251-300|it|299 Appelli del Sinodo-80

11.


APPELLI DEL SINODO-80



Introduzione. - 1. Il recente Sinodo dei Vescovi. - 2. L’importanza data alla «famiglia». - 3. Momenti profetici emersi nell’esperienza sinodale. - 4. Due valori fondamentali: l’amore e la vita. - 5. Alcune conseguenze per il nostro impegno pastorale-educativo:

atteggiamento profetico di bontà; — il nostro aggiornamento dottrinale; — inserimento attivo nella Chiesa locale; — la presenza nell’area della cultura e nella scuola; — rilievo dato all’educazione sessuale; — uno speciale impegno di catecumenato; —significazione innovatrice del tema della «donna». - 6. Intimo nesso tra famiglia e consacrazione. - 7. Lo «spirito di famiglia». - Conclusione.

Lettera pubblicata in ACS n. 299



Roma, 8 dicembre 1980

Solennità dell’Immacolata


Cari Confratelli,


la catastrofe del terremoto che ha colpito vaste zone del Sud d’Italia ha suscitato, insieme a tanto dolore e sgomento, un’esplosione di solidarietà umana e di carità cristiana che riapre il cuore alla speranza. La visita del Santo Padre alle zone sinistrate è stata sorgente di conforto e invito commovente alla preghiera e alla collaborazione.

Anche la Famiglia Salesiana d’Italia, d’Europa e delle altre regioni del mondo si è sentita parte viva della Chiesa in aiuto ed ha aderito operosamente e generosamente alle iniziative di preghiera, di soccorso e di ricostruzione tanto urgenti ed imponenti. Guardiamo con ammirazione i confratelli dell’Ispettoria Meridionale «Beato Michele Rua» che si sono prodigati e si prodigano con ogni mezzo e sforzo a soccorrere i bisognosi. Assicuriamo loro la nostra partecipazione e il nostro aiuto, specialmente attraverso le Ispettorie sorelle della Conferenza italiana.

Queste sciagure tanto luttuose irrompono nella nostra esistenza, ne scuotono la possibile quiete abitudinaria e ci interpellano sui grandi valori della vita e sul significato del divenire umano. Lasciamoci interrogare da tali eventi in clima di fede e sapremo rispondere con l’atteggiamento operoso e fiducioso della speranza.

Gesù Cristo non ci ha proposto una teoria sul dolore, ma ci ha dato un esempio di partecipazione ad esso e di trasformazione di esso, perché ha assunto il dolore fino alla sua personale passione e morte aprendo, con ciò, all’uomo, gli orizzonti della risurrezione.

Preghiamo ed operiamo sempre nel Cristo, rinnovando la nostra solidarietà ed unione con i fratelli terremotati.



1. Il recente Sinodo dei Vescovi


Ho avuto la grazia e il mandato di partecipare, con altri nove superiori generali, nel settembre e ottobre scorsi, alla assemblea sinodale sui Compiti della famiglia cristiana nel mondo contemporaneo. Considero utile intrattenervi brevemente, con questa lettera, sul significato e sulle conseguenze che dovrà avere per noi il Sinodo-80. Si tratta, infatti, di un evento ecclesiale di vasta risonanza: due anni di preparazione, 213 padri sinodali, 43 uditori (tra i quali 16 coppie di coniugi), 10 esperti (in teologia, in etica, in demografia e in medicina), 164 interventi orali e 62 scritti, 11 gruppi linguistici di lavoro per più di una settimana con una sintesi scritta dei suggerimenti di ogni gruppo, elaborazione di 43 Proposizioni votate e approvate in aula e di un Messaggio, 2 importanti Relazioni del Card. Ratzinger, le ponderate omelie del Santo Padre e, infine, la consegna al Papa di ben 6 documenti (Linee di preparazione, Strumento di lavoro, Relazione introduttiva, Relazione sintetica dopo gli interventi in aula, Relazioni dei gruppi linguistici, Proposizioni) per l’elaborazione di una Esortazione Apostolica, frutto del Sinodo, come lo furono già la Evangelii nuntiandi e la Catechesi tradendae.

I fedeli hanno accompagnato con straordinarie iniziative di preghiera i lavori sinodali per chiedere una speciale assistenza dello Spirito del Signore.

Il compito di un Sinodo è quello di orientare la vita e l’attività apostolica del Popolo di Dio in tutti i continenti; coinvolge, quindi, anche gli Istituti religiosi, soprattutto quelli detti di vita attiva. Noi, poi, impegnati specificamente nella pastorale giovanile, ci dobbiamo sentire solennemente invitati a rivedere le nostre modalità di lavoro nello spirito e secondo gli orientamenti dei Pastori riuniti intorno al Successore di Pietro.

Tanti problemi affrontati sono incombenti e assai delicati: l’inculturazione della dottrina cristiana sul matrimonio e la lettura dei segni dei tempi, i valori della sessualità e la riformulazione degli orientamenti etici e spirituali, l’importanza dell’indissolubilità matrimoniale e la situazione dei divorziati, la profezia dell’Humanae vitae e la ragione per un controllo della natalità, le mutue esigenze tra fede e sacramento per la validità del matrimonio, le difficoltà e le prospettive dei matrimoni misti, il vero significato della promozione della donna, la perniciosità dell’aborto, il vasto tema dell’educazione dei figli, la funzione sociale e culturale della famiglia, ecc.

Tanti problemi fanno vedere il bisogno impellente di evangelizzazione della cultura, oggi, soprattutto in riferimento al vasto tema della sessualità. In definitiva è, questo della sessualità, uno dei problemi più significativi e anche più drammatici dell’attuale divenire umano. Non si può cercare di risolverlo con degli atteggiamenti ingenui ed antiquati di semplificazione, insistendo unicamente su norme formulate con i materiali di un altro tipo di cultura. Urge percepire e assumere l’approfondita complessità dei dati costitutivi del nostro essere e l’accresciuta rilevanza — con tutte le sue contraddittorie espressioni — che il sesso manifesta nei comportamenti sociali di oggi.

