301-350|it|312 Il testo rinnovato della nostra regola di vita

23.


IL TESTO RINNOVATO

DELLA NOSTRA REGOLA DI VITA



Introduzione. - 1. La svolta conciliare del Vaticano II. - 2. Le quattro tappe capitolari. - 3. Novità di prospettive nel testo rielaborato: Natura delle Costituzioni; Sottolineatura dell'aspetto carismatico della nostra vocazione; Riferimento al Fondatore; Adeguamento al nuovo Codice di Diritto canonico; Concretezza e ambito della nostra Regola di vita. - 4. Struttura generale delle Costituzioni: Proemio: Don Bosco; 1ª Parte: L'identità; 2ª Parte: Gli impegni professati; 3ª Parte: La formazione; 4ª Parte: L'animazione e il governo; Conclusione: Il nostro diritto particolare e la fedeltà. - 5. La professione religiosa in un'ora germinale. - 6. Alcuni principi ispiratori di rinnovamento: La consacrazione apostolica; Il criterio oratoriano; L'esigenza comunitaria; La familiarità con Gesù Cristo; La formazione all'unità nel pluralismo culturale; La formazione della nostra Società e la guida delle comunità; La perseveranza nella via che conduce all'Amore. - 7. Urgenza di concretezza metodologica. - Conclusione: La data mariana dalla promulgazione.

Lettera pubblicata in ACG n. 312




Roma, 29 ottobre 1984

Memoria liturgica del beato Michele Rua


Cari Confratelli,


gioia e lavoro! Un cordiale saluto da ognuno dei membri del nuovo Consiglio generale.

Abbiamo sofferto tutti con la morte repentina del compianto e benemerito don Roger Vanseveren, Consigliere regionale per l’Europa nord e l'Africa Centrale. Lo abbiamo suffragato con riconoscente affetto e confidiamo nella sua fraterna intercessione.

Il primo atto dell'attuale sessione plenaria del Consiglio è stata la designazione del suo successore. Dopo adeguato discernimento ho affidato l'incarico, con il consenso del Consiglio,l al caro don Domenico Britschu a cui auguriamo salute, bontà e generosità di servizio.

Il nuovo Consiglio generale risulta quindi composto dai seguenti confratelli:

don Gaetano Scrivo, Vicario del Rettor Maggiore;

don Paolo Natali, Consigliere per la Formazione del personalesalesiano;

don Juan E. Vecchi, Consigliere per la Pastorale giovanile;

don Sergio Cuevas, Consigliere per la Famiglia Salesiana e laComunicazione sociale;

don Luc Van Looy, Consigliere per le Missioni;

don Omero Paron, Economo generale;

e dai Consiglieri regionali: don Luigi Bosoni, don Domenico Britschu, don Martin McPake, don Thomas Panakezham, don José A. Rico, don Carlos Techera, don Ignacio Velasco.

Inoltre, con il consenso del Consiglio ho designato:

don Francesco Maraccani, Segretario generale;

don Agostino Dzie¸dziel, Delegato del Rettor Maggiore per laPolonia;

don Luigi Fiora, Procuratore e Postulatore.



IL TESTO RINNOVATO

DELLA NOSTRA «REGOLA Dl VITA»


Iniziamo un sessennio di servizio in cui la meta principale da raggiungere è la conoscenza, l'amore e la pratica delle Costituzioni e dei Regolamenti rinnovati. Lo potremmo definire «il sessennio del rilancio della nostra "Regola di vita"».

Porto a termine la redazione della parte sostanziale di questa mia lettera circolare nel giorno (29 ottobre) in cui facciamo memoria liturgica del beato Michele Rua, il vicario di Don Bosco nei suoi ultimi anni di vita e il suo primo provvidenziale successore. Il grande Papa Paolo VI ci ha detto che don Rua «è beatificato e glorificato appunto perché successore di Don Bosco, cioè continuatore: figlio, discepolo, imitatore; il quale ha fatto — con altri, ben si sa ma primo fra essi — dell'esempio del Santo una scuola, della sua opera personale un'istituzione estesa, si può dire, su tutta la terra; della sua vita una storia, della sua regola uno spirito, della sua santità un tipo, un modello; ha fatto della sorgente, una corrente, un fiume».2

Questa penetrante descrizione del Beato illumina il programma del nostro sessennio.

Guardiamo con riconoscenza a don Rua, testimone di fedeltà, «regola personificata», e affidiamo con fiducia alla sua intercessione il nostro compito di conoscere e assimilare le Costituzioni e i Regolamenti per fare — come suggerisce Paolo VI — della nostra Regola di vita uno «spirito».

È incoraggiante guardare ai nostri santi, beati e servi di Dio e a tanti confratelli che si sono santificati precisamente nel fare della Regola uno «spirito». La Regola salesiana non è cambiata. Il testo delle attuali Costituzioni è stato rielaborato perché ci presentasse meglio e con più aggiornata descrizione lo stesso progetto delle origini che ha già dato tanti frutti di santità.3 Esso trascrive in bella copia le Costituzioni anteriori, affonda le sue radici nella nostra tradizione viva, si alimenta alla originale esperienza di Valdocco, ne conserva l'anima lo spirito, l'autentico carisma. Anche per noi, dunque, le Costituzioni rinnovate tendono a farci divenire santi!

E ora, per disporre gli animi a una miglior conoscenza del testo rielaborato, vi offro alcune riflessioni circa l'importanza vitale delle Costituzioni e dei Regolamenti generali.

Il lavoro di rielaborazione trova la sua ragione d'essere nella svolta epocale che viviamo ed è da essa che dobbiamo partire per una comprensione corretta e stimolante del nostro progetto di vita.



1. La svolta conciliare del Vaticano II


Tutto è cominciato con il Concilio Ecumenico Vaticano II. Il motu proprio Ecclesiae Sanctae4 ha indicato sia i criteri di revisione sia l'ottica e i valori da privilegiare. Il lavoro fatto ha un tono e sigillo ecclesiale, non solo per l'approvazione finale della Sede Apostolica, ma già nella sua origine e nel cammino che ha percorso. È da notare che una revisione così universale (che ha coinvolto tutti gli Istituti religiosi), così globale (che si riferisce a tutti i contenuti) e così profonda (che tocca le radici) è affatto singolare negli ormai venti secoli di storia della Chiesa.

La sua spiegazione si trova nel cambio di epoca esploso dopo la seconda guerra mondiale: «Il genere umano — ci ha detto il Concilio — vive oggi un periodo nuovo della sua storia, caratterizzato da profondi e rapidi mutamenti in progressiva estensione su tutta la terra. Possiamo così parlare di una vera trasformazione sociale e culturale che ha i suoi riflessi anche nella vita religiosa. E, come accade in ogni crisi di crescenza, questa trasformazione reca con sé non lievi difficoltà».5 A ragione un pensatore ben conosciuto ha scritto recentemente un'opera dal titolo: Duemila anni di Chiesa in discussione.6

È dagli anni '60 che stiamo virando sulla svolta del Concilio per imboccare la strada del terzo millennio.

Molte sono le interpellanze dei segni dei tempi. Tra le più urgenti, quelle a cui il Concilio ha dato una risposta orientativa e che ci interessano più da vicino, possiamo ricordare la «secolarizzazione», la «liberazione» e l'«inculturazione». Si tratta di ottiche nuove con risvolti ampi e complessi, che toccano in qualche modo tutto. Esse hanno espressioni più o meno accentuate nell'uno o nell'altro continente, ma il loro influsso si estende di fatto universalmente. Il Vaticano II ne ha illuminato gli elementi positivi, ha anche messo in guardia sui numerosi pericoli che li accompagnano. La sfida è grande. Per non sbandare è stato indispensabile ripensare i valori portanti della stessa identità cristiana e della vita religiosa.

Alla sfida che lancia il processo di «secolarizzazione» il Concilio risponde con la visione della Chiesa come mistero, e, in Essa, per noi, della «consacrazione religiosa».

Alle interpellanze proprie del processo di «liberazione» corrisponde l'approfondimento della «missione» della Chiesa, da tradurre nell'originalità qualitativa della «pastorale». Tale originalità assume una sua modalità per gli Istituti religiosi di vita attiva, dove «consacrazione» e «missione» si compenetrano in unità operosa.

Di fronte al complesso movimento di «inculturazione» il Concilio rileva e descrive la natura del Popolo di Dio (= Chiesa universale) come comunione di Chiese particolari dedite al servizio dell'uomo nella pluralità delle nazioni per incarnarsi nelle diverse culture e fermentarle. Una simile ottica si rifrange necessariamente sulla vita religiosa, ed esige che essa curi il delicato processo del decentramento e dell'adattamento, anche quello più profondo dell'inculturazione, vissuti però nella «comunione» di un medesimo spirito in una Societàorganica.

A tale scopo il Concilio, rilanciando la dimensione carismatica della vita consacrata, ha sottolineato l'importanza della tipica esperienza spirituale del Fondatore. In essa si trovano i criteri caratteristici di risposta alle suddette interpellanze. «Un adeguato rinnovamento della vita religiosa — afferma appunto il Vaticano II — comporta il continuo ritorno alle fonti di tutta la vita cristiana e allo spirito primitivo degli Istituti, e simultaneamente il loro adattamento alle mutate condizioni dei tempi».7

La rielaborazione del nostro testo costituzionale fa parte della grande svolta ecclesiale guidata dallo Spirito del Signore attraverso l'evento salvifico del Concilio.



