301-350|it|314 La lettera di Giovanni Paolo II ai giovani

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LA LETTERA DI GIOVANNI PAOLO II AI GIOVANI



Introduzione. - L'anno dei giovani. - I valori della giovinezza. - La luce del Vangelo. - La difficile sfida del futuro. - Il progetto di vita. - La carità pastorale verso i giovani. - La patria della nostra missione. - L'intercessione di Maria.

Lettera pubblicata in ACG n. 314



Roma, 31 maggio 1985


Cari Confratelli,


vi scrivo nel clima gioioso del recente Concistoro in cui il Santo Padre ha elevato al cardinalato — per un qualificato servizio al ministero di Pietro — tre nostri benemeriti confratelli: Sua Eminenza Rosalio Castillo Lara, arcivescovo titolare di Precausa e presidente della Pontificia Commissione per l’interpretazione autentica del Codice di Diritto Canonico; Sua Eminenza Miguel Obando Bravo, arcivescovo di Managua nel Nicaragua (Centro America); e Sua Eminenza Alfons M. Stickler, arcivescovo titolare di Bolsena e bibliotecario e archivista di S.R. Chiesa.

Possiamo dire che si tratta di un avvenimento della nostra piccola storia, il quale da una parte torna ad onore della Congregazione, dall’altra è un forte richiamo a vivere con rinnovata intensità la fedeltà al nostro carisma nella Chiesa.

Ci congratuliamo con questi carissimi confratelli: auguriamo loro una sempre maggior saggezza e tanto coraggio ecclesiale nella dovuta collaborazione alla sollecitudine del Romano Pontefice a favore della Chiesa universale.

A ognuno di loro e al quarto nostro confratello cardinale, Sua Eminenza Raúl Silva Henríquez già arcivescovo di Santiago del Cile, assicuriamo la nostra solidarietà, l’affetto fraterno e un costante ricordo nella preghiera.

Mentre ringraziamo il Santo Padre per questa sua benevola scelta che coinvolge indirettamente anche la nostra corresponsabilità e rafforza la profonda e sentita adesione alla Sede Apostolica, lasciataci in spirituale eredità da Don Bosco, vi invito a rileggere con attenzione la recente «Lettera» scritta ai giovani da Giovanni Paolo II e a meditarne personalmente e comunitariamente i contenuti: è un prezioso documento che ci interpella.



L’anno dei giovani


L’85 è stato dichiarato dall’Organizzazione delle Nazioni Unite anno internazionale della gioventù. L’attenzione di tutti si è concentrata su questa scelta. I mezzi di comunicazione sociale ne fanno oggetto di riflessioni e ripetono messaggi d’impegno e di speranza. Nell’area culturale una serie di pubblicazioni ci invita a una maggiore comprensione della giovinezza nella vita dell’uomo e della incisività del suo dinamismo nell’evoluzione della società. I sussulti che si percepiscono nell’attuale fenomeno giovanile sono un riflesso delle condizioni socioculturali, mostrano ciò che emerge dal movimento del divenire e preannunciano particolari possibilità di cambio.

Più che una semplice festa della giovinezza, quest’anno deve essere per noi un invito a rivedere la specifica missione che il Signore ci ha assegnato tra i giovani. A questo ci stimolano sia il già citato documento del Papa ai giovani e alle giovani del mondo, sia la correlativa lettera a tutti i sacerdoti della Chiesa in occasione del Giovedì Santo ’85.

È da notare che nel magistero di Giovanni Paolo II queste due lettere non sono isolate; si possono già contare almeno una trentina di allocuzioni del Papa ai giovani durante i suoi viaggi apostolici, e molte altre a gruppi giovanili in svariate opportunità.

Si può dire che le due lettere rappresentano il vertice di una costante predilezione e preoccupazione pastorale. Ci offrono uno sguardo profondo pieno di originalità, non di semplice simpatia o di solo interesse culturale, ma di sensibilità e responsabilità sociale ed ecclesiale. Sono l’appello di un promotore di futuro, il messaggio profetico di un pastore, l’intuizione e la preveggenza di un precursore dell’avvento del terzo millennio cristiano.

La Chiesa, che vede nell’uomo «la via della sua vita quotidiana»,1 attribuisce una straordinaria importanza alla giovinezza nell’esistenza dei singoli e alla gioventù nel divenire dell’umanità, fino a considerarla non solo una «proprietà» dei giovani, ma anche «un bene speciale di tutti; è un bene dell’umanità stessa».2 Le possibilità della storia non si esauriscono con le generazioni che si avviano al tramonto, ma si rinnovano ad ogni generazione per percorrere ulteriori tappe verso la manifestazione della pienezza

Ebbene: una visione di questo tipo è connaturale alla vostra vocazione. Il CGS 3 e il CG21 4 ci hanno mossi in questo senso a scrutare i giovani con speranza e realismo, senza dissimulare le difficoltà e senza disperare delle risorse, vedendo nel travaglio giovanile le implorazioni dell’uomo: «il punto risolutivo — ci ha detto il CG21 — sta nel far forza sulle aspirazioni profonde e sane dei giovani, portando a maturazione la loro esplicita o implicita solidarietà col Vangelo».5

Vi debbo confessare che ho visto con piacere che le due lettere del Santo Padre sono state sottolineate e commentate in alcuni Notiziari ispettoriali e anche proposte e commentate da tanti confratelli a dei gruppi giovanili.



