Atti_1997_361.ACG_


Atti_1997_361.ACG_

1 Pages 1-10

▲back to top

1.1 Page 1

▲back to top
1. IL RETTOR MAGGIORE
“IO PER VOI STUDIO...” (C 14)
LA PREPARAZIONE ADEGUATA DEI CONFRATELLI
E LA QUALITÀ DEL NOSTRO LAVORO EDUCATIVO
1. Un tema che ritorna. - 2. “lo per voi studio": un elemento indispensabile alla missione giova­
nile. - 3. Perché una nuova insistenza oggi. Una vita consacrata inculturata e profetica; La nuo­
va evangelizzazione; La significatività della missione educativa; Il ruolo dei salesiani nelle co­
munità educative e pastorali; L'espansione della domanda di personale qualificato. - 4. Priorità
alla qualificazione dei confratelli. - 5. Il principale investimento oggi . - 6. Alcune scelte per inve­
stire nella qualità. - 7. Le persone. Una parola ai singoli confratelli: “Attende tibi"; Una consegna
alle comunità: curare la qualità della vita e del lavoro; Un orientamento alle Ispettorie: fare un
piano di qualificazione dei confratelli; Il punto di partenza: la dimensione culturale nella forma­
zione iniziale. - 8. Le strutture. L'Università Pontificia Salesiana; Altre Università salesiane;
Centri di studio e di riflessione. - 9. Conclusione.
Roma, 15 settembre 1997
Memoria della Beata Vergine Addolorata
Cari Confratelli,
nello scorso agosto abbiamo vissuto la XII Giornata mondia­
le della gioventù, che si è svolta a Parigi, con un’imponente
partecipazione giovanile. Ci ha impressionato la sete di Vangelo
dei giovani, l’attenzione che hanno prestato al Santo Padre e a
tutti coloro che nella comunicazione della Parola di Dio hanno
loro offerto un senso e un orientamento per la vita. Ci ha fatto
pensare il loro desiderio di ascoltare i testimoni della fede e il
loro entusiasmo di fronte alla persona di Gesù, presentato con
realismo come “Via, verità e vita”.
A questa immagine si sovrappone in me quella che riporto
da Cuba, dove sono stato ultimamente in visita ai nostri confra­

1.2 Page 2

▲back to top
4 ATTI DEL CONSIGLIO GENERALE
telli. Ho visto una Chiesa «senza le possibilità, oggi comuni, per
comunicare con la gente, povera per quanto riguarda il numero
di sacerdoti, ma ricca in esperienze di amore, di servizio, di pa­
zienza, di umiltà e perseveranza».1In essa operano i nostri con­
fratelli e consorelle, in attesa serena dei prossimi sviluppi che si
annunciano gravidi di opportunità.
Le due immagini mi hanno suggerito di presentarvi per di­
steso un tema già meditato nel Consiglio generale e collegato
alla programmazione del sessennio: quello della nostra prepa­
razione per gli impegni che si vanno profilando dappertutto
nella nuova evangelizzazione dei giovani.
1. Un tema che ritorna.
Ogni volta che ci confrontiamo con la nostra missione, si
riafferma in noi la convinzione della sua validità, e allo stesso
tempo emerge la consapevolezza di doverci rendere più idonei a
compierla secondo tutte le sue possibilità. I fronti si fanno sem­
pre più numerosi, le richieste si moltiplicano, le urgenze diven­
tano pressanti. Vorremmo essere molti di più, per raggiungere
un maggior numero di giovani; vorremmo essere più preparati,
per offrire loro, nelle diverse condizioni in cui si trovano, quel­
l’orientamento e sostegno di cui hanno bisogno.
È l'esperienza che ho fatto anche in questo primo anno e
mezzo di servizio come Rettor Maggiore. Il contatto con le
Ispettorie nelle diverse parti del mondo mi ha fatto toccare con
mano la vastità del campo giovanile, l’incalzare delle attese, la
risposta pronta dei giovani ai nostri sforzi, l’attualità del nostro
carisma per la società e per la Chiesa.
Ho ammirato l’opera infaticabile delle comunità, spesso con
forze numericamente inadeguate, in contesti di avanzata frontie­
1
Omelia del Card. Jaime Ortega Alamino, Arcivescovo di La Habana, nella festi­
vità dei Santi Pietro e Paolo (da dattiloscritto)

1.3 Page 3

▲back to top
IL RETTOR MAGGIORE 5
ra sociale, educativa e pastorale, intente ad esprimere la missio­
ne in progetti coraggiosi e ad animare numerose collaborazioni.
La messe è molta! Più che la sproporzione quantitativa tra
lavoro e braccia, impressionano le sfide, che l’attuale situazione
presenta: proporre un senso di vita, educare la coscienza, ac­
compagnare i giovani in un cammino di fede, costruire ampie
solidarietà, calarsi efficacemente nelle povertà, esprimere con
immediatezza il Vangelo, fare in modo che la Parola incontri la
vita nei suoi interrogativi e possibilità.
Ci accorgiamo che per incidere di più non basta essere più
numerosi o disporre di mezzi più potenti; è necessario, soprat­
tutto, essere più discepoli di Cristo, entrare più profondamente
nel Vangelo, qualificare la vita delle comunità, centrare meglio
dal punto di vista pastorale progetti e interventi. È, con una pa­
rola che può sembrare “secolare”, il problema della qualità-, nel
linguaggio evangelico, è la genuinità e la forza trasformante del
lievito.
La qualità emerge come un’esigenza in tutti i settori della
vita, della cultura e dell’azione. Se ne parla in termini di “eccel­
lenza” da perseguire, di “competenza” da coltivare, di “qualità
totale” da realizzare.
La buona volontà e la disponibilità generosa sono indispen­
sabili ma non sufficienti, se ad esse non si accompagnano le co­
noscenze e le tecniche proprie di un campo di azione, la com­
prensione dei fenomeni culturali che oggi segnano la vita e, per
noi, la capacità di confrontare tali fenomeni col mistero di Cri­
sto continuamente approfondito.
Il problema non riguarda solo i salesiani. È una situazione
comune a chiunque voglia vivere, senza smarrirsi, l’attuale tra­
passo culturale dove per essere educatori, pastori o semplici cri­
stiani, si deve discernere e scegliere. Alcune espressioni ormai
familiari, come pluralismo, società eticamente neutra, secola­
rizzazione, diritto alla differenza, libertà di pensiero e di
espressione, cultura multimediale, soggettività, ce lo ricordano
quasi al ritmo veloce della pubblicità.

