zioni.
La manifestazione più evidente della nostra presenza di
consacrati negli ambienti educativi è l’orientamento di tutti -
destinatari ed educatori - verso il Padre. La consacrazione ci
invita a ripensare e realizzare l'evangelizzare educando; for­
mula nella quale l’evangelizzare indica la finalità e la parola
“educare” , la via globale preferita.
Comunità capaci di comunicare e di condividere la spiritua­
lità salesiana, di creare ambienti di forte qualità evangelica, di
incoraggiare i giovani verso la santità, di offrire alle comunità
educative motivazioni ed esperienze che animino e incoraggino,
malgrado le limitazioni e difficoltà: tali sono le comunità che
oggi pensiamo, aperte e propositive, non sprovviste di una loro
identità e di dimensioni visibili: proprio come Valdocco.
Oggi molti giovani e laici desiderano “vedere” e “parteci­
pare” della nostra vita fraterna e prendere parte con noi alla
preghiera e al lavoro. Dobbiamo ordinarla in modo tale che sia
possibile pregare con i giovani, condividere momenti di frater­
nità e di programmazione con i laici collaboratori e persino ac­
42 cf. Cost. 62; CG24, 151 e 159

3.10 Page 30

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32 ATTI DEL CONSIGLIO GENERALE
cogliere alcuni giovani disponibili a fare con noi un’esperienza
temporanea di vita comunitaria.
Così la nostra comunità «diviene fermento di nuove voca­
zioni, sul modello della prima comunità di Valdocco»43.
Questa apertura si può realizzare in diversi modi e con dif­
ferenti livelli complementari: attraverso un ambiente comuni­
tario accogliente e attento alla qualità dei rapporti personali;
con momenti intensi di comunione e di condivisione tra di noi,
anche limitando altre occupazioni e servizi, come segno dell’im­
portanza della vita comunitaria; parlando sempre positiva­
mente ai giovani e ai laici della nostra vita comunitaria, dei
confratelli, dei progetti comuni. Si realizza pure efficacemente:
condividendo come comunità le preoccupazioni e progetti della
comunità educativo - pastorale, dell’opera e della comunità
umana del territorio; partecipando ai momenti più importanti
della vita del nostro contesto e dando con generosità la nostra
collaborazione; offrendo ai giovani ed ai laici momenti di condi­
visione, ai quali partecipano con interesse tutti i confratelli; cu­
rando anche l’immagine esterna della propria opera e della
Congregazione, ed altre simili iniziative.
L’azione pastorale della comunità.
Le nostre comunità, oltre a presentare la vita salesiana ed
offrirsi come spazio di esperienza spirituale, svolgono un’azione
educativa - pastorale. Ci sono in merito aspetti da ricordare,
per non sbagliare direzione e bersaglio.
Aiutare a vivere la propria vocazione, suscitare vocazioni
di speciale consacrazione - come già si è accennato - è una
delle finalità della missione della Congregazione ed è quindi
una dimensione essenziale in ogni presenza, progetto o pro­
cesso pastorale; costituisce il vertice della nostra azione educa­
tivo - pastorale ed è la forza che la orienta, le dà unità e la
43 Cost. 57

4 Pages 31-40

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4.1 Page 31

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IL RETTOR MAGGIORE 33
qualifica. È come l’asse portante di tutto il cammino, in
ognuna delle sue tappe.
Il soggetto garante di tale impegno è la comunità salesiana,
come responsabile della genuinità del progetto educativo e, in­
sieme ad essa, la CEP convenientemente motivata ed istruita
dal suo nucleo animatore44.
Una delle discriminanti tra le Ispettorie che hanno un certo
numero di vocazioni, secondo che le circostanze consentono, e
quelle nelle quali la sterilità si prolunga, è la presenza nell’Ispet-
toria di comunità attive che si prendono cura di scoprire ragazzi
e giovani con attitudini, di accompagnarli perché maturino e fi­
nalmente di chiamarli. Dove le comunità hanno semplicemente
delegato questo lavoro ad un incaricato, i risultati sono magri.
Dove tutti si impegnano, mettendo in gioco anche quei con­
fratelli che sono particolarmente predisposti a tale lavoro, si va
raccogliendo il poco che ogni presenza può dare. Oggi, soprat­
tutto nel mondo nord-occidentale - ma il fenomeno si va esten­
dendo -, non ci sono luoghi da dove attingere molte vocazioni.
Bisogna raccogliere in ogni ambiente quelle che Dio pone sul
nostro cammino: diverse per età, condizione, vissuto religioso,
storia personale, rapporto con la Congregazione.
Questa attenzione vocazionale è un servizio fondamentale in
primo luogo per ogni giovane, perché egli riesca a discernere il
progetto di Dio e così realizzare la sua vita in pienezza: in tal
senso richiede di sviluppare in lui la disponibilità ad assumere
la vita come dono e servizio, a scoprire i doni e le qualità semi­
nati in lui, a risvegliare la responsabilità verso gli altri.
È anche un servizio alla Chiesa. Questa diventa segno e
strumento di salvezza nella misura in cui ogni battezzato vi ag­
giunge nuove possibilità ed energie. Perciò si deve aiutare ogni
cristiano a scoprire le ricchezze della vocazione alla santità e ad
44 cf. CG24, 252

