351-400|it|378 La comunità salesiana oggi: GC25

LETTERE DEL RETTOR MAGGIORE

PASCUAL CHÁVEZ

ACG 378 ‘02

LA COMUNITÀ
SALESIANA OGGI
DOCUMENTI DEL CAPITOLO GENERALE 25
DELLA SOCIETÀ DI SAN FRANCESCO DI SALES

N. 378
anno LXXXIII
maggio 2002

Roma, 24 febbraio - 20 aprile 2002

ORGANO UFFICIALE DI ANIMAZIONE E DI COMUNICAZIONE PER LA CONGREGAZIONE SALESIANA

PRESENTAZIONE

Cari Confratelli,
stiamo cominciando un nuovo sessennio, che coincide con i primi anni del terzo millennio. Lo facciamo, convinti che il Capitolo Generale XXV è stato una grazia del Signore, e motivati dal suo invito ad addentrarci nel vasto oceano della realtà di questo mondo.
L’invito a “
prendere il largo” è un programma di azione, non un  semplice ‘slogan’ privo di contenuto. Così lo intese lo stesso don Vecchi, lasciandocelo come testamento spirituale nell’ultima sua Strenna. Non è tempo di nostalgia o di ricordi. È, invece, tempo di speranza e di futuro, tempo che chiama ad affrontare con audacia le sfide dell’educazione e dell’evangelizzazione dei giovani.
Non ignoriamo i pericoli che racchiude il mare aperto, ma ci anima in questa avventura la parola del Signore. Che ci chiama a “gettare le reti” là dove la pesca può essere più feconda. Avendo, poi, la Parola come viatico nel cammino, ci disponiamo a guardare avanti ed a prendere il largo, con un rinnovato entusiasmo spirituale ed apostolico.

1. Gli Atti del Capitolo Generale 25º

Vi presento qui gli “Atti” del Capitolo Generale 25º. Essi ci offrono un materiale prezioso per il rinnovamento della nostra vita e della nostra azione educativa-pastorale. Comprendono, nella prima parte, l’introduzione, i cinque moduli operativi e la conclusione di quello che è stato il tema principale del Capitolo e, nella seconda parte, la verifica delle strutture di animazione e del governo centrale.
Ad essa seguono le deliberazioni e gli orientamenti che si riferiscono alle Costituzioni e Regolamenti e al Governo della Congre- 14 gazione, con la interpretazione pratica dei testi della nostra Regola di vita. Troverete, inoltre, i Messaggi inviati dai capitolari ai Confratelli sulla vocazione del salesiano coadiutore, alla Famiglia Salesiana, ai Giovani, insieme ad un appello per salvare i ragazzi e i giovani del mondo.
A mo’ di Allegati, si aggiungono i discorsi ed i messaggi di saluto, alcuni dei quali sono particolarmente ricchi di significato, come quelli del Santo Padre all’inizio del Capitolo e durante l’udienza, quello di S. Em.za il cardinale Prefetto della Congregazione per gli Istituti di vita consacrata, il discorso iniziale del Vicario del Rettor Maggiore, la prima “Buona notte” del Rettor Maggiore e il discorso finale.
Si tratta di un insieme di documenti che raccolgono il frutto della riflessione dei Capitoli ispettoriali e del Capitolo Generale XXV.

