301-350|it|343 Un messaggio ecclesiale di nuova evangelizzazione

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UN MESSAGGIO ECCLESIALE

DI NUOVA EVANGELIZZAZIONE



Introduzione. - Siamo stati presenti a “Santo Domingo”. - Come intendere pastoralmente la nuova evangelizzazione. - I vari aspetti di “novità”. - Il ruolo del metodo educativo. - La scelta delle priorità da privilegiare. - Una pastorale giovanile organica. - Il coinvolgimento dei fedeli laici. - L’insistenza per una rinnovata spiritualità. - Maria, Stella della nuova evangelizzazione.

Lettera pubblicata in ACG n. 343



Roma, 12 dicembre 1992

Festa di Nostra Signora di Guadalupe


Cari confratelli,


ho potuto visitare, nei mesi scorsi, varie Ispettorie in America Latina, in Europa e in India.

Nella sessione plenaria del Consiglio generale in corso, stiamo ora analizzando i numerosi Capitoli ispettoriali giunti finora.

Si può dire che in Congregazione si sta lavorando seriamente per l’applicazione del CG23 con le sue concrete esigenze educativo-pastorali.

«L’aurora di una “nuova evangelizzazione” — si legge nel testo capitolare — ci convoca ad un impegno per la costruzione di una società più umana e ci chiede, soprattutto, di rinnovare in contesti nuovi, quasi con un salto di qualità, la nostra fede nella Buona Novella portata all’uomo dal Signore Gesù».1 Le sfide che nel Capitolo abbiamo approfondito «non sono difficoltà passeggere, ma indicazioni di un “cambio di epoca” che dobbiamo imparare a vagliare alla luce della fede».2

«Persona e comunità — ci ricorda ancora il testo capitolare — vengono trasformate da una “nuova cultura”, attenta, oltre che alle esigenze della morale individuale, alla totalità dei bisogni dell’essere umano».3 Per questo «il compito di educare i giovani alla fede nel contesto della nuova evangelizzazione porta la comunità a ripensarsi alla luce del Vangelo e della Regola di vita» quale comunità che sia non solo «segno di fede», ma anche «scuola di fede» e «centro di comunione e partecipazione».4 Il CG23 ci ha introdotti chiaramente nell’orbita della «nuova evangelizzazione» in vista della cultura emergente.

Nell’ottobre scorso (dal 12 al 28), a Santo Domingo nelle Antille, l’Episcopato latinoamericano ha affrontato pastoralmente proprio il tema della nuova evangelizzazione. Evidentemente i Vescovi si sono riferiti ai contesti di quel continente, ma penso sia stato un evento ecclesiale che può suggerire elementi validi anche alle altre Chiese e, in modo particolare, alla nostra Congregazione nelle varie parti del mondo.

Perciò mi sembra opportuno invitarvi a riflettere su alcune indicazioni pastorali che, da quell’evento, apportano luci e confermano i nostri impegni postcapitolari. Le riflessioni che faremo non costituiscono uno studio del documento di Santo Domingo, tanto ricco in suggerimenti e in propositi pastorali, ma solo un approccio globale che serve ad illuminare i nostri impegni e a stimolarci maggiormente. Esse sono più espressione di un’esperienza vissuta che frutto dell’analisi di un testo.



Siamo stati presenti a «Santo Domingo»


L’Assemblea episcopale di Santo Domingo è stata convocata dal Santo Padre Giovanni Paolo II, che vi ha anche partecipato nei primi giorni soprattutto con il discorso inaugurale, programmatico, e con concreti orientamenti a vari gruppi. I partecipanti erano più di 350. Tra essi c’era un cardinale salesiano, l’Em.mo Miguel Obando Bravo, undici confratelli vescovi, il Rettor Maggiore e tre sacerdoti, due FMA; ho trovato a Santo Domingo, fuori dell’assemblea, anche quattro o cinque confratelli in funzione di giornalisti.

Il 29 ottobre, dopo la solenne chiusura del giorno prima nell’antica e monumentale cattedrale della città, il Rettor Maggiore, con due dei confratelli vescovi partecipanti e con un confratello teologo che era stato anch’egli membro dell’Assemblea, è partito per la Colombia dove, in una casa di ritiro delle FMA (a Fusagasugá, vicino a Bogotá) si è realizzata una tre-giorni di studio sul documento di Santo Domingo per tutti gli Ispettori dell’America Latina (e degli Stati Uniti), convocati dai due Consiglieri regionali don Guillermo García e don Carlos Techera.

Qui abbiamo potuto riflettere sulle proiezioni pastorali di quell’Assemblea per le nostre Ispettorie direttamente interessate. Gli obiettivi e i contenuti del nostro CG23 ci hanno fatti sentire in sostanziale sintonia con le conclusioni di quell’episcopato.

Ci è piaciuto l’appello agli adolescenti e ai giovani rivolto dal Papa e dai Vescovi per un coraggioso loro protagonismo nella nuova evangelizzazione. Ha suscitato in noi particolare interesse anche la preoccupazione del Papa e dei Vescovi per i “ragazzi della strada”: è questa la prima volta che si accenna a questo grave fenomeno dal vertice delle responsabilità pastorali ed è stato consolante constatare che in quelle nostre Ispettorie, incominciando dalla stessa città di Santo Domingo (i Salesiani e anche le FMA), sono già impegnati generosamente in vari modi di servizio a questa gioventù bisognosa.

La Famiglia Salesiana non è stata presente — ovviamente — nella grande epopea della prima evangelizzazione; ma oggi essa è decisa ad assumere i compiti della nuova evangelizzazione; ed è molto numerosa: considerando solo gli SDB e le FMA, si contano nel continente più di 10.300 consacrati (4.709 SDB, con 547 presenze; e 5.624 FMA, con 511 presenze). È urgente assicurare a tutta la nostra Famiglia in latinoamerica e nel mondo una crescita di qualità pastorale.

Alcuni aspetti più caratteristici della IV Assemblea episcopale latinoamericana (la I è stata a Rio de Janeiro nel 1955, la II a Medellín nel 1968 e la III a Puebla nel 1979) possono illuminare anche gli impegni di nuova evangelizzazione per la nostra Congregazione nel mondo. Per questo tentiamo qui di individuarne i principali.



Come intendere pastoralmente la nuova evangelizzazione


Il titolo iniziale del tema da trattare a Santo Domingo era: Una nuova evangelizzazione per una nuova cultura. Sembrava la formulazione più chiara e sintetica per orientare i lavori dell’Assemblea.

