Lettera pubblicata in ACS n. 289


Lettera pubblicata in ACS n. 289

1.



MARIA RINNOVA LA FAMIGLIA SALESIANA

DI DON BOSCO


Introduzione. - Prendiamo la Madonna in casa! - Ci fondiamo sulla realtà oggettiva. - Motivazioni per il nostro rinnovamento devozionale. - La scelta mariana di Don Bosco. - Elementi caratteristici della sua devozione. - L’Ausiliatrice e il carisma salesiano. - Concretezza del nostro proposito di rilancio mariano. - E concludo.



Roma, 25 marzo 1978

1 Solennità dell’Annunciazione

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Carissimi,


Vi saluto con gioia e speranza e desidero condividere fraternamente con voi alcuni pensieri che ho nel cuore.

Ognuno di noi suole meditare sugli eventi della propria esistenza, personali, ecclesiali e salesiani, imitando umilmente la Vergine Maria nel saper custodire ed approfondire gelosamente dentro di sé il ricordo dei fatti più significativi della sua vocazione.1

La Provvidenza ha sconvolto alcuni mesi fa la mia esistenza con il fatto della designazione a vostro Rettor Maggiore. Ormai sta divenendo un abito per me la coscienza delle gravi responsabilità inerenti a questo «servizio di famiglia», che esige vera paternità spirituale in profonda sintonia con Don Bosco. Meno male che in casa ci si dà una mano mutuamente.

Il Signore, però, mi aiuta a percepire anche la bellezza e l’abbondanza di grazia e, in particolare, l’aiuto materno di Maria che accompagnano tale ministero, con la gioia di poter entrare in comunione con voi, con ciascuno e con ogni comunità, per riflettere e crescere insieme nella gratitudine e nella fedeltà.

Vorrei avere lo stile piano e penetrante di Don Bosco e la immediatezza di comunione che possedevano gli altri suoi successori, ma a difetto di piacevolezza e di semplicità, ci sia almeno sincerità e sodezza.

Vi sto scrivendo nell’ottava di Pasqua con nel cuore il clima profondo e gioioso della Risurrezione: questo è il giorno più grande che ha fatto il Signore! In esso è apparsa per noi la massima novità, sconvolgente e radicale, che fa saltare ogni visione secolarista del mondo ed obbliga a rileggerne tutti i valori da un’angolatura umanamente impensabile che li relativizza e li assume.

Quanto deve essere costato al Signore far capire agli Apostoli che cos’era e che cosa apportava in realtà la sua Risurrezione! Con essa ha inizio la «Nuova Umanità»: l’uomo raggiunge la pienezza del progetto di Dio Padre su di lui, tocca la vera meta della sua esistenza e acquista la dimensione genuina della sua storia.

Siamo al centro del Vangelo, da dove possiamo percepire con penetrante chiarezza il mistero del battesimo e il significato della professione religiosa, la vera missione della Chiesa nel mondo e il nostro ruolo di Salesiani tra i giovani, e dominare tutto l’orizzonte sia del dinamismo salvifico dei credenti che degli impegni tecnici, economici, culturali e politici dell’uomo con i loro veri obiettivi.

La Pasqua è proprio il vertice da cui vediamo e giudichiamo tutto nella fede. È da questa vetta pasquale e nella prospettiva della Risurrezione che io vi invito a riflettere un poco sui nostri rapporti con la Vergine Maria, Madre di Dio.



Prendiamo la Madonna in casa!


Il CG21 ci invita a rinnovare la dimensione mariana della nostra vocazione.

Sembra ormai propizio il momento di rivedere insieme le nostre convinzioni su Maria e di fare un’accurata verifica della devozione all’Ausiliatrice. Quali sono le relazioni tra la persona viva di Maria e noi? Fino a che punto la devozione alla Madonna è oggi reale e sentita nei nostri cuori e nelle nostre attività pastorali? È esagerato dire che, tra noi, la dimensione mariana è in ribasso? Non ci sarà forse urgente bisogno di un nuovo spazio per Maria nella nostra Famiglia?

Il pomeriggio del Venerdì Santo, mentre ascoltavo la proclamazione della Passione secondo Giovanni, fui colpito particolarmente dall’importanza che dà l’evangelista alle parole di Gesù morente rivolte a sua Madre: «Donna, ecco tuo Figlio!», e al discepolo preferito che stava accanto a lei: «Ecco tua madre!»; e ciò che subito dopo aggiunge: «Da quel momento il discepolo la prese in casa sua».2

È un testamento e un programma.

Ho pensato istintivamente alla nostra Congregazione e a tutta la Famiglia Salesiana che dovrebbe, oggi, riapprofondire il realismo della maternità spirituale di Maria e rivivere l’atteggiamento ed il proposito di quel discepolo. E dicevo dentro di me: sì, dobbiamo ripeterci mutuamente come programma per il nostro rinnovamento l’affermazione dell’evangelista: «Prendiamo la Madonna in casa!».

Così saremo «discepoli prediletti» perché cureremo meglio la nostra figliolanza battesimale e sentiremo più concretamente i benefici effetti della maternità di Maria.

E ricordavo l’affetto e il realismo con cui Don Bosco curò filialmente la presenza della Madonna in casa, progettando e realizzando le sue molteplici iniziative sempre in dialogo con Lei.

La Domenica di Pasqua, poi, mi balenò alla mente con chiarezza l’aspetto profondamente realistico della funzione materna di Maria nella vita della Chiesa.

Meditando sul significato oggettivo della Risurrezione di Cristo, non a maniera di miracolo come quella di Lazzaro che ritornò temporaneamente alla vita mortale, ma in quanto trasfigurazione definitiva della esistenza umana e come pienezza effettiva di una Vita nuova, vincitrice del male e della morte e partecipe della gloria di Dio, ho visto emergere di nuovo la figura singolare della Madre di Cristo. Infatti la trasfigurazione pasquale della Risurrezione è un dato concreto realizzato, finora, solo in due individui della nostra stirpe umana: Gesù e Maria!

Due di noi, Essi, vivono la Risurrezione pasquale come primizia e inizio di tutto il genere umano rinnovato. Essi sono l’«uomo nuovo» e la «donna nuova»: il secondo Adamo e la seconda Eva.

E lo sono non solo come modello da imitare o semplicemente una meta da raggiungere, ma proprio come l’unico principio efficace di

rigenerazione e di vita per tutti.



1.1 Ci fondiamo sulla realtà oggettiva

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Vorrei sottolineare con particolare insistenza che questo è un «fatto», ossia, una realtà oggettiva che esiste ed è attiva prima e fuori della nostra coscienza; non è una «teoria» religiosa o un nostro modo «devoto» di sentire ma un vero «dato» estrinseco, di per sé, al nostro pensiero soggettivo, e a cui si accede con la serietà della conoscenza umana guidata dalla fede.

Alla base delle nostre convinzioni di fede si trova una realtà concreta: ossia, delle persone vive e dei fatti. Su di una tale oggettività dobbiamo far crescere l’approfondimento della nostra dottrina mariana e l’espressione della nostra pietà.

Credere alla Risurrezione, e affermare perciò che Cristo è asceso e che Maria è assunta al cielo, non vuol dire che Essi vivono in un «astro lontano» da cui potrebbero raggiungere la terra con qualche viaggio straordinario da astronauti; significa, invece, che sono davvero vivi per noi, presenti ed operanti nel nostro mondo attraverso la nuova realtà pasquale della Risurrezione.

Maria, dunque, è oggi un personaggio realmente vivo e operante tra noi; la sua assunzione, per cui partecipa pienamente alla Risurrezione di Cristo, è un dato di fede; la sua maternità universale è testimoniata dalla Chiesa come una oggettiva e quotidiana realtà di grazia.

