301-350|it|349 Nell’Anno della Famiglia

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NELL’ANNO DELLA FAMIGLIA



Introduzione. - Interpellanze di nuova evangelizzazione. - Le difficoltà odierne. - La lettera del Papa alle famiglie. - Il grande mistero. - La genealogia della persona. - Formazione e animazione dell’alleanza coniugale. - L’educazione sessuale. - La preparazione al matrimonio. - Il carisma di Don Bosco e la famiglia. - La Santa Famiglia di Nazareth.

Lettera pubblicata in ACG n. 349



Roma, 10 giugno 1994

Solennità del Sacro Cuore


Cari confratelli,


in questi ultimi mesi ho potuto constatare la bontà del Signore verso di noi in varie parti del mondo: in alcune Egli ci aiuta a incominciare con vitalità — così, ad es., in vari paesi dell’ex-Unione Sovietica —, in altre fa crescere e irrobustisce la fedeltà a Don Bosco con coraggiosa creatività — come nel Paraguay, in Argentina, nel Brasile, nella Spagna e in Italia, dove sono appena stato —. Lunghi viaggi di animazione e di comunione, alcuni dei quali dedicati a «visite d’insieme» che, nell’Argentina e nel Brasile, hanno fatto percepire la qualità straordinaria delle prime radici piantate da Don Bosco stesso con scelta preveggente e con magnanima audacia.

Sia guardando al futuro (come nella Russia), sia guardando allo sviluppo della seminagione di ieri (in America Latina, Spagna e Italia) uno sente la predilezione del Signore e ringrazia Cristo risorto e asceso al cielo che ci dona continuamente lo Spirito Santo con la sua potenza, la sua creatività, la sua originale proposta della verità salvifica per illuminare il cambio epocale che sta esigendo nuova evangelizzazione.

La Congregazione nel mondo è chiaramente sotto l’azione dello Spirito Santo; Egli le conserva la sua natura carismatica in forma vivace di rinnovamento o di incominciamento, come se Don Bosco fosse vivo nelle varie situazioni geografiche, per rispondere generosamente alle interpellanze della gioventù bisognosa. Così, almeno, nelle visite che ho potuto realizzare in questi mesi.

Insieme alla vitalità della crescita, lo Spirito ci muove a capire sempre meglio il mistero della croce e a sentirci discepoli di Cristo con lo sguardo del cuore rivolto anche al martirio.

Stiamo accompagnando con intensa solidarietà i nostri confratelli del Ruanda e seguiamo, sconvolti ma con speranza, le terribili sorti del popolo ruandese, soprattutto della sua gioventù, chiedendo allo Spirito del Signore che ci indichi presto un modo concreto di aiuto e di nuova presenza in quell’amata nazione.

Sentiamoci tutti chiamati a pregare, a rinnovarci, a partecipare con sacrifici ed a collaborare.



Interpellanze di nuova evangelizzazione


Come sapete, cari confratelli, stiamo vivendo nella società e nella Chiesa l’Anno della Famiglia. Mi sono chiesto che cosa esso possa significare per noi. E sento la responsabilità di invitarvi a riflettere insieme sulla sua importanza e sulle esigenze che esso comporta per il nostro rinnovamento educativo e pastorale.

Perché l’Organizzazione delle Nazioni Unite ha proclamato il 1994 Anno internazionale della Famiglia? Certamente per mettere in luce quanto la questione familiare sia fondamentale per gli Stati.

La Chiesa ha accolto con gioia questa iniziativa e vi ha aderito ufficialmente: nella festa della Santa Famiglia del 1993 (26 dicembre) ha dato inizio a Nazareth, con la solenne celebrazione presieduta dal Legato Pontificio, alla propria adesione a questo argomento tanto vitale per la comunità ecclesiale del mondo.

Abbiamo assistito nei mesi trascorsi a molteplici attività che hanno concentrato la nostra attenzione sulla famiglia oggi. Anche numerose Ispettorie salesiane hanno realizzato delle iniziative lodevoli.

Sarà sufficiente questa sensibilizzazione un po’ generale? L’argomento «famiglia» è troppo importante per noi, da lasciarlo cadere con la fine di quest’Anno. Dobbiamo considerare il ’94 come una finestra aperta su un vasto orizzonte che tocca l’attualità del nostro carisma e offre tanti aspetti urgenti e nuovi alla nostra missione di nuova evangelizzazione.

È opportuno, dunque, che ci intratteniamo seriamente su come il tema della famiglia investe a fondo il nostro processo di rinnovamento. Servirà a sentirci più situati «nel cuore della Chiesa» 1 e più inseriti in forma solidale «con il mondo e con la sua storia». 2 Lo Spirito del Signore ci ha suscitati nel Popolo di Dio con uno specifico compito di «pastorale giovanile». Sappiamo, e l’abbiamo ripetuto varie volte, che non si può realizzare una autentica pastorale giovanile senza un rapporto concreto e armonico con la «pastorale familiare».

Domandiamoci: può un educatore oggi formare la persona dei suoi giovani senza approfondire, chiarire e far rivivere i valori della famiglia? È possibile nella Chiesa far nuova evangelizzazione senza riprendere a fondo e con novità i temi della sessualità, del matrimonio e della vita coniugale?



Le difficoltà odierne


È facile sentir parlare oggi di sfascio della famiglia, anche se in verità non è tutto sfacelo. È vero che, se ci guardiamo attorno, il nostro sguardo percepisce una situazione assai triste. La crisi ci colpisce di più se riandiamo con la memoria alle nostre famiglie di ieri ripiene di amore cristiano, traboccanti di vita e testimoni di saggezza nella semplicità. Certamente sono cambiati i tempi e c’è bisogno di ripensare anche le modalità di convivenza coniugale, sempre però che non si distrugga la natura perenne della famiglia.

Se guardiamo a certe forme nuove di convivenza, alla elasticità del vincolo matrimoniale, tanto celebrata nei mezzi di comunicazione, all’allarmante fenomeno della denatalità, alla mentalità permissivista circa l’aborto, al continuo aumento di «orfani di genitori vivi», fino al riconoscimento legale di coppie omosessuali, si capisce perché non si voglia definire né descrivere per uso legislativo e sociale un concetto ufficiale di famiglia: molti non accettano che essa sia fondata sull’amore coniugale di un uomo e una donna uniti in matrimonio indissolubile quale santuario della vita. Ma se la famiglia perde la sua identità, non potrà più essere considerata come la cellula fondamentale della società.

