301-350|it|318 L‘Associazione dei Cooperatori Salesiani

29.



L’ASSOCIAZIONE

DEI COOPERATORI SALESIANI



A. Presentazione ai confratelli: L’azione perseverante di Don Bosco. - Da don Rua ad oggi. - È l’ora del rilancio.

B. Ai Cooperatori: 1. Nella luce dell’itinerario di Don Bosco Fondatore: Importanza della rielaborazione del Regolamento. - L’itinerario del discernimento fondazionale. - La duttile vitalità del carisma. - Responsabilità degli animatori. - 2. Aspetti essenziali della vostra identità di secolari salesiani: L’energia della carità tra i laici. - Lo spirito salesiano di Don Bosco. - 3. Per un rilancio dell’Associazione: Alcune interpellanze operative. - Movimento spirituale. - 4. La presenza viva dell’Ausiliatrice.

Lettera pubblicata in ACG n. 318



Roma, Festa del S. Cuore 1986


Cari Confratelli,


un saluto cordiale da parte di tutti i membri del Consiglio generale e mia; siamo riuniti in sessione plenaria: preghiamo e lavoriamo intensamente per voi.

Desidero con questa mia invitarvi a leggere con attenzione la lettera che ho scritto ai nostri Cooperatori e che vi offro in questo numero degli Atti.

Come sapete, il 9 maggio scorso la Sede Apostolica ha approvato, attraverso la Congregazione per i Religiosi e gli Istituti secolari, il nuovo testo del Regolamento di vita apostolica dell’Associazione dei Cooperatori Salesiani. La data è significativa perché 110 anni fa, appunto il 9 maggio 1876, il Papa Pio IX, grande amico di Don Bosco e sua guida nella delicata opera di Fondatore, riconosceva l’allora «Pia Unione», il cui Regolamento era stato redatto con cura e con ormai collaudata esperienza dal nostro caro Padre.

Io ho voluto promulgare l’importante documento alcuni giorni dopo, il 24 maggio, solennità di Maria Santissima Ausiliatrice, nella basilica di Valdocco gremita di fedeli e di membri della nostra Famiglia.

Il fatto riveste una importanza vitale per tutti noi.



L’azione perseverante di Don Bosco


Don Bosco non considerò conclusa la sua lunga e travagliata missione di Fondatore finché non riuscì a dare una struttura valida e una propria Carta d’identità a questa Associazione. Essa era stata presente, in certo modo e in germe, già agli inizi del suo progetto a favore dell’Opera degli Oratori.

Dopo l’approvazione del 1876 Don Bosco curò personalmente l’organizzazione e la diffusione dei Cooperatori, diede inizio (1877) alla pubblicazione del Bollettino Salesiano, formulò orientamenti e direttive per i confratelli

Nel primo Capitolo Generale della nostra Società (1877), a cui Don Bosco assegnava particolare importanza («Desidero che questo Capitolo faccia epoca nella Congregazione; così, morendo io, si vedranno le cose già tutte aggiustate e composte»),1 volle si trattasse (nella quarta Conferenza generale) dei Cooperatori e del Bollettino Salesiano: «una assocazione per noi importantissima, che è l’anima della nostra Congregazione e che ci serve di legame ad operare il bene d’accordo e con l’aiuto dei buoni fedeli che vivono nel secolo... praticando tutto lo spirito dei Salesiani... Questi Cooperatori devono moltiplicarsi quanto è possibile... I Direttori ed in generale tutti i Soci Salesiani a fine di aumentarne il numero parlino sempre bene di questa associazione... e non se ne faccia la proposta se non a persone già conosciute per la loro pietà e probità».2

Don Bosco stesso si dedicò a fare le prime conferenze per l’orientamento e il consolidamento dell’Associazione. Leggiamo nelle Memorie Biografiche che nel mese di gennaio del 1878 egli tenne la prima conferenza a Roma nella chiesa delle nobili Oblate di Tor de’ Specchi, presente il Card. Monaco La Valletta, Vicario di S. Santità. E il 16 maggio tenne la seconda conferenza a Torino nella chiesa di S. Francesco di Sales.3 Insisteva spesso sulle modalità originali di apostolato dei Cooperatori, sulla loro provvidenziale importanza e sulle «grandi cose» che il Signore si sarebbe degnato di fare con loro e con noi insieme. A poco a poco si andarono precisando anche gli aspetti organizzativi e normativi.



Da don Rua ad oggi


Nel Capitolo Generale 10° (1904), don Rua poteva già codificare alcune direttive per i confratelli a riguardo della promozione dell’ Associazione in un regolamento (37 articoli) «ad uso dei Soci Salesiani in ordine alla Pia Unione dei Cooperatori». Vi si diceva:

— che ogni Salesiano «non manchi di far conoscere e di far apprezzare ognor più questa Pia Unione»;

— che gli Ispettori «designino un confratello il quale si occupi, in aiuto a loro e sotto la loro dipendenza, di tutto ciò che concerne lo sviluppo e il regolare funzionamento della Pia Unione nella loro Ispettoria»;

— e che vi sia in ogni Casa «uno speciale incaricato dei Cooperatori, in aiuto del Direttore».

L’esortazione finale ricalcava le parole del Regolamento di Don Bosco: «Tutti i membri della Pia Società Salesiana considerino i Cooperatori come altrettanti fratelli in Gesù Cristo e prestino ad essi aiuto ogni volta che la propria opera possa giovare alla maggior gloria di Dio e a vantaggio delle anime».4

Dopo il Concilio Vaticano II, nel Capitolo Generale Speciale (1971), i capitolari, che avevano studiato il tema della «Famiglia Salesiana» e ripensato l’identità dei Cooperatori, redassero una risposta al messaggio ricevuto dagli stessi Cooperatori. Vi si afferma: «In fedeltà dinamica al Fondatore ci dichiariamo desiderosi e pronti a “rivitalizzare la vostra Associazione, perché, finalmente, si completi il geniale progetto tanto caro al Fondatore”. Abbiamo preso coscienza chiara che sarebbe un vero tradimento se non riuscissimo a fare questo lavoro, e crediamo che a ragione voi lanciate il vostro appello».5

Questo solenne impegno è confluito nel nostro testo costituzionale approvato dalla Sede Apostolica (1984), che afferma esplicitamente la particolare responsabilità dei Salesiani verso di loro,6 e assegna al Consigliere per la Famiglia il compito di «orientare» e di «assistere» le Ispettorie «affinché nel loro territorio si sviluppi l’Associazione dei Cooperatori Salesiani».7

Nei Regolamenti Generali, poi, si stabilisce che: «Ogni comunità senta il dovere di sostenere e incrementare l’Associazione dei Cooperatori Salesiani a beneficio della Chiesa. Contribuisca alla formazione dei suoi membri, faccia conoscere e promuova questa vocazione, soprattutto tra i giovani più impegnati e tra i collaboratori laici».8

Anche nel testo rinnovato del Regolamento dei Cooperatori, dopo aver descritto il ministero del Rettor Maggiore come Moderatore supremo dell’Associazione che «ne garantisce la fedeltà al Progetto del Fondatore e ne promuove la crescita», si ricorda la peculiare e indispensabile funzione propria che hanno gli Ispettori e i Direttori: «gli Ispettori salesiani — si legge nel testo —, nell’ambito delle specifiche responsabilità della Società di S. Francesco di Sales, fanno presente il ministero del Rettor Maggiore a livello locale e garantiscono, con la collaborazione dei Direttori, soprattutto i vincoli di unità e di comunione. Provvedono all’assistenza spirituale dei Centri e coinvolgono le loro proprie comunità religiose nel disimpegno generoso di questo servizio di animazione».9



È l’ora del rilancio


Cari Ispettori, cari Direttori e Confratelli tutti, queste indicazioni di tutta la nostra tradizione e della nostra Regola di vita sono un urgente appello di operosità apostolica. Se vogliamo rilanciare nella sua integrità il carisma di Don Bosco, in questa vigilia delle celebrazioni centenarie dell’88, dobbiamo sentirci portatori di una «particolare responsabilità» nel promuovere e animare un «vasto Movimento di persone»,10 curando in particolare l’Associazione dei Cooperatori. Sin dalle prime nostre origini essi sono stati impegnati nella comune missione giovanile e popolare, la quale ci interpella continuamente più in là delle opere esistenti.

Il progetto di Don Bosco sui Cooperatori ci fa percepire l’audace e genuina dimensione apostolica del carisma salesiano nell’unione di molte forze per il servizio del Regno. Noi e i Cooperatori serviamo la stessa missione!