Nell’iter di preparazione guidato dal CELAM (Consiglio episcopale latinoamericano), dopo tre documenti successivi di consulta, il Papa stesso ha voluto che si cambiasse il titolo; la formulazione suggerita, e risultata poi definitiva, è la seguente: Nuova Evangelizzazione — Promozione umana — Cultura cristiana: Gesù Cristo ieri, oggi e sempre (Eb 13, 8).

Non si voleva che l’Assemblea fosse una celebrazione di carattere storico-culturale; tra «scoperta» dell’America, sua «occupazione» o «conquista» e «prima evangelizzazione» si è considerato solo quest’ultimo aspetto. Neppure si è voluto che l’Assemblea divenisse un confronto su discusse posizioni teologiche, ma che fosse davvero un rilancio apostolico globale di tipo operativo e dinamico; che non risultasse né propriamente «rievangelizzazione», né una critica alla prima evangelizzazione e tanto meno un impoverimento culturale del Vangelo, ma un rinnovato atteggiamento pentecostale del Popolo di Dio per proclamare coraggiosamente l’ineffabile presenza del Cristo vivente, Signore della storia, «il primo e più grande evangelizzatore» (Giovanni Paolo II), che sa rispondere alle attuali gigantesche sfide del continente.

Dopo Puebla c’è stata nel mondo la caduta del socialismo reale nell’Europa dell’est: essa ha fatto constatare la sconfitta di insidiosi atteggiamenti ideologici ed ha proposto, di fatto, anche un invito a non affidarsi più a nessun’altra ideologia di stampo materialista. I Pastori considerano con attento discernimento l’economia di mercato; ma non si fidano del neoliberalismo; vogliono la liberazione totale dell’uomo, non solo dal peccato personale ma anche da ogni sete di potere che generi egoismi e strutture di ingiustizia.5 La IV Assemblea episcopale latinoamericana appare come la più solenne proposta magisteriale, dopo questo fatto storico, per una nuova epoca di pastorale centrata sulla nuova evangelizzazione. E ha voluto presentare con originalità pastorale una visione chiara dell’ottica e degli orientamenti a seguire.

A prima vista si direbbe che il cambiamento del titolo del tema lo renda più complesso, perché presenterebbe tre livelli differenti (Vangelo, Promozione, Cultura) quasi da considerare in forma autonoma. Invece simile interpretazione di supposta triplice autonomia è stata esclusa dalle riflessioni dell’Assemblea. Quell’espressione dell’epistola agli Ebrei, collocata nello stesso titolo — Gesù Cristo ieri, oggi, sempre (Eb 13, 8) — è il filo d’oro che unisce il tutto in una organica ottica pastorale. Questo ha fatto presentare la nuova evangelizzazione con una visione unitaria assai concreta e realistica. Certo, a tale scopo si rende indispensabile una presentazione del Cristo pasquale e un’adesione al suo mistero di salvezza storica che mantenga inseparabili, nell’azione apostolica, i vari aspetti indicati nel titolo: nuova evangelizzazione che simultaneamente «catechizza», «promuove» e «incultura».

La strada del Cristo (e della Chiesa) è l’uomo, non quello anonimo e astratto, ma quello situato, che vive nel tempo con i problemi del suo oggi, nella cultura che lo caratterizza, nel territorio della sua esistenza. Se la nuova evangelizzazione non si proiettasse, proprio in nome di Cristo, sulla promozione umana e sull’inculturazione, risulterebbe non autentica e non farebbe maturare la fede come energia della storia.

C’è, in questo, una prospettiva originale che, come si suol dire, fa uscire la pastorale dalle sagrestie, ma anche dalle centrali dell’ideologia e della politica.

Quindi la nuova evangelizzazione è presentata a Santo Domingo non tanto come uno sviluppo di riflessioni dottrinali (che, per certo, sono importanti), quanto come un insieme di condizioni e di mezzi atti a far scoprire e a far agire il mistero di Cristo nelle situazioni di vita.

Ciò ha introdotto alcune innovazioni sia nel momento del «vedere» le realtà, sia nelle «linee pastorali prioritarie» da assumere come propositi per l’azione pastorale.

Questa visione, complessa ma organica, della nuova evangelizzazione è stata l’idea centrale, onnipresente e inglobante tutto il lavoro dell’Assemblea. I molti argomenti trattati sono da considerarsi alla luce del tema centrale. Perciò sarebbe snaturare il documento conclusivo voler affermare — come ho sentito da qualcuno — che la forma migliore di leggerlo sarebbe quella di incominciare dalla promozione umana.

I vari argomenti che trattano dell’ordine temporale, così come quelli che riguardano gli evangelizzatori (ministeri ordinati, vita consacrata, comunità ecclesiali), o come quelli che si riferiscono alle culture indigene e alla comunicazione sociale, ecc., non hanno avuto nell’intenzione dei Pastori uno sviluppo a sé, quasi che fossero degli argomenti separati, ma sono stati volutamente ordinati al tema inglobante della nuova evangelizzazione, alla luce del mistero di Cristo nella storia; leggerli settorialmente significherebbe perdere il senso organico del testo. La loro peculiare significatività si può chiaramente percepire dai titoli messi nelle tre parti del documento conclusivo:

III parte: Gesù Cristo, Vangelo del Padre;

III parte: Gesù Cristo evangelizzatore vivente nella sua Chiesa;

III parte: Gesù Cristo, vita e speranza dell’America Latina.

Il «vedere» le situazioni e i problemi è indispensabile, ma non incominciando immediatamente e solo da una loro analisi indipendente; ciò potrebbe dar adito (come di fatto si è constatato) a precomprensioni con residui ideologici che influirebbero poi sulla stessa azione apostolica. Invece l’assicurare fin dall’inizio l’ottica pasquale aiuta a «vedere, giudicare ed agire» con una prospettiva genuinamente pastorale.

Dunque: la nuova evangelizzazione proposta a Santo Domingo concentra certamente l’attenzione dei Pastori sulla realtà concreta dell’uomo in situazione, ma lo fa partendo dalla luce liberatrice del ricchissimo mistero di Cristo, presentato come la grande novità e la più bella notizia dell’oggi: tutto da Cristo, con Cristo e per Cristo per «vedere giudicare ed agire» in conseguenza.

Questa scelta di fondo ha il grande merito di poter poi presentare la nuova evangelizzazione come assolutamente inseparabile dalla promozione umana e dall’inculturazione, senza per questo cadere nella tentazione di pericolosi riduzionismi.



I vari aspetti di novità


L’evangelizzazione è «nuova» perché sono sorte oggettivamente delle incalzanti «novità» che interpellano la Chiesa. Sarà utile per tutti, e particolarmente per noi, poter vedere come le ha individuate Santo Domingo.

