401-450|it|423 Misericordiosi come il Padre

LETTERA DEL RETTOR MAGGIORE

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MISERICORDIOSI COME IL PADRE

Lettura salesiana dell’Anno Giubilare


Roma, 15 luglio 2016

1. Il Giubileo Straordinario della Misericordia. - 2. Misericordia: Parola chiave nel Pontificato di Papa Francesco. - 3. Dio ricco di Misericordia. 3.1 “Il mio cuore si commuove dentro di me, il mio intimo freme di compassione”. 3.2 Gesù Cristo, Volto della Misericordia del Padre. - 4. Don Bosco, evangelizzatore e educatore sensibile alla Misericordia di Dio. Il Dio che Don Bosco mostra ai suoi ragazzi. - 5. La Misericordia nella casa salesiana. 5.1 Annuncio della Misericordia di Dio in una geografia di dolore. 5.2 Vivendo l’esperienza personale della Misericordia di Dio: Riconciliati e creatori di ambienti educativi che riconciliano. 5.3 Riconciliati significa avere il ‘Cuore del Buon Pastore’. 5.4 Misericordia significa avere quella esperienza spirituale ed educativa chiamata “Sistema Preventivo” . 5.5 Una misericordia che si realizza nella giustizia. 5.6 Maria, Madre della Misericordia.



1. IL GIUBILEO STRAORDINARIO DELLA MISERICORDIA


Non pronunzi le tue lodi, Signore chi non riconosce la tua misericordia”.1 Questa affermazione provocatoria di Sant’Agostino invita a far silenzio e a non lodare Dio se contemporaneamente non riconosciamo la sua misericordia. Con un linguaggio d’oggi il teologo e cardinale Walter Kasper scrive: “Se non siamo capaci di annunciare in forma nuova il messaggio della misericordia divina alle persone che hanno sofferenze corporali e spirituali, dovremmo tacere riguardo a Dio”.2

Papa Francesco ha offerto alla Chiesa Universale il Giubileo Straordinario della Misericordia come “un tempo favorevole per la Chiesa perché renda più forte ed efficace la testimonianza dei credenti”.3 L’Anno Santo si è aperto l’8 dicembre 2015, Solennità dell’Immacolata Concezione di Maria, e si concluderà nella Solennità liturgica di Cristo Re dell’Universo il 20 novembre 2016. Nella Bolla di Indizione del Giubileo il Papa fa notare che sempre abbiamo bisogno di contemplare il mistero della misericordia, perché è “fonte di gioia, di serenità e di pace”; perché “siamo chiamati a tenere fisso lo sguardo sulla misericordia per diventare noi stessi segno efficace dell’agire del Padre. È per questo che ho indetto il Giubileo”.4

Tale proposta è in sintonia con la tradizione del Concilio Vaticano II che inaugurò un nuovo tempo nella vita della Chiesa. All’apertura del Concilio il Papa Giovanni XXIII, oggi Santo, indicò la strada da percorrere, un tempo in cui la Chiesa “Sposa di Cristo preferisce usare la medicina della misericordia invece che imbracciare le armi del rigore”.5 E nella medesima prospettiva si poneva Papa Paolo VI, oggi Beato, alla conclusione del Concilio, nel dire che tutta la ricchezza dottrinale del Concilio si era orientata in un’unica direzione: “Servire l’uomo. L’uomo, diciamo, in ogni sua condizione, in ogni sua infermità, in ogni sua necessità”.6

Pertanto, tutto sembra indicare che ci troviamo in un momento molto favorevole nella vita pastorale della Chiesa: un momento in cui le parole della citazione di Sant’Agostino sembrano scritte per oggi con tutta la forza sfidante della misericordia divina che ci costringe ad una scelta: o riconoscere la misericordia di Dio o fare silenzio. Sembrerebbe che non ci siano altri mezzi per avvicinarsi al Vangelo e allo stesso Gesù Cristo da parte di ogni uomo e donna, né altre strade da esplorare. Vi è solamente questa via: la Misericordia Divina come essenza del messaggio su Dio.

Con questa sensibilità e certezza si può capire perfettamente perché il Papa Francesco si esprima così all’inizio del suo messaggio: “Come desidero che gli anni a venire siano intrisi di misericordia per andare incontro ad ogni persona portando la bontà e la tenerezza di Dio! A tutti, credenti e lontani, possa giungere il balsamo della misericordia come segno del Regno di Dio già presente in mezzo a noi”7.

Il titolo scelto alla luce della Parola di Dio “Misericordiosi come il Padre” esprime pienamente ciò che il Signore Gesù ci insegnò riguardo al Padre: “siate misericordiosi come il Padre vostro è misericordioso” (Lc 6,36) ha per ogni cristiano tutto il carattere di un vero programma di vita. Pertanto, questo Anno Santo si presenta come una splendida occasione per scoprire, nel modo più vitale e attuale possibile, la misericordia che da sempre ci è offerta dal Padre. È una opportunità meravigliosa perché “ci lasciamo sorprendere da Dio”. 8



2. MISERICORDIA: PAROLA CHIAVE NEL PONTIFICATO DI PAPA FRANCESCO


Il nome di Dio è misericordia” è il titolo di un libro-intervista a Papa Francesco.9 In esso il Papa risponde a molteplici domande intorno all’Anno Giubilare e a tutto ciò che lo ha motivato. Davanti alla domanda: cos’è per il Papa la misericordia? Egli risponde: “La misericordia è la carta di identità del nostro Dio, Dio di misericordia, Dio misericordioso”.10

Sono molti gli autori che fanno riferimento al fatto che il Papa ha scelto la misericordia come parola chiave del suo pontificato, parola che con maggior frequenza11 ricorre nei suoi interventi e discorsi, nei suoi messaggi pastorali e nelle sue omelie, ma anche nei suoi gesti perché - lo sappiamo bene - Papa Francesco comunica molto con i suoi gesti.

In un mondo complesso e con società tanto diverse, in molte delle quali si corre il rischio di sfigurare o non riconoscere il volto di Dio, il Papa vuole comunicare che nessuno può essere escluso dalla misericordia di Dio. E questo ha una forza speciale perché Misericordia è l’identità propria di Dio; e perché questo uomo o donna fragile che è ciascuno di noi, ha la profonda necessità di sentire che questa misericordia può raggiungere anche la nostra fragile persona riconoscendo felicemente che ‘la logica di Dio’ non è la nostra logica.