Noi siamo per loro i fratelli «consacrati» «vincolo sicuro e stabile voluto espressamente da Don Bosco... (quale) centro propulsore di questo movimento di battezzati».11

Essi sono per noi, secondo la forte affermazione di Don Bosco, «un’associazione importantissima, che è l’anima della nostra Congregazione». I Cooperatori infatti ci spronano ad una maggiore e più dinamica fedeltà alla comune vocazione salesiana,12 ricordandoci il criterio permanente della nostra azione apostolica, che pone al centro del cuore salesiano l’esperienza oratoriana.13

Oltrepassando il criterio delle opere, questa esperienza ha bisogno di numerosi operatori, assai più in là della necessaria presenza dei Salesiani e delle Figlie di Maria Ausiliatrice. Sono infatti tanto gravi e molteplici le urgenze della gioventù bisognosa che esigono sempre più abbondanti forze d’intervento; è così complessa l’area dell’azione educativa e culturale che richiede, insieme ai consacrati ed ai sacerdoti, la presenza attiva e competente di laici generosi; è così vasta e mutevole la problematica giovanile che reclama, oltre al rinnovamento delle opere già tanto benefiche, una continua inventiva ed audacia di presenza apostolica e, non poche volte, in settori dove solo i laici possono essere presenti ed operare efficacemente. La missione salesiana, alla luce di ciò che ad essa possono apportare i Cooperatori, ci obbliga a non rinchiuderci in casa, ma ad avere quello sguardo sociale ed ecclesiale che muoveva il nostro Padre a cercare molte forze per rispondere ai problemi giovanili e popolari della società.

Bisogna soprattutto sottolineare la ragione di fondo che tocca la nostra stessa identità di eredi del patrimonio di Don Bosco. Dopo l’approvazione postconciliare delle Costituzioni delle Figlie di Maria Ausiliatrice (1982) e delle nostre (1984), la recente approvazione del Regolamento di vita apostolica dei Cooperatori (1986) porta con sé la visione completa di come si deve rinnovare e vivere, con attualità e in prospettiva di futuro, il carisma del nostro Fondatore. Esso è affidato simultaneamente e principalmente a questi tre Gruppi, centrati sul ministero di unità del suo Successore. Dobbiamo prendere coscienza, quindi, che inizia un’era nuova per la nostra Famiglia, e che diventano più concrete e vaste le esigenze della nostra rinnovata fedeltà al Fondatore.

Da questa prospettiva si vede meglio perché deve crescere la comunione di spirito e la collaborazione d’impegni in questi tre Gruppi della Famiglia Salesiana, anche in beneficio degli altri Gruppi. Non possiamo ripiegarci passivamente nella difesa dei traguardi raggiunti, ma dobbiamo riconquistare quel dinamismo di «Movimento di persone» che caratterizzò l’intraprendente apostolato di Don Bosco. «Se un povero prete — diceva il nostro Padre in una conferenza ai Direttori nel 1876 — con niente e con meno di niente, perché bersagliato da tutti e da ogni parte, potè portare le cose fino al punto in cui ora si trovano; se, dico nuovamente, un solo fece tutto ciò che voi vedete e con niente, qual bene il Signore non aspetterà da trecentotrenta individui (era il numero dei confratelli in quell’anno!), sani, robusti, di buona volontà, forniti di scienza, e coi mezzi potenti che ora abbiamo in mano? Qual cosa non potrete fare appoggiati alla Provvidenza?

Il Signore aspetta da voi cose grandi; io le vedo chiaramente e distinte in ogni parte... Se qualcuno mi ricorderà queste mie parole nell’anno venturo, io vi potrò far vedere grandi cose che il Signore quest’anno si è degnato di iniziare, e specialmente una che vi riempirà di stupore (si riferiva alla fondazione dell’Associazione dei Cooperatori)... Queste,... mentre già mi troverò nella mia eternità, porteranno rilevanti conseguenze per la salute delle anime, a gloria di Dio: gioveranno al bene universale della Chiesa, saranno cagione di gloria — sì, lasciatemi dire questa parola — alla nostra Congregazione... Voi stessi vi meraviglierete e sarete stupiti nel vedere come voi abbiate potuto fare tutto questo innanzi agli occhi dell’universo e pel bene dell’umana società».14

Sarà davvero necessario allora, cari Confratelli, che ogni Ispettoria promuova il rilancio dell’Associazione dei Cooperatori. Ciascun socio dovrebbe avere una copia del nuovo Regolamento dell’Associazione: la sua lettura aiuterà a riflettere sui contenuti dell’articolo 5 delle nostre Costituzioni e sugli articoli 36, 38 e 39 dei nostri Regolamenti.

Ogni Ispettore poi, insieme con il suo Consiglio e con i Direttori, studi questo documento, per rinnovare e intensificare le iniziative da promuovere al riguardo nelle case. Si tratta di una porzione viva del nostro carisma; ad essa Don Bosco attribuiva la possibilità di fare «grandi cose». Non è un’opera in più; è parte di noi stessi; è un grande apporto di energia nel «Movimento»; è una promessa di più intensa fecondità; è una crescita di fedeltà al Fondatore e un’esigenza d’identità salesiana.

Nella conferenza ai Direttori, poc’anzi citata, il nostro Padre concludeva dicendo: «Il Signore fu Colui che incominciò le cose. Egli stesso diede loro l’avviamento e l’incremento che hanno, Egli col volger degli anni le sosterrà, Egli le condurrà a compimento. Iddio è pronto a fare tutte queste grandi cose che contribuiranno all’aumento meraviglioso dei soci. Una sola cosa Egli richiede da noi: che noi non ci rendiamo indegni di tanta sua bontà e misericordia. Finché noi corrisponderemo alle sue grazie col lavoro, colla moralità, col buon esempio, il Signore si servirà di noi, e voi vi stupirete che si sia potuto far tanto, e che possiate fare tanto...; dobbiamo esclamare: “omnia possum in Eo qui me confortat”».15

Cari confratelli, l’attenta riflessione sulla lettera ai Cooperatori (riportata in questi Atti) e sul loro nuovo Regolamento ispiri propositi pratici in ogni Ispettoria e in ogni Casa.

Don Bosco interceda e ci stimoli!

Con affetto,

D. Egidio Viganò


*  *  *


Roma, Festa del S. Cuore 1986


Cari Cooperatori e Cooperatrici,


il 24 maggio scorso, solennità di Maria Ausiliatrice, ho promulgato il testo rinnovato del vostro Regolamento di vita apostolica a Torino nella basilica di Valdocco, gremita di popolo: è stato un evento assai significativo e portatore di speranza. Il documento, frutto di tanta preghiera e lavoro, assicura alla vostra Associazione l’identità salesiana ed ecclesiale per inserirsi con attualità nella preparazione del Terzo millennio della Fede cristiana.

Con l’approvazione pontificia del vostro Regolamento si conclude l’opera di consolidamento postconciliare delle tre grandi colonne della Famiglia Salesiana poste da Don Bosco: i Salesiani, le Figlie di Maria Ausiliatrice, i Cooperatori. Così saremo insieme e con audacia apostolica i principali portatori della vocazione salesiana per il futuro.

La promulgazione di questo Regolamento acquista, in tale contesto, una portata storica non indifferente.

Prenderne coscienza (voi, noi Salesiani e le Figlie di Maria Ausiliatrice) significa comprendere la peculiare responsabilità a cui ci ha chiamati lo Spirito del Signore in questo scorcio di secolo.



1. NELLA LUCE DELL’ITINERARIO

DI DON BOSCO FONDATORE


Perché si è dovuto rivedere il Regolamento redatto dallo stesso Don Bosco?

Pensando al senso di Chiesa, all’ansia costante di operatività e alla duttilità nell’adattarsi ai tempi del nostro Fondatore possiamo dire che, se egli fosse vissuto oggi, sarebbe stato il primo a volere questo impegno di rielaborazione.



Importanza della rielaborazione del Regolamento


Don Bosco infatti aveva la sensibilità del divenire della società e della Chiesa e intuiva, per sintonia con lo Spirito, il compito di futuro racchiuso nel suo carisma nascente. Era convinto che la veste che egli poteva dare nel secolo scorso alla vitalità di un dono ecclesiale tanto urgente era una specie di «brutta copia» iniziale, ricca di vitalità propria, ma bisognosa, nei piani della Provvidenza, di venir trascritta in «bella copia».1 Aveva la coscienza del Fondatore che sta dando vita a una Famiglia spirituale destinata a crescere, ad evolversi e a durare nei secoli.

Egli fu suscitato da Dio agli albori di una nuova epoca storica.

Percepiva i segni iniziali del superamento della civiltà rurale: un nuovo modo di essere città, una differente organizzazione del lavoro, un ripensamento di tutta la società, l’avvio di un concreto protagonismo popolare; intuiva, insomma, anche se oscuramente, il primo muoversi sotterraneo di forze sociali che esigevano già subito dei criteri e degli impegni pastorali inediti. Emergeva sempre più l’urgenza di rivolgersi ai giovani poveri e abbandonati e ai ceti popolari; nei cambiamenti già iniziati appariva in situazione di pericolo la loro fede cristiana che avrebbe potuto e dovuto essere, invece, un fermento per la nuova società. Per questo chiamò intorno a sé i Cooperatori, imbevendoli di uno spirito apostolico nuovo.