Riflettendo sulle discussioni e i passi fatti nell’Assemblea e sulla struttura e sui contenuti del documento finale, possiamo trovare queste «novità» in due livelli complementari:

— novità di contenuti, sia nel Vangelo che nei tempi;

— novità nei soggetti, ossia nei protagonisti della nuova evangelizzazione.


a. Innanzitutto novità nella presentazione del Vangelo.

Non si tratta evidentemente di presentare un «altro» Vangelo, ma di dedicarsi a presentare Cristo, l’«Uomo nuovo», come la prima e più grande novità oggi. Egli è vivo e presente, è il Signore della storia; come vero Dio e vero uomo, è il Vangelo del Padre creatore; senza di Lui nulla si è fatto di quanto esiste; a Lui fa capo tutto l’ordine temporale di cui illumina la giusta laicità.

Di fronte ai disastri del peccato Cristo è il Redentore, l’unico vero liberatore attraverso la via dell’amore e non della violenza. Asceso al cielo, Egli invia — con il Padre — lo Spirito Santo costruendo così nella storia la Chiesa che è il suo «Corpo», sacramento di salvezza con varie mediazioni caratteristiche per l’edificazione del Regno.

Il quale Regno si identifica inizialmente con l’uomo Gesù ed è presente in germe e come causa di dinamismo nella missione della Chiesa. Il traguardo del Regno è l’uomo, quello concreto: la fede evangelizza la sua promozione e lievita la sua cultura.

Cristo è il primo e l’ultimo; ritornerà, ma già ora dà una dimensione escatologica ai tempi.

C’è da approfondire tutto questo come la grande luce che ci fa leggere la storia.

Si può proprio dire che i Vescovi a Santo Domingo hanno «celebrato Gesù Cristo», secondo l’esortazione fatta loro dal Santo Padre Giovanni Paolo II.

Questa novità di presentazione invita a ripensare, per la nuova evangelizzazione, la «cristologia», l’«ecclesiologia» e l’«antropologia», che insieme concorrono a formare quell’ottica pastorale con cui si considerano le situazioni reali e con cui si cerca di individuare le sfide più incalzanti che procedono da esse.

Sarebbe utile per noi, in tal senso, rileggere personalmente la lettera circolare sulla nuova evangelizzazione dell’8 settembre 1989.6

In essa vi dicevo appunto che Gesù Cristo è la suprema e intramontabile novità. «Non è sufficiente — scrivevo — riconoscerne in astratto l’eccezionalità; urge presentarla come la più importante “notizia” per l’oggi, che stupisce, che rinnova, che sa rispondere agli interrogativi più angustianti, che apre la via di ognuno e la storia dell’umanità alla trascendenza: si tratta della misteriosa dimensione escatologica (ossia, della meta finale, già in qualche modo presente) che incide sulle culture umane, le illumina, le giudica, le purifica, ne discerne e ne può promuovere i valori emergenti.

La nuova evangelizzazione poggia tutta su questo evento supremo: il “novissimo” per eccellenza! Non c’è, né ci sarà mai novità più grande di questa: è metodo di confronto per ogni altra novità; non invecchia; è la perenne massima meraviglia dell’inserzione di Dio nella storia; è la creazione nuova che si anticipa nel nostro mondo vecchio. Bisogna saper rendere visibile e comunicare questa suprema novità... Solo Cristo rivela all’uomo che cos’è l’uomo!

“Evangelizzare” significa, innanzitutto, saper annunciare all’uomo d’oggi la lieta e gradita notizia della Pasqua, che sconvolge e fa esplodere la caduca attrattiva delle novità che evolvono... Urge divenire dei comunicatori aggiornati della grande “notizia” con i suoi enormi valori storici».7


b. Poi la novità dei tempi.

Qui ci sono due aspetti strettamente connessi tra loro:

— la novità propria dei segni dei tempi. Essi fanno emergere nuovi valori antropologici (la cosiddetta cultura emergente o «adveniente» — come ha detto il Papa —) in un movimento culturale planetario che si trova presente soprattutto nelle grandi città (come secolarizzazione, socializzazione, promozione della donna, ecc.);

— e anche le novità socioculturali dei contesti. Qui si è distinto tra la «situazione» da descrivere e le «sfide» da individuare per l’evangelizzatore. La novità è da ricercarsi soprattutto in quelle «sfide» che appartengono all’ambito della promozione umana. Il documento di Santo Domingo ne affronta ben dieci: «diritti umani», «ecologia», «la terra come dono di Dio», «l’impoverimento e la solidarietà», «il lavoro», «la mobilità umana», «l’ordine democratico», «un nuovo ordine economico», «l’integrazione latinoamericana», «la famiglia e la vita» (a quest’ultima sfida l’Assemblea ha voluto dare uno sviluppo più ampio).8

Non è un discernimento facile passare dalla descrizione delle «situazioni» all’individuazione delle «sfide» più urgenti. Ma è proprio ciò che abbiamo fatto anche noi nel CG23.


c. C’è da considerare anche la novità nei soggetti.

Santo Domingo ha dato speciale importanza a questo aspetto che si riferisce agli evangelizzatori. Il documento conclusivo porge senza ambiguità un forte appello alla «santità» per vivere un «nuovo ardore».

Ciò coinvolge necessariamente, oltre alle singole persone, anche le comunità ecclesiali nei vari loro livelli: devono diventare comunità vive e dinamiche.

Si è insistito sul rinnovamento del ruolo dei diversi ministeri e carismi, in particolare dei ministeri ordinati e della vita consacrata, affinché ravvivino il fuoco evangelico della loro identità.

Un appello speciale è stato rivolto ai fedeli laici e, tra essi, ai giovani e agli adolescenti. Si è messa in rilievo l’urgenza di una rinnovata pastorale vocazionale «in stretto legame con la pastorale familiare e quella giovanile. È urgente preparare operatori e trovare risorse per questa dimensione della pastorale e sostenere l’impegno dei laici nella promozione di vocazioni consacrate».9

Si indica pure la novità delle frontiere della missione, quelle più lontane, verso cui procedere, sottolineando che per i credenti latinoamericani è scoccata l’ora delle missioni «ad gentes». La «missio ad gentes» — come dice la Redemptoris missio — fa scoprire il significato primo e l’entusiasmo fontale di ogni evangelizzazione; se non si partecipa all’ardore degli apostoli e dei missionari, difficilmente si è generosi e autentici nell’evangelizzare.

