251-300|it|294 Il rilancio del Sistema Preventivo

6.


GRUPPI E MOVIMENTI GIOVANILI



Introduzione. - Invito autorevole e di attualità. - Ispirazione originale. - Esigenza del Sistema Preventivo. - La Proposta Associativa oggi. - Conclusione.

Lettera pubblicata in ACS n. 294




Roma, 24 agosto 1979


Carissimi:


dalle varie Regioni Salesiane arrivano notizie positive sul rilancio del Sistema Preventivo di Don Bosco.

Quasi tutte le Comunità Ispettoriali si sono impegnate in questo campo con opportune iniziative, seguendo gli orientamenti del CG21, le riflessioni della circolare sul Progetto Educativo Salesiano e l’invito della strenna al riguardo.

In molte parti, poi, si è anche celebrato il XXV della canonizzazione di Domenico Savio, rilevando e sottolineando alcune modalità tipiche della nostra esperienza apostolica.

A Roma abbiamo avuto il pellegrinaggio della gioventù salesiana, ragazzi e giovani di tutte le province, per un incontro memorabile col Papa.

Dalla allocuzione del Santo Padre sono scaturiti stimoli e spinte prioritarie per il nostro impegno pedagogico-pastorale.

Questi due fatti mi offrono l’opportunità di parlarvi dell’importanza dei Gruppi e Movimenti giovanili.

La loro fioritura ed attualità di sviluppo saranno espressione concreta del rilancio del Sistema Preventivo (cf. ACS 290).

Vi offro, al riguardo, alcune brevi riflessioni.

Il Consigliere della Pastorale Giovanile, D. Giovanni Vecchi, insisterà, ora e durante il prossimo anno, sul tema e, con l’aiuto dei suoi collaboratori, vi offrirà sussidi di approfondimento, di informazione e di programmazione.

Vi dicevo, nella mia circolare sul Progetto Educativo Salesiano, che «il rinnovamento del Sistema Preventivo è legato, nella nostra tradizione viva, alla attuazione di alcune modalità di convivenza e di comunione che appaiono semplici nella loro formulazione, ma che sono cariche di possibilità educative» (ACS 290).

Tra queste «modalità tipiche» siamo invitati a privilegiare l’impegno per i «Gruppi e Movimenti giovanili».

Già nel discorso conclusivo del CG21 avevo sottolineato l’importanza che il Capitolo dà alla qualificazione degli «ambienti» di evangelizzazione, in particolare «nella linea dell’associazionismo giovanile» (CG21 572).



Invito autorevole e di attualità


Ma l’invito più autorevole ci è venuto recentemente dal Papa.

Nel pellegrinaggio della gioventù salesiana del 5 maggio scorso il S. Padre, Giovanni Paolo II, indirizzandosi ai numerosi ragazzi e giovani convenuti nella piazza S. Pietro, diceva:

«Voi attendete dal Papa una parola di orientamento e di incoraggiamento [...] (Ebbene:) Il secondo suggerimento del Papa per voi e per quanti curano la vostra educazione umana e cristiana riguarda l’urgente bisogno di rinascita, avvertito un po’ a tutte le latitudini, di validi modelli di associazioni giovanili cattoliche.

Non si tratta di dare vita a espressioni militanti prive di slanci ideali e basate sulla forza del numero, ma di animare delle vere comunità, permeate di spirito di bontà, di reciproco rispetto e di servizio, e soprattutto rese compatte da una stessa fede e da un’unica speranza.

[. . .]

Nella adesione ad un gruppo, nella spontaneità e nell’omogeneità di un cerchio di amici, nel costruttivo confronto di idee e di iniziative, nel reciproco sostegno può stabilirsi e conservarsi la vitalità di quel rinnovamento sociale a cui voi tutti aspirate.