Quando nella rivelazione nell’Antico Testamento Dio si ‘auto-presenta’, oltre che rivelarsi come “Io sono quel che sono” (Es 3,1), si presenta pure come “JHWH JHWH, Dio di misericordia e di grazia”12: parole che sono il nucleo della rivelazione di Dio. È nella misericordia dove risplende la sovranità di Dio, affermavano i Padri Sinodali nella Relazione finale della XIV Assemblea Generale Ordinaria, affinché successivamente il Papa giungesse a dire nell’Eucaristia conclusiva che “oggi è tempo di misericordia”. E, poiché la Chiesa crede e confida in questa misericordia, questo anno giubilare è, anzitutto, un invito a ogni persona e alla Chiesa intera, alla conversione del cuore e della mente. È un cambio di ‘logica’. La ‘logica’ di cui parla il Papa Francesco è la logica di Dio: il suo modo di guardare il mondo, la storia, l’umanità e ogni essere umano. In una delle omelie, ritenute programmatiche nel suo Pontificato, il Papa esprime questa logica con forte convinzione e la definisce “la logica dell’amore, che non si basa sul timore ma sulla libertà… Il timore di perdere i salvati e il desiderio di salvare i perduti. Anche oggi succede, a volte, che ci troviamo nell’incrocio di queste due logiche: quella dei dottori della Legge, ossia fuggire il pericolo allontanando la persona contagiata; e la logica di Dio che, con la sua misericordia, abbraccia ed accoglie, reintegrando e trasfigurando il male in bene, la condanna in salvezza e l’esclusione in annuncio. Queste due logiche percorrono tutta la storia della Chiesa: “emarginare” e “reintegrare”.13

Indubbiamente, con queste forti e ferme convinzioni, si coglie con grande chiarezza il motivo di questo tempo di grazia giubilare, che il Papa ha voluto presentare come un dono per tutti i credenti e un invito agli uomini e alle donne di buona volontà affinché possano sentire che queste parole arrivano al loro cuore.



3. DIO RICCO DI MISERICORDIA


Conosce Dio chi ha fatto esperienza della sua misericordia - scrivono unanimemente tanti esegeti riflettendo sulla realtà della Misericordia Divina - e, nelle molte ricerche sulla Parola di Dio (Antico e Nuovo Testamento), la misericordia appare per eccellenza come l’attributo proprio di Dio. “Le sue viscere di misericordia lo definiscono come autentico Dio (Es 20, 5.6; Dt 5, 9.10; 2 Cron 30,9; Neh 9, 17.31; Gio 4,2; Gl 2,13; Is 55,7; Sal 145, 8.9)”14. Gesù stesso non enuncia una dottrina senza comunicare la propria esperienza del Padre, esperienza che traduce nel comandamento rivolto a noi: “Siate misericordiosi, come il Padre vostro è misericordioso” (Lc 6,36), cioè un invito a fare esperienza della misericordia di Dio in se stesso, un invito a lasciarci conquistare dalla misericordia, a lasciarci convertire dalla misericordia di Dio.


3.1 “Il mio cuore si commuove dentro di me, il mio intimo freme di compassione”


La lettera del Rettor Maggiore non è un trattato accademico in cui riassumere la ricchezza che si incontra nei molteplici studi esegetici che si sono fatti e si fanno su questo tema della Misericordia, specialmente in questo anno. È opportuno però, approfittando di tanta abbondanza, far notare, ad esempio, come nella Genesi la misericordia di Dio si presenti anzitutto come Creatrice e Salvatrice, ed è il modo con cui Dio realizza il suo progetto di Amore che salva la sua creatura e l’intera creazione nel rapporto di gratuita alleanza con il suo Popolo15.

Nell’Esodo, la misericordia di Dio è, anzitutto, esperienza di liberazione dalla schiavitù e guida attraverso il deserto. Il Popolo dell’Alleanza continuamente fa esperienza di questa Presenza di Dio in mezzo ad essi; ed è un’esperienza di libertà.

Negli scritti dei Profeti la misericordia di Dio è annunciata affinché il Popolo eletto cresca fino a diventare una società fraterna e giusta. Tuttavia, Dio non può essere racchiuso in nessuno schema, in nessuna logica umana, perché il suo amore e il suo perdono superano ogni umana immaginazione. La misericordia rivelata nelle S. Scritture è il grande attributo del Dio di Israele, che lo differenzia da qualsiasi altra divinità o idolo (Cf. Sap 9,1).

La misericordia divina rivelata nell’Antico Testamento trascende tutti i parametri, specialmente quelli della giustizia umana. Molti autori sono d’accordo nel dire che il vertice della rivelazione della misericordia divina si trova nel libro del profeta Osea. È nota questa autentica rivelazione dell’amore ‘folle’ per il suo Popolo. Questo Popolo ha violato l’Alleanza e si è trasformato in una prostituta e Dio decide di non mostrarle più la sua compassione (Os 1, 6-9). Tutto sembra concludersi con l’accusa di questo tradimento e di questo peccato e, invece, il Dio appassionato per le sorti del suo popolo, della Sua Sposa esclama: “Il mio cuore si commuove dentro di me, il mio intimo freme di compassione” (Os 11,8) e perdona il suo Popolo (Os 14).

È bello constatare che Dio è ricco di misericordia (Sal 51,3; 69,17; Sal 9,1; 2 Cor 1,3; Ef 2,4; 1 Pt 1,3). Questo ha delle conseguenze per quanto concerne la nostra immagine di Dio. Finalmente i nostri occhi e il nostro cuore possono conoscerLo in profondità e verità, come sensibile, delicato, vulnerabile. Il suo affetto, rivestito di tenerezza materna (Is 49, 14-15), lo porta a commuoversi, ad “avere compassione”16.


3.2 Gesù Cristo, Volto della Misericordia del Padre


Con questa stupenda e radicale affermazione incomincia l’annuncio dell’Anno della misericordia nella Misericordiae Vultus: “Il mistero della fede cristiana sembra trovare in questa parola la sua sintesi. Essa è divenuta viva, visibile e ha raggiunto il suo culmine in Gesù di Nazareth. Gesù con la sua parola, con i suoi gesti e con tutta la sua persona rivela la misericordia di Dio”17.

E se nelle pagine precedenti ho espresso, brevemente, come Dio va rivelandosi misericordioso in tutta la Storia della Salvezza, in Gesù questa misericordia si mostra in tutta la sua luminosità. La misericordia annunciata da Gesù racchiude una novità, rispetto all’Antico Testamento: essa è per tutti18, qualunque sia la condizione di vita. Perché essa viene sempre dalla profondità del cuore di Dio: la compassione.

Già nell’Antico Testamento Dio si rivela come compassionevole. Tuttavia, solo nei racconti evangelici contempliamo Dio che, in Gesù di Nazareth, si mobilita perché “toccato”, mosso da una profonda compassione. È questo il sentimento di Gesù di fronte al lebbroso (Cf. Mc 1,41), del buon samaritano davanti al ferito (Cf. Lc 10, 33). Compassione è ciò che avverte Gesù davanti alle moltitudini che lo seguono, stanche e come pecore senza pastore (Cf. Mt 9,36). Compassione è ciò che lo muove a curare i malati che gli vengono presentati (Cf. Mt 14,14). Compassione è lo sconvolgimento interiore suscitato in lui dal pianto di dolore della madre che porta alla sepoltura il suo unico figlio e al quale Egli ridona la vita (Cf. Lc 7,15).

