251-300|it|296 «Più chiarezza di Vangelo»

8.


«PIÙ CHIAREZZA DI VANGELO»



Introduzione. - La grande scelta del cuore, Cristo: Il significato della nostra professione religiosa. - La sfida dell’ambiguità. - Gli anni ’70 e l’annuncio del Vangelo: Alla radice c’è il Concilio; Punti focali. - Una trilogia di base per il rinnovamento della pastorale: Direttorio Catechistico Generale; Evangelii Nuntiandi; Catechesi tradendae. - Sintonia della Congregazione: Evangelizzazione e Catechesi; I Salesiani evangelizzatori dei giovani. - Prospettive, impegni, propositi: Essere nitidi araldi del Vangelo; Impegnarsi nell’area culturale; Formare persone competenti. - Don Bosco ci interpella. - Conclusione.

Lettera pubblicata in ACS n. 296



Roma, 24 febbraio 1980


Cari Confratelli,


abbiamo iniziato dallo scorso ottobre 1979 speciali incontri di dialogo: il Rettor Maggiore e alcuni membri del Consiglio Superiore si sono incontrati con gruppi di Ispettori e i loro Consigli. Si sono già realizzate tali riunioni con le Ispettorie dell’India, con quelle di lingua tedesca e con quelle di lingua neerlandese; in aprile le faremo con le Ispettorie della Polonia e della Jugoslavia: e poi continueremo con le altre.

Il tema dei colloqui si concentra sui grandi orientamenti operativi e sulle direttive di rinnovamento dei due ultimi Capitoli Generali. L’obiettivo da raggiungere è quello di realizzare insieme un esame di coscienza realista con una revisione concreta della vita ispettoriale in fedeltà al progetto evangelico di Don Bosco, descritto con autorevolezza ed autenticità nelle Costituzioni.

In definitiva ci si chiede, per ogni Ispettoria, se siamo davvero e con attualità dei genuini evangelizzatori dei giovani.

È su questo argomento essenziale dell’annuncio del Vangelo, così fortemente sottolineato dal Capitolo Generale 21, che desidero invitarvi a riflettere prendendo occasione dalla promulgazione dell’Esortazione apostolica Catechesi tradendae.

Possiamo dire che, con questo documento di Giovanni Paolo II circa la catechesi nel nostro tempo, si è in certo modo completata una serie di interventi magisteriali sul rinnovamento della pastorale nella Chiesa, iniziato con il Concilio Ecumenico Vaticano II.

Si tratta di un insieme di direttive di straordinaria incidenza sulla nostra missione tra i giovani; esse toccano direttamente anche tutto il rilancio del Sistema Preventivo.

Mi propongo, perciò, di attirare la vostra attenzione sui tre più importanti documenti:

— il «Direttorio Catechistico Generale», pubblicato nel 1971 in ossequio a un mandato conciliare del decreto Christus Dominus (n. 44);

— l’Esortazione Apostolica «Evangelii nuntiandi» che coordina e lancia le idee della III Assemblea Generale del Sinodo dei Vescovi del 1974; e

— l’Esortazione Apostolica «Catechesi tradendae», che presenta il tema della IV Assemblea Generale del Sinodo dei Vescovi celebrata nel 1977.


Questi documenti costituiscono come tre colonne che insieme sostengono una vera piattaforma di lancio per una nuova pastorale dell’annuncio del Vangelo oggi e nel futuro. I prossimi due decenni «segnano la vigilia del terzo millennio del cristianesimo» (Paolo VI); in essi siamo chiamati a preparare il «nuovo Avvento» del 2000 (Giovanni Paolo II).

È, la nostra, un’ora carica di storia: «bisogna avere il coraggio di viverla ad occhi aperti e con cuori impavidi... (senza) aver paura a ricominciare da capo la complicata ed estenuante missione dell’evangelizzazione» (Paolo VI).



La grande scelta del cuore: Cristo


Noi siamo dei discepoli di Cristo che hanno realizzato, con la professione religiosa, un gesto di libertà particolarmente originale: abbiamo scelto in forma radicale e per sempre il Signore risorto. Cristo costituisce la nostra opzione fondamentale, che condiziona e orienta tutte le altre nostre scelte. Il cuore del salesiano passa per il mistero pasquale prima di percorrere qualunque strada della storia. È un incontro d’amore, un’alleanza nuziale; solo partendo da Cristo si spiega il nostro genere di vita, la nostra appartenenza alla Chiesa, la nostra missione giovanile e popolare, il nostro progetto educativo, la nostra attività e lo stile con cui la realizziamo.

È importante, oggi, rinnovare con chiarezza la coscienza di questa opzione fondamentale affinché essa diventi operativa nelle nostre convinzioni, nella testimonianza di vita e negli impegni di lavoro.

Ho potuto percepire, girando per i vari continenti, che esistono diversi poli culturali di attrazione per rivestire di attualità l’impegno storico della nostra missione. Ne emergono particolarmente due: il processo di «liberazione» che privilegia la considerazione degli oppressi e lotta per una maggior giustizia sociale, e il processo di «secolarizzazione» che si concentra sulla svolta antropologica e propone una formazione umana di più spiccata laicità. Questi due poli culturali non sono alternativi; si accompagnano strettamente un po’ dappertutto, anche se con differenti accentuazioni; nel terzo mondo, per esempio, suole prevalere il primo polo, portando a un’opzione sociale per il povero che non di rado appare sommersa in un clima temporalistico di impegno sociopolitico; nelle società economicamente più progredite prevale il secondo polo, accentuando un’opzione culturale per l’uomo in un clima di impegno pedagogico-sociale non poche volte di un umanesimo orizzontale.

Si possono ascoltare allora, da situazioni diverse, delle insistenti domande circa gli attuali impegni del salesiano: quali devono essere i suoi primi destinatari, quale la sua opzione storica di utilità sociale.

Non sempre, purtroppo, c’è chiarezza di fondo per rispondere a queste interpellanze; conosciamo i pericoli di un temporalismo politicizzato e certe mode di orizzontalismo secolarista. L’aspetto più preoccupante di tali pericoli è quello di intaccare la genuinità dell’evangelizzazione e della catechesi, arrivando, in definitiva, a strumentalizzare la figura stessa di Cristo a favore di una «rivoluzione» o di un «umanesimo».

Ora è bene che noi riflettiamo sul significato vitale della scelta fatta con la nostra professione religiosa. Abbiamo optato in modo così fondamentale per Cristo, che facciamo di Lui il parametro di tutte le altre scelte; nel nostro cuore non si dà nessuna opzione che sia anteriore e indipendente da Cristo. Lui è la «grazia prima», il «carisma iniziale», l’«intuizione geniale» di tutti i nostri amori e di tutte le nostre iniziative.

Se vogliamo rispondere bene ad alcune domande inquietanti che le situazioni concrete ci propongono oggi circa determinate priorità di lavoro tra i nostri destinatari, bisogna innanzitutto stare con Don Bosco nella sua scelta di base per Gesù Cristo. Il salesiano di ieri, di oggi e di domani ha optato, come il suo Fondatore, assolutamente e definitivamente per Cristo; è solo attraverso di Lui che discerne e fa le altre scelte. Infatti noi non facciamo riferimento al Signore perché amiamo i giovani e il popolo; ma ci doniamo alla gioventù bisognosa perché amiamo il Signore. Il cuore del salesiano è tutto occupato da Cristo per amare i giovani come li ama Lui; guarda a Cristo amico dei piccoli e dei poveri; per questo la sua dedizione alla gioventù e ai ceti popolari diviene più intensa, più perseverante, più genuina, più feconda. E su questa base di fondo, si muove nelle decisioni successive seguendo la vocazione e l’esperienza di Don Bosco, con duttilità di adattamento alla vita della Chiesa e alle esigenze delle congiunture concrete.