Voi giovani tendete al traguardo prezioso del completamento comunitario, della conversazione, dell’amicizia, del darsi e del ricevere dell’amore. Le associazioni giovanili stanno rifiorendo: il Papa vi esorta ad essere fedeli, perspicaci, ricchi di genialità in questo sforzo di dare respiro sempre più ampio a tali sodalizi.

È un invito pressante che rivolgo a tutti i responsabili dell’educazione cristiana della gioventù, cioè degli uomini di domani» (Oss. Romano, 7-8 maggio 1979).

Questo «invito pressante» del Papa deve essere assunto da noi con serietà e coraggio.


Anche il Concilio Ecumenico Vaticano II aveva insistito sull’attualità ed efficacia dell’associazionismo: nella Dichiarazione sull’Educazione Cristiana, parlando di metodologla educativa, si afferma che

la Chiesa valorizza e tende a penetrare del suo spirito e ad elevare, tra gli altri mezzi, quello delle «associazioni giovanili» (GE 4).

Nel Decreto sulla Formazione Sacerdotale si invitano «specialmente le associazioni cattoliche» a coltivare la dimensione vocazionale tra gli adolescenti (OT 2). E soprattutto nel Decreto sull’Apostolato dei laici, si sviluppa il tema dell’importanza della forma associativa, della sua molteplicità anche nel campo dell’apostolato, e della stima e cura con cui devono essere seguite le associazioni dedicate in particolare ad obiettivi apostolici (AA 18,19, 21).


Il nostro CG21, poi, riflettendo sull’azione evangelizzatrice da rinnovare e cercando di adeguare all’oggi della condizione giovanile la nostra presenza tra i ragazzi e i giovani, ha voluto insistere sulla ripresa dell’esperienza associativo-comunitaria convenientemente rinnovata.

Il Capitolo considera questa modalità come un elemento inerente ad ogni presenza salesiana di evangelizzazione,1 come una costante nelle nostre esperienze più genuine, come uno dei «luoghi privilegiati» per le nostre proposte, come un «ambiente» per assicurare lo stile salesiano di azione.


Le stesse Costituzioni rinnovate ce lo ricordano negli articoli 22 e 28: dobbiamo saper promuovere ed animare Gruppi e Movimenti giovanili per la formazione, per l’attività apostolica e per l’azione sociale.

Un tale impegno richiede certamente uno speciale adeguamento alla odierna condizione giovanile secondo la situazione culturale di ogni regione e nazione, seguendo i criteri pastorali maturati nell’azione apostolica delle esperienze associativo-comunitarie, secondo le condizioni della Chiesa particolare in cui lavoriamo; ma anche un geniale ricupero dell’ispirazione originale del nostro carisma di predilezione verso i giovani.

Urge recuperare, per questo, una doppia caratteristica salesiana delle origini:

• innanzitutto, il cuore oratoriano di cui parlavo nel discorso conclusivo del Capitolo (CG21 565-568).

L’espressione vuole sottolineare il primato dato, nell’atteggiamento educativo del salesiano, alla «spinta pastorale» come principio ispiratore di ogni nostra presenza tra i giovani; i Gruppi e i Movimenti giovanili devono sentire, al di sopra di tutto, il battito di un cuore apostolico innamorato di Cristo: non siamo semplicemente dei «professori» tra i giovani, ma dei discepoli del Signore Risorto, dei veri ed entusiasti «missionari»;

• e in secondo luogo la messa in pratica della novità di presenza salesiana, ossia dello spirito di iniziativa o inventiva pastorale (CG21 156-159).

Essa è un criterio metodologico, «frutto della creatività pastorale che sa coprire spazi di intervento, a favore particolarmente dei giovani fino a oggi poco considerati».

A titolo esemplificativo, il Capitolo ci ricorda, tra gli spazi da coprire, «l’animazione di movimenti giovanili, mentre si assiste alla ricerca e al desiderio dei giovani per un collegamento che superi i confini della propria zona» (CG21 158).