Già il CG23 ricordava che: «Diverse famiglie nei vari contesti sono investite oggi da una grave crisi segnata dall’indebolimento dei legami interni e da una esagerata ricerca di autonomia. Molti giovani soffrono le conseguenze di questo sfascio familiare, causato dalla infedeltà, dalla superficialità dei rapporti, dal divorzio, dalla miseria, dall’alcoolismo o dalla droga. È in aumento il numero di persone psicologicamente impreparate alla paternità o alla maternità, incapaci di dare affetto ai figli o al partner. Queste situazioni creano in molti giovani gravi conseguenze che si manifestano in carenze affettive vistose, insicurezze, disadattamento, rischio di devianza».3

Si aprono purtroppo le porte a una falsa modernità con pericolosi permissivismi, stravolgimenti etici, convivenze transitorie, libertinaggio sessuale, carenze di responsabilità educative. ecc., con la grave perdita dei cosiddetti «diritti della famiglia», strettamente connessi con «i diritti dell’uomo». Si assiste, in conseguenza, ad una decadenza sociale con effetti negativi irreparabili; si deve temere un postcristianesimo, ossia una situazione sociale di paganesimo che rinuncia — dopo venti secoli di Vangelo — alla luce e alla grazia di Cristo. Viene spontaneo pensare alla pagina tanto nera della lettera di S. Paolo ai Romani: «Dio li ha abbandonati ai loro desideri: si sono lasciati andare a impurità di ogni genere fino al punto di comportarsi in modo vergognoso gli uni con gli altri...».4 L’Apostolo presenta una descrizione pesante della Roma pagana di tanti secoli fa, ma anche oggi in non pochi ambienti (purtroppo sempre più numerosi, soprattutto quando si disconosce la funzione specifica della famiglia) si assiste a condizioni di vita indegne e inumane: una «anti-civiltà».

Le difficoltà odierne mettono in risalto l’urgenza di correre ai ripari; la famiglia deve rimanere l’orizzonte vitale dell’essere persona; la sua crisi comporta nel mondo una perdita di umanità. Giustamente «la Chiesa considera il servizio alla famiglia uno dei suoi compiti essenziali. In tal senso, sia l’uomo che la famiglia costituiscono “la via della Chiesa”».5

Stiamo assistendo, oggi, persino a uno scontro — su questo tema — tra il Vaticano e l’ONU. Oggetto del contrasto è la presentazione del documento finale della 3ª Conferenza su popolazione e sviluppo che si aprirà al Cairo il prossimo 5 settembre.

C’è, da parte del Papa e della Sede Apostolica, una sequenza di interventi pubblici e di iniziative con una dura critica alla bozza del documento finale. Scrive Giovanni Paolo II: «È per me causa di grande preoccupazione»; «c’è la tendenza a promuovere il diritto internazionalmente riconosciuto a poter abortire su richiesta»; «la visione della sessualità che ispira il documento è individualistica»; «il matrimonio viene ignorato come se appartenesse al passato»; «la famiglia non può essere manipolata...».

Se nella Conferenza del Cairo prevarranno gli indirizzi del Comitato preparatorio, si legalizzerà uno stile di vita lontano dal Vangelo che faciliterà la contraccezione, l’aborto, le unioni libere, l’omosessualità, tutto in contrasto con il rinnovamento della famiglia secondo il Vangelo.

Noi Salesiani dobbiamo seguire con cuore pastorale questa contesa «culturale» e saper difendere con forza l’identità della famiglia, così come ce la mostrano la verità di Cristo e le esigenze della nostra profezia di educatori.

Purtroppo emerge una forte crisi di verità, soprattutto di verità salvifica: «il razionalismo moderno non sopporta il mistero. Non accetta il mistero dell’uomo, maschio e femmina, né vuol riconoscere che la piena verità sull’uomo è stata rivelata in Gesù Cristo».6

È bene, dunque, che rivediamo in sintesi la verità cristiana circa la famiglia.



La lettera del Papa alle famiglie


Il 2 febbraio, festa della Presentazione del Signore, S. S. Giovanni Paolo II ha inviato una preziosa lettera (un centinaio di paginette) alle «famiglie»: incomincia appunto con l’affettuosa espressione «Carissime famiglie».

In essa il Papa affronta con coraggio, con profondità e con chiarezza i complessi problemi dell’attuale disagio della famiglia e propone una robusta sintesi della verità cristiana al riguardo. È indispensabile far emergere i suoi ricchi contenuti nella nostra coscienza di educatori.

Bisogna rileggere e studiare questa lettera. Non ha senso trincerarsi dietro alle solite scuse: troppi documenti, riflessioni difficili, stile complesso, messaggio non destinato direttamente a noi.

La famiglia è certamente una delle «nuove frontiere» dell’evangelizzazione ed è legata profondamente, come abbiamo già detto, con la missione giovanile e popolare del nostro carisma. D’altra parte, il Santo Padre si rivolge, nella lettera, anche a noi: «alle famiglie religiose e alle persone consacrate, ai movimenti e alle associazioni dei fedeli laici»:7 il tema della famiglia è troppo importante per tutti e, in modo certamente privilegiato, per gli educatori nella fede.

Fa impressione la dichiarazione di alta responsabilità espressa dallo stesso Papa nel testo: «Parlo con la potenza della verità di Cristo all’uomo del nostro tempo, perché comprenda quali grandi beni siano il matrimonio, la famiglia e la vita; quale grande pericolo costituiscano il non-rispetto di tali realtà e la minor considerazione per i supremi valori che fondano la famiglia e la dignità dell’essere umano».8

Egli assicura che la dottrina cristiana sulla famiglia è un vero «tesoro della Chiesa»; è «la grande rivelazione: la prima scoperta dell’altro»; è «collocata veramente al centro della Nuova Alleanza». E osserva con acuta visione pastorale che «la famiglia si trova al centro del grande combattimento tra il bene e il male». Lì brilla la verità di Cristo e lì fa notte la menzogna dell’errore.

Si tratta, dunque, di una lettera particolarmente importante che offre, a chi deve educare nella fede, i principali elementi orientatori per una nuova evangelizzazione (e perciò anche per una nuova educazione).

Ma vediamo quali sono questi elementi fondanti.