1.4 Page 4

▲back to top
6 ATTI DEL CONSIGLIO GENERALE
È la stessa sfida che sta alla base della nuova evangelizza­
zione: la capacità di vivere consapevolmente la fede cristiana, di
testimoniarla con gioia e anche di prendere la parola nei mo­
derni areopaghi e annunciare Gesù Cristo secondo tutta la sua
ricchezza.
L’ha sentita quasi come una spina il nostro CG24. Dall’ana­
lisi della situazione della Congregazione è risultato che vivere
oggi con serena maturità il progetto di vita consacrata salesia­
na e affrontare adeguatamente i compiti della nostra missione
richiede in ogni confratello maggior robustezza spirituale,2 un
salto di qualità in ciò che riguarda la preparazione generale e
quella specifica di educatore-pastore,3 nuove competenze cultu­
rali, professionali e pastorali.4
Facendo mio questo filone capitolare, nel discorso finale ho
ribadito la priorità di una formazione che sia particolarmente
attenta alla dimensione culturale come parte irrinunciabile del­
la competenza educativa e della spiritualità del pastore.
Nella programmazione del sessennio l’abbiamo messo come
uno dei punti centrali su cui debbono convergere tutti i settori.
Ci è sembrato importante mantenere vivi in ogni confratello un
proposito e una tensione verso la crescita nella propria vocazio­
ne, stimolare le comunità a creare un ambiente che favorisca la
maturazione dei singoli, chiedere alle Ispettorie di scommettere
sulla preparazione del personale e sulla qualità dei progetti
educativi-pastorali.
Il mio discorso ora riprende quanto si veniva raccomandan­
do riguardo alla formazione permanente completa; ma, in par­
ticolare, vuole mettere a fuoco la necessità di recuperare l’amo­
re all’impegno culturale e la conseguente capacità di studio.
E chiaro che per noi, come afferma il CG23, rinnovamento
spirituale, tensione pastorale, preparazione culturale e compe-
2 Cf. CG24, 239
3 Cf. CG24, 242
4 Cf. CG24, 242-243; VC 98

1.5 Page 5

▲back to top
IL RETTOR MAGGIORE 7
tenza educativa non possono essere fra loro separati, se il sale­
siano deve inserirsi nel contesto giovanile con capacità di dialo­
go e di proposta.5Insieme ci danno il volto della nostra santità e
sono la nostra via verso di essa. Ciò vuol dire che l’urgenza di le­
gittima e doverosa qualificazione non va confusa con una esage­
rata ricerca dell’efficienza.6La nostra speranza è sempre nella
grazia che il Padre effonde con abbondanza nei cuori, nella Cro­
ce che è il segno e la via della salvezza e nella Parola che illumi­
na. Ma il non lasciar oziosi i talenti ricevuti, come singoli e come
Congregazione, fa parte della risposta generosa alla vocazione.
2. “lo per voi studio”: un elemento indispensabile alla missio­
ne giovanile.
Un rinnovato amore per l’impegno culturale e la dedizione
allo studio vengono raccomandati dall’Esortazione Apostolica Vi­
ta Consecrata a tutti i religiosi, come parte integrante dell’espe­
rienza di vita nello Spirito e condizione di efficacia apostolica. Si
tratta di applicare la totalità dell’essere ad accogliere il mistero di
Dio e di leggere alla luce della fede, con intelligenza e obiettività,
le sue tracce nella natura e la sua presenza nella storia umana.
Il testo è stato molto citato, ma conviene riascoltarlo: «Al di
là del servizio rivolto agli altri, anche all’interno della vita con­
sacrata c’è bisogno di rinnovato amore per l ’impegno culturale,
di dedizione allo studio come mezzo di formazione integrale e
come percorso ascetico, straordinariamente attuale, di fronte
alle diversità delle culture. Diminuire l’impegno per lo studio
può avere pesanti conseguenze anche sull’apostolato, generan­
do un senso di emarginazione e di inferiorità o favorendo su­
perficialità e avventatezza nelle iniziative».7
8 Cf. CG23, 225
6 Cf. VC 38
7 VC 98

1.6 Page 6

▲back to top
8 ATTI DEL CONSIGLIO GENERALE
La raccomandazione non fa altro che riprendere una tradi­
zione degli Istituti di vita consacrata le cui comunità si sono co­
stituite sempre come proposta di vita spirituale, umanamente
piena di significato, e anche come luoghi di educazione e di cul­
tura secondo i propri carismi. L’esperienza di Dio è stata sempre
pensata anche come una saggezza che illumina la vita dei singo­
li e dell’umanità, non solo con l’esempio morale, ma anche con lo
sguardo sul mondo, il pensiero e la parola seppur semplici.
A qualcuno può sembrare questo un tema che non si sposa
facilmente con l’operosità instancabile e la prontezza di inizia­
tiva che caratterizzano il nostro spirito; un tema un po’ nuovo
riguardo ad una certa immagine del salesiano e delle nostre co­
munità sempre disponibili, costantemente alle prese con nuovi
progetti. È invece un tratto caratteristico della figura di Don
Bosco, che spinto dal Da mihi animas offre la vita nel servizio
dei giovani, della Chiesa, della società; ma si dimostra attento
alla situazione giovanile, sociale ed ecclesiale del suo tempo,
aperto ad orizzonti sempre più ampi, capace di cogliere la por­
tata dei fenomeni che influiscono sulla vita individuale e collet­
tiva (stampa, emigrazione, nuove leggi, diffusione della cultura,
risorgimento e unificazione d’Italia, ecc).
Nel capitolo costituzionale sullo spirito salesiano vi è un arti­
colo che caratterizza il tipo della nostra carità pastorale. «La no­
stra vocazione — recita — è segnata da uno speciale dono di Dio,
la predilezione per i giovani... Per il loro bene offriamo genero­
samente tempo, doti e salute».8L’asserto viene subito illumina­
to con un’espressione di Don Bosco: «Io per voi studio, per voi la­
voro, per voi vivo, per voi sono disposto anche a dare la vita».9
Il crescendo dei verbi e delle azioni pone l’accento sulla to­
talità della vita messa a disposizione dei giovani. Ma è evidente
che lo studio non è caduto per caso nella successione di espres­
sioni. Una serie di elementi della biografia del nostro Padre ci
8 Cost. 14
9 Ib.