Dunque: ci sentiamo autorevolmente invitati, e con urgenza, a impegnare seriamente la nostra identità e le nostre iniziative nella promozione e animazione dei Gruppi e Movimenti giovanili, con genuino cuore oratoriano e con metodologia di attualità.



Ispirazione originale


La tendenza associativa, la vita di gruppo, l’aspirazione comunitaria è stata una esperienza quasi spontanea nella vita del nostro santo Fondatore Don Bosco: una inclinazione della sua indole naturalmente portata alla socialità e all’amicizia.

Sin dall’inizio, però, come per intuito vocazionale, la sua socialità fu finalizzata in senso religioso-apostolico, senza attenuare il calore umano, la vivacità temperamentale e la spontaneità e intraprendenza giovanile.

Le industriose iniziative tra i ragazzi dei Becchi e dei paesi vicini, la Società dell’allegria nella scuola di Chieri, l’esperienza di comunanza e di amicizia nel seminario contengono già in forma germinale l’apprezzamento e la premura per l’associazionismo che si concreterà nella formula caratteristica delle «Compagnie».

Don Bosco possedeva abbondanti qualità naturali ed un acuto intuito educativo, arricchito da progressive esperienze positive, per saper comunicare ai giovani le gioie e i vantaggi del condividere fraternamente il proprio cammino verso il Signore e del mettersi a servizio degli altri nel «quotidiano», nella semplicità e autenticità delle manifestazioni ordinarie e con l’equilibrio dei vari elementi positivi di chi assume la vita alla luce totalizzante della fede.

Una delle pagine della sua vivace autobiografia ci mostra il tipo di componenti della Società dell’allegria: «Siccome — scrive Don Bosco — i compagni che volevano tirarmi ai disordini erano i più trascurati nei doveri, essi cominciarono a far ricorso a me, perché facessi la carità scolastica prestando e dettando loro il tema di scuola.

Spiacque tal cosa al professore [...]. Allora mi appigliai a una via meno rovinosa, vale a dire a spiegare le difficoltà, ed anche ad aiutare quelli cui fosse mestieri.

Con questo mezzo facevo piacere a tutti e mi preparava la benevolenza e l’affezione dei compagni. Cominciarono quelli a venire per ricreazione, poi per ascoltare racconti e per fare il tema scolastico, e finalmente venivano senza nemmeno cercarne il motivo, come già quei di Murialdo e di Castelnuovo.

Per dare un nome a quelle riunioni solevamo chiamarle Società dell’allegria» (Memorie dell’Oratorio, pag. 52).

Così, la prima esperienza di associazione cominciò per Don Bosco non tanto all’insegna della convocazione dei «migliori», ma come un’iniziativa a favore dei più bisognosi di aiuto e di concretizzazione di ideali e sbocciò subito in un’azione sull’ambiente circostante attraverso la testimonianza e l’iniziativa della carità

Ma l’esperienza associativa propriamente tale, nell’ambito del Sistema Preventivo, è stata quella delle «Compagnie Religiose».

Essa nasce come proposta educativa al tempo dell’affermazione dell’Oratorio, ne assume le finalità e le caratteristiche e ne partecipa dinamicamente lo spirito.

«Stabilita così la regolare dimora in Valdocco, mi son messo — è ancora Don Bosco che scrive — a promuovere le cose che potevano contribuire a conservare l’unità di spirito, di disciplina e di amministrazione» (Memorie dell’Oratorio, pag. 195).

La prima Compagnia è quella di S. Luigi, iniziata dallo stesso Don Bosco, poi viene quella dell’Immacolata fondata (come ce lo assicura Don Bosco) da Domenico Savio, e poi le altre, fino a sei (MB XI, 225). Esse si inseriscono intimamente nell’ambiente educativo come elemento dinamico di partecipazione attiva e di penetrazione capillare; aiutano soprattutto a potenziare i valori pedagogico-religiosi di tutto il Sistema Preventivo, mentre svolgono anche un ruolo integratore e di supplenza in vista delle eventuali e immancabili deficienze nell’ambiente.