I valori della giovinezza


Leggendo le varie allocuzioni e quest’ultima lettera del Papa si scopre la sua approfondita riflessione sulla giovinezza: un patrimonio di valori e di possibilità per la persona, per la società e per la Chiesa.

La giovinezza è un tesoro in se stessa «per ciò che è» e «per ciò che dà»: la ricchezza del suo « essere» e la fecondità del suo «dare».


— Che cos’«è» la giovinezza?

È primavera, un cominciamento, un’offerta di fresche possibilità, una semente di futuro dove il bene è più forte del male: il volto umano non ha rughe, il cuore non ha ancora nascondigli, l’intelligenza è festosamente in ricerca di tutto ciò che è vero e lo spirito s’affaccia con attenzione e audacia sui grandi ideali.

Ad ogni nuova generazione l’umanità può ricominciare con speranza: Don Bosco era convinto che anche in una mela marcia i semi sono ancora buoni e promettenti. Non si tratta di sognare o fantasticare una visione idilliaca della concreta condizione giovanile, come se fossimo abbagliati dagli occhi innocenti e dal sorriso trasparente del bimbo, ma di constatare con oggettività di riflessione che la gioventù è «la porzione più delicata e più preziosa dell’umana società».6 Possiamo enumerare le svariate qualità che il Papa è solito ricordare nei suoi interventi: allegria, speranza, trasparenza, audacia, creatività, idealismo, entusiasmo, generosità, lealtà, vivacità, senso della giustizia, disponibilità al servizio, ripudio dei mezzi termini, disprezzo dei calcoli meschini, ripugnanza a ogni forma di ipocrisia, d’intolleranza e di prepotenza.

La giovinezza comporta una potenza di scoperta, di prospettiva, di scelta, di programmazione, di assunzione in proprio di feconde decisioni.

Certo, tutto questo è «possibilità» che non necessariamente si realizza; ma è possibilità oggettiva, soprattutto se si tiene in conto quel sovrappiù di energia e di vita che proviene dall’Uomo nuovo risorto attraverso il Battesimo.

Anche il Papa, domandandosi «chi sono i giovani», lamenta purtroppo che alcuni invecchiano prima del tempo rinunziando torpidamente ai valori della giovinezza: non è semplicemente nella biologia, bensì nel «cuore» che si trova la vera misura di ciò che è la giovinezza. Essere giovane comporta, oltre alla primavera dell’età, sentire in sé l’incalzante stimolo del bene e della verità, possedere un incessante slancio di spirito, alimentare dal di dentro la ricerca degli ideali, perseverare con sacrificio per raggiungere la meta.

Dunque, la giovinezza è certamente, di per sé, uno straordinario bene, non solo per ogni persona, ma per l’umanità intera a cui offre continuamente vere possibilità di crescita e di rinnovamento. Sarà perciò indispensabile interessarsi sollecitamente di essa.


— Che cosa «può dare» la giovinezza?

Qui la nostra riflessione, se vuole essere realista, deve riferirsi alla gioventù oggi, nella società concreta che la avvolge e le propone problemi cruciali di vita e di storia: la coscienza e il senso etico, l’amore e la famiglia, la cultura e la pace, il lavoro e la responsabilità politica, il rapporto positivo con la natura, il progresso delle scienze, l’uso umano della tecnica, il cammino verso la verità e la liberazione integrale dell’uomo. E qui sorgono tante difficoltà e ostacoli. Si apre così un grande orizzonte d’impegni, tutta la vasta area dell’educazione che coinvolge gli adulti con i giovani in un comune progetto di crescita, di revisione e di rinnovamento.

Le difficoltà che i giovani incontrano per far fruttificare ciò che possono dare provengono soprattutto da due versanti: dalla diversità e contrapposizione nella interpretazione dei valori da parte della società che li propone e dal ritmo discontinuo e confuso delle mode ideologiche e dei modelli concreti di vita che si offrono in mille modi ai giovani.

C’è un bombardamento di messaggi, di atteggiamenti, di promesse, di aspirazioni e di utopie in contrasto con un tempo limitato ed un ambiente poco propizio per pensare, valutare, discernere e assimilare.

Questo provoca una dolorosa e inquietante frammentazione tra i giovani, non solo come dato di fatto, ma anche come mentalità generale che diffida di un organico e coerente impegno educativo. Sembra fluttuare nell’ambiente una diffidenza ad attribuire un significato stabile alle scelte di vita in modo che trascenda il semplice gusto soggettivo o la tentazione della soddisfazione edonista.

In tal caso la giovinezza, invece di essere un seme da far fruttificare per tutti, può divenire un oggetto di consumo riservato al profitto di pochi prima che passi, o un’energia utile da canalizzare e strumentalizzare a favore di qualche “Moloc” imperante.