4.2 Page 32

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34 ATTI DEL CONSIGLIO GENERALE
essere corresponsabile della missione nella Chiesa per il mondo.
È un servizio, infine, al carisma salesiano, eredità che ab­
biamo ricevuto da Dio per la Chiesa e per i giovani.
Della sua autenticità e sviluppo siamo responsabili. Questo
carisma ci unisce nella Famiglia Salesiana, i cui diversi gruppi
si arricchiscono vicendevolmente mediante lo scambio dei di­
versi modi di viverlo, apportando un contributo originale all’in­
sieme. Con gioia cerchiamo di comunicare ad altri le diverse
forme (religiosa, sacerdotale, secolare, maschile, femminile) di
assumere la spiritualità salesiana, curando insieme la proposta
vocazionale45.
Da quanto abbiamo detto, si vede lo stretto legame tra Pa­
storale Giovanile ed orientamento vocazionale, da stabilire in­
tenzionalmente e da tradurre nell’azione.
La pastorale giovanile è fin dall’inizio orientata ad un obiet­
tivo: rendere il credente attento alla chiamata del Signore e
pronto a rispondergli. Rendere “vocazionale” tutta la pastorale
è fare in modo che ogni sua espressione conduca la persona a
scoprire il dono di Dio nella sua vita - la fede, l’appartenenza
alla Chiesa, le qualità particolari ricevute, la propria vocazione-
missione - e l’aiuti a riconoscerlo, a svilupparlo, a metterlo al
servizio della comunità.
Seguendo l’obiettivo fondamentale sopra enunciato, il la­
voro con i giovani in ogni presenza deve privilegiare alcune
opzioni.
Metto in primo luogo l’attenzione preferenziale alle persone,
piuttosto che al compimento dei programmi preparati, alla tra­
smissione di contenuti intellettuali, alla preoccupazione domi­
nante dell’amministrazione o al mantenimento di strutture. At­
tenzione alle persone vuol dire avvicinarle, farne la conoscenza,
rendersele amiche, stimolarle ad assumere un progetto di vita.
45 CG24, 143

4.3 Page 33

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IL RETTOR MAGGIORE 35
Accanto a questo si deve mettere il primato dell’evangeliz­
zazione, il fare conoscere Cristo ai giovani, motivarli a lasciarsi
illuminare ed interpellare da Lui, orientarli verso l’incontro
con Lui e verso un’adesione sempre più convinta al senso di
vita che Egli rivela. Ciò va legato ad un cammino di educazione
unitario e progressivo che aiuti a personalizzare la fede e i va­
lori del Vangelo, come bene lo ha descritto il CG23 che a partire
dall’incontro con Cristo indicava, con dovizia di suggerimenti,
di avviare i giovani verso un impegno per il Regno.46
In tale percorso è importante la partecipazione attiva degli
stessi giovani, stimolati a porsi domande e riflettere, invitati ad
esprimersi e ad assecondare il desiderio di provarsi e osare nel
vivere radicalmente in conformità al Vangelo.
Può capitare che, presi da una moltitudine di attività, preoc­
cupati delle strutture e indaffarati nell’organizzazione, cor­
riamo il rischio di perdere di vista l’orizzonte della nostra
azione, e apparire come attivisti o “movimentisti” pastorali, ge­
stori di opere o strutture, ammirevoli benefattori, ma poco
come testimoni espliciti di Cristo, mediatori della sua azione
salvifica, formatori di anime, guide nella vita di grazia.
Urge oggi che in ogni nostra presenza si dia il primato all’e­
vangelizzazione, mediante una manifestazione chiara ed espli­
cita delle motivazioni evangeliche della nostra azione, l’an­
nuncio significativo della persona di Gesù, il contatto diretto e
pedagogicamente curato con la Parola di Dio, i momenti di cele­
brazione e di preghiera personale e comunitaria, incontri e co­
municazioni significative con credenti e comunità cristiane o di
coloro che sono in ricerca.
C’è anche da sottolineare che l’orientamento vocazionale di
cui stiamo parlando si fa secondo alcuni criteri: non circo­
scriversi esclusivamente a raccogliere candidati per un certo
tipo di vita, ma - senza trascurare una pastorale vocazionale
46 cf. CG23, 149-156