2. Le quattro tappe capitolari


Il cammino percorso dalla Congregazione in questo ventennio è segnalato da ben quattro Capitoli generali:

il CG19 (celebrato dal 19 aprile al 10 giugno 1965, poco prima della sessione conclusiva del Vaticano II) curò, tra l'altro, l'approfondimento della natura e del funzionamento del Capitolo Generale. Servì come prima preparazione e preambolo indispensabile ai susseguenti lavori capitolari;

il CG20 (dal 10 giugno 1971 al 5 gennaio 1972) è il Capitolo «speciale» voluto dal motu proprio Ecclesiae Sanctae ed è stato la tappa più lunga e laboriosa di ripensamento e di rielaborazione del testo; rimane il Capitolo fondamentale di tutto il lavoro fatto;

il CG21 (dal 31 ottobre 1977 al 12 febbraio 1978) fu un tempo ulteriore di revisione e di consolidamento. Completò alcuni aspetti peculiari della nostra identità (per esempio il Sistema Preventivo, il ruolo del Direttore, la figura del Coadiutore) in armonia con la dottrina e gli orientamenti del Vaticano II;

il CG22 (dal 14 gennaio al 12 maggio 1984) costituisce l'ultimo apporto e il traguardo che porta a conclusione la sperimentazione vissuta lungo due sessenni e consegna alla Congregazione le Costituzioni e i Regolamenti in forma rinnovata, organica e presentata alla Sede Apostolica per la sua approvazione.

È interessante osservare che le quattro tappe costituiscono un unico processo continuo e complementare. Questo significa che il testo rielaborato trascende non solo l'impegno di gruppi ristretti di confratelli ma gli stessi singoli quattro Capitoli Generali. In ognuno di essi, distanti sei anni l'uno dall'altro, è cambiata una buona parte dei membri, ogni volta c'è stata una novità di esperienza vissuta e riflessa, in ogni Capitolo susseguente si è potuto attutire l'eventuale influsso anteriore che fosse stato frutto di qualche considerazione circostanziale, una più profonda e prolungata riflessione ha potuto correggere imprecisioni od eventuali ambiguità, il tempo ha fatto maturare l'approfondimento di aspetti delicati, l'accelerazione dei mutamenti ha portato a sapere più chiaramente distinguere i valori permanenti da quelli caduchi, quelli d'identità da quelli di estrazione solo culturale, accrescendo la coscienza della dimensione ecclesiale e mondiale del progetto evangelico di Don Bosco.

La Congregazione può considerare questo lavoro come espressione della sua anima. Tutte le Ispettorie infatti si sono sentite coinvolte, i confratelli delle varie culture hanno dato il loro apporto incomunione di fedeltà, per far rivivere Don Bosco attraverso unaggiornamento vitale, concepito non come «restauro» ma come «nuovo cominciamento».


3. Novità di prospettive nel testo rielaborato


Questi brevi accenni al prolungato lavoro capitolare dentro il più ampio movimento della Chiesa devono suscitare in noi la coscienza nitida di un intervento dello Spirito del Signore nella vita della Congregazione. Non si è trattato di arbitrio e moda, ma di una crescita in fedeltà.

È naturale che ci chiediamo quali sono le prospettive nuove del testo rielaborato.

Una risposta esauriente potrà essere data solo dopo uno studio dettagliato. Per noi qui è sufficiente accennare ad alcuni aspetti piùsignificativi:


Un salto di qualità nella maniera di concepire le Costituzioni stesse è certamente il primo di questi aspetti. Le Costituzioni sono la presentazione autorevole di un progetto di vita evangelica;8 indicano i principi fondamentali della nostra sequela del Cristo, la sua dimensione ecclesiale, la sua originalità carismatica secondo lo spirito del Fondatore, le sane tradizioni e le strutture adeguate di servizio.

Presentano un'integrazione armonica tra ispirazione evangelica e concretezza di strutture. Sono il documento fondamentale del Diritto particolare della Congregazione. Esse, più che dedicarsi a stabilire prioritariamente norme dettagliate da seguire, descrivono principalmente una modalità spirituale e apostolica da testimoniare secondo lo spirito delle Beatitudini. Aiutano a rileggere il mistero di Cristo nell'ottica salesiana di Don Bosco. Per questo è stato necessario ripensare la loro struttura generale secondo un ordinamento ed uno stile, che invitino ad una lettura orante e stimolino ad un impegno di vita. Se chi le medita lo fa «nella fede»,9 ossia con occhi «nuovi», vi attinge luce e forza.

Una seconda novità è la sottolineatura dell'aspetto «carismatico» della nostra vocazione salesiana. Dentro la visione della Chiesa come «mistero» le Costituzioni fanno emergere l'esperienza di Spirito Santo vissuta nella nostra vocazione: se la Chiesa è «sacramento universale di salvezza», in Essa noi siamo «segni e portatori dell'amore di Dio ai giovani, specialmente ai più poveri».10

Si percepiscono, fin dal primo articolo, la presenza e l'iniziativa dello Spirito del Signore, come pure l'intervento materno di Maria ed è fortemente sottolineato l'aspetto ecclesiale per cui ci sentiamo situati nel cuore della Chiesa, al servizio della sua missione.

Questa prospettiva ci illumina e ci induce ad affrontare «salesianamente» la trasformazione sociale e culturale e le sue interpellanze.


Un terzo aspetto di novità è il senso esplicito e vivo del Fondatore. Le Costituzioni rinnovate dirigono il nostro sguardo su Don Bosco e ce lo fanno amare nel suo stile di santificazione e di apostolato: «Lo studiamo e lo imitiamo, ammirando in lui uno splendido accordo di natura e di grazia. Viveva "come se vedesse l'invisibile"».11

Il Vaticano II ha invitato i religiosi a concentrare la loro attenzione sulla figura del Fondatore, come espressione concreta e originale della pluriforme vita e santità della Chiesa.12 Egli è nato da Essa ed è vissuto per Essa.

Il riferimento costante a Don Bosco si presenta, così, come «un'esigenza ecclesiale». La nostra maniera di «essere Chiesa» è appunto quella di riattualizzare nel tempo e nello spazio il modello del Fondatore, come se lui ci ripetesse ogni giorno: «Siate miei imitatori, come anch'io lo sono di Cristo».13

Il Papa Paolo VI, nell'importante Esortazione Apostolica sul rinnovamento della vita religiosa (giugno 1971) ha sottolineato con chiarezza questo aspetto: «Il Concilio giustamente insiste — ha scritto — sull'obbligo, per i religiosi e per le religiose, di essere fedeli allo spirito dei loro Fondatori, alle loro intenzioni evangeliche, all'esempio della loro santità, cogliendo in ciò uno dei principi del rinnovamento in corso ed uno dei criteri più sicuri di quel che ciascun Istituto deve eventualmente intraprendere. Perché se la chiamata di Dio si rinnova e si differenzia secondo le circostanze mutevoli di luogo e di tempo, essa richiede tuttavia degli orientamenti costanti».l4

Questi «orientamenti costanti», attinti a Don Bosco, hanno ispirato la rielaborazione delle Costituzioni per ravvivare in noi l'ardore della «carità pastorale». Se è vero, come afferma Paolo VI nel citato documento, che «ogni istituzione umana è insidiata dalla sclerosi e minacciata dal formalismo» e che «la regolarità esteriore non basterebbe, di per se stessa, a garantire il valore di una vita e l'intima sua coerenza»,15 vuol dire che lo sguardo sul Fondatore dovrà farci entrare nel suo cuore per percepirne l'ispirazione evangelica come sorgente viva e permanente del nostro carisma.

Merita una particolare menzione, al riguardo, il capitolo su «lo spirito salesiano» collocato nella 1a parte come valore costitutivo della nostra identità. Esso informa e anima tutti gli aspetti del nostro modo di seguire il Signore.

Dal Proemio all'ultimo articolo, passando per ognuna delle parti e dei capitoli, il testo presenta il cuore vivo del nostro Padre: il suo carisma, il suo spirito, la sua missione, la sua inventiva pastorale, la sua capacità di comunione, la sua testimonianza religiosa, lo stile della sua unione con Dio, la sua pedagogia formativa, la sua genialità organizzativa, la sua maniera paterna di animare e governare, il suo desiderio intimo di stare sempre con noi, quasi esclamando già dalla prima pagina: «Vorrei accompagnarvi io stesso, ma quello che non posso fare io, lo faranno queste Costituzioni. Custoditele come preziosissimo tesoro!».16


Un'altra novità ancora è l'adeguamento delle Costituzioni al nuovo Codice di Diritto canonico. È un fatto che il Vaticano II ha iniziato una svolta così profonda da esigere una totale riformulazione del Codice. Ciò ha portato con sé una conseguenza assai positiva per noi.

Il testo costituzionale non è più soggetto a una dettagliata uniformità giuridica, che lo poteva appiattire togliendogli respiro con norme particolareggiate e minute. Il Codice di Diritto canonico oggi richiede, favorisce e tutela l'originalità dell'indole propria di ogni Istituto, il suo patrimonio spirituale e apostolico. Indica, sì, alcuni principi generali per la vita religiosa, ma lascia, anzi esige, lo spazio necessario per l'identità del proprio spirito. Stabilisce, ed è un bene, che i principi costitutivi di una Congregazione vengano enunciati con chiarezza e precisione; che funzioni in essa la corresponsabilità e la sussidiarietà; che la «forma» dell'Istituto corrisponda alla genuina volontà del Fondatore; che l'organizzazione delle comunità ai vari livelli e l'esercizio dell'autorità siano ben determinati e posti al servizio dei fini vocazionali.

Così il nuovo Codice, considerato quasi un ulteriore documento del Concilio, ha stimolato i valori di una giusta autonomia invitando la Congregazione a un'attenta rielaborazione del suo Diritto particolare.

Possiamo dire che l'attuale testo delle Costituzioni e dei Regolamenti generali risponde bene a queste esigenze.


Infine, il testo chiarisce e definisce la concretezza e l'ambito della nostra «Regola di vita». Il cosiddetto Diritto particolare o proprio della Congregazione «viene espresso nelle Costituzioni, che rappresentano il nostro codice fondamentale, nei Regolamenti generali, nelle deliberazioni del Capitolo generale, nei Direttori generali e ispettoriali e in altre decisioni delle competenti autorità».l7

L'insieme di questi documenti direttivi costituisce la nostra «Regola di vita», guida la prassi quotidiana, stabilisce l'ambito dell'esercizio dell'autorità, precisa il percorso della via evangelica da seguire.