Li deduciamo dal testo stesso della lettera in forma concentrata e stimolante che ci riporti a meditare con più attenzione e direttamente la parola stessa del Papa. È dottrina conosciuta e presentata anche nel Catechismo della Chiesa Cattolica ma, riunita sinteticamente intorno a questo tema, essa diviene un Vangelo della famiglia per l’uomo d’oggi in un aspetto concreto della sua vita, posto nientemeno che «al centro del grande combattimento tra il bene e il male».



Il grande mistero


È sintomatico constatare che all’inizio, sia della creazione dell’uomo che della sua redenzione, c’è la famiglia. È guardando ad essa che si capisce veramente che cos’è l’uomo e in che cosa consiste il suo mistero.

La lettera del Papa parla di «mistero» non solo in riferimento all’individuo uomo, ma anche e fondamentalmente in riferimento alla famiglia. È il «grande mistero» a cui accenna S. Paolo nella lettera agli Efesini.9 L’Apostolo dà all’argomento un’impostazione nuova, fondata sì su Adamo ed Eva per la tradizione dell’Antico Testamento, ma che si rapporta propriamente all’amore sponsale di Cristo per la sua Chiesa.

«Non si può comprendere la Chiesa come Corpo Mistico di Cristo, come sacramento universale di salvezza — commenta il Santo Padre —, senza riferirsi al “grande mistero”, congiunto alla creazione dell’uomo maschio e femmina ed alla vocazione di entrambi all’amore coniugale, alla paternità e alla maternità. Non esiste il “grande mistero”, che è la Chiesa e l’umanità in Cristo, senza il “grande mistero” espresso nell’essere “una sola carne” (cf. Gn 2, 24; Ef 5, 31-32), cioè nella realtà del matrimonio e della famiglia».10

Approfondendo la dottrina cristiana sulla famiglia si risponde anche alla fondamentale domanda di che cos’è l’uomo.

Il «mistero» da cui si parte è Dio non semplicemente come essere supremo raggiunto dalla ragione, ma nell’intimità della sua essenza e vita divina raggiunta per rivelazione con la fede. Per noi «mistero» non significa né enigma né problema, ma la verità più bella, più intensa, più illuminante, più affascinante, tanto da non poterla contemplare in visione diretta per esaurirne i tesori, ma senza la quale resta oscura per noi tutta la realtà.

Questa verità suprema è l’Amore trinitario, molto più ricco e sovrabbondante di quanto ci dicano le riflessioni sull’essere metafisico dell’Ente supremo. È a questa intima realtà divina che si riferisce l’«immagine» e la «somiglianza» della realtà umana: 11 una assoluta originalità che trascende l’analogia dell’«essere sussistente» per assurgere a una analogia dell’«amore trinitario».

Iddio, però, non ha corpo; è puro spirito; è la vita. Le caratteristiche umane proprie della mascolinità e della femminilità, della paternità e della maternità, sono espressioni del suo mistero che si manifestano analogicamente e in forma complementare nell’uomo e nella donna: «Dio creò l’uomo a sua immagine; a immagine di Dio lo creò; maschio e femmina li creò».12

«Nessuno dei viventi, tranne l’uomo — afferma il Papa —, è stato creato “ad immagine e somiglianza di Dio”. La paternità e la maternità umana, pur essendo biologicamente simili a quelle di altri esseri in natura, hanno in sé in modo essenziale ed esclusivo una somiglianza con Dio, sulla quale si fonda la famiglia, intesa come comunità di vita umana, come comunità di persone unite nell’amore».13

Questa dualità originaria — maschio e femmina — esige un’alleanza coniugale nell’amore, tutta orientata alla pienezza della vita: «Siate fecondi e moltiplicatevi, riempite la terra; soggiogatela».14

Questo mistero originario di Adamo ed Eva viene assunto e perfezionato dal secondo Adamo (Cristo) e dalla seconda Eva (Maria e la Chiesa). Qui lo «sposo» è lo stesso Dio fatto uomo che ama la Chiesa «sino alla fine»,15 e la «sposa» è la stessa Chiesa che va rigenerando l’umanità con il dono sacramentale della vita nuova, soprattutto attraverso il Battesimo e l’Eucaristia, che «sono i frutti dell’amore con cui lo Sposo ha amato sino alla fine, amore che costantemente si espande, elargendo agli uomini una crescente partecipazione alla vita divina».16

Si deve concludere che il grande mistero consiste nel considerare la famiglia come una peculiare partecipazione all’amore divino da approfondire nella dimensione sessuale dei singoli individui, nell’alleanza coniugale del matrimonio, nella fecondità del dono della vita secondo una paternità e maternità responsabili. Giustamente il Papa parla della costruzione di una «civiltà dell’amore» che parta dal rinnovamento profondo delle famiglie, che costituiscono appunto «il centro e il cuore» di tale civiltà.

A tal fine bisogna essere convinti che «senza la consapevolezza che Dio è “Amore”, e che l’uomo (creato a sua immagine) è l’unica creatura in terra chiamata da Dio all’esistenza “per se stessa”», non si raggiungerà mai il vero amore nella famiglia e nella società. «L’uomo creato ad immagine e somiglianza di Dio non può “ritrovarsi pienamente” se non attraverso il dono sincero di sé. Senza un tale concetto dell’uomo, della persona e della “comunione di persone” nella famiglia, non ci può essere la civiltà dell’amore; reciprocamente, senza la civiltà dell’amore è impossibile un tale concetto di persona e di comunione di persone».17

Senza la verità cristiana si apre la porta (purtroppo già spalancata) a un’«anti-civiltà» che distrugge il vero amore «nei vari ambiti del suo esprimersi, con inevitabili ripercussioni sull’insieme della vita sociale».



La genealogia della persona


La lettera del Papa ci introduce nel tema di fondo sul mistero di ogni uomo: quello del suo essere persona. «Nella biologia della generazione — ci dice — è inscritta la genealogia della persona».18 Sappiamo, come ci assicura il Catechismo della Chiesa Cattolica, «che ogni anima spirituale è creata direttamente da Dio — non è “prodotta” dai genitori — ed è immortale».19 D’altra parte «l’unità dell’anima e del corpo è così profonda che si deve considerare l’anima come la “forma” del corpo: ciò significa che grazie all’anima spirituale il corpo composto di materia è un corpo umano e vivente; lo spirito e la materia, nell’uomo, non sono due nature congiunte, ma la loro unione forma un’unica natura».20

Il corpo dell’uomo rappresenta il vertice del mondo materiale 21 e «partecipa alla dignità di “immagine di Dio”; è corpo umano proprio perché è animato dall’anima spirituale».22

La persona è costituita da tutto ciò che è umano, includendo certamente anche la sessualità (la persona-maschio, e la persona-femmina), ma è caratterizzata da una dimensione di trascendenza che la riferisce direttamente a Dio-Amore perché fatta a sua immagine e somiglianza.