4.4 Page 34

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36 ATTI DEL CONSIGLIO GENERALE
specifica - proporsi piuttosto di rendere un servizio di orienta­
mento ad ogni giovane; favorire in ambito ecclesiale e civile una
cultura vocazionale, cioè una visione della vita come dono e ser­
vizio, piuttosto che un desiderio eccessivo di realizzazione indi­
viduale, quasi tutto lo sforzo personale dovesse puntare sull’ar-
rivare ad essere qualcuno; suggerire e sviluppare alcuni atteg­
giamenti umani ed evangelici fondamentali per un’opzione re­
sponsabile sulla linea del servizio, come la capacità di gratuità e
donazione, di relazione e dialogo, di collaborazione e condivi­
sione. Da ultimo, si deve aprire il panorama vocazionale della
Chiesa, anche attraverso incontri e contatti che ne facciano co­
noscere da vicino portatori e testimoni eminenti.
Si possono ancora ribadire alcune insistenze p a rticola r­
m ente im p orta n ti perché la nostra azione pastorale non
smarrisca l’intenzione, l’anima e l’obiettivo vocazionale che la
deve guidare.
- Ogni comunità salesiana è responsabile prima e principale
dell1animazione vocazionale dei giovani con i quali lavora. Ri­
badisco che l’orientamento vocazionale non è soltanto compe­
tenza di alcuni confratelli che hanno ricevuto un incarico spe­
ciale, ma una dimensione qualificante dell’azione educativo -
pastorale di tutta la comunità e di ogni salesiano, come ci ricor­
dava il CG2347.
I giovani devono sperimentare la comunità salesiana, non
solo come gruppo di lavoro per un servizio in loro favore, ma
soprattutto come comunità fraterna e di fede, con desiderio di
comunicare la sua singolare esperienza, capace di contagiare
la sua vocazione: questa è la prima e più efficace proposta vo­
cazionale.
- Non trascuriamo di pregare costantemente per le vocazioni
e di desiderarle. È la lezione di Gesù e la sua reazione davanti
47 cf. CG23, 247ss

4.5 Page 35

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IL RETTOR MAGGIORE 37
alle folle che lo seguivano e all’esiguo gruppo degli apostoli che
dovevano collaborare con Lui nella missione. Prima di inviarli,
chiede loro di pregare il Padre che moltiplichi gli operai: «Ve­
dendo le folle, ne sentì compassione, perché erano stanche e
sfinite, come pecore senza pastore. Allora disse ai suoi disce­
poli: “ La messe è molta, ma gli operai sono pochi. Pregate
dunque il padrone della messe che mandi operai nella sua
messe” . Chiamati a sé i dodici discepoli, diede loro il potere di
scacciare gli spiriti immondi e di guarire ogni sorta di malattie
e di infermità... »48.
La comunità che non prega incessantemente per le voca­
zioni, coinvolgendo altre persone e specialmente i giovani, non
può vivere pienamente il mandato apostolico di Cristo.
La Diocesi di Roma ha vissuto un capovolgimento vocazio­
nale, che ha avuto come perno i giovedì di preghiera per le vo­
cazioni, ai quali partecipavano anche i giovani. Certo il Signore
ci chiede anche di darci da fare. Ma le notti di pesca senza di
Lui sono stancanti e sterili!
- Si tratterà poi di saper essere propositivi. A volte abbiamo
un certo pudore, una specie di timore riguardo all’accettazione
che potrebbe incontrare un nostro discorso vocazionale, o
siamo mossi da un falso rispetto della libertà dei giovani. Ciò
impedisce di fare loro proposte chiare ed esplicite, che per altro
verso essi ricevono con abbondanza, e spesso con scarso senso
educativo, dall’ambiente circostante. Ci perdiamo nei primi
passi dei processi, raggiungiamo una formazione cristiana piut­
tosto generica, quasi new age e poco personalizzata, con scarsi
stimoli e accompagnamento per coloro che cercano di più e ten­
dono verso vette più alte.
Scriveva D. Egidio Viganò: «La testimonianza silenziosa e
l’invito implicito non sempre bastano a risvegliare le vocazioni.
[...] C’è stato purtroppo, e forse persiste ancora in qualcuno, il
48Mt 9,36 - 10,1