Nelle parabole dedicate alla misericordia Gesù rivela la natura di Dio come quella di un Padre che mai si dà per vinto fino a quando non ha dissolto il peccato, con la compassione e la misericordia. In queste parabole Gesù presenta Dio come un Padre felice per aver potuto perdonare. Esse sono proprio il nucleo del Vangelo e della nostra fede, perché qui la misericordia è presentata come la forza che tutto vince, che riempie il cuore di amore e che consola con il perdono19.

In definitiva le parabole di Gesù mostrano che l’azione di Dio per i suoi figli e figlie si caratterizza per il fatto di essere smisurata nella gratuità che Egli ha con noi. Ciò esprime che il modo di porsi di Gesù nel momento dell’annuncio del volto di Dio, è sempre esistenziale e personale; anche se questo non è accettato dai “pii” e da quelli che sono rigorosi e rigoristi nell’osservanza della legge e del suo compimento.

E sebbene sia certissimo che tra gli attributi di Dio ci sono anche la santità e la giustizia, che noi umani separiamo, come anche nel caso del rapporto tra misericordia e giustizia, ritenendo la misericordia come ciò che corregge la giustizia, in Gesù di Nazareth facciamo la lieta scoperta che in Dio non è così. Infatti, la misericordia viene concepita come la giustizia specifica di Dio e come le sua santità; che la misericordia è anzitutto il lato visibile ed efficace perfino all’esterno dell’essenza di Dio, che è Amore (1 Gv 4,8.16)”20. Da qui si può concludere che la misericordia è uno dei nomi dell’Amore di Dio. Potremmo dire che è il nome divino dell’Amore.



4. DON BOSCO, EVANGELIZZATORE E EDUCATORE SENSIBILE ALLA MISERICORDIA DI DIO


Con questa lettera desidero sottolineare l’importanza che sta avendo questo anno di Grazia della Misericordia (Anno Giubilare) nei nostri ambienti salesiani. Come sarebbe stato per Don Bosco, questo anno è una opportunità per assecondare, con vera adesione filiale, tale iniziativa del Papa per tutta la Chiesa, e noi, Famiglia Salesiana, siamo e ci sentiamo parte viva di questa nostra Chiesa; e allo stesso modo come avveniva con Don Bosco nel suo tempo, noi accogliamo questo dono di Dio che ci viene dalla mano del Papa Francesco oggi.

Una seconda intenzione è fare alcune sottolineature e offrire qualche concretizzazione salesiana al nostro essere educatori e pastori dei giovani. E con sommo gradimento rivolgo lo sguardo a Don Bosco per percepire come egli si comportava, nella sua condizione di pastore e educatore dei suoi giovani. Don Bosco era, al di sopra di tutto, un sacerdote con il cuore pieno di Dio. Un cuore di educatore che cercava sempre di suscitare nei suoi ragazzi il senso di Dio e la confidenza in lui. Naturalmente non possiamo immaginare un Don Bosco fuori del suo tempo, né dalla visione religiosa e teologica di quell’epoca. In ogni caso è certo che la rappresentazione di Dio alla quale arriva Don Bosco nella sua maturità come sacerdote ed educatore è frutto di un lungo cammino percorso.

Sappiamo dalla storia salesiana21 che nella sua infanzia predomina l’immagine di un Dio severo. Mamma Margherita, autentica catechista, inculcava in Giovannino il senso della presenza universale di Dio e della giustizia rigorosa. “Dio ti vede era il motto col quale rammentava ai propri figli come fossero sempre sotto gli occhi di quel gran Dio che un giorno li avrebbe giudicati”22. Allo stesso tempo gli trasmetteva il senso di ringraziamento a Dio creatore, onnipotente, che dava i beni delle messi ma anche le tempeste e la perdita delle stesse. Quando si perdeva un raccolto a causa della grandine o di altre fenomeni naturali, Mamma Margherita diceva ai suoi in casa: “Il Signore ce li aveva dati, il Signore ce li ha tolti. Egli ne è il padrone. Tutto per il meglio; ma sappiate che pei cattivi sono castighi e con Dio non si burla”23.

Questa stessa convinzione è presente in Don Bosco durante gli anni del seminario di Chieri, soprattutto in occasione della malattia e della morte del suo amico Luigi Comollo. Sulle labbra del giovane vicino alla morte, le parole che Don Bosco gli attribuisce danno una visione tremenda di Dio, che giunge ad essere implacabile nella sua giustizia. “Non è il male fisico che mi preoccupa - dice il malato Comollo all’amico Bosco - ma di dovermi presentare davanti al giudizio di Dio (…) Non sono inquieto né mi innervosisco, solo penso che debbo comparire a quel grande giudizio, a qual giudizio inappellabile, e questo è ciò che mi agita interiormente (…) Ogni volta che lo visitava ripeteva sempre le stesse parole: Si avvicina il momento in cui mi devo presentare al giudizio di Dio”24.

In alcune meditazioni dell’opera Il Giovane provveduto Don Bosco fa riferimento a quanto può risultare terribile il giudizio di Dio. Pertanto l’anima ricorrerà alla misericordia di Dio, trovando che la morte è il punto finale per sperimentare la misericordia di Dio25.

Senza dubbio questa non è l’unica visione né l’unica fonte della formazione di Don Bosco. Nel Convitto ecclesiastico Don Bosco imparò a essere ‘curato’ sotto la guida di Don Cafasso e Don Guala con una morale, ispirata a Sant’Alfonso Maria de’ Liguori, che era più equilibrata e tendeva a superare il rigorismo dell’epoca. Il giovane sacerdote Don Bosco scopre che la strada per avvicinare le anime a Dio, specialmente i suoi ragazzi, non è il rigore ma la bontà, la benignità e la misericordia.

È con questa convinzione che redige l’opera Esercizio della Misericordia di Dio, scritta nel 1846, dopo esser uscito dalla malattia e dalla convalescenza, agli inizi dell’attività dell’oratorio in Valdocco, poco dopo aver lasciato le opere delle Marchesa Giulia di Barolo.

È interessante la storia di questa opera26. La Marchesa di Barolo aveva molto a cuore la diffusione della devozione alla misericordia divina. Nelle opere di beneficenza che erano sotto il suo patrocinio e dove Don Bosco aveva svolto il suo ministero nei primi anni, si viveva una pratica devozionale della durata di sette giorni per implorare la misericordia divina. La Marchesa desiderava che fosse una pratica stabile e comune per tutte le parrocchie e le chiese pubbliche, ma l’Arcivescovo di Torino non voleva dare l’autorizzazione senza il benestare della Santa Sede. Così la Marchesa si rivolse direttamente a Papa Gregorio XVI, il quale diede il permesso, inclusa l’indulgenza plenaria a quelli che partecipavano a questa pratica devota.