È certamente uno speciale merito del CG22 quello di aver riorganizzato tutto il materiale dei Regolamenti generali. Nel testo rielaborato si è seguita la medesima struttura delle Costituzioni (nella 2ª, 3ª e 4ª parte), facilitandone l'uso. Sono stati trasferiti vari articoli, si sono colmate delle lacune, si è curato uno stile più confacente alla loro natura normativa. Così i Regolamenti generali si presentano oggi con una forte novità di prospettiva, si ispirano armonicamente alle Costituzioni e ne specificano le modalità direttive offrendo una metodologia concreta di applicazione.

Don Bosco, con il suo intuito pedagogico, assegnava reale importanza agli aspetti metodologici della condotta. Il senso di un'aggiornata «disciplina religiosa» è indispensabile. Essa testimonia e rafforza vitalmente la nostra sincera appartenenza alla Congregazione. Abbiamo urgente bisogno di ricuperare il valore ascetico, ecclesiale e pedagogico della nostra «Regola di vita».18 Una giusta disciplina è necessaria, come espressione del senso evangelico dell'ascesi che fa tradurre la Regola in « spirito».



4. Struttura generale delle Costituzioni


Il testo rielaborato delle Costituzioni si presenta diviso in quattro «parti». Questa struttura generale non è indifferente per la comprensione dei contenuti. Il CG22 l'ha voluta così (ed è uno dei più significativi mutamenti introdotti) dopo attenta considerazione e discussione.

Uno sguardo a questa struttura risulta utile «per comprendere come le singole parti formino un tutto organico, si equilibrino e illuminino a vicenda» (Sussidio).

Le precede un «Proemio», e terminano con una «Conclusione».


Il Proemio


Spicca in esso una fotografia autentica di Don Bosco che consegna le Costituzioni a don Giovanni Cagliero, capo della prima spedizione missionaria in America Latina (è del 1875, anno della prima edizione in italiano delle Costituzioni). La fotografia è commentata da due citazioni: di Don Bosco e di don Rua. È un'introduzione visiva e di sapore storico alla meditazione del testo.

Ci fa intuire immediatamente che cosa ha significato sempre lo «stare con Don Bosco», ricevendone in eredità il testamento spirituale. Il penetrante commento che ne fa don Rua parla di intensa comunione d'affetto, in una cordialità di famiglia, con un Padre sempre presente tra noi, che guida, stimola, illumina e intercede affinché non cessiamo mai, dovunque e in ogni opera, di essere gli instancabili e fedeli «missionari dei giovani».


La 1ª parte (25 articoli)


Descrive, in forma germinale e globale, l'identità dei Salesiani di Don Bosco nella Chiesa: l'iniziativa di Dio che ci chiama, la missione specifica della nostra vocazione, la consacrazione apostolica che ci caratterizza, la «forma» della nostra Congregazione, lo spirito che ci anima, e la professione religiosa che guida l'opzione fondamentale del nostro battesimo verso la meta della santità.

È una parte totalmente ripensata che dà il genuino tono salesiano a tutto il testo. Presenta una visione unificata del nostro stile di santificazione e di apostolato. Il suo merito fondamentale è quello di dirigerci subito al Fondatore come modello, per scoprire nel suo cuore il segreto della «grazia di unità», che è forza congenita della carità pastorale.

Non più dissonanza tra «consacrazione» e «missione», ma mutua e indissolubile compenetrazione che ci fa salesianamente e simultaneamente apostoli-religiosi e religiosi-apostoli. La «consacrazione» coinvolge tutta la nostra vita; e la «missione» qualifica tutta la nostra testimonianza. A ragione il titolo del terzo articolo parla di «consacrazione apostolica», indicando con questa espressione unitaria e pregnante uno degli aspetti più decisivi della nostra identità nella Chiesa.

Il termine «consacrazione», nel testo, non indica mai l'oblazione o donazione che facciamo di noi stessi a Dio (dove il soggetto agente saremmo noi; in tal senso si soleva dire: «Io mi consacro a Te»!). Si riferisce invece, in primo luogo, all'azione di Dio: «del Padre che ci consacra col dono del suo Spirito»; 19 ossia, che attraverso l'azione della Chiesa 20 ci benedice e ci prende totalmente per Sé impegnandosi a proteggerci, a guidarci e ad aiutarci quotidianamente a progredire nella via evangelica professata. L'oggetto su cui ricadono i benefici di questa azione divina sono le nostre persone di professi in quanto, come risposta alla Sua chiamata, ci offriamo totalmente a Lui, così che tutta la nostra esistenza diviene una «vita consacrata».

Perciò, in secondo luogo, il termine «consacrazione» indica passivamente anche la stessa nostra esistenza religiosa quale vita che è stata «consacrata». Infatti l'azione consacrante di Dio coinvolge i vari impegni assunti nella donazione di noi stessi attraverso la professione, e proclama la nascita di un patto di più radicale amicizia e di peculiare alleanza tra il Padre e noi. In tal senso, il testo afferma che la consacrazione (ossia la «vita consacrata») comprende inseparabilmente «la missione apostolica, la comunità fraterna e la pratica dei consigli evangelici»; 21 vale a dire: tutti gli aspetti costitutivi del nostro progetto religioso.

Si tratta davvero di una nuova prospettiva, più vera e incoraggiante: è bello considerare tutto il nostro progetto di vita come un dono (un «carisma»!) che si sviluppa in noi sorretto e animato dalla «potenza» dello Spirito Santo.22

A sua volta il termine «missione», nel testo, non indica semplicemente l'attività o l'azione esterna. Ha una densità biblica che ci riallaccia al mistero trinitario dell'invio del Figlio e dello Spirito Santo nel mondo da parte del Padre, sommergendoci nel mistero stesso della Chiesa e del suo specifico compito storico. La nostra missione si interpreta alla luce di quella di Cristo e della Chiesa: come il Padre «ha consacrato» il Figlio e «lo ha mandato nel mondo»,23 così nella nostra professione Egli stesso «ci consacra e ci invia ad essere apostoli dei giovani».24

Ecco perché, da una parte, la missione appare come un aspetto costitutivo della stessa nostra consacrazione; e, dall'altra, la nostra vita consacrata viene definita e precisata dalla missione e deve proiettarsi e realizzarsi in essa. Nasce così, nel cuore salesiano, un modo dinamico di appartenenza e piena disponibilità a Dio «contemplato in atto di salvare il mondo». Il cuore, appunto perché tutto di un Dio che è «Salvatore», si sente irresistibilmente proteso verso l'azione pastorale.

L'espressione «consacrazione apostolica» è, dunque, assai densa e illuminante; tocca e chiarisce la radice profonda della nostra identità: là dove risiede e palpita quella carità pastorale che realizza un permanente e mutuo interscambio «tra interiorità e operosità». Esige atteggiamenti interiori speciali («lo spirito salesiano») e una professione religiosa originale.

Impegnarsi nella missione salesiana comporta una coscienza esplicitamente legata a due poli in continua e viva tensione: Iddio Padre che ci invia e i destinatari a cui siamo inviati.25

Giustamente il testo costituzionale colloca la missione al centro della nostra identità, esige quotidianamente in noi una dimensione contemplativa di inviati al lavoro, e afferma che la missione «dà a tutta la nostra esistenza il suo tono concreto, specifica il compito che abbiamo nella Chiesa e determina il posto che occupiamo tra le famiglie religiose».26

Questa la parte, nei contenuti dei suoi tre capitoli, è davvero fondante. È la nostra carta d'identità.


La 2ª parte (70 articoli)


Riunisce in forma organica ben tre parti del testo costituzionale anteriore (1972). Si è voluto con ciò sottolineare l'unità e il mutuo rapporto dei vari impegni fondamentali assunti nella professione: la missione salesiana, il suo contesto comunitario, la radicalità evangelica con cui è vissuta, e la indispensabilità della preghiera che ne vivifica ogni aspetto.

Uno dei grandi meriti di questa parte sta soprattutto nel proporre la permeazione mutua e l'intimo e continuato interscambio tra questi vari aspetti della nostra vocazione. Impegno pastorale, dimensione comunitaria e voti religiosi sono presentati in costante correlazione; e la loro inseparabilità caratterizza in modo peculiarmente salesiano ognuno dei singoli aspetti.

L'aver poi collocato, come sintesi conclusiva della parte, il dialogo con il Signore evidenzia sia l'intimo legame della preghiera con ogni elemento della nostra vocazione, sia l'importanza vitale (come fonte e come vertice) della preghiera stessa quale stimolo permanente «a celebrare la liturgia della vita»27 nell'azione pastorale, nella comunione fraterna e nella pratica dei consigli evangelici.

È da notare qui, e anche nella 1ª parte e altrove, come il testo mette in luce la consolante presenza e il ruolo materno di Maria nella nascita, nella crescita e nella realizzazione di questa nostra vocazione salesiana.28


La 3ª parte (24 articoli)


È dedicata alla formazione dei confratelli. Il CG22, seguendo le indicazioni del CG21 29 e dei Capitoli ispettoriali che insistevano sulla natura e urgenza della «formazione permanente», ne ha fatto il concetto organizzatore e orientativo di tutta la parte. Si tratta, infatti, di un processo di crescita continua, pur con fasi differenziate e ritmi graduali di maturazione.

La formazione è poggiata sulla grazia 30 e guarda sempre a Don Bosco come a modello per seguire il Signore: «La natura religiosa apostolica della vocazione salesiana determina l'orientamento specifico della nostra formazione».31

Il testo sottolinea l'impegno personale e comunitario, sempre esigente, attento alla diversità delle componenti «laicale» e «clericale», e aperto alle caratteristiche delle diverse culture.