Ciò che la giovinezza può dare dovrà essere oggetto di cura da parte di tutti: dei giovani, degli adulti, di una società educatrice.

I compiti dell’educazione si riferiscono alla formazione della coscienza, ai valori dell’esistenza, agli eventi della salvezza, ai problemi della società, alle esigenze dell’amore, alle necessità dei bisognosi, al progetto della propria vita considerata come autentica vocazione storica.

Così la giovinezza s’incammina sulla strada della speranza e può rinnovare la persona, l’amore, il matrimonio, la famiglia, la pace, lo sviluppo, la società e la Chiesa.

In questo coinvolgimento educativo con i giovani il Papa ci ricorda che la giovinezza è anche «eredità» e «crescita».

Eredità, perché «il retaggio di essere uomo», «il retaggio della cultura», «i confini di un popolo o di una nazione» sono partecipazione a una storia concreta e un appello all’impegno per assumere un patrimonio di valori, per confermarlo, mantenerlo e incrementarlo. La giovinezza nasce inserita in una storia, in un compito. La famiglia, la patria, il bene comune esigono l’educazione dell’amore sociale.7

Crescita, perché la giovinezza deve portare con sé «il graduale accumulo di tutto ciò che è vero, che è buono e che è bello, persino quando essa sia “dall’esterno” unita alla sofferenza, alla perdita di persone care ed a tutta l’esperienza del male, che incessantemente si fa sentire nel mondo in cui viviamo».8

Per questo deve anche saper accettare la fatica e lo sforzo, superare gli ostacoli e le resistenze, incrementare i rapporti con gli altri, sviluppare il senso critico e acquistare la capacità del discernimento.

La considerazione dei valori della giovinezza interpella profondamente noi salesiani, perché «come educatori collaboriamo con i giovani per sviluppare le loro capacità e attitudini fino alla maturità. Sempre e in ogni caso li aiutiamo ad aprirsi alla verità e a costruirsi una libertà responsabile. Per questo ci impegniamo a suscitare in loro la convinzione e il gusto dei valori autentici che li orientano al dialogo e al servizio».9

E per questo, oltre alla preoccupazione per ogni giovane come persona, ci dedichiamo simultaneamente alla costruzione di un adeguato «ambiente» giovanile, perché l’assimilazione dei valori non è un semplice prodotto di docenza, ma il risultato di un’esperienza vissuta e condivisa. Lo ricordavo nel discorso conclusivo del CG22: «Si tratta di vedere se alla luce della fede sappiamo unire una saggezza pedagogica che riesca a creare ambienti, esperienze, simboli, impegni per la scoperta e l’assimilazione vitale dei grandi valori che vogliamo far crescere. Il periodo giovanile della vita si allunga. La sintesi culturale in cui ci tocca attuare presenta sempre nuove difficoltà. Essere oggi “missionari dei giovani” è un’autentica sfida. Il nuovo e stimolante articolo costituzionale sull’Oratorio10 è invito a incessante creatività».11



La luce del Vangelo


Il Papa dialoga con i giovani con vera intuizione profetica. Non si perde in approcci di facile benevolenza, ma li interpella con la chiarezza e la integrità del Vangelo; lo fa con predilezione e simpatia, ma con estrema lealtà rispetto ai contenuti più esigenti.

Ecco una lezione per tutti noi: avere la franchezza e la pedagogia di presentare ai giovani la Parola di Gesù. Lo abbiamo sperimentato con la Strenna delle Beatitudini: i giovani entrano volentieri in sintonia con Cristo e si aprono con ardore ai grandi ideali del Vangelo.

«Cari amici — diceva il Papa alla gioventù di Lima — il manifesto evangelico delle Beatitudini è semplicemente un programma affascinante (per voi giovani). Certamente è un ideale elevato ed esigente. Proprio per questo, però, risulta un programma di vita fatto su vostra misura. Io, pellegrino dell’evangelizzazione, sento il dovere di proclamare questa sera davanti a voi che solo in Cristo si trova la risposta ai desideri più profondi del vostro cuore, alla pienezza di tutte le vostre aspirazioni; solo nel Vangelo delle Beatitudini troverete il senso della vita e la luce piena sulla dignità e il mistero dell’uomo»! 12

La Parola di Gesù, infatti, manifesta una peculiare affinità con i valori della giovinezza per la sua novità, la sua autenticità, la sua forza di liberazione e di rigenerazione; ha la misteriosa capacità di suscitare l’impulso dell’entusiasmo e di assicurare il ritmo costante di un itinerario di bene, nonostante le debolezze e i cedimenti.

La Parola di Gesù, poi, è intrinsecamente legata ai grandi eventi di salvezza: il suo mistero pasquale.