4.6 Page 36

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38 ATTI DEL CONSIGLIO GENERALE
dubbio e la negligenza di voler esprimere apertamente, in
forma opportuna, l’invito personale. Il non farlo risulta, di
fatto, un pernicioso “silenzio vocazionale” ; si potrebbe parlare
anche di codardia o di incoscienza circa il proprio ministero,
perché un giovane cristiano ha oggettivamente il diritto di co­
noscere le proposte vocazionali della Chiesa»49.
Si è propositivi anche mediante la cura di ambienti dove si
vive con chiarezza e con gioia il progetto di Gesù secondo le di­
verse scelte vocazionali, con un atteggiamento positivo di
fronte al mondo dei giovani, dei poveri e in genere dei valori
umani; dove c’è l’offerta di proposte di spiritualità a chi fosse
disponibile, come l’iniziazione alla preghiera, all’ascolto della
Parola, alla partecipazione ai sacramenti, alla liturgia e alla de­
vozione mariana; dove si promuovono i gruppi e le associazioni
nel Movimento Giovanile Salesiano, luoghi privilegiati di matu­
razione cristiana e vocazionale; e dove si fa esperienza di im­
pegno, gratuità, volontariato. Non vanno trascurati la cura dei
ministeri ecclesiali, anche quelli liturgici, come ministranti,
animatori, lettori e guide dell’assemblea liturgica, e l’invito
personale a coltivare la vocazione attraverso la partecipazione a
qualche comunità di riferimento vocazionale.
- In un contesto di prima evangelizzazione o di rievangel
zazione assume importanza speciale la significatività della
Chiesa e dunque la nostra partecipazione all’animazione della
comunità cristiana che deve farsi presente nell’ambiente, in
particolare tra i giovani. Se essa appare propositiva e vicina ai
giovani dal punto di vista sociale, culturale e religioso, anche
la proposta vocazionale diventa più viabile. Va dunque soste­
nuta la formazione e lo sviluppo di un nucleo robusto di corre­
sponsabili cristiani capaci di proposte specifiche, esigenti e
profonde.
49ACG 339, pag. 29

4.7 Page 37

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IL RETTOR MAGGIORE 39
Accompagnare.
L’accompagnamento si è dimostrato determinante nel cam­
mino educativo e pastorale, che colloca al centro la persona del
giovane. Lo è in maniera singolare nel sistema educativo sale­
siano, che si fonda sulla presenza dell’educatore tra i giovani e
su una relazione personale basata sulla mutua conoscenza e in­
teresse, sulla comprensione e la fiducia.
Don Bosco ne fu maestro impareggiabile. Le principali
espressioni del suo volere e saper accompagnare sono la ricerca
di contatti con il giovane nel suo ambiente, il colloquio educa­
tivo, la direzione spirituale, l’incontro sacramentale.
Nel nostro tempo si è fatta molto sentire l’urgenza di ac­
compagnare, di essere interlocutore valido, per la complessità
dei problemi che i giovani affrontano e per l’attenzione perso­
nale che essi richiedono.
Conviene, dunque, andare oltre il lavoro di massa (pur
tanto valido e indispensabile) ed accompagnare ciascuno se­
condo il livello a cui è giunto, soprattutto quelli che manife­
stano desiderio e volontà di progredire nel cammino di educa­
zione nella fede. Ciò sfida la nostra preparazione.
Sappiamo fare la catechesi; ma conosciamo i percorsi della
grazia per saper indicare le abitudini da lasciare e quelle da as­
sumere? Ci diamo il tempo per orientare non in una vaga reli­
giosità, ma nella vita spirituale coloro che lo desiderano? Don
Bosco ha potuto dare a Domenico Savio delle indicazioni per un
percorso di santità; come ci sentiamo al riguardo?
A scanso di equivoci e per tranquillità, è bene ricordare che,
quando parliamo di accompagnamento, non ci riferiamo sol­
tanto al dialogo individuale, ma a tutto un tessuto di relazioni
personali che aiutano il giovane ad interiorizzare i valori e le
esperienze vissute, ad adeguare le proposte generali alle pro­
prie condizioni, a chiarire e approfondire motivazioni e criteri.
Così l’accompagnamento include l’ambiente educativo che
la comunità salesiana promuove per favorire l’interiorizzazione