Così anche la paternità e maternità dei genitori, pur essendo radicate evidentemente nella biologia, la superano per la qualità spirituale che procede dall’anima. La generazione umana si distingue da ogni altra generazione sulla terra: essa «è la continuazione della creazione».23

Nella paternità e maternità umane Dio stesso è presente; perciò, afferma il Papa: «Nella biologia della generazione è inscritta la genealogia della persona. Anche il nuovo essere umano, non diversamente dai genitori, è chiamato all’esistenza come persona, è chiamato alla vita nella verità e nell’amore. Tale chiamata non si apre soltanto a ciò che è nel tempo, ma in Dio si apre all’eternità. Questa è la dimensione della genealogia della persona che Cristo ci ha svelato definitivamente, gettando la luce del suo Vangelo sul vivere e sul morire umano e, pertanto, sul significato della famiglia umana».24

A ragione il Concilio Vaticano II ha affermato con singolare chiarezza che l’uomo «in terra è la sola creatura che Iddio abbia voluto per se stessa!».25

«Essere uomo», maschio o femmina, è la vocazione fondamentale di ogni persona, la quale esiste «per se stessa» anche se iscritta contemporaneamente alla famiglia e alla società. Ogni figlio è il coronamento dell’amore coniugale e un prezioso dono per la famiglia; corona così il vivo desiderio dei genitori; ma essi devono volere il figlio, proprio come lo vuole il Creatore, «per se stesso»: «la genalogia della persona — ripete il Papa — è unita innanzitutto con l’eternità di Dio, e solo dopo con la paternità e maternità umane che si attuano nel tempo».26

Evidentemente da questa visione misterica della famiglia derivano importanti conseguenze sia per la persona del figlio, sia per i genitori e la famiglia, sia per la società, sia per la Chiesa.

E qui si affaccia per noi tutto un campo concreto di azione educativa ed evangelizzatrice che esige di ripensare meglio alcuni aspetti del nostro impegno apostolico in un’ora di nuova evangelizzazione.

Possiamo fissare l’attenzione su tre aspetti legati alla pastorale della famiglia; sono tre aspetti delicati che toccano esplicitamente la nostra missione e che mi pare non sempre abbiano sufficiente attenzione nei nostri impegni educativo-pastorali. Essi costituiscono certamente una frontiera della nuova evangelizzazione e della nuova educazione.

Eccoli: la formazione e animazione dell’alleanza coniugale tra gli sposi; l’educazione sessuale nei giovani; la preparazione al matrimonio nella pastorale educativa.



Formazione e animazione dell’alleanza coniugale


A noi tocca, per differenti ragioni (parrocchie, associazioni di cooperatori ed exallievi, conduzione di attività con collaboratori laici, ecc.), accompagnare con preoccupazione evangelizzatrice vari gruppi di sposi: non possiamo eludere l’animazione della loro alleanza coniugale secondo il Vangelo. Si tratta della loro vita quotidiana. È un servizio apostolico che siamo chiamati ad offrire interessandoci anche dei loro problemi, specialmente riguardo all’educazione dei figli.

Come fondamento-base di ogni famiglia c’è il patto del matrimonio, nel quale un uomo e una donna «mutuamente si danno e si ricevono» 27 in una profonda alleanza coniugale di servizio alla vita. Il loro mutuo amore viene confermato e perfezionato dalla rispettiva paternità e maternità, che li fa collaboratori della meravigliosa potenza creatrice di Dio. L’alleanza coniugale implica «il dono di sé», pieno e irrevocabile dell’uno all’altro. Purtroppo l’esperienza insegna che questo sublime progetto del Creatore è stato ferito dagli egoismi del peccato. Così la sessualità, il matrimonio, la famiglia, l’educazione dei figli hanno subito forti deviazioni lungo la storia.

In quest’Anno della Famiglia la Chiesa ci chiama ad essere evangelizzatori dell’alleanza coniugale.

Il Vangelo di Cristo proclama esplicitamente che il dono di sé di un coniuge all’altro è così profondo e intimo che comporta «il carattere indissolubile del matrimonio, quale fondamento del bene comune della famiglia».28

Il matrimonio è una «comunione di persone» aperta alla «generazione di persone»: «solo le persone sono capaci di esistere in comunione».29

Tale comunione è orientata nel matrimonio alla paternità e alla maternità radicate nella biologia del maschio e della femmina, ma umanizzate e sublimate dall’alito spirituale delle loro anime e lanciate ad ancor più sublimi mete dalla fede nel progetto di Dio salvatore, come lo possiamo contemplare nella Santa Famiglia di Nazareth.

Noi Salesiani parliamo da tempo di un nostro Progetto-laici, e il prossimo Capitolo Generale (CG24) affronterà appunto questo tema. Guardando ai laici ci riferiamo, senza dubbio, anche a non poche famiglie. Penso, ad esempio, alle Associazioni di genitori nelle nostre opere, alle Mamme catechiste, e tra i Cooperatori a tante coppie giovani che hanno formato (per es. in Spagna) dei gruppi speciali di «Hogares Don Bosco», ossia focolari animati da confratelli per l’approfondimento e la crescita dei valori umani e cristiani del loro matrimonio; e poi c’è tutto il lavoro pastorale da realizzare nelle nostre numerose parrocchie.

Giustamente il Papa, nell’Esortazione apostolica Familiaris consortio, parlando del contributo dei Religiosi e delle Religiose in favore della famiglia, afferma: «Vorrei aggiungere l’esortazione più pressante ai responsabili degli Istituti di vita consacrata, a voler considerare — sempre nel sostanziale rispetto del carisma proprio ed originario — l’apostolato rivolto alle famiglie come uno dei compiti prioritari, resi più urgenti dall’odierno stato di cose».30

La nostra formazione permanente deve includere opportunamente questo aspetto di nuova evangelizzazione nelle sue programmazioni; se ne sente dappertutto il bisogno.