È da notare che esse non vengono concepite a sé stanti, chiuse su determinati membri semplicemente per privilegiarne una attività o la formazione, ma come gruppo-fermento in vista dell’ambiente globale per apportare testimonianza e servizio a tutti i compagni.

La «Compagnia dell’Immacolata», per esempio, a cui appartenevano dei membri «scelti con cura», era tutta in funzione del progetto educativo e pastorale dell’insieme, per lievitare la massa.

Ogni Compagnia aveva degli «obiettivi» particolari che rispondevano a situazioni di vita e a gradualità di maturazione, ma riproduceva una matrice spirituale e organizzativa comune.

L’elemento tonificante erano i valori pedagogico-religiosi che si condividevano. Il collegamento tra i Gruppi era dato «dall’ambiente e dalla comunità educativa», all’interno della quale sorgevano e al servizio della quale si mettevano come espressione di partecipazione attiva e organizzata nel progetto globale di educazione: non si trattava solo di partecipare alla programmazione delle attività, ma soprattutto di sentirsi coinvolti attivamente e responsabilmente nei grandi ideali comuni di un medesimo Progetto educativo e pastorale.



Esigenza del Sistema Preventivo


L’associazionismo giovanile è un’esigenza indispensabile nel tipo di progetto preventivo e popolare voluto da Don Bosco.

Egli stesso in una lettera circolare ai Salesiani scriveva il 12 gennaio 1876: «In ogni casa ciascuno diasi la massima sollecitudine di promuovere le piccole associazioni [...]. Niuno abbia timore di parlarne, di raccomandarle, favorirle e di esporne lo scopo [...]. Io credo che tali associazioni si possono chiamare chiave della pietà, conservatorio della moralità, sostegno delle vocazioni ecclesiastiche e religiose» (Epistolario, vol. 3, pag. 7-8).

L’impegno educativo-pastorale di Don Bosco si rivolge alle masse giovanili del popolo; non riuscirebbe ad ottenere un’efficace opera di prevenzione e di penetrazione capillare dell’«un per uno», senza la partecipazione attiva e organizzata degli stessi giovani: di qui l’indispensabilità di un tipo particolare di associazionismo pedagogico-religioso.

Questo lo hanno capito chiaramente i primi collaboratori del nostro Padre, i Salesiani delle prime generazioni e tutti i successori di Don Bosco. Sarebbe lungo enumerare qui quanto hanno detto e scritto al riguardo D. Rua, D. Albera e D. Rinaldi, che sono stati personalmente con D. Bosco, e poi tutti gli altri.

D. Rinaldi diceva, ad esempio, che il Direttore deve considerare la cura sollecita delle associazioni giovanili tra i suoi doveri ministeriali più importanti.

Se lo stile educativo del Sistema Preventivo non si basa soltanto sulle relazioni individuali, ma cura con particolare sollecitudine la creazione di un «ambiente» e di un «clima» educativo, ciò comporterà necessariamente un ruolo determinante delle associazioni degli stessi educandi.

Tali associazioni hanno presentato, nel Sistema Preventivo, varie caratteristiche di tipo sia pedagogico, che religioso e spirituale.

Tra le caratteristiche di tipo «pedagogico» possiamo ricordare le seguenti:

— presuppongono una chiara libertà di partecipazione;

— intendono essere autenticamente «opera dei giovani»;

— hanno un preciso scopo educativo;

— sottolineano la sensibilità del servizio agli altri, soprattutto ai compagni d’educazione.


Si tratta, quindi, di associazioni di «educandi», o di associazioni giovanili «per l’educazione»; la quale specificazione comporta essenzialmente una comunione di intenti e di impegno con gli educatori.

Parlando di «opera dei giovani» e di «comunione» con l’azione degli educatori, si indicano la dinamica e i contenuti pedagogici di tali associazioni giovanili e si delinea anche un particolare ruolo dell’Assistente nella sua funzione di animatore-educatore.