Essendo il processo formativo delicato e complesso, le Costituzioni presentano solo gli aspetti fondamentali che verranno poi precisati nei Regolamenti e in un ulteriore documento (la «Ratio») che ne determina autorevolmente i principi e le norme generali.

Questa parte è ispirata e rivolta alle due anteriori: ogni confratello, infatti, cresce verso la maturazione facendo «esperienza dei valori della vocazione salesiana» con lo scopo di «diventare educatore pastore dei giovani nella forma laicale o sacerdotale che gli è propria».32


La 4ª parte (71 articoli)


Tratta del servizio dell'autorità in Congregazione. La natura dell'argomento esige una certa ampiezza con uno stile necessariamente più conciso e giuridico. La rielaborazione di questa parte ha tenuto conto soprattutto di due istanze: la valutazione della fase di sperimentazione (più di 12 anni: dal CGS che aveva studiato accuratamente il problema delle strutture), e l'adeguamento al nuovo Codice di Diritto canonico.

Inizia con un capitolo sui «Principi e criteri generali». Vi si indica la natura del servizio dell'autorità in Congregazione, «esercitata a nome e ad imitazione di Cristo», nello stile di ragionevolezza e di spirito di famiglia caratteristico di Don Bosco, e rivolta «ad animare, orientare, decidere, correggere, in modo che venga realizzata la nostra missione». Si codifica anche, «secondo la nostra tradizione», l'aspetto sacerdotale di questo servizio.33

Inoltre il testo indica il delicato aspetto di «unità» inerente alla natura dell'autorità salesiana, e le indispensabili istanze di «partecipazione e corresponsabilità» e di «sussidiarietà e decentramento», sempre in vista dell'unità e identità della vocazione salesiana.


Conclusione (6 articoli)


Gli articoli di questa parte conclusiva sono stati arricchiti di nuovi contenuti e di più penetranti considerazioni spirituali di sintesi. Dopo aver descritto l'ambito del nostro «Diritto particolare», il suo valore vincolante e l'eventuale separazione dalla Congregazione, il testo sottolinea i valori della fedeltà e della perseveranza quale «risposta sempre rinnovata alla speciale alleanza che il Signore ha sancito con noi».34

Pone fine al testo rinnovato delle Costituzioni un articolo altamente ispirato che corona con una degna sintesi il tutto. Si tratta sostanzialmente del bel proemio dell'edizione anteriore (1972) che trova qui una sua collocazione più valida e più significativa. In esso si proclama Gesù Cristo nostra suprema «Regola vivente», Maria nostra «Guida», Don Bosco nostro «Modello», e le Costituzioni «una via che conduce all'Amore».

Siamo dei discepoli «prediletti», «chiamati per nome», che, se sappiamo tradurre i contenuti costituzionali in vita vissuta, diverremo nel mondo «pegno di speranza per i piccoli e i poveri».35



5. La professione religiosa in un'ora germinale


Il Concilio ha constatato che ci troviamo all'aurora di una nuova epoca storica. La Chiesa vive un vero ricominciamento: un tempo con sapore di novità che richiede chiarezza d'identità, energia di vita, coraggio d'inventiva, discernimento di fedeltà e umiltà di revisione. L'ora che viviamo ci chiama, più che a lodare o a criticare gli articoli di un bel testo aggiornato, a rilanciare oggi, con la semplicità e l'entusiasmo delle origini, un carisma della Chiesa.

Il lavoro di rielaborazione delle Costituzioni non è stato propriamente dottrinale, giuridico o letterario, anche se vi hanno contribuito competenti in questi settori. È stata la saggezza di vita di tutti i Salesiani, che vivono nelle diverse culture, ad essere interpellata e impegnata. Alla sua luce si sono individuati i valori permanenti di quella «esperienza di Spirito Santo» che fu vissuta da Don Bosco e trasmessa a noi per essere custodita, approfondita e sviluppata «in sintonia con il Corpo di Cristo in perenne crescita».36 Ecco perché le Costituzioni rinnovate comportano anzitutto in noi la coscienza di un'ora germinale e il proposito di un impegno di ricominciamento. Dobbiamo rilanciare il progetto salesiano di Don Bosco. Se non lo facciamo, rimarremo ai margini della storia.

Questa sensibilità di rilancio si appoggia, a suo fondamento, sul ricupero del significato vitale della professione religiosa.

Essa è l'espressione più profonda della nostra libertà che, con la grazia di Dio, intende dare all'opzione fondamentale del nostro battesimo una testimonianza concreta di esistenza. È collocata alla radice stessa del nostro modo di seguire Gesù Cristo e perciò diviene l'ottica della nostra lettura del Vangelo e il punto base di riferimento di tutte le scelte e gli impegni.

Non è nella vita un sovrappiù né un elemento secondario o collaterale, bensì è la focalizzazione e il metro di tutto. L'essere, in Cristo, autentici salesiani ci aiuta a discernere e a misurare le molteplici attività e gli atteggiamenti da prendere.

A ragione, dunque, il testo costituzionale ha voluto dare alla professione religiosa una nuova collocazione che ne facesse risaltare meglio l'importanza.

Il capo 3° della 1a parte è dedicato a questo argomento. Fa da ponte tra la 1a e le altre parti delle Costituzioni. Innanzitutto sintetizza e specifica nella persona di ogni confratello la vocazione dei «Salesiani di Don Bosco nella Chiesa»;37 ed annuncia poi nella formula della professione 38 i temi che si svolgeranno nelle parti successive come esplicitazione concreta della scelta fatta.

È importante capire il significato globale della nostra professione.

Non la possiamo ridurre alla sola emissione dei tre voti. Il significato concreto di ognuno di essi è intimamente legato alla vocazione salesiana: «faccio voto — si dice nella formula — di vivere obbediente, povero e casto, secondo la via evangelica tracciata dalle Costituzioni salesiane».39

La risposta che noi diamo al Signore che ci chiama è di offrirci totalmente a Dio impegnandoci a « donare tutte le nostre forze» specialmente ai giovani bisognosi, a vivere nella Congregazione «in fraterna comunione di spirito e di azione», e a partecipare così «alla vita e alla missione della Chiesa». La nostra obbedienza, povertà e castità non fanno astrazione dall'ambito concreto e integrale della nostra vocazione, ma sono vitalmente inserite in essa, così da esserne l'espressione sintetica più radicale.

Don Bosco parlava di «professare le Costituzioni della Società di S. Francesco di Sales» e che «professandole» si intendesse «di promettere a Dio di aspirare alla santificazione».40

Se pensiamo, poi, che la professione è l'espressione diligentemente curata e lungamente preparata di una libertà matura («una scelta tra le più alte per la coscienza di un credente»), che ha carattere ecclesiale perché fatta «pubblicamente di fronte alla Chiesa» per viverne la santità, e che è un «impegno reciproco» nei confronti della Congregazione,41 si percepirà ancora meglio perché essa è fondante.

Le Costituzioni, a cui fa riferimento la professione, descrivono quella tipica «esperienza di Spirito Santo» a cui ci si incorpora. Non sono un trattatello generico di vita religiosa utile per una lettura spirituale. Sono una descrizione tipologica (ossia, presentazione autentica di un «modello») di ciò che il Concilio chiama «l'indole propria» del nostro progetto di vita evangelica approvato dalla Chiesa. Indicano i tratti spirituali e gli atteggiamenti esistenziali che ci devono distinguere e caratterizzare nel Popolo di Dio. Senza dubbio questi aspetti suppongono ed esigono gli elementi costitutivi di ogni vita cristiana o consacrata, che abbiamo necessariamente in comune con gli altri fedeli e religiosi.

L'indole propria è costituita da aspetti e colorazioni esistenziali, descritti e precisati nel testo costituzionale e assunti esplicitamente nella professione come prassi di sequela del Cristo. Cosa, di fatto, né insignificante né trascurabile per i professi. Per noi il modo di essere discepoli e di vivere il Battesimo è quello di praticare la nostra «Regola di vita». Per divenire veri cristiani noi dobbiamo vivere da buoni salesiani. «Non ci sono due piani — ci diceva già il CGS —: quello della vita religiosa, un po' più alto, e quello della vita cristiana, un po' più basso. Per chi é religioso, testimoniare lo spirito delle beatitudini colla professione è la sua unica maniera di vivere il battesimo e di essere discepolo del Signore».42

Nella professione religiosa scopriamo, in definitiva, il significato vivo e globale della nostra speciale Alleanza con Dio. La sua intrinseca vincolazione con le Costituzioni ci guida, nel quotidiano, alla santità secondo il modello ecclesiale del Fondatore. Attraverso la Regola, la professione svolge la funzione di confronto evangelico per giudicare il nostro stile di vita, e aiuta a costruire l'unità della Congregazione promuovendone la crescita organica al di là delle differenze socioculturali, rilanciando verso nuove tappe il carisma di Don Bosco.

In quest'ora di ricominciamento la coscienza chiara del significato della nostra professione religiosa ci assicura la vitalità della crescita spirituale e l'audacia e fecondità soprannaturale delle origini.



6. Alcuni principi ispiratori di rinnovamento


Credo opportuno, a questo punto, elencare alcuni temi generatori contenuti nelle Costituzioni. Li considero suggestivi per una chiarificazione di mentalità e per guidare gli sforzi personali e comunitari di rinnovamento.

La rielaborazione del testo non è stata sempre pacifica, non solo a causa di una spiegabile differenza culturale dei capitolari, ma anche per le diverse angolature d'impostazione o per la lenta e progressiva maturazione di alcuni contenuti. La discussione ha arricchito l'approfondimento dei temi, e una migliore percezione dei contenuti ha portato alla convergenza di una preziosa e significativa unanimità.

Seguendo l'ordine delle quattro parti mi soffermo brevemente solo su alcuni principi ispiratori che considero più illuminanti per l'assimilazione dei contenuti.