1.7 Page 7

▲back to top
IL RETTOR MAGGIORE 9
invita a dargli un valore specifico: il rilievo che l’amore allo stu­
dio ebbe nella sua formazione, coronata con tre anni di Convit­
to dopo l’ordinazione sacerdotale per una più aggiornata cono­
scenza della morale e della direzione delle anime; lo spazio che
lo studio ha nel suo programma educativo, nelle cui formulazio­
ni sintetiche è immancabilmente presente (“ sanità, studio,
pietà”); la sua idea dell’educatore e del sacerdote che uniscono
sempre all’amorevolezza la capacità di illuminare, insegnare e
guidare; i frequenti accenni alla saggezza nelle sue massime e
ancora il ruolo illuminante attribuito alla fede e alla ragione.
Detta in un contesto di cordialità e affetto per i suoi giovani,
in uno “scambio di doni”, l’espressione richiama alcuni suoi gu­
sti e atteggiamenti che convergono, senza venir mortificati, sul­
l’esperienza centrale della sua vita: essere totalmente per i gio­
vani. Lo studio, da non ridurre solo “agli studi”, è dunque per
Don Bosco parte indispensabile della nostra donazione ai giova­
ni, della nostra preoccupazione paterna per capirli e comunica­
re loro fede, conoscenze ed esperienza di vita.
Alcuni fatti rivelano il contenuto reale che questa espressio­
ne ebbe nella sua vita.
Pensiamo alla sua capacità di guardare la realtà, quella gio­
vanile in primo luogo, ma anche le vicende della Chiesa e la si­
tuazione del Paese, senza smarrirsi né lasciarsi condizionare,
attento a valutare l’insieme secondo chiavi di lettura educative
e pastorali proprie della sua vocazione. Pensiamo alla sua intra­
prendenza nel cercare risposte adeguate ai problemi; lanciare
messaggi comprensibili, usando tutti i mezzi a sua disposizione;
impegnarsi a diffondere, imponendosi il lavoro di raccogliere,
ordinare e redigere, la storia sacra, quella italiana, la verità cri­
stiana e una forma di letteratura popolare.
“Io per voi s t u d i o ":richiama lo sforzo paziente di elaborare
un “sistema educativo originale”, con materiali di sempre, in­
tuizioni proprie, contributi di contemporanei e sintesi originali.
Fa pensare pure alla messa in atto di un “progetto di opere” ri­
spondente ai tempi. Egli ne segue il funzionamento e traccia

1.8 Page 8

▲back to top
10 ATTI DEL CONSIGLIO GENERALE
con intelligenza e concretezza indicazioni e norme, attento allo
stile che vi voleva immettere e al raggiungimento dei fini. Si di­
mostra capace di condividere, di confrontarsi, di entrare in dia­
logo con persone dalle più diverse esperienze e competenze, con
protagonisti del pensiero, della politica, della vita sociale.
Anche la formulazione pensata di una esperienza di vita
nello Spirito, con cammini spirituali per giovani e adulti, pre­
sentati a parole e messi per iscritto, ha comportato quella appli­
cazione della mente espressa nel “ioper voi studio”. Era un im­
parare dalla vita, un riflettere sull’esperienza educativa, un an­
dar avanti aperto alla verifica, senza accontentarsi di ciò che si
è sempre fatto o cadere nella ripetizione. Era il desiderio e il
paziente acquisto della “sapienza” (“Sapientiam dedit illi...” ),
indicata nel primo sogno come caratteristica della sua vita, che
si impara alla scuola del Buon Pastore e di Maria Maestra, nel­
la disponibilità allo Spirito, nella sintonia con la Chiesa; e si
esprime nel discernimento degli avvenimenti, nel vaglio di fron­
te a Dio delle esperienze spirituali, nella comprensione delle si­
tuazioni e nel servizio di orientamento e guida degli altri.
“Io per voi studio ci fa pensare anche a un Don Bosco ca­
pace di cercare i tempi e i luoghi che favoriscono la solitudine
attiva, il raccoglimento e la progettazione. Sono i suoi tempi di
preghiera, gli esercizi spirituali annuali, certe pause che gli per­
mettono una maggior concentrazione, ma anche il suo lavoro
d’ufficio dal quale venne una abbondante corrispondenza, con­
cezioni di nuovi progetti e una produzione di scritti, tutt’altro
che trascurabile.
Carità e competenza, studio e lavoro, azione e riflessione
vengono fusi dalla grazia di unità per “il bene” dei giovani.10E
un’integrazione non facile, minacciata spesso dalla schizofrenia
nella prassi o nella mentalità a cui è esposto chi porta avanti
uno stile di vita e di lavoro dove “non c’è tempo” per la rifles­
sione o per il confronto; c’è il rischio che questi vengano stacca­
10 Cf. Cost. 14

1.9 Page 9

▲back to top
IL RETTOR MAGGIORE 11
ti dalla finalità pastorale e si finisca per ritenere in linea di
principio che al salesiano non si addice una ordinata attività di
studio e approfondimento.
Eppure direi che, come senza preghiera il nostro fare rischia
di non essere missione (“lavoro e preghiera”), così senza “stu­
dio” , senza sapienza e competenza, il nostro operare difficil­
mente raggiunge le mete che il servizio educativo pastorale si
prefìgge.
«Lo studio e la pietà ti renderanno un vero salesiano», scri­
veva Don Bosco ad un confratello. Questa frase è stata posta al­
l’inizio del Motu Proprio Magisterium Vitae, con il quale il Pa­
pa Paolo VI nel 1973 ha conferito al Pontifico Ateneo Salesiano
il titolo di Università Pontifìcia,11quasi a ripetere, al più alto li­
vello: “Cultura e spiritualità faranno di te un autentico e com­
petente educatore pastore dei giovani” . Sono infatti entrambe
necessarie per tradurre in esperienza di vita e in progetti di
missione la carità pastorale salesiana. Non è quindi un aspetto
marginale, che tocchi solo alcuni momenti della nostra vita o
interessi chi è impegnato su alcune frontiere particolari della
missione. Può assumere forme ed espressioni diverse, secondo
le attitudini e i doni personali, ma sarà sempre una delle condi­
zioni per incarnare quell’amore per i giovani, che dà significato
a tutta la nostra esistenza.
3. Perché una nuova insistenza oggi.
Viene quasi spontanea la domanda sui motivi che portano a
riprendere questa insistenza, dopo gli sforzi degli anni prece­
denti e una valutazione tutto sommato positiva dei nostri per­
corsi formativi.
La verifica fatta dal CG24 ha portato ad una constatazione:
«La partecipazione dei laici nello spirito e nella missione salesia-
11 Cf. ACS 272, pag. 72-75