Una preoccupazione particolare è stata rivolta alla cosiddetta invasione delle sette: questo crescente fenomeno fa scoprire un vuoto pastorale dovuto a una mancanza di formazione della fede e a una non sufficiente attenzione alla religiosità popolare che devono essere considerate con maggior cura nella nuova evangelizzazione: «che la Chiesa sia sempre più comunitaria e partecipata, fatta di comunità ecclesiali, gruppi di famiglie e circoli biblici, movimenti e associazioni ecclesiali, che rendano la parrocchia una comunità di comunità».10


d. Infine la peculiare urgenza della novità d’inculturazione.

È in questo campo del dialogo con le culture che urge incontrare un nuovo metodo e delle nuove espressioni. La cultura nasce con l’uomo; è opera sua; non è un assoluto. Cristo facendosi uomo entra in essa con un doppio dono: quello di portarla alla pienezza e insieme di purificarla. È l’incontro della storia di un popolo con la storia dell’incarnazione di Dio. Il Vangelo è sempre stato rivolto all’inculturazione, non tanto come esaltazione delle culture stesse, quanto come loro fermentazione, attraverso la luce dei tre grandi misteri: del «Natale» (incarnazione culturale), della «Pasqua» (purificazione integrale), della «Pentecoste» (universalizzazione pluralista).

La fede cristiana nasce per permeare le culture attraverso le persone e le comunità «credenti», in un paziente processo d’inculturazione. In America Latina, insieme alla cultura emergente — sempre più attuale nelle città —, esistono varie culture indigene, afroamericane e meticce. Il Vangelo si distingue da un semplice insegnamento di dottrina; porta con sé un’energia di nuova creazione da immettere nella storia concreta degli uomini.

Tra «inculturazione del Vangelo» e «evangelizzazione della cultura» c’è, senza dubbio, una forte differenza di significato: un «natale» che porta alla «croce». Tuttavia il documento afferma che la nuova «evangelizzazione» deve realizzarsi proprio attraverso l’«inculturazione» della fede. Ciò suppone chiarezza di Vangelo, capacità critica di discernimento per saper battezzare e incorporare i nuovi valori, per scoprire e promuovere i valori evangelici già presenti purificandone le modalità difettose, superare la cultura moderna antropocentrica orientandosi verso una postmodernità che apra sempre nuovi spazi alla trascendenza.

A tal fine sarà necessario inventare una metodologia adeguata insieme alla capacità creativa di nuove espressioni.

Per questo si è sottolineata l’importanza delle Università cattoliche, dei Centri educativi e la speciale validità delle vocazioni dedicate all’educazione. Urgentissimo il problema della formazione delle coscienze.



Il ruolo del metodo educativo


Se c’è una cosa chiara in questa presentazione della nuova evangelizzazione è che non basta presentare il Vangelo a sé. «La promozione umana — afferma il documento conclusivo — è una dimensione privilegiata della nuova evangelizzazione»:11 «la mancanza di coerenza tra la fede che si professa e la vita quotidiana è una delle varie cause che generano povertà nei nostri paesi, perché i cristiani non hanno saputo trovare nella fede la forza necessaria per penetrare i criteri e le decisioni dei settori responsabili della guida spirituale e dell’organizzazione della convivenza sociale, economica e politica dei nostri popoli».12

Parlando, poi, della cultura, il documento afferma che «per la nostra adesione radicale a Cristo nel battesimo ci siamo impegnati a procurare che la fede pienamente annunciata, pensata e vissuta, arrivi a farsi cultura».13

La lettura integrale dei testi mostra indiscutibilmente che l’orientamento dei Pastori è — come abbiamo già sottolineato — quello di impegnarsi a «evangelizzare promuovendo e inculturando». Ora, nella commissione dell’educazione a cui mi è toccato partecipare (assieme al Card. Obando e ad altri tre confratelli) si è rilevato che la via concreta per arrivare a tale meta pastorale è quella dell’educazione cristiana come «mediazione metodologica per l’evangelizzazione della cultura».14

E nella commissione si è parlato dell’educazione anche trattando della promozione umana, perché quando si parla di educazione non si considera solo la formazione dei ragazzi e dei giovani, ma anche l’aggiornamento continuo degli adulti di fronte appunto alle molteplici novità a cui abbiamo fatto allusione.

Ora, tutto questo porta a riconoscere il ruolo straordinario che assume l’azione educativa nella formazione alla fede sia tra i giovani che tra gli adulti, anche se in forme diverse.

Si è ricordato più volte che il Magistero ha offerto due preziosi sussidi per questa complessa opera educativa cristiana: lo sviluppo della «Dottrina sociale della Chiesa» e, ultimamente, il Catechismo della Chiesa cattolica. A ciò bisogna aggiungere la conoscenza e la capacità di applicazione delle discipline proprie dell’educazione.

Non è sufficiente essere predicatori e catechisti, bisogna esserlo in forma pedagogica. Per formare alla fede nella prassi e concorrere al rinnovamento della società, occorre pure conoscere ed approfondire i valori e le sfide che presentano oggi le situazioni reali della vita e le differenziate esigenze delle culture. E ciò significa appunto considerare l’azione educativa come mediazione privilegiata per la nuova evangelizzazione: siamo chiamati a promuovere l’uomo e a inculturare il Vangelo «educando»!

In questo senso Santo Domingo fa un particolare richiamo a tutti, ma più fortemente a coloro che hanno ricevuto nel Popolo di Dio il carisma della missione educativa, per realizzare con la propria vocazione la funzione materna della Chiesa.

Ecco perché nel documento conclusivo, in considerazione di certi abbandoni affrettati dei recenti passati anni, si legge il seguente appello particolarmente significativo: «I carismi degli Ordini e Congregazioni religiose, posti al servizio dell’educazione cattolica nelle diverse Chiese particolari del nostro continente, ci aiutano moltissimo nel compiere il mandato ricevuto dal Signore di andare a insegnare a tutte le genti (Mt 28, 18-20), specialmente nell’evangelizzazione della cultura. Esortiamo i religiosi e le religiose che hanno abbandonato questo campo tanto importante dell’educazione cattolica perché ritornino al loro compito; ricordando che l’opzione preferenziale per i poveri include l’opzione preferenziale per i mezzi che servono a far uscire la gente dalla miseria, e uno dei mezzi privilegiati a tal fine è l’educazione cattolica».15

Si è sottolineata la novità anche nella stessa educazione: «nella nuova educazione — afferma il testo — si tratta di far crescere e maturare la persona secondo le esigenze dei nuovi valori».16

Anche su questo tema noi in Congregazione abbiamo già fatto una riflessione.17 Santo Domingo ci invita a metterla in sintonia con la nuova evangelizzazione.