Ce lo assicura esplicitamente il Concilio Ecumenico Vaticano II: la maternità spirituale di Maria «nell’economia della grazia perdura senza soste dal momento del consenso fedelmente prestato nell’Annunciazione e mantenuto senza esitazioni sotto la croce, fino al perpetuo coronamento di tutti gli eletti. Difatti, assunta in cielo non ha deposto questa funzione di salvezza, ma con la sua molteplice intercessione continua ad ottenerci i doni della salvezza eterna. Con la sua materna carità si prende cura dei fratelli del Figlio suo ancora peregrinanti e posti in mezzo a pericoli e affanni, fino a che non siano condotti nella patria beata».3

A ragione, perciò, «la beata Vergine è invocata nella Chiesa con i titoli di Avvocata, Ausiliatrice, Soccorritrice, Mediatrice... E questo ruolo subordinato di Maria la Chiesa non dubita di proclamarlo apertamente, lo sperimenta continuamente e lo raccomanda all’amore dei fedeli, perché, rafforzati da un tale materno aiuto, siano più intimamente congiunti col Mediatore e Salvatore».4

Il partire da un quadro di riferimento così fortemente realista darà alle nostre riflessioni una speciale serietà e robustezza, senza cedimenti ad atteggiamenti superficiali di sentimentalismo.

Purtroppo si può trovare anche, qua e là, una incontrollata esuberanza di fantasia morbosa con espressioni di dubbiosa pietà (magari poggiate su pseudorivelazioni); ciò toglie credibilità alla devozione mariana e può contribuire a deviare quel prezioso patrimonio, oggi in riscoperta e tanto caro alla nostra missione, della religiosità popolare.

Noi, nel proporci di imitare il discepolo preferito nel suo «prendere Maria in casa», intendiamo approfondire con serietà il forte realismo della Risurrezione nell’alveo della tradizione ecclesiale, secondo lo stile di concretezza tanto consono allo spirito di Don Bosco e così caratteristico della sua devozione alla Madonna sotto il titolo di Ausiliatrice.



Motivazioni per il nostro rinnovamento devozionale


Non sono irrilevanti le motivazioni che ci devono muovere a rilanciare la devozione a Maria Ausiliatrice in tutta la Famiglia Salesiana.

Ricordiamone alcune delle più importanti: serviranno ad illuminare e fondare meglio il nostro impegno.


— Innanzitutto c’è da prendere atto della svolta culturale che si è prodotta con l’emergere di una nuova conoscenza dei valori umani; essa ha portato nel costume sociale, nei modi di espressione letteraria e artistica, nei mezzi di comunicazione e nella sensibilità dell’opinione pubblica, uno stile veramente nuovo che influisce anche sulla manifestazione delle convinzioni religiose.

Questo può aver apportato una certa disaffezione verso un determinato tipo di espressione religiosa con un momentaneo disorientamento in non piccole frange e poi dei dubbi anche dottrinali in certe persone. Pensiamo, ad esempio, come il nuovo dato culturale della promozione della donna influisce certamente sulla devozione mariana.

Il Papa ci esorta a tenere in attenta considerazione «anche le acquisizioni sicure e comprovate delle scienze umane» per impegnarci

a eliminare «il divario tra certi contenuti (del culto mariano) e le odierne concezioni antropologiche e la realtà psicosociologica, profondamente mutata, in cui gli uomini del nostro tempo vivono ed operano».5 Tutto ciò esige certamente in noi un impegno nuovo.


— Un’altra forte motivazione è il grande evento spirituale e pastorale del Concilio Ecumenico Vaticano II.

Come sappiamo, esso ha toccato profondamente tutta la vita ecclesiale e in particolare il culto mariano. Chi non ricorda la accesa discussione dei Padri Conciliari al riguardo e le conseguenti esigenze di rinnovamento in vista della scelta concreta fatta?

La linea mariana del Vaticano II segue una traiettoria nuova, caratterizzata dal mistero totale della Chiesa. L’esortazione apostolica Marialis Cultus di Paolo VI ce ne esplicita ordinatamente le linee direttrici e responsabilizza direttamente anche le Famiglie religiose (come la nostra) circa la necessità di favorire «una genuina attività creatrice e di procedere, nel medesimo tempo, ad una diligente revisione degli esercizi di pietà verso la Vergine; revisione, che auspichiamo rispettosa della sana tradizione e aperta ad accogliere le legittime istanze degli uomini del nostro tempo».6

In particolare, la Costituzione dogmatica sulla liturgia ha incrementato dopo il Concilio una promozione più genuina e creativa del culto cristiano; ora «lo sviluppo della devozione verso la Vergine Maria, inserita nell’alveo dell’unico culto cristiano, è elemento qualificante della genuina pietà della Chiesa».7

Quindi tutto il senso del movimento liturgico e della riforma del culto cristiano esigono un’accurata revisione e un nuovo incremento anche della nostra devozione mariana.


— Assistiamo, inoltre, a una interessante riscoperta della pietà popolare,8 come un «luogo teologico-pastorale» di concreta importanza per un rinnovamento realista. In questa riscoperta c’è una speciale considerazione e una rivalutazione pratica e rispettosa del «popolo» al di dentro della comunione ecclesiale, e un discernimento più comprensivo, anche se sanamente critico, del suo «senso religioso».

Sono due categorie queste, di «popolo» e di «senso religioso», che debbono avere una risonanza di speciale simpatia nella vocazione

salesiana.

Orbene, una caratteristica della pietà popolare, comune nelle varie latitudini, è precisamente la devozione mariana; essa dovrà perciò venire studiata e aggiornata anche da noi perché la sappiamo incrementare con acuto discernimento, senz’altro, ma anche con sintonia e creatività pedagogico-pastorale.


— C’è poi un motivo assai profondo e intimo che ci deve spingere a un coscienzioso rilancio mariano: è il fatto di considerare la nostra vocazione come un «carisma dello Spirito Santo» di cui Maria è la «sposa» e il «tempio vivo».9

Ora, noi oggi «stiamo vivendo nella Chiesa un momento privilegiato dello Spirito» con i suoi doni e carismi,l0 e, quindi, un momento particolarmente legato al ruolo speciale di Maria: la sua funzione materna nella vita della Chiesa è un fatto vincolato con ogni «nascita» e «rinascita» nello Spirito.

Dunque, così come Don Bosco ha saputo venerare in forma speciale e rendere culto alla Madonna per la «nascita» della Congregazione e della Famiglia salesiana, con non minore amore e iniziativa noi oggi dobbiamo saperla venerare in forma speciale e renderle culto per il rinnovamento, che è una «rinascita», della nostra vocazione oggi.

Non ci sarà rifondazione e ripresa per noi senza l’Ausiliatrice; e invece, con il suo materno aiuto noi vedremo crescere gli effetti della rinascita anche «miracolosamente».

Tanto più, poi, che Maria è giustamente un particolare modello di docilità al rinnovamento nell’ora della più difficile transizione dall’Antico al Nuovo Testamento: lì Essa dà a tutti la più grande lezione di fedeltà all’essenziale e di totale apertura all’imprevisto dello Spirito Santo.


— C’è poi una ragione dedotta da un aspetto caratteristico della devozione stessa all’Ausiliatrice: si tratta di una dimensione mariana che è, per natura, fatta appunto per i tempi difficili.

Don Bosco stesso lo manifestava a don Cagliero con quella famosa affermazione: «La Madonna vuole che noi la onoriamo sotto il titolo di Auxilium Christianorum: i tempi corrono così tristi che abbiamo proprio bisogno che la Vergine Santissima ci aiuti a conservare e difendere la fede cristiana».11

Orbene, noi stiamo vivendo e sperimentando oggi difficoltà veramente gravi e inedite, sia per la fede dei credenti, per la vita della Chiesa e per il ministero dei suoi Pastori, che per le riforme sociali e politiche, per l’educazione integrale dei giovani e per la promozione dei ceti popolari.

Se quella dell’Ausiliatrice è una dimensione mariana intonata specificamente alle ore di difficoltà e se Don Bosco e la sua Famiglia sono stati suscitati dallo Spirito come strumenti specializzati ed efficaci per propagarne la devozione nella Chiesa, si dovrà concludere che le attuali difficoltà, tanto complesse e problematiche, della Chiesa e della Società esigono con urgenza da noi un accurato rilancio mariano.


— Un’altra ragione, più particolarmente specifica per noi, è la correlazione intima che si dà, di fatto, tra il nostro spirito salesiano e la devozione a Maria Ausiliatrice.

Don Bosco non è arrivato per caso a tale devozione; né essa dipende da una qualche apparizione locale; essa si presenta piuttosto come la maturazione di tutta una linea spirituale e apostolica che si è andata precisando e sviluppando con gli apporti di determinate congiunture storiche, lette alla luce di un profondo dialogo personale con lo Spirito Santo nel contesto di quei caratteristici tocchi mariani tanto familiari nel divenire quotidiano della vita di Don Bosco.