1.10 Page 10

▲back to top
12 ATTI DEL CONSIGLIO GENERALE
na costituisce per le comunità SDB una sfida alla quale si darà ri­
sposta attraverso una formazione adeguata alle nuove esigen­
ze».12Quando poi si motiva tale conclusione, in riferimento all’o­
ra che viviamo, si afferma: «La formazione si propone di rende­
re le persone capaci di vivere oggi l’esperienza della propria vita
con maturità e gioia, di adempiere la missione educativa con com­
petenza professionale, di diventare educatori-pastori, di essere
solidalmente animatori di numerose forze apostoliche».13
E dunque evidente che il nuovo livello di formazione non
viene motivato da limiti o mancanze, ma dal significato attuale
della nostra presenza di consacrati nella società, da come si sta
configurando la missione educativa e pastorale e dai compiti
che ci vengono demandati nelle comunità educative.
Soffermiamoci a commentare brevemente ciascuno di questi
motivi.
Una vita consacrata inculturata e profetica
Nelle risposte ricevute nella preparazione del Sinodo si per­
cepiva da molti che «la vita consacrata è apprezzata per il suo
agire, ma spesso non è capita nel suo essere; spesso è lodata per
il suo impegno nel mondo, ma in certi ambienti, come spesso
accade tramite i mezzi di comunicazione, la sua immagine è
travisata, al punto da renderla agli occhi della gente una realtà
senza senso».14
Là dove la secolarizzazione è penetrata nella vita pubblica e
privata, non è tanto in questione la sua utilità, soprattutto in
certe aree di servizio (siamo apprezzati come educatori!), quan­
to il suo significato, la leggibilità della sua testimonianza di
Dio, la capacità di comunicare il messaggio che intende dare.
D’altra parte, «lo stile di vita evangelico — dice l’Esortazio-
12 CG24, 138
13 Ib.
14 Instrumentum laboris, 15

2 Pages 11-20

▲back to top

2.1 Page 11

▲back to top
IL RETTOR MAGGIORE 13
ne Apostolica Vita Consecrata — è una fonte importante per la
proposta di un nuovo modello culturale. Quanti fondatori e fon­
datrici, cogliendo alcune esigenze del loro tempo, pur con tutti i
limiti da essi stessi riconosciuti, hanno dato loro una risposta
che è diventata proposta culturale innovativa... Il modo di pen­
sare e di agire di chi segue Cristo più da vicino, infatti, dà origi­
ne ad una vera e propria cultura di riferimento».15
Essere consapevoli e testimoniare il valore e il senso della
presenza di Dio nella vita, in un contesto culturale che non si
spinge oltre l’orizzonte temporale e privilegia la funzionalità e
l’utilità immediata, implica una profonda comprensione della
propria identità consacrata e del suo valore educativo, così co­
me una rinnovata capacità di inserirsi nell’ambiente come pro­
fezia e lievito.
Ma proprio per questo ci si deve rendere consapevoli, perso­
nalmente e comunitariamente, attraverso il discernimento, la crea­
tività e la coerenza, come, quando e dove applicare alcuni criteri
che portano verso una espressione efficace della scelta fatta: assu­
mere dell’ambiente quello che è legittimo, immettere in esso il nuo­
vo che viene da Cristo, dare o ridare significato a quello che è an­
cora ambiguo, contestare quello che congiura contro la persona.
La vita consacrata non può appiattirsi sulla mentalità “cor­
rente”. Richiede vigilanza, di spirito e di mente in primo luogo,
e capacità di interagire e reagire, di proporre e di sfidare.
La nuova evangelizzazione
La “nuova evangelizzazione” è il grande compito cui voglia­
mo rispondere e l’esigenza che ci coinvolge in questa vigilia di
fine millennio. In un momento di trasformazioni epocali nel
quale si vanno elaborando nuove concezioni di vita, spesso sen­
za riferimento a Dio e al Vangelo, la Chiesa vuol rinnovare l’in­
contro tra cultura e Vangelo, risvegliare il senso della fede nel­
16 VC 80

2.2 Page 12

▲back to top
14 ATTI DEL CONSIGLIO GENERALE
l’esistenza ed esprimere il valore della presenza cristiana nella
realtà sociale.
Chi vuol impegnarsi nella nuova evangelizzazione deve ren­
dersi capace di un confronto aperto, intelligente e propositivo
con i nuovi fenomeni, capire le tendenze culturali, tentare l’an­
nuncio nel cuore della vita, interpretare i nuovi linguaggi e co­
dici di significato.
La prospettiva della nuova evangelizzazione raccoglie una
sfida radicale all’essere cristiano, un interrogativo sulla iden­
tità di credenti e spinge verso un dialogo convinto con gli altri
in clima di libertà. D’altra parte, la stessa nostra fede e le ra­
gioni della nostra speranza hanno bisogno di essere ricomprese
e vissute con fondatezza e trasparenza. Gesù Cristo, ieri, oggi e
sempre è una confessione di fede, non uno slogan; ha a che fare
con la salvezza del singolo perché abbia la vita in abbondanza e
con la salvezza del mondo che si va costruendo, affinché i suoi
progetti non lo portino verso l’autodistruzione.
Lo sforzo di avvicinamento e di comprensione di tale mondo
ricopia la via dell’incarnazione ed è ispirato allo stesso amore
che guidava l’agire di Cristo.
La significatività della missione educativa
Sentiamo in forma pressante l’esigenza di migliori livelli for­
mativi nell’area preferita della nostra missione: l’educazione.
Dobbiamo infatti far fronte alla complessità e molteplicità in cui
i giovani si trovano immersi e ai problemi che l’ambiente pone
alla crescita umana e alla fede, sapendo allo stesso tempo trar
frutto delle sue innumerevoli possibilità.
La nostra collocazione educativa richiede, perciò, un approc­
cio riflesso alla cultura che consenta di aggiornare contenuti e
metodologie per venire incontro alle domande di senso e di vita
dei giovani.16
16 Cf. Relazione al CG24 sullo stato della Congregazione, 263

2.3 Page 13

▲back to top
IL R E T T O R M A G G IO R E 15
D’altra parte, competenze adeguate e riconosciute sono esigi-
te oggi anche dalla diversificazione e complessità degli interven­
ti educativi, che comportano conoscenze più complete e pratiche
più consolidate.17Una debole qualità professionale impoverisce
la proposta educativa, diminuisce l’incidenza del nostro operare
e, aggravandosi, potrebbe tagliarci fuori dal campo dell’educa­
zione. Avvertiamo questo rischio soprattutto in alcuni ambiti in
cui le novità appaiono più evidenti, come la comunicazione so­
ciale, il mondo universitario, le aree del “disagio giovanile” .
Nei nuovi contesti, poi, dove ci stiamo inserendo con spirito
e criterio missionario e che potrebbero sembrare più semplici
dal punto di vista educativo, si sente l’urgenza di creare pro­
grammi adeguati alla situazione e inculturare la nostra meto­
dologia pedagogica, superando la semplice trasposizione di con­
tenuti e metodi pensati per altre aree. Inculturazione e qualità
impegnano le comunità educative locali, gli organismi ispetto-
riali, i Centri di riflessione e studio. Un aumento di competenza
appare indispensabile su tutti i fronti.18
Pur sapendo che a volte dobbiamo rispondere alle urgenze
con realismo, e siamo sempre disposti a farlo, è doveroso affer­
mare che le nostre possibilità future nel campo educativo si gio­
cheranno sulla qualità.19Per cui, se è vero che a volte “l’ottimo
può essere nemico del bene” (“meglio un po’ che niente”), è an­
che vero che non possiamo esporci ad una forma generale di pa­
storale ed educazione che rischia di dequalificarci e non rag­
giungere le finalità del nostro servizio.20
Ciò vale anche nell’area più strettamente pastorale. Essa
comporta una padronanza maggiore delle conoscenze specifi­
che, acquisite in forma sufficiente, rivisitate e ampliate conti­
nuamente, e un adempimento più professionale dei compiti mi­
nisteriali. Dirigere coscienze, animare cristianamente comu­
17 Ib.
18 Ib.
13 Ib.
20 Cf. Relazione al CG24 sullo stato della Congregazione, 267