E allora Lui, la sua Parola e tutta la sua realtà, si presenta come la suprema novità e la permanente giovinezza di tutta la storia: nei secoli passati e nei futuri, nulla mai sarà più nuovo e più giovane di Cristo risorto; Egli è l’alfa e l’omega, il primo inizio e l’ultima meta, il valore massimo, assoluto e sempre attuale, che fa esplodere il divenire umano. Porta con sé l’entusiasmo della rinascita; è la primavera di ogni generazione, lo stimolo di ogni rinnovamento, la luce e l’audacia di ogni riforma. Il mistero di Cristo, riflesso nella dimensione escatologica della sua Chiesa, è un perpetuo messaggio di giovinezza.

Così si spiega l’affinità del Vangelo con l’età giovanile.

Bisognerà dunque, sull’esempio del Papa, riascoltare costantemente con i giovani la Parola di Gesù.

L’asse della «Lettera» che consideriamo è l’incontro di un giovane con Gesù, secondo la versione evangelica di Marco. È scelto e messo lì come modello di un dialogo giovanile di attualità: «Cristo parla così con un giovane, con un ragazzo o una ragazza; conversa in diversi luoghi della terra, in mezzo alle diverse nazioni, razze e culture. Ognuno di voi (giovani) in questo colloquio è un suo potenziale interlocutore».13

L’incontro diventa colloquio, dialogo sulla «vita eterna»: domanda e risposta, fiducia e invito.

Gli interrogativi più profondi dell’esistenza trovano una risposta nel dialogo con Cristo. L’attrattiva del Vangelo non solo persiste anche di fronte agli attacchi di una mentalità positivista dedita alla tecnologia e persino a un’esplicita programmazione atea, ma risorge costantemente con nuova intensità, anche se contrassegnata in alcuni da accentuazioni soggettive.

Giustamente il nostro CGS ce lo ricordava con parole esigenti: «Per il salesiano, una gioventù senza Cristo e un Cristo che non trova posto tra la gioventù, oltre ad essere un rimorso, è una sfida e una spinta a rinnovarsi, a cercare vie nuove, ad osare tutto, pur di annunciare efficacemente la salvezza di Dio e aiutare i giovani “ad essere se stessi e a vivere autenticamente la loro esperienza umana e cristiana, facendo loro trovare nell’amicizia col Redentore il fulcro animatore della loro completa formazione”».14

La persona e la parola di Gesù non lascia mai indifferenti i giovani, ma li attira, li interpella, li affascina, li sconvolge. Gesù li fissa e li ama; forse se ne andranno, ma non potranno dimenticare mai più il suo volto.

«I giovani, proprio perché accettano solo personalità integre e coerenti, si aprono più volentieri ad una catechesi che presenta Cristo come l’Amore aperto a tutti, che attua la liberazione dell’uomo col dono totale di sé nel sacrificio. Essi si interrogano con profondità sul senso della vita e della sofferenza, e sotto il pungolo delle esperienze non sempre positive dell’amicizia, dell’amore, del lavoro, cercano Dio “tentando di sentirlo e di afferrarlo”.15 Per loro Cristo può diventare l’unica risposta di un fascino irresistibile».16



La difficile sfida del futuro


Giovanni Paolo II afferma decisamente che «la Chiesa guarda i giovani; anzi, la Chiesa in modo speciale guarda Se stessa nei giovani».17

Con ciò il Papa vuol significare che la missione ecclesiale di «sacramento universale di salvezza» sulle vie della riconciliazione, dell’ecumenismo, dello sviluppo e della pace, è particolarmente assegnata ai giovani; infatti ha detto, per esempio, che «la pace e i giovani camminano insieme»!

I temi del dialogo, della penitenza, della solidarietà, dell’impegno apostolico e della giustizia sociale sono centri d’interesse nella formazione dei giovani. A volte la nostra educazione è accusata di preparare persone che «si sistemano» individualmente, di non essere creatrice di impegni di trasformazione, particolarmente là dove sono in vigore strutture e sistemi che umiliano e opprimono la dignità della persona umana e i diritti dei popoli. Una adeguata preparazione alla responsabilità politica, alla partecipazione sociale e a un attivo impegno ecclesiale è aspetto indispensabile nell’educazione dei giovani alla professionalità, alla coscienza civile e alla scelta di fede cristiana.

Ma la situazione del mondo è tanto complessa, difficile, piena di sperequazioni e oberata da terribili minacce: «Tutti — dice il Papa — siamo consapevoli che all’orizzonte dell’esistenza di miliardi di persone, che formano la famiglia umana al termine del secondo millennio dopo Cristo, sembra profilarsi la possibilità di calamità e di catastrofi in misura davvero apocalittica».18

Ma un tale mondo può essere mutato? Riusciranno i giovani a cambiarlo? Sapranno farlo?

Il Papa non tentenna davanti a delle domande tanto angosciose, ma stimola tutti ad avere fiducia e costanza: «Il Cristo risponde come già rispondeva ai giovani della prima generazione della Chiesa con le parole dell’apostolo: “Scrivo a voi, giovani, perché avete vinto il maligno. Ho scritto a voi, figlioli, perché avete conosciuto il Padre. Ho scritto a voi, giovani, perché siete forti e la parola di Dio dimora in voi”».19

C’è dunque da confidare nella forza della risurrezione del Signore e nella potenza dello Spirito Santo. La vita è «lotta»: non una «lotta contro l’uomo, nel nome di qualsiasi ideologia o pratica distaccata dalle radici stesse del Vangelo», ma lotta contro il male, contro tutto ciò che è ingiustizia, falsità e menzogna, contro ogni peccato.