«Ai nostri giorni — dice il Catechismo della Chiesa Cattolica —, in un mondo spesso estraneo e persino ostile alla fede, le famiglie credenti sono di fondamentale importanza, come focolari di fede viva e irradiante. È per questo motivo che il Concilio Vaticano II, usando un’antica espressione, chiama la famiglia Ecclesia domestica — Chiesa domestica. È in seno alla famiglia che “i genitori devono essere per i loro figli, con la parola e con l’esempio, i primi annunciatori della fede, e secondare la vocazione propria di ognuno, e quella sacra in modo speciale”».31

La famiglia entra nei compiti essenziali della missione della Chiesa: è veramente «sua via». Essa è la «prima scuola» dell’essere uomo; gli sposi sono «educatori» proprio perché «genitori»; la paternità e la maternità rappresentano un compito, una responsabilità e un diritto anche culturale e spirituale. Dio che crea la persona per se stessa, la affida poi, di fatto e pienamente, alla famiglia.

È in essa che «si esercita in maniera privilegiata il sacerdozio battesimale del padre di famiglia, della madre, dei figli, di tutti i membri della famiglia, “con la partecipazione ai sacramenti, con la preghiera e il ringraziamento, con la testimonianza di una vita santa, con l’abnegazione e l’operosa carità”. Il focolare è così la prima scuola di vita cristiana e “una scuola di umanità più ricca”. È qui che si apprende la fatica e la gioia del lavoro, l’amore fraterno, il perdono generoso, sempre rinnovato, e soprattutto il culto divino attraverso la preghiera e l’offerta della propria vita».32

I mutui rapporti tra i coniugi e con i figli «sono ispirati e guidati dalla legge della “gratuità” che, rispettando e favorendo in tutti e in ciascuno la dignità personale come unico titolo di valore, diventa accoglienza cordiale, incontro e dialogo, disponibilità disinteressata, servizio generoso, solidarietà profonda».33

Nell’alleanza coniugale si trova l’ambiente primo e più propizio per «umanizzare e personalizzare»; collaborando, così, alla costruzione della società e della Chiesa. Nel Sinodo dell’80 i Vescovi hanno chiesto al Papa che impegnasse la Sede Apostolica nell’elaborazione di una Carta dei diritti della Famiglia. Il Santo Padre accolse la richiesta 34 e la Carta potè essere pubblicata nel 1983 (12 articoli). È un documento assai orientativo (in particolare al livello dei responsabili della società). Vale la pena rileggere questo documento oggi. La Sede Apostolica nel presentarlo «rivolge un particolare appello a tutti i membri e istituzioni della Chiesa perché diano chiara testimonianza delle convinzioni cristiane circa l’insostituibile missione della famiglia, e procurino che famiglie e genitori ricevano il necessario sostegno ed incoraggiamento per adempiere il compito loro affidato da Dio».35

Nella nostra tradizione salesiana c’è un caratteristico clima di convivenza che ci abilita ad essere esperti della comunione di persone. Pensiamo a quello «spirito di famiglia» che deve modellare ogni nostra «casa» con l’affetto, l’accoglienza, la condivisione: «in clima di mutua confidenza e di quotidiano perdono si prova il bisogno e la gioia di condividere tutto e i rapporti vengono regolati non tanto dal ricorso alle leggi, quanto dal movimento del cuore e dalla fede».36

Dobbiamo considerare questo simpatico aspetto del nostro spirito, non come un tesoro da nascondere, ma come un prezioso dono da condividere con altri. Non solo ne beneficeranno tante famiglie, ma noi stessi saremo arricchiti da valori, anche culturalmente nuovi, che stanno crescendo nelle migliori famiglie.

Purtroppo più di una volta non poche famiglie si trovano di fatto (magari anche indipendentemente dalla volontà di uno dei coniugi e dalla preparazione avuta) in una situazione non ideale e dolorosa. L’esperienza nostra di vita comunitaria, di perdono e di pazienza può aiutare le persone interessate a gestire tali situazioni ricavando il maggior bene possibile, senza allontanarsi dal Vangelo e dalla Chiesa.

È un compito pastorale molto delicato e abbastanza frequente. Si tratta di salvare le «persone» anche nei pericoli di naufragio.



L’educazione sessuale


Già come frutto del Sinodo ’80, dedicato appositamente alla famiglia, si sottolineava l’urgenza di saper evangelizzare l’educazione sessuale dei giovani: «Di fronte ad una cultura che “banalizza” in larga parte la sessualità umana — scrive il Papa nell’Esortazione apostolica Familiaris consortio —, perché la interpreta e la vive in modo riduttivo e impoverito, collegandola unicamente al corpo e al piacere egoistico, il servizio educativo dei genitori (e, per sussidiarietà, degli altri centri educativi) deve puntare fermamente su di una cultura sessuale che sia veramente e pienamente personale; la sessualità, infatti, è una ricchezza di tutta la persona — corpo, sentimento e anima — e manifesta il suo intimo significato nel portare la persona al dono di sé nell’amore».37

Dobbiamo riconoscere che risulta parziale e riduttiva la interpretazione semplicemente biologica del sesso, perché trascura l’unità fondamentale della persona e della sua promozione integrale in quanto immagine e somiglianza di Dio. L’ottica cristiana pone al vertice della perfezione della persona la capacità di «amare» superando gli egoismi e le deviazioni dell’erotismo. L’autentica educazione sessuale deve venir coinvolta chiaramente nella più ampia educazione all’amore come dono di sé. Certo, c’è tutto un delicato campo nell’ambito biologico e psicologico del sesso, assai importante e del quale non bisogna fare mai un tabù, ma che non sarà autenticamente umano se verrà considerato solo a livello animale.

La sessualità è un dinamismo diffuso ed operante in tutto l’essere integrale del maschio e della femmina; la persona umana è tutta sessuata, anche se la sessualità è solo uno dei suoi aspetti costitutivi. Il sesso caratterizza l’io di ogni individuo umano e influisce sul suo sviluppo come una forza primordiale soprattutto per portare la formazione della personalità al vero amore fino al livello di dono di sé in forma oblativa.

Ad ogni modo, quando si pensa all’aspetto di «immagine e somiglianza» di Dio, bisogna ricordare che l’analogia comporta una distanza incalcolabile e, quindi, da applicare con criterio: Iddio con il suo amore «crea» il bene; l’uomo, invece, quando ama è risvegliato e attratto dal bene, nei suoi molteplici livelli di richiamo.