Tra le caratteristiche di tipo «religioso» possiamo ricordare le seguenti:

— l’influsso concreto della fede sulla vita quotidiana: chiara presenza del fine ultimo;

— l’adempimento del dovere come missione religiosa;— il discernimento, la cura e la maturazione delle vocazioni;

— la carità servizievole e generosa verso i più bisognosi, anche in forma eroica;

— la corresponsabilità battesimale dell’apostolato.


Si tratta, quindi, di associazioni di esplicita ispirazione religiosa e cristiana e non semplicemente ed esclusivamente di gruppi promozionali o culturali.

Si vede così applicata, in esse, la compenetrazione, senza dissociazione, tra evangelizzazione ed educazione. Manifestano, perciò, quella peculiare simbiosi, viva e pratica del Sistema Preventivo, espressa nello slogan «evangelizzare educando ed educare evangelizzando».

Dunque: non qualunque gruppo o movimento, ma un genere speciale di associazionismo.


Infine, tra le caratteristiche di tipo «spirituale» possiamo ricordare le seguenti:

— le associazioni giovanili di Don Bosco si inseriscono nella spiritualità globale del Sistema Preventivo;

— sono centrate sul mistero del Cristo amico dei giovani e sulla figura di Maria, Aiuto dei cristiani e Madre della Chiesa;

— non formulano quindi, una spiritualità a sé stante, ma quella comune di tutto l’ambiente educativo, anche se ogni associazione ha degli obiettivi e delle mete proprie.


Ci troviamo, dunque, di fronte ad associazioni caratteristicamente permeate della spiritualità salesiana di D. Bosco, che è, per natura, una spiritualità giovanile.

Don Caviglia ha scritto delle pagine assai acute su questo argomento nel suo pregiato studio su «Savio Domenico e Don Bosco» (cf. Libro X, specialmente il cap. II).

Credo importante sottolineare questo aspetto: all’origine e nella crescita delle associazioni giovanili dell’Oratorio c’era una forte e feconda spiritualità salesiana, ossia un intenso potenziale di quel peculiare spirito di Don Bosco che permeava l’ambiente e assicurava un clima educativo di genuina santità.

Vale la pena che ripeta, qui, quanto vi dicevo nella circolare sul Progetto educativo salesiano: «L’originalità e l’audacia della proposta di “santità giovanile” è intrinseca all’arte educativa di Don Bosco.

Il suo grande segreto è stato quello non solo di non eludere le profonde aspirazioni dell’animo giovanile (bisogno di vita, di espansione, di gioia, di libertà, di futuro), ma di aver portato gradualmente e realisticamente i giovani stessi a sperimentare che solo nella “vita di grazia”, cioè nell’amicizia con Cristo, fonte di letizia perenne, i loro ideali più autentici venivano interpretati ed esaltati: «noi qui facciamo consistere la santità nello stare sempre allegri» (ACS 290).

Ho voluto evocare questi fatti e aiutarvi a riflettere sui loro contenuti2 con il preciso obiettivo di spingerci a riscoprire una preziosa «ispirazione» della nostra esperienza associativa.

La forma concreta di attuare tale ispirazione è passata per diverse fasi, secondo l’evoluzione dei nostri ambienti e anche secondo i criteri che maturavano nella Chiesa. Anche in questo non si tratta, oggi, di riprodurre la materialità di una formula, ma di cogliere, con verità e praticità, la sua ispirazione educativa e pastorale.

Il saperlo fare comporterà delle conseguenze operative di discernimento, di scelta e di programmazione che eviteranno deviazioni dal Progetto educativo di Don Bosco e perdita di identità nella sua spiritualità salesiana.



La Proposta Associativa oggi


Si suol parlare di stanchezza associativa della gioventù odierna; ma i fatti contraddicono tale affermazione.

C’è stata, senza dubbio, una crisi delle forme associative legate a strutture o preoccupazioni culturali superate. Anche tra noi le benemerite «Compagnie religiose» hanno sofferto un declino.