In un’ora di ricerca d’identità personale e collettiva, la prima cosa da assicurare è il significato stesso della nostra professione religiosa che ci incorpora in una Comunità che ha fatto la grande scelta del Cristo salvatore e pastore, amico dei giovani.1

Oggi in Congregazione abbiamo urgente bisogno di riflettere maggiormente su tale scelta! Solo la coscienza di questa opzione fondamentale ci darà più chiarezza di Vangelo.



La sfida dell’ambiguità


I forti cambiamenti in cui ci siamo visti coinvolti non solo hanno scosso tutta la metodologia pastorale in uso, ma hanno anche intaccato, più di una volta, vari dei suoi grandi contenuti, oscurando la nostra missione nella sua attualità, nella sua incisività, nella sua identità.

Non pochi, anche tra noi, hanno incominciato a muoversi tra ambiguità, a non capire più il significato storico della nostra vocazione, a ridurre l’apostolato a promozione umana o a semplice spiritualismo e pratica cultuale, a sopravvalutare progetti ideologici, a non curare l’importanza e l’evoluzione del linguaggio, a interpretare la svolta verso l’uomo come un superamento della rivelazione oggettiva di Dio.

In un clima così pericoloso di incertezze, di instabilità, di confusione, che può portare all’indebolimento e all’abbandono dei grandi ideali della nostra vocazione, c’è bisogno di reagire riconquistando la chiarezza e la validità dell’impegno dei veri annunciatori del Vangelo. Urge percepire la netta originalità della missione specifica della Chiesa, senza cadere nella «tentazione di ridurre la sua missione alle dimensioni di un progetto semplicemente temporale; i suoi compiti a un disegno antropologico; la salvezza, di cui Essa è messaggera e sacramento, a un benessere materiale; la sua attività, trascurando ogni preoccupazione spirituale e religiosa, a iniziative di ordine politico o sociale».2 «La Chiesa in questo secolo XX che volge al termine, è invitata da Dio e dagli avvenimenti (...) a rinnovare la sua fiducia nell’azione catechetica come in un compito assolutamente primordiale della sua missione».3

L’annuncio di Cristo ai giovani è la nostra ragion d’essere. Fare evangelizzazione e catechesi è la meta delle nostre iniziative e la finalità delle nostre qualificazioni. Non si tratta, per noi, di un compito addizionale e di un servizio semplicemente di tempo libero, ma di una missione totalizzante; essa «merita che l’Apostolo vi consacri tutto il suo tempo, tutte le sue energie, e vi sacrifichi, se necessario, la propria vita»... Il messaggio del Vangelo di Cristo «è necessario. È unico. È insostituibile. Non sopporta né indifferenza, né sincretismi, né accomodamenti. È in causa la salvezza degli uomini».4

Vi dicevo, nella circolare sul Sistema Preventivo,5 che la Parola di Dio, per sua natura, rivela e interpella. «La Parola di Dio non è propriamente maturazione umana o risposta di esplicitazione a una situazione problematica; è, invece, iniziativa di Dio, dono, interpellanza, vocazione, domanda. Il Vangelo, prima ancora di rispondere, interroga.

L’educatore deve essere cosciente e leale verso questa natura della Parola di Dio; la sua preoccupazione “pedagogica” di adeguamento alla condizione giovanile non deve ignorare od opporsi al suo impegno pastorale di “profeta” del Vangelo.

L’armonia e la costante compenetrazione mutua dei due aspetti (di “educatore” e di “profeta”) esige riflessione, revisione e lealtà.

Quindi, siccome la pedagogia del Sistema Preventivo poggia su una scelta esplicita di impegno pastorale, il salesiano dovrà curare costantemente l’autenticità di presentazione dei contenuti della fede. La sua particolare inclinazione e capacità di considerare le condizioni dei destinatari sarà sempre illuminata e guidata dalla figura di Cristo che interpella e chiama come Signore della storia».6

Ossia, deve saper curare una sintesi viva e unitaria di quei due livelli complementari del Sistema Preventivo che ne approfondiscono l’anima:

— quello della «spinta pastorale» nel cuore del confratello che orienta e caratterizza tutta la sua spiritualità di «profeta»;

— e quello del «metodo pedagogico», che determina e guida tutta la sua criteriologia di «educatore» nella programmazione pastorale delle scelte e nella modalità degli interventi operativi.7


Credo assai conveniente sottolineare che la spiritualità del profeta esige fedeltà nella trasmissione della Parola di Dio; il «profeta» non può essere arbitrario nelle sue scelte; 8 al giovane chiamato a conoscere più e meglio il mistero di Dio «secondo la verità che è in Gesù»,9 egli non può «rifiutare una parte qualsiasi di questa conoscenza»; 10 «egli non cercherà di fermare su se stesso, sulle sue opinioni ed attitudini personali l’attenzione e l’adesione dell’intelligenza e del cuore di colui che sta catechizzando; e, soprattutto, non cercherà di inculcare le sue opinioni ed opzioni personali, come se queste esprimessero la dottrina e le lezioni di vita del Cristo».11

L’annunciatore del Vangelo non cerca dei proseliti per sé o per le sue preferenze ideologiche, ma s’impegna, come portavoce della Chiesa, a formare dei veri discepoli di Cristo: «A me — ha detto il Signore — è stato dato ogni potere in cielo e in terra. Perciò, andate: fate diventare miei discepoli tutti gli uomini del mondo».12

Il profeta, inoltre, s’appoggia su «certezze» che sa comunicare agli altri con convinzione; egli è chiamato a trasmettere «non dubbi e incertezze nati da una erudizione male assimilata, ma alcune certezze solide, perché ancorate alla Parola di Dio».l3

Purtroppo dobbiamo pur riconoscere — dice il Papa — che si riscontrano oggi, qua e là, degli abusi nel compito dell’evangelizzatore e del catechista: riduzione della verità sul mistero di Cristo,l4 mancanza d’integrità nei contenuti della catechesi,15 condizionamenti ideologici,l6 sfasature nell’inculturazione,17 senso d’insicurezza che indulge a un insegnamento di pura ricerca senza certezze,l8 squilibri nell’approccio ecumenico,19 svariate carenze nei testi e manuali,20 ecc.

Ora, il ministero del «profeta» del Vangelo proviene direttamente da Cristo-Maestro, attraverso gli Apostoli e la ininterrotta Tradizione (trasmissione viva) della Chiesa. In un cambio di epoca esso appare particolarmente «importante, ma rischioso»; 2l c’è bisogno simultaneamente di profondo rinnovamento e di genuina lealtà: «è necessario che la Chiesa dia prova oggi — come ha saputo fare in altre epoche della sua storia — di sapienza, di coraggio e di fedeltà evangelica, nella ricerca e nella messa in opera di vie e di prospettive nuove».22

Quanto è esigente in ogni salesiano la sintesi viva e unitaria del doppio aspetto di «profeta» e di «educatore» per realizzare come Don Bosco quel Sistema Preventivo che evangelizza educando ed educa evangelizzando!



Gli anni ’70 e l’annuncio del Vangelo


I tre recenti documenti magisteriali ci invitano appunto ad un severo esame di coscienza sulla fedeltà a questa nostra missione di evangelizzatori dei giovani; ci aiuteranno a ravvivare nella pratica le genuine intenzioni del Sistema Preventivo.

Consideriamone brevemente l’ambientazione storica.


Alla radice c’è il Concilio


Il grande evento che ha segnato l’attuale «tempo della Chiesa» è, senza dubbio, il Concilio Ecumenico Vaticano II. Papa Giovanni ne parlava come di una nuova Pentecoste. Da esso scaturisce un annuncio del Vangelo che tocca nel vivo i problemi dell’uomo d’oggi, con una ricerca di linguaggio adeguato.