Siamo chiamati a cercare i segni dello Spirito del Signore e l’attualità del messaggio del suo Vangelo per rispondere con saggezza: sia al pensiero illuminista (per cui ogni norma morale in questo campo sarebbe solo di competenza della coscienza individuale), sia all’interpretazione romantica (per cui l’amore umano sarebbe come una mitologia del sentimento senza appropriate illuminazioni etiche), sia al sapere psicoanalista (per cui la sessualità si ridurrebbe fondamentalmente ad una «pulsione» che si affaccia alla soglia della coscienza solo al momento del suo soddisfacimento).

D’altra parte la privatizzazione del matrimonio e della famiglia sembra dare origine ad una nuova società che, nel suo insieme, non appare interessata alla consistenza e alla solidità dei valori matrimoniali e familiari. Questo rende estremamente insicura e fragile la cosiddetta «famiglia nucleare» moderna, in cui il figlio non appare più come un frutto dell’amore e un bene ed un aiuto, ma piuttosto come un prodotto della razionalità, un peso per la responsabilità e un problema per le risorse.

Per questo è tanto desiderata oggi, in tutti gli ambienti cristiani, una parola profetica dei Pastori su questo tema.

È vero che il Sinodo è rimasto, per ora e in certa maniera, ancora aperto: però ha offerto un ricco materiale di prospettive definite e di conclusioni concrete al Santo Padre, perché le organizzi elaborando una Esortazione Apostolica sul tema. Riflettere già fin d’ora sui grandi orientamenti dell’Episcopato circa la famiglia significa prepararsi ad assumere meglio e con prontezza le scelte e le direttive del nuovo documento.



2. L’importanza data alla famiglia


Nell’approfondire i compiti e i problemi familiari nel mondo contemporaneo, i padri sinodali hanno evidenziato due aspetti di senso, direi, in certo modo opposto: da una parte, la densità dei valori e le grandi prospettive inerenti di per sé alla famiglia; dall’altra, i limiti della famiglia e le sue gravi difficoltà concrete.

— Innanzitutto: nel Sinodo si sono affermate l’ampiezza, la bellezza e l’esigenza delle mete assegnate nel progetto divino alla famiglia: il matrimonio come alleanza d’amore e il focolare come cellula prima, matrice della società.

Alla luce di tali ricchezze è apparso chiaro che non si tratta di un argomento settoriale, scelto momentaneamente tra numerosi altri più o meno ugualmente importanti. La famiglia non può essere semplicemente «oggetto» di una programmazione per qualche piano quinquennale. Essa è «soggetto» centrale e indispensabile di attività civile ed ecclesiale. Non va, perciò, guardata come uno dei problemi da affrontare e da risolvere come semplice priorità di situazione.

«L’uomo d’oggi — è stato detto esplicitamente in aula — vive angustiato da un cumulo di problemi. Quello della famiglia non è, semplicemente, uno in più tra tanti altri. Se la Chiesa ha creduto opportuno dedicargli un Sinodo specifico, è perché la famiglia rappresenta un luogo privilegiato per affrontare, partendo da essa, la problematica globale del mondo contemporaneo. (Noi qui nel Sinodo) vogliamo riflettere sulla famiglia non per comunicare agli uomini alcune verità su aspetti parziali di essa, bensì per illuminare di nuovo il significato della sua realtà con il Vangelo del Dio-Famiglia, che ci ha creati a sua immagine ed ha inviato alla terra il suo Figlio Unigenito per fare di noi, con il prezzo del suo sangue, la “Famiglia di Dio”, famiglia di figli e di fratelli. La famiglia è il punto di appoggio di cui abbiamo bisogno per muovere il mondo verso Dio e ridonargli la speranza.

La famiglia è minuscola, ma possiede in sé una energia superiore a quella dell’atomo... Dall’umile piccolezza di milioni di focolari... la Chiesa può rilanciare la potenza dell’amore necessaria a fare di Se stessa il Sacramento dell’unità tra gli uomini» (Mons. Francesco J. Cox, 14-10-1980).

Il tema della famiglia, dunque, più che un settore su cui far convergere le nostre revisioni programmatiche, è un’angolatura privilegiata da cui ripensare e progettare più realisticamente e più intelligentemente, in consonanza con il progetto divino, tutta la pastorale.

E questo, cari confratelli, è un aspetto che ci interpella a fondo!

— La seconda osservazione dei sinodali è quella dei limiti della famiglia e di tante tristi constatazioni della sua realtà.

La famiglia non è un assoluto; non è stata progettata per se stessa, ma in ordine all’Uomo, il quale deve poter crescere nella storia fino a realizzare la sua felicità nel Regno di Dio.

Non per nulla il Vangelo ci insegna che è necessario essere disposti a lasciare tutto, anche la famiglia, in vista del Regno.

L’amore coniugale è genuino solo se porta a trascendere le pareti domestiche.

Nel lungo cammino escatologico della Chiesa, la famiglia deve sapersi aprire ad altri valori. Così, ad esempio, deve saper apprezzare e sostenere il paradossale valore della verginità che testimonia la meta definitiva secondo cui la stessa sessualità deve venir perfezionata.

Se si osserva, poi, la realtà circostante (e questo, purtroppo, in tutti i continenti), bisogna affermare inoltre che, di fatto, la famiglia è assai spesso politicamente conculcata, culturalmente plagiata, economicamente oppressa e moralmente ammalata. In una oggettiva descrizione sociografica, la famiglia appare come una vittima bisognosa di liberazione e di promozione, piuttosto che come il centro vitale e rinnovatore della società.

Per questo il Sinodo, in vista di tante constatazioni dolorose, considerando che, per natura, essa è soggetto di diritti e di funzioni basilari (anteriormente allo Stato ed a qualsiasi società), si è preoccupato di riunire gli elementi di una futura «Carta» fondamentale per una politica della famiglia, che ne proclami i diritti, che possa servire d’ispirazione agli eventuali progetti di rinnovamento degli Stati democratici e che sia tenuta nel debito conto da tutte le società intermedie (non esclusi gli Istituti religiosi).



3. Momenti profetici emersi nell’esperienza sinodale


La partecipazione diretta ai lavori del Sinodo mi ha offerto l’opportunità di percepire alcuni aspetti vitali di un evento che si situa ad un livello tra i più espressivi del mistero esistenziale della Chiesa.