4.8 Page 38

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p
40 ATTI DEL CONSIGLIO GENERALE
delle proposte educative e, collegata ad esse, la crescita vocazio­
nale, la presenza tra i giovani, con volontà di conoscerli e di
condividere con fiducia la loro vita, curata da tutta la comunità
e da ogni confratello, la promozione di gruppi dove i giovani
sono seguiti dall’animatore e incoraggiati dagli stessi compagni.
C’è un campo importante per l’accompagnamento, possibile
alla maggioranza dei confratelli: sono i contatti brevi, occasio­
nali, che mostrano l’interesse per la persona e il suo mondo;
l’attenzione educativa a certi momenti di speciale significato
per il giovane; i momenti di dialogo personale sistematici, se­
condo un piano prestabilito, attorno ad un progetto di vita sem­
plice ma esigente; il contatto con la comunità salesiana, per
condividere e imparare da essa la vita di preghiera, la fraternità
e lo stile di apostolato.
Quali opzioni si dovrebbero privilegiare perché nelle nostre
opere ci sia un’attenzione preferenziale ai singoli e opportunità
diversificate di contatto e dialogo personale?
Alcune aree di speciale attenzione.
Da tempo e dopo non poche ambiguità nel pensiero è nell’a­
zione, si è affermata la distinzione tra pastorale vocazionale ge­
nerale, cioè per tutti, e pastorale vocazionale specifica, cioè
quella che cerca di scoprire e accompagna le vocazioni di spe­
ciale significato nella dinamica del Regno.
Noi dobbiamo promuovere tutte le vocazioni nella Chiesa.
Oggi però, afferma il documento “ Nuove vocazioni per una
nuova Europa”, ci sono alcune vocazioni che richiedono una spe­
ciale attenzione da parte nostra. «In un tempo, come il nostro,
bisognoso di profezia, è saggio favorire quelle vocazioni che sono
un segno particolare di “quel che saremo e non ci è stato ancora
rivelato”50, come le vocazioni di speciale consacrazione.
È pure saggio e indispensabile favorire l’aspetto profetico ti-
60 1 Gv 3, 2

4.9 Page 39

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IL RETTOR MAGGIORE 41
pico di ogni vocazione cristiana, compresa quella laicale, perché
la Chiesa sia sempre più, di fronte al mondo, segno delle cose
future, di quel Regno che è “già adesso e non ancora”»51.
- La vocazione alla vita consacrata
La nostra società, e spesso la stessa comunità cristiana, non
possiede una conoscenza adeguata della vita religiosa per ca­
pirne il senso e il valore.
La nostra forma di vivere la vita consacrata ha perso visibi­
lità ed in non pochi aspetti sembra indecifrabile. Ciò diventa an­
cora più preoccupante di fronte alla crescente presenza dei laici
nella Chiesa e, per noi, nella missione salesiana. È vero che essi
possono dare molto, ma è altrettanto vero che Don Bosco volle
al centro della sua famiglia una comunità di consacrati.
La proposta vocazionale salesiana, dunque, richiede oggi più
che nel passato di vivere e presentare, nella fedeltà al progetto
di Don Bosco, una figura di consacrato che sia significativa per
i giovani e che faccia emergere gli aspetti fondamentali della
vita consacrata, piuttosto che quelli ministeriali o funzionali.
Non è sufficiente parlare di Don Bosco e della missione sale­
siana, ma si deve anche presentare l’importanza e il valore che
nel progetto di Don Bosco ha la vita in Dio, come punto di rife­
rimento preciso del carisma. «Don Bosco ha voluto persone con­
sacrate al centro della sua opera, orientata alla salvezza dei gio­
vani e alla loro santità. ... Con la loro dedizione totale essi
avrebbero dato solidità e slancio apostolico per la continuità e
per l’espansione mondiale della missione»52.
- La vocazione alla vita laicale e familiare
Spesso la nostra azione educativo-pastorale è poco proposi­
tiva dal punto di vista degli sbocchi vocazionali. Sembra che
51 cf. “Nuove vocazioni per una nuova Europa”, n. 22
52CG24, 150