La Pentecoste fu il punto di partenza per la diffusione del Vangelo nei diversi popoli e lingue. Dalla fecondità di quell’evento e di quel «tempo della Chiesa» sorse tutta una attività evangelizzatrice e catechetica che marcò i secoli seguenti.

Anche il Vaticano II porta con sé una fecondità pentecostale; Paolo VI lo considerava come il grande Catechismo dei tempi moderni.23 Infatti gli obiettivi del Concilio si riassumono in uno solo: «rendere la Chiesa del XX secolo sempre più idonea ad annunciare il Vangelo all’umanità».24 È questa la sua missione e la sua passione, come proclama la Lumen gentium: «Cristo è la luce delle genti: questo santo Concilio, adunato nello Spirito Santo, ardentemente desidera che la luce di Cristo, riflessa sul volto della Chiesa, illumini tutti gli uomini annunziando il Vangelo ad ogni creatura».25

Questo primo e fondamentale rilievo è indispensabile per cogliere sia la portata che le prospettive del rinnovamento dell’evangelizzazione e della catechesi. È indispensabile per non valutare o programmare l’annuncio del Vangelo soltanto in termini di «quantità» di iniziative, ma per accoglierne e approfondirne la «svolta qualitativa» riguardo ai contenuti, al metodo, al linguaggio, agli ambienti e mediazioni, agli obiettivi e agli operatori.

Tutta l’opera conciliare comporta dei forti stimoli per un rinnovamento dell’annuncio del Vangelo: dalle prospettive sulla Rivelazione26 e sulla Chiesa27 al dinamismo della fede e dell’evangelizzazione,28 alla riflessione sull’uomo e il mondo29 e sui rapporti con le altre confessioni, religioni, correnti di pensiero ed «esperienze» tipiche del mondo contemporaneo.30


Punti focali


Nel Vaticano II il ministero della Parola (collocato sempre al primo posto nei tre livelli del servizio pastorale del Vescovo e del Presbitero!) viene lanciato coraggiosamente e a fondo su nuovi indirizzi. Più che un nuovo ventaglio di temi interessanti, si presenta una novità d’angolatura o di prospettive secondo cui i temi vengono enucleati. Tali nuovi indirizzi che illuminano il tutto, sono fondamentalmente tre: la Parola di Dio, l’Uomo e la Chiesa.

Il Concilio, poi, ha messo il Cristo al centro della riflessione e delle attività della fede: in Lui si manifesta ed è proclamata la Parola di Dio; in Lui è chiarito e sviscerato, in definitiva, il mistero dell’Uomo; a Lui si riferisce nuzialmente la Chiesa come «Corpo del Cristo» nella storia.

La Parola di Dio dà all’Uomo una visione penetrante e globale di tutta la realtà e gli fa capire il significato della sua vocazione. Il Concilio ha voluto che i credenti entrino in viva sintonia con la S. Scrittura letta nella propria lingua e commentata all’interno delle celebrazioni liturgiche; esigendo ciò, non ha solo enunciato un principio, ma ha creato una prassi che deve sfociare in una evangelizzazione e in una catechesi in cui al primo posto ci sia la Parola di Dio: la S. Scrittura, non già come «sussidio», o «esempio», o «argomento», o «citazione», aggiunta dall’esterno a dei contenuti sostanziati su altre matrici, ma come materia prima e privilegiata di evangelizzazione e di catechesi.

Anche la svolta verso l’Uomo, il «nucleo antropologico» è una prospettiva più che un tema; essa significa che tutto deve rivolgersi all’Uomo («rivolti, non deviati verso l’uomo»! (diceva Paolo VI); a lui appunto è indirizzata la Parola di Dio, perché è stato amato e creato in forma tanto superiore, che per lui il mistero di Dio non è semplicemente una curiosità intellettuale più o meno di lusso, ma una necessità della sua esistenza, una costante della sua storia, l’unico orizzonte vero del proprio progetto di futuro e la componente più indispensabile della sua salvezza. Questa prospettiva antropologica comporterà per l’annuncio del Vangelo la necessità di approfondire problemi di approccio, di linguaggio e di comunicazione, e di rilevare l’importanza, non di secondo ordine, delle scienze dell’uomo nell’insieme della qualificazione pastorale.

Infine, l’accento messo dal Concilio sulla Chiesa comporta una specie di capovolgimento di situazione; il suo spessore di «mistero» la presenta come il gran Sacramento dei secoli, in cui il «popolo» è convocato e costituito dalla Parola di Dio; la «comunità ecclesiale» si nutre dei contenuti della Rivelazione e li intercambia in fraternità; essa è anche il «luogo» di risonanza della verità salvifica; è la custode del «senso della fede» che, con la guida dei Pastori, va chiarendo progressivamente alla luce degli eventi della storia più che attraverso analisi semantiche; essa diviene, così, la «servitrice dell’umanità» nella sua crescita fino all’età perfetta.

Sarà difficile in questi due prossimi decenni dire qualcosa davvero utile nella nostra missione giovanile e popolare se non si assumono operativamente queste linee di fondo. Difatti non si tratta soltanto di «contenuti», ma di una nuova impostazione qualitativa dell’attività evangelizzatrice e catechistica per l’uomo d’oggi. Ed è precisamente per questa ragione che mi sono dilungato un poco su queste prospettive di partenza.

Le principali iniziative ecclesiali del post-concilio hanno ripreso, approfondito, esplicitato, sviluppato e precisato, dal punto di vista pastorale, questa visione maturata nel Vaticano II. Così abbiamo assistito a uno sforzo generale di applicazione e di rinnovamento (pensiamo, ad esempio, alle quattro Assemblee Generali del Sinodo dei Vescovi ed alle due Conferenze Episcopali Latinoamericane di Medellín e Puebla) con tanti aspetti positivi.

Si sono affermate istanze inedite sulla concezione e sulla prassi della pastorale con maggior sensibilità antropologica. Sono stati ripensati e ristrutturati i centri e i mezzi di formazione per l’annunzio del Vangelo: i programmi, i testi, gli istituti di pastorale e di catechetica.

Uno sforzo così vasto comporta necessariamente anche dei problemi non semplici: si cercano nuove vie e metodi, linguaggi più adatti, integrazione tra fede e vita, ricerca di una interdisciplinarietà organica, uso di nuove possibilità e tecniche pedagogiche, ecc. Qua e là appare anche l’unilateralità, la contestazione, la crisi di identità della pastorale; abbiamo già accennato a un certo senso di incertezza e di smarrimento: non è difficile citare esperienze discutibili e constatare tensioni di integrismo o di progressismo, quando non si è colta la nuova prospettiva dell’evangelizzazione e della catechesi.



Una trilogia di base per il rinnovamento della pastorale


Da tutto questo travaglio ecclesiale emergono ed acquistano valore alcuni fatti, particolarmente significativi per la pastorale, che interessano la Chiesa universale: il Congresso Catechistico Internazionale (1971), la III Assemblea Generale del Sinodo dei Vescovi sull’evangelizzazione dei popoli (1974), l’Anno Santo indirizzato particolarmente a rinnovare l’annuncio del Vangelo (1975), le varie adunanze episcopali a raggio continentale sullo stesso tema e, infine, la IV Assemblea Generale del Sinodo dei Vescovi (1977) centrata sul tema della catechesi nel nostro tempo.

Nel quadro di tutti questi eventi ecclesiali degli anni 70 appaiono i tre grandi documenti magisteriali che costituiscono quella trilogia di base di cui abbiamo parlato.