Non sarebbe esatto, però, asserire che ormai l’esperienza associativa oggi è stata abbandonata nella Famiglia Salesiana.

Uno sguardo anche rapido sul vasto campo delle nostre presenze ci fa constatare una fioritura di iniziative in questo settore (cf. Sussidio del Dicastero di Pastorale giovanile, che sarà inviato presto alle Ispettorie).

Forse in qualche caso è un po’ carente e arbitraria la scelta di nuove iniziative, la chiarezza dell’orientamento salesiano, l’adattamento ai tempi in fedeltà al genuino Progetto educativo di Don Bosco, la costanza e la corresponsabilità comunitaria e ispettoriale.

Dobbiamo anche riconoscere che lo «spontaneismo», la «discontinuità» e l’«indipendenza» sono, più d’una volta, i fenomeni che caratterizzano certi esperimenti di alcuni confratelli, creati volonterosamente dopo la caduta della struttura associazionistica precedente.

Per far bene le cose, converrà prendere atto che sono sopravvenuti, in questo settore, dei cambiamenti non indifferenti.

L’emergenza dei segni dei tempi ha sconvolto le culture con i loro schemi sociali e morali ed obbliga a ripensare e ricostruire una gerarchia di valori in consonanza con la nostra fede pasquale. Urge formare dei modelli di atteggiamento autenticamente cristiani per i singoli strati sociali, in particolare per quello giovanile.

In questo trapasso culturale c’è necessariamente un forte ripensamento educativo, che porta l’accento più sui valori circolanti o da mettere in circolazione, che su una incorporazione a uno schema culturale o su una disciplina di condotta e di organizzazione.

C’è, inoltre, un forte ripensamento pastorale, che porta l’accento sulla storicità della fede, sulla Chiesa in quanto incoazione del mistero del Regno di Dio, sull’unità della comunione nella pluralità e complementarità delle differenze, su un senso particolarmente vivo della «Chiesa locale» come punto di unità e di riferimento per ogni gruppo o movimento che nasca o si sviluppi in un determinato luogo.

C’è anche un’importante revisione della dimensione comunitaria locale e ispettoriale e un approfondimento capitolare del Progetto educativo di Don Bosco.

In un’ora così intensa di novità è certamente cambiata anche la sensibilità giovanile: di conseguenza è da rivedere in profondità lo stile dell’associazionismo, la scelta degli «obiettivi» nei vari Gruppi e Movimenti, la presenza e il ruolo assunto dall’«animatore» in essi, il dosaggio, la gradualità e la varietà da stabilire nella simbiosi viva tra educazione ed evangelizzazione.

Questa enumerazione dei fattori di cambiamento non ha la pretesa di voler essere completa, né di individuare o spiegare tutti gli aspetti dell’attuale situazione.

Intende semplicemente sottolineare come, proprio nel settore dell’associazionismo, ci si impone di ripensare una «sintesi» che raccolga l’ispirazione fondamentale del Progetto educativo di Don Bosco e la adegui ad una situazione profondamente nuova.

In varie zone della Famiglia Salesiana, dopo qualche anno di incertezza e di sperimentazione, si è riusciti a reimpostare l’esperienza associativa: ricomponendo una aggiornata unità tra Cultura e Vangelo, un conveniente equilibrio tra il protagonismo dei ragazzi e dei giovani e l’urgenza di animazione spirituale e pedagogica di appoggio e di collegamento; una rinnovata armonia tra la responsabilità di una giusta autonomia da parte dei giovani e gli apporti della presenza e del ruolo animatore degli educatori; uno spontaneo interscambio tra la circolazione delle esperienze concrete dei giovani e la proposta programmata di contenuti illuminati.