Un ideale apostolico, dunque, che esige per la sua stessa caratteristica nativa di doversi adattare ai continui cambiamenti e alle situazioni in sintonia con l’evoluzione dei tempi e con gli orientamenti del Papa e dei Pastori della Chiesa.

Orbene: nel Vaticano II il Santo Padre e i Vescovi di tutto il mondo, riuniti per ben quattro anni in Concilio, hanno riconsiderato e approfondito l’identità e la missione della Chiesa in risposta alle sfide dell’incipiente nuova epoca. I Pastori ne hanno definiti i principi di identità e gli orientamenti di azione: è emersa una ecclesiologia rinnovata che esige dai cristiani di ripensare a fondo la propria vocazione nel Popolo di Dio per il mondo, rivedendone in particolare i ministeri, i carismi, gli impegni.

Ecco perché anche ogni Gruppo della Famiglia Salesiana ha dovuto rielaborare i documenti fondamentali della propria indole carismatica. Secondo la nuova prospettiva conciliare era necessario ripensare seriamente la vocazione battesimale di tutti i fedeli e il significato ecclesiale del carisma delle varie Famiglie spirituali; due aspetti, questi, particolarrnente importanti appunto per la vostra Associazione.

«Essere cattolico» oggi comporta una forte coscienza di discepolo, aperta a tutti nel dialogo, ma portatrice di una robusta identità cristiana e di una coraggiosa formazione alla testimonianza nella società.

«Sentirsi incorporato» a un concreto carisma della Chiesa esige, poi, di condividerne l’indole specifica progettata dal Fondatore per riattualizzarla in consonanza con i valori dei segni dei tempi.

Ecco il perché di tanto accurato lavoro di rielaborazione del primo Regolamento scritto dallo stesso Fondatore per voi.



L’itinerario del discernimento fondazionale


Agli inizi, i Gruppi fondamentali di quella che oggi chiamiamo «Famiglia Salesiana» apparivano come un piccolo seme appena gettato nel solco, non ancora germinato, né sviluppato, né articolato.

Don Bosco era partito con l’idea insistente della missione giovanile e dell’urgenza di avere in forma permanente molti collaboratori: «sia una congregazione, sia quel che si vuole: io ho bisogno di erigere oratori, cappelle, chiese, catechismi, scuole, e senza un personale a me devoto non posso far nulla».2

Al centro del suo cuore sacerdotale c’erano i problemi della gioventù bisognosa e della religiosità e fede dei ceti popolari. Si sentiva chiamato e inviato da Dio per suscitare un movimento di persone impegnate con lui ad affrontare con coraggio tanti problemi. Il travaglio del discernimento lo portò a poco a poco a percepire chiaramente d’avere una vocazione di «Fondatore»: il compito non era facile. Incominciò pieno di fiducia nella Provvidenza e pose al servizio di tale causa tutte le sue capacità.

Seppe così sviluppare le potenzialità racchiuse nel seme iniziale. Solo dopo più di trent’anni, nell’arco che va dal 1841 al 1876, passando da principio attraverso un impegno diocesano, raggiunse laboriosamente il livello mondiale di un carisma della Chiesa universale. Dalla prima embrionale «Congregazione di S. Francesco di Sales», approvata dall’Arcivescovo di Torino Mons. Fransoni, fino alla fondazione dei suoi tre Gruppi consacrati e secolari, c’è tutto un processo di crescita e di chiarificazione verso un comune spirito, una comune missione e una comune corresponsabilità apostolica. Oggi Cooperatori e Cooperatrici, Figlie di Maria Ausiliatrice e Salesiani sono chiamati e inviati «insieme» a promuovere «un vasto movimento di persone che, in vari modi, operano per la salvezza della gioventù».3

Don Bosco, nel suo operare, cercò sempre l’aiuto dei laici. Per questo, quando non poté realizzare il progetto sui «Soci esterni» aggregati alla Società di San Francesco di Sales, che avrebbe voluto inserire nelle Costituzioni dei Salesiani, si dedicò a elaborare (a partire dal 1874) un nuovo e più ampio progetto da proporre ai buoni cattolici per operare il bene.

Presentato a Pio IX il suo abbozzo, vide che il Santo Padre si meravigliava che in esso ci si preoccupasse solo degli uomini e non delle donne (Don Bosco infatti stava progettando per le donne una Associazione a parte, aggregata all’Istituto delle FMA); 4 capì immediatamente la vitale importanza di quanto gli fece osservare il Papa: «Le donne ebbero sempre parte principale nelle opere buone, nella Chiesa stessa, nella conversione dei popoli. Esse sono benefiche e intraprendenti nel sostenere le opere buone anche per inclinazione naturale, più che gli uomini. Escludendole, vi privereste del più grande degli aiuti».5 Don Bosco accolse la preziosa e realistica indicazione del Sommo Pontefice, e poté posteriormente percepirne i grandi vantaggi avendo sviluppato in questo senso la «Pia Unione».

Bisogna riconoscere che Pio IX ha avuto un’illuminata e determinante partecipazione in tutta la fondazione sia dei Salesiani, sia delle Figlie di Maria Ausiliatrice, che dei Cooperatori. Don Bosco stesso, inviando il primo saluto al Papa Leone XIII appena eletto, affermava: «Questa Congregazione (e conosciamo l’ampiezza di significato che tale termine aveva nella sua mente) è stata consigliata, diretta, approvata, dalla veneranda memoria di Pio IX».6

Il nostro Fondatore voleva che i Cooperatori costituissero una «Associazione di opere buone» o una «Unione cristiana nel bene operare» intimamente legata a lui; doveva essere una specie di «Terz’Ordine» degli antichi, con la differenza che in quelli si proponeva la perfezione cristiana nell’esercizio della pietà; qui si ha per fine principale la vita attiva, nell’«esercizio della carità verso il prossimo e specialmente verso la gioventù pericolante».7

Tale progetto carismatico maturò finalmente nel Regolamento del 1876 e nelle iniziative che lo accompagnarono e lo seguirono.

Così il progetto di Don Bosco si esprime, in sintesi integrale e in forma articolata ma complementare, nella Congregazione dei Salesiani, nell’Istituto delle Figlie di Maria Ausiliatrice e nell’Associazione dei Cooperatori. I tre documenti fondamentali descrivono l’identità e l’indole propria di ciascun gruppo; presi insieme costituiscono l’itinerario pratico seguito dal Fondatore per assicurare il futuro dell’«Opera degli Oratori» iniziata a Torino nel 1841.

Nel Regolamento di Don Bosco è affermata la indispensabile presenza di voi Cooperatori nel carisma salesiano; si insiste sull’intima vostra unione con la Congregazione Salesiana (e analogamente con le FMA) in sincera e intensa fraternità di Famiglia («un cuor solo e un’anima sola»!), coltivando tutti insieme un senso dinamico di Chiesa, con sincero affetto e concreta adesione al ministero del Papa e dei Vescovi.

L’anno seguente, nell’agosto del 1877, Don Bosco lanciava il Bollettino Salesiano, come mezzo d’informazione, vincolo di unione, stimolo all’inventiva della carità e strumento particolarmente atto a far crescere la vostra Associazione.

Dopo la pubblicazione del Regolamento, bisognava incrementare vitalmente l’Associazione e formare sempre più la mentalità dei Salesiani e delle Figlie di Maria Ausiliatrice perché ne fossero entusiasti animatori. Nella conferenza annuale del 1877, Don Bosco faceva osservare: «L’Opera dei Cooperatori Salesiani è appena incominciata e già molti vi sono ascritti. Se ne vedrà il grande sviluppo... Si è stabilito, a questo proposito, di stampare un Bollettino che sarà come il giornale della Congregazione (oggi diciamo «della Famiglia»), perché sono molte le cose che si dovranno comunicare ai detti Cooperatori. Se ora sono cento Cooperatori, il loro numero ascenderà a migliaia e migliaia; e se ora siamo mille, allora saremo milioni... Cerchiamo di far conoscere quest’Opera: essa è voluta da Dio».8

Anche nel Capitolo Generale 1°,9 la quarta delle 26 Conferenze generali fu dedicata ai Cooperatori: «una associazione per noi importantissima, braccio forte della nostra Congregazione (a cui, non dimentichiamolo, erano aggregate anche le FMA). I Cooperatori e le Cooperatrici Salesiane non sono altro che buoni cristiani i quali, vivendo in seno alle proprie famiglie, mantengono in mezzo al mondo lo spirito della Congregazione di S. Francesco di Sales».10

Il Capitolo stabiliva perciò che «i Direttori ed in generale tutti i Soci salesiani (e FMA) si adoperino per accrescere il numero dei Cooperatori».11

Anche ai parroci salesiani raccomandava che una delle loro sollecitudini nella relazione con il popolo doveva essere quella di favorire l’Associazione dei Cooperatori Salesiani.12

E crebbe tanto l’Associazione che già nel 1880 Don Bosco poteva dire in una conferenza a Borgo San Martino: «Dal 1876 ad oggi i Cooperatori e le Cooperatrici sono cresciuti sino al numero di trentamila, e vanno aumentando ogni giorno».13

Alla morte di Don Bosco (come si legge nel decreto per procedere alla sua canonizzazione) erano già circa ottantamila (MB XIX, 242).