Ne ricordo alcuni che ci possono aiutare a formarci una coscienza più ecclesiale di un avvenimento che è stato colto, spesso, solo attraverso i mezzi di comunicazione sociale, i quali sogliono giudicare e descrivere le cose partendo da angolature ben differenti di quelle tanto originali della nostra fede.


— È stato bello constatare i progressi della collegialità episcopale. Da quasi venti secoli c’è nella storia umana una specie di professione nuova e originale, esclusiva della Chiesa di Cristo: è il ministero di «Pastore» esercitato dai Vescovi in comunione con il Successore di Pietro. È un «mestiere» inventato dal Verbo incarnato, che fa critica e profezia su tutto ciò che è umano (sesso, cultura, economia, politica) senza scendere dal suo livello e senza identificarsi con nessun settore specifico, ma illuminandoli tutti con la verità della Rivelazione presentata e approfondita nella svariata ricchezza di un concreto pluralismo culturale. Si è visto con comune soddisfazione il forte progresso realizzato nell’esercizio collegiale di tale ministero: chiara convergenza sui principi e sulle esigenze della fede, e policroma ricchezza di rivestimenti culturali.

— Ho percepito, inoltre, l’importanza inderogabile del magistero ecclesiale nella vita di fede. Noi crediamo «ecclesialmente»! Tra la fede della coscienza di ognuno di noi e i dati storici e scientifici su cui essa può fare leva (S. Scrittura, Simboli, Documenti qualificati, Scienze teologiche) c’è uno spazio essenziale a cui nessuno può rinunciare senza pericolo di deviazioni e di soggettivismo: è quello della comunione dei credenti guidata dal ministero di Pietro e degli Apostoli e dei loro Successori. Gesù Cristo non ha appoggiato la nostra fede all’analisi di documenti (pur tanto importanti), ma alla testimonianza viva di persone credibili da Lui scelte, qualificate ed assistite.

In tal senso ho potuto constatare lo spessore di discernimento e la permanenza dinamica dell’insegnamento del Magistero su aspetti delicati e sottoposti a un duro vaglio dalle nuove discipline umane. La sessualità e la fecondità umana, per fare un esempio, sono state presentate dai padri sinodali, con convergenza unanime, alla luce profetica e durevole dell’enciclica Humanae vitae; si è aggiunta, come esigenza pastorale, la preoccupazione, propria di ogni momento storico, di saperne presentare gli argomenti di validità in consonanza con i tempi.


— Ugualmente si è sottolineata la funzione peculiare del Magistero di incrementare e di interpretare autenticamente quel «supernaturale senso di fede» (LG 12), proprio di tutto il Popolo di Dio, di cui parla la costituzione dogmatica Lumen Gentium (n. 35).

Non si può dedurre il «senso della fede» semplicemente da ricerche sociologiche o psicologiche e da statistiche (anche se tali investigazioni apportano importanti elementi di approfondimento della verità e dati concreti per una più razionale programmazione dell’attività pastorale). Il senso della fede è frutto dello Spirito Santo; trascende ogni delimitazione di tempo (sintonia con i credenti di tutti i secoli) e di spazio (sintonia con i credenti di tutte le culture), perché la fede apre agli orizzonti universali di Cristo partendo dalla semplicità e docilità del cuore: così come l’ha testimoniato l’umile e povera Maria di Nazaret (cf. Proposizioni n. 2-4).


— Inoltre i padri sinodali hanno riproposto con novità e originalità la straordinaria ed arcana ricchezza della dottrina cristiana sul Matrimonio, partendo sia dal mistero della Trinità, sia da quello della Creazione, sia da quello di Cristo e della Chiesa. C’è in essa una dovizia d’insegnamento pastorale, anteriore alle «teologie», che mette in luce la funzione positiva e la densità carismatica del Magistero per la vita di una fede che vuole essere genuina.


— La profezia della verità proclamata dai Pastori è apparsa, in particolare, permeata da una cosciente e indiscussa volontà di misericordia. È inerente al ministero pastorale la preoccupazione di procedere con una concreta pedagogia di bontà.

Si è parlato molto di questo aspetto perché i Vescovi hanno avuto coscienza che l’uomo reale (quello ferito e abbandonato sulla strada), con le sue pene e le sue deviazioni, è la «prima via» che deve percorrere la Chiesa. Così il ministero pastorale ha il delicato compito di armonizzare sempre tra loro, con sensibilità pedagogica, la verità salvatrice e la misericordia divina: non una ortodossia che prescinda dalla bontà e dalla comprensione; non una misericordia che offenda la verità.

Questo comporta tutto un panorama pastorale pratico, assai esigente e creativo, in favore di coloro (e sono tanti) che sono stati definiti da un cardinale gli «handicappati dell’amore».


— Infine, tra le proposte profetiche affermate c’è stata anche quella di non ridurre il Sinodo a una specie di clinica per le malattie della famiglia, ma di saper rilanciare al mondo contemporaneo un messaggio positivo su di essa, mettendo in luce i grandi valori intrinseci al progetto divino. Saper presentare la famiglia come una indispensabile «utopia» (nel significato dinamico e attraente di questo termine), come un regalo di Dio, come un piccolo nucleo di energia atomica per il futuro in ogni secolo, portatrice di novità, capace di rinnovare sempre la cultura e la società.



4. Due valori fondamentali: l’amore e la vita


Il Messaggio per le famiglie cristiane promulgato alla conclusione del Sinodo afferma, con espressione sintetica: «Tutto quanto abbiamo detto sul Matrimonio e la Famiglia può essere ricondotto a due parole: amore e vita» (Osservatore Romano, 26-10-80).

Sono questi i due grandi valori messi al centro di una rinnovata visione cristiana della famiglia. Il disegno di Dio, dice il Messaggio, «si avvera quando l’uomo e la donna si uniscono intimamente nell’amore per il servizio della vita. Il Matrimonio è alleanza di amore e di vita»!