La consacrazione apostolica



Abbiamo già indicato poc'anzi l'importanza fondante di questo argomento; qui lo riprendiamo dal punto di vista di tema generatore.

Nella 1ª parte si esprime, attraverso sintetiche e penetranti affermazioni in vari articoli,43 l'originalità di quella «grazia di unità» che il CGS aveva già indicato come la nostra prima caratteristica da coltivare: «Lo Spirito Santo — si legge negli Atti — chiama il salesiano ad una opzione di esistenza cristiana che è simultaneamente apostolica e religiosa. Gli dona perciò "la grazia di unità" per vivere il dinamismo dell'azione apostolica e la pienezza della vita religiosa in un unico movimento di carità verso Dio e verso il prossimo. Questo tipo di vita non è qualcosa di fisso e prefabbricato, ma è un "progetto" in permanente costruzione. La sua unità non è statica, ma è un'unità in tensione, e nella continua necessità di equilibrio, di revisione, di conversione e di adattamento».44

La distinzione concettuale tra «consacrazione» e « missione» non deve portare, tra noi, a un atteggiamento di pericoloso dualismo che privilegi un aspetto sull'altro. Ciò intaccherebbe la nostra identità alla sua radice. Il testo costituzionale rielaborato supera con intelligenza di fede questo pericolo e ci offre, come abbiamo già indicato, «un concetto più profondo, più integrale e più esperienziale sia di "consacrazione" che di "missione". Nelle Costituzioni non si segue in forma generica né una "teologia della consacrazione" né una "teologia della missione"; si segue una "teologia della vocazione salesiana", fondata sul concreto patrimonio spirituale di Don Bosco».45

La "grazia di unità" ci fa ripensare in forma originale sia l'integralità viva della nostra missione che quella della nostra consacrazione. Esse si permeano mutuamente in una unitaria esperienza di vita. Tale sintesi non deriva dall'astrattezza di un «concetto», ma dalla testimonianza di un «modello»: la vita di Don Bosco.

Ogni Istituto religioso di vita attiva dovrebbe saper approfondire e sviluppare i contenuti pregnanti del famoso n. 8 del decreto conciliare Perfectae caritatis. Si tratta di un principio caratterizzante e globale di straordinaria importanza per ogni spiritualità religiosa apostolica.46

Resta chiaro che quella «carità pastorale» che è considerata il «centro» e la «sintesi» dello «spirito salesiano»47 contiene in sé ed esprime la «grazia di unità» che sintetizza tutta la nostra vita «in un unico movimento di carità verso Dio e verso i fratelli».48

La «consacrazione apostolica» è operata in noi il giorno della professione; è un dono che ci è dato come «fonte di grazia e sostegno nello sforzo quotidiano per crescere nell'amore perfetto di Dio e degli uomini».49

È veramente indispensabile riflettere su questa intima realtà che comporta simultaneamente l'iniziativa divina su ciascuno di noi e la nostra libera e radicale risposta verso di Lui.

Per capire bene e tradurre in vita i grandi valori contenuti nel nostro modo di essere e di sentirci «consacrati», non basta fermarsi alla considerazione dell'ambito globale a cui si estende la nostra consacrazione apostolica. È certamente un gran passo avanti l'averne percepito la vera estensione sia da parte dell'azione consacrante di Dio che da parte della nostra oblazione o donazione: ossia, come dice il testo, che la nostra vita consacrata include inseparabilmente «la missione apostolica, la comunità fraterna e la pratica dei consigli evangelici».50 Ma è assolutamente indispensabile procedere oltre e guardare alla scintilla prima dell'amore, quella che sprizza all'ora zero lì dove incomincia il tutto, dove esplode l'amicizia e si ratifica l'alleanza, dove palpita la grazia di unità. Voglio dire che bisogna considerare costantemente e approfondire di più l'anima stessa della consacrazione come l'incontro di due amori, di due libertà che si fondono: il «Padre che ci consacra»51 e noi che ci «offriamo totalmente a Lui».52 In questa mutua fusione di amicizia l'iniziativa e la possibilità stessa dell'alleanza proviene da Dio, ma è confermata dalle nostre libere risposte: è Lui che ci ha chiamato e ci ha aiutato a rispondere, ma siamo noi che ci doniamo. È Lui che ci consacra, ci avvolge col suo Spirito, ci prende per Sé, ci fa divenire totalmente Suoi, ci inonda di grazia per convogliare tutte le nostre risorse al gran disegno di salvezza del mondo; ma siamo noi che ci concentriamo in Lui, Lo ascoltiamo e Lo contempliamo. Da ciò deriva in noi un rapporto assai stretto e caratteristico con Lui, che riempie la nostra psicologia o interiorità di «consacrati», che diviene l'oggetto della nostra contemplazione, l'orientamento dei nostri affetti e la molla che fa scattare la nostra operosità.

Che cosa significa per la mia coscienza il sentirmi un «consacrato»?

Eccoci giunti al punto più strategico di tutti, dove si debella (o dove purtroppo, può incominciare a nascere) la superficialità spirituale! La mia coscienza di «consacrato» rivolge il mio cuore e la mia mente «a Dio sommamente amato» a cui mi sono «donato totalmente», liberandomi «dagli impedimenti che potrebbero ritardarmi nel fervore della carità e nella perfezione del culto divino».53 Lui accetta, mi benedice, mi aiuta ad essere davvero totalmente Suo. Sono di Dio; non mi appartengo più; penso a Lui e lo contemplo; progetto con Lui; mi sento coinvolto nel Suo piano di salvezza; collaboro con tutte le mie forze al Suo Regno; nella mia più recondita interiorità, prima ancora di qualsiasi azione, mi sento già operoso; scopro che esiste anche un'interiorità dell'azione e la curo senza interruzione perché essa costituisce il punto di partenza permanente di tutta l'attività salesiana. Capisco così che l'iniziativa gratuita del Padre segna non solo la nascita storica della Congregazione e la santità di Don Bosco,54 ma anche la mia vocazione e la mia santificazione; inoltre vedo che l'alleanza e la comunione che ne deriva, mentre nutre il mio continuo dialogo di filiale ascolto e di risposta d'amicizia, guida e anima la mia maniera di vivere e le modalità e l'intensità del mio modo d'agire.

Alla luce di questa intuizione-prima si comprende la straordinaria importanza che ha per ogni «consacrato» l'atteggiamento permanente di unione con Dio. Questo atteggiamento porta il salesiano a fare «esperienza della paternità di Dio». Egli è sempre «in dialogo semplice e cordiale con il Cristo vivo e con il Padre che sente vicino. Attento alla presenza dello Spirito e compiendo tutto per amore di Dio, diventa, come Don Bosco, contemplativo nell'azione».55 Egli è contemplativo non di un Dio, diciamo così, generico e quasi amorfo; ma di un Dio con una fisionomia ben definita e in una prospettiva storica assai concreta. Il salesiano contempla Dio non per evadere dal «reale», ma per perforarlo con profondità biblica. Così lo abbiamo proclamato nel solenne Atto di affidamento all'Ausiliatrice: il salesiano adora quell'Amore infinito che ha creato e redento il mondo, ossia un Dio che è Padre storicamente «ricco in misericordia», che è Figlio incarnato tra noi e «redentore», e che è Spirito inserito nell'avventura umana come potente «santificatore»; un Dio davvero immerso in tutta la realtà dell'uomo. L'esercizio «senza sosta» di questa contemplazione e unione porterà il salesiano nel suo lavoro e in tutta la sua esistenza «a celebrare la liturgia della vita».56

Non si tratta di ideali impossibili o di slogans fatti. L'iniziativa consacrante di Dio — come ci assicurano le Costituzioni — infonde forza e guida il quotidiano con amorosa provvidenza.57 È bello e consolante sapere che la nostra consacrazione apostolica è sorretta e fecondata già nel suo primo battito dalla «potenza» dello Spirito Santo: il Signore ci concede infatti, come dice l'Apostolo, «di essere potentemente rafforzati dal suo Spirito nell'uomo interiore».58

La carità pastorale del carisma salesiano comporta, dunque, una profonda originalità con «novità di missione» e con «novità di consacrazione» nella sintesi feconda di una «consacrazione apostolica» portatrice di grazia di unità.

Evidentemente il rinnovamento della nostra condotta pratica esigerà, con urgenza, l'impegno quotidiano di adorare e di ascoltare, eliminando quella superficialità spirituale che corrode la nostra identità. La consacrazione apostolica ci stimola ad assicurare la nostra dimensione contemplativa in tal forma che l'azione salesiana appaia sempre come una espressione vitale di interiorità; e a qualificare in tal modo la nostra operosità apostolica che trasformi oggettivamente la vita religiosa in un'ininterrotta oblazione liturgica.


Il criterio oratoriano


Nella 2ª parte meritano di venir sottolineati tre principi ispiratori: il Criterio oratoriano, l'Esigenza comunitaria e la Familiarità con Gesù Cristo.

Il primo è condensato nel nuovo articolo 40: «L'Oratorio di Don Bosco criterio permanente».

L'Oratorio delle origini viene considerato un modello apostolico di riferimento. Tale modello non si identifica con una determinata struttura o istituzione, senza per altro escludere nessuna di quelle che la situazione concreta potrà suggerire. Esige anzitutto una specifica ottica pastorale per giudicare le nostre presenze, nuove o da rinnovare. Tale ottica ha caratterizzato il cuore di Don Bosco nell'ora prima del suo carisma e durante tutta la sua esistenza.

Al centro di questo «cuore oratoriano» c'è «la predilezione per i giovani, che dà significato a tutta la nostra vita».59 È un «dono di Dio» che sgorga da una «carità pastorale» realisticamente attenta alle necessità e urgenze della società per rispondervi con il nostro apostolato giovanile e popolare.