Vediamo, dunque, un lungo itinerario 14 di esperienza di Spirito Santo attraverso il quale Don Bosco ha cercato pazientemente di discernere il disegno suggeritogli da Dio; imboccò finalmente la strada definitiva, dopo essersi incamminato per altri sentieri, risultati di fatto non praticabili.

Sono rimaste costanti, ad ogni modo, alcune componenti che costituiscono la struttura portante della vostra Associazione: un senso sociale e operativo della propria cattolicità ricevuta come dono nei sacramenti del Battesimo e della Cresima; una missione ecclesiale e civica di servizio alla gioventù bisognosa; una cura intelligente e coraggiosa della fede popolare in un’epoca di intensi cambiamenti; un peculiare metodo pastorale e l’importanza dei vincoli di unione con la Società di S. Francesco di Sales e di comunione con l’Istituto delle Figlie di Maria Ausiliatrice per viverne genuinamente il caratteristico spirito evangelico.

Si tratta, come vedete, di un’autentica condivisione della vocazione salesiana: siete corresponsabili con noi della vitalità del progetto del Fondatore nel mondo.15

Don Bosco oggi avrebbe perfezionato il suo progetto considerando attentamente la rinnovata ecclesiologia conciliare soprattutto in riferimento alla secolarità. È appunto quanto si è cercato di fare in questi anni, condensando la riflessione vostra e nostra nella rielaborazione di questo Regolamento di vita apostolica.



La duttile vitalità del carisma


Per vivere con genuinità la vocazione salesiana è necessario conoscere e assumere i valori vitali delle sue origini, della sua crescita, della sua attualità ecclesiale e della sua prospettiva di futuro. Non si deve trascurare una seria conoscenza non solo della vita del Fondatore, ma anche della cronistoria posteriore della sua Famiglia spirituale, cercando di scoprire negli apporti degli eventi di ieri ciò che essi contengono di vitalità e di proiezione in avanti come speciale docilità al Datore del carisma. Lo Spirito Santo è sempre originale; non si sa da dove viene e dove va, ma fa crescere e maturare; ci si può porre in sintonia con Lui attraverso l’ascolto orante e un illuminato discernimento.

Se guardiamo la vita del nostro Fondatore possiamo farci un’idea del travaglio che comporta una vera docilità. A ragione si è detto di Don Bosco che appariva (anche, e soprattutto, agli amici) come un «mistero», perché pienamente aperto allo Spirito del Signore, il Quale non faceva scoprire (neppure a lui immediatamente) da dove venisse e verso dove lo conducesse. Ad ogni modo era chiara l’intuizione globale espressa con eloquenti simboli già nel sogno dei nove anni, da lui più volte ricordato e meditato in età matura: il campo e il metodo di azione, la dedizione intelligente e generosa, la necessità di collaboratori per realizzare e prolungare una missione tanto urgente. Egli ha dovuto, però, operare un lungo lavoro di discernimento, innanzitutto «personale» — fino a individuare con chiarezza la sua vocazione di Fondatore —, e poi «fondazionale» per dare un volto concreto e un’organizzazione valida alla sua Famiglia spirituale. Passò così per diverse tappe di chiarificazione fino a poter dare una identità e una struttura propria, prima ai Salesiani poi alle Figlie di Maria Ausiliatrice e, infine, a voi Cooperatori.

I tre Gruppi, portatori principali del suo carisma, sono stati invitati dal Vaticano II a imitare il Fondatore rimanendo aperti, in conformità con la loro natura storica ed ecclesiale, alle esigenze del costante sviluppo del Corpo di Cristo in perenne crescita.16

La vostra Associazione, riconosciuta già vitalmente presente nelle prime origini dell’Oratorio (il Decreto di approvazione del 9 maggio 1986 ricorda la figura esemplare di mamma Margherita),17 ha ricevuto dal Concilio Vaticano II una nuova vitalità. L’esperienza e il travaglio di ieri devono servire per illuminare quella fedeltà dinamica che è necessaria oggi, in un’ora di rinnovamento che comporta una sincera adesione alle origini e un’oculata duttilità ai tempi nuovi.

Bisogna senz’altro curare l’organizzazione dell’Associazione e il nuovo testo del Regolamento ne indica le strutture portanti. Ma questo è solo un aspetto, diciamo così, strumentale. Ciò che deve preoccupare voi e noi è la vitalità del carisma, ossia di quell’energia di carità che sa rilanciare l’ardore, l’inventiva, la generosità e l’instancabile dinamismo apostolico di Don Bosco, di mamma Margherita e dei primi collaboratori di Valdocco.

Il cammino per raggiungere tale vitalizzazione passa, soprattutto, attraverso il cuore di ognuna delle vostre persone: il dono dello Spirito Santo è per l’uomo interiore. I valori evangelici contenuti nel Regolamento rinnovato hanno bisogno di venire «personalizzati». I portatori di un carisma nella Chiesa sono sempre delle «persone» che hanno ascoltato la chiamata del Signore, fatta «per nome» e con il «tu» di una predilezione che inizia un’alleanza da vivere in gioiosa e fedele amicizia; per questo ogni persona si sente impegnata a far fruttificare nella Chiesa il dono ricevuto. Il cuore di ogni Cooperatore e di ogni Cooperatrice è depositario di un’alleanza di salvezza, è arricchito da una speciale grazia che lo rende partecipe della potenza dello Spirito del Signore, e si sente lanciato ed abilitato ad operare nella storia collaborando all’importante missione ecclesiale assegnata a Don Bosco.

Si tratta, dunque, di ravvivare e di rinvigorire le vostre persone e di curare tutto ciò che costituisce l’anima dell’Associazione e le infonde vita e movimento.



Responsabilità degli animatori


Il rinvigorimento delle persone e di quest’anima esige due poli di riferimento da rivisitare continuamente per vivere in tensione feconda: uno è il patrimonio spirituale ereditato dal Fondatore, l’altro è la risposta profetica da saper dare alle attuali interpellanze socioculturali. Questo debbono tener presente soprattutto gli animatori della vostra Associazione, ossia i Cooperatori dirigenti e gli Ispettori e le Ispettrici e i Delegati SDB ed FMA, ma anche tutti i Cooperatori e le Cooperatrici. Il futuro dell’Associazione è legato fortemente a una comprensione aggiornata, realistica e rinnovata del dono apostolico fatto da Dio alla Chiesa attraverso Don Bosco.

Gli animatori, perciò, a qualunque Gruppo salesiano appartengano, devono aver coscienza del cammino percorso da Don Bosco nella sua vocazione di Fondatore, e conoscere integralmente (non solo per ciò che si riferisce al proprio Gruppo) la vera dimensione del carisma a lui affidato; di esso voi, Cooperatori e Cooperatrici, siete parte viva ed essenziale, perché egli non considerò realizzata la sua opera di Fondatore se non dopo l’erezione della vostra «Pia Unione». Nella sua mente e nel suo cuore vi considerava fratelli e sorelle «esterni»; è bello vedere come iniziava una sua circolare del gennaio 1881 ai Cooperatori e alle Cooperatrici: «Con grato animo mi presento a voi, o rispettabili confratelli e consorelle in Gesù Cristo».18

Secondo Don Bosco, l’espressione «a modo di Terzo Ordine», con cui presentava la forma della vostra Associazione, aveva un significato peculiare che sottolinea un aspetto originale, perché, col dire semplicemente «a modo di» o «come» Terz’Ordine, voleva indicare la vostra distinzione dagli antichi Terzi Ordini, che si proponevano soprattutto una cura speciale della vita di pietà, mentre la vostra Associazione è stata fondata per esprimere gli impegni del Battesimo e della Cresima in concrete opere di carità specialmente a favore della gioventù.19

Ma più in là di questa denominazione (che non è mai stata usata ufficialmente nella tradizione salesiana, perché né i Salesiani né le Figlie di Maria Ausiliatrice sono denominati 1° e 2° «Ordine»), c’è la realtà di una comune concreta missione da realizzare «insieme», unendo tutte le forze disponibili.