È però necessario che la Parola di Dio dimori nei giovani. Allora saranno «forti»; potranno arrivare «ai meccanismi nascosti del male, alle sue radici, e così “riusciranno” gradualmente a cambiare il mondo, a trasformarlo, a renderlo più umano, più fraterno e — al tempo stesso — più di Dio».20



Il progetto di vita


Il tema della vocazione è al centro di questa lettera del Papa. Lo è anche nel colloquio tra Gesù e il giovane, secondo la descrizione che ne fa l’evangelista: tutto tende verso il «seguimi» come per gradi. Questo argomento fa da tessuto connettivo a tutti gli spunti: vocazione alla vita, alla testimonianza cristiana, a un impegno ecclesiale specifico.21

Nei disegni di Dio la giovinezza comporta un progetto di vita, una vocazione; essa ha una prospettiva decisamente personale. Il ventaglio delle vocazioni è ampio, ma c’è una considerazione privilegiata per quella sacerdotale e di vita consacrata.

Il motivo primo, più che la carenza di operai nella vigna, è la maturità della fede in ogni giovane e la felicità che si raggiunge quando si progetta la propria vita inserendola nel piano di amore di Dio creatore e redentore e ci si dispone a realizzare il Suo disegno: «Desidero affidare a voi tutti, giovani destinatari della presente lettera, questo lavoro meraviglioso, che si collega alla scoperta, davanti a Dio, della rispettiva vocazione di vita. È questo un lavoro appassionante. È un affascinante impegno interiore. In questo impegno si sviluppa e cresce la vostra umanità, mentre la vostra giovane personalità va acquistando la maturità interiore. Vi radicate in ciò che ognuno e ognuna di voi è, per raggiungere ciò che deve diventare: per sé, per gli uomini, per Dio».22

È bello che gli educatori vedano il problema vocazionale dalla parte della crescita del soggetto, anche se non devono dimenticare le urgenti esigenze dell’abbondanza della messe con l’incalzante bisogno di numerose braccia.

Circa l’urgenza di una miglior pastorale vocazionale si potrebbero suggerire qui molti commenti. Non sono mancati in Congregazione interventi appropriati che toccano gli aspetti del discernimento, della pedagogia e dell’operatività. Essi ne accompagnano altri più autorevoli, come quello del secondo Congresso mondiale, svoltosi con la collaborazione di diverse organizzazioni e Congregazioni religiose sotto la responsabilità della Sede Apostolica con il concorso delle Conferenze episcopali.

Piuttosto che ripetere i validi contenuti presentati in questi testi e nei messaggi annuali per la giornata delle vocazioni, vorrei sottolineare alcune osservazioni raccolte in numerosi incontri fraterni avuti in varie regioni.

La prima è quasi scontata: la convinzione che è la vita che genera la vita! «Come un terreno dimostra la ricchezza dei propri umori vitali con la freschezza e il rigoglio della messe che in esso si sviluppa, così una società dà prova del suo vigore e della sua maturità con la fioritura delle vocazioni».23

Non c’è dubbio che il giovane è invitato a discernere più per quello che sperimenta e constata che per quello che gli dicono. Su questa linea di fecondità ci spingono anche le Costituzioni all’articolo 16 descrivendo il nostro spirito di famiglia: «Tale testimonianza suscita nei giovani il desiderio di conoscere e seguire la vocazione salesiana».24

Il suscitare vocazioni si avvicina di più a una «generazione» che a un reclutamento. La nostra testimonianza «è il dono più prezioso che possiamo offrire ai giovani».25 La densità cristiana dell’ambiente è zolla di seminagione.

«Pastorale giovanile e pastorale vocazionale — ci dice il documento conclusivo del secondo Congresso internazionale delle vocazioni (1982) — sono complementari. La pastorale specifica delle vocazioni trova nella pastorale giovanile il suo spazio vitale. La pastorale giovanile diventa completa ed efficace quando si apre alla dimensione vocazionale».26

«La pastorale vocazionale — infatti — non è un ambito della pastorale giovanile, bensì la sua prospettiva unificante, perché tutta la pastorale è nativamente vocazionale. O la pastorale giovanile crescendo genera la proposta vocazionale specifica, o la pastorale vocazionale pone l’esigenza di una pastorale giovanile come cammino e come suo contesto idoneo».27

Ma bisogna aggiungere subito un’altra indispensabile osservazione: una sana pedagogia pastorale esige l’intelligenza e il coraggio della proposta! Non solo una proposta al gruppo, ma quella individuale alle singole persone nell’intimità di un dialogo di discernimento spirituale.