L'ispirazione di tale criterio illumina gli impegni ecclesiali voluti da Don Bosco per la Congregazione.60 Essi sono: l'evangelizzazione dei giovani, soprattutto poveri e del mondo del lavoro; 61 la cura delle vocazioni; 62 l'iniziativa apostolica negli ambienti popolari 63 «in particolare con la comunicazione sociale»; 64 e le missioni.65

Per capire fedelmente l'ambito di questo criterio conviene aver presenti alcune esigenze costituzionali a tre differenti livelli complementari:

la scelta preferenziale dei destinatari, i giovani poveri e, simultaneamente, quelli con germi di vocazione;

l'esperienza spirituale ed educativa del Sistema Preventivo;

la capacità di convocazione di numerosi corresponsabili scelti soprattutto nel laicato e tra i giovani stessi.

Si tratta, quindi, di un criterio complesso ma concreto che ci invita a trascendere la materialità delle opere e ad entrare nel cuore di Don Bosco per giudicare e programmare secondo l'angolatura specifica della sua carità pastorale.

I tempi e le molteplici situazioni esigono da noi una «novità di presenza» là dove già siamo o dove verremo inviati. C'è da rivedere, da riprogettare, da creare per essere veramente in sintonia con l'ispirazione delle origini.

La fedeltà al «criterio oratoriano» nella nostra missione è un compito vivo, che ricomincia sempre. Non possiamo considerare le opere esistenti come una risposta definitiva e statica; si percepiscono ogni giorno, soprattutto in un'ora di tanti mutamenti, interpellanze emergenti, situazioni nuove, opzioni ecclesiali coinvolgenti. Per discernere e decidere guardiamo al paradigma del primo Oratorio, «che fu per i giovani casa che accoglie, parrocchia che evangelizza, scuola che avvia alla vita e cortile per incontrarsi da amici e vivere in allegria».66


L'esigenza comunitaria


Un altro principio ispiratore che troviamo nella 2ª parte è quello della dimensione comunitaria, propria dello stile di vita e della pastorale salesiana: «Vivere e lavorare insieme è per noi Salesiani un'esigenza fondamentale e una via sicura per realizzare la nostra vocazione».67

La «casa» salesiana è nata con un genuino e intenso spirito di famiglia anche tra confratelli di differenti nazionalità e mentalità. Ciò costituisce una simpatica caratteristica della nostra tradizione: «In clima di mutua confidenza e di quotidiano perdono si prova il bisogno e la gioia di condividere tutto e i rapporti vengono regolati non tanto dal ricorso alle leggi, quanto dal movimento del cuore e della fede».68 Se gli orientamenti conciliari hanno ricordato ai religiosi che devono essere nel Popolo di Dio degli «esperti in comunione», noi ci rallegriamo nel constatare che questa è appunto una qualità inerente alla comunità salesiana cresciuta nello spirito di Don Bosco.

Ma la scelta comunitaria non si esaurisce nella fraternità e nello stile di famiglia. Una esigenza particolarmente concreta del testo costituzionale è la corresponsabilità in ordine all'azione pastorale: «la missione della Società è affidata in primo luogo alla comunità»; 69 «ciascuno di noi è responsabile della missione comune e vi partecipa con la ricchezza dei suoi doni»; 70 «la coesione e la corresponsabilità fraterna permettono di raggiungere gli obiettivi pastorali».71

Il nostro progetto educativo pastorale è comunitario nella sua formulazione, nella sua realizzazione, nella sua revisione. Ogni socio ha un suo compito personale, non come espressione di individualismo e di indipendenza apostolica, bensì come parte di un impegno comune: «L'ispettore e il direttore, come animatori del dialogo e della partecipazione, guidano il discernimento pastorale della comunità, affinché essa proceda unita e fedele nell'attuazione del progetto apostolico».72

Inoltre, l'esigenza comunitaria allarga la fraternità e la corresponsabilità salesiana coltivando nei confratelli il senso vivo della loro appartenenza a tutta la Congregazione sia per l'identità vocazionale sia per l'unità di comunione: «La professione religiosa incorpora il salesiano nella Società, facendolo partecipe della comunione di spirito, di testimonianza e di servizio che essa vive nella Chiesa universale».73

Da questo principio ispiratore bisognerà saper trarre numerose conseguenze pratiche per il nostro rinnovamento.


La familiarità con Gesù Cristo


Un altro principio ispiratore sviluppato dettagliatamente soprattutto nella 2ª parte (ma, come abbiamo visto, non solo in essa) è quello della nostra amicizia con Cristo. Una familiarità quotidiana che consiste nel voler «conoscere Cristo e la potenza della sua risurrezione».74 «Lo spirito salesiano trova il suo modello e la sua sorgente nel cuore stesso di Cristo, apostolo del Padre».75 La nostra professione religiosa è una risposta «all'amore del Signore Gesù che "ci" chiama a seguirlo più da vicino»,76 e l'unione con Dio che permea tutta la vita salesiana è radicata in un «dialogo semplice e cordiale con il Cristo vivo».77 Questo tema generatore si allaccia, evidentemente, a quanto abbiamo già considerato circa la consacrazione apostolica.

Il testo costituzionale tratta con particolare cura due aspetti vitali della familiarità con il Signore: la sequela di Cristo nella pratica dei consigli evangelici e l'incontro facile e sincero con Lui come persone e comunità oranti.

È interessante sottolineare, in primo luogo, che il modo salesiano di seguire Cristo, così come è espresso nel testo costituzionale, privilegia nei voti, come fece lo stesso Don Bosco, l'atteggiamento dell'obbedienza: 78 la nostra vita in missione tende prioritariamente a farci partecipi dell'obbedienza di Colui che offrì Se stesso al Padre per la salvezza degli uomini.79 Il senso evangelico dell'obbedienza religiosa è accompagnato da quello della povertà 80 e dell'oblazione di sé nella castità consacrata per il Regno.81 Si tratta, quindi, di vivere l'amicizia, con Cristo, in una testimonianza di esistenza, che porta fino alle conseguenze radicali l'opzione fondamentale del battesimo: «faccio voto per sempre di vivere obbediente, povero e casto, secondo la via evangelica tracciata dalle Costituzioni salesiane».82 È il nostro atteggiamento di amicizia più profondo.83

In secondo luogo poi l'incontro con Cristo è centrato dalle Costituzioni sulla «Preghiera»,84 sull'«Eucaristia»,85 sulla «Riconciliazione e Penitenza»,86 e sul «Discernimento».87 Sono temi assai concreti e impegnativi che ci aiutano a evitare il grave pericolo della superficialità spirituale.88 È qui che si ravviva la scintilla prima della «grazia di unità».

L'atteggiamento quotidiano di dialogo con Cristo nutre l'amicizia e la familiarità con Lui così da poter apparire tra la gente come «segni e portatori» del suo amore. Le interpellanze che oggi provengono dalla secolarizzazione, dalla liberazione e dall'inculturazione esigono una straordinaria cura della nostra familiarità con Cristo. Urge rivedere e approfondire quanto ci dicono le Costituzioni circa la Pratica dei consigli evangelici e circa la Preghiera, l'Eucaristia, la Riconciliazione e il Discernimento. Il fuoco animatore di questa «grazia di unità» che è il segreto della nostra consacrazione apostolica sgorga da queste fonti.

Ogni Ispettoria, ogni comunità locale, ogni confratello si dedichi a meditare con attenzione e disponibilità gli articoli pertinenti del testo costituzionale; sappia programmare delle priorità da curare conforme ai propri bisogni più urgenti; si proponga di vivere quotidianamente «in Cristo, con Cristo, per Cristo».


La formazione all'unità nel pluralismo culturale


Nella 3ª parte c'è un principio ispiratore che ne permea tutti i contenuti: l'accurata formazione del personale all'unità.

È importante saper incarnare con duttile metodologia l'identità salesiana nella cultura locale. Dappertutto ci sforziamo di rendere vivo e inculturato lo spirito del nostro Padre e Fondatore Don Bosco, unico modello per tutti: l'identità nella vocazione «determina l'orientamento specifico della nostra formazione, necessario alla vita e all'unità della Congregazione».89

È questo un compito arduo, intenso specialmente nel periodo della formazione iniziale, ma sempre attuale ed esigente lungo l'intera vita.90

Il «contesto pluralista», le «rapide trasformazioni», il «carattere evolutivo» di ogni persona, la «qualità e fecondità della nostra vita» richiedono di rinnovare continuamente l'appartenenza alla Congregazione e la testimonianza del genuino spirito di Don Bosco.91

Il processo di inculturazione esige simultaneamente che si conoscano i valori ben determinati da incarnare e che si sia capaci di fare un acuto e giusto discernimento circa le esigenze delle culture locali. È indispensabile una correlazione viva tra incarnazione culturale e unità di identificazione salesiana.

La valorizzazione delle culture ha bisogno di essere permeata da una chiara visione di trascendenza. La forma di crescita dei «segni dei tempi», emersi in questi ultimi decenni, e l'interscambio ormai universale tra le diverse culture fanno esplodere ognuna di esse. Inoltre le verità del mistero di Cristo e la vitalità creativa dei carismi del suo Spirito apportano un fermento di revisione, di purificazione e di dinamismo a beneficio delle culture stesse. Senza un senso oggettivo di trascendenza può sorgere il pericolo di un provincialismo e di un nazionalismo deleteri.