Per fortuna il Verbo di Dio si è fatto uomo e ci ha insegnato l’amore oblativo dell’uomo come immagine di Dio. Ma se c’è un campo dove la tragedia del peccato ha seminato la rovina, è proprio l’amore. Di qui l’importanza e l’urgenza di una accurata educazione sessuale in riferimento alla formazione all’amore di ogni persona.

Qui si apre anche il delicato problema della coeducazione, oggi maturato in molte culture, di una modalità di azione educativa pedagogicamente più complicata. I due sessi, tra loro complementari, esigono che le persone siano formate, da una parte, secondo le esigenze specifiche di ognuno dei sessi e, dall’altra, che si coltivi in esse un tipo di reciprocità che rafforzi e renda possibile la crescita della sessualità secondo la dignità specifica delle persone.

L’esperienza insegna che ciò non risulterà effettivo senza una spiritualità giovanile: amore, sessualità, spiritualità vanno intimamente unite nel processo di educazione alla fede. E qui si inserisce necessariamente l’educazione alla vocazione che, in qualunque stato di vita, è appunto una concreta formazione all’amore come dono di sé.

Nell’Esortazione apostolica Familiaris consortio il Santo Padre, parlando dell’educazione sessuale, afferma: «In questo contesto è del tutto irrinunciabile l’educazione alla castità, come virtù che sviluppa l’autentica maturità della persona e la rende capace di rispettare e promuovere il “significato sponsale” del corpo. Anzi, i genitori cristiani (e gli educatori) riserveranno una particolare attenzione e cura, discernendo i segni della chiamata di Dio, per l’educazione alla verginità, come forma suprema di quel dono di sé che costituisce il senso stesso della sessualità umana».38

Considerata in questa sua visione integrale, l’educazione sessuale riunisce e concretizza vari aspetti della formazione alla fede propri della nostra missione e tradizione. Ricordiamo quanto già aveva raccomandato il CG23 parlando dell’educazione all’amore. Vale la pena rileggere i numeri dal 192 al 202: L’educazione all’amore. Così, per esempio, il n. 195: «Il salesiano, attento nella sua azione educativa a favorire e a promuovere la maturazione dei giovani, sente oggi uno speciale impegno nell’educare all’amore. È convinto che il mistero di Cristo, la sua vita e i suoi eventi, sono propriamente la rivelazione piena e normativa del vero amore. L’esperienza tipica di Don Bosco e il contenuto educativo e spirituale del Sistema Preventivo lo orientano ad alcune scelte semplici ma efficaci».39

Qualcuno, un po’ saccente, ha fatto notare che tutta la preoccupazione che dimostrava Don Bosco per la purezza degli adolescenti e dei giovani non avrebbe più oggi una valenza di primo piano. Grave errore! Purtroppo c’è stata (in conseguenza dei cambi culturali) una flessione al riguardo; ma è indispensabile rivedere e ricuperare, in sintonia — certo — con l’evoluzione culturale. Se nella «formazione alla purezza» parlassimo con competenza dell’«educazione sessuale» nel senso integrale con cui parla il Papa, e includendola nella «spiritualità giovanile» per la maturazione della persona nell’amore oblativo, io credo che faremmo rivivere l’insistenza di Don Bosco, in forma aggiornata, su un aspetto centrale del bene dei giovani.

Sì: la nuova evangelizzazione circa l’educazione sessuale, circa la formazione all’amicizia, circa la custodia del cuore, circa la valorizzazione del matrimonio e della verginità o celibato, costituisce per la gioventù il più valido servizio nell’educazione all’amore e dimostra quotidianamente, lungo il processo educativo, che ogni persona umana è «vocazione» e che la pulsione sessuale non è un tabù ma un dinamismo voluto da Dio nel contesto globale della grandezza e dignità della persona.

Giustamente il Catechismo della Chiesa Cattolica riconosce che «la sessualità esercita un’influenza su tutti gli aspetti della persona umana, nell’unità del suo corpo e della sua anima. Essa concerne particolarmente l’affettività, la capacità di amare e di procreare e, in un modo più generale, l’attitudine ad intrecciare rapporti di comunione con altri».40



La preparazione al matrimonio


L’allungamento dell’età giovanile ha introdotto nelle nostre presenze educative (oratori, parrocchie, pensionati, associazioni laicali, ecc.) una più accurata attenzione alla preparazione al matrimonio. Anche prima del fidanzamento, e al di là di tale aspetto, la formazione della persona all’amore, che è l’essenza di ogni educazione, deve orientare il progetto educativo a preparare bene al matrimonio.

È questo un aspetto della pastorale vocazionale (il matrimonio è la vocazione ordinaria della maggioranza dei giovani) da considerare insieme — anche se con accenti e modalità differenti — con la vocazione alla vita consacrata.

Per lo sviluppo di ogni vocazione è indispensabile una buona e costante formazione all’amore. L’amore, infatti, è un dinamismo fondamentale e innato, ma che può deviarsi con facilità a danno della persona: invece che dono di sé in forma oblativa, può divenire facilmente egoismo, dominio, bramosia, passione. Il disastro provocato dal peccato ha danneggiato soprattutto il campo dell’amore, inaugurando l’impero dell’egoismo.

Orbene: il matrimonio è una comunità di amore tra due persone, un uomo e una donna; è ordinato al bene comune di una loro permanente alleanza coniugale e alla cura e crescita della vita con la procreazione.

Il matrimonio non è un’istituzione originariamente solo umana, «non dipende dall’arbitrio dell’uomo, perché è Dio stesso l’autore del matrimonio, dotandolo di molteplici valori e fini; tutti quanti di somma importanza per la continuità del genere umano, il progresso personale e il destino eterno di ciascuno dei membri della famiglia, per la dignità, la stabilità, la pace e la prosperità della stessa famiglia e di tutta la società umana».41

Si vede subito, da questa autorevole descrizione, che il matrimonio supera di molto l’ambito semplicemente biologico e le pulsioni dell’istinto e delle passioni; è una realtà che coinvolge tutta la persona per avviarla a un dono di sé senza egoismi e aperto a profonde responsabilità in diretta relazione con la vita e la società. Se poi si pensa al suo valore di sacramento nella Chiesa, si percepisce ancora di più la sua importanza e dignità.