4.10 Page 40

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42 ATTI DEL CONSIGLIO GENERALE
soltanto ci preoccupino alcune opzioni speciali di vita, e la vita
laicale e familiare non sia considerata come una vera vocazione.
Molti giovani impegnati e disponibili, coppie di fidanzati e
giovani sposi, universitari e giovani lavoratori ci chiedono di es­
sere accompagnati con più cura nei momenti della loro ricerca e
scelta vocazionale. Per questo la Pastorale Giovanile e l’anima­
zione vocazionale devono presentare a questi giovani i diversi
modelli vocazionali nella Chiesa, dando il giusto valore all’op­
zione vocazionale alla vita laicale e familiare. Noi stessi dob­
biamo valutare di più il matrimonio cristiano come una vera
vocazione e impegnarci ad accompagnare i giovani nel loro
cammino di discernimento e maturazione di questa opzione.
- I giovani adulti: animatori e volontari
Sono giovani che condividono generosamente molti aspetti
della missione salesiana, hanno un’autentica volontà di servizio
e sono in ricerca di un progetto di vita significativo per loro,
anche se poi toccherà a loro stessi affrontare il cammino di rea­
lizzazione del primo sogno. Bisogna aiutarli perché l’esperienza
di animazione o di volontariato sia di portata ed apertura voca­
zionale, e li stimoli a pensare la loro vita secondo il Vangelo e il
piano di Dio su di loro.
Questo richiede da noi l’impegno perché ognuno di essi
possa approfondire la fede e riflettere sulle proprie esperienze
di animazione, offrendo loro opportunità concrete di accompa­
gnamento personale e facilitando proposte di momenti forti di
spiritualità e di vita cristiana. A volte può capitare che siamo
più preoccupati della loro azione di servizio che delle loro per­
sone e del loro sviluppo vocazionale.
- Le famiglie
Un’altra categoria di persone che mi pare importante colle­
gare all’animazione vocazionale sono le famiglie. Per cause e si­

5 Pages 41-50

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5.1 Page 41

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IL RETTOR MAGGIORE 43
tuazioni diverse molte di esse, anche cristiane, fanno difficoltà
nel comprendere, rispettare, incoraggiare e promuovere la
scelta vocazionale dei figli e figlie. Molte volte pensano al loro
futuro con criteri diversi, se non contrari, ai valori evangelici
che costituiscono la cultura vocazionale. Per questo, è impor­
tante da parte nostra conoscere e interessarci dell’esperienza
familiare che vivono i nostri giovani, accompagnare e aiutare
i genitori nella loro responsabilità di educatori della fede,
approfondire con loro il senso della vocazione e interessarli
al cammino educativo e pastorale che si va proponendo ai
loro figli. Esistono nella Congregazione esempi ammirevoli
di famiglie che si radunano per appoggiare con la preghiera
e con l’accompagnamento la vocazione dei figli: sono iniziative
da promuovere!
L’angelo portò l’annuncio a Maria.
Concludo, come sempre, con un riferimento mariano.
Tra le vocazioni bibliche, quella di Maria non è soltanto la
più determinante nella storia, ma anche quella ricamata con
più luce e semplicità. La narrazione è costruita con accenni
della Bibbia che richiamano antiche speranze, esprimono attese
attuali e anticipano i sogni di salvezza dell’uomo. Maria, che
impersona l’umanità, risente in sé tutto ciò ed è chiamata a
mettersi a disposizione di Dio per realizzarlo.
Sovente ci fermiamo sugli atteggiamenti e sulle parole di
Maria. E con ragione. Lei è icona della Chiesa e modello di di­
sponibilità.
C’è, nell’Annunciazione, un’immagine di Dio. Un discusso
film ha cercato di esplorarla. È un Dio “personale” che segue le
vicende dell’uomo e lo salva con il suo amore attraverso inter­
venti e mediatori riconoscibili.
Dio manda un angelo: si comunica a Maria, come in molte
pagine bibliche, attraverso un messaggio e una voce che ri­
suona prima interiormente che all’esterno. Dio ci fa conoscere i