«Non abbiate paura di chiamare — ci dice il Papa —. Non deve esistere nessun timore nel proporre direttamente a una persona giovane o meno giovane le chiamate del Signore».28

E nella lettera del Giovedì Santo ’85 ai sacerdoti dice ancora più esplicitamente: «L’amore rende capaci di proporre il bene. Gesù “fissò con amore” il suo giovane interlocutore nel Vangelo e gli disse: “seguimi”. Questo bene, che possiamo proporre ai giovani, si esprime sempre in questa esortazione: Segui il Cristo! Noi non abbiamo un altro bene da proporre; nessuno ha un bene maggiore da proporre».

Il che significa che il giovane deve ritrovare se stesso nel modo più profondo e autentico; deve cercare di ritrovare quella vocazione che Cristo mostra all’uomo, di ritrovare se stesso come uomo: «il Cristo, infatti, svela pienamente l’uomo all’uomo e gli fa nota la sua altissima vocazione».29

«Se nei nostri cuori si trova l’amore per i giovani, sapremo aiutarli nella ricerca della risposta a ciò che è la vocazione di vita di ciascuno e di ciascuna di loro».30

Come educatori dobbiamo convincerci che questa mediazione personale è necessaria. Essa aiuta il giovane ad esplicitare la voce che gli risuona dentro e gli infonde coraggio per seguirla. Per non pochi è questo il tocco indispensabile per decidersi ed è un «segno» concreto per loro di un colloquio personale con il Signore.

Infine vorrei anche sottolineare l’indispensabilità di accompagnamento, sia personale che di gruppo attraverso opportune comunità di accoglienza e di crescita, delle vocazioni che vanno emergendo nella coscienza giovanile.

Penso sia questa una delle conclusioni pratiche che si impongono oggi dopo le svariate esperienze intraprese. È vero che simili ambienti devono essere fortemente personalizzati come si conviene allo sviluppo e al discernimento di ogni vocazione; ma sono indispensabili, anche in quanto «ambienti», affinché i germi si sviluppino.

«L’accompagnamento individuale — personalizzato in una sapiente opera di discernimento e di direzione spirituale — e l’accompagnamento di gruppo, condivisione di un graduale cammino di fede comunitario, sono complementari e decisivi per una scelta vocazionale matura».31



La carità pastorale verso i giovani


La lettera del Papa nel Giovedì Santo ’85 ai sacerdoti è un prezioso complemento a quella dei giovani. Viene descritta in essa la figura del sacerdote dedito alla gioventù e vi si approfondiscono le note della sua specifica carità pastorale.

È suggestivo constatare come l’indole di tale carità sia precisamente quella che sta al centro del nostro spirito salesiano.32 È una carità che permea e guida tutte le energie personali e comunitarie ad «essere nella Chiesa — come dicono le nostre Costituzioni — segni e portatori dell’amore di Dio ai giovani».

Nell’attività pastorale la gioventù deve occupare un posto di privilegio che esige determinati atteggiamenti nel pastore.

Innanzitutto il Papa parla di accessibilità, ossia di disponibilità, apertura, benevolenza, facilità di contatto, vicinanza e interesse.

Si tratta di poter dialogare in amicizia e con sincera confidenza sui problemi del progetto di vita, soprattutto quelli di carattere fondamentale che toccano il tema della salvezza e della «vita eterna». È indispensabile suscitare l’interesse per questo argomento vitale e, poi, saper ascoltare i giovani e saper rispondere alle loro domande ed obiezioni.

A tal fine c’è bisogno nel pastore di un duplice senso di responsabilità: sentirsi responsabile di presentare oggettivamente e chiaramente la verità salvifica, e mostrarsi un interlocutore competente veramente credibile e con autorità morale.

Inoltre, al senso di responsabilità bisogna aggiungere la coscienza trasparente del proprio ruolo di «mediazione»: dedicarsi con tutta l’anima a penetrare i cuori, ma senza mai offuscare la principalità di Cristo, il grande Amico e il vero insuperabile Interlocutore.

Ma la qualità principale, radice e anima di tutto, è l’amore: «una partecipazione di quello sguardo con cui “Gesù” fissò il suo giovane interlocutore nel Vangelo, e una partecipazione di quell’amore con cui “Gesù” lo amò».33 È un amore che si traduce in bontà, in amorevolezza, nel saper stare con loro anche in mezzo alle prove e alle sofferenze, in fermezza e in evangelica contestazione di ciò che attenta al tesoro della loro giovinezza, per privilegiarne le qualità del carattere e del cuore.

«Si deve anche pregare insistentemente — esorta il Papa —, affinché quest’amore sacerdotale, disinteressato, corrisponda in modo concreto alle attese di tutta la gioventù, sia maschile che femminile, dei ragazzi e delle ragazze. Si sa, infatti, quanto sia diversificata la ricchezza costituita dalla mascolinità e dalla femminilità per lo sviluppo di una concreta e irripetibile persona umana. Riguardo a ciascuno e a ciascuna noi dobbiamo imparare da Cristo quell’amore, con cui Egli stesso “amò”».34

Infine il Santo Padre ricorda anche che l’educazione e la pastorale dei giovani sono oggetto di molti studi sistematici e di molte pubblicazioni; vuol così suggerire che una genuina carità pastorale muove gli educatori a studiare e a informarsi seriamente per avere quella competenza pedagogica, senza della quale l’amore corre il rischio d’impegolarsi nelle superficialità del sentimentalismo o di una simpatia di gusti primaverili senza incisività cristiana.