Il «Direttorio Catechistico Generale»


Questo documento (11 aprile 1971) segna un momento decisivo per gli attuali impegni della catechesi; ancor oggi «rimane quale documento fondamentale per stimolare ed orientare il rinnovamento catechetico in tutta la Chiesa».31

Esso «ha come finalità la presentazione dei fondamentali principi teologico-pastorali (...) con i quali si possa più idoneamente orientare e coordinare l’azione pastorale del ministero della parola (..). Solo partendo da una giusta concezione della natura e dei fini della catechesi e delle verità che per mezzo di essa si devono trasmettere, nel rispetto dei destinatari e nella giusta valutazione delle condizioni in cui questi si trovano, è possibile evitare quelle deviazioni, che oggi non raramente si constatano nella catechesi».32

Il documento sottolinea con particolare cura il fatto che l’annuncio del Vangelo è un atto della Tradizione viva della Chiesa; non solo comunica i contenuti della Rivelazione «chiusa con il tempo degli Apostoli», ma aiuta anche, con la guida del magistero dei Pastori, a percepire le relazioni del Vangelo con i segni dei tempi approfondendone i contenuti, applicandoli alle nuove situazioni e discernendo «con autenticità le formulazioni e le spiegazioni proposte dai fedeli».

«Ne consegue che il ministero della Parola deve presentare la Rivelazione divina sia quale si presenta nell’insegnamento del Magistero, sia quale si esprime nella viva coscienza e nella fede del Popolo di Dio sotto la vigilanza del Magistero. In questo modo il ministero della Parola non è la pura e semplice ripetizione di un’antica dottrina, ma una riproduzione fedele di questa, adattata ai nuovi problemi e compresa sempre più profondamente».33

Il Direttorio raccoglie organicamente e unifica catechisticamente le prospettive conciliari. Sulla sua base (con le distinte parti: Attualità del problema, Ministero della Parola, Messaggio cristiano, Metodologia, Catechesi secondo le età, Programmazione pastorale), prendono corpo le istanze catechistiche che dovranno servire per compilare i direttori nazionali e redigere i catechismi secondo la peculiarità dei diversi contesti e regioni.

Certo, bisogna aggiungere che questo programma di profondo rinnovamento catechistico ha portato un po’ di scompiglio (pure tra alcuni dei nostri). Si tratta di un certo divario apertosi tra coloro che entrarono nella linea proposta dal Direttorio e tentarono di tradurla in termini operativi e coloro che, non avendo assimilato i presupposti né valutato equanimamente le prime insicurezze proprie del cambiamento, rimasero ancorati a formule, metodologie e pratiche precedenti; divario aggravato in alcune parti anche da certe sfasature, da omissioni e da pericolose imprecisioni forse inevitabili in un rodaggio di così vaste proporzioni.


L’Esortazione Apostolica «Evangelii nuntiandi»


Questo secondo documento (8 dicembre 1975) è di capitale importanza in un’epoca che cerca di precisare il ruolo del Cristianesimo nella trasformazione del mondo. Esso proclama che l’evangelizzazione «costituisce la missione essenziale della Chiesa, (...) la sua identità più profonda»,34 il suo contributo originale al compito storico degli uomini.35

L’evangelizzazione implica chiara percezione della «trascendenza» del mistero di Cristo: il Vangelo non si identifica con i «segni dei tempi», ma è, di per sé, rivelatore del «Regno di Dio», annunziato da Gesù Cristo.36 Esso, però, comporta simultaneamente una penetrante sensibilità dell’«incarnazione»: il Vangelo è un messaggio che coinvolge tutta la vita umana e la sua storia e che è particolarmente sensibile alle esigenze dei «segni dei tempi».37

L’accostamento, il confronto, la differenziazione e il rapporto dell’evangelizzazione con il concetto e il movimento storico della liberazione umana, su cui l’esortazione si sofferma,38 chiarisce il ruolo specifico e proprio dell’annuncio del Vangelo, esposto, peraltro, con chiarezza nelle parti precedenti.

C’è da rilevare nel documento la sua concezione ampia e comprensiva dell’evangelizzazione: «nessuna definizione parziale e frammentaria può dare ragione della realtà, ricca, complessa e dinamica dell’evangelizzazione (...). È impossibile capirla, se non si cerca di abbracciare con lo sguardo tutti gli elementi essenziali».39 Non si limita all’annuncio del Vangelo a chi non lo conosce, ma comprende «un processo complesso e dagli elementi vari: rinnovamento dell’umanità, testimonianza, annuncio esplicito, adesione del cuore, ingresso nella comunità, accoglimento dei segni, iniziative di apostolato (...). Bisogna sempre guardare ciascuno di essi integrandolo con gli altri».40

Perciò una giusta programmazione pastorale è sempre «globale» e non «settoriale», e si preoccupa di «comporre» e non di «opporre» tra loro i vari elementi.

Si capisce la portata rinnovatrice di una simile concezione se si tiene presente che, prima, si parlava di evangelizzazione quasi soltanto in rapporto a una determinata azione apostolica nelle «terre di missione». Orbene: mettere al centro una evangelizzazione così concepita, significa spostare sostanzialmente l’asse di ogni azione pastorale per assicurare la maturazione di veri «credenti».

È facile enumerare alcune ragioni che hanno motivato un tale cambio di prospettiva: lo sgretolamento della situazione di «cristianità», l’avvento del pluralismo culturale e religioso, il vasto movimento di secolarizzazione e scristianizzazione, la nuova coscienza di socializzazione e dei diritti della persona, ecc. Tutto questo obbliga a ripensare in chiave di annuncio del Vangelo la prassi pastorale tradizionale. Mettersi in stato di evangelizzazione significa, allora, accettare la sfida di una specie di «economia di libero mercato», dove la fede non è più un valore scontato, accettato da tutti, ma una profezia di persone e di comunità convinte, che testimoniano nella vita ciò che per fede credono. Tutta l’azione pastorale riceve in questa prospettiva una innovatrice dimensione d’evangelizzazione.

Per noi, è importante il richiamo rivolto ai Religiosi, non solo quanto alla loro peculiare testimonianza tessuta di «povertà e di distacco, di purezza e di trasparenza, di abbandono nell’ubbidienza»,41 ma anche perché il loro apostolato è «contrassegnato da una originalità, una genialità che costringono all’ammirazione. Sono generosi: li si trova spesso agli avamposti della missione».42

Nell’opera di evangelizzazione siamo dunque invitati agli avamposti della missione con una vera originalità carismatica di vita e di azione, ossia a riattualizzare con audacia quell’indole propria del nostro Istituto 43 per cui realizziamo, nella Chiesa, il carisma di Don Bosco.


L’Esortazione apostolica «Catechesi tradendae»


Questo terzo documento, infine, è apparso proprio alla chiusura del decennio degli anni ’70 (16 ottobre 1979). Sia nel messaggio finale del Sinodo-1977 che nella Esortazione stessa, emerge in forma esplicita e solenne la rilevanza della catechesi nella vita della comunità cristiana e nell’azione pastorale: «nei prossimi dieci anni la catechesi sarà in tutto il mondo il terreno naturale e più fruttuoso per il rinnovamento dell’intera comunità ecclesiale».44

In questi anni della fine del secolo Dio invita la Chiesa «a rinnovare la sua fiducia nell’azione catechetica come in un compito assolutamente primordiale della sua missione. Essa è invitata a consacrare alla catechesi le sue migliori risorse».45

La catechesi merita di avere la priorità nell’insieme dell’azione pastorale.46

Possiamo sottolineare nell’impulso dato al movimento catechistico alcune istanze particolari:

la riconferma delle linee principali del «rinnovamento» lanciato dal Concilio, guardando con ottimismo i passi fatti, anche se si devono evitare alcuni difetti, per la correzione dei quali il Sinodo ha apportato degli indirizzi sorti dall’esperienza comune e dalla riflessione episcopale;

la considerazione della «complessità» dell’atto catechetico, che non si riduce a insegnamento, ma comprende allo stesso tempo «parola», «memoria» e «testimonianza»,47 e unisce in sé indissolubilmente:

• «la conoscenza della Parola di Dio»,

• «la celebrazione della fede nei sacramenti» e

• «la confessione della fede nella vita quotidiana».48

il richiamo al valore esemplare del «catecumenato» come processo di base particolarmente importante nell’attuale situazione.