2. Il testo capitolare

L’Assemblea capitolare ha assunto decisamente il compito tracciato dal Rettor Maggiore nella lettera di convocazione del CG25, nella quale invitava non tanto a ripetere la dottrina già conosciuta sulla comunità, quanto piuttosto a «trovare vie efficaci per rimotivare le comunità a manifestare con semplicità e chiarezza l’identità religiosa nelle nuove situazioni; determinare le condizioni o criteri essenziali che permettano, anzi stimolino a vivere in modo gioioso, umanamente significativo, la nostra professata fraternità al seguito di Cristo» 1.
Seguendo le indicazioni della Presidenza e del Regolatore, il lavoro delle commissioni e dell’assemblea si è andato orientando, con sempre maggior chiarezza, alla elaborazione non tanto di un documento organico, articolato, quanto di
schede di lavoro indipendenti, alla stregua di moduli operativi. In tal modo, già il genere letterario
1 VECCHI JUAN E.,
Verso il Capitolo Generale 25º, ACG 372, pag. 14
del “testo capitolare” è una chiave di lettura per intendere la maniera con cui deve essere recepito: come un testo chiaramente operativo.
Questo non significa che il testo sia stato privato di ogni fondamento teologico. Esso appare, di fatto, fortemente concentrato all’inizio di ciascuna delle schede, mentre queste, in massima parte, si concentrano sulle sfide e sugli orientamenti operativi. Mi sembra opportuno, in questo momento, sottolineare alcuni aspetti che possono aiutare la lettura, l’assimilazione e l’applicazione del testo capitolare.

2.1
A differenza del CG23 e del CG24, che avevano parlato della comunità locale come centro di animazione e come luogo strategico di educazione alla fede dei giovani e di coinvolgimento e formazione dei laici, il Capitolo Generale 25º ha voluto mettere
la comunità con tutte le sue caratteristiche e dinamiche al centro della riflessione. Di fatto, il modello di comunità che emerge dal CG25 è quello che fa riferimento alla nostra consacrazione apostolica, così come è espressa nell’articolo 3 delle Costituzioni. Si tratta di una comunità chiamata a realizzare, attraverso la grazia di unità, la sintesi vitale tra la vita fraterna, la sequela radicale di Cristo, la dedizione alla missione giovanile.
Pertanto, la comunità è – a pieno titolo – il soggetto di questo Capitolo. Non solo per essere il tema dello stesso, ma anche per esserne agente e protagonista primario. Ogni comunità, perciò, è invitata ad accogliere questo testo capitolare come un tesoro prezioso da far fruttificare.

2.2
Lo
schema di ogni modulo operativo è identico. Si apre con un testo degli Atti degli Apostoli, che vuol essere una vera fonte di ispirazione affinché ogni comunità riproduca l’esperienza della comunità di Gerusalemme nell’accogliere lo Spirito Santo come guida della propria vita. Si dovrebbe evitare, conseguentemente, di considerare queste citazioni della Scrittura come una semplice ciliegia sopra la torta. Al contrario, si dovrebbe cominciare a realizzare, proprio da qui, la “lectio divina”, in modo da imparare a partire sempre dalla Parola. Il che comporta lo sforzo di fare davvero nostre le attitudini della Vergine davanti ed essa: ascoltarla, obbedire ad essa, farci suoi discepoli, diventare credenti.
È la stessa Parola che, con questa dinamica, invita la comunità a leggere la storia sociale ed ecclesiale e ad accogliere in essa la
chiamata di Dio e della nostra Regola di vita, le attese dei giovani, le necessità dei laici e della Famiglia Salesiana. Quindi, la comunità è condotta a fare una verifica della propria situazione, scoprendo le sue risorse e le sue debolezze, le sue disponibilità e le resistenze, le sue possibilità e i suoi limiti. Si tratta qui, di fatto, di una revisione della vita comunitaria. In tal modo, la comunità impara a scoprire le sfide fondamentali e ad affrontarle con coraggio e con speranza. Impara pure a porsi le necessarie domande ed a cercare le risposte adeguate. È questo l’obiettivo degli orientamenti operativi