2.4 Page 14

▲back to top
16 ATTI DEL CONSIGLIO GENERALE
nità,.offrire la Parola di Dio secondo quello che essa dice e le si­
tuazioni umane che si vivono, illuminare gli interrogativi etici,
proporre il Vangelo, formare alla preghiera e alla celebrazione,
orientare verso l’esperienza di Dio sono cose che richiedono fer­
vore e anima, ma anche saggezza acquisita attraverso la rifles­
sione e lo studio.
A questo si aggiungono le nuove dimensioni della pastorale
divenute praticamente universali: l’ecumenismo, il dialogo in­
terreligioso e con i non credenti, l’uso della comunicazione so­
ciale che diviene un pulpito alla portata dei più, la partecipazio­
ne al dibattito pubblico su questioni molteplici.
La pastorale non comprende soltanto l’organizzazione e l’a­
zione immediata; ma anche la riflessione sulle opzioni da com­
piere come comunità cristiana e gli orientamenti da suggerire
ai singoli nella complessità della vita, e quindi capacità di di­
scernimento, di illuminazione, di annuncio.
Una solida formazione culturale e professionale come com­
ponente della spiritualità sembra dunque indispensabile. Su
questo punto ha insistito con vigore il Sinodo sulla formazione
sacerdotale, oltre quello sulla vita consacrata riportato sopra.21
E il caso di risentire qualche espressione della Pastores dabo vo­
bis, perché ci assicura di essere proprio sull’onda della Chiesa.
«Se già ogni cristiano — scrivono i Padri sinodali — deve essere
pronto a difendere la fede e dare ragione della speranza che vi­
ve in noi (cf. lP t 3, 15), molto di più i candidati al sacerdozio e
i presbiteri devono avere diligente cura del valore della forma­
zione intellettuale nell’educazione e nell’attività pastorale, dal
momento che per la salvezza dei fratelli e delle sorelle devono
cercare una più profonda conoscenza dei misteri divini. La si­
tuazione attuale poi, pesantemente segnata dall’indifferenza
religiosa e insieme da una sfiducia diffusa nei riguardi della
reale capacità della ragione di raggiungere la verità oggettiva e
universale, e da problemi e interrogativi inediti provocati dalle
21 Cf. Relazione al CG24 sullo stato della Congregazione, 292; VC 98; ChL 58

2.5 Page 15

▲back to top
IL R E T T O R M A G G IO R E 17
scoperte scientifiche e tecnologiche, esige con forza un livello
eccellente di formazione intellettuale, tale cioè da rendere i sa­
cerdoti capaci di annunciare, proprio in un simile contesto,
l’immutabile Vangelo di Cristo e di renderlo credibile di fronte
alle legittime esigenze della ragione umana».22
Il ruolo dei salesiani nelle comunità educative e pastorali
Il CG24 sancisce ufficialmente il cambio del modello nella
forma di operare dei salesiani: dalla responsabilità esclusiva
della comunità religiosa a quella di una comunità ecclesiale cor­
responsabile, in cui intervengono consacrati e secolari, presbi­
teri e laici, cattolici e membri di altre confessioni, credenti con­
sapevoli e altri in cammino, cristiani e non. Se prima tale mo­
dello si poteva pensare opzionale o alternativo, oggi è chiaro
che esso costituisce la nostra forma normale di presenza e di
azione. Dobbiamo imparare a farlo funzionare secondo quanto
è stato enunciato o forse sognato.
Esigenze di qualificazione vengono quindi dal ruolo a cui so­
no destinati i salesiani in questo nuovo modello operativo: quel­
lo di orientatori pastorali, primi responsabili dell’identità sale­
siana delle iniziative e delle opere, animatori di altri educatori
(“nucleo trainante”), formatori di adulti corresponsabili nel la­
voro educativo; in una parola, salesiani capaci di portare avanti
una missione insieme a laici competenti.
Si prevede per tutti un aumento di responsabilità. E non è
difficile pronosticare che l’incidenza di quest’opera di animazio­
ne dipenderà in gran parte dalla formazione spirituale, dalla vi­
sione culturale e dalla preparazione professionale dei salesiani.
Essi non solo dovranno possedere una conoscenza maggiore,
teorica e pratica, dei problemi giovanili e dell’educazione, ma
anche sviluppare la capacità di interagire con gli adulti, al di là
della semplice amicizia, su problemi di vita e di fede, di comuni-
22 PDV 51, che riprende la Propositio 26 dei Padri sinodali

2.6 Page 16

▲back to top
18 A T T I D E L C O N S IG LIO G E N E R A LE
care e orientare, di proporre autorevolmente mete e itinerari
educativi. Ciò richiederà anche un vissuto più convinto dello
spirito salesiano, una conoscenza riflessa e organica del Siste­
ma Preventivo e una maggior consapevolezza della propria
identità.23
Rendersi e rimanere capaci di animare un ampio ambiente
educativo, di accompagnare insieme ad altri educatori processi
di maturazione e crescita, di orientare le persone, di interagire
nel contesto sociale comporta di tener sempre aggiornate le com­
petenze e riservarsi tempo per rimeditare proposte e metodi.
L’applicazione dei confratelli e delle comunità a questa forma
di autentico servizio della Parola si sta allargando, ma essa non
è stata ancora assunta da tutti. Incombe in qualche parte il ri­
schio che rimaniamo troppo impigliati nel predisporre strutture
e organizzare mezzi, trascurando di ripensare e approfondire co­
munitariamente il messaggio e di tradurlo in forme adeguate al­
la comprensione dei destinatari.24In qualche caso risulta eviden­
te il divario tra attrezzature e proiezione culturale, tra strumen­
ti e incidenza evangelizzatrice, tra edifici e proposte educative; la
preoccupazione per la preparazione culturale e professionale del
personale religioso e laico sembra non avere la priorità26e le fi­
nalità dell’insieme rimangono come annullate dal peso delle me­
diazioni. Ed è forse la mancanza di competenza nel lavoro di ani­
mazione e guida ad essere la causa di tale scollamento.
L’espansione della domanda di personale qualificato
Mentre i campi cosiddetti tradizionali (oratori, scuole, par­
rocchie...) richiedono capacità di pensiero e riflessione, oltreché
intraprendenza intelligente, a motivo del cambio culturale e del­
la complessità delle questioni che ogni persona e comunità si tro-
23 Cf. Relazione al CG24 sullo stato della Congregazione, 293
24 Cf. Relazione al CG24 sullo stato della Congregazione, 266
25 Cf. Relazione al CG24 sullo stato della Congregazione, 269. 259. 261