La famiglia è chiamata, dunque, innanzitutto a salvare e coltivare l’amore: «formare gli uomini nell’amore ed educarli ad agire con amore in ogni rapporto umano, così che l’amore rimanga aperto alla comunità intera, permeato di senso di giustizia e di rispetto verso gli altri, conscio della propria responsabilità verso la stessa società» (Messaggio).

E l’amore è intrinsecamente legato alla vita; ad essa si rivolge per darle significato, per originarla, per coltivarla, per difenderla, per darle pienezza.

In fedeltà a questo senso profondo dell’amore e della vita, la famiglia a volte «è obbligata a scegliere per sé uno stile di vita in contrasto con la cultura e la mentalità corrente ed i comportamenti comuni relativi alla sessualità, alla libertà individuale ed ai beni materiali» (Messaggio).

Nella trasmissione della vita attraverso l’amore si tocca in radice il mistero dell’uomo, la dignità della persona, il culmine dell’essere, la bellezza e la responsabilità della paternità e della maternità. Con ragione il Messaggio ricorda, in particolare, la funzione dell’amore nella trasmissione della vita come «inseparabile dall’unione coniugale»; in essa, l’amore deve essere genuino: « pienamente umano, totale, esclusivo ed aperto a una nuova vita» (Humanae vitae, 9 e 10).

Per realizzare in modo adeguato così alta missione, nell’armonia di quei due grandi valori, sono necessari la grazia di Dio e il ministero della Chiesa. È lo Spirito del Signore che rende possibile la riattualizzazione del vero progetto di Dio attraverso una non facile «conversione del cuore» per cui «si depone il “vecchio” uomo per rivestire il “nuovo”».

Ora, se pensiamo a come appaiono l’amore e la vita sullo sfondo culturale moderno, percepiamo immediatamente il coraggio e l’altezza della profezia del Sinodo per la famiglia oggi.

Vediamo, infatti, che l’amore è falsificato e contraffatto in mille modi; la vita è conculcata e soppressa con freddo calcolo e con violenze sovvertitrici o anche legali.

Urge rievangelizzare la cultura nelle sue stesse radici; c’è da esorcizzare l’opinione pubblica da indottrinamenti ideologici e da mode egoistiche; bisogna sconfiggere un materialismo che sta riducendo l’amore e la vita a biologia e chimica.

Il clima ateistico di tante società moderne ha fatto crescere l’angoscia e il disorientamento e una mentalità antinatalista; la superba illusione della «morte del padre» sta disfacendo la convivenza umana. Tante società sono oggi infeconde perché si è arrivati a disprezzare il matrimonio e la fecondità. Gli uomini parlano di virilità e hanno paura di essere padri, le donne parlano di femminismo e hanno paura di divenire madri. L’amore è stato disgiunto dalla vita e, perciò stesso, degradato. Non si considerano più le sue risorse di martirio e il suo indispensabile legame storico con il sacrificio; non si guarda più alla croce come alla massima espressione dell’amore («id quo maius fieri nequit»!). Se amare è solo sinonimo di sperimentare un piacere, vengono affossati inesorabilmente tutti i grandi ideali dell’Uomo chiamato ad essere protagonista nel mondo.

Questa catastrofe psicologica è frutto della perdita del senso di Dio, dell’annullamento della coscienza circa il Suo cuore di Padre, della dimenticanza della Sua bontà e misericordia, del non credere più al Suo amore verso la vita umana, amore così incommensurabile da inviare tra noi il Suo Unigenito perché ci servisse fino al totale dono di sé nella Pasqua.

A ragione il Sinodo ha concentrato l’attenzione sulla famiglia e si è preoccupato non semplicemente di affrontare dei problemi etici, ma soprattutto di rilanciare un clima di mistica evangelica, ossia di vita familiare nello Spirito Santo. Infatti, una morale senza spiritualità non fa vivere; invece lo Spirito Santo rincuora e vivifica, apre orizzonti e abbonda in supplementi d’energia; non scoraggia mai.

Ecco allora delinearsi nella programmazione postsinodale, per tutti gli agenti di pastorale, un lavoro urgente e complesso di evangelizzazione della cultura per rivitalizzarne due grandi valori portanti, l’amore e la vita.

E questo bisognerà saperlo fare per la famiglia, con la famiglia e attraverso la famiglia; pur essendo consci delle gravi e purtroppo numerose situazioni in cui occorrerà anche supplire la famiglia; in tal caso, però, bisognerà saperne interpretare il peculiare spirito e l’alta missione.



5. Alcune conseguenze per il nostro impegno pastorale-educativo


È bene che già fin d’ora enumeriamo alcune direttive pratiche che scaturiscono dal Sinodo e ci invitano a rivedere le nostre sollecitudini di religiosi educatori e i nostri compiti apostolici.

Più che di una lunga descrizione, abbiamo bisogno di una chiara

e concisa enumerazione delle principali conseguenze pastorali da cui lasciarci interpellare. Eccone alcune, che mi sembrano di speciale interesse per noi.


Atteggiamento profetico di bontà


Nella nostra maniera di realizzare un apostolato della famiglia (attraverso la nostra pastorale giovanile) dobbiamo saper partire, come il Sinodo, dalla comunicazione positiva di un messaggio di speranza

radicato nella conoscenza dei grandi valori del progetto di Dio sulla famiglia, nella capacità di percezione del bene che c’è in ogni cuore, nella sensibilità pedagogica delle leggi della crescita, e in una intelligente e costruttiva accettazione della gradualità.

Non, però, una gradualità irenica di una compassione soggettiva e sentimentale, ma una gradualità di genuina bontà e misericordia.

Se, da una parte, la misericordia non si regola «unicamente con la misura della giustizia», dall’altra però, non significa mai «indulgenza verso il male, verso lo scandalo, verso il torto o l’oltraggio arrecato» (enciclica Dives in misericordia, 14).

Nell’omelia di chiusura del Sinodo il Papa ha ricordato esplicitamente che «la cosiddetta “legge della gradualità” o cammino graduale, non può identificarsi con la “gradualità della legge”, come se ci fossero vari gradi e varie forme di precetto nella legge divina per

uomini e situazioni diverse» (Osservatore Romano 26-10-80).