Il testo dell’Esortazione di Giovanni Paolo II va letto nel contesto più vasto del lavoro sinodale e di tutto il movimento di sviluppo dell’evangelizzazione e della catechesi, intensificatosi con l’apparizione del Direttorio Catechistico Generale; quest’ultimo viene confermato nel suo valore.49 Il Papa intende dare nuovo vigore alle iniziative della catechesi, stimolando «la creatività — con la necessaria vigilanza — (...) per diffondere nella comunità la gioia di portare al mondo il mistero di Cristo».50

Istanza prevalente è il posto centrale dato alla persona e al mistero di Cristo: 51 soggetto e oggetto precipuo della catechesi, Cristo è la «verità» che si trasmette, la «via» su cui si procede, la «vita» a cui si partecipa, l’«unico Maestro» che ci guida. Questo tema della centralità del Cristo nell’autocomprensione dell’uomo e nel processo per la sua salvezza porta a conclusioni di coinvolgimento totale degli evangelizzatori in un coerente atteggiamento di discepoli fedeli.

Ugualmente risalta la presentazione di una concezione ampia della catechesi.52 La sua identità comporta una vera specificità, distinta dalla evangelizzazione iniziale, anche se la catechesi è, globalmente, una «tappa dell’evangelizzazione», ossia un momento particolarmente importante di tutto il processo di crescita nella fede.53 Essa è «insegnamento», «educazione alla fede» e «iniziazione alla vita cristiana»; «fa maturare la fede iniziale ed educa il vero discepolo di Cristo»54 sviluppando il primo annuncio. Nel suo aspetto d’insegnamento, essa è approfondimento di dottrina, ordinamento dei suoi elementi, visione più armonica dell’insieme della Rivelazione, esposizione più organica e sistematica 55 anche se accompagnata sempre da aspetti di riscoperta e di inizio.56 Il Papa la descrive giustamente in diversi modi.57

Questa Esortazione sulla catechesi costituisce anche, nello spirito del pontificato di Giovanni Paolo II, un richiamo alla prudenza, all’oggettività ecclesiale e alla serietà profetica nell’opera catechistica, soprattutto con la sua insistenza sull’integrità dei contenuti.



Sintonia della Congregazione


I Salesiani non sono rimasti ai margini di questo movimento di Chiesa. Il nostro impegno è costellato di fatti veramente rilevanti: sforzo per la qualificazione del personale; inclusione della catechetica e discipline complementari nei programmi di formazione; preoccupazione per la moltiplicazione dei catechisti laici; fondazione di centri catechistici o come strutture di animazione o come centri di produzione e diffusione di materiale e sussidi; sforzo di ricomprensione e di riprogrammazione di contenuti e metodologie nei diversi ambienti, non sempre con eguali risultati; servizi specializzati a zone e diocesi.58

I nostri vari Centri, già esistenti, di studio, di formazione, di applicazione e programmazione, di diffusione, si sono impegnati lodevolmente con molteplici e qualificate iniziative al riguardo.

Durante il decennio si è anche portato avanti un non facile lavoro di revisione a fondo della nostra Università Pontificia. Si è voluto migliorare in essa la convergenza delle ricerche e della docenza delle varie Facoltà verso un centro d’interesse comune e globale, costituito appunto dalla Pastorale Giovanile e dalla Catechetica. Finalmente tanto travaglio è approdato a un oggetto di rifondazione che speriamo efficace.59

A livello di riflessione e di orientamento generale nella decade degli anni ’70 la Congregazione coagulò la sua esperienza e le sue scelte in due documenti, sanciti dai due Capitoli Generali 20 e 21.


Evangelizzazione e Catechesi


È il documento 3° del Capitolo Generale Speciale. Notiamo che il «tema» trattato in esso non era previsto dai pur numerosi schemi precapitolari; fu richiesto e aggiunto solo nelle giornate iniziali del Capitolo. Esso apre la serie dei testi sulla nostra azione pastorale 60 e ne dà il tono fondamentale; considera «la catechesi giovanile come la prima attività dell’apostolato salesiano; essa chiede perciò ripensamento e riorganizzazione di tutte le opere in funzione prevalente della formazione dell’uomo alla fede».61

Nato nel contesto di una riflessione globale sulla nostra vita e sulla nostra missione, fatta alla luce delle istanze conciliari, elaborato sotto l’ispirazione prossima del Direttorio Generale, il nostro documento ne assume totalmente le prospettive e i programmi. Tale scelta di fondo è espressa nell’affermazione seguente: «il Documento tiene presente l’opzione antropologica in tutte le sue parti e mette in continuo rapporto tra loro l’uomo concreto, la Parola di Dio, la comunità. Questo permette di sottolineare la “priorità della Parola di Dio” come criterio primordiale di rinnovamento e di affermare che tutto il processo, che si svolge pastoralmente dall’uomo verso Cristo, si ispira a Cristo fin dall’inizio».62

Alla luce di questa «scelta» bisogna considerare la sottolineatura «educativa». Il documento rileva, infatti, «il contesto educativo nel quale si è sempre svolta la catechesi nella nostra Congregazione».63 «Catechizzare è più che predicare, insegnare religione, fare catechismo; è tutta un’azione educativa per aiutare il battezzato a organizzare globalmente i valori della sua personalità dal punto di vista del Vangelo».64

Attorno a questi punti (la parola di Dio - l’uomo - la mediazione comunitaria) si concentrano riferimenti e accenni e da essi si snodano sviluppi che non è consentito esporre dettagliatamente nei limiti di questa lettera: riascoltare la parola,65 annunciare la Parola dal di dentro dell’Uomo,66 testimoniare la Parola,67 catechizzare attraverso autentiche comunità,68 evangelizzare in «dialogo» con un mondo pluralista.69

Tutta l’Ispettoria viene concepita come «comunità a servizio» dell’evangelizzazione: ad essa «tocca il compito di rinnovare lo slancio apostolico delle comunità e dei confratelli, la responsabilità nella formazione del personale, il ridimensionamento delle opere per una migliore evangelizzazione, la programmazione ispettoriale dell’azione catechistica».70

Gli aspetti di un’educazione integrale alla fede secondo la prassi salesiana implicano: condurre alla persona di Gesù Cristo,71 aiutare a maturare una personalità cristiana e una mentalità di fede,72 iniziare alla vita liturgico-sacramentale,73 portare verso l’impegno.74

Sintesi di contenuti e metodologie, impostazione educativa, scelte di orientamento pastorale è quanto il Capitolo Generale Speciale ci ha offerto all’inizio degli anni ’70 e ci offre ancora se siamo capaci di non dimenticarlo e di cogliere i suoi stimoli.


I Salesiani evangelizzatori dei giovani


È il primo documento del Capitolo Generale 21; intende applicare le istanze dell’Evangelii nuntiandi all’area giovanile secondo il progetto educativo e pastorale di Don Bosco.

Considerate già acquisite le impostazioni dottrinali-pastorali e le indicazioni fondamentali di metodo, elaborate dal Direttorio Catechistico Generale e dal Capitolo Generale Speciale, il Capitolo Generale 21 concretizza alcune scelte e soprattutto inserisce organicamente la catechesi in un PROGETTO EDUCATIVO, riproponendo il Sistema Preventivo come sintesi originale di atteggiamento profetico, di criteri pastorali e di metodi di evangelizzazione.