La seconda parte di questa storia si riferisce alla redazione del libretto. La Marchesa voleva che qualche teologo competente scrivesse un’opera sulla Misericordia di Dio e che fosse utilizzata in quella pratica devozionale. Il suo segretario Silvio Pellico, le suggerì il nome di Don Bosco; ma essa subito lo scartò. Però Silvio Pellico, grande amico di Don Bosco, convinto che egli fosse l’uomo adatto, tornò sull’argomento. Don Bosco accettò subito. Pubblicò l’opera, pagando la stampa coi propri mezzi e - si dice - per delicatezza e cortesia verso la Marchesa non volle che figurasse il suo nome come autore. Lo pubblicò come un libro anonimo. Una volta stampato, regalò un esemplare a ciascuna ragazza del Rifugio e il resto lo consegnò alla superiora di quel centro educativo. La Marchesa lesse e approvò il libro, ma non permise mai che si dicesse, in sua presenza, che quell’opera era stata scritta da Don Bosco.


Il Dio che Don Bosco mostra ai suoi ragazzi


Come accennato, Don Bosco fu uomo del suo tempo e conobbe una teologia in cui la severità del giudizio e il timore della condanna eterna erano molto presenti. In diversi scritti Don Bosco si riferisce a come possa essere terribile il giudizio di Dio. Però scrive e comunica anche abbondantemente ai suoi ragazzi che Dio è, anzitutto, Creatore e Signore e che dovunque si voglia dirigere lo sguardo, si percepiscono i Suoi benefici.

Davanti ai suoi ragazzi Dio è chiamato molto frequentemente Signore: “Il Signore vi avverte che se comincerete ad essere buoni fin dall’infanzia, lo sarete mentre vivete in questo mondo, ricevendo poi il premio delle vostre buone opere con una felicità eterna”27; “il Signore ci assicura che distribuisce i suoi doni indistintamente ai buoni e ai peccatori”28; “Alla prima lacrima, al primo balbettio di pentimento, il Signore si muove immediatamente a pietà”29.

La vita di Don Bosco, i suoi stessi scritti e quel che si dice di lui nelle Memorie Biografiche, sono pieni dei segni del suo sguardo educativo e pastorale, che tanto invita a confidare nel Signore e ad abbandonarsi a Lui e alla sua Misericordia. Si potrebbero raccogliere centinaia di citazioni. Ma considerandone anche solo alcune, esse ci mostrano come egli percepiva questa misericordia e protezione divina, nella Congregazione Salesiana e nell’Istituto della Figlie di Maria Ausiliatrice, ed anche come la presenza di Gesù nei sacramenti, specialmente nell’Eucaristia e nella Confessione, fossero i pilastri fondamentali dell’azione educativa.

Riferendosi a un primo aspetto, leggiamo: “Ho potuto conoscere con certezza che il Signore usa grande misericordia con noi”30 e “si avvicina il tempo cui buoni e cattivi resteranno sorpresi delle meraviglie che si produrranno con tanta rapidità; tutto è misericordia e tutti saranno consolati”31.

Con riferimento all’aspetto specifico dei sacramenti possiamo leggere in Don Bosco note espressioni: “Dicasi quanto si vuole sopra i vari metodi di educazione, però io non incontro nessuna base sicura se non nella frequenza della confessione e della comunione, e credo di non dire troppo affermando che, se si omettono questi elementi, la moralità resta esiliata”32.

Possiamo dire che in questa visione educativa, allo scopo di guidare i suoi giovani in un cammino di fede e pietà cristiana, in Don Bosco non ci sono contrasti. Stempera, mitiga la visione e la rappresentazione di Dio giustiziere e cerca di condurre i suoi ragazzi alla contemplazione di un Dio che li ama, che è misericordioso. Però aspetta da loro una vita cristiana autentica: “Dio è misericordioso e giusto. È misericordioso con chi vuole approfittare della sua misericordia, ma scarica il rigore della sua giustizia con chi non vuole approfittare della sua misericordia”33.

Termino questo breve riferimento a Don Bosco ricordando ancora come per lui i sacramenti fossero canali della misericordia divina e come Maria fosse il canale preferito della grazia e della misericordia di Dio. Sarebbe impensabile un’azione educativa e pastorale in Don Bosco senza il riferimento alla presenza di Maria Immacolata e Ausiliatrice.



5. LA MISERICORDIA NELLA CASA SALESIANA


Può forse sorprendere un po’ il titolo che do a questa parte della lettera. Sarà perché voglio, per quanto possibile, richiamare l’attenzione attorno al messaggio di questo anno giubilare e pensarlo come una realtà ecclesiale diretta anche a noi e al carisma che custodiamo, traducendolo in vita. Vorrei evitare che questo anno della misericordia fosse come uno ‘slogan’ di cui molti parlano ma che passi senza lasciar traccia. No, noi non lo possiamo permettere; anzi, al contrario, è e deve essere un forte richiamo alla conversione e all’autenticità.


5.1 Annuncio della Misericordia di Dio in una geografia di dolore


Nel panorama sociale attuale, nel quale contempliamo una geografia del dolore mai immaginata, il richiamo ecclesiale alla misericordia prende un forte senso evangelico. In questo clima è necessario assumere come Chiesa, con serena e sincera autocritica, ciò che dice Papa Francesco: “Forse per tanto tempo abbiamo dimenticato di indicare e di vivere la via della misericordia … È giunto di nuovo per la Chiesa il tempo di farsi carico dell’annuncio gioioso del perdono. È il tempo del ritorno all’essenziale per farci carico delle debolezze e delle difficoltà dei nostri fratelli”34.

Siamo consapevoli che leggere i segni dei tempi non è facile, ma alla luce del discernimento condotto sotto la guida dello Spirito Santo è possibile e necessario. Per questo dobbiamo domandarci cosa significhi e come dobbiamo fare questo annuncio della Misericordia nelle case salesiane del mondo dove ci troviamo; nei luoghi in cui si uccide in nome di Dio e in questo stesso nome si collocano bombe e si compiono attentati; nelle presenze salesiane vicino alle quali c’è la guerra e dove c’è una grande concentrazione di rifugiati; ma anche in quelle parti del mondo dove proliferano messaggi razzisti e xenofobi.

Davanti a questa realtà possiamo essere neutrali o guardare da un’altra parte come se tutto questo non ci riguardasse? No! Non esiste né può esistere una ‘neutralità salesiana’ davanti a queste situazioni e le nostre risposte non possono essere che quelle del Vangelo, nell’impegno di vivere l’invito di Papa Francesco a cercare e vivere la Misericordia di Dio con tutte le sue conseguenze: un impegno che non sia qualcosa di limitato nel tempo, ma che abbia continuità e lunga durata. Il Papa ci invita ad ascoltare la parola di Gesù che “ha posto la misericordia come un ideale di vita e come criterio di credibilità per la nostra fede: «Beati i misericordiosi, perché troveranno misericordia» (Mt 5,7) … Come ama il Padre così amano i figli”35, dice il Papa.