La scelta delle priorità da privilegiare


I Pastori latinoamericani si sono mossi a Santo Domingo in continuità con gli orientamenti pastorali delle Assemblee generali di Medellín e di Puebla.

Da quegli eventi ad oggi sono intercorsi vari anni; alcune terminologie allora in uso hanno accusato, a volte, delle interpretazioni riduttive non genuine. Così, ad esempio, il termine «opzione» per conservare la sua autenticità veniva accompagnato dal qualificativo «preferenziale» o «non esclusiva né escludente». Questa volta si è preferita la terminologia linee pastorali prioritarie invece che «opzioni», ancorando tutto lo svolgimento del tema — come abbiamo visto — a un preambolo profondamente cristologico, che assicura il vero tono pastorale anche nella lettura della realtà e nell’inculturazione della fede. Tuttavia all’interno del testo, soprattutto quando ci si riferisce a Puebla, si continua ad usare anche il termine «opzione» per assicurare la continuità d’impegno.

Le priorità scelte a Santo Domingo sono fondamentalmente tre:

1a una nuova evangelizzazione mediante la formazione continua, soprattutto attraverso la catechesi e la liturgia (evangelizzare «catechizzando»);

2a una evangelizzazione proiettata nella promozione integrale del popolo, partendo dai poveri e per i poveri, al servizio della vita e della famiglia (evangelizzare «promuovendo»);

3a una evangelizzazione impegnata a penetrare gli ambienti della cultura urbana e delle culture indigene, afroamericane e meticce (evangelizzare «inculturando»).

Tutto attraverso la mediazione metodologica di una «nuova educazione».

Oltre a queste tre linee pastorali prioritarie, ogni sezione particolare del documento conclude il proprio argomento indicando altre specifiche priorità che applicano le tre anteriori e sono da assumere secondo le molteplici differenze che si riscontrano nella varietà dei territori. Ciò mette in risalto la necessità di un ulteriore impegno locale (proprio come lo ha richiesto a noi il CG23) per applicare adeguatamente gli orientamenti generali.

Il Santo Padre, nella lettera del 10 novembre scorso in cui autorizza la pubblicazione del Documento conclusivo, dice appunto ai Vescovi di fare, al riguardo, un opportuno e necessario discernimento locale per stabilire ciò che sia più utile e urgente nella situazione particolare della propria diocesi o territorio.

Gli enormi problemi portati dai segni dei tempi, dal continuo impoverimento, dall’invasione delle sette, dal pluralismo delle culture, dalla complessità dei grandi centri urbani, dalle urgenze pastorali del proprio Paese, contrassegnano il campo reale per la nuova evangelizzazione.

Giustamente il Papa ha sottolineato, inoltre, l’urgenza di una «integrazione latinoamericana» che faccia del continente la «grande patria» di tutti quei popoli.

È la prima volta che un intero episcopato tratta pastoralmente della «nuova evangelizzazione» in una forma realista di concretezza operativa, offrendo così un messaggio di attualità profetica alla Chiesa universale che può contemplare in esso un modello da adattare in forma adeguata alle condizioni storiche dei singoli popoli.



Una pastorale giovanile organica


Una delle priorità settoriali da privilegiare nella formazione e partecipazione dei protagonisti della nuova evangelizzazione — e che a noi interessa in modo particolare — è quella che si riferisce agli adolescenti e ai giovani. È trattata nella parte II del documento («Gesù Cristo evangelizzatore vivente nella sua Chiesa») quando presenta la diversità dei ministeri, carismi e servizi con i quali si può collaborare alla realizzazione della comune missione evangelizzatrice sotto l’animazione unificatrice dello Spirito Santo e attraverso la conduzione dei Pastori: un’unica missione ricca di differenziati operatori.

Tra le varie scelte d’impegno sparse nel testo e da riferire alla messa in pratica delle tre linee fondamentali di priorità pastorale c’è quella di una pastorale giovanile organica.

Si tratta di una scelta in piena continuità con Puebla, precisamente con la seconda delle sue «opzioni»,18 forse, di fatto, un po’ dimenticata per un prevalere dell’insistenza sulla prima circa i poveri.

Santo Domingo torna a insistere sull’importanza vitale del coinvolgimento pastorale degli adolescenti e dei giovani: «La loro missione — dice il testo — sta nel prepararsi ad essere gli uomini e le donne del futuro, responsabili e attivi nelle strutture sociali, economiche, culturali, politiche ed ecclesiali, affinché, sostenuti dallo Spirito di Cristo e dal loro intuito nel trovare soluzioni originali, possano contribuire a promuovere uno sviluppo sempre più umano e più cristiano».19

Mi sembra opportuno che leggiamo insieme, qui, la descrizione degli impegni pastorali dei Vescovi al riguardo.

«Ci proponiamo — scrivono — di effettuare le seguenti azioni pastorali:

— Riaffermare l’“opzione preferenziale” per i giovani proclamata a Puebla, non solo in maniera affettiva, ma veramente effettiva; questo deve significare un’opzione concreta per una pastorale giovanile organica, dove ci sia un accompagnamento e un appoggio vero con dialogo reciproco tra giovani, pastori e comunità. L’effettiva opzione per i giovani esige maggiori risorse personali e materiali da parte delle parrocchie e delle diocesi. Questa pastorale giovanile deve avere sempre una dimensione vocazionale».20

«Per compierla proponiamo un’azione pastorale:

— Che risponda alle necessità di maturazione affettiva e alla necessità di accompagnare gli adolescenti e i giovani in tutto il processo di formazione umana e di crescita della fede. Occorrerà dare particolare importanza al sacramento della Confermazione, affinché la sua celebrazione porti i giovani all’impegno apostolico e a essere evangelizzatori di altri giovani.

— Che abiliti a conoscere e a rispondere criticamente alle provocazioni culturali e sociali che ricevono e li aiuti a impegnarsi nella pastorale della Chiesa e nelle necessarie trasformazioni della società».21

— «Che dia dinamismo a una spiritualità della sequela di Gesù, che realizzi l’incontro tra la fede e la vita, che sia promotrice della giustizia, della solidarietà e che incoraggi un progetto capace di speranza e generatore di una nuova cultura di vita».22

— «Che assuma le nuove forme celebrative della fede, proprie della cultura dei giovani, e favorisca la creatività e la pedagogia dei segni, rispettando sempre gli elementi essenziali della liturgia».23

— «Che annunci, negli impegni assunti e nella vita quotidiana, che il Dio della vita ama i giovani e vuole per loro un futuro diverso senza frustrazioni né emarginazioni, dove la vita piena sia un frutto accessibile a tutti».24

— «Che apra agli adolescenti e ai giovani spazi di partecipazione nella stessa Chiesa. Che il processo educativo si realizzi attraverso una pedagogia che sia legata all’esperienza e alla partecipazione e sia capace di trasformazione. Che promuova un’assunzione di responsabilità attraverso la metodologia del vedere, giudicare, agire, rivedere e celebrare. Tale pedagogia deve integrare la crescita della fede nel processo di crescita umana tenendo conto dei diversi elementi, come lo sport, la festa, la musica, il teatro.