2. ASPETTI ESSENZIALI DELLA VOSTRA IDENTITÀ

DI SECOLARI SALESIANI


Don Bosco cercò di coinvolgere, come abbiamo visto, il maggior numero di persone per realizzare la sua vasta missione; considerò preziosa la collaborazione dei membri del clero diocesano per la loro conosciuta competenza nell’animazione degli altri; ma puntò su un grande numero di laici. Egli voleva risvegliare «lo spirito cattolico»20 e voleva far capire a tutti l’urgente «bisogno che vi è oggi che i buoni cristiani si uniscano fra loro per promuovere il bene e combattere il male, perché l’unione fa la forza»; 21 cercava di tradurre la religiosità dei cristiani e il loro senso di preghiera in opere di carità: «oggi, oltre al pregare, che non deve mancare mai — diceva — bisogna operare, intensamente operare, se no si corre alla rovina»; 22 in una parola intendeva «scuotere tanti cristiani dal languore, per diffondere l’energia della carità».23



L’energia della carità tra i laici


La missione di Don Bosco esigeva molti impegni laicali legati soprattutto all’educazione della gioventù popolare per migliorare la società: «Volete fare una cosa buona? — diceva appunto ai Cooperatori —. Educate la gioventù. Volete fare una cosa santa? Educate la gioventù. Volete fare cosa santissima? Educate la gioventù. Volete fare cosa divina? Educate la gioventù. Anzi (al dire dei Padri): questa fra le cose divine è divinissima».24

«Questa Associazione — affermava ancora — ha per iscopo di unire i buoni cristiani a fare del bene alla civile società».25

Ora è proprio in questo campo che si sta progredendo assai nella Chiesa, soprattutto dopo il Vaticano II. Oggi la coscienza del laico, come membro attivo del Popolo cristiano, ha molte più luci che nel secolo scorso e le si sono aperti nuovi e vasti orizzonti sociali ed ecclesiali.

Quindi, la vostra Associazione ha bisogno di approfondire e di assimilare sempre più la dottrina conciliare sul laico: gli impegni del sacerdozio battesimale e della Cresima, l’inserimento nella Chiesa locale, le sfide che i cambi socioculturali lanciano alla fede, l’insegnamento del Magistero circa i compiti temporali, la testimonianza cristiana nella famiglia, i valori di una autentica laicità che dista molto dalle deviazioni del laicismo, ecc.

I mezzi indispensabili per promuovere questa coscienza sono quelli comuni ad ogni buon fedele: l’ascolto della Parola di Dio, la riflessione sui suoi contenuti, sui testi del Vaticano II, sugli orientamenti pastorali del Papa e dei Vescovi; l’esercizio della preghiera quotidiana e una adeguata frequenza dei sacramenti dell’Eucaristia e della Penitenza; l’accettazione del mistero della Croce soprattutto in quelle situazioni della vita che esigono coscienza e coraggio di ascesi; la dedizione ad una qualche attività apostolica.

In particolare è indispensabile curare, attraverso una competente scuola di animazione, quegli aspetti che caratterizzano la «spiritualità laicale», in quanto tale.

Possiamo ricordare, tra le note più significative di tale spiritualità, le seguenti:

— L’animazione cristiana degli impegni temporali che appartiene specificamente alla missione del laico, sia nella famiglia che nell’ambito culturale e sociale. Egli deve sentirsi simultaneamente «cittadino» e «credente» traducendo la sua fede nel Cristo in costante sforzo di trasformazione del mondo.

— Una sensibilità, acuita dalla fede, che muova il laico a discernere continuamente i segni dei tempi in comunione con la Chiesa locale e a prendere parte attiva e autenticamente cristiana all’odierno processo di liberazione sociale, differenziato secondo le situazioni concrete in cui vive. Il laico è chiamato a collaborare per far crescere una cultura più vera, una civiltà del lavoro più giusta, una solidarietà umana più universale: compito questo assai impegnativo per tutto il Popolo di Dio (da vivere con differenti vocazioni).

— L’attenta considerazione del quotidiano, nell’ambito del suo carattere secolare, che offre alla carità del laico una miniera inesauribile, anche se nascosta e modesta, di vera e pratica testimonianza evangelica; così egli può dar ragione, in un mondo che passa, delle risorse vitali della speranza cristiana.

La cura diligente della propria professionalità, di ciò che si riferisce al suo retto esercizio e al suo assiduo perfezionamento, che dia all’esistenza del laico il tono concreto della sua partecipazione alla missione della Chiesa nel «permeare e perfezionare l’ordine delle realtà temporali con lo spirito evangelico».26

Infine, la coscienza sempre più esplicita di quanto afferma il Concilio: «le condizioni odierne richiedono che l’apostolato dei laici sia assolutamente più intenso e più esteso»,27 anche nell’ambito specifico della evangelizzazione e santificazione che presenta loro «moltissime occasioni» più in là della sola «testimonianza della vita».28 In questo senso il Vaticano II ha sottolineato l’importanza per i laici di una forma associativa di apostolato: «infatti le associazioni sono di sostegno ai propri membri e li formano all’apostolato, dispongono bene e guidano la loro azione apostolica, affinché possano sperarsi frutti abbondanti».29

Ed è qui che appare, come mediazione evangelica di sintesi, la preziosa eredità dello stile originale di vita cristiana sperimentato e lanciato, per voi Cooperatori e Cooperatrici, da Don Bosco con il suo «spirito salesiano». La «spiritualità laicale» indica, in forma ancora generica, un insieme di aspetti da curare; ma lo si può fare in molti modi. Lo «spirito salesiano», invece, suggerisce un modo tipico e già collaudato di farlo.



Lo spirito salesiano di Don Bosco


«Guidato dallo Spirito Santo — dice il testo del vostro Regolamento rinnovato —, Don Bosco ha vissuto e ha trasmesso ai membri della sua Famiglia uno stile originale di vita e di azione: lo spirito salesiano.

È una tipica esperienza evangelica che caratterizza e dà tono concreto alla presenza e azione nel mondo, alle relazioni con i fratelli e al rapporto con Dio. Ha la sua sorgente nel cuore stesso di Cristo, si alimenta nell’impegno apostolico e nella preghiera, e pervade tutta la vita, rendendola una testimonianza di amore.

Il Cooperatore accoglie questo spirito come dono del Signore alla Chiesa e lo fa fruttificare secondo la condizione secolare che gli è propria».30

In questo articolo si trova il vertice dei vostri impegni di formazione salesiana. L’amore cristiano è una prassi vissuta che non può venir identificata semplicemente con una dottrina e neppure con una spiritualità generica. Si esprime e si vive in una sintesi concreta con un volto definito.

Quando il Regolamento parla di «spirito salesiano» intende descrivere i tratti caratteristici della esperienza evangelica collaudata nella scuola di Don Bosco quale peculiare stile di vita, sintesi di criteri di giudizio e di metodologia di azione. Non è un’analisi concettuale delle relazioni con Dio e con il prossimo, e neppure la presentazione dottrinale della spiritualità di uno stato o di un ministero, ma la descrizione dei lineamenti spirituali individuanti la vocazione salesiana; ne considera attentamente le fattezze visibili e pratiche che la contrassegnano nel vissuto (ossia la sua tipologia), mettendone in risalto alcuni connotati, così da poter precisare una fisionomia spirituale propria.

Come la natura umana, comune a tutti nella sua essenza, si esprime in tratti fisionomici particolari, in modo analogo la vita battesimale presenta dei modelli di santità con caratteristiche individuanti proprie, dando origine a differenti scuole spirituali. In esse la «spiritualità» di un ministero o di uno stato di vita viene coinvolta di fatto in uno «spirito» concreto, quale espressione tipologica della sequela del Cristo.

Tra noi, «Famiglia di Don Bosco», nell’alveo del comune «spirito salesiano» confluiscono di fatto diverse «spiritualità»: laicale, sacerdotale, religiosa, coniugale, di consacrazione secolare, ecc.