La nuova recente enciclica sulla misericordia ci può aiutare ad approfondire questo delicato e indispensabile atteggiamento. «Il significato vero e proprio della misericordia — ci dice il Papa — non consiste soltanto nello sguardo, fosse pure il più penetrante e compassionevole, rivolto verso il male morale, fisico o materiale: la misericordia si manifesta nel suo aspetto vero e proprio, quando rivaluta, promuove e trae il bene da tutte le forme di male, esistenti nel mondo e nell’uomo. Così intesa, essa costituisce il contenuto fondamentale del messaggio messianico di Cristo e la forza costitutiva della sua missione» (Dives in misericordia, 6).

È in tal senso che la bontà diviene fonte di speranza!


Il nostro aggiornamento dottrinale


I nuovi elementi culturali e il progresso delle discipline dell’uomo e della fede richiedono una messa a punto del nostro bagaglio di conoscenze pastorali. Urge rinnovarsi soprattutto nell’ambito della teologia morale e dell’insegnamento sociale della Chiesa. È un aggiornamento da curare con serietà ed equilibrio, in fedeltà al Magistero, con l’aiuto di competenti ben scelti.

La prossima promulgazione e i successivi validi commenti dell’Esortazione Apostolica sulla famiglia offriranno un’occasione propizia per realizzarlo.

In questo aggiornamento è urgente farci guidare dalla verità, come ha ricordato il Papa ai padri sinodali nell’omelia conclusiva: «Nessuno può costruire la carità se non nella verità. Questo principio vale sia per la vita di ogni famiglia sia per la vita e l’azione dei pastori che intendono servire realmente la famiglia. Il principale frutto di questa sessione del Sinodo sta nel fatto che i compiti della famiglia cristiana, la cui essenza è la carità, non possono essere realizzati se non vivendo pienamente la verità. Tutti coloro ai quali, per l’appartenenza alla Chiesa — siano essi laici, sacerdoti, religiosi o religiose — è stato affidato di collaborare a questa azione, non possono realizzare questo se non nella verità. È la verità che libera, è la verità che ordina; è la verità che apre la via alla santità e alla giustizia» (Osservatore Romano, 26-10-80).

E la verità di cui si parla qui è quella «salvatrice»; di essa si fa garante il Magistero della Chiesa, anche se ad essa hanno apportato e apportano tanti stimoli ed elementi di progresso le discipline antropologiche.

Una vera competenza, illuminata e pedagogica, nel vasto e delicato campo della morale fu sempre assai cara a Don Bosco (ricordate la sua formazione postseminaristica al Convitto) e oggetto di speciali cure (soprattutto per i sacerdoti) nella nostra tradizione di educatori e di confessori.

Per rinnovare la pastorale è indispensabile per noi approfondire e aggiornare il significato vitale della verità salvifica!


Inserimento attivo nella Chiesa locale


Una delle conseguenze concrete del Sinodo in ogni diocesi dovrà essere un ripensamento della pastorale d’insieme tale da farla convergere verso il rinnovamento della famiglia, innanzitutto per la sua stessa identità cristiana e poi per i suoi svariati e gravi compiti.

Ho avuto modo di sottolineare io stesso nel Sinodo (cf. ACS 299, pag. 48) l’indispensabilità di un qualche progetto educativo nella globalità della pastorale d’insieme, ricordando, al riguardo, lo spirito e i suggerimenti del documento Mutuae relationes. L’applicazione dei criteri ivi indicati potrebbe convogliare numerose energie pastorali e tante capacità apostoliche (dei differenti carismi esistenti nella Chiesa locale) a una più efficace soluzione dei vari problemi.

Noi, quindi, non dovremo essere né sordi né passivi nel partecipare a questo appello da sviluppare soprattutto nella collaborazione tra genitori ed agenti ecclesiali di educazione.


La presenza nell’area della cultura e nella scuola


Sappiamo che il luogo privilegiato della nostra missione di evangelizzatori è quello dell’area culturale soprattutto nel settore dell’educazione e, perciò, in particolare anche nella scuola e nei mezzi di comunicazione sociale. Il Sinodo ha insistito chiaramente sull’importanza decisiva di un’urgente evangelizzazione della cultura e sull’attenzione da accordare all’età evolutiva per una sua crescita cristiana nell’attuale non facile situazione di pluralismo culturale.

È, questo, uno degli impegni più importanti a favore della famiglia. Oltre ai vari interventi in aula, ben 4 delle 43 Proposizioni approvate dai padri sinodali si riferiscono a questo compito tanto grave e di vasta dimensione sociale ed ecclesiale.

Il Sinodo afferma che «la responsabilità dell’educazione corrisponde in primo luogo ai genitori e costituisce il primo compito (o la prima missione: “munus”!) del loro ministero coniugale, anzi un compito indeclinabile e indelegabile» (Sinodo, Proposizione 26).

Nella sua relazione iniziale, il Card. Joseph Ratzinger ha persino affermato che in un trapasso culturale e in una situazione di pluralismo risulta indispensabile chiedersi di nuovo e in profondità che cosa sia, in definitiva, la stessa educazione, perché essa ormai non può più venir interpretata partendo dalla visuale di una «società stabilita».

E soggiungeva che, considerando la situazione concreta della famiglia oggi e la sua missione, «l’educazione è essenzialmente l’introduzione alla capacità di amare genuinamente; ossia, l’essenza di ogni educazione è la conduzione all’amore» (Relatio, 4).

Bisognerà, quindi, concorrere a far sì che la famiglia divenga effettivamente la «scuola dell’amore».

E tutte le nostre istituzioni educative dovranno rinnovarsi favorendo la corresponsabilità della famiglia.

La Proposizione sinodale 29 auspica, in particolare, un sostanziale rinnovamento della scuola cattolica in tale senso.


Rilievo dato all’educazione sessuale


Uno dei valori umani approfonditi nei lavori sinodali è stato quello della sessualità. Si richiede oggi una visione dottrinale più aggiornata ed oggettiva per superare una specie di dualismo manicheo che ne ha fatto, nella pratica, un tabù superstizioso. Si è detto nel Sinodo che il sesso è uno straordinario dono di Dio che permea tutta la personalità di un individuo apportandogli una energia sociale che lo arricchisce in capacità di relazione.