Vi è un desiderio di cercare di vivere la misericordia di Dio da parte nostra e delle presenze salesiane del mondo in questa geografia del dolore, per aprire il cuore a tante persone che vivono in situazione di precarietà e sofferenza, per essere vicini a quelli che non hanno voce, per far valere la giustizia che meritano, per curare le ferite della vita con la fraternità e la solidarietà, e per star lontani da quella indifferenza che, oltre che non aiutare, umilia.

Apriamo i nostri occhi per guardare le miserie del mondo, le ferite di tanti fratelli e sorelle privati della dignità, e sentiamoci provocati ad ascoltare il loro grido di aiuto. Le nostre mani stringano le loro mani, e tiriamoli a noi perché sentano il calore della nostra presenza, dell’amicizia e della fraternità”36. Che il loro grido diventi il nostro e in ogni casa di don Bosco possa risuonare l’annuncio della misericordia mediante azioni concrete a favore dei più poveri.


5.2 Vivendo l’esperienza personale della Misericordia di Dio


Pensare a come vivere in maniera piena la misericordia in questo anno speciale e nel futuro nelle nostre presenze salesiane, non significa anzitutto prospettare che cosa possiamo fare per accogliere gli altri e servirli meglio. Anche questo, certamente, ma in primo luogo richiede da noi di porci nella disposizione di accogliere e desiderare di vivere l’esperienza della misericordia.

In occasione del nuovo millennio nell’anno 2000 e del giubileo indetto dal Papa Giovanni Paolo II, che presentava quel Anno Santo come un momento di chiamata alla conversione, data la natura dello stesso anno giubilare, Don Vecchi scrisse una lettera sulla riconciliazione, nella quale scriveva: “Anche per noi si dà una straordinaria opportunità di rivivere l’esperienza della Riconciliazione secondo la nostra condizione di consacrati salesiani, ricomprendendone insieme alla dimensione teologale quella umana ed educativa”37.

Rinnovo per me e per tutti lo stesso richiamo. Prima di andare ad incontrare chi possa aver bisogno di noi, facciamo questa profonda esperienza della misericordia di Dio in noi. Corriamo il pericolo di essere dei ‘funzionari’ se non siamo i primi a vivere umilmente ma con profondità questo dono che ci è offerto.

L’invito del giubileo dell’anno 2000 si rinnova oggi per noi con le parole di Papa Francesco che ci dice che “dove la Chiesa è presente, là deve essere evidente la misericordia del Padre. Nelle nostre parrocchie, nelle comunità, nelle associazioni e nei movimenti, insomma, dovunque vi sono dei cristiani, chiunque deve poter trovare un’oasi di misericordia”38.

Su questo invito alla riconciliazione e all’incontro misericordioso con il Padre il Vangelo presenta molteplici incontri di perdono ed essi sono sempre iniziativa di Gesù. Non è l’uomo o la donna che incontra Gesù colui o colei che chiede il perdono, ma è Gesù stesso che lo offre. Queste persone soffrono, a volte, una condanna sociale, oppure sono inferme, o sperimentano il peso di una colpa; Gesù tocca il loro cuore e provoca il cambio di vita. Così è con Levi, con Zaccheo, col paralitico, con Pietro che lo rinnega, …

Molto differente, invece, è il rapporto, con Simone il Fariseo (Lc 7, 44b-47) e con tanti altri. In questa situazione egli, pur essendo uomo religioso che conosce la dottrina della Sacra Scrittura, non si rende conto dello sguardo di perdono che Dio ha su di lui e proprio per questo non riesce ad amare, né a riconoscere l’amore. Conosce la religione e la legge, è uno scrupoloso osservante di essa, irreprensibilmente ortodosso, ma in definitiva non conosce Dio.

Al contrario l’esperienza di perdono nel Vangelo è un’esperienza di grazia che straripa; è esperienza di gioia; è festa grande nel cielo per chi si converte, che scandalizza le persone che ritengono buone e giustificate. È un banchetto cui tutti sono invitati e le persone che si considerano ‘gente per bene’ sono disgustate. Alla luce della rivelazione che Gesù ci fa del Padre, “la misericordia non è solo l’agire del Padre, ma diventa il criterio per capire chi sono i suoi veri figli. Insomma, siamo chiamati a vivere di misericordia, perché a noi per primi è stata usata misericordia39.


Riconciliati e creatori di ambienti educativi che riconciliano


Questo mi sembra molto importante. Ho detto precedentemente che, come educatori di tutti i giovani, non siamo funzionari o dispensatori di un servizio. Siamo anzitutto credenti e abbiamo bisogno di sentirci riconciliati, avendo sperimentato la Misericordia di Dio. Lo sguardo rivolto a Don Bosco per il suo modello educativo pastorale e come evangelizzatore ci porta a confermare in primo luogo la tanta importanza data alla riconciliazione sacramentale nella educazione dei giovani: per esperienza personale, egli la considerava un elemento fondamentale per la crescita umana e cristiana.

L’esperienza ininterrotta di Don Bosco fin dai primi anni come adolescente, poi come seminarista, più tardi come giovane sacerdote e, da ultimo, come il Don Bosco da tutti conosciuto, è presentata da don Eugenio Ceria con queste parole: “Don Bosco si affezionò alla confessione sin dalla più tenera età, né alcun mutamento di vita valse ad affievolire in Lui l’amorosa propensione ad accostarvisi con frequenza… Quando cominciò i suoi studi a Chieri, interamente padrone di se stesso, pensò tosto a cercarsi un confessore stabile… Prete a Torino si confessava ogni otto giorni dal beato Cafasso. Morto il Servo di Dio ricorse al ministero di un pio sacerdote già suo condiscepolo, che tutti i lunedì mattina si recava a riceverne la confessione nella sagrestia di Maria Ausiliatrice, confessandosi quindi a sua volta da Don Bosco stesso. Durante i viaggi in assenza del proprio confessore ordinario si manteneva fedele alla sua cara pratica, rivolgendosi a un salesiano o ad altri, secondo i casi; ad esempio durante un soggiorno di due mesi a Roma nel 1867, si confessava settimanalmente da Padre Vasco, gesuita da lui conosciuto a Torino. A volte i suoi figli, al principio, esitavano (a confessarlo): ma egli: - Su, su, diceva, fa’ questa carità a Don Bosco e lascia che si confessi!”40.