L’Ausiliatrice appare come la cuspide di ciò che Don Bosco sentiva di Maria: avvocata, soccorritrice, madre dei giovani, protettrice del popolo cristiano, vincitrice del demonio, trionfatrice delle eresie, aiuto della Chiesa in difficoltà, baluardo del Papa e dei Pastori insidiati dalle forze del male.

Una tale devozione alla Madre di Dio è la concretizzazione pratica di quella santità dell’azione che ha caratterizzato la spiritualità di Don Bosco. Basterebbe ripensare al suo dialogo con il pittore Lorenzone, a cui chiedeva di rappresentare la Madonna al centro di tutto un gigantesco dinamismo ecclesiale,12 o guardare l’attuale quadro della basilica di Valdocco per scoprire, direi quasi, una connaturalità tra spirito salesiano impastato d’apostolato ecclesiale e devozione a Maria Ausiliatrice.

Se, perciò, tutto il movimento conciliare di rinnovamento dei Religiosi porta a una riattualizzazione della loro specifica spiritualità, ciò dovrà significare per noi un forte rilancio della componente mariana del nostro carisma.


— Per tutte queste ragioni, e non senza uno speciale influsso dello Spirito Santo, l’ultimo Capitolo Generale ci ha richiesto un esplicito impegno di rinnovamento dell’aspetto mariano della nostra vocazione: «Il CG21, in spirito di fedeltà a Don Bosco alla luce del Vaticano II e della Marialis Cultus di Paolo VI, invita tutti i Salesiani a riscoprire e a valorizzare la presenza di Maria nella propria vita e nell’azione educativa tra i giovani».13

Anche la Superiora Generale delle FMA con tutto il suo Consiglio, in visita fraterna alIa nostra assemblea capitolare, ha assunto con entusiasmo e operosità l’impegno suggerito dal Rettor Maggiore di sentirsi privilegiate nelle iniziative di animazione mariana in tutta la Famiglia Salesiana.


Dunque: ci sentiamo oggi chiamati insieme con le FMA e con tutti i gruppi della Famiglia Salesiana a creare un clima e a programmare attività concrete per far conoscere e amare la Madonna, soprattutto dalle nuove generazioni di giovani che hanno più che mai fame

e sete delle grandi realtà della Pasqua cristiana.

Anche per loro, oggi, debbono valere e tradursi nella pratica le parole profetiche della stessa Vergine Maria: «Tutte le generazioni mi chiameranno beata».14



1.2 La scelta mariana di Don Bosco

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È certamente illuminante ricordare, anche se in forma succinta, alcuni dati circa l’itinerario con cui Don Bosco è arrivato alla sua intensa devozione a Maria sotto il titolo di «Aiuto dei cristiani». Essi potranno servire a far percepire meglio il volto spirituale della sua e della nostra vocazione.

Sappiamo che Giovanni Bosco è nato ed è stato educato in un ambiente profondamente mariano per tradizione di Chiesa locale e di pietà familiare.

Basti ricordare come, alcuni giorni dopo la sua vestizione nell’ottobre 1835, alla vigilia della sua partenza per il seminario, mamma Margherita lo chiamò e gli fece quel memorando discorso: «Giovanni mio (...). Quando sei venuto al mondo, ti ho consacrato alla beata Vergine; quando hai cominciato i tuoi studi ti ho raccomandato la divozione a questa nostra Madre; ora ti raccomando di essere tutto suo; ama i compagni divoti di Maria; e se diverrai sacerdote, raccomanda e propaga mai sempre la divozione di Maria».15

Mi pare di particolare interesse fare osservare che già ai 9 anni, nel famoso sogno (che si ripeterà più volte e a cui Don Bosco annette particolare incidenza nella sua vita) Maria si affaccia alla sua coscienza di fede come un personaggio importante interessato direttamente a un progetto di missione per la sua vita; è una Signora che dimostra particolari preoccupazioni «pastorali» verso la gioventù: gli si è presentata, infatti, «a foggia di Pastorella». Notiamo subito, qui, che non è Giovannino a scegliere Maria, ma che è proprio Maria che si presenta con l’iniziativa della scelta: Essa, su richiesta del suo Figlio, sarà l’Ispiratrice e la Maestra della sua vocazione.

Questo senso intimo di un rapporto personale di Maria con lui, aiuterà spontaneamente Don Bosco a sviluppare nel suo cuore una attenzione e un affetto che vanno più in là delle varie feste dei vari titoli mariani, localmente più venerati, che certamente lui apprezzava e sapeva festeggiare con entusiasmo.

Sarà sempre caratteristico in lui questo atteggiamento di relazione personale con la Madonna: la sua devozione mariana si dirige a considerare direttamente la persona viva di Maria e in Essa contempla e ammira tutte le sue grandezze, le molteplici sue funzioni e i tanti titoli di venerazione a Lei attribuiti.

Così si è venuto consolidando nel cuore di Don Bosco un tipo di devozione mariana che non è settoriale o unilaterale, bensì comprensiva e totale, centrata direttamente sull’aspetto vivo e reale più ecclesialmente appropriato della persona di Maria.

Scrive don A. Caviglia: «Si noti. Parlando della divozione a Maria, noi lasciamo da parte ogni titolo celebrativo, esortativo o devozionale. È Maria, la Madonna, senz’altro. Volgarmente diremmo: Quale Madonna indicava Don Bosco, e di quale era divoto il Savio? Tutte e nessuna. Nel primo sogno dei nove anni, a Don Bosco fanciullo apparve non una Madonna, diciamo così, titolata, ma la Madonna, Maria, la Madre di Gesù. Al tempo di cui discorriamo il Santo Maestro era divoto della Consolata (la prima statuetta della Cappella Pinardi è quella), la Madonna dei torinesi: e intanto col moto religioso che condusse la Chiesa alla definizione dell’Immacolata, si venne orientando verso questa e, con spirito squisitamente cattolico e con profonda lucida comprensione, volse l’articolo di fede in amore e divozione, e questa divenne per lungo tempo, e per certi aspetti, la sua Madonna. E questa additò al Savio fin dapprincipio; a segno che il santo discepolo ebbe in quella prima celebrazione il suo primo momento, e dall’Immacolata Concezione denominava la storica Compagnia da lui iniziata».16

Un simile atteggiamento, unito al peculiare suo genio pratico e al caratteristico senso storico, portò Don Bosco a inserirsi sempre nel vivo del movimento mariano di più ecclesiale attualità.

Così, nei primi venti anni del suo ministero sacerdotale, espresse questa sua comprensiva devozione mariana privilegiando la singolare grazia di Maria di essere l’Immacolata. La festa dell’8 dicembre rimane definitivamente centrale nella sua metodologia pastorale e spirituale. Essa coincide anche con la data dell’inizio delle sue opere più significative.

Don Bosco viveva con intelligente entusiasmo il clima ecclesiale che precedette e accompagnò la proclamazione del dogma dell’Immacolata Concezione (1854) e che vide le apparizioni di Lourdes (1858).

Ricordiamo, per esempio, l’importanza che aveva nel suo impegno educativo la «Compagnia dell’Immacolata», che fu a Valdocco la scuola di preparazione del primo suo ragazzo santo, Domenico Savio, e dei primi membri della futura Società di S. Francesco di Sales. È sintomatico aggiungere che, parallelamente, a Mornese l’«Unione delle Figlie dell’Immacolata» servì a preparare le prime socie del futuro Istituto delle Figlie di Maria Ausiliatrice.

La scelta dell’Immacolata ci mostra, dunque, un Don Bosco inserito nel cuore del movimento mariano più in là dei titoli e delle devozioni locali; è un seguire e venerare Maria, la sua Ispiratrice e Maestra, così come si sta facendo presente vitalmente nell’attualità della Chiesa.

Però è chiaro che Don Bosco tende a trascendere lo stesso aspetto strettamente formale del dogma dell’Immacolata Concezione; non si limita alla prerogativa dell’assenza in Lei del peccato originale; egli non si ferma mai semplicemente alle grandezze, tanto a lui care, della dignità individuale di Maria in se stessa (la sua pienezza di santità, la sua incorrotta verginità e la sua assunzione gloriosa), ma tende a considerarle, proprio come lo sono oggettivamente, in rapporto alla sua funzione personale di Madre di Cristo e di tutti gli uomini suoi fratelli.