È evidente, allora, che la preparazione al matrimonio esige lungo tempo di dedicazione e comporta di impegnarsi nei vasti ambiti della pedagogia della vocazione.

Ogni maturazione vocazionale si dedica ad educare all’amore, ossia al dono di sé nell’impegno per gli altri, nel sacrificio, nell’apportare gioia, nel saper perdonare, nella solidarietà, nel nutrirsi di grandi ideali evitando le tentazioni dell’edonismo, nel superare gli scoraggiamenti, nel coraggio dei pentimenti, nelle iniziative di maggior comunione, ecc.

Si tratta, come si vede, dell’educazione di una vocazione cristiana con una base comune a tutti i battezzati con caratteristici valori da assicurare. Il dono di sé è una meta da raggiungere sia nel matrimonio che nel celibato per la Chiesa: «Entrambi — dice il Catechismo della Chiesa Cattolica — il sacramento del Matrimonio e la Verginità per il Regno di Dio, provengono dal Signore stesso. È lui che dà loro senso e concede la grazia indispensabile per viverli conformemente alla sua volontà. La stima della Verginità per il Regno e il senso cristiano del Matrimonio sono inseparabili e si favoriscono reciprocamente».42

Ci sono, dunque, nella pastorale giovanile, specifici valori da promuovere intensificando quella spiritualità del quotidiano tanto raccomandata dal CG23.

Conviene ricordare, però, che sebbene si tratti per tutti di coltivare la vocazione cristiana, ci sono delle importanti differenze da seguire e coltivare con attenzioni pedagogiche appropriate: le differenze provenienti dal sesso maschile o femminile, la specifica preparazione al matrimonio e la pedagogia del celibato, il discernimento delle svariate possibilità vocazionali, i differenti momenti di maturazione nell’amore (per es., il periodo di fidanzamento o la decisione ormai presa per una determinata vocazione di consacrazione ecclesiale).

Ciò che importa sottolineare qui è che la preoccupazione di preparare veramente al matrimonio non faccia emarginare la cura delle altre vocazioni, ma che neppure la cura delle vocazioni al celibato sottovaluti o trascuri la preparazione al matrimonio. Insistendo sui contenuti specifici della formazione all’amore non sarà difficile trovare un sano equilibrio nella programmazione educativa.

Ciò su cui bisogna insistere per un concreto rinnovamento in un maggior interscambio tra pastorale giovanile e pastorale familiare, è di mettere al centro delle progettazioni educative proprio la programmazione di continue iniziative nello sviluppo e rafforzamento del dono di sé, vincolato con le esigenze delle differenze sessuali e vocazionali. Di qui ancora l’urgenza di incorporare a tutta l’attività educativa una autentica spiritualità giovanile, nella quale si curi anche una adeguata pedagogia ascetica e un senso pratico di ricupero personale e di riconciliazione con Dio. Non bisogna dimenticare che la presenza di varie forme di egoismo nell’ambito della vita giovanile si oppone di fatto a una valida educazione all’amore. In definitiva bisognerà riconoscere che una miglior preparazione al matrimonio esige dalle nostre attività educative (non solo parrocchiali) di saper privilegiare tutta una programmazione concreta di spiritualità giovanile.

Anche in questo delicato impegno ci sono da considerare tante nuove esigenze con realismo: insieme alla dottrina di fondo e agli attraenti ideali cristiani dell’amore coniugale, bisogna anche preparare concretamente i giovani ad affrontare ed a superare le troppo frequenti crisi di coppie, tanto propagandate anche dai mezzi di comunicazione sociale.


Il carisma di Don Bosco e la famiglia


Può risultare illuminante per noi richiamare alcune riflessioni sul senso profondo e vitale di continuità che c’è, nell’esperienza storica e personale, tra la vita nella propria famiglia e la vita in Congregazione.

Molti di noi ne hanno esperienza esistenziale e hanno sentito appunto una specie di continuità di clima, di bontà, di spontaneità, anche se con modalità differenti, tra la «casa» dei genitori e la «casa» salesiana; ciò ha favorito un tipo di mutui rapporti tra comunità religiosa e famiglia che caratterizzano, di fatto, il nostro spirito.

È bello vedere nelle Ispettorie interessanti iniziative di riunioni dei genitori e familiari dei confratelli, l’associazione di mamme dei consacrati salesiani (iniziata in Uruguay), l’insistenza sui mutui rapporti da parte della stessa nostra Regola di vita; abbiamo già ricordato l’art. 29 delle Costituzioni, e qui possiamo aggiungere ciò che stabiliscono i Regolamenti generali: «La comunità mantiene relazioni cordiali con la famiglia di ogni confratello, verso cui manifesta amore e riconoscenza. Il salesiano che ha lasciato la sua casa per seguire Cristo conserva integro l’affetto per i suoi familiari, specialmente per i genitori. Lo esprime nella preghiera, nella corrispondenza e nelle visite».43 Parlando, più avanti, dei servizi del Direttore alla comunità religiosa, gli raccomanda esplicitamente che «si interessi ai genitori dei confratelli e li senta particolarmente uniti alla comunità».44

Questo stile simpaticamente «familiare» ha le sue origini nella vita stessa del Fondatore, nell’esperienza della sua famiglia guidata da mamma Margherita. L’eroico trasloco a Valdocco di questa mamma servì ad impregnare l’ambiente di quei poveri giovani dello stesso stile familiare, da cui è sbocciata la sostanza del Sistema Preventivo e tante modalità tradizionali ad esso legate. Don Bosco aveva sperimentato che la formazione della sua personalità era vitalmente radicata nello straordinario clima di dedizione e di bontà («dono di sé») della sua famiglia ai Becchi e ha voluto riprodurne le qualità più significative all’Oratorio di Valdocco tra quei giovani poveri e abbandonati.