La scelta antropologica si tradurrà in un’esigenza di approccio costante alla condizione giovanile «attraverso un’analisi sufficientemente seria»75 poiché l’evangelizzazione passa «sempre più obbligatoriamente attraverso l’analisi delle situazioni di vita che incidono sulla personalità giovanile».76

Si esprime anche nell’attuare l’evangelizzazione entro un progetto che mira alla promozione totale dell’uomo, allo sviluppo integrale dei singoli e dei gruppi.77

La mediazione comunitaria si attua, alla luce delle ispirazioni della Evangelii nuntiandi, con la testimonianza evangelica di una comunità religiosa animatrice, aperta cioè e servitrice di una comunità più ampia, educativa e pastorale, in un interscambio di comunione e di partecipazione negli ideali, nelle responsabilità e nei programmi.

La Parola s’incarna e si trasmette in un progetto che «non è pura pedagogia né sola catechesi», ma è una sintesi «di processi di promozione umana e, insieme, di annuncio evangelico e di approfondimento della vita cristiana».78

Il processo completo implica, dunque, che si assuma la vita del ragazzo valorizzando gli elementi e i fatti che la compongono fino a un livello di «esperienze educative» (gioco, istruzione, distensione, idealità, gruppi). Il tutto ispirato, sin dall’inizio, dalla parola e dalla presenza di Cristo che si esplicita secondo una sapiente gradualità.

Difatti è in continuità con l’impegno di maturazione e di promozione dei valori più specificamente umani che si sviluppa la direzione propriamente religiosa e cristiana.79

Per questa inserzione dell’evangelizzazione in un progetto educativo, la dimensione culturale non è secondaria per la catechesi; e non coglierebbe il segreto del Sistema Preventivo chi ancora giustapponesse le «attività culturali» o ricreative alla catechesi, semplicemente come uno strumento di attrazione, piuttosto che come un valore oggettivo, anche se subordinato, di cui bisogna saper approfondire la ricchezza e la forza educativa.

Insieme a questa modalità realista, che comporta l’inserimento della catechesi in un progetto integrale di formazione, fatto di esperienze, contenuti, rapporti, clima e stile, il Capitolo Generale 21 ci ha aiutato a sottolineare alcuni aspetti da privilegiare nella nostra attività evangelizzatrice e catechistica: l’illuminazione attraverso l’insegnamento e la dottrina, la vita sacramentale e liturgica, la devozione mariana e l’orientamento vocazionale.

Si tratta, ora, per ogni Ispettoria, di condensare tutto in un progetto educativo integrale che sia, nella pratica, la strada su cui si muove la nostra conversione postconciliare.



Prospettive, impegni, propositi


La rapida presentazione delle ricchezze pastorali offerteci negli eventi e negli orientamenti degli anni ’70 aveva la finalità di aiutarci a percepire e a sintonizzare le preoccupazioni della Chiesa, e a riconsiderare nella sua luce i compiti della Congregazione.


Essere nitidi araldi del Vangelo


La nostra sensibilità ecclesiale e una concreta docilità ai due ultimi Capitoli Generali esigono che ci mettiamo decisamente «in stato di evangelizzazione». Questo non richiede tanto di aggiungere qualche attività in più al nostro lavoro, quanto di ripensarlo globalmente in funzione di una convincente testimonianza e di un valido annuncio del Vangelo.

Prendiamo in mano il primo documento del Capitolo Generale 2l che ha avuto precisamente come scopo di mettere la Congregazione in tale «stato», e vediamo come migliorare «la comunità evangelizzata» e «la comunità animatrice», come rilanciare «il progetto educativo e pastorale salesiano», come incrementare «la fecondità vocazionale della nostra azione pastorale», e, infine, come rivedere pastoralmente i nostri vari «ambienti e vie di evangelizzazione».

Il nostro lavoro educativo deve essere, ovunque e sempre, anche tra i non cristiani, orientato positivamente a Cristo. Infatti «il sistema educativo di Don Bosco — ci dice il Capitolo Generale — si rivela geniale nelle sue intuizioni e fecondo delle più varie possibilità. Applicato con duttilità, gradualità e sincero rispetto verso i valori umani e religiosi presenti presso le culture e le religioni dei nostri destinatari, esso produce frutti fecondi sul piano educativo, crea amicizia e suscita simpatia in allievi ed exallievi, libera grandi energie di bene e, in non pochi casi, pone le premesse di un libero cammino di conversione alla fede cristiana».80

Per ogni confratello, poi, tutto il lavoro educativo deve trovare «la sua ispirazione e le sue motivazioni nel Vangelo. La luce che lo illumina e la meta alla quale ultimamente conduce è Cristo. Far conoscere Dio come Padre, incontrare la sua volontà in ogni momento e collaborare con Cristo Gesù per la venuta del suo Regno è il fine ultimo di ogni azione educativa salesiana».81 E ciò che costituisce il fine ultimo delle nostre intenzioni, deve essere il primo elemento energetico della nostra spinta pastorale. Nel nostro progetto educativo «il Cristo è il fondamento: Egli rivela e promuove il senso nuovo dell’esistenza e la trasforma abilitando l’uomo a vivere in maniera divina, cioè a pensare, a volere e agire secondo il Vangelo, facendo delle beatitudini la norma della vita».82

Ma poi, «sul piano religioso cristiano l’azione salesiana mira all’educazione di una fede consapevole e operante, al risveglio della speranza, dell’ottimismo (il servire il Signore in letizia), e alla vita di grazia. Dà impulso alla carità in una esperienza integrale di vita alimentata da vivace catechesi e da predicazione concreta e aderente. Insegna a scoprire e ad amare la Chiesa come segno efficace di comunione e di servizio a Dio e ai fratelli, e a vedere nel Papa il vincolo dell’unità e della carità nella Chiesa. Fa vivere l’esperienza di liete e giovanili celebrazioni liturgiche con intensa partecipazione all’Eucaristia. Promuove una forte devozione alla Madonna, Aiuto dei cristiani, Madre della Chiesa, vero modello di vita di fede riuscita e di purezza serena e vittoriosa. Educa e suscita una vita di autentica preghiera, con particolare cura di utilizzare le forme più accessibili e vicine alla pietà giovanile e popolare».83

È imprescindibile, quindi, che ricuperiamo una più grande chiarezza di Vangelo nella nostra vita e azione.


Impegnarsi nell’area culturale


Per annunciare il Cristo ai giovani è necessario sentirsi chiamati a partecipare attivamente nella gestazione di una nuova cultura e conoscere concretamente la condizione giovanile delle varie culture in cui si opera. Per noi urge capire e tradurre in pratica l’asserto capitolare dell’«evangelizzare educando ed educare evangelizzando».

È questo un tema che vi ho ricordato già più volte: 84 la nostra missione giovanile e popolare è situata nell’ambito di una cultura in gestazione, privilegiandone il settore educativo.

Ora, i tre grandi documenti magisteriali insistono sulle indispensabili relazioni tra l’evangelizzazione e la catechesi, da una parte, e i valori e le modalità concrete della cultura o delle culture, dall’altra.

Basti qui rileggerne alcune affermazioni più significative. Il Direttorio Catechistico Generale 85 ci ricorda che «la fede cristiana, perché possa radicarsi nelle culture nuove che si susseguono, ha bisogno di sviluppo e di nuove forme di espressione. Sebbene le aspirazioni e i desideri profondi, propri dell’uomo e della sua condizione umana, permangano profondamente identici, pure gli uomini d’oggi si pongono quesiti nuovi circa il senso e l’importanza della vita. L’uomo credente di oggi non è del tutto uguale all’uomo credente di ieri. Di qui nasce la necessità di assicurare la continuità della fede ma nel tempo stesso di proporre in modo nuovo il messaggio della salvezza».86 Quindi: urgenza di nuove vie pastorali per lievitare il trapasso culturale.