La vocazione apostolica di Don Bosco lo porta a scoprire e a sottolineare ciò che fin dal sogno dei 9 anni era come l’immagine originale della sua «Maestra»: la sua funzione di maternità spirituale.

Così, nella pratica, si percepisce facilmente in Don Bosco la chiara tendenza ad assegnare un ruolo di aiuto e di protezione all’Immacolata nell’opera educatrice e a valorizzare la sua pienezza di grazia come fonte di patrocinio per la salvezza.

Infatti, già dal 1848 incomincia a scrivere su alcune immagini collocate sul suo tavolino di lavoro il titolo di «Auxilium Christianorum». Prima del 1862, tale titolo non appare ancora, né centrale né sintetizzante. Ma si annuncia già un crescendo di sintomi, provenienti sia dalle congiunture della vita della Chiesa, sia dall’indole propria della vocazione di Don Bosco, che lo portano sempre più chiaramente a considerare l’Immacolata come la protettrice che vince il serpente maligno e gli schiaccia la testa.

È con gli anni 60, nella piena maturità di Don Bosco, e propriamente dal 1862, che vediamo emergere in lui la scelta mariana dell’Ausiliatrice.

E questa rimarrà la sua scelta mariana definitiva: il punto di approdo di una incessante crescita vocazionale e il centro di espansione del suo carisma di Fondatore. Nell’Ausiliatrice Don Bosco riconosce finalmente delineato il volto esatto della Signora che ha dato inizio alla sua vocazione e ne è stata e ne sarà sempre l’Ispiratrice e la Maestra.

«Un’esperienza di diciotto secoli — scrive Don Bosco attingendo a fonti autorevoli — ci fa vedere in modo luminosissimo che Maria ha continuato dal cielo e col più gran successo la missione di Madre della Chiesa ed Ausiliatrice dei cristiani che aveva incominciato sulla terra».17

Notiamo che questa scelta dell’Ausiliatrice coincide con alcuni dati di particolare interesse per la nostra riflessione.


— Don Bosco percepiva con sofferta attenzione 18 le speciali e crescenti difficoltà sorte per la Chiesa: i gravi problemi delle relazioni tra fede e politica, la caduta (dopo più di un millennio) degli stati pontifici, la delicata situazione del Papato e delle sedi vescovili, l’urgente necessità di un nuovo tipo di pastorale e di nuovi rapporti tra gerarchia e laicato, le incipienti ideologie di massa, ecc.

È indispensabile ricordare che la storia della Chiesa, alla metà dell’Ottocento, «è caratterizzata da uno scontro violento tra vecchio e nuovo, fra liberalismo e conservatorismo, fra strutture di una società ufficialmente cristiana e l’affermazione sempre più decisa della città secolare». L’intera vita della Chiesa ne è implicata nei suoi molteplici aspetti: questioni dottrinali, religiosità popolare, metodi pastorali, prime affermazioni del laicato, peculiarità delle Chiese locali. «Ne emerge il quadro di un periodo nodale nella storia della Chiesa, che ripropone i termini del confronto fra il cristianesimo e le culture delle diverse epoche storiche con le quali esso viene a incontrarsi».19


— Inoltre, Don Bosco era rimasto impressionato dagli eventi mariani di Spoleto, visti dall’arcivescovo Arnaldi (che manteneva relazioni epistolari con Torino) e dalla stampa cattolica come manifestazione di Maria Ausiliatrice; Essa, dal centro stesso d’Italia, apportava speranza a quell’ora di trepidazione per le sorti della Chiesa e del Papa. Tale intervento miracoloso faceva ricordare la felice soluzione delle vicissitudini di Pio VII (e di Mons. Fransoni a Torino) e così aveva fatto esplodere un vero entusiasmo mariano tra i fedeli di tutta la penisola (e di Torino).


— Noi sappiamo, poi, come Don Bosco custodisse e approfondisse nel suo cuore il senso della presenza di Maria nella sua vocazione e nella vita della Chiesa. Le sue meditazioni e intuizioni personali al riguardo le possiamo vedere espresse: sia in varie sue affermazioni, per es., quella già sopra citata a don G. Cagliero, sia nel sogno delle due colonne fatto proprio nel 1862, sia nella particolare benevolenza per il titolo della basilica in costruzione da parte di Pio IX.20


— Infine, ha influito non poco la edificazione del tempio di Maria Ausiliatrice a Valdocco, portata a termine in soli tre anni in modo considerato dallo stesso Don Bosco come particolarmente portentoso. Non era una chiesa parrocchiale eretta in vista di un servizio locale già pastoralmente programmato, ma doveva essere un luogo mariano di culto a raggio cittadino, nazionale e mondiale, aperto alle esigenze spirituali e apostoliche più universali.

Si sa che il tempio è un luogo che offre al mondo la presenza di Dio e di Cristo, come anche di Maria. La teologia del tempio è legata alle iniziative gratuite di Dio per inserirsi concretamente nella storia a favore della salvezza degli uomini.

Possiamo dire che per Don Bosco la costruzione di quella chiesa a Valdocco diviene di fatto una espressione concreta e palpabile di questa profonda teologia del tempio, vista attraverso la presenza materna e operosa di Maria: quel tempio è un «santuario mariano» che diviene il «segno privilegiato», il «luogo sacro» della presenza protettrice di Maria Aiuto dei Cristiani: «haec domus mea, inde gloria mea»!

Questo serve a spiegare anche perché Don Bosco dedicasse tutto se stesso, in quegli anni, a tale impresa: «Solo chi ne fu testimone — ci assicura don Albera — può farsi una giusta idea del lavoro e dei sacrifici che il nostro Venerabile Padre s’impose durante tre anni per condurre a termine quest’opera... da molti ritenuta un’impresa temeraria troppo superiore alle forze dell’umile prete che vi si era accinto».21

Orbene: quali che siano le motivazioni concrete alle origini della scelta del titolo «Auxilium Christianorum», già di per sé carico di storia e di una urgente attualità per le congiunture socioreligiose, ci sembra che ciò che per Don Bosco è stato poi determinante è il fatto d’aver sperimentato, giorno dopo giorno, che Maria si sia costruita praticamente questa «sua Casa» nelle zolle dell’Oratorio e ne abbia preso possesso per irradiare da lì il suo patrocinio.

Il modo con cui Don Bosco parla di questa «Casa dell’Ausiliatrice» sottolinea meno gli accenni storici, e assai più le affermazioni di presenza viva, di fontana zampillante di grazia, di rilancio continuo di operosità apostolica, di clima di speranza e di volontà d’impegno per la Chiesa e per il Papa.

Si presenta alla nostra considerazione una vera «lirica dei fatti», che tiene dietro alla costruzione della basilica e che illumina più vitalmente la scelta mariana di Don Bosco.

Penso che dovremmo riflettere di più sulle conseguenze «spirituali» che ha per Don Bosco (e per noi) il fatto della costruzione di questo tempio, il suo significato effettivo e la sua funzione fondale nella configurazione definitiva del suo carisma e le conseguenze concrete nella fondazione e sviluppo della Famiglia Salesiana.

Dall’esistenza di questo santuario in poi l’Ausiliatrice è la espressione mariana che caratterizzerà sempre lo spirito e l’apostolato di Don Bosco: la sua vocazione apostolica gli apparirà tutta come opera di Maria Ausiliatrice, e le molteplici e grandi sue iniziative, particolarmente la Società di S. Francesco di Sales, l’Istituto delle FMA e la gran Famiglia Salesiana, saranno viste da lui come fondazione voluta e curata dall’Ausiliatrice.

Penso si possa affermare che l’esistenza del santuario sia diventata, per l’esperienza viva di tante grazie concrete, più significativa di quanto forse pensava inizialmente lo stesso Don Bosco; la luce che irradia dal tempio di Valdocco trascende le preoccupazioni pastorali di quartiere e la storia stessa del titolo per farne una realtà in parte nuova e più grande: un luogo privilegiato dalla presenza materna e soccorritrice di Maria.

E questo dovrà certamente avere delle conseguenze anche per il nostro rilancio mariano.