Il sesso non va ridotto alla sua funzione genitale ma è un aspetto irrinunciabile della verità integrale dell’uomo creato a immagine di Dio. Esso è un elemento costitutivo di tutta l’esistenza personale.

Non si può educare una persona all’amore prescindendo dalla sua sessualità.

D’altra parte è anche vero che le conseguenze del peccato hanno intaccato, fin dalla prima origine umana, questo valore essenziale. La depravazione erotica delle moderne società ne è una riprova più che esuberante.

Se vogliamo oggi rilanciare, come diceva Paolo VI, una «civiltà dell’amore», è indispensabile che sappiamo dare il dovuto rilievo a una genuina e cristiana educazione sessuale.

Purtroppo alcune ideologie odierne o certi indottrinamenti di livello materialistico falsamente rivestiti di dati «scientifici» hanno ridotto la sessualità a una realtà esclusivamente biologica, indifferente nell’ordine morale, della quale bisognerebbe sapersi servire con un calcolato tecnicismo secondo il gusto di ognuno. Così l’«educazione sessuale» non sarebbe altro che un’istruzione igienico-organica (fisiologica e psicologica) per introdurre ai metodi dell’uso del sesso e così poterne usufruire il godimento senza rischi e responsabilità.

«Contro tali errori — ha affermato il Card. Ratzinger — la Chiesa deve insistere su quel tipo di educazione, che vada integrando la sessualità, fin dall’inizio, nell’unità dell’uomo indiviso. Tale educazione, perciò, è e deve essere sempre un’educazione alla responsabilità, alla fedeltà; in una parola: un’educazione all’amore» (Relatio III, 4).

Considerando la delicatezza caratteristica del Sistema Preventivo di Don Bosco in questo campo e il dovere primordiale dei genitori al riguardo, noi dobbiamo sentire, in primo luogo, l’urgenza di essere più aggiornati e positivi nella visione cristiana dell’uomo integrale particolarmente in riferimento agli aspetti della sua sessualità (e ce ne dà un chiaro esempio l’attuale Pontefice Giovanni Paolo II). Così potremo assicurare esplicitamente una vera «educazione» sessuale che, più in là degli aspetti fisiologici e psicologici, insista su quelli morali e spirituali come crescita della persona nella capacità di amare.

Sarà opportuno non dimenticare che siamo portatori, per tradizione carismatica, di un originale progetto pedagogico in cui si privilegiano, appunto, nel servizio dell’amore e della vita, i valori della delicatezza, la sensibilità morale e la pedagogia preventiva circa tante deviazioni deleterie nel campo dell’educazione alla castità.


Uno speciale impegno di catecumenato


Si è sottolineata nel Sinodo l’impellente necessità di una più accurata pastorale prematrimoniale (Proposizione 35), chiedendo al riguardo anche la redazione di un apposito «Direttorio pastorale». Le vocazioni ecclesiali più significative (sacerdozio, vita religiosa, ministeri e impegni apostolici) hanno tutte un loro programma di preparazione con seminari e noviziati o con periodi appropriati di formazione. La vocazione al matrimonio cristiano, che comporta tanti delicati compiti e gravi responsabilità circa i valori fondamentali dell’esistenza umana, generalmente non ha purtroppo, di fatto, una adeguata formazione e preparazione.

Urge, dunque, preoccuparsi non solo di una educazione remota (anch’essa indispensabile), ma anche di organizzare una preparazione prossima e più immediata che sia come una tappa prematrimoniale di catecumenato.

Sarà, questo, un settore specializzato di pastorale giovanile, orientato verso l’amore coniugale e la paternità e la maternità responsabili. Si potranno invitare a collaborare in tale opera dei laici specialmente competenti e credenti.


— Tra i contenuti della catechesi matrimoniale converrà sviluppare intensamente anche quello di una spiritualità familiare. La teologia del matrimonio e la indiscussa vocazione dei coniugi alla santità, hanno mosso i padri sinodali a trattare con singolare cura il tema di una spiritualità della famiglia. Tale spiritualità non si identifica di per sé (anche nella Chiesa latina) con la spiritualità dei laici, a cui per altro è fortemente legata.

Perciò si è lavorato per riunire, in una lunga Proposizione (n. 36), quanto i vari gruppi linguistici avevano espresso al riguardo. Si dovranno sviluppare temi come: spiritualità della creazione, spiritualità dell’alleanza, spiritualità della croce, spiritualità della risurrezione e spiritualità della testimonianza di una caratteristica carità coniugale.

Ecco un vasto campo in cui entrare a collaborare e a cui saper apportare anche i sussidi profondi e complementari della nostra specifica consacrazione.


— Inoltre, l’espressione conciliare con cui la famiglia cristiana viene descritta nella Lumen Gentium come chiesa domestica (n. 11) è stata approfondita, sia nell’ambito di portare a far vivere in casa il mistero di Cristo, sia in quello non meno importante di uscire di casa con lo zelo apostolico del Cristo per partecipare concretamente alla missione ecclesiale di servizio al prossimo e alla società.

Qui si apre un vasto spazio per l’animazione ascetico-mistica, liturgica, catechetica, per far crescere e maturare la fede nei focolari, per il rinnovamento della preghiera, per l’uso della Bibbia, per la valorizzazione del Rosario, per la preparazione ai Sacramenti, per un comportamento cristiano circa i malati, gli anziani, i moribondi, ecc. Come pure un vasto spazio per una appropriata animazione pastorale in vista dell’assunzione delle responsabilità ecclesiali e sociali, tra i vicini, nel quartiere, nella parrocchia, nel comune, nei doveri civili e politici, nei movimenti apostolici diocesani e nazionali, nelle missioni, ecc.

In tutto questo vasto settore c’è anche la possibilità di preparare validi sussidi secondo i differenti livelli culturali delle famiglie.


Significazione innovatrice del tema della «donna»


L’approfondimento dell’amore e della vita ha portato a considerare e ad apprezzare di più uno degli attuali e maggiormente significativi segni dei tempi: la promozione della donna.