L’Esortazione Evangelii nuntiandi,87 costatando il dramma attuale della «rottura tra Vangelo e cultura»,88 proclama chiaramente che «per la Chiesa non si tratta soltanto di predicare il Vangelo in fasce geografiche sempre più vaste o a popolazioni sempre più estese, ma anche di raggiungere e quasi sconvolgere mediante la forza del Vangelo i criteri di giudizio, i valori determinanti, i punti di interesse, le linee di pensiero, le fonti ispiratrici e i modelli di vita dell’umanità, che sono in contrasto con la Parola di Dio e col disegno della salvezza».89

Ossia, ci descrive esplicitamente e con largo respiro in che cosa deve consistere la capacità evangelizzatrice di penetrazione e di fermento dei tessuti culturali.

Infine, la Catechesi tradendae, nel parlarci di «acculturazione o inculturazione», ci assicura che tale neologismo «esprime molto bene una delle componenti del grande mistero dell’Incarnazione». Infatti si deve dire «della catechesi, come dell’evangelizzazione in generale, (...) che è chiamata a portare la forza del Vangelo nel cuore della cultura e delle culture (...). Da una parte il Messaggio evangelico (...) da sempre si trasmette mediante un dialogo apostolico, che è inevitabilmente inserito in un certo dialogo di culture; dall’altra parte la forza del Vangelo è dappertutto trasformatrice e rigeneratrice. (...) Gli autentici maestri in catechesi sanno che una catechesi “s’incarna” nelle differenti culture (...); essi non accettano, peraltro, che la catechesi s’impoverisca con l’abdicazione o l’attenuazione del suo messaggio, a causa di adattamenti. (...) che comprometterebbero “il buon deposito” della fede, o a causa di concessioni in materia di fede e di morale; essi sono persuasi che la vera catechesi finisce per arricchire queste culture, aiutandole a superare i lati deficienti, o addirittura inumani, esistenti in esse, e comunicando ai loro valori legittimi la pienezza del Cristo».90

Ecco, abbiamo in questa Esortazione di Giovanni Paolo II anche una indicazione concreta per superare pericoli non immaginari di sopravvento delle culture sul Vangelo e un quadro di riferimento per rivedere e valutare le modalità pratiche del nostro sforzo di mettere in dialogo tra loro Rivelazione e Umanesimo, assicurando al Vangelo il suo primato d’interpellanza, il suo lievito trasformatore e rigeneratore, la sua sintonia promotrice di tutto ciò che è genuinamente umano, fino a poter accertare, coi Padri della Chiesa, il principio di incarnazione formulato nel famoso adagio: «Ciò che non è assunto non è redento»!

I tre testi magisteriali si integrano mutuamente in un crescendo di convergenza acquisita in differenti momenti storici di riflessione: il Direttorio lancia la necessità di proporre in modo culturale nuovo il messaggio evangelico; la Evangelii nuntiandi insiste nel raggiungere i gangli e i punti vitali della cultura emergente; la Catechesi tradendae, mentre conferma entrambi gli aspetti, sottolinea quali debbono essere le componenti di genuinità nel dialogo con le culture e ne esorcizza i pericoli.


Formare persone competenti


Come risponderemo concretamente all’appello dei Pastori?

Penso, innanzitutto, che sia per noi un compito estremamente utile quello di conoscere e approfondire in forma unitaria questi tre documenti come base orientatrice del rinnovamento della nostra pastorale. Dovrebbe essere impensabile che essi, in una qualche Ispettoria, non stiano influendo sull’azione salesiana e non informino la mente dei confratelli e di coloro che collaborano nell’annuncio del Vangelo ai giovani. Una semplice lettura rapida dei singoli testi, fatta a distanza e in forma indipendente l’uno dall’altro, magari sotto l’influsso di commenti settoriali non scevri di precomprensioni ideologiche, ci può portare a sottolineature parziali e sfasate, rendendo più difficile quella convergenza, che si trova oggettivamente nell’evolversi storico dell’esercizio del Magistero in essi contenuto e che s’arricchisce e si integra in una visione d’insieme, più completa e integrale.

Dobbiamo aggiungere, inoltre, che il travaglio della Chiesa in questo campo non è affatto finito: è solo iniziato, anzi incomincia sempre. A livello di Conferenze Episcopali e di Chiese locali si stanno elaborando, per esempio, i vari «catechismi». Ebbene: in tali iniziative dobbiamo sentirci particolarmente interessati con il proposito reale di arrivare ad essere valenti collaboratori, in maniera speciale per ciò che riguarda i catechismi di ragazzi, di adolescenti e di giovani. Gli apporti della nostra esperienza e competenza dovrebbero influire sulla preparazione, sulla revisione, sulla presentazione e sulla diffusione di tali testi, e sulle varie iniziative d’evangelizzazione e di catechesi per la gioventù della Chiesa locale.

Se, poi, è vero che i «problemi» dell’evangelizzazione e della catechesi si aprono a nuovi orizzonti, dobbiamo sentirci fortemente interpellati da essi. I tre documenti fanno percepire, ad esempio, lo sforzo di adattamento e di ripensamento che richiedono, specialmente oggi, certi aspetti come quello del linguaggio, dell’aggancio realista con la condizione dei destinatari, dell’incisività vitale e chiara del messaggio, dei punti strategici dell’animazione evangelica delle culture. I Salesiani dovrebbero, in ogni nazione, essere capaci di partecipare alla circolazione di idee e di progetti che toccano questo argomento. C’è da raccogliere generosamente l’esplicito richiamo del Papa sulla responsabilità dei Religiosi, specialmente di quelli che, come noi, sono sorti «per l’educazione cristiana dei fanciulli e dei giovani, soprattutto dei più abbandonati».91

Ma ecco, allora, che tutta la possibilità della nostra risposta viene condizionata da un dato di fatto molto palpabile ed esigente: l’impegno e il proposito per la formazione di persone veramente competenti, che uniscano un’adesione interiore e salesiana al Vangelo con la capacità e la perizia per comunicarlo. La formazione di confratelli in questo campo sarà, dunque, un fronte da privilegiare sia a livello di formazione di base, sia a livello di specializzazione, sia a livello di aggiornamento e di formazione permanente.

Rimane più che mai attuale e obbligante l’orientamento operativo del Capitolo Generale Speciale: «Ogni salesiano è per vocazione e missione un evangelizzatore, un catechista, sempre e dovunque. Per questo egli deve trovare nei periodi della sua formazione degli esperti in catechesi che lo aiutino a operare la saldatura tra insegnamento religioso (e teologico) e insegnamento profano, tra esperienza di vita comunitaria e azione di pastorale diretta. Appresa quest’arte, si metta con entusiasmo e costanza a disposizione della comunità per tutta la vita in questo prioritario servizio di evangelizzare e catechizzare».92


Don Bosco ci interpella


Siamo sicuri, cari confratelli, che mettendoci su queste linee di lavoro noi continuiamo la missione di Don Bosco e attualizziamo le sue «scelte». Di lui vi voglio ricordare soltanto pochi tratti, nella speranza che attraverso di essi riusciamo a cogliere alcuni sprazzi di quella originalità che sarà anche oggi il nostro migliore «contributo» a una Chiesa evangelizzatrice.