1.3 Elementi caratteristici della sua devozione

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Si può parlare di una «originalità» nella nostra devozione all’Ausiliatrice per cui, volendo inserirci nel cuore del movimento mariano più attuale, si debbano sottolineare e curare alcuni aspetti caratteristici che risultano distintivi di questa devozione?

Formuliamo la domanda partendo da una preoccupazione particolarmente pratica: la sua risposta servirà a illuminare gli aspetti da privilegiare nel nostro rinnovamento.

Don Bosco è stato, tra i devoti di Maria lungo i secoli, uno dei grandi; lo è stato in forma caratteristica con una sua peculiare modalità, inserito esplicitamente nel vivo del movimento mariano più attuale e più incisivo per la Chiesa del suo tempo.

Notiamolo bene: egli si inserì e non inventò la devozione all’Ausiliatrice. Entrò nell’alveo di una tradizione già antica e specifica, ma le seppe dare un volto ed uno stile così peculiare, che da lui in poi l’Ausiliatrice è stata chiamata familiarmente anche «la Madonna di Don Bosco»!

Tentiamo di soffermarci brevemente su alcuni elementi che, sottolineati fortemente dal nostro fondatore, contribuiscono a dare a questa devozione un volto ed uno stile suoi caratteristici.


— Innanzitutto, la viva coscienza della presenza personale di Maria nella storia della salvezza comporta nella devozione di Don Bosco, come abbiamo già osservato, l’atteggiamento costante di stabilire dei rapporti vitali con Essa (unendo, certamente, Maria a Cristo in un binomio inscindibile di salvezza: le due colonne del suo sogno!).

Ne consegue che questa devozione mariana si riferisce sempre direttamente alla «persona» stessa della Madonna con tutte le sue grandezze e i suoi titoli; quindi, non si esprime mai in una qualche forma di concorrenza con le altre devozioni, ma piuttosto in una forma di convergenza intensiva e di proiezione operativa, per cui ogni titolo e ogni festa mariana è amata e celebrata sottolineando il suo apporto di «aiuto» alla salvezza umana.

Questa coscienza della presenza personale di Maria Ausiliatrice è sentita concretamente da Don Bosco nella propria vita come un dato oggettivo basilare, un elemento fondante tutta la sua vocazione sia

per quanto definisce la destinazione e lo stile della sua missione apostolica, sia per quanto va tratteggiando la fisionomia del suo spirito evangelico.


— Un altro elemento caratteristico sono i presupposti dottrinali della devozione all’Ausiliatrice.

Don Bosco, pur mutuandoli dai più accreditati autori, li ha individuati e approfonditi con particolare robustezza teologica e con concretezza pastorale. Essi illuminano l’indole propria della devozione e del culto a Maria «Aiuto dei Cristiani» e debbono essere coltivati e approfonditi nei suoi devoti. Si riferiscono specificamente alla mediazione vittoriosa di Maria in favore della fede del popolo cristiano e in aiuto della Chiesa Cattolica guidata dal Papa e dai Vescovi.

«Il bisogno — scrive il nostro Fondatore — oggi universalmente sentito d’invocare Maria non è particolare, ma generale; non sono più tiepidi da infervorare, peccatori da convertire, innocenti da conservare. Queste cose sono sempre utili in ogni luogo, presso qualsiasi persona. Ma è la stessa Chiesa Cattolica che è assalita. È assalita nelle sue funzioni, nelle sacre sue istituzioni, nel suo capo, nella sua dottrina, nella sua disciplina; è assalita come Chiesa Cattolica, come centro della verità, come maestra di tutti i fedeli».22

Questo caratteristico aspetto di «aiuto ecclesiale», fondante per Don Bosco il titolo di Ausiliatrice, non pare sia stato allora legato da altri devoti o carismatici a titoli mariani.

Certamente esiste già una nostra letteratura, non insignificante, su questi presupposti dottrinali,23 ma è necessario che alle riflessioni già fatte fin qui se ne vadano aggiungendo, dopo la svolta conciliare, delle altre di particolare attualità secondo la visione rinnovata del mistero della Chiesa.

Incominciamo col notare che già Don Bosco unì il titolo di «Ausiliatrice» a quello di «Madre della Chiesa» che noi, con gioia, abbiamo visto proclamato da Paolo VI alla fine del Vaticano II.24 Dobbiamo sottolineare che è appunto il senso vivo della Chiesa l’elemento più caratterizzante della dottrina dell’Ausiliatrice.

Con quanta attualità si può rilanciare questa devozione se consideriamo l’interesse con cui si è venuto sviluppando, oggi, il suggestivo rapporto «Maria-Chiesa».

Maria, infatti, è «già» quello a cui tende la Chiesa: ne è la profezia e il fermento. Essa aiuta la Chiesa a realizzare la sua stessa funzione di «seconda Eva» in una maternità verginale di grazia. Così «il mistero della Chiesa si incontra attraverso il volto di Maria. Guardando a Lei, si vede vivere la Chiesa: sono i suoi occhi che spiegano i misteri».25

Persino uno scrittore non cattolico afferma: «Si può dire che non si dà una giusta visione della Chiesa se non dove c’è uno spazio per Maria nella fede e nella pietà. Il rinnovamento della Chiesa è strettamente legato al rilancio di una sana pietà mariana. Si perde il senso della Chiesa-Madre là dove si perde il senso della vocazione materna della Vergine Maria».26

Il suo ruolo materno rappresenta il fulcro del rapporto di Maria con la Chiesa: entrambe esistono e sono sante in funzione della maternità ed entrambe generano nella verginità.

C’è, così, un nesso intimo tra «maternità» ed «evangelizzazione», tra «Maria-Chiesa» ed «azione apostolica».

Tutto questo risulta significativamente attuale per la nostra spiritualità ed ha delle conseguenze operative determinanti. Quindi, la devozione all’Ausiliatrice animata dal più vivo senso ecclesiale, appare in Don Bosco come una scelta dottrinale precorritrice che lega la «pietà mariana» con il «senso della Chiesa» in una singolare forma di mutua inseparabilità e di comune crescita.


— Tale dottrina dell’Ausiliatrice comporta, come necessaria conseguenza, un atteggiamento d’impegno operativo instancabile e coraggioso che è stato, in Don Bosco, uno degli aspetti più caratterizzanti della sua devozione mariana: la Consolata, o la Salette, o l’Immacolata Concezione non avrebbero offerto una appropriata esigenza pratica caratterizzante lui e i numerosi devoti (in particolare, la Famiglia Salesiana) con la stessa forza e la stessa fisionomia apostolica con cui li definisce l’Ausiliatrice.

Il «senso della Chiesa» si traduce quotidianamente in una coscienza attiva di «membro» con una profonda spiritualità dell’azione.

Ciò comporta non solo un atteggiamento costantemente generoso di operosità apostolica in genere, ma un vero e proprio impegno «ecclesiale»; ossia, una operosità esplicitamente guidata dalla chiara coscienza di essere e di agire come membro corresponsabile di quel Corpo di Cristo che è la Chiesa. Ma la Chiesa considerata non in senso vago, bensì in quanto Essa, «costituita e organizzata come società, sussiste nella Chiesa cattolica, governata dal Successore di Pietro e dai Vescovi in comunione con lui».27

Un impegno, quindi, particolarmente definito dalla concretezza storica e situazionale della vita cattolica. Questa opzione realista, che può portare anche al martirio, s’avvicina necessariamente a posizioni di lotta che potrebbero assumere, in determinate situazioni, anche l’aspetto di una scelta politica; è ciò che accadde un po’, proprio negli anni 60, nell’Italia delle apparizioni di Spoleto e della caduta di Roma. Ebbene, Don Bosco eccelle nel fare della devozione all’Ausiliatrice un impegno reale per la Chiesa Cattolica, evitando sempre di trasformarla in una bandiera temporale a favore della rivoluzione o della antirivoluzione di turno.

Per saper tenere un tale atteggiamento si ispira al criterio pratico caratteristico dell’«attività materna», che non è mossa da ideologie astratte ma da esigenze vitali, che fa tutto il bene che può anche se non può arrivare all’ottimo, e che cura più il tessuto delicato della vita che l’elaborazione dei grandi programmi.