La patria della nostra missione


Ma la riflessione globale che suggeriscono a noi Salesiani le due lettere di Giovanni Paolo II è il legame sostanziale e indissolubile che unisce la consacrazione apostolica salesiana alla gioventù.

Don Albera ha affermato acutamente che il dono della predilezione verso i giovani è l’anima della nostra missione: «Non basta sentire per essi una certa qual naturale attrazione, ma bisogna veramente prediligerli. Questa predilezione, al suo stato iniziale, è un dono di Dio, è la stessa vocazione salesiana, ma spetta alla nostra intelligenza e al nostro cuore svilupparla e perfezionarla».35

Per noi, quindi, l’anno della gioventù dura tutta la vita: «Il Signore — ci dicono le Costituzioni — ha indicato a Don Bosco i giovani come primi e principali destinatari deIla sua missione».36

La gioventù, soprattutto quella popolare e povera, è stata l’eredità e la passione carismatica di Don Bosco: ha contrassegnato il tratto fondamentale della sua identità vocazionale: egli sarà sempre e principalmente il Padre e Maestro della gioventù.

Proprio tra i giovani ha elaborato il suo stile di santità e il suo patrimonio pastorale e pedagogico: «Nell’incontro con i giovani del primo oratorio egli visse l’esperienza di Spirito Santo che chiamò Sistema Preventivo».37

Il Papa ci ha chiamati «missionari dei giovani»! 38 La gioventù è davvero la patria della nostra missione; e la predilezione per i giovani bisognosi ha attirato alla Famiglia Salesiana la simpatia dei ceti popolari e la ricchezza e abbondanza di vocazioni che hanno fatto della nostra Congregazione un Istituto genuinamente internazionale radicato in tutti i continenti.

Con le espressioni più sentite da Don Bosco e con tante altre dei suoi Successori si potrebbe comporre un «cantico» della reciproca sintonia e mutua attrazione tra Salesiani e giovani: una vicendevole affinità e appartenenza.

Alcune di queste espressioni sono state assunte e perennizzate dal nuovo testo delle Costituzioni: la gioventù è «la porzione più delicata e più preziosa dell’umana società»; 39 «io per voi (giovani) studio, per voi lavoro, per voi vivo, per voi sono disposto anche a dare la vita».40

«Con voi mi trovo bene, è proprio la mia vita stare con voi».41

«Basta che siate giovani, perché io vi ami assai».42

«Nelle cose che tornano a vantaggio della pericolante gioventù io corro avanti fino alla temerità»,43 «con tutti quei mezzi che la carità cristiana ispira».44

Don Bosco «non diede passo, non pronunciò parola, non mise mano ad impresa che non avesse di mira la salvezza della gioventù»;45 e persino la castità voluta dal Fondatore deve essere tale che consenta ai confratelli di amare schiettamente i giovani in modo che «conoscano di essere amati».46

Se lo Spirito Santo formò in Don Bosco un cuore di «padre» e di «maestro»47 in vista della missione assegnatagli, anche oggi lo stesso Spirito infonde in ogni salesiano la grazia di fare «esperienza della paternità di Dio operando per la salvezza della gioventù».48

La nostra missione è intrinsecamente legata al mondo giovanile e trova in esso la sua realizzazione e la fonte della sua gioia e della sua inventiva perché lì è la sua patria.

Ad ogni nuova generazione salesiana tocca riscoprire e riesplorare ed amare intensamente questa patria. Qualcuno potrà chiedersi come poterlo fare in forma attualmente significativa ed efficace, quando la condizione giovanile è così varia e frammentata, facilmente cambiante in una accelerata evoluzione sociale dove le istituzioni educative divengono sempre più complesse e flessibili. La lettera del Papa ci deve servire di appello e di invito ad assicurare alcuni aspetti d’impegno.

II primo può essere quello di non disertare il campo giovanile,49 ma di radicare la propria dimora in questa patria perenne. È condizione indispensabile «rimanere», essere con i giovani, condividerne le speranze ed i problemi. Forse in alcune situazioni l’aumentata età dei confratelli li spinge insensibilmente verso un tipo di gestione indiretta, pensando che attraverso altri, guidati da noi, si possa ancora sviluppare la stessa missione. Senz’altro dobbiamo saper coinvolgere il numero maggiore possibile di collaboratori; ma tale impegno sarà salesianamente fruttifero se i confratelli stessi non perdono mai il loro contatto vitale con i giovani.