2.7 Page 17

▲back to top
IL RETTOR MAGGIORE 19
va ad affrontare, vediamo che per la crescita di alcune presenze
si allarga la domanda puntuale di personale preparato. Quando
facciamo i conti delle richieste e delle disponibilità ci troviamo in
deficit, già a livello di numeri nudi, senza considerare ancora al­
tri elementi che limiteranno le prestazioni delle persone, come
l’età, la salute, impegni cui non possono rinunciare.
Pensiamo ai centri di studi teologici in cui ogni risparmio
indebito avrà il suo contraccolpo nel futuro, o ai centri di studio
del postnoviziato con identiche esigenze. Mettiamo insieme ad
essi le comunità formatrici, sempre bisognose di esperti in pro­
cessi vocazionali, formazione salesiana e spiritualità.
Aggiungo in lista rapida le ormai numerose istituzioni univer­
sitarie, i centri editoriali dove non basta gestire la struttura se non
si dispone di persone capaci di elaborare linee culturali, i vari Isti­
tuti creati in questi ultimi anni come risposta a domande e biso­
gni della Congregazione, i contributi di competenza che ci vengo­
no chiesti da diverse istanze, in considerazione dell’esperienza ac­
quisita e di una riconosciuta capacità di inserimento popolare.
4. Priorità alla qualificazione dei confratelli.
Nella Relazione sullo Stato della Congregazione concludevo la
parte dedicata alla “Preparazione dei confratelli” con le seguen­
ti affermazioni: «Lo stato delle nostre risorse, la portata dei no­
stri impegni e la crescita del mondo ci chiedono dappertutto un
passo avanti nella preparazione culturale e nella robustezza spi­
rituale dei confratelli e delle comunità. La prospettiva è dunque
di consolidare..., darsi un periodo straordinario per riqualificare
il personale, in particolare quello dirigente, orientare verso spe­
cializzazioni il maggior numero possibile di confratelli, migliora­
re, sull’esperienza fatta, la prassi della formazione iniziale».20
Era una valutazione che sentivo impegnativa, suscettibile di
26 Relazione al CG24 sullo stato della Congregazione, 294

2.8 Page 18

▲back to top
20 A T T I D E L C O N S IG LIO G E N E R A LE
interpretazioni non sempre intese, maturata però con sofferen­
za nella preghiera. Appariva infatti come un orientamento di
conseguenze fondamentali nel sessennio.
Oggi sono convinto che dobbiamo scommettere su questo in­
vestimento prioritario e tradurlo in alcuni impegni concreti, as­
sumendone anche le conseguenze in apparenza limitanti. Si im­
pone una scelta consapevole della Congregazione e delle
Ispettorie, che renda possibile un salto di qualità nella forma
di vita di ogni confratello, nella mentalità e nella prassi delle
comunità e, di conseguenza, una forma di ordinare gli obiettivi
ispettoriali. Non si tratta di un leggero ritocco, ma di qualcosa
più radicale, anche se non totalmente nuovo perché in molte
parti si è già imboccata questa strada.
So che non è facile vivere a livello personale e tradurre in
azione di governo l’equilibrio salesiano tra l’“io per voi studio”
e l’“io per voi mi do da fare” , tra carità e ricerca della qualità
pedagogica e pastorale. Le urgenze della missione, la scarsità di
personale, le nuove opportunità che ci vengono offerte, il molti­
plicarsi dei progetti, elementi costanti nella esperienza salesia­
na e frutto positivo del Da mihi animas, spingono alla intra­
prendenza. E ciò non dovrà venir meno. Va fatta attenzione
però che l’agire non induca stanchezza, ripetitività, stagnazio­
ne culturale, dispersione mentale, improvvisazione.
Non è la prima volta nella storia della nostra Congregazione
che si pensa a scelte decise per un cambio di prassi, in vista di
esigenze percepite e in previsione di nuove fioriture, che ap­
paiono possibili ma soltanto a certe condizioni. Succedono a fa­
si di sviluppo necessariamente veloce e, prevenendo l’esauri­
mento, ne preparano altre ugualmente feconde.
Voglio ricordare tre interventi, fatti in momenti storici di­
versi, ma che nell’insieme evidenziano la nostra stessa preoccu­
pazione odierna. Tutti e tre stabiliscono un criterio e una linea
di azione per garantire la preparazione dei confratelli e la qua­
lità nel compimento della missione educativa.
Negli anni 1905-1906 don Rua si propone di organizzare e

2.9 Page 19

▲back to top
IL RETTOR MAGGIORE 21
assicurare la regolarità degli studi dei confratelli giovani. I
fronti di lavoro sono molti, il personale, seppur in aumento,
non è sufficiente, i criteri del suo impiego nelle opere risalgono
al Fondatore, ma l’espansione della Congregazione nonché le
esigenze della Chiesa rendono evidente la necessità di un cam­
bio. C’è infatti il rischio di sacrificare la formazione alle urgen­
ze delle opere, accorciando il corso filosofico e quello teologico.
È necessario, scrive don Rua, «che regolarizziamo ogni gior­
no più le cose nostre e che a quest’effetto poniamo in cima di
ogni pur nobilissima aspirazione la formazione intellettuale e
morale dei nostri chierici». In pratica, continua don Rua, piena­
mente consapevole delle difficoltà che la scelta causerà, «due
cose si propongono:
l e Non proporre al Capitolo Superiore, almeno per un quin­
quennio, l’apertura di nuove Case o fondazioni, né l’allarga­
mento di quelle esistenti. Non possiamo: ecco tutto.
2- Passare a rassegna attentamente le singole Case vostre e,
veduto se e quali si possono sopprimere, per meglio regola­
rizzare le rimanenti dell’Ispettoria, farne la proposta al Ca­
pitolo Superiore. Non è il numero che ci deve star a cuore,
ma bensì il retto e regolare loro funzionamento».27
In una lettera del 1906 ritorna con decisione sulla norma data.
Nel 1928 interviene don Rinaldi. Le vocazioni crescono in
modo consolante (circa 1000 novizi); le opere salesiane, special­
mente le missioni, si sviluppano ad un ritmo impressionante e
ci si trova costantemente di fronte a nuove richieste; gli Ispet­
tori non dispongono di personale per tante opere e non poche
volte si sacrificano gli studi, e con essi la formazione dei giovani
confratelli.
Di fronte a questa situazione, consapevole che la missione
non si può compiere senza la dovuta preparazione, don Rinaldi
27 Lettere circolari di don Rua ai Salesiani, p. 400-402: lettera del 22.11.1905 su
“Formazione intellettuale e morale dei chierici”