— Questa pastorale deve tenere in considerazione e rafforzare tutti i processi organici validi e ampiamente analizzati dalla Chiesa, da Puebla fino ad ora. Si avrà cura, in maniera molto particolare, di dare rilevanza alla pastorale giovanile in ambienti specifici dove vivono e agiscono gli adolescenti e i giovani: contadini, indigeni, afroamericani, lavoratori, studenti, abitanti delle periferie urbane, emarginati, militari e giovani in situazioni critiche.

— La Chiesa con la sua parola e la sua testimonianza deve anzitutto presentare agli adolescenti e ai giovani Gesù Cristo in forma attraente e motivante, in modo tale che sia per loro la via, la verità e la vita che risponde ai loro desideri di realizzazione personale e alle loro necessità di inculturare un senso nella vita stessa».25

— «Per rispondere alla realtà culturale attuale, la pastorale giovanile dovrà presentare con forza e in modo attraente e accessibile alla vita dei giovani gli ideali evangelici. Dovrà favorire la creazione e l’animazione di gruppi e comunità giovanili vigorose ed evangeliche, che assicurino la continuità e la perseveranza dei processi educativi degli adolescenti e dei giovani e li sensibilizzino e impegnino a rispondere alle sfide della promozione umana, della solidarietà e della costruzione della civiltà dell’amore».26

Questi concreti propositi dei Pastori ci stimolano, mettendo in rilievo gli apporti che il nostro carisma è chiamato a dare nella nuova evangelizzazione. Per noi l’impegno educativo-pastorale a favore degli adolescenti e dei giovani non è semplicemente una «scelta prioritaria» o una «opzione preferenziale», ma costituisce la sostanza stessa della nostra «missione» in ogni tempo e luogo. Il fatto che i Pastori ne riconoscano oggi l’urgenza in vista delle inquietanti situazioni socioculturali, conferma la speciale attualità del nostro carisma, che, come ha detto qualcuno, se non esistesse bisognerebbe inventare.

Il CG23 ci ha invitati appunto al rinnovamento metodologico della nostra azione educativo-pastorale. Penso alla vitalità che è venuto assumendo in questi anni l’impegno per la formazione e il coinvolgimento di «animatori giovanili» e per l’impulso dato al «Movimento giovanile». Non si tratta di «elitismo» che offuscherebbe la nostra caratteristica «missionaria» tra i più bisognosi, bensì di «fermento» preparato appunto per lievitare la massa e rendere veramente educativa ed evangelizzatrice la nostra azione nelle varie presenze salesiane.



Il coinvolgimento dei fedeli laici


La presentazione pastorale della nuova evangelizzazione, che intende riferire concretamente l’annuncio del Vangelo alla promozione umana e alla cultura, fa emergere l’indispensabilità e il protagonismo — in prima linea — della vocazione e missione propria dei fedeli laici.

Lo afferma esplicitamente il testo: «L’importanza della presenza dei laici nel compito della nuova evangelizzazione, che conduce alla promozione umana e arriva a dare forma a tutto l’ambito della cultura con la forza del Risorto, ci permette di affermare che una linea prioritaria della nostra pastorale, frutto di questa IV Conferenza, deve essere quella di una Chiesa nella quale i fedeli cristiani laici siano protagonisti. Un laicato ben costituito attraverso una formazione permanente, maturo e impegnato, è il segno di Chiese particolari che hanno preso molto sul serio l’impegno di nuova evangelizzazione».27

Le frontiere da cui procedono le nuove sfide al Vangelo sono state enumerate nell’esortazione apostolica Christifideles laici;28 lì si afferma appunto che è arrivata l’ora per intraprendere una nuova evangelizzazione. La fede è stata sradicata dai momenti più significativi dell’esistenza; urge dovunque comporre il tessuto cristiano della società umana. Viene alla mente il grido appassionato con cui Giovanni Paolo II ha dato inizio al suo pontificato: «Non abbiate paura! Aprite, anzi spalancate le porte a Cristo! Alla sua salvatrice potestà aprite i confini degli stati, i sistemi economici come quelli politici, i vasti campi di cultura, di civiltà, di sviluppo. Non abbiate paura! Cristo sa cosa è dentro l’uomo. Solo Lui lo sa! Oggi così spesso l’uomo non sa cosa si porta dentro, nel profondo del suo animo, del suo cuore. Così spesso è incerto del senso della sua vita su questa terra. È invaso dal dubbio che si tramuta in disperazione. Permettete, quindi — vi prego, vi imploro, con umiltà e con fiducia — permettete a Cristo di parlare all’uomo. Solo Lui ha parole di vita, sì!, di vita eterna».29

Si può dire che, così come a Medellín i Pastori si sono ispirati alla costituzione conciliare Gaudium et spes, e a Puebla all’esortazione apostolica di Paolo VI Evangelii nuntiandi, a Santo Domingo hanno seguito, di fatto, le linee orientatrici della Christifideles laici per far giungere il Vangelo ai campi dei diritti umani, della famiglia, del lavoro, dell’economia, della politica, dell’ecologia e anche dell’integrazione latinoamericana.