Un accorato richiamo ci viene dal CG22: esso «chiede a tutti i salesiani di ritornare ai giovani, al loro mondo, ai loro bisogni, alla loro povertà. Diano ad essi una vera priorità manifestata in una rinnovata presenza educativa, spirituale ed affettiva».50

Un secondo aspetto importante è quello di ricercare con assiduità una vera comprensione di ciò che è contenuto nelle richieste e nei problemi dei giovani. Alla presenza e alla convivenza bisogna aggiungere la sintonia con l’animo giovanile.

Ciò che oggi preoccupa nei giovani non è ormai tanto il conflitto, la contestazione o il rigetto, bensì il prendere silenziosamente dei cammini soggettivi.

È sommamente necessario saper ascoltare e invitare a esprimersi e a cercare insieme per imparare a progettare la propria esistenza alla luce del grande mistero di Cristo, via verità e vita.

Infine, considero urgente dare a ciascuna delle nostre presenze quel tono giovanile che suscita vocazioni e che qualifica l’autenticità della nostra missione,51 anche quando un’opera si estende più in là dei giovani. Ce lo ricordano i nuovi Regolamenti trattando, per esempio, delle parrocchie: «La parrocchia, affidata alla Congregazione, si distingua per il suo carattere popolare e per l’attenzione ai giovani. Consideri l’oratorio e il centro giovanile come parti integranti del suo progetto pastorale».52

Dunque: «presenza», «sintonia» e «preferenza operativa», sono condizioni dello specifico dono di predilezione della nostra carità pastorale. Esse ci assicurano che il vivere e il lavorare tra i giovani e per i giovani ci situa nella vera patria della missione salesiana.

Penso sia utile, anzi urgente, che ogni Ispettoria, Casa e Confratello sappia fare una revisione accurata dello stato di salute delle tre suddette condizioni. Servirà anche a dare una dimensione più concreta e impegnativa a uno degli importanti Orientamenti Operativi dell’ultimo Capitolo Generale, quello di una miglior qualificazione pastorale della nostra azione.53



L’Intercessione di Maria


Il Papa conclude queste due sue preziose lettere con una fervida allusione alla Madonna: «Maria di Cana di Galilea, che intercede per i giovani, per gli sposi novelli»; 54 e la Vergine Madre da cui è nata tra noi «la giovinezza di Dio».55

Ella si trova maternamente alle origini della nostra missione,56 e noi «ci affidiamo a Lei per diventare tra i giovani testimoni dell’amore inesauribile del suo Figlio».57

Vi invito a confidare sempre nella sua potente intercessione e a chiederle che ottenga di aumentare in ogni confratello e in tutte le comunità il dono della nostra predilezione verso i giovani e di saper progettare un modello concreto di spiritualità giovanile, che riattualizzi per la gioventù di oggi quel miracolo di esistenza cristiana che Don Bosco, «guidato da Maria che gli fu Maestra»,58 seppe far sorgere nell’Oratorio di Valdocco.

Maria ci aiuti ad essere davvero e ovunque «missionari dei giovani!»

Vostro aff.mo

D. Egidio Viganò

NOTE LETTERA 25


1 RH 18

2 Lettera Apostolica del Papa Giovanni Paolo II ai giovani e alle giovani, in occasione dell’Anno Internazionale della Gioventù, 1

3 CGS 34-44

4 CG21, cf. 21-29

5 CG21 27

6 Cost 1

7 cf. Lettera ai giovani, 11

8 Lettera ai giovani, 14

9 Cost 3

10 Cost 40

11 CG22 70

12 Allocuzione del 2 febbraio 1985

13 Lettera ai giovani, 2

14 CGS 306

15 cf. At 17, 26-27

16 CGS 304

17 Lettera ai giovani, 15

18 Lettera ai giovani, 15

19 1 Gv 2, 13ss

20 Lettera ai giovani, 15

21 Lettera ai giovani, 8 e 9

22 ib. 9

23 Giovanni Paolo II, Omelia 10 maggio 1985

24 Cost 16

25 Cost 25

26 Documento conclusivo del Congresso internazionale per le vocazioni, 42

27 CEI, Vocazioni nella Chiesa, 23

28 Messaggio per la giornata mondiale di preghiera per le vocazioni, 1979

29 Lettera del Papa Giovanni Paolo II a tutti i sacerdoti della Chiesa, in occasione del Giovedì Santo 1985, 7

30 ib.

31 CEI, o.c., 48

32 cf. Cost 10, 14, 15ss

33 Lettera ai sacerdoti, 6

34 ib.

35 «Don Bosco nostro modello», Lettere circolari di Don Paolo Albera, pag. 372

36 Cost 20

37 ib.

38 Lettera al CG22

39 Cost 1

40 Cost 14

41 Cost 39

42 Cost 14

43 Cost 19

44 Cost 29

45 Cost 21

46 Cost 81

47 Cost 1

48 Cost 12

49 cf. CG21 13

50 CG22, Documenti, 6

51 cf. Cost 6

52 Reg 26

53 cf CG22, Documenti, 5. 6. 7

54 Lettera ai giovani, 16

55 Lettera ai sacerdoti, 8

56 cf. Cost 1. 8. 20

57 Cost 8

58 Cost 20