Tutto ciò ci parla di come egli intendeva ciò che poteva pacificare, rasserenare interiormente un ragazzo, e come poteva parlare dell’accoglienza paterna e incondizionata di Dio. Era possibile perché egli stesso lo aveva sperimentato e lo aveva vissuto come qualcosa di più importante che “una pratica di pietà occasionale o un servizio ministeriale. Lo aveva vissuto come spazio dove si colloca la totalità della vita, vissuto dalla fede. E questo è ugualmente valido per noi. Per la grazia di unità l’esperienza personale della Riconciliazione e la prassi pedagogica e pastorale si rafforzano vicendevolmente. Riconciliati diventiamo artefici e mediatori di riconciliazione”41, e ci mette nell’impegno o. meglio ancora, nella sfida educativa di porre i giovani a contatto con un circuito di grazia.


5.3 Misericordia significa avere il ‘Cuore del Buon Pastore’


Un carattere distintivo del nostro essere salesiani è la sensibilità per la figura di Cristo Buon Pastore (Gv 10, 3-4), dato che lo spirito salesiano trova il suo modello e la sua fonte nel cuore stesso di Cristo, Apostolo del Padre, in cui spicca il suo atteggiamento di Buon Pastore.

Con questo modello che è il Signore Gesù, noi crediamo veramente che la carità è la maniera più appropriata del nostro servire i giovani e lo facciamo con una “amabilità ‘instancabile’ e la ‘familiarità’, nomi salesiani della carità applicata ai giovani”42.

In questa cornice ecclesiale e spirituale la Misericordia deve tradursi e concretizzarsi fortemente per mostrare al massimo questi lineamenti che ci definiscono carismaticamente. Partecipando della paternità di Dio, le espressioni della paternità devono essere le stesse che risplendevano in Gesù: la gratitudine al Padre per la vocazione divina che ha donato a tutti i suoi figli e figlie, la sua predilezione per i piccoli e i poveri, la sua sollecitudine nel predicare, risanare e salvare, così come la sua mansuetudine e la dedizione di se stesso43, ed anche i lineamenti di Don Bosco, come i suoi gesti di bontà, l’affetto che faceva sentire figli, un affetto e bontà ispirati all’amore di Dio e alla mansuetudine di Cristo. La sua bontà è quella di chi cerca la felicità degli altri. Il suo affetto, amorevolezza e accoglienza sono il risultato di una giusta combinazione di affetto e responsabilità: una bontà amorevole e comprensiva, e allo stesso tempo responsabile ed esigente con la vita dei suoi ragazzi. E poiché con bontà si sente padre dei suoi ragazzi, desidera accostarli al mistero di Dio e metterli in contatto con Lui fino all’eternità44.

Vivere la misericordia di Dio nelle nostre presenze con questa sensibilità deve significare che crediamo che anche oggi, come con Gesù nel Vangelo (Lc 7,50; Mt 9,22; Mc 5,34; Lc 8,48), si tratta di reali esperienze di amore umano che alleviano il peso dell’esistenza, che realmente rialzano dalla polvere. Poter fare, mediante l’incontro umano e la fede, l’esperienza della Misericordia di Dio, anche attraverso delle mediazioni tanto povere e umane come possono essere le nostre è un’autentica e vera guarigione, molto più profonda di quella della salute fisica. È fare l’esperienza che siamo amati e possiamo amare, malgrado tutto. Ed è in questo che consiste l’essere cristiani, nel credere nell’amore di Dio per noi (Cf. 1 Gv 4,16).

E quando un ragazzo, una ragazza, un giovane vive l’incontro con un vero educatore che sta dando vita e donando la vita ogni giorno impegnandosi nel suo servizio, egli fa esperienza di come Dio lo ama in maniera speciale e unica. In questo consiste incarnare il cuore di Cristo Buon Pastore, al punto che se qualcuno volesse danneggiare ‘le pecore del gregge’, dovrà prima confrontarsi con colui che le guida con vero amore di educatore, fratello, sorella, amico… Interessante in questo senso risulta il racconto di un esegeta che presenta l’esempio moderno del pastore che si butta a dormire di traverso sulla soglia della porta, in modo tale da fare le veci allo stesso tempo del pastore e della porta per il bestiame. Potremmo mettere sulla bocca del pastore ed anche sulle labbra di Don Bosco, queste parole: “se vogliono arrivare alle mie pecore, dovranno passare su di me”45.


5.4 Misericordia significa quella esperienza spirituale ed educativa chiamata “Sistema Preventivo”


L’esperienza spirituale ed educativa vissuta da Don Bosco con i giovani del primo oratorio, che egli chiamò Sistema Preventivo, era per lui un amore che si dona gratuitamente, ispirandosi alla carità di Dio. Ricevuto da Don Bosco, è per noi il modo di vivere e lavorare per comunicare il Vangelo e salvare i giovani, con loro e per mezzo di loro46.

Questo vivere di Don Bosco con i giovani del primo oratorio, realizzato nell’allegria e con stile di famiglia, è il centro dello spirito salesiano, nel quale “la bontà (‘quarto voto’, legato al nome di salesiano) non è altro che la pratica del sistema preventivo vissuto con i giovani, e che non è solo ‘il sistema della bontà’ ma ‘la bontà del sistema’”47.

Naturalmente chiamo in causa il Sistema Preventivo, intimamente vincolato allo spirito salesiano (posto che questo si manifesta e si incarna in modo unico nel primo), non per fare uno sviluppo pedagogico dello stesso, ma per ricordarci che, nello spirito salesiano e nella sua manifestazione, abbiamo tantissimi elementi e tratti caratteristici che, vissuti con convinzione e autenticità, rendono reale la misericordia in ogni casa salesiana del mondo. Questi elementi e tratti di misericordia che dobbiamo vivere sono:

  • una presenza educativa che persuade e suscita confidenza;

  • una prassi che guidata dal cuore cerca solamente il bene del ragazzo, ragazza, adolescente o giovane;

  • un amore che si dona gratuitamente;

  • un esercizio permanente di una carità che si faccia amare, perché l’amore costruisce la persona;

  • una presenza educativa aperta, cordiale, che fa il primo passo per accogliere sempre con bontà, rispetto e pazienza;

  • una opzione di predilezione per i giovani, perché questo è un elemento di ‘fede salesiana: noi crediamo veramente che Dio ama i giovani’;

  • un linguaggio del cuore che accetta i ragazzi come sono, che manifesta il piacere di condividere i loro gusti e i loro temi, che dimostra confidenza in loro, tolleranza e perdono”.48

È per questo che credo che non dobbiamo stancarci mai di approfondire, interiorizzare e valorizzare sempre più questa realtà dello spirito salesiano che si concretizza nel modo di fare, di vivere, in un sistema del quale lo stesso Don Bosco, in una sua lettera a Giacomo Costamagna, Ispettore in Argentina, il 10 agosto 1885 scrive: “Mi piacerebbe tenere al mio lato tutti i miei figli e le nostre sorelle di America… Desidererei fare a tutti … una conferenza sopra lo spirito salesiano che deve alimentare e guidare le nostre azioni e tutte le nostre parole. Che il nostro sistema sia il preventivo… che nelle classi risuoni la parola dolcezza, carità, pazienza… Che ogni salesiano si faccia amico di tutti, e non cerchi mai di vendicarsi; sia facile a perdonare, senza mai ricordare cose già perdonate… La dolcezza nel parlare, nell’agire e avvisare guadagna tutto e tutti”49.