Si è affermato nel Sinodo che «il tema della donna tocca le radici della crisi della cultura moderna. Importanti pensatori hanno descritto la nostra civiltà scientifico-tecnica come una civiltà unilateralmente mascolinizzata. Il culto dell’efficienza è una deformazione tipicamente maschile. Un antico proverbio dice: che l’uomo costruisce la casa e che la donna la trasforma in focolare!» (Mons. Francesco J. Cox, 14-10-80).

Il movimento femminista ha fatto impazzire dei grandi valori che bisogna saper ricuperare e promuovere. La donna, infatti, possiede una peculiare capacità di umanizzare e personalizzare le relazioni e gli ambienti (cf. Puebla, 848); per questo essa è portatrice di speranza nella Chiesa e nella società. Se si pensa all’«amore», essa ne interpreta l’intimità e la capacità di donazione (ricordiamo Maria nella storia della salvezza!); se di pensa alla «vita», essa ne è la culla, la nutrice e la madre.

Il Sinodo ha presentato delle proposte molto concrete a favore della liberazione della donna e della valutazione sociale della sua specifica missione, auspicando il superamento di un pregiudizio oggi in voga: cioè, che l’indipendenza della donna derivi più dal favorire il suo lavoro fuori casa che non dal valorizzare il suo impegno domestico.

Si è affermato, invece, che la promozione della donna non comporta affatto una sua mascolinizzazione, quasi che la sua liberazione consistesse nel livellarla sulla misura del maschio; essa consiste piuttosto nel pieno sviluppo e nella maturazione della sua femminilità.

«Nel promuovere i diritti della donna — dice la Proposizione 16 — si deve riconoscere innanzitutto l’uguaglianza tra la missione materna e familiare e la funzione pubblica e le altre professioni civili. Per altro, tali compiti dovranno sempre più compenetrarsi nell’evoluzione culturale e sociale. Perciò è da desiderare, al riguardo, una nuova teologia del lavoro, che ne sviluppi il significato nella vita cristiana e ne indichi il riferimento alla famiglia».

Qui c’è da riflettere con più cura sul patrimonio della tradizione cristiana per saper collaborare a un rinnovamento sociale ed ecclesiale che tocca tutte le realtà e modi di vita e di azione.

Una rinnovata e approfondita devozione alla Madonna dovrebbe servirci anche per aprire dei grandi orizzonti di rinnovamento e di crescita in questo campo (cf. Marialis cultus, soprattutto 34-39).



6. Intimo nesso tra famiglia e consacrazione


Ancora un aspetto che considero particolarmente significativo per noi.

È stato bello constatare durante il Sinodo, sia nella relazione iniziale del Card. Ratzinger, sia in un’eccellente messa a punto del Card. Pironio, sia in vari notevoli interventi di altri padri sinodali, il mutuo interscambio di valori che si dà nella vita della Chiesa tra Matrimonio e Verginità, tra vita coniugale e consacrazione.

Nelle società pagane, precristiane e postcristiane, non c’è un posto di onore per la verginità. Si può dire che dove non è stimata e coltivata la fedeltà coniugale, neppure sono riconosciuti i valori della verginità: dove la sessualità non è considerata un gran dono del Creatore, lì non si percepisce che la verginità è un grande carisma del Redentore.

Nel Cristianesimo, invece, il frutto più bello di una famiglia è la verginità per il Regno. Dall’amore e dalla vita coniugale sboccia così il più bel fiore della vita e dell’amore: Cristo e Maria sono stati appunto il miglior apporto che una famiglia abbia potuto fare all’umanità, alla sua vita globale e alla massima espressione del suo amore.

D’altra parte la vita consacrata apporta alla famiglia una speciale capacità di essere cristiana, di superare le tentazioni contro l’amore e di comprendere ed accettare le difficoltà della vita.

«Dove si rende possibile la verginità come forma di vita — osservava il Card. Ratzinger —, ivi si percepisce in maniera luminosa l’infinito valore dell’uomo, non unicamente per la sua alta funzione di trasmissione della vita, ma specificamente per il fatto sublime di essere persona. Inoltre, vivendo una esistenza celibe l’uomo è chiamato a una relazione speciale verso la comunità, nella quale raggiunge per sé una nuova libertà: una libertà per cui la sua esistenza non è solo per sé e per i suoi, ma è anche per tante altre persone provenienti da diverse famiglie; con esse stabilisce una nuova profonda comunione, che è stata chiamata giustamente “famiglia di Dio”» (Relatio II, 4).

Ora la realtà sociale di questi decenni ci sta mostrando una profonda crisi della famiglia e insieme anche della vita consacrata: contro l’amore è cresciuta l’infedeltà e l’appagamento dell’egoismo; contro la vita è aumentata la sterilità e l’invecchiamento. E questo, sia nel matrimonio che nella consacrazione.

La crisi ha portato al disfacimento dei legami familiari e di consacrazione e a un pauroso abbassamento dei due grandi valori dell’amore e della vita.

Come una delle conseguenze vediamo tanti bambini, ragazzi e giovani (troppi!) che non conoscono oggi il bene insostituibile della famiglia. Eppure anche per loro la Chiesa è madre ed è stata inviata dal Cristo per aiutarli a conoscere Dio come Padre.

C’è dunque bisogno di molte persone consacrate che ne interpretino la maternità. Ci vogliono più vocazioni!

E qui è stata sottolineata nel Sinodo la grande urgenza di un rinnovamento d’interscambio di beni spirituali tra coniugati e consacrati per l’incremento di una ben più valida pastorale vocazionale.

La famiglia, quale «chiesa domestica», sarà anche la culla delle vocazioni alla consacrazione per il Regno. È questo, senza dubbio, uno dei principali compiti della famiglia cristiana.

Ma a ciò fare deve essere aiutata da sacerdoti, da religiosi e da religiose nei suoi difficili impegni e nelle crescenti difficoltà suscitate dalle nuove situazioni culturali e sociali.