Don Bosco diceva appunto che voi Cooperatori vivete e testimoniate «nel mondo» lo spirito da cui i Salesiani e le Figlie di Maria Ausiliatrice sono animati nella loro «vita consacrata». Infatti, voi siete chiamati a vivere lo stesso spirito di Don Bosco nella condizione secolare a voi propria. Il vostro compito vocazionale consiste nel saper incarnare i valori generali della spiritualità laicale (se siete laici) o sacerdotale e diaconale (se siete sacerdoti o diaconi secolari) nel caratteristico stile di santità e nel metodo di azione del carisma di Don Bosco. È uno spirito di comunione che non vivete da soli, o in forma dissociata, bensì come membri di una Associazione che assicura ad ognuno l’identità, la vitalità, l’appoggio, la revisione, la gioia e la speranza di una profonda fraternità evangelica: «“uniti con un cuor solo e un’anima sola” — dice il Regolamento — vivono in comunione fraterna, con i vincoli caratteristici dello spirito di Don Bosco».31

Lo stesso Diritto canonico, parlando delle Associazioni come la vostra, dopo aver affermato che si tratta di fedeli che «vivono nel mondo e partecipano allo spirito di un Istituto religioso»,32 esorta questi Istituti di vita consacrata ad «averne cura con particolare sollecitudine, affinché siano permeati del genuino spirito della loro Famiglia».33

Questo «spirito» è una componente vitale del carisma del Fondatore. È, nella nostra Famiglia, un’armonia di forze interiori, che rende idonei a realizzare la missione, che va perfezionando l’ottica speciale con cui si giudica la realtà, che sviluppa una tipica sensibilità di fronte ai problemi giovanili e popolari, che irrobustisce una mentalità equilibrata e positiva, che fa percepire la bellezza di essere nati e la predilezione nell’essere stati chiamati per nome, che comporta soprattutto la crescita di una gioiosa contemplazione del mistero di Dio: del Padre di misericordia che per amore crea e perdona, del Figlio Redentore che per amore s’incarna e si sacrifica, dello Spirito Consolatore che per amore trasforma e santifica.

Così, lo spirito di Don Bosco appare anche nella sua luce di dono prezioso per tutta la Chiesa.

Supponendo, dunque, alla base della vostra coscienza associativa lo «spirito salesiano», dovete curare il dinamismo interiore che ne deriva perché è l’anima della vostra Associazione.

— Il Regolamento presenta innanzitutto, come condizione fondamentale di questo spirito, un tipo peculiare di vita di fede che sia veramente impegnata nel quotidiano. Tale condizione comporta due atteggiamenti caratterizzanti.

Il primo è quello di «sentire Dio come Padre e Amore che salva; (di incontrare) in Gesù Cristo l’Unigenito Figlio (che è) l’Apostolo perfetto del Padre; (e di vivere) in intimità con lo Spirito Santo (che è il potente) Animatore del Popolo di Dio nel mondo».34 Ossia: un tipo di vita interiore che trova in Dio stesso l’impulso di una intensa operosità salvifica: l’ardore dell’apostolato, «da mihi animas»! È questa la radice o «l’aspetto più profondo della vostra vocazione: essere veri «Cooperatori di Dio» nella realizzazione del suo disegno di salvezza».35

Il secondo atteggiamento è di sentirsi chiamati e inviati a una missione concreta: quella di «contribuire alla salvezza della gioventù»,36 impegnandosi «nella stessa missione giovanile e popolare di Don Bosco».37

Quindi ogni Cooperatore, proprio per la sua esperienza interiore del mistero di Dio, vive una fede impegnata che lo rende «intimamente solidale con il mondo in cui vive e nel quale è chiamato ad essere luce e lievito. Crede nelle risorse interiori dell’uomo; condivide i valori della propria cultura; accetta le novità con senso critico cristiano, integrando nella sua vita “tutto ciò che è buono”, specie se gradito ai giovani».38

Ecco perché al centro dello spirito salesiano c’è, quale spinta mistica, quella carità pastorale che spinge ad operare instancabilmente per il Signore. Don Bosco l’ha sintetizzata ed espressa nel motto: «Da mihi animas, cetera tolle», e l’ha testimoniata eminentemente «facendo presente tra i giovani l’amore misericordioso di Dio Padre, la carità salvifica di Cristo Pastore e il fuoco dello Spirito che rinnova la terra».39

— Don Bosco poi, ha voluto rivestire questa operosità apostolica di bontà semplice, cordiale e gioiosa; ossia di uno stile di vita e di azione che «tende a suscitare rapporti di fiducia e di amicizia, per creare intorno a sé un clima di famiglia fatto di semplicità e affetto. (Ogni Cooperatore) è un operatore di pace che cerca nel dialogo il chiarimento e l’accordo».40 È, questa, una caratteristica veramente distintiva dello spirito di Don Bosco; lui stesso ha voluto designare questo suo stile con il qualificativo di «salesiano» perché vedeva in San Francesco di Sales un «modello di amabilità, di zelo apostolico e di vero umanesimo».41

L’ha proiettato nella prassi attraverso quel modo di agire tra i giovani che egli chiamò «Sistema Preventivo»: il suo stile di azione, detto anche «metodo della bontà», poiché

• usa la persuasione e non l’imposizione, e fa appello sempre alle risorse interiori della persona, rendendola progressivamente responsabile della propria crescita;

• crede nell’“azione invisibile della grazia nel cuore di ogni uomo” e nel valore educativo dell’esperienza di fede;

• fiducioso nella forza trasformatrice dell’amore, cerca di arrivare al cuore, e procura di farsi amare con maturità e trasparenza».42

Questa bontà si manifesta in un clima di speranza gioiosa che suscita simpatia, infonde ottimismo e promuove allegria. È un’espressione di gaudio interiore che procede dalla dimensione pasquale della fede cristiana, portatrice della suprema novità, in peculiare sintonia con le inclinazioni della psicologia giovanile.

— Intrecciata con la spinta mistica della carità pastorale fatta bontà, c’è, nel nostro spirito, un’esigente metodologia ascetica, abbellita dal sorriso di un volto ilare. Don Bosco l’ha espressa con un binomio assai realistico: «lavoro e temperanza».43 Questa «metodologia» porta con sé una vera ascesi dell’azione, vissuta con costanza tra le fatiche e le difficoltà del quotidiano: è la croce personale da portare come liberi cirenei. Essa è accompagnata da una disciplina costante e oculata per il dominio delle proprie inclinazioni e passioni fino a raggiungere quell’equilibrio di efficace moderazione di sé nella condotta e di saggezza critica di fronte alle ideologie dell’ambiente, come espressione di attiva prudenza cristiana.

Nello spirito salesiano «ascetica» e «mistica» si permeano mutuamente secondo quanto dice la 2ª lettera di S. Pietro: «Mettete ogni impegno per aggiungere alla vostra fede la virtù, alla virtù la conoscenza, alla conoscenza la temperanza, alla temperanza la pazienza, alla pazienza la pietà, alla pietà l’amore fraterno, all’amore fraterno la carità».44

Per custodire e sviluppare questo «spirito» (descritto nel capitolo 4° del vostro Regolamento) Don Bosco ha riconosciuto esperienzialmente una ininterrotta protezione mariana: non solo perché ha potuto verificare «l’intervento materno di Maria 45 agli inizi della sua vocazione e in tutto il suo sviluppo, così da considerarla sempre sua «Maestra e Guida», ma soprattutto perché più universalmente, nella stessa storia della salvezza, Ella «ha cooperato in modo assolutamente unico all’opera del Salvatore e non cessa di cooperare come Madre e Ausiliatrice del Popolo cristiano».46 Un motivo particolare, poi, per un tratto così caratterizzante di questo spirito è che la carità pastorale della vostra Associazione consiste nell’«imitazione della sollecitudine materna di Maria, che intercede per il Cooperatore e lo aiuta quotidianamente nella sua testimonianza»: 47 infatti l’Ausiliatrice è, con la «sua presenza viva», la Guida speciale della Famiglia Salesiana».48



3. PER UN RILANCIO DELL’ASSOCIAZIONE


La solenne promulgazione del Regolamento costituisce certamente, cari Cooperatori e Cooperatrici, un evento che esige un rilancio dell’Associazione. Vorrei qui riunire alcuni suggerimenti operativi che vi muovano a formulare dei propositi pratici.

Alcune interpellanze operative


— La prima di tutte è, evidentemente, quella di studiare, interiorizzare e mettere in pratica i contenuti di questo vostro Progetto di vita apostolica. È un compito di formazione permanente a favore di una accresciuta interiorità spirituale, di taglio secolare,49 capace di permeare il tessuto del quotidiano (fatto di rapporti familiari, professionali, culturali, sociali ed ecclesiali) con i valori evangelici dello spirito salesiano. Urge, oggi più che mai, rafforzare l’«uomo interiore». Un impegno, dunque, che serva per l’identità cristiana dei singoli ma anche come stimolo per la stessa Associazione e per tutta la Famiglia Salesiana.

— Tale compito deve essere accompagnato da una particolare attenzione a ciò che il Vaticano II ha proclamato circa la «secolarità», e, in modo particolare, circa la vocazione e missione del «laico» nella Chiesa. La dottrina conciliare richiede oggi una coscienza molto più ampia e più coraggiosa del «sentirsi cattolico» in un mondo pluralista e pervaso dalla terrible tentazione di immanenza temporalista. Il materialismo che caratterizza il nostro tempo in vaste zone sociali si risolve in quel terribile «peccato contro lo Spirito Santo» che non ha remissione.