Ha osservato giustamente il P. Voillaume: «Si manifesta oggi una tendenza a rimettere in causa l'unità di una Congregazione sotto il pretesto di sviluppare le caratteristiche regionali o nazionali delle fondazioni. Una tale tendenza è ambigua. Legittima in quanto è la reazione contro l'impegno uniforme di una espressione univoca della vita religiosa troppo dipendente da un'unica mentalità, essa rischia nondimeno di rimettere in causa una delle caratteristiche del Regno di Dio che è il situarsi al di là di ogni cultura, nell'unità fraterna del Popolo di Dio che non dovrebbe conoscere né frontiere né razze».92

Un carisma non aperto e duttile ai valori delle culture si sclerotizza e si emargina dal futuro; ma una cultura chiusa alla sfida dei segni dei tempi, all'interscambio con le altre culture e alla trascendenza del mistero di Cristo e del suo Spirito, rischia di presentarsi come un semplice museo del passato o come una interpretazione riduttiva della universalità. Si percepisce qui quanto è divenuta delicata e impegnativa oggi nella Congregazione l'attività formativa.

Le Costituzioni rinnovate ci guidano nel discernere e attuare la giusta correlazione tra la nostra vocazione e le diversità culturali: «Il carisma del Fondatore — ci dicono — è principio di unità della Congregazione e, per la sua fecondità, è all'origine dei modi diversi di vivere l'unica vocazione salesiana. La formazione è dunque allo stesso tempo unitaria nei contenuti essenziali e diversificata nelle espressioni concrete: accoglie e sviluppa tutto ciò che di vero, di nobile, di giusto le varie culture contengono».93

Il prezioso apporto delle Costituzioni nel loro insieme consiste appunto nel descriverci autorevolmente «l'unica vocazione salesiana» che deve ispirare e guidare in ogni Ispettoria le iniziative di formazione iniziale e permanente. Facciamone, dunque, una piattaforma di lancio per l'unità e il futuro della Congregazione.


La «forma» della nostra Società e la guida delle comunità


Nella 4ª parte le Costituzioni trattano del servizio dell'autorità: è un tema assai importante che appartiene alla «forma» stessa della nostra Congregazione.

Questa «forma»94 comporta dei tratti costitutivi che esprimono e assicurano, anche giuridicamente, la sua indole propria e caratterizzante tra gli Istituti religiosi nella Chiesa. Per questo è stata adeguatamente definita in vari articoli delle Costituzioni, incominciando dal 4°. In questi ultimi anni «si sono ripensati i valori propri della "forma", scoprendo lo spessore della sua importanza teologale e spirituale. Un carisma, infatti, si manifesta e si rafforza in servizi specifici e in aspetti istituzionali che lo sostengono e che garantiscono la permanenza del suo patrimonio spirituale».95 Il testo costituzionale ci propone appunto in che modo tutti i soci formano nella comunità «un cuor solo e un'anima sola» e quale deve essere tra noi il servizio dell'autorità che ne promuove e orienta l'identità.

«Secondo la nostra tradizione — afferma il testo — le comunità sono guidate da un socio sacerdote che, per la grazia del ministero presbiterale e l'esperienza pastorale, sostiene e orienta lo spirito e l'azione dei fratelli».96 Questo elemento caratteristico della nostra tradizione comunitaria assicura l'originalità pastorale che ci caratterizza.

La nostra Congregazione non è né strettamente «sacerdotale», né semplicemente «laicale», e neppure propriamente «indifferente». I soci sono «chierici» e «laici» che vivono «la medesima vocazione in fraterna complementarità»: 97 ognuno ha coscienza di essere membro corresponsabile del «tutto», prima di considerarsi chierico o laico. Le componenti «clericale» e «laicale» della Società «non comportano un'addizione estrinseca di due dimensioni affidate ognuna a categorie di confratelli in sé differenti che camminano parallelamente e sommano forze separate, bensì costituiscono insieme una comunità che è, come abbiamo visto, il soggetto vero dell'unica missione salesiana. Ciò esige una formazione originale della personalità di ogni socio, per cui il cuore del "salesiano-chierico" si sente intimamente attirato e coinvolto nella dimensione "laicale" della comunità, e il cuore del "salesiano-laico" si sente a sua volta intimamente attirato e coinvolto in quella "clericale"».98 Per questo è veramente importante tra noi promuovere simultaneamente una coscienza e una crescita armonica dei soci «chierici» e dei soci «laici» nello spirito della tradizione salesiana.99

Ebbene, il servizio dell'autorità in Congregazione è legato a questa originalità della «forma». Svolge una delicata funzione di identità nello spirito e di unità nell'azione apostolica. Il suo ruolo specifico è quello di promuovere e orientare quella «carità pastorale» che è il centro e la sintesi dello spirito salesiano e l'anima di tutta la nostra attività. La grazia dell'Ordinazione sacerdotale (che è «il Sacramento della carità pastorale») ne arricchisce e avvalora la capacità di servizio e fa che un genuino criterio «pastorale» guidi tutta la nostra partecipazione alla missione evangelizzatrice della Chiesa.

Si tratta di un apporto utile a tutti i soci perché intimamente unito al criterio oratoriano. Esso stimola la partecipazione e la corresponsabilità apostolica di tutti 100 secondo le modalità personali della vocazione, del ruolo e delle capacità; qualifica pastoralmente il principio di sussidiarietà e di decentramento 101 e ne garantisce il retto uso «in comunione con il Rettor Maggiore»; assicura la natura apostolica di ogni presenza salesiana; dà un tono peculiare alla dimensione laicale e sacerdotale della comunità in mutua complementarità secondo un dosaggio adeguato alle varie situazioni.

Questo principio ispiratore chiama tutti a un profondo cambio di mentalità nel concepire la nostra peculiare comunità, a un urgente rafforzamento della sua componente «laicale», e a un profondo rinnovamento dell'animazione e direzione «sacerdotali».


La perseveranza nella via che conduce all'Amore


Nella Conclusione (e anche nel Proemio) delle Costituzioni troviamo un altro principio ispiratore che deve permeare la vita salesiana intera: quello della fedeltà e della perseveranza.

Nel suo testamento spirituale Don Bosco ci ha lasciato scritto: «Se mi avete amato in passato, continuate ad amarmi in avvenire con l'esatta osservanza delle nostre Costituzioni».102 Nella professione religiosa ognuno di noi si è offerto «totalmente», ossia senza riserve e riduzioni, confidando, nonostante la propria debolezza, nella grazia di Dio, nell'intercessione di Maria, dei Protettori della Congregazione e nella quotidiana convivenza con i confratelli, che lo «aiutano ad essere fedele».103 Considerando poi l'azione consacrante di Dio nella professione, le Costituzioni ci assicurano giustamente che «la nostra perseveranza si appoggia totalmente sulla fedeltà di Dio, che ci ha amati per primo, ed è alimentata dalla grazia della sua consacrazione».104 Inoltre, e vale la pena sottolinearlo, «essa viene pure sostenuta dall'amore ai giovani, ai quali siamo mandati».105

Tra «fedeltà» e «perseveranza» c'è un mutuo richiamo e supplemento di atteggiamenti che compongono il significato integrale e il valore di vita della nostra «risposta sempre rinnovata alla speciale alleanza che il Signore ha sancito con noi».106

La «fedeltà» sottolinea piuttosto la veracità con cui ci conformiamo a Cristo seguendo con piena rispondenza la via evangelica professata.

La «perseveranza», invece, mette più specialmente in luce la tenacia e la costanza con cui persistiamo fermamente nell'impegno d'alleanza liberamente assunto.

I due termini insieme invitano ogni socio alla dovuta e costante coerenza con gli impegni assunti nella professione.107 Gli ricordano, inoltre, che tale corrispondenza è fermamente ancorata all'amore fedele e immutabile di Dio che con il dono della consacrazione ha reso possibile per il salesiano l'inizio di «una vita nuova, che si realizza in un servizio di dedizione permanente ai giovani».108

Ecco qui, in definitiva, il vero segreto del nostro futuro: assimilare le Costituzioni e praticarle con fedeltà e perseveranza perché esse sono per noi «via che conduce all'Amore».



7. Urgenza di concretezza metodologica


Concluso il periodo postconciliare di ricerca e di chiarificazione, inizia in questi anni, nella vita degli Istituti religiosi, una tappa che si dovrebbe caratterizzare per lo sforzo di attuazione e di applicazione pratica. Con le Costituzioni e i Regolamenti rinnovati si apre per la Congregazione un periodo di maggior concretezza.

«Le forze più vive e significative si dirigeranno, d'ora in poi, ad una più concreta genuinità di vita vissuta e ad una maggiore e più incisiva inventiva pastorale».109

Siamo invitati ad essere pratici e a tradurre in testimonianza i valori, gli orientamenti e le norme della nostra Regola di vita.

La prima cosa pratica da fare è conoscere bene, personalmente e comunitariamente, il testo rinnovato delle Costituzioni e dei Regolamenti.110 E qui è importante sottolineare di nuovo il bel lavoro fatto dal CG22 sui Regolamenti rivedendo a fondo la loro struttura e facendone un canale pratico di applicazione delle Costituzioni alla vita.

Sarà questo un impegno da promuovere immediatamente in tutte le Ispettorie. Senza conoscenza, senza apprezzamento, stima e amore dei contenuti del testo non si arriverà a un'adeguata realizzazione dell'esperienza spirituale descritta. Lo studio da propiziare deve tradursi spontaneamente in meditazione e preghiera.111

Infatti non si tratta di una semplice conoscenza dell'intelletto, ma di un coinvolgimento dell'interiorità che illumini e guidi i dinamismi profondi di chi ha fatto la professione. L'obiettivo dello studio è il rilancio, in ognuno di noi e in tutte le nostre comunità, del patrimonio spirituale di Don Bosco.

Inoltre se, seguendo i criteri che diversificano i testi della Regola di vita, la normativa è stata collocata preferibilmente nei Regolamenti, questo vorrà dire che una conoscenza «vitale» delle Costituzioni non sarà completa e sincera senza un adeguato studio anche dei Regolamenti. La differenza di natura dei due testi non comporta una discriminazione d'importanza, bensì una esigenza di mutua integrazione. Come si potrebbe dar forza metodologica alle Costituzioni se si misconoscessero e si trascurassero i Regolamenti e le altre norme del nostro Diritto particolare?