5.2 Page 42

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44 ATTI DEL CONSIGLIO GENERALE
suoi disegni non solo, e forse non principalmente, in momenti
solenni o con modalità vistose, ma nella vita ordinaria. L’an­
nunciazione avviene a Nazareth, in una casa privata, a una gio­
vane fidanzata, che fa l’esperienza umana dell’amore, della fa­
miglia e della responsabilità.
Sentiremo Dio in noi stessi nello scorrere della vita e nello
snodarsi degli impegni. Ma, anche vedendo attorno a noi ra­
gazzi e ragazze, dovremo pensare che una comunicazione con
Dio sta avvenendo nel loro cuore. Le mediazioni sono impor­
tanti, ma nella storia della salvezza il Signore sovente ne ha
fatto a meno, come nel caso di Abramo, Samuele e in quello di
Maria. È forse questa una delle esperienze del Forum 2000 e
della GMG. Il Signore ci aveva preceduto nella mente e nei de­
sideri di molti giovani.
Dio ha poi la misteriosa potenza di rendere fecondo quello
che, ad occhio umano, è sterile, limitato o perduto. E si tratta di
una fecondità non comune, ma pregiata, da cui hanno origine i
figli di Dio.
È questo un invito a rivedere la nostra fede nell’azione e
nell’energia dello Spirito. Proprio come una vergine può conce­
pire un figlio, così il nostro mondo, apparentemente sterile, può
essere fecondo - per opera dello Spirito - di possibilità che non
oseremmo sognare.
Spesso ci soffermiamo a scrutare l’anima di Maria attra­
verso il suo contegno e le sue parole, per scorgere qualcosa oltre
la scena esterna. Capiamo che la cosa più importante e miste­
riosa avviene nel suo cuore e nella sua mente. La sua conversa­
zione con l’angelo, si tratti di una rivelazione, visione, audi­
zione o solo ispirazione interna, è privata e nascosta. È certa­
mente attenzione alla propria vita, ascolto attento in forma di
discernimento di quello che risuonava dentro di Lei. È dialogo
fiducioso con Dio circa il suo destino; è disponibilità alla pro­
posta di Dio; è affidarsi a Lui per la realizzazione di quello che
ora le chiede, per le tappe intermedie e per il risultato finale.
In ogni vita c’è un’annunciazione, anzi parecchie e colle­

5.3 Page 43

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IL RETTOR MAGGIORE 45
gate: propongono una novità, danno una luce per comprendere
e invitano ad aprirsi ad una speranza.
L ’annunciazione ci ricorda che la nostra risposta a Dio, do­
cile, fiduciosa e continua, è personale. Niente l’uomo o la donna
producono che non sia stato concepito e maturato interior­
mente. Pensieri, sentimenti, desideri, progetti, avvenimenti
vengono elaborati nel nostro cuore. Lì c’è il santuario di Dio.
Da quel santuario Maria confessa il suo proposito di verginità,
la sua disponibilità, il suo affidarsi.
Lo Spirito non opera per forza, né meccanicamente, ma per
suggerimento, dialogo interiore, ispirazione: si prende tutto il
tempo necessario per fare con calma, a ritmo umano, un’opera
completa e ben combinata.
È anche il percorso nostro e quello che aiutiamo a fare ai
giovani. Ci conceda Maria di saper “amplificare” ed essere me­
diatori della parola personale del Signore che risuona, non
sempre comprensibile, nel cuore dei giovani.
È questo l’augurio che, insieme al mio fraterno saluto, desi­
dero farvi giungere: la riflessione sul tema del prossimo Capi­
tolo Generale rafforzi la capacità vocazionale di ogni comunità
e di ciascun confratello.
Con la protezione di Don Bosco e dell’Ausiliatrice