Può essere sintomatico constatare che non c’è posto per una simile attività vitale (e quindi non si trova nessun elemento di parallelismo con Maria) nelle più famose ideologie sociali, per esempio nel marxismo, che pur mostrano varie coincidenze parallele con la strutturazione ecclesiastica.

Il realismo pedagogico di Don Bosco ha espresso attraverso la sua devozione mariana una autentica «mistica dell’azione», nel senso profondo di S. Francesco di Sales,28 unita permanentemente a una forte, anche se più volte nascosta, «ascesi dell’azione».

Per questo io mi permettevo di far osservare ai Capitolari che la devozione all’Ausiliatrice «è legata agli avvenimenti concreti dell’esistenza, si immerge nel corso vivo della storia, nei suoi labirinti e nelle sue passioni, ma rimane chiaramente escatologica (Don Bosco direbbe «religiosa»); non si trasforma in una «crociata di cristianità»; sente e partecipa alle vicissitudini socioculturali e ai continui nuovi assetti dei popoli nell’ininterrotto loro processo di un nuovo grado di liberazione, ma non diviene mai «politica» (nel senso ristretto e speciflco del termine); è realista ma trascendente, in piena sintonia con la specifica missione della Chiesa».29


1.4 L’Ausiliatrice e il carisma salesiano

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Certamente si dà di fatto, e ne sentiamo profonda gratitudine, un’intima correlazione tra la devozione all’Ausiliatrice e la nostra vocazione salesiana. Non è difficile mostrarlo, per quanto si riferisce alla sua origine, in Don Bosco: dal sogno dei 9 anni ai Becchi fino a quello di Barcellona nel 1886, dal catechismo iniziato con Bartolomeo Garelli al modo con cui ottenne l’approvazione delle Costituzioni della Società di S. Francesco di Sales, dalla convinzione intima di Don Bosco espressa in molteplici affermazioni ai fatti prodigiosi da lui realizzati. Ma le origini non sono che la primizia della sua totale realtà.

Il nostro Fondatore ci assicura che la vocazione salesiana è inspiegabile, tanto nella sua nascita come nel suo sviluppo e sempre, senza il concorso materno e ininterrotto di Maria.

Molte volte lui stesso ha confessato che la Madonna ne è la «fondatrice» e la «sostenitrice», e ci assicura che «la nostra Congregazione è destinata a cose grandissime e a spargersi per tutto il mondo, se i Salesiani saranno sempre fedeli alle Regole date loro da Maria Santissima».30

Si è lasciato persin sfuggire questa esclamazione: «Maria ci vuole troppo bene!».31

Don Rua, il gran «continuatore» della vocazione di Don Bosco, che «insegna ai Salesiani a rimanere Salesiani» – come ci ha detto Paolo VI32 – ha sottolineato con insistenza questa relazione intima tra vocazione salesiana e devozione all’Ausiliatrice.33

In particolare ci pare suggestivo sottolineare una sua interessante osservazione nel presenziare all’incoronazione della Madonna a Valdocco, il 17 maggio 1903; dopo averne descritto con gioiosa effusione la cerimonia, soggiunse: «Non dubito punto che con l’aumentarsi fra i Salesiani della devozione a Maria Ausiliatrice, verrà pur crescendo la stima e l’affetto verso Don Bosco, non meno che l’impegno di conservarne lo spirito e d’imitarne le virtù».34

C’è, qui, l’intuizione chiarissima dell’interrelazione vitale che si dà tra la devozione all’Ausiliatrice e la nostra spiritualità.

Anche don Albera, nel far riflettere con quella sua delicata sensibilità sugli aspetti più spirituali della nostra vocazione, insiste sulla continua presenza di Maria; scrive infatti: «parlando ai suoi figli spirituali, (Don Bosco) non si stancava di ripetere che l’opera a cui aveva posto mano gli era stata ispirata da Maria Santissima, che Maria ne era il valido sostegno, e che perciò nulla essa aveva a temere delle opposizioni dei suoi avversari».35

Potrebbe considerarsi particolarmente suggestiva, ai fini di questo argomento, anche una sua allusione a S. Francesco di Sales, per quanto egli è il grande «caposcuola della salesianità» nella storia della vita spirituale. Nel descrivere la magnanimità quasi temeraria del nostro Fondatore, particolarmente nella costruzione del tempio di Valdocco, don Albera individua in questo straordinario coraggio un elemento di «salesianità»: «si mostra così — afferma egli — discepolo del nostro S. Francesco di Sales, che aveva lasciato scritto “Conosco appieno qual fortuna sia l’esser figlio, per quanto indegno, di una Madre così gloriosa. Affidàti alla sua protezione, mettiamo pur mano a grandi cose; se l’amiamo di ardente affetto, Ella ci otterrà tutto quello che desideriamo”».36

Sarebbe, senza dubbio, assai utile approfondire qual è il significato e la funzione della devozione all’Ausiliatrice nella nostra spiritualità salesiana.

A noi qui basta indicare succintamente qualche suggerimento al riguardo, per ispirare meglio il nostro rilancio mariano.

Sappiamo che una spiritualità è veramente tale se arriva a formare un tutto organico, dove ogni elemento ha la sua funzione e il suo collocamento preciso.

Spostare, o non considerare, o sopprimere questo o quell’elemento sarebbe incominciare a rovinare tutto.

Ora: la devozione all’Ausiliatrice risulta di fatto, come abbiamo visto, un fattore integrante del «fenomeno salesiano» nella Chiesa perché entra a formar parte vitale della sua totalità. Non avrebbe senso, anzi sarebbe deleterio, tentar di separare la nostra spiritualità dalla devozione a Maria Ausiliatrice, così come non si può isolare, perché sarebbe assurdo, Don Bosco dalla Madonna.

La devozione all’Ausiliatrice è, dunque, un elemento imprescin-dibile del nostro carisma; ne permea la fisionomia e ne vitalizza le componenti.

Senza una sana vitalità della dimensione mariana, la nostra spiritualità ne risentirebbe in vigore e in fecondità; mentre, per altro, la cura opportuna di un profondo rilancio mariano farà rinverdire tutta la vocazione salesiana.

Basti osservare come la nostra devozione all’Ausiliatrice è in strettissimo interscambio vitale sia con la «missione» salesiana che con lo «spirito» proprio del nostro carisma.

Innanzitutto, la sua intima vincolazione con la missione salesiana: è Maria, la «Pastorella» dei sogni, che ne designa l’indole propria e ne individua i destinatari, assegnandoci un campo di «pastorale giovanile»; è la sua caratteristica di Ausiliatrice che apre la missione salesiana ai grandi orizzonti dei problemi socioreligiosi di attualità, e a una chiara scelta di servizio alla Chiesa universale e di collaborazione con i suoi Pastori; è la sua materna bontà che ispira la nostra criteriologia pastorale e ci insegna un metodo d’approccio ai nostri destinatari.

Poi, il suo profondo rapporto con lo spirito salesiano: esso trova in Maria, vista come Ausiliatrice, la sua ispirazione e il suo modello. Uno spirito centrato sulla «carità pastorale», ispirato all’amore materno della Madonna e radicato nell’amore materno della Chiesa, che implica un acuto ascolto dell’iniziativa di Dio, un’adesione totale a Cristo e una piena disponibilità alle sue vie; uno spirito permeato di speranza (sicuro dell’«aiuto» dall’Alto) in un clima interiore di sostanziale ottimismo nella valutazione delle risorse naturali e soprannaturali dell’uomo; uno spirito di fecondità apostolica vivificato dallo zelo per la Chiesa; uno spirito di operosa iniziativa e di duttilità appropriato alle vicissitudini cambianti della realtà; uno spirito di bontà e di comportamento familiare con quella ricchezza e semplicità di atteggiamenti che ha la sua sede nella sincerità del cuore; uno spirito di magnanimità (come nel «Magnificat») che ha l’umile ardimento di fare tutto il bene che si può, anche quando sembra temerario, lasciandosi guidare dal coraggio della fede e dal buon senso, più in là degli estremismi o dei perfezionismi.

Possiamo concludere questi accenni dicendo che, così come nella vita di Don Bosco la devozione all’Ausiliatrice, esplicitata nella piena maturità della sua vocazione, è allo stesso tempo il punto terminale di un itinerario di crescita e la piattaforma di lancio di tutto il suo vasto progetto apostolico, allo stesso modo nella spiritualità salesiana essa costituisce la sintesi concreta delle sue varie componenti e la fonte vitale del suo dinamismo e della sua fecondità. Quindi, ciò che essa è stata nell’ora della fondazione dovrà ritornare ad esserlo in ogni ora di rifondazione.