Infine devo riconoscere che non resisto a lasciar passare l’opportunità di ricordare a quelli che l’hanno conosciuto, e mostrare agli altri questa pregevole testimonianza di P. Duvallet, collaboratore per venti anni dell’Abbé Pierre nell’apostolato di rieducazione dei giovani, che ci parla del tesoro più prezioso che abbiamo in relazione al nostro spirito e prassi educativa ed evangelizzatrice. Egli dice: “Avete opere, collegi, oratori per i giovani, ma di tesori non ne avete che uno: la pedagogia di Don Bosco. In un mondo in cui i ragazzi sono traditi, sfruttati, schiacciati e strumentalizzati, il Signore ha posto nelle vostre mani una pedagogia in cui regna il rispetto del ragazzo, della sua grandezza e fragilità, della sua dignità di figlio di Dio. Conservatela, rinnovatela, ringiovanitela, adattatala a queste creature del XX secolo e ai loro drammi, che Don Bosco non ha potuto conoscere. Ma per favore, conservatela. Cambiate tutto, perdete, se fosse il caso, le vostre case; ma conservate questo tesoro, facendo emergere in migliaia di cuori il modo di amare e di salvare i ragazzi, l’eredità di Don Bosco”50.


5.5 Una misericordia che si realizza nella giustizia


Sviluppo il titolo di questa intestazione. Si tratta della misericordia che si concretizza in giustizia nelle nostre presenze salesiane nel mondo, perché la misericordia che riceviamo da Dio in questo anno giubilare e sempre, contiene per noi anche una lettura salesiana della giustizia che si vive e che è e deve essere presente nelle nostre case.

Per noi la Misericordia di Dio si deve tradurre principalmente nella giustizia che dobbiamo cercare, fare e pure esigere, specialmente nei riguardi di quelle persone che, in qualche modo, ‘dipendono’ da noi.

Già il Sinodo dei Vescovi del 1971 proclamava: “Il problema della giustizia è uno dei più ampi, gravi e urgenti della società contemporanea. È il problema centrale della società mondiale di oggi”51. Sappiamo bene che questo continua ad essere uno di grandi drammi del nostro mondo. Papa Francesco, nel testo della proclamazione dell’anno giubilare, chiamando tutti alla conversione nell’incontro con il Signore, parla del male commesso, anche con gravi crimini, e chiede di “ascoltare il pianto delle persone innocenti depredate dei beni, della dignità, degli affetti, della stessa vita”52.

Questa realtà di sofferenza chiede a noi, con la sensibilità di figli e figlie di Don Bosco, e come consacrati, di continuare a stare a fianco dei poveri di fronte a qualsiasi forma di ingiustizia, lavorando per risvegliare le coscienze proprie ed altrui, davanti a qualunque realtà di povertà o miseria, comprendendo il valore evangelico dell’impegno per la giustizia. E tocca a noi, in questo ricevere e offrire misericordia, fare in modo che la pratica della giustizia sia distintivo delle case salesiane nel mondo, confrontarci con il fatto della giustizia o ingiustizia e rispondere con un vero ‘scrutinium’, domandarci se questo è fondamento e principio irrinunciabile per noi.

Ciò si traduce in cose tanto semplici, ma allo steso tempo decisive, come, per esempio, garantire che i contratti esistano e si rispettino difendendo i diritti delle persone; significa che nelle nostre presenze si pagano i salari giusti; significa che siamo sempre onesti nella gestione del denaro, specialmente quando è destinato alle persone; significa che si scelgono le persone per i diversi servizi e lavori nelle nostre presenze secondo i criteri della preparazione, dell’idoneità e dell’identità, mai invece sottobanco ‘per amicizia’ o scambio di favori; significa che accettiamo di affrontare le situazioni che arrivano giornalmente, anche se sono scomode, se ciò che è in gioco sono la giustizia o i diritti di altre persone, specialmente se sono minorenni e perciò più deboli e meno protetti.

Tutto questo e molto di più è espressione e manifestazione della Misericordia di Dio per tali persone, di nuovo per mezzo della nostra umile mediazione. Questa realtà tanto concreta, che desidero per tutti, ha un forte connotato teologico in se stesso. Quando cerco la giustizia, questo mi fa amare con lo stesso amore di Dio e mi porta, allo stesso tempo, ad amare Dio, perché la giustizia ha Dio come suo destinatario ultimo. Riconoscere i diritti di un’altra persona è riconoscere i diritti di Dio che si fa presente nel volto dell’altro (1 Cor 11,7); è riconoscere “il diritto di Cristo che si fa esigente nel sacramento del fratello … per cui il Signore considera riconosciuto a se stesso tutto ciò che abbiamo riconosciuto al fratello (Cf. Mt 25, 34-40). Ed è per questo che “la ingiustizia attualmente, nelle sue diverse forme, negando la dignità dei diritti dell’uomo, immagine di Dio e fratello di Cristo, costituisce un ateismo pratico, una negazione di Dio”53.


5.6 Maria, Madre della Misericordia


Il Papa conclude il documento ‘Misericordiae Vultus’ volgendo il suo pensiero a Maria Madre della Misericordia, auspicando per noi che la dolcezza del suo volto materno ci accompagni in questo Anno Santo, perché possiamo scoprire di nuovo la gioia della tenerezza di Dio.

Maria è riconosciuta come Colei che ha sperimentato la Misericordia di Dio fin dall’inizio della sua esistenza: una misericordia vissuta nella profondità del suo cuore, che riconosce la gratuità della sua vita, della sua elezione e della protezione permanente di Dio che ‘la copre con la sua ombra’, nonostante che Ella abbia ritenuto di essere una vera pellegrina della fede.

Nessuno come Maria ha conosciuto la profondità del Mistero di Dio fatto uomo. Tutto nella sua vita è stato plasmato dalla presenza della misericordia fatta carne. La Madre del Crocifisso Risorto è entrata nel santuario della misericordia divina perché ha partecipato intimamente al mistero del suo amore”54.

Noi siamo invitati a scoprire e riconoscere la Misericordia di Dio nella nostra vita e per questo ringraziare. Siamo invitati a sperimentare che tutto in noi è dono di Dio e che il suo Amore per noi è totalmente gratuito e in nessun modo ‘risposta ai nostri meriti’. Questo richiede da noi semplicità e umiltà per abbandonare le nostre possibili prepotenze e per continuare a vivere come Maria un autentico cammino di fede, che significa accettare incondizionatamente Dio nella nostra vita e andar scoprendo, poco a poco, tante volte senza capirlo, come la sua volontà e la sua Misericordia hanno accompagnato e benedetto la nostra vita.