Purtroppo la maggior parte dei battezzati si sentono cristiani in genere, ma non Chiesa impegnata; «pochi assumono i valori cristiani come elemento della propria identità culturale e pertanto non sentono la necessità di un impegno ecclesiale ed evangelizzatore. Come conseguenza il mondo del lavoro, della politica, dell’economia, della scienza, dell’arte, della letteratura e dei mezzi di comunicazione sociale non è guidato da criteri evangelici».30

C’è qui una grande sfida per la formazione e il coinvolgimento dei fedeli laici. Bisognerà quindi favorire la loro maturazione nella fede, accompagnare e dare importanza ai loro movimenti e associazioni. Ciò tocca, però, non solo la formazione di un gruppo di credenti che servano poi di fermento nella massa, meta assolutamente indispensabile da raggiungere, ma anche la lievitazione evangelica della stessa massa. Perció viene sottolineata la peculiare sfida della dimensione popolare dell’evangelizzazione, che si rende più interpellante se si considera il fenomeno delle sette tra la gente soprattutto dei quartieri cittadini, come si è accennato. «Il problema delle sette — afferma il testo — ha assunto proporzioni drammatiche ed è arrivato ad essere veramente preoccupante soprattutto per il crescente proselitismo».31

Giustamente i Vescovi hanno riaffermato il proposito di accompagnare sempre meglio i modi di comprendere e di esprimere il mistero di Dio e di Cristo dai ceti del popolo: «La religiosità popolare — si legge nel testo — è un’espressione privilegiata dell’inculturazione della fede. Non si tratta solo di espressioni religiose, ma di valori, criteri, comportamenti e atteggiamenti che nascono dalla dottrina cattolica e costituiscono la saggezza del nostro popolo, formando la sua matrice culturale».32

Anche in questo importantissimo campo della nuova evangelizzazione il CG23 ci ha stimolato a elaborare un progetto-laici che dovrà divenire parte viva del nostro rinnovamento nella Chiesa. D’altra parte l’aspetto «popolare» della nostra missione va considerato con più impegno, in particolare per quanto si riferisce ad associazioni religiose per la gente in genere (come quella dell’Ausiliatrice — ADMA) e alle nostre iniziative di comunicazione sociale.



L’insistenza per una rinnovata spiritualità


Alla base di tutto l’impegno evangelizzatore Santo Domingo ha messo l’indispensabilità di un nuovo ardore in tutti i protagonisti: la loro conversione spirituale, l’illuminazione della loro mentalità, una chiara coscienza della loro vocazione alla santità. Devono sentirsi chiamati ad essere testimoni di Cristo in modo significativo, rinnovando metodologicamente il loro impegno di educare alla fede: «la nuova evangelizzazione esige la conversione pastorale della Chiesa»;33 «la testimonianza della vita cristiana è la prima e insostituibile forma di evangelizzazione».34

Nel documento, all’inizio della II parte, si parla della «Chiesa convocata alla santità».35 La prima priorità pastorale suggerita al riguardo è la seguente: «La nuova evangelizzazione esige una rinnovata spiritualità che, illuminata dalla fede che viene proclamata, animi, con la saggezza di Dio, la autentica promozione umana e sia il fermento di una cultura cristiana. Pensiamo che è necessario continuare e accentuare la formazione dottrinale e spirituale dei fedeli cristiani, e in primo luogo del clero, dei religiosi e religiose, dei catechisti e agenti pastorali, evidenziando chiaramente il primato della grazia di Dio che salva per Gesù Cristo nella Chiesa, mediante la carità vissuta e attraverso l’efficacia dei sacramenti».36

Si insiste, poi, sul coraggio (la «parresìa»!) con cui occorre proclamare la Parola di Dio in piena libertà di fronte a qualunque potere mondano;37 e sulla permanente formazione di una fede che conti sulla presenza viva di Cristo nelle celebrazioni sacramentali, nella partecipazione attiva ai tempi liturgici, nella valorizzazione della preghiera. Già il Concilio Vaticano II aveva affermato che «la liturgia è il culmine verso cui tende l’azione della Chiesa e, insieme, la fonte da cui promana tutta la sua virtù».38

Santo Domingo mette in rilievo, in particolare, l’incisività propria della liturgia: essa ha per se stessa una forza evangelizzatrice; l’Eucaristia ed ogni sacramento portano con sé un ricchissimo patrimonio educativo, perché sprigionano la forza rinnovatrice del mistero pasquale. «Il linguaggio dei segni — si legge nel testo — è il miglior veicolo per fare sì che “il messaggio di Cristo penetri nelle coscienze delle persone e da lì si proietti nell’ethos di un popolo, nei suoi atteggiamenti vitali, nelle sue istituzioni e in tutte le sue strutture” (Giovanni Paolo II). Per questo, le forme della celebrazione liturgica siano atte ad esprimere il mistero che si celebra, essendo insieme chiare e intelligibili per gli uomini e per le donne».39

Nel dare il dovuto rilievo alla liturgia, si eviteranno le banalizzazioni, le improvvisazioni e le manipolazioni, si sottolineerà il senso del mistero, si cercherà una giusta creatività in armonia con le disposizioni della Chiesa e con le esigenze concrete della vita dei partecipanti, nella convinzione che le celebrazioni, se ben curate, servono a penetrare il cuore stesso delle persone e delle culture.

Questi orientamenti riportano la nostra mente all’esperienza del Sistema Preventivo praticato da Don Bosco; egli affermava che Eucaristia e Penitenza sono le due colonne per una efficace educazione alla fede. Dobbiamo ricuperare la capacità di dare una valenza educativa alle celebrazioni liturgiche nelle nostre attività pastorali.

Ricordiamo che anche il nostro CG23 ha messo l’accento sulla necessità di una peculiare spiritualità da proiettare nella vita dei giovani.40 Noi abbiamo riflettuto sulla attualità pastorale della spiritualità salesiana di Don Bosco, nata proprio per l’evangelizzazione e rinnovata oggi in mirabile sintonia con il balzo innanzi del Concilio.41

Nel presentare, poi, brevemente la necessità di un nuovo ardore specificatamente per i membri della «vita consacrata», i Pastori latinoamericani affermano che, trattandosi di un «dono dello Spirito Santo alla sua Chiesa che porta in sé una profonda dimensione pasquale», esso appartiene — come aveva già detto il Vaticano II — all’interiorità vitale e alla santità della Chiesa, e va quindi manifestato con una quotidiana testimonianza sottolineando «il fine e lo spirito di ogni Istituto».42

Oggi siamo invitati ad approfondire di più questo tema in preparazione al Sinodo ordinario del ’94. In una ecclesiologia di comunione la vita consacrata è chiamata a proclamare esistenzialmente a tutti, «in modo splendido e singolare, che il mondo non può essere trasfigurato ed offerto a Dio senza lo spirito delle beatitudini».43

Si vede chiaramente che, se Santo Domingo ha messo al centro di tutta l’impostazione della nuova evangelizzazione il mistero di Cristo, acquista un gran rilievo di priorità la cura della santità con un concreto impegno di rinnovamento della spiritualità.

Anche questo è un appello che viene a confermare tutta la nostra preoccupazione di insistere su una formazione permanente che faccia lievitare i confratelli e le comunità in quella carità pastorale che è al centro dello spirito del nostro carisma.

In conclusione, si vede che l’Assemblea di Santo Domingo offre a noi Salesiani un efficace richiamo alle priorità del nostro carisma con degli stimoli validi in tutti i continenti.