Un secondo impegno è quello di individuare alcune priorità che vanno privilegiate a seconda dei bisogni più urgenti e delle situazioni nelle singole Regioni e Ispettorie. Queste priorità si riferiranno al nostro spirito, alla missione e alla qualifica pastorale dell'azione, alla specificità religiosa, alla formazione, a una sana e indispensabile disciplina di vita. La scelta potrà essere illuminata dai principi ispiratori sopra indicati.

Ogni Ispettoria si senta dunque invitata a concentrare l'attenzione su determinati temi generatori per la sua crescita e conversione. È un'urgenza di adeguamento al grande lavoro realizzato dalla Congregazione in questo ventennio. La preparazione al prossimo centenario della morte di Don Bosco (1988) dovrebbe stimolarci ad approfittare al massimo di questi anni che lo precedono: vivere con integrità la nostra Regola è continuare ad amare Don Bosco.112

Celebreremo così l'anniversario della «morte» del nostro caro Padre presentandolo «vivo» tra i giovani di oggi: «vivano» in noi la sua unione con Dio, il suo ardore apostolico, il suo Sistema Preventivo, le sue opzioni preferenziali, la sua instancabilità e spirito di iniziativa, la sua concretezza e flessibilità.



Conclusione: La data mariana della promulgazione


Finalmente dopo un mese posso concludere questa mia lettera.

La Sede Apostolica ha approvato il nuovo testo costituzionale in data 25 novembre 1984, Solennità di Cristo Re. Aveva anteriormente richiesto alcune modifiche alla redazione capitolare, di cui darà ragione (in questo stesso numero degli Atti) don Giovanni Vecchi, diligente e sacrificato Regolatore del CG22.

In adempimento al dettato costituzionale, ho creduto bene scegliere come data della promulgazione del testo rinnovato della nostra «Regola di vita» la festa dell'Immacolata, 8 dicembre 1984.

Questa ricorrenza mariana, significativa per ogni cuore salesiano, è una data molto cara a Don Bosco e da lui indicata come nascita ufficiale del nostro carisma nella Chiesa. Può risultare suggestivo ricordare alcuni fatti, legati ad essa: innanzitutto l'incontro con Bartolomeo Garelli (1841) e l'Ave Maria di quel profetico catechismo; 113 l'apertura dell'Oratorio S. Luigi a Portanuova; 114 l'annuncio (nel 1859) della riunione che avrebbe dato inizio alla Congregazione; 115 la consegna (nel 1878) della prima Regola stampata delle Figlie di Maria Ausiliatrice;116 l'inizio della presenza di confratelli vescovi in Congregazione (Mons. Cagliero)117 e, nel 1885, l'importante comunicazione della designazione di don Rua a vicario del Fondatore.118 In quello stesso 8 dicembre del 1885 il nostro Padre affermò che «di tutto noi siamo debitori a Maria» e che «tutte le nostre cose più grandi ebbero principio e compimento nel giorno dell'Immacolata». Aggiunse anche, a conclusione della sua tradizionale conferenza nel coro della Basilica, che la Congregazione era «destinata a cose grandissime ed a spargersi per tutto il mondo, se i Salesiani "fossero stati" sempre fedeli alle Regole date loro da Maria santissima».119

La data della promulgazione della Regola rinnovata indica perciò che si tratta di una delle «nostre cose più grandi», e vuole sottolineare il materno intervento e la ininterrotta protezione di Maria 120 a cui ci siamo solennemente affidati precisamente all'inizio dei lavori del CG22.

Apriamo l'animo alla speranza mentre ripetiamo ancora una volta alla Vergine Ausiliatrice: «Affidiamo a Te il prezioso tesoro delle nostre Costituzioni, l'impegno di fedeltà e di unità nella Congregazione, la santificazione dei suoi membri, il lavoro di tutti animato da un atteggiamento di culto in spirito e vita, la fecondità vocazionale, l'ardua responsabilità della formazione, l'audacia e la generosità missionaria, l'animazione della Famiglia Salesiana e, soprattutto, l'operoso ministero di predilezione verso la gioventù».121

Prima di chiudere, cari confratelli, vorrei invitare ognuno a fissare lo sguardo sulla fotografia posta all'inizio del nuovo opuscolo delle Costituzioni e dei Regolamenti generali. Immaginiamoci di essere al posto di don Cagliero, in procinto di esportare nel mondo il carisma salesiano, e riceviamo dalle mani stesse di Don Bosco la Regola di vita. Sarà questo l'atteggiamento più espressivo del nostro amore per lui da tradurre, ovunque e giorno dopo giorno, in una vita di fedeltà e di perseveranza.

«Voi traverserete mari — sembrerà che ci dica —, vi recherete in paesi ignoti, avrete da trattare con genti di lingue e costumi diversi, sarete forse esposti a gravi cimenti. Vorrei accompagnarvi io stesso, confortarvi, consolarvi, proteggervi. Ma quello che non posso fare io stesso, lo farà questo libretto. Custoditelo come prezioso tesoro».122

Esprimiamo il nostro amore a Don Bosco studiando, stimando e praticando la «Regola di vita» che abbiamo gioiosamente assunto nel giorno della professione, da rinnovare con particolare fervore il giorno della consegna del nuovo testo. Attingiamo le forze di fedeltà e perseveranza al cuore di Cristo, Buon Pastore, sorgente di vita nuova e modello della totale donazione di sé ai fratelli nella sua filiale ubbidienza al Padre.

Cerchiamo di essere tutti gioiosi e convinti «neoprofessi»!

Vi saluta con affetto,

D. Egidio Viganò


NOTE LETTERA 23


1 cf. Cost 142

2 Don Rua vivo, LDC 1973, pag. 9

3 cf. Cost 25

4 ES, II-I, 12-14

5 GS 4

6 GUSTAV MARTELET, Ed. du Cherf, Paris 1984

7 PC 2

8 cf. Cost 196

9 Cost 196

10 Cost 2

11 Cost 21

12 cf. LG 45, 46; PC 2b; AG 40

13 1 Cor 11,1

14 ET 11-12

15 ET 12

16 Costituzioni, Proemio

17 Cost 191

18 cf. CG22, Documenti, 90 e 91

19 Cost 3

20 cf. Cost 23

21 Cost 3

22 cf. Cost 3. 25. 195

23 cf. Gv 10, 36

24 Cost 3

25 cf. CGS 24

26 Cost 3

27 Cost 95

28 cf. Cost 1. 8. 9. 20. 24. 34. 87. 92. 98. 196

29 cf. CG21, 308

30 cf. Cost 96

31 Cost 97

32 Cost 98

33 cf. Cost 121

34 Cost 195

35 cf. Cost 196

36 MR 11

37 cf. Costituzioni, Parte 1ª

38 cf. Cost 24

39 Cost 24

40 cf. CG22, Documenti, 92

41 cf. Cost 23

42 CGS 106

43 Per esempio, Cost 2. 3. 6. 7. 10. 12. 19. 21. 24. 25

44 CGS 127

45 CG22, Documenti, 40

46 È impossibile sviluppare qui un approfondimento chiarificatore.

Ho tentato di farlo in una mia relazione presentata, insieme ad altri, alle Superiore Generali: Bollettino UISG numero speciale, n. 62, 1983; la relazione è stata pubblicata anche in: Vita Consacrata, vol. XIX, 1983, pag. 648-673

47 cf. Cost 10

48 Cost 3

49 Cost 25

50 Cost 3

51 Cost 3

52 cf. Cost 24

53 LG 44

54 cf. Cost 1

55 cf. Cost 12

56 Cost 95

57 cf. Cost 3. 25. 195

58 Ef 3, 16

59 cf. Cost 14

60 cf. Cost 6

61 cf. Cost 26-27

62 cf. Cost 28

63 cf. Cost 29

64 cf. Cost 6; cf. 43

65 cf. Cost 30

66 cf. Cost 40

67 Cost 49

68 Cost 16

69 cf. Cost 44

70 Cost 45

71 Cost 44

72 ib.

73 Cost 59

74 Fil 3, 10

75 Cost 11

76 cf. Cost 24

77 Cost 12

78 cf. Cost 64ss

79 cf. Eb 5, 8

80 cf. Cost 72ss

81 cf. Cost 80ss

82 Cost 24

83 cf. il commento al sogno dei 10 diamanti: ACS 300; E anche: Un progetto evangelico di vita attiva, LDC, 1982

84 cf. Cost 85-87. 89. 93. 95

85 cf. Cost 88

86 cf. Cost 90

87 cf. Cost 90-91

88 cf. CG22, Documenti, 66

89 Cost 97

90 cf. Cost 118-119

91 cf. Cost 118

92 R. VOILLAUME, La vita religiosa nelle conversazioni di Benis Abbés, ed. Città Nuova 1973, pag. 95

93 Cost 100

94 cf. Cost 4

95 CG22, Documenti, 84

96 Cost 121

97 Cost 4; cf. Cost 45

98 CG22, Documenti, 80

99 cf. CG22, Documenti, 8. 9

100 cf. Cost 123

101 cf. Cost 124

102 Costituzioni, Proemio

103 cf. Cost 24

104 Cost 195; cf. Cost 25

105 Cost 195

106 ib.

107 cf. Cost 193

108 Cost 23

109 CG22, Documenti, 59

110 cf. ib., Documenti, 1. 2. 3

111 cf. Cost 196

112 cf. Costituzioni, Proemio

113 MB II, 70ss

114 MB III, 281ss

115 MB VI, 333

116 MB XIII, 210

117 cf. MB XVII, 285ss

118 MB XVII, 510

119 MB XVII, 510-511

120 cf. Cost 1. 8. 20. 34. 92. 196

121 Formula dell’affidamento

122 M. RUA, circolare 1º dicembre 1909, Lettere circolari di Don Michele Rua ai Salesiani, Direzione Generale Opere Don Bosco 1965, pag. 498