Fomentare questo interscambio spirituale e apostolico, pensare all’ascendente sociale della testimonianza circa i contenuti evangelici caratteristici di ogni stato di vita, sentire la complementarità della vocazione d’ognuno in ordine a quella pur tanto differente degli altri, apprezzare e curare l’armonica varietà dei doni dello Spirito nella Chiesa, vivere la propria identità aprendola alla comunione e alla collaborazione, è certamente una delle grandi mete pastorali richiesteci dal Sinodo.

Meditiamone l’invito e facciamo dei propositi.



7. Lo «spirito di famiglia»


Non voglio chiudere queste succinte ed esigenti riflessioni senza fare un accenno, anche se assai breve, a quel caratteristico stile di

attuare la nostra missione salesiana, storicamente legato al sacro pa-trimonio della famiglia cristiana e che appunto si è chiamato tradizionalmente «spirito di famiglia». È nato a Valdocco nei primi tempi di Don Bosco con mamma Margherita.

«Io credo — ha scritto al riguardo Alberto Caviglia — che non si intenderà mai a fondo la ragione intima del suo sistema educativo, se non si tiene conto della fonte prima della sua concezione, ch’era il ricordo e, diciamo pure, la nostalgia della vita di quei primi tempi» (A. Caviglia: Vita di Domenico Savio - Studio, pag. 68; Opere e scritti editi e inediti di Don Bosco, vol. IV, Torino - SEI - 1943).

L’ambiente di famiglia è uno dei postulati fondamentali dell’amorevolezza nel Sistema Preventivo.

«Senza familiarità — scriveva Don Bosco da Roma nel 1884 — non si dimostra l’affetto e senza questa dimostrazione non vi può

essere confidenza. Chi vuole essere amato bisogna che faccia vedere che ama. Gesù Cristo si fece piccolo coi piccoli e portò le nostre infermità. Ecco il maestro della familiarità» (Epistolario IV, 265).

Per ottenere questo, occorre che gli educatori abbiano il cuore e la bontà caratteristici dei genitori cristiani e che trasformino l’opera in cui lavorano in una «casa», dove ci sia comprensione, lealtà, sincerità, indulgenza e perdono, confidenza cordiale e affettuosa, clima di gioia e di spontaneità, regime filiale di disciplina e di riconoscenza. Noi, come educatori, dobbiamo sempre ricordare che è nella famiglia che risiede radicalmente e irrinunciabilmente il carisma e il ministero educativo.

Questo è particolarmente importante se pensiamo ai destinatari a cui ci ha dedicati Don Bosco: i ragazzi «poveri e abbandonati». La sua pedagogia è per i figli del popolo, gli apprendisti, i bisognosi di famiglie umili e dimesse, gli emigrati, i senza famiglia: «la sua è e vuol essere — scrisse don Caviglia — la pedagogia del povero... Vorrei che risultasse ben chiara la differenza fra i sistemi o i metodi pedagogici anche celebri, concepiti quasi soltanto per la società borghese e civile, e ad ogni modo senza tener conto delle condizioni del povero, e questa pedagogia di cui Don Bosco è, si deve riconoscerlo, l’iniziatore e il classico modello. La quale non è solo il gesto caritativo del dare il pane al figlio del povero, né la sola bontà che indulge e compatisce alla povertà: ma è un’intera sistematica concezione, che parte dalla vita e dalla psicologia del povero e s’immedesima con esso, per elevarne il livello morale e spirituale, materiandosi di vedute, di precetti, di metodi, conformi alla psicologia e alla mentalità del povero... Potremmo dirla, un po’ arditamente, una pedagogia proletaria, o, quanto meno, la pedagogia del proletario...» (A. Caviglia, o.c., pag. 75).

Dunque: l’impegno della nostra vocazione salesiana dovrà venire attuato caratteristicamente con gli umili e i poveri. Sono essi che «hanno bisogno, anzitutto, della “famiglia” e per essi Don Bosco arrivò — come scrive Pietro Braido — alla sua più geniale invenzione: l’“amorevolezza” che educa nel clima di una famiglia gioiosamente unita» (Il Sistema Preventivo di Don Bosco, 2ª ediz., pag. 195 - PAS-VERLAG 1964).

Il settore umano, alla cui evangelizzazione dovremo sentirci fortemente invitati dagli appelli del Sinodo-80 e del Papa, sarà preferenzialmente quello degli ambienti popolari. Così realizzeremo fedelmente e armonicamente quell’ideale della missione salesiana che è stato giustamente qualificato di «pastorale giovanile e popolare».


Cari confratelli, mentre le interpellanze del Sinodo ci riconfermano nella nostra vocazione di consacrati e nella nostra missione di educatori nell’ambito popolare, ricordiamo che esse esigono da noi una speciale capacità di animazione nella Famiglia Salesiana.

Io vorrei lanciare un appello a tutti i gruppi che si ispirano a Don Bosco: che la prossima Esortazione Apostolica del Papa sulla famiglia cristiana sia considerata, già fin d’ora, come un accorato invito della Chiesa a tutti noi per impegnare le energie della spiritualità e del progetto apostolico proprio a ciascun gruppo in favore della famiglia.

Noi Salesiani, in particolare, dobbiamo richiamare fortemente alla coscienza le «particolari responsabilità» (Cost 5) che abbiamo in riferimento ai vari gruppi, ai quali siamo chiamati a offrire «il nostro servizio spirituale di preferenza» (Reg 30).

Ebbene: il tema sinodale sulla famiglia cristiana costituisca, in futuro, un luogo privilegiato per la nostra animazione e programmazione pastorale, concentrandovi quell’inventiva e quella creatività che ci hanno tanto raccomandato i due ultimi Capitoli Generali.

Certamente dovremo saper dare una attenzione preferenziale ai numerosi coniugati Cooperatori, Exallievi, collaboratori e ai giovani che si preparano al matrimonio.

Chiediamo alla Madonna — vi sto scrivendo nel clima della festa dell’Immacolata, tanto significativa per noi — che interceda e ci assista; Essa sia sempre la nostra «maestra» e la nostra «guida» nella sequela del Cristo in un intenso lavoro quotidiano progettato e vissuto con lo stile familiare di Don Bosco.

A tutti assicuro la mia preghiera e faccio ad ognuno i più cordiali auguri per il nuovo anno.

Nel Signore,

D. Egidio Viganò