2.3
Per quanto si riferisce ai
contenuti fondamentali, questi si riferiscono alla vita fraterna, alla testimonianza evangelica e alla presenza animatrice tra i giovani.
La vita fraterna della comunità si propone di favorire i processi di crescita umana e vocazionale dei confratelli, promuovere relazioni interpersonali profonde, rafforzare il senso di appartenenza e lo spirito di famiglia, e aiutare alla costruzione di una visione comunitaria più condivisa. Per questo possono essere utili il progetto personale di vita, la pratica del discernimento comunitario, la valorizzazione dei momenti di incontro, il progetto della comunità salesiana.
La testimonianza evangelica ci chiede di manifestare visibilmente il primato di Dio nella vita di comunità, vivere la “grazia di unità” nelle espressioni comunitarie, rendere radicale, profetica e attraente la sequela di Cristo, condividere le motivazioni vocazionali e l’esperienza di Dio. La centralità della Parola di Dio, favorita dalla pratica della “lectio divina”, la qualità della preghiera comunitaria, l’Eucaristia quotidiana aiuteranno ad approfondire l’esperienza spirituale e la manifestazione della centralità di Dio nella nostra vita. Allo stesso modo, la sequela di Cristo, vissuta attraverso la totale disponibilità ad un’obbedienza gioiosa, mediante la concretezza di una povertà austera e lo splendore di una castità vigilante e serena renderanno più trasparente la testimonianza della comunità.
Dove esiste una comunità salesiana, è presente un’esperienza di fede, si costruisce una rete di relazioni, si offrono molteplici forme di servizio ai giovani. La comunità rende visibile la
presenza salesiana tra i giovani, la anima e ne promuove la crescita. È necessario, anzitutto, ritornare ai giovani ed essere non soltanto una comunità per i giovani, ma anche una comunità con i giovani. Per questo la comunità salesiana costruisce una presenza di comunione e di partecipazione, coinvolge i laici e la Famiglia Salesiana, si inserisce nel territorio e nella Chiesa locale. Si trasforma così in una presenza che “educa ed evangelizza”, creando ambienti di forte carica spirituale, prendendo coscienza delle situazioni di povertà dei giovani e reagendo di fronte ad esse con mente e cuore pastorali, mettendo in atto progetti e processi di maturazione dei giovani. Infine, la comunità promuove una vera cultura vocazionale, per cui ogni giovane è aiutato a scoprire un progetto di vita, propone esplicitamente la vocazione salesiana a quelli che sono più idonei, invitandoli a fare un’esperienza vocazionale e accompagnando quelli che l’accettano.
Per essere una comunità che vive la fraternità, che dà una forte e chiara testimonianza evangelica, che diventa presenza animatrice tra i giovani, essa stessa ha necessità di essere animata, motivata, orientata e accompagnata.
L’animazione della comunità passa principalmente attraverso la formazione permanente. La comunità può offrire momenti specifici di rinnovamento spirituale e opportunità per l’aggiornamento educativo e pastorale dei confratelli; ma non c’è dubbio che la prima e più importante fonte di formazione è la qualità della vita quotidiana. Il direttore ha un ruolo fondamentale nell’animazione della comunità, coinvolgendo e corresponsabilizzando tutti i confratelli. La sua attenzione deve primariamente dirigersi all’identità carismatica, alla missione comunitaria e alla fraternità. Da ultimo, il CG25 propone alcune condizioni che rendono possibile ad una comunità salesiana di essere significativa oggi. Si tratta di aiutare ogni comunità ad operare secondo un progetto comunitario, a garantire la consistenza qualitativa e quantitativa della comunità, ad approfondire i rapporti tra comunità e opera, ad attuare il progetto organico ispettoriale. Alcune di queste condizioni si riferiscono al livello locale, ma nella maggior parte esigono la responsabilità e le scelte della comunità ispettoriale. Il primo destinatario del testo capitolare è, evidentemente, la comunità stessa, alla quale si offrono questi cinque itinerari, perché li studi, li approfondisca e li renda operativi.