A questo riguardo il Papa, nella sua recente enciclica Dominum et vivificantem dice che, in una mentalità materialista, «l’orizzonte dei valori e dei fini dell’agire è strettamente legato all’interpretazione come “materia” di tutta la realtà; (si presenta così come) lo sviluppo sistematico e coerente di quella “resistenza” e opposizione, denunciate da San Paolo con le parole: “La carne ha desideri contrari allo spirito”».50 È una missione irrinunciabile per il cattolico, oggi, quella di saper proclamare e testimoniare la presenza attiva dello Spirito Santo nella storia e i suoi valori vivificanti e trasformatori della vita personale, familiare e sociale.

— Inoltre, la crescita in interiorità porta necessariamente con sé, per un Cooperatore salesiano, alla revisione e all’intensificazione delle proprie iniziative apostoliche. Emerge, perciò, un appello a rinnovare i propri compiti di testimonianza e di apostolato: in famiglia,51 nel matrimonio,52 nell’ambiente di vita e lavoro,53 nella realtà sociale,54 nelle opere salesiane, «specialmente negli Oratori, nei Centri giovanili, nella Scuola».55 Bisogna riconoscere che le strutture dei Salesiani e delle Figlie di Maria Ausiliatrice offrono un campo assai concreto e organico per le iniziative apostoliche. In tal senso vorrei anche ricordare, soprattutto ai più giovani, l’ambito del volontariato missionario così vasto e attuale.

In ogni situazione il Cooperatore deve sentirsi coinvolto con personale responsabilità e spirito d’iniziativa per svolgere la missione comune «secondo le sue capacità e possibilità». Così ciascuno arricchirà l’Associazione, e quindi la Famiglia Salesiana, con una crescita di identità:

• «i Cooperatori adulti e anziani apportano — dice il nuovo testo del vostro Regolamento — la ricchezza di un’esperienza matura e di una lunga fedeltà;

• i Cooperatori giovani, portatori del dinamismo delle nuove generazioni, concorrono alla missione comune con la loro propria sensibilità e dedizione;

• i Cooperatori provati dal dolore e impossibilitati a svolgere un’attività, fanno fruttificare l’apostolato di tutti con l’offerta della loro sofferenza e preghiera;

• i Cooperatori sacerdoti e diaconi, la cui presenza è utilissima, offrono il servizio del proprio ministero specialmente per la formazione e per l’animazione».56

Un ambito particolarmente urgente da curare in profondità e fedeltà al Magistero è quello dell’insegnamento sociale della Chiesa.

Esso è di somma attualità; è delicato e complesso; è misconosciuto o travisato con troppa facilità. Eppure è posto alla base dell’impegno cristiano per il rinnovamento della società e per l’avvio di una civiltà dell’amore.

In questo insegnamento dei Pastori si trovano i principi fondamentali, i criteri di giudizio e le direttive di azione per l’urgente impegno di trasformazione culturale che comporta l’educazione delle persone, la solidarietà dei popoli, l’umanizzazione integrale del lavoro. Troviamo una sintesi illuminante di tali orientamenti nel capitolo 5° della recente Istruzione vaticana su Libertà cristiana e liberazione.57 L’articolo 11 del vostro Regolamento esprime sinteticamente l’atteggiamento del Cooperatore di fronte a queste esigenze ecclesiali. Anche se l’Associazione, in quanto tale, «rimane estranea ad ogni politica di partito», tuttavia si interessa per una robusta formazione dei suoi membri in questo ambito; infatti, «interviene coraggiosamente, seguendo le direttive della Chiesa locale, per promuovere e per difendere i valori umani e cristiani. Illumina e stimola i singoli Cooperatori ad assumere responsabilmente i propri impegni nella società».58

— Un altro campo di azione in cui la Famiglia Salesiana si è proposta di crescere, in fedeltà a Don Bosco, è quello della Comunicazione sociale, soprattutto in vista dell’educazione della gioventù e della coscienza cristiana dei ceti popolari. Urge oggi che voi Cooperatori siate presenti cristianamente nel vasto mondo dei «mezzi» di comunicazione sociale, specialmente dove si definiscono piani e programmi che toccano punti nevralgici della retta formazione delle coscienze. Essendo la comunicazione una delle vie più incisive, di fatto, nella nuova cultura che emerge (perché influisce fortemente sull’opinione pubblica e sulla configurazione della città dell’uomo), si dovrebbe curare molto la professionalità e l’intervento di coloro, tra voi, che sono qualificati al riguardo. Il Regolamento considera l’impegno dei Cooperatori in questo campo come una «attività tipica» da preferire: infatti, «l’impegno nella comunicazione sociale crea cultura e diffonde modelli di vita tra il popolo».59

— Infine, mi è caro ricordarvi, come interpellanza operativa da privilegiare, quella di intensificare i buoni rapporti, la comunione fraterna e la collaborazione con gli altri Gruppi della Famiglia Salesiana.60 Questo si ottiene «attraverso la conoscenza e l’informazione reciproca, il vicendevole aiuto spirituale e formativo, e il coinvolgimento negli impegni apostolici comuni».61

In questo senso vanno curati meglio anche i servizi informativi destinati a far circolare esperienze, notizie, testimonianze, iniziative che stimolino ed elevino il rendimento spirituale e apostolico di tutti. In particolare dovete favorire costantemente nelle varie Nazioni la diffusione e promozione del Bollettino Salesiano, a cui Don Bosco collegò i Cooperatori e il loro apostolato.

L’incremento di un senso più vivo delle esigenze di comunione e di collaborazione nella Famiglia Salesiana ridonderà in beneficio della Chiesa, soprattutto delle Chiese particolari in cui convivono i vari gruppi.

Infatti il nostro senso rinnovato di Famiglia non è quello di costruire una «cappella a parte», bensì quello di essere «insieme» il vero carisma di Don Bosco, ossia un dono più autentico e più efficace da apportare salesianamente alla Chiesa locale.



Movimento spirituale


Ancora uno stimolo.

Ho letto e riletto l’ultima enciclica, Dominum et vivificantem, del nostro Papa Giovanni Paolo II. È una delle meditazioni più profonde e più lucide che ci orienta a percepire come è intimamente inserito il «Mistero» di Dio nella storia degli uomini attraverso la presenza vivificante dello Spirito Santo.

Lo Spirito del Signore ci fa conoscere le inclinazioni della «carne» e dello «spirito» al di sopra delle miopie ideologiche circolanti e ci dona la potenza dell’amore come unico efficace motore del vero divenire umano, liberandoci dai diversi determinismi derivati dal materialismo. Leggendo l’enciclica potrete cogliere meglio i contenuti dei due fronti della lotta tra il bene e il male così come appaiono nell’odierna società: quello della «vita nello Spirito» e quello del «peccato contro lo Spirito».

Il Papa invita tutti a rafforzare «l’uomo interiore» in preparazione, già fin d’ora, del grande Giubileo con cui la Chiesa celebrerà l’avvento del Duemila. Si tratta di risvegliare una sensibilità escatologica che dia un tono di più viva speranza al nostro tempo storico marcato dal prossimo inizio del Terzo Millennio del Cristianesimo. L’uomo è la via della Chiesa, ma lo è in quanto uomo interiore, perché «Dio trasforma il mondo umano dal di dentro, dall’interno dei cuori e delle coscienze»; 62 ecco perché la Chiesa è, in definitiva, «il cuore dell’umanità».63

Il Papa Paolo VI ci ricordava che già dai tempi del Vaticano II «noi stiamo vivendo nella Chiesa un momento privilegiato dello Spirito. Si cerca da per tutto di conoscerlo meglio. Si è felici di porsi sotto la sua mozione. Ci si raccoglie attorno a Lui e ci si vuol lasciar guidare da Lui».64

Lo Spirito Santo è, appunto, il portatore di un «nuovo inizio», di una «nuova creazione», dell’«uomo nuovo»: si presenta come Colui che è Signore e dà la vita, e che «con mirabile provvidenza dirige il corso dei tempi e rinnova la faccia della terra».65

La nostra Famiglia Salesiana è convinta della presenza vivificante dello Spirito alle origini della propria vocazione; inoltre ha considerato gli impegni postconciliari di questi ultimi due decenni (in cui si sono rielaborati i testi fondamentali della identità dei tre Gruppi fondati da Don Bosco) come un cammino di docilità allo Spirito Santo che ci ha visitati perché riattualizzassimo e promuovessimo il carisma da Lui donato al nostro Fondatore.

Ci sentiamo oggi interpellati dallo Spirito Creatore a rilanciare insieme un vero «Movimento spirituale», ossia un modo nuovo di vivere la nostra comune vocazione che si radichi in una più autentica interiorità apostolica, che privilegi una più attuale inventiva pastorale, che incida di più socialmente nella promozione della gioventù e nell’evangelizzazione delle culture e dei ceti popolari, che senta più universalmente l’ansia missionaria, che risvegli il coraggio e la gioia d’appartenenza a una Chiesa cattolica in dialogo ecumenico.