Aveva la chiara convinzione che la sua missione doveva saper riprodurre quella dei migliori genitori, sotto il segno vivo e manifesto dell’autentico amore. In una lettera del 1883 ai confratelli sulla peculiare bontà del Sistema Preventivo diceva loro: «Bisogna che voi non dimentichiate mai che rappresentate i genitori di questa cara gioventù, che fu sempre il tenero oggetto delle mie occupazioni, dei miei studi, del mio ministero sacerdotale e della nostra Congregazione Salesiana. Se perciò sarete veri padri dei vostri allievi, bisogna che voi ne abbiate anche il cuore... Il cuore di padre che noi dobbiamo avere condanna questo modo di fare (l’agire passionale)... Riguardiamo come nostri figli, quelli sui quali abbiamo da esercitare qualche potere. Mettiamoci quasi al loro servizio, come Gesù che venne ad obbedire e non a comandare, vergognandoci di ciò che potesse aver l’aria in noi di dominatori, e non dominiamoli che per servirli con maggior piacere... Dal momento che sono nostri figli, allontaniamo ogni collera quando dobbiamo reprimere i loro falli, o almeno moderiamola in guisa che sembri soffocata affatto. Non agitazione dell’animo, non disprezzo negli occhi, non ingiuria sul labbro; ma sentiamo la compassione per il momento, la speranza per l’avvenire, e allora voi sarete i veri padri e farete una vera conversione... Ricordatevi che l’educazione è cosa di cuore... Studiamoci di farci amare».45

Penso sinceramente che siamo tutti convinti di questo nostro rapporto evangelico con le famiglie. Il problema sta oggi nelle esigenze della nuova evangelizzazione che colloca al primo posto delle cure pastorali proprio la famiglia. Noi dobbiamo rivedere con speciale attenzione questo settore d’impegno che tocca vitalmente le nostre attività educative, la cura dei laici delle nostre associazioni e la collaborazione alle priorità pastorali della Chiesa locale.

La lettera del Papa alle famiglie deve incidere sul nostro senso di fedeltà alla missione del Fondatore e rendere più dinamici i progetti e programmi educativo-pastorali della presenza salesiana più in là di questo Anno-94 di speciale celebrazione dell’ONU e della Chiesa.

L’educazione alla dimensione sociale della carità 46 contribuisce certamente ad assicurare nella famiglia l’unione interna e l’iniziativa di impegni transfamiliari che irrobustiscono concretamente l’amore come dono di sé.

La Santa Famiglia


Per concludere pensiamo alla Famiglia di Nazareth. Lì vedremo illuminarsi in forma meravigliosa sia l’intensità dell’alleanza coniugale, sia il dono oblativo di sé, sia il perfezionamento della sessualità nell’amore e sia lo specifico clima educativo della famiglia. Ci si immerge nel mistero della genealogia della Persona ed emerge, nell’educazione, la cura della vocazione.

Se si vuol contemplare la pienezza della fedeltà e della pace nel focolare, bisogna guardare a Nazareth. Così pure se si vuole ammirare la soddisfazione e la gioia della convivenza, la disponibilità quotidiana al sacrificio, l’impegno nel lavoro, il senso vivo della preghiera, l’immensa gratitudine alle iniziative di Dio, l’adesione semplice ed anche eroica ai suoi piani concreti, il suo costante intervento nelle persone e nella storia, la sua presenza centrale in casa.

A Nazareth si scopre, nel grande mistero del matrimonio, il ruolo dell’anima spirituale, in quanto riveste i coniugi dell’immagine e somiglianza di Dio al di sopra dei valori semplicemente biologici. Ma soprattutto ci si apre agli orizzonti della fede, che suscita nell’anima una partecipazione ineffabile alla vita stessa di Dio, infondendo nella persona degli sposi il dono più alto dell’amore oblativo: sia nella maternità «verginale» di Maria, sia nella «speciale» paternità di Giuseppe.

Le ricchezze della loro sessualità superano gioiosamente l’uso biologico per esprimersi in un amore coniugale, materno e paterno, che diviene modello per tutti i credenti, sia nella vita matrimoniale che in quella consacrata. La fede perfeziona la sessualità elevandola alle sublimi esperienze dell’amore trinitario.

La generazione ed educazione del Figlio porta, nella famiglia di Nazareth, la genealogia della persona alla più alta vetta dell’amore, introducendo la fede dei coniugi nella fecondità divina del supremo mistero di Dio.

La fede di Maria e di Giuseppe («coloro che hanno creduto»!) sfocia in una spiritualità familiare che permea e profuma il focolare di Nazareth come ammirabile «casa di Dio nella storia»: di lì procede l’umanità nuova, lì ha origine la vittoria sul male, sugli egoismi e le concupiscenze, lì viene rivelato tutto il mistero dell’uomo con la novità del secondo Adamo che porterà tutti alla meta della risurrezione.

L’originalità della Famiglia di Nazareth ci invita a considerare che la perfezione della persona umana di Maria e di Giuseppe è la pienezza dell’amore e che l’educazione alla fede e all’amore costituisce la preoccupazione di Dio nella storia, lasciando alla Chiesa precisamente questa missione e collocando il nostro carisma oggi sugli avamposti della nuova evangelizzazione.

Don Bosco si aspetta da noi un vero rinnovamento operativo alla luce di quest’Anno della Famiglia.

Che la Santa Famiglia di Nazareth aiuti la Chiesa a rinnovare l’amore umano e ottenga a noi di saper collaborare in tale urgente missione con uno specializzato impegno educativo.

Cordiali saluti ed auguri di bene.

Con affetto in Don Bosco,

D. Egidio Viganò


NOTE LETTERA 60


1 Cost 6

2 Cost 7

3 CG23 55

4 Rm 1, 24 e ss

5 GIOVANNI PAOLO II, Lettera alle famiglie 2

6 ib. 9

Lettera alle famiglie 23

8 ib.

09 Ef 5, 32

10 Lettera alle famiglie 19

11 cf. Gn 1, 26

12 Gn 1, 27

13 Lettera alle famiglie 6

14 Gn 1, 28

15 cf. Gv 13, 1

16 Lettera alle famiglie 19

17 ib. 13

18 Lettera alle famiglie 9

19 CCC 366

20 ib. 365

21 cf. GS 14

22 CCC 364

23 Lettera alle famiglie 9

24 ib. 9

25 GS 24

26 Lettera alle famiglie 9

27 GS 48

28 Lettera alle famiglie 7

29 ib.

30 Familiaris consortio 74

31 CCC 1657

32 CCC 1656

33 Familiaris consortio 43

34 ib. 46

35 Osservatore Romano 25.11.1983

36 Cost 16

37 Familiaris consortio 37

38 Familiaris consortio 37

39 CG23 195

40 CCC 2332

41 GS 48

42 CCC 1620

43 Reg 46

44 Reg 176

45 Epistolario di San Giovanni Bosco, SEI Torino 1959, vol, 4, pag. 201-209

46 cf. CG23 203 e ss