3. L’avvenimento del Capitolo Generale XXV

Evidentemente, il CG25 non si riduce a un documento. Esso è, innanzi tutto, un’esperienza intensa di Congregazione e uno spirito, di cui sono portatori i Capitolari che hanno partecipato a questo grande evento. Essi sono i portavoce migliori di quanto hanno visto e udito!
Fra gli elementi che hanno caratterizzato il Capitolo si evidenzia, in primo luogo, l’atmosfera di fraternità, che si è creata fin dal principio e che è stata molto apprezzata da tutti. È stato ammirevole constatare «l’unità della Congregazione nella diversità», come dice l’articolo 146 delle Costituzioni. Questo è stato frutto della volontà espressa dei capitolari di fare della stessa assemblea capitolare un’esperienza di comunità.
Un secondo elemento è stata la presa di coscienza crescente della mondialità della Congregazione, che si manifesta nella sua diversità culturale. Le “buone notti” degli Ispettori, le celebrazioni animate dalle differenti Regioni, gli interventi in Aula sono una prova che il carisma di Don Bosco, nostro Fondatore e Padre, si è andato inculturando nei contesti più diversi e che gli stessi Capitoli Generali hanno aiutato a realizzare una sintesi feconda tra unità e diversità.
Il terzo elemento straordinario è stata la Beatificazione – nella Piazza di San Pietro – di tre membri della Famiglia Salesiana, il Coadiutore Artemide Zatti, Suor María Romero e Don Luigi Variara, che ha messo in risalto una volta di più che la vocazione salesiana è realmente «una via che conduce all’Amore» (
Cost.196), alla santità, e che questa deve esser la nostra maniera naturale di vivere, il miglior regalo che possiamo fare ai giovani (cf. Cost. 25), la nostra più significativa proposta educativa.
In modo speciale, la Beatificazione del primo Coadiutore salesiano non martire ha risvegliato nel Capitolo il desiderio di rilanciare questa vocazione, tanto fondamentale per Don Bosco.
Il quarto elemento significativo è stata la presenza del Santo Padre, attraverso il suo Messaggio iniziale e l’Udienza che ci ha concessa, nella quale ci ha invitati a prendere la santità come nostro compito primario.
Un quinto elemento interessante è stata la copertura informativa data attraverso ANS, con la collaborazione dell’équipe video delle Missioni Don Bosco di Torino, a tutto l’evento capitolare, che ha permesso la comunicazione immediata alla Famiglia Salesiana e a tutti gli Amici di Don Bosco di quanto avveniva nella sede del Capitolo.
Infine, va sottolineata la presenza del nostro confratello Mons. Alois Kothgasser, che ha animato gli Esercizi spirituali, assumendo come tema la Strenna del Rettor Maggiore per l’anno 2002 – “
Duc in altum!” –, come pure dei nostri confratelli Cardinali e Vescovi che ci hanno visitato durante il Capitolo, evidenziando il carattere ecclesiale della nostra vocazione e missione.
Auguro che lo spirito del CG25 si diffonda in tutte le comunità della Congregazione e ci aiuti a rispondere con generosità alla volontà del Signore, che si è espressa attraverso questo evento pentecostale. 

4. L’impegno del sessennio

Come dicevo nel discorso di chiusura, dopo i momenti della preparazione e della realizzazione del Capitolo Generale 25º, è arrivato il tempo di passare dalla riflessione alla vita. Questa presentazione ha precisamente lo scopo di consegnare alla Congregazione il testo capitolare, con l’invito a ciascun confratello e ad ogni comunità di studiarlo e di metterlo in pratica. Facciamo della comunità un progetto personale di vita. Crediamo in essa e costruiamola! È un compito di tutti, giovani e anziani, sani e ammalati. Mettiamo da parte stanchezze e disillusioni, come fecero gli Apostoli che avevano faticato tutta la notte senza pescar nulla. Il futuro della nostra vitalità si gioca sulla nostra capacità di creare comunità carismaticamente significative oggi. La condizione di fondo è il rinnovato impegno della santità. Sulla Parola del Signore gettiamo le reti, fiduciosi che il Signore darà fecondità ai nostri sforzi!
Chiediamo a Maria Ausiliatrice, la
Stella Maris, alla quale ho affidato la Congregazione fin dall’inizio del mio Rettorato, che ci aiuti a vincere le nostre paure, che ci animi a “prendere il largo”, e ci accompagni ad avventurarci nell’oceano immenso di questo mondo, con l’entusiasmo e lo zelo di Don Bosco, contemplando Cristo e cercando la salvezza dei giovani.

Roma, 24 maggio 2002
Festa di Maria Ausiliatrice

D. PASCUAL CHÁVEZ VILLANUEVA
Rettor Maggiore