2.10 Page 20

▲back to top
22 A T T I D E L C O N S IG LIO G E N E R A LE
scrive sugli Atti del Capitolo Superiore del settembre 1928: «Ho
perciò deciso, con la piena approvazione del Capitolo Superiore,
che, durante il quadriennio 1929-1930-1931 e 1932 non si ac­
cettino più nuove fondazioni né di case, né di missioni. Questa
tregua, ben intesa dagli Ispettori e dai Direttori, sarà un bene
per le Ispettorie; apporterà tranquillità alle Case e sollievo a
tutti i Confratelli; segnerà un vero progresso per la nostra So­
cietà, anziché una sosta dannosa, perché servirà per coltivare
meglio le vocazioni e preparare la Congregazione a svilupparsi
in modo più solido neH’awenire».28
Completo questo riferimento alla nostra storia, riportando al­
cune espressioni scritte da don Ricceri nel 1966 nella presen­
tazione ufficiale dei documenti del CGXIX. Se ne comprende fa­
cilmente il contesto. Appena finito il Concilio Vaticano Secondo,
si era agli inizi della scoperta dei nuovi orizzonti ed esigenze pa­
storali determinati dalla incoraggiante visione della Chiesa, del­
la sua missione, del suo rapporto con il mondo. «Connessa con
questa esigenza formativa — scrive don Ricceri — vi è l’altra non
meno importante della qualificazione del singolo Confratello per
i compiti vari cui lo chiamerà l’obbedienza. Oggi la società si ri­
fiuta di inserire nelle sue strutture dei generici, degli uomini sen­
za specializzazione culturale, tecnica, professionale... La gente, la
Chiesa prima fra tutti, ci ritiene degli autentici specialisti di pe­
dagogia e dell’apostolato... Dobbiamo quanto più è possibile ri­
spondere a questa attesa. ... Non basta più una certa pratica...
Ormai ogni manifestazione della nostra attività reclama gente
qualificata... Non si dice qui di fare collezione di titoli accademi­
ci, di alte specializzazioni, tanto meno si vuole incoraggiare un’e­
goistica o ambiziosa corsa a studi di propria soddisfazione ma ste­
rili per l’apostolato; si richiede solo una preparazione veramen­
te adeguata per lavorare con frutto in qualcuno degli innumere­
voli campi d’azione cui la Provvidenza ci chiama. Si intrawedo-
no subito quali e quante conseguenze provengono da questi orien-
28 ACS settembre 1928, p. 693

3 Pages 21-30

▲back to top

3.1 Page 21

▲back to top
IL R E T T O R M A G G IO R E 23
tamenti per Superiori e Confratelli».29 «Bisognerà fare di più —
scrive qualche mese dopo sugli Atti del Consiglio — per dare a
tutte le attività dei salesiani quella qualificazione che non è un
lusso, ma una necessità sempre più evidente, se si vuole rispon­
dere alle esigenze irrinunciabili della nostra missione».30
Il periodo immediatamente precedente al nostro d’altra par­
te, orientato da don Egidio Viganò, ha sottolineato la stessa
esigenza e ha dato passi efficaci per risolverla con la riorganiz­
zazione dei processi formativi riformulati nella Ratio, con l’ag­
giornamento dei programmi di studio conforme all’evoluzione
di quasi tutti i rami della teologia e del sapere, con l’inizio e la
diffusione della formazione permanente e con la fondazione di
nuovi Istituti corrispondenti a competenze attuali (pastorale,
comunicazione sociale).
5. Il principale investimento oggi.
I momenti storici cui ho fatto riferimento sono diversi tra
loro e dal nostro. Non li ho riportati per moderare lo slancio
della missione o la creatività apostolica, e meno ancora per ri­
proporre materialmente le misure allora indicate. I tempi no­
stri richiamano più al rinnovamento e alla riorganizzazione
della vita che alle soste e alle fermate.
I diversi interventi però sottolineano la necessità di fare del­
le scelte, di stabilire delle priorità, affrontando con visione di
futuro la tensione permanente tra le urgenze e le esigenze della
missione, tra la generosità e la qualità del servizio. Inoltre ci
fanno vedere che la crescita della Congregazione è un continuo
in cui alle volte prevale l’espansione, altre volte è necessario
badare alla consistenza e al consolidamento che hanno bisogno
di passione e possono anche provocare entusiasmo. Da ultimo,
20 ACS 244, gennaio 1966, p. 4-5
50 ACS 246, settembre 1966, p. 13

3.2 Page 22

▲back to top
24 ATTI DEL CONSIGLIO GENERALE
ci insegnano che non solo dobbiamo amministrare bene le risor­
se ereditate, ma che dobbiamo essere attenti a suscitarle, molti­
plicarle e svilupparle per il futuro.
Le situazioni in Congregazione sono molteplici anche dalla
prospettiva che stiamo considerando. Vi sono zone in espansione
e altre in ridimensionamento, Ispettorie con un’età media infe­
riore ai 40 anni e altre con un’età media superiore ai 60, aree pa­
storali complesse ed altre più semplici, contesti educativi molto
istituzionalizzati e determinati dall’esterno e altri nei quali pos­
siamo operare con maggior libertà di iniziativa; Ispettorie conso­
lidate con comunità formative ed équipes qualificate, e altre che
stanno compiendo i primi passi in alcuni di questi settori. Per tut­
te, la valorizzazione massima delle risorse umane è un obbligo!
La missione salesiana, come notavamo sopra, è entrata dap­
pertutto in frontiere nuove, geografiche o culturali, e questo mo­
vimento non cesserà nell’immediato futuro. Anzi la mondialità,
le urgenze pastorali, la possibilità di presenze influenti ad ampio
raggio modificheranno ancora il nostro modo di operare. Una
saggia visione delle cose porta a provvedere alle necessità locali,
ma anche a considerare il contributo da dare ad alcune iniziati­
ve che superano gli orizzonti ispettoriali ed esprimono la mis­
sione salesiana a livello regionale, nazionale e internazionale.
Per tutto questo la qualificazione delle persone, il consolida­
mento dei centri e delle équipes, la promozione di una certa
sensibilità culturale nell’Ispettoria, non possono essere frutto
di periodi brevi, limitarsi alla scadenza di un sessennio o chiu­
dersi in calcoli ristretti. È indispensabile una azione di governo
continuata e una visione lungimirante. Un Ispettore che mette
in opera un piano di qualificazione del personale sa già che non
ne godrà i frutti durante il suo periodo. Sarebbe però triste di­
sperdere il “capitale” di competenze accumulato con sacrificio,
perché non si valorizza l’investimento fatto precedentemente o
non gli si dà continuità.
Durante l’elaborazione della programmazione per questo
sessennio il Consiglio Generale si è chiesto come impostare una