Così fu in Maria e “si potrebbe dire che solo alla luce splendente della resurrezione Maria ha potuto accogliere pienamente il Mistero del suo Figlio, anche se pertanto aveva detto sì al progetto de Padre e si era lasciata condurre dallo Spirito”55.

Concludo questo scritto affidando a Maria, Madre della Misericordia, la realtà di questo mondo sofferente e di una Chiesa pellegrina che deve seguire le impronte del Signore, e in special modo raccomandiamo alla Madre tutta la nostra Famiglia Salesiana che cerca di compire un cammino di Misericordia e fedeltà.


O Madre di infinita Misericordia,

che ti degnasti di venire in nostro aiuto,

aiutaci ad essere liberi da tutto ciò che ci può imprigionare.


Fortifica la nostra fede,

perché possiamo essere sempre Misericordiosi

come lo fosti tu, e possiamo seguire la chiamata ricevuta dal Signore.


Proteggi giorno e notte

il cammino dei nostri passi

e liberaci del tutto dal male!


Abbi cura delle nostre famiglie e comunità,

della nostra Famiglia Salesiana

e dei giovani che ci hai affidati.


O Madre di infinita Misericordia,

fa’ che la tua presenza

rinasca nei nostri cuori.


Che il tuo benevolo sguardo di Madre

guidi il cammino interiore che dobbiamo percorrere.


Che le Tue mani benedette benedicano

la Missione che dobbiamo compiere.


O Madre di infinita Misericordia,

che il Tuo Cuore ci unisca

al Cuore di Cristo

e che nulla ci separi da Lui e da Te.

Amen.






Ángel Fernández Artime, sdb

Rettor Maggiore

1 Agostino di Ippona, Le Confessioni, VI 7,12

2 W. Kasper, La Misericordia, Chiave del Vangelo e della Vita Cristiana. Sal Terrae, Santander 2013, 4a ediz, citato da J.J. Bartolomé, Jesús Compasivo, Jesús de Nazareth, testigo de la misericordia del Padre, CCS, Madrid 2016, 5

3 Misericordiae Vultus (MV), 3.

4 Cf. MV, 2-3.

5 MV 4, citando il Discorso di apertura del Con. Vat. II, ‘Gaudet Mater Ecclesia’ 11 ottobre 1962, 2-3.

6 MV 4, citando la Allocuzione nel’ultima sessione pubblica, 7 dicembre 1965.

7 MV 5.

8 MV 25.

9 Francesco, Il nome di Dio è misericordia. Una conversazione con Andrea Tornielli, Piemme, Milano 2015.

10 Ibid., 24.

11 Cf. A. Grün, Le sette opere di Misericordia, Queriniana, Brescia, 20162, 5; Ch. Albini, L’arte della Misericordia, Qiqajon, Magnano (BI) 2015, 93; G. Buono, Misericordia, missione della Chiesa, Libreria Editrice Redenzione, Marigliano 2016, 5.

12 Es 34,6 in G. Barbiero, Misericordia è il nome di Dio, in Consacrazione e Servizio, 3 (2016), 33.

13 Francesco, Omelia, 13 marzo 2015.

14 J.J. Bartolomé, o.c. 14

15 Cf. R. González Ponce, Dio è misericordia, in http://www.comboni.org/es/contenuti/107647-apropi-ndonos-la-utop-a-de-papa-francisco.

16 J.J. Bartolomé, o.c., 14.

17 MV, 1.

18 W. Kasper, Misericordia. Concetto fondamentale del Vangelo-Chiave della vita Cristiana, Queriniana (= Giornale di teologia 361), Brescia 20156, 103.

19 Cf. MV, 9.

20 Cf. W. Kasper, o.c. 26, 34,70,86.137.155 e 136.

21 Cf. E. Alburquerque, Don Bosco y la Misericordia de Dios, CCS, Madrid 2016, 22-23.

22 MB I, 44.

23 MB I, 45.

24 Rasos biográficos del clérigo Luis Comollo, in J. Canals (dir.) San Juan Bosco. Obras Fundamentales, BAC, Madrid 1978, 96-97, citato da E. Alburquerque, o.c., 22.

25 Cf. Il Giovane provveduto, 57.

26 Cf. E. Alburqurque, o.c. 16-17.

27 Il giovane provveduto, 13.

28 Esercizio di devozione, 56.

29 Esercizio, 71 In Ibidem

30 “Sogno dei 10 diamanti”, in MB XV, 171, citato da E. Albuquerque, o.c. 24

31 “Sogno di Lanzo e del giardino salesiano” in MB XV, 171 citato da Albuquerque, Ibidem

32 Il pastorello delle Alpi o vita del giovane Besucco di Argentera, in Vidas de jóvenes, Editorial CCS, Albuquerque, o.c. 27.

33 Il mese di maggio consacrato a Maria SS.ma ad uso del popolo, Torino 1858, giorno 20, pag. 131. In E. Albuquerque, o.c. 27

34 MV, 10.

35 MV, 9.

36 MV, 15.

37 J.E. Vecchi, ACG 369, 4.

38 MV 12.

39 MV 9.

40 E. Ceria, Don Bosco con Dio. Citato in Vecchi J.E, ACG 369, 38-39.

41 J. E. Vecchi, o.c. 45.

42 CGS, 93.

43 Cf. Cost. 11.

44 Cf. J. E. Vecchi, Spiritualità salesiana. Elle Di Ci, Torino, 2001, 175-177.

45 Cf. P. Chávez, ACG n° 384, 2003, 26-27

46 Cf. Cost. 20

47 A. Caviglia, La pedagogia di Don Bosco, Rom, 1935, 14-15. Cf. ACS n° 290, 1978, Citato in El Proyecto devida de los salesianos de Don Bosco, Marid, CCS 1987, 253. Cf. La Pastorale Giovanile Salesiana. Quadro di Riferimento. Capitolo IV, Il sistema preventivo, una esperienza spirituale e educativa, Roma 2014, 78-103.

48 Cf. P. Chávez, ACG n 400, 2007, 14

49 E. Ceria, Epistolario IV, Torino 1959, 332, citato nel Progetto di vita… 256.

50 AA.VV. Il sistema preventive di Don Bosco tra pedagogia antica e nuova, documenti del Congresso europeo salesiano sul sistema educativo di Don Bosco. Elledici, Torino, 1974, 314

51 Sinodo dei Vescovi: La giustizia nel mondo. Città del Vaticano 1971. Citato nel CGS, 67.

52 MV, 19.

53 XXXII Congregazione generale della Compagnia di Gesù, Decreto IV, n. 29, citato in Nuovo Dizionario di Teologia Morale, Paoline, Milano, 1990, 510.

54 MV 24

55 Chávez P., Testimoni del Dio vivente, LEV, Roma 2012, 328.