1.5 Concretezza del nostro proposito di rilancio mariano

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Rinnovare una devozione non significa semplicemente cambiare o intensificare determinate pratiche religiose. Certamente c’è da aggiornare la nostra pietà mariana, ma per far ciò bisogna prima assicurare i valori fondanti della nostra fede, i presupposti dottrinali e l’atteggiamento personale e comunitario che ne deriva. La fede e la pietà devono muoversi di pari passo; se è vero che nella pietà vive la fede («lex orandi, lex credendi»), è anche vero, soprattutto in un processo di rinnovamento, che la dottrina della fede deve guidare la pietà («lex credendi, legem statuat orandi»).37

Come giustamente si è fatto osservare: «Il riconoscimento del ruolo della Vergine Maria nella storia della salvezza e nella vita della Chiesa implica una pietà che sia conseguente con la verità che la concerne».38

Ora, se nella devozione all’Ausiliatrice ci sono degli aspetti dottrinali caratteristici, approfonditi e rinnovati dal Vaticano II, bisognerà che li conosciamo bene e che ne sappiamo far derivare anche uno speciale tono di rinnovamento nella corrispondente nostra pietà.

Questo toccherà direttamente i nostri impegni di rilancio in vari settori di iniziative pratiche.

Non posso, qui, scendere ai dettagli; essi devono essere considerati e programmati soprattutto localmente. Indico solo alcune grandi linee di azione affinché servano a ispirare e guidare i vari programmi.


La formazione dottrinale appare subito come il primo elemento da curare; dobbiamo saper rivedere ed aggiornare la nostra mentalità e le nostre conoscenze su due campi complementari:

– sulla figura di Maria nella storia della salvezza alla luce degli orientamenti conciliari;

– e sui presupposti dottrinali del titolo «Auxilium Christianorum» in rapporto con la spiritualità del Carisma di Don Bosco.

Ecco un vasto compito di studio, di divulgazione e di formazione, sia iniziale che permanente.

Il nostro Fondatore rimane il modello e il maestro in questo campo; ricordiamo, in particolare, i suoi scritti sull’Ausiliatrice.39


Il culto e la pietà mariani costituiscono la vita di una genuina devozione. Noi possediamo, per questo rinnovamento, l’importante Esortazione apostolica Marialis Cultus di Paolo VI. Dobbiamo farne tesoro. Ricordiamoci che in questo campo la Chiesa ha progredito assai sia per quanto si riferisce al culto liturgico (cf. prima parte della MC, n. 1-23), sia per quanto riguarda più propriamente la pietà mariana (cf. seconda parte della MC, n. 24-39). Saper esprimere la nostra devozione mariana attraverso la partecipazione viva e intelligente al ciclo liturgico costituisce la meta più significativa e più pedagogica del nostro rilancio.

Nel rinnovamento, poi, della pietà mariana il Papa suggerisce quattro preziosi orientamenti «da tener presenti nel rivedere o creare esercizi e pratiche di pietà»; essi sono l’orientamento biblico (MC n. 30), il liturgico (MC n. 31), l’ecumenico (MC n. 32-33) e l’antropologico (MC n. 34-37).

L’approfondimento e l’applicazione di ognuno di questi orientamenti esigono una revisione a fondo del modo con cui concretizziamo la nostra devozione.

Quanto ai pii esercizi (cf. MC n. 40-55), oltre al Rosario, vorrei aggiungere per noi, e sottolineare, sia la «benedizione di Maria Ausiliatrice» composta dallo stesso Don Bosco ed approvata esattamente 100 anni fa dal papa Leone XIII,40 sia la festività di Maria Ausiliatrice a maggio e la pratica tradizionale del 24 del mese.

Inoltre bisognerà anche incrementare fortemente il significato e la portata spirituale del Santuario dell’Ausiliatrice a Valdocco.


I grandi orizzonti d’impegno ecclesiale, visti nel realismo di ogni situazione locale, secondo le esigenze di quest’ora tanto pregnante di futuro, devono divenire l’orizzonte in cui si muove il nostro coraggio evangelizzatore e la nostra inventiva pastorale. Ecco un campo vasto e concreto in cui c’è da saper fare una profonda svolta apostolica, aggiornando e nutrendo la nostra mentalità con i grandi problemi pastorali della Chiesa e con le pressanti esigenze culturali del mondo d’oggi, soprattutto in vista della gioventù e dei ceti popolari.

Don Bosco ha trovato proprio in quest’area lo spazio preferito della sua inesauribile operosità. La devozione all’Ausiliatrice ci deve far divenire fermento cristiano nella costruzione della nuova Società, attraverso i giovani e i ceti popolari.


4° Infine, la cura delle vocazioni è stata in Don Bosco una delle espressioni più efficaci della sua devozione mariana; l’istituzione dell’O.M.A. per le vocazioni, a lui tanto cara, ci serve di segno e di sprone. Dobbiamo impegnarci con Maria a rinnovare a fondo tutta la nostra pastorale vocazionale; essa esigerà di riattualizzare i grandi valori del Sistema Preventivo e ci insegnerà a misurare la nostra profondità spirituale ed autenticità apostolica con il metro delle vocazioni.


Se noi sapremo animare la Famiglia Salesiana in queste quattro grandi aree di rinnovamento, e se, insieme con i vari gruppi della Famiglia, sapremo programmare una realizzazione, magari anche modesta in sé, ma cosciente e costante, vedremo ringiovanire e crescere, con l’aiuto di Maria, il nostro carisma nella Chiesa.

E l’Ausiliatrice diverrà di fatto anche il fermento di una comunione più profonda tra i vari rami salesiani: Essa apparirà più esplicitamente la «Madre della Famiglia Salesiana»!

Don Bosco «non si è accontentato di amare l’Ausiliatrice, ha fatto tanto per farla amare! Esiste una specie di patto tra Maria Ausiliatrice e la Famiglia Salesiana. Maria aiuta questa sua Famiglia e ne sviluppa le opere. A loro volta tutti i membri e i rami della Famiglia, ognuno a modo suo, diffondono il culto dell’Ausiliatrice, presso gli adulti e presso i giovani. È un aspetto del servizio salesiano alla Chiesa. È il significato dell’iscrizione luminosa che Don Bosco aveva letta sulla grande chiesa dei suoi sogni, e che in effetti fece scolpire sul frontone della basilica di Torino: “Haec est domus mea, inde gloria mea: Questa è la mia casa, da qui si diffonderà la mia gloria”. La basilica vivente siamo noi!».41


1.6 E concludo

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Carissimi, il CG21 auspica una vera ripresa della nostra devozione all’Ausiliatrice; con essa si renderà più genuina e concreta quell’animazione salesiana di cui si sente tanto bisogno nelle comunità e con cui riattualizzeremo il carisma del nostro Fondatore.

Io prego i confratelli di ogni casa di studiarne localmente le possibilità e i metodi, e impegno gli Ispettori con i loro Consigli a inserire una accurata pastorale mariana nelle programmazioni ispettoriali, in dialogo anche con gli altri gruppi della Famiglia Salesiana, specialmente con le FMA.

Un immediato incremento della devozione all’Ausiliatrice ridonerà a tutti ossigeno e speranza e apporterà un vero profitto alla Chiesa. «All’uomo contemporaneo — ci ricorda Paolo VI —, non di rado tormentato tra l’angoscia e la speranza, prostrato dai sensi dei suoi limiti e assalito da aspirazioni senza confini, turbato nell’animo e diviso nel cuore, con la mente sospesa dall’enigma della morte, oppresso dalla solitudine mentre tende alla comunione, preda della nausea e della noia, la beata Vergine Maria, contemplata nella sua vicenda evangelica e nella realtà che già possiede nella città di Dio, offre una visione serena e una parola rassicurante: la vittoria della speranza sull’angoscia, della comunione sulla solitudine, della pace sul turbamento, della gioia e della bellezza sul tedio e la nausea, delle prospettive eterne su quelle temporali, della vita sulla morte».42

Carissimi, riascoltiamo oggi per noi una delle ultime raccomandazioni di Don Bosco: «La Santa Vergine Maria continuerà certamente a proteggere la nostra Congregazione e le opere salesiane, se noi continueremo la nostra fiducia in Lei e continueremo a promuovere il suo culto».43

Promettiamo a Don Bosco di farlo davvero con filiale intraprendenza, imitando la sua grande fiducia e il suo operoso ardimento.