Nella mia lettera sulla Famiglia Salesiana del febbraio 1982 usavo due avverbi, «avanti» e «insieme», come motto che ci doveva guidare verso alcuni obiettivi di rinnovamento. Ebbene, penso che l’espressione «Movimento spirituale» interpreti appunto quel motto, mentre sintetizza ed esprime con più concretezza quanto ci proponiamo di ravvivare; e cioè, la «vita nello Spirito» sia per le singole persone che per ognuno dei Gruppi: vogliamo che la nostra vocazione venga testimoniata con più profonda interiorità, con più fraternità e comunione, con più agile dinamismo, con più duttile pastorale, con una presenza più attraente e coinvolgente tra i giovani, e con più incisività sociale.

Per questo è indispensabile in tutti un’attenta docilità allo Spirito Santo, alla sua presenza animatrice e ai risultati della visita che ci ha fatto nei lavori di rielaborazione delle nostre Carte d’identità.

Non pretendiamo di organizzarci in schiere compatte e rumorose (anche se il rumore dei giovani non ci dispiace), ma desideriamo essere operatori competenti di un tessuto di autenticità cristiana nel raggio concreto, anche se modesto, delle nostre presenze locali, che sono d’altra parte numerose e situate in ogni continente.

La Famiglia Salesiana, ripresentata come Movimento spirituale,66 proclamerà così l’attualità del carisma di Don Bosco oggi e nel futuro. Un vero carisma si caratterizza — come afferma il documento Mutuae Relationes — per «una continua verifica della fedeltà verso il Signore, della docilità verso il suo Spirito, dell’attenzione intelligente alle circostanze, della visione acutamente rivolta ai segni dei tempi, della volontà d’inserimento nella Chiesa, della coscienza di subordinazione alla sacra Gerarchia, dell’ardimento nelle iniziative, della costanza nel donarsi, dell’umiltà per sopportare i contrattempi».67

Don Bosco stimolava ogni Cooperatore e ogni Cooperatrice ad essere veramente «cattolico» di fede convinta e vissuta, coraggioso e intraprendente: «Non temere! Dio è con la Chiesa in tutti i giorni fino alla fine dei secoli: tocca ai cattivi di tremare dinanzi ai buoni e non ai buoni di tremare dinanzi ai cattivi»; 68 «Combattiamo con il Papa per la causa della Chiesa che è quella di Dio! Facciamoci coraggio! Lavoriamo di cuore. Iddio saprà pagarci da buon padrone. L’eternità sarà abbastanza lunga per riposarci».69



4. LA PRESENZA VIVA DELL’AUSILIATRICE


Cari Cooperatori e Cooperatrici, eccomi alla conclusione. Lo studio e l’interiorizzazione del nuovo testo del vostro Regolamento di vita apostolica deve segnare l’inizio di una nuova tappa nella vita dell’Associazione. Ci aiuteremo mutuamente nella preghiera, nelle iniziative di servizio e di organizzazione, negli impegni di formazione e in quelli urgenti di promozione vocazionale. Il nostro Consigliere per la Famiglia Salesiana e la Vicaria generale delle Figlie di Maria Ausiliatrice sono già interessati e disposti a muovere animatori e animatrici per questa nuova tappa di crescita. Intanto poniamo tutta la nostra fiducia nella Vergine Ausiliatrice, Madre della Chiesa; siamo convinti della sua presenza viva e la invochiamo frequentemente; 70 ci affidiamo a Lei come a Maestra e a Interceditrice materna, sempre premurosa e presente.

Il 23 maggio 1884, vigilia della festa dell’Ausiliatrice, Don Bosco tenne una conferenza ai Cooperatori nella basilica di Valdocco a Torino: «Già prossimo alla fine dei miei giorni — disse — io godo immensamente nel vedere che, invece di scemare, i favori di Maria aumentano ogni giorno e in ogni parte. Tutti i giorni, ora da questa, ora da quell’altra contrada anche lontanissima, si ricevono lunghe esposizioni di grazie straordinarie, ottenute a intercessione di Maria Ausiliatrice. E i Cooperatori Salesiani e le Cooperatrici sono gli strumenti di cui si serve Iddio per propagare sempre più la gloria della sua Genitrice. Voi tutti ne dovete essere contenti e intanto riporre la più grande fiducia nel patrocinio di Maria».71 Il nuovo testo del Regolamento è stato consegnato ad alcuni vostri rappresentanti lo scorso 24 maggio appunto nella basilica di Valdocco, come se venisse a voi dalle mani della Madonna. «È certamente significativa e di grande importanza — afferma il Decreto di promulgazione — la data di questo atto solenne. Il Santo Padre Giovanni Paolo II, rivolgendosi ai membri del Congresso Mondiale, rappresentanti dei Cooperatori Salesiani di tutto il mondo, li esortò caldamente a valersi “dei suggerimenti e della materna ispirazione di Maria SS. Ausiliatrice, vostra speciale e potente Patrona”».72

Confidate, dunque, in Maria Ausiliatrice; impegnatevi; e sperate!

I Salesiani e le Figlie di Maria Ausiliatrice pregano per voi e vi accompagnano.

Io vi raccomando a Don Bosco e vi benedico, mentre ammiro la vostra testimonianza e vi ringrazio per i vostri molteplici e fecondi impegni.

Con vivo affetto nel Signore,

D. Egidio Viganò

NOTE LETTERA 29


PRIMA PARTE (ai confratelli)


1 MB XIII, 243

2 cf. M. VERHULST, I verbali del 1º Capitolo Salesiano - 1877, Edizione critica, UPS 1980, pag. 126-141 e pag. 366-372; tesi dottorale dattiloscritta

3 cf. MB XII, 624ss

4 cf. G. FAVINI, Il cammino di una grande idea, LDC, Torino 1962, pag. 199

5 CGS 734

6 Cost 5

7 Cost 137

8 Reg 38

9 Regolamento di Vita Apostolica (RVA), 23

10 Cost 5

11 CGS 732

12 cf. CGS 133

13 cf. Cost 40

14 MB XII, 82-83

15 MB XII, 83


SECONDA PARTE (ai Cooperatori)


1 cf. MB XI, 309; XII, 39

2 MB III, 454

3 Cost SDB 5

4 MB XI, 73; XII, 84

5 MB XI, 73-74

6 MB XIII, 485

7 Reg Don Bosco, cap. III

8 MB XIII, 81

9 Lanzo, settembre 1877

10 Opere edite, vol. 29, pag. 468

11 ib., pag. 469

12 cf. Regolamento per le Parrocchie: MB XVIII, 697

13 MB XIV, 543

14 Vale la pena rileggere lo studio del benemerito Don G. FAVINI, Il cammino di una grande idea, LDC, Torino 1962

15 cf. RVA 5

16 cf. MR 11

17 cf. RVA, pag. 10

18 BS, gennaio 1881, pag. 1-3

19 Può essere utile ricordare che l’anteriore Codice di Diritto Canonico — 1917 — distingueva i «Terzi Ordini» dediti alla vita di pietà (can. 702 §1) dalle «Confraternite» dedite al culto pubblico (can. 707 §2) e dalle «Pie Unioni o Sodalizi» dediti a opere di carità (can. 707 §1). Il nuovo Codice, invece, dà un significato più ampio e comprensivo ai Terzi Ordini, come associazioni pubbliche di fedeli (can. 303; 677 §2; 298-310); per questo l’attuale Decreto di approvazione del vostro Regolamento usa ancora questo termine

20 G. FAVINI, Don Bosco e l’apostolato dei laici, SEI, Torino 1952, pag. 85

21 ib., pag. 79

22 ib., pag. 79

23 RVA 50

24 MB XIII, 629

25 MB XVI, 21

26 AA 5

27 AA 1

28 AA 6

29 AA 18

30 RVA 26

31 RVA 19,1

32 Can. 303

33 Can. 677 §2

34 cf. RVA 27

35 RVA 27,3

36 RVA 1

37 RVA 3

38 RVA 29,1

39 RVA 28,1

40 RVA 31,2

41 RVA 28,1

42 RVA 15

43 cf. RVA 30,3

44 2 Pt 1, 5

45 RVA 1,1

46 RVA 27,2

47 RVA 28,2

48 RVA 35,1

49 RVA 7

50 Dominum et vivificantem, 56

51 RVA 8

52 RVA 9

53 RVA 10

54 RVA 11

55 RVA 16 e 17

56 RVA 20,3

57 Congregazione per la dottrina della fede, 22 marzo 1986

58 RVA 11,2

59 RVA 16,1

60 RVA 5

61 RVA 22,1

62 Dominum et vivificantem, 59

63 Dominum et vivificantem, 67

64 EN 75

65 GS 26

66 cf. Cost SDB 5

67 MR 12

68 MB VI, 482

69 MB VII, 164

70 cf. RVA 35,1

71 MB XVII, 149

72 RVA, Decreto di promulgazione