«Le tendenze in atto — ci ha ricordato il CG23 — sottolineano la funzione centrale della persona in tutti quei problemi che segnano la vicenda umana. “Siamo testimoni — come afferma la Gaudium et spes al n. 55 — della nascita di un nuovo umanesimo in cui l’uomo si definisce anzitutto per la sua responsabilità verso i suoi fratelli e verso la storia”».44

In questo contesto il punto focale e il parametro di tutto è l’Uomo nuovo: Gesù Cristo ieri, oggi e sempre.



Maria, Stella della nuova evangelizzazione


Il Santo Padre terminò il suo discorso introduttivo invocando Maria, mettendo nelle Sue mani la speranza di tutti, gli affanni pastorali e i compiti da approfondire.45

Quello stesso giorno, nel santuario di Nostra Signora di Altagracia — primo luogo di culto mariano in terre americane —, fece solennemente, davanti all’effigie della Madonna, questo atto di affidamento: «Ricordo davanti alla Tua immagine, (Maria), in questo 12 ottobre 1992, l’anniversario dei 500 anni dell’arrivo del Vangelo di Cristo ai popoli di America, con una nave che portava il Tuo nome e la Tua immagine: la “Santa Maria”... Ti invoco con tutte le lingue degli abitanti... queste terre benedette sono Tue, perché dire America è dire Maria... Vergine della Speranza e Stella dell’Evangelizzazione, suscita in tutti l’ardore dell’annuncio della Buona Novella affinché sia sempre conosciuto, amato e servito Gesù Cristo, frutto benedetto del Tuo seno, rivelatore del Padre e datore dello Spirito, “lo stesso ieri, oggi e sempre”. Amen!».

La singolare icona di Nostra Signora di Guadalupe, che dominava la grande sala dell’Assemblea, e il ricordo della sua apparizione all’indigeno beato Juan Diego hanno concorso a presentare la Madre di Dio come l’effigie viva — con quel suo volto meticcio — di chi ha guidato maternamente lungo i cinque secoli l’inculturazione del Vangelo. Maria ha offerto un modello originale e incomparabile di «evangelizzazione perfettamente inculturata» e continua ad accompagnare ovunque i popoli latinoamericani che hanno dedicato a Lei famosi santuari in ogni Paese. «Con gioia e riconoscenza — dice il testo — accogliamo il dono immenso della sua maternità, della sua tenerezza e protezione, e desideriamo amarla nello stesso modo che Gesù l’amò. Perciò la invochiamo come Stella della Prima e della Nuova Evangelizzazione».46

Si può dire che i Vescovi sono stati riuniti, come in nuovo cenacolo, intorno a Maria per celebrare Gesù Cristo, quasi ascoltando da Lei la famosa espressione di Cana: «Fate tutto quel che vi dirà»;47 Lui darà la luce, l’energia e la saggezza per suscitare un nuovo ardore e per trovare nuovi metodi e nuove espressioni in vista dell’immenso compito della nuova evangelizzazione; da Lui procede quella potenza dello Spirito Santo che fa nuove tutte le cose e riempie di magnanimità i cuori.

A Cana Maria si è collocata maternamente all’inizio della trasformazione dell’acqua in buon vino. Ella ha portato e porterà il Popolo di Dio a crescere nella fede e a difenderla; a fare della nuova evangelizzazione una «realtà operativa e dinamica, un appello alla conversione e alla speranza, una nuova orbita di vita, una nuova Pentecoste in cui l’accoglienza dello Spirito Santo farà sorgere un popolo rinnovato costituito da uomini liberi e coscienti della propria dignità, capaci di forgiare una storia veramente umana; una nuova evangelizzazione che sia un insieme di mezzi, di azioni e di atteggiamenti atti a collocare il Vangelo in dialogo attivo con la modernità e con il post-moderno, sia per interpellarli, sia per lasciarsi sfidare da essi; è anche lo sforzo per inculturare il Vangelo nella situazione attuale delle culture».48

Con affetto filiale Maria è stata invocata perché sia davvero Colei che porta i credenti al Cristo vivo e Signore della storia, all’Uomo nuovo di ieri, di oggi e di sempre, perché divenga pastoralmente la via la verità e la vita del grande rilancio della fede verso il terzo millennio. È Lei, quale nuova Eva, che accompagna gli evangelizzatori in qualità di Madre della Chiesa e di solerte Ausiliatrice del Popolo di Dio in questa tappa storica di nuova evangelizzazione.

Chiediamo a Lei che faccia sentire in tutta la Congregazione il forte messaggio pastorale che da Santo Domingo risuona nella Chiesa.

E noi cerchiamo di far tesoro di questi preziosi stimoli ed orientamenti.

Cordiali auguri per l’anno nuovo: Don Bosco ci guidi e interceda!

Con rinnovato ardore salesiano,

D. Egidio Viganò


NOTE LETTERA 54


1 CG23 90

2 cf. CG23 91

3 CG23 4

4 CG23 215-218

5 cf. Documento conclusivo, n. 200-203

6 cf. ACG n. 331

7 ACG 331, pag. 11-12

8 cf. Documento conclusivo, n. 210-227

9 Documento conclusivo, n. 80

10 ib. n. 142

11 Documento conclusivo, cap. II, parte I, titolo

12 ib. n. 161

13 ib. n. 229

14 cf. ib. n. 271

15 Documento conclusivo, n. 275

16 Documento conclusivo, n. 266

17 cf. ACG n. 337

18 cf. Puebla n. 1166-1205

19 Documento conclusivo, n. 111; cf. GIOVANNI PAOLO II nell’omelia a Higüey: 12.10.92, n. 5

20 Documento conclusivo, n. 114

21 ib. n. 115

22 ib. n. 116

23 ib. n. 117

24 ib. n. 118

25 Documento conclusivo, n. 119

26 ib. n. 120

27 ib. n. 103

28 cf. ChL cap. 3, soprattutto n. 37-44

29 Omelia del 22 ottobre 1978

30 Documento conclusivo, n. 96

31 ib. n. 139

32 ib. n. 36

33 ib. n. 30

34 ib. n. 33

35 ib. n. 31-53

36 ib. n. 45

37 cf. ib. n. 50

38 SC 10

39 Documento conclusivo, n. 35

40 cf. CG23, II parte, cap. 3°

41 cf. ACG n. 334: Spiritualità salesiana per la nuova evangelizzazione

42 Documento conclusivo, n. 85

43 LG 31

44 CG23 2

45 cf. discorso al n. 31

46 Documento conclusivo, n. 15

47 Gv 2,5

48 cf. Documento conclusivo, n. 24