Vi saluto cordialmente, dandovi con gioia la benedizione di Maria Ausiliatrice.


D. Egidio Viganò


NOTE LETTERA 1


1 cf. Lc 2, 51

2 Gv 19, 26-27

3 LG 62

4 ib.

5 MC 34

6 MC 24; cf. 40

7 Paolo VI, MC - Introduzione

8 cf. EN 48

9 cf. LG 52, 53, 63, 64, 65; AG 4; ecc.

10 EN 75

11 MB VII, 334

12 MB VIII, 4

13 Con la sigla CG21 viene indicato il testo Documenti Capitolari del Capitolo 21 della Società Salesiana (Roma 1978)

Il numero che segue la sigla indica il numero marginale del testo

14 Lc 1, 48

15 MB I, 373

16 A. CAVIGLIA, Vita di Domenico Savio, Opere e scritti editi e inediti di Don Bosco, vol. IV, Torino, SEI, pag. 314

17 G. BOSCO, Maraviglie della Madre di Dio invocata sotto il titolo di Maria Ausiliatrice, Torino 1868, pag. 45 - Opere edite, vol. XX, pag. 237

18 cf. per esempio, come espressione delle sue meditazioni, la preghiera da lui composta per essere messa in musica dal Cagliero: «O Maria, Virgo potens...» (MB XVII, 309-310)

19 G. MARTINA, Pio IX, Chiesa e Mondo moderno, ed. Studium, Roma 1976, pag. 7-8

20 Don Bosco infatti scrive: «Mentre poi si stava deliberando intorno al titolo, sotto cui porre il novello edificio, un incidente sciolse ogni dubbio. Il Sommo Pontefice, il regnante Pio IX, cui nulla sfugge di quanto può tornare vantaggioso alla religione, informato della necessità di una chiesa nel luogo sopra indicato, mando la sua prima graziosa offerta di franchi 500, facendo sentire che Maria Ausiliatrice sarebbe stato un titolo certamente gradito all’Augusta Regina del Cielo» (G. BOSCO, Maraviglie della Madre di Dio invocata sotto il titolo di Maria Ausiliatrice, Torino 1868, pag. 108-109 - Opere edite, vol. XX, pag. 300-301; id. G. BOSCO, Maria Ausiliatrice col racconto di alcune grazie, Torino 1875, pag. 30 - Opere edite, vol. XXVI, pag. 334; id. G. BOSCO, Associazione de’ divoti di Maria Ausiliatrice, Torino 1869, pag. 27 - Opere edite, vol. XXI, pag.cresce 365)

21 Lettere circolari, Torino 1965, pag. 286

22 G. BOSCO, Maraviglie della Madre di Dio invocata sotto il titolo di Maria Ausiliatrice, Torino 1868, pag. 6-7 - Opere edite, vol. XX, pag. 198-199

23 NOTA BIBLIOGRAFICA. Vanno particolarmente ricordate le seguenti pubblicazioni:

– P. RICALDONE, La nostra devozione a Maria Ausiliatrice, in ACS, sett.-ott. 1948

– Gli 11 Volumi degli Atti dell’Accademia Mariana Salesiana

– F. GIRAUDI, Il Santuario di Maria SS. Ausiliatrice, SEI, Torino 1948

– P. STELLA, Don Bosco nella storia della religiosità cattolica, vol. 2º, cap. 7º, PAS-Verlag 1969

24 Il 21 novembre 1964 Paolo VI proclamò ufficialmente il titolo mariano di «Madre della Chiesa». Si era alla conclusione della III sessione del Concilio Ecumenico Vaticano II, in cui si promulgò la costituzione dogmatica Lumen Gentium, che delineava la dottrina conciliare della Chiesa e di Maria. Nel suo storico discorso il Papa affermò: «La riflessione su questi stretti rapporti di Maria con la Chiesa, così chiaramente stabiliti dall’odierna Costituzione conciliare, Ci fa ritenere essere questo il momento più solenne e più appropriato per soddisfare un voto che, da Noi accennato al termine della precedente sessione, moltissimi Padri conciliari hanno fatto proprio, chiedendo istantemente una dichiarazione esplicita, durante questo Concilio, della funzione materna che la Vergine Santa esercita sul popolo cristiano. A tale scopo abbiamo creduto di consacrare, in questa sessione pubblica, un titolo in onore della Vergine suggerito da varie parti dell’orbe cattolico, ed a Noi particolarmente caro, perché con sintesi mirabile esprime il posto privilegiato, riconosciuto da questo Concilio alla Vergine nella Santa Chiesa. A gloria dunque della Vergine e a nostro conforto, Noi proclamiamo Maria Santissima Madre della Chiesa, cioè di tutto il popolo di Dio, tanto dei fedeli come dei Pastori, che la chiamano Madre amorosissima; e vogliamo che con tale titolo soavissimo d’ora innanzi la Vergine venga ancor più onorata ed invocata da tutto il popolo cristiano» (AAS, 56 [1964], 1015)

25 M. MAGRASSI, Maria e la Chiesa una sola Madre, ed. La Scala, Noci 1976, pag. 40

26 MAX THURIAN, Tradition et renouveau dans l’Esprit, Taizé 1977, pag. 193

27 LG —

28 cf. Traité de l’amour de Dieu, lib. 7, c. 7, in Opera Omnia V, 29-32

29 cf. CG21 590

30 MB XVII, 511

31 MB XVIII, 273

32 Omelia del 29 ott. 1972 nella basilica di S. Pietro, durante la cerimonia della beatificazione di Don Rua

33 cf. Lettere circolari di Don Michele Rua, Torino 1965; per es., pag. 178, 293-294, 348, 367-368, ecc.

34 o.c., pag. 353

35 Lettere circolari di Don Paolo Albera, Torino 1965, pag. 285; cf. pag. 169, 223, 224, 284, 466, 477, ecc.

36 o.c., pag. 286

37 cf. Enciclica Mediator Dei di Pio XII, nn. 38-40

38 MAX THURIAN, o.c., pag. 167

38 P. RICALDONE, Maria Ausiliatrice, I sei libretti di Don Bosco, LDC 1951, pagg. 39-44

40 La formula della benedizione fu approvata dalla Sacra Congregazione dei Riti il 18 maggio 1878. Credo opportuno e illuminante (e serve anche per commemorarne il centenario) trascrivere qui la lettera di Don Bosco al papa Leone XIII (MB XIII, 489):

Beatissimo Padre,

Nella tristezza dei tempi in cui viviamo pare che Dio voglia in varie meravigliose maniere glorificare l’augusta sua Genitrice invocata sotto il nome di Maria Auxilium Christianorum. Fra i diversi argomenti avvi quello della efficacia delle benedizioni coll’invocazione di questo titolo glorioso che sogliono impartirsi in parecchi luoghi, segnatamente nel santuario a Lei dedicato a Torino.

Ma affinché tali formole siano stabilite e regolate secondo lo spirito di S. Chiesa, il Sac. Giovanni Bosco rettore di detto Santuario e dell’Arciconfraternita ivi eretta fa umile preghiera affinché la formola descritta a parte sia presa in benevola considerazione, esaminata, modificata, ed ove sia d’uopo, corretta, perché si possa usare nel impartire la così detta Benedizione di Maria Ausiliatrice, specialmente nel Santuario a Lei dedicato a Torino. Ivi ad ogni momento affluiscono i fedeli a farne richiesta con grande incremento della pietà e spessissimo con sensibile vantaggio nelle loro miserie spirituali e corporali.

La formola di cui è parola, è una raccolta di giaculatorie già usate ed approvate dalla liturgia della Chiesa, e qui riunite a maggior gloria di Dio e della B. V. Maria.

Torino, 10 marzo 1878.

Sac. Gio. Bosco

41 J. AUBRY, Cooperatori di Dio. Roma 1977, pag. 444

42 MC 57

43 Dal «Testamento spirituale» in Scritti spirituali, J. AUBRY, vol. 2º, pag. 278-279