È patente che il suo progetto educativo per la salvezza dei giovani è intrinsecamente ed estensivamente «catechistico». Così come desiderava la «Religione» quale forza elevante per la salvezza della società, allo stesso modo pensava che il Catechismo «negli oratori festivi è l’unica tavola di salvezza per tanta povera gioventù in mezzo al pervertimento generale».93

A un simile proposito obbedì il primo inizio e sviluppo della sua opera; lui stesso ce lo ricorda: «Questa Società nel suo principio era un semplice catechismo».94 E tale ragione iniziale rimane privilegiata anche nelle Costituzioni in cui Don Bosco descrive il progetto di vita e d’intervento dei Salesiani; nella sua più antica redazione il testo diceva: «Il primo esercizio di carità sarà di raccogliere giovani poveri ed abbandonati per istruirli nella santa cattolica religione, particolarmente ne’ giorni festivi».95

Alla luce di questa finalità concreta e globale si capisce come considerasse un «guasto in radice» lo studiare molto per sé o anche per il prestigio della scienza ma con l’abbandono degli oratori festivi, dei catechismi ai ragazzi...96

Il piacere di comunicare la parola di Dio era stato peraltro un «suo dono» personale manifestatosi sin dalla fanciullezza, il suo «momento di riposo e di svago» durante gli studi di filosofia,97 la «grazia» richiesta all’ordinazione sacerdotale, l’indicazione operativa del primo sogno («mettiti immediatamente a fare loro un’istruzione» ) e il «tema programmatico» dell’incontro con Bartolomeo Garelli: «Se ti facessi un catechismo a parte, verresti ad ascoltarlo? (...) Quando vuoi che

incominciamo il nostro catechismo?».98

Accanto a questo primo dato fondamentale, e cioè la rilevanza dell’annuncio del Vangelo nella sua opera educativa e pastorale, è interessante sottolineare le tre grandi mediazioni adoperate come veicolo e ambiente per il suo lavoro di evangelizzazione e catechesi: l’«educazione» e le varie iniziative culturali con cui convocava, radunava e promuoveva i giovani; le «pubblicazioni» di divulgazione con cui raggiungeva il ceto dei lavoratori e animava religiosamente la cultura del popolo; i «centri» o luoghi di pietà popolare, di cui il miglior esempio può essere il tempio di Maria Ausiliatrice: in essi il culto, le celebrazioni, la decorazione e le iniziative dovevano condurre all’istruzione e alla pratica del Vangelo.

Queste mediazioni giovanili e popolari per i suoi destinatari costruirono anche uno «stile catechistico»; lo si coglie negli scritti per-sonali e nei «momenti» più caratteristici tramandatici dai cronisti. «Stile» che è fatto sostanzialmente di aderenza religiosa ai contenuti della fede proposti dalla Chiesa, di adattamento al linguaggio più in uso e comprensibile, su misura, soprattutto, del ragazzo del popolo; di qui la sua preferenza per gli aspetti storici 99 e per il genere narrativo, aneddotico e didattico, con la conseguente concentrazione sul necessario e la semplificazione delle formulazioni concettuali; il gusto e l’arte per l’essenziale delle verità di fede al di sopra di mode e di originalità speculative; il carattere pratico, per cui partendo dal nucleo della fede si illuminano gli atteggiamenti e si ispira il comportamento.

Ma forse il tratto più originale che rende Don Bosco permanentemente simpatico ai giovani, come annunciatore del Vangelo, è l’aver saputo inserire la sua «lezione di catechismo nel tessuto delle azioni quotidiane»,100 facendola nascere nel clima di gioia e di condivisione che è connaturale alla natura giovanile.

Cari Confratelli, diamoci dunque da fare e dedichiamoci allo studio e all’applicazione dei documenti che guidano il rinnovamento della nostra pastorale. Forse la miglior forma per concludere queste riflessioni, così attinenti alla nostra missione, è quella di risentire insieme ciò che disse a Giovannino nel suo famoso sogno dei nove anni quell’Uomo di età virile, nobilmente vestito: «Non colle percosse, ma colla mansuetudine e colla carità dovrai guadagnare questi tuoi amici. Mettiti dunque immediatamente a far loro un’istruzione sulla bruttezza del peccato e sulla preziosità della virtù (...).

Dove, con quali mezzi potrò acquistare la scienza?

Io ti darò la Maestra, sotto alla cui disciplina puoi diventare sapiente, e senza cui ogni sapienza diviene stoltezza».101

Che l’Ausiliatrice, Madre della Chiesa, ci aiuti tutti a crescere in sapienza e competenza per evangelizzare e catechizzare la gioventù.

Con affetto e speranza,

D. Egidio Viganò


NOTE LETTERA 8 -----------------------------------------------


1 cf. ACS n. 290, pag. 15ss; ACS n. 295, pag. 20-22

2 EN 32

3 CT 15

4 EN 5

5 ACS n. 290

6 ib., pag. 35

7 ib., pag. 12-13

8 CT 30

9 Ef 4, 20

10 CT 30

11 CT 6

12 Mt 28, 18-19

13 EN 79

14 cf. CT 29

15 cf. CT 30

16 cf. CT 52

17 cf. CT 53, 54, 59

18 cf. CT 60

19 cf. CT 32-33

20 cf. CT 34, 49

21 cf. CT 61

22 cf. CT 17

23 cf. CT 2

24 cf. EN 2

25 cf. LG 1

26 Dei Verbum

27 Lumen Gentium, Sacrosanctum Concilium, Gaudium et Spes

28 Ad Gentes, Christus Dominus, Presbiterorum ordinis, Apostolicam actuositatem, Inter mirifica, Gravissimum educationis

29 Gaudium et Spes

30 Orientalium ecclesiarum, Unitatis redintegratio, Nostra aetate, Dignitatis humanae

31 CT 2

32 Direttorio Catechistico Generale, proemio

33 Direttorio Catechistico Generale, 13

34 EN 14

35 cf. 5, 15, 51, 81

36 cf. EN 6-12 25-28

37 Vangelo, cultura e linguaggio: cf. EN 19-20, 22, 40, 50

38 cf. EN 30-38

39 EN 17

40 EN 24

41 EN 69

42 ib.

43 MR 11-12

44 Messaggio del Sinodo sulla catechesi, 4

45 CT 15

46 Messaggio del Sinodo sulla catechesi, 18; cf. CT 15

47 Messaggio del Sinodo sulla catechesi, 8-10

48 cf. Messaggio del Sinodo sulla catechesi, 11

49 CT 18

50 CT 4

51 cf. Capitolo I

52 cf. CT 25

53 cf. CT 18

54 cf. CT 19

55 cf. CT 21, 22, 35

56 cf. CT 18, 22, 33, 37, 72

57 cf. CT 18, 19, 22, 25, 26, 47, 72

58 cf. Don Ricceri: Relazione sullo stato della Congregazione, 31 ottobre 1977

59 cf. ACS n. 296, «Lettere al Rettore», pag. 62-70

60 CGS, Documenti 4, 5, 6, 7

61 CGS 19, citato nel CGS, 279

62 CGS 274.2

63 CGS 274.4

64 CGS 307

65 n. 382-388

66 n. 289-292

67 n. 293-296

68 n. 318-321

69 n. 297-300

70 CGS 337

71 Cost 21

72 Cost 22

73 Cost 23

74 CGS 315

75 CG21 30

76 CG21 20

77 CG21 81

78 CG21 80

79 CG21 91

80 CG21 91

81 ib.

82 ib.

83 ib.

84 ACS n. 290, pag. 26-35; ACS n. 292, pag. 6-8

85 cf. specialmente Direttorio Catechistico Generale, 2-9

86 Direttorio Catechistico Generale, 2

87 cf. specialmente n. 19, 20, 40, 50

88 cf. EN 20

89 EN 19

90 CT 53

91 CT 65

92 CGS 341

93 MB XIV, 541

94 MB IX, 61

95 Archivio Centrale Salesiano D4720101, capitolo «Scopo di questa Congregazione», art. 3º

96 cf. MB XVII, 387

97 cf. MB I, 381

98 Memorie dell’Oratorio, 126

99 Storia Sacra, Storia della Chiesa, Storia dei Papi, Storia d’Italia...

100 CGS 275

101 MB I, 124