Si è riusciti così, in non pochi casi, a infondere negli ambienti delle nostre opere quello che il CG21 sottolinea parlando della Scuola e del Centro Giovanile:

— per la «Scuola salesiana», il Capitolo dice che essa «cerca di creare una Comunità giovanile [...]. A questa Comunità partecipano genitori ed educatori, e i giovani trovano spazio per gruppi organizzati con finalità formative e funzionali (CG21 131, 2.3.4);

— e per il «Centro Giovanile» il Capitolo afferma che, se vuole «essere proposta e ambiente di promozione integrale cristiana per i giovani, dovrà procedere a precise scelte metodologiche, quali l’organizzazione a gruppi; preferendo quelli a carattere formativo e apostolico e svolgendo in essi una educazione esplicita alla fede» (CG21 126).


Questo appello del Capitolo giunge a noi mentre a livello di Popolo di Dio si riprendono con intelligente revisione le iniziative associazionistiche, si studia con cura il modo di definire i principi ispiratori di ciascun movimento proponendo anche un’adeguata «spiritualità», e si riallacciano i collegamenti per allargare l’efficacia delle esperienze e favorire la circolazione di valori e proposte.


Cari Confratelli: ripensiamo, nel concludere, all’ardente appello rivoltoci dal S. Padre lo scorso 5 maggio: c’è oggi un «urgente bisogno di rinascita di validi modelli di associazioni giovanili cattoliche!»

Sentiamoci davvero chiamati, in questo campo, a creare «una nuova presenza» (cf. CG21 158), che sappia tradurre in proposte concrete e attuali, la ricchezza del nostro patrimonio educativo-spirituale e gli apporti sia dell’attuale realtà giovanile che della rinnovata pastorale della Chiesa universale e delle Chiese locali.

Ci sia di sprone Domenico Savio nel XXV della sua canonizzazione. La sua santità di ragazzo dell’Oratorio culmina nel fatto della fondazione della «Compagnia dell’Immacolata».

Il suo studioso, don A. Caviglia, considera quest’iniziativa associazionistica come «il punto d’arrivo», la maturazione spirituale e apostolica, «il fatto che personifica ed assomma l’opera della sua santità» salesiana.

Ebbene: è sintomatico constatare che «l’origine, gli scopi, i mezzi» di questa associazione giovanile, «sono tutti di divozione mariana, naturalmente congiunta con la pratica eucaristica» (A. Caviglia, o.c. pag. 447)

Vuol dire che Domenico Savio, all’apice della sua sensibilità spirituale, ci invita a vedere in Maria un aiuto speciale per una celere rinascita di valide associazioni giovanili salesiane.

Faccio voti che ogni Ispettoria e Conferenza Ispettoriale o Regione riesca ad approfondire con i propri operatori e in aderenza alle esigenze locali questo importante argomento e a ridare vita a una delle più efficaci «modalità tipiche» (ACS 290) dello stile salesiano costitutivo del Sistema Preventivo di Don Bosco.

Auguro a tutti un vero esito in un campo tanto urgente.

Mentre vi assicuro la mia quotidiana preghiera, vi saluto con gioia fraterna e con speranza.

D. Egidio Viganò




LETTERA 6 --------------------------------------------


1 cf. CG21, 90, 102, 115, 126, 131:2.3.3.4., 158c

2 Sul tema delle «Compagnie Religiose» nella tradizione salesiana si vedano le seguenti opere principali:

1) Le Memorie Biografiche: Indice, voce «Compagnie Religiose»

2) A. CAVIGLIA: «Savio Domenico e Don Bosco», Studio, pag. 441-464 in Opere e Scritti editi e inediti di D. Bosco, vol. 4, Torino 1935

3) E. CERIA, Annali della Società Salesiana, vol. I, pag. 641-643, Torino, SEI.

4) P. BRAIDO, «Il Sistema Preventivo di D. Bosco», Le Compagnie, pag. 377-387, PAS-Verlag 1964, 2ª ediz.

5) P. STELLA, «Don Bosco nella storia della religiosità cattolica», vol. II, pag. 346-357: «Le associazioni religiose», PAS-Verlag, 1969