3.3 Page 23

▲back to top
IL R E T T O R M A G G IO R E 25
azione di Congregazione, che renda reale l’investimento priori­
tario per la formazione; come orientare un processo che recupe­
ri il valore della nostra consacrazione religiosa nella missione
educativa e ci renda portatori di una spiritualità vissuta e co­
municata; come abilitarci a offrire una proposta educativa che
corrisponda in stile e contenuti al Sistema Preventivo incultu-
rato nell’oggi; come qualificare il cammino di educazione alla
fede e favorire una comunicazione che renda efficace il nostro
annuncio in questa temperie di nuova evangelizzazione.
È emerso come criterio fondamentale il potenziare la
“qualità” del salesiano, della comunità e della missione. È
un’attenzione che dovrà essere assunta in forma convergente dai
diversi livelli di governo. Da essa dipendono in gran parte i rap­
porti tra SDB e laici, la significatività dell’esperienza religiosa,
l’incidenza della comunità SDB come nucleo animatore. Abbiamo
condensato questo impegno nell’espressione “governare forman­
do” . Consci che il governo comprende altri aspetti specifici che
non vanno trascurati, consideriamo lo sforzo della formazione-
qualificazione dei confratelli e in particolare dei responsabili nei
diversi campi di azione una via privilegiata di orientamento e ani­
mazione perché moltiplica i risultati e crea unità.
6. Alcune scelte concrete per investire nella qualità.
Nel discorso conclusivo del CG24 ho specificato la portata
concreta dell’investimento preferenziale per la formazione. «In­
vestire — dicevo — vuol dire stabilire e mantenere delle prio­
rità, assicurare le condizioni, operare secondo un programma
che metta al primo posto le persone, le comunità, la missione.
Investire in tempo, in personale, in iniziative, in risorse econo­
miche per la formazione è compito e interesse di tutti».31
Ora vi propongo alcuni impegni da privilegiare. Mi riferisco
31 CG24, 248

3.4 Page 24

▲back to top
26 A T TI D E L C O N S IG LIO G E N E R A LE
successivamente all’area delle persone e a quella delle strut­
ture (opere), partendo da alcune constatazioni ormai comuni e
condivise.
La prima: la principale risorsa della Congregazione sono i
confratelli. Condizione indispensabile per la significatività della
missione è dunque la loro preparazione. Certi aspetti «sono nel­
la nostra vita più esposti all’usura o alla sclerosi e richiedono
un’attenzione particolare. La cultura si evolve rapidamente, si
espandono le conoscenze, le informazioni arrivano a getto con­
tinuo, mentre la mentalità sui valori e sulle concezioni di vita
presenta sempre nuovi interrogativi. È, quella culturale, una
dimensione che richiede sforzo paziente e continuo».32
Una seconda constatazione: a poco servirebbero le iniziative
straordinarie, se non si curasse allo stesso tempo la qualità del­
la vita quotidiana e la continuità dello sforzo. Poca incidenza
avrebbero le opportunità offerte a singole persone, se non si ba­
dasse allo stile di vita comunitaria e al modo di portare avanti il
lavoro apostolico.
Di conseguenza, lo sguardo va rivolto alle persone e alle
strutture; l’invito a rendersi responsabile della qualità va indi­
rizzato simultaneamente ad ogni confratello, ad ogni comunità
e ad ogni Ispettoria.
7. Le persone.
Una parola ai singoli confratelli: “Attende tibi”33
La mistica del lavoro appare come una nostra caratteristica;
un po’ dovunque si ammira la nostra disponibilità e intrapren­
denza. Dobbiamo ringraziare il Signore per questa capacità di
dedizione totale, che lo Spirito ha formato in Don Bosco e che ve­
32 CG24, 242
33 Cf. 1 Tm 4,16

3.5 Page 25

▲back to top
IL RETTOR MAGGIORE 27
diamo ogni giorno in tanti confratelli. Essa non è impedimento
alla crescita, anzi nella nostra spiritualità è uno dei percorsi fe­
condi. Ma richiede gli adeguamenti che oggi connotano il lavoro,
nel quale la manualità e lo sforzo fisico sono un aspetto minore.
A volte lo stile di vita che assumiamo e il ritmo di movimento
possono logorare la nostra esperienza spirituale, sfuocare la no­
stra immagine di fronte a giovani e adulti, minare la nostra ca­
pacità di influire, a causa della dispersione e molteplicità.
Nel nostro Fondatore ammiriamo l’armonia costante tra de­
dizione e profondità, tra iniziativa molteplice e unità di vita.
Don Bosco si è logorato fisicamente, ma ha coltivato quello
sguardo di sapienza, quella intelligenza delle cose alla luce dello
Spirito, quell’unione con Dio che hanno dato un profilo origina­
le — la chiamiamo santità salesiana — alla sua esperienza per­
sonale.
Pensando alla diversità di situazioni e condizioni di vita di
ciascuno ed evocando alcune affermazioni di Vita Consecrata ri­
guardo al significato e il valore della nostra vocazione, oso ri­
volgere ad ognuno alcune domande di riflessione: Ci diamo il
tempo per riprendere con sempre maggiore profondità la nostra
vita nello Spirito ? Alimentiamo il gusto di una più ampia cono­
scenza di quanto riguarda il mistero cristiano e le questioni che
si riferiscono all’uomo? Quanto all’arricchimento culturale, nel
senso dato in queste pagine, qual è il nostro programma in ter­
mini di aree, obiettivi e tempo? Come si compie in noi l’io per
voi studio di Don Bosco?
Ci può essere il rischio che si formi una certa abitudine se­
condo la quale lavoro e riflessione sembrano porsi in concorren­
za, specialmente quando il ritmo incalzante spinge all’immedia­
to e sembra non lasciare spazio per altro. Si può far strada la
convinzione che la cultura personale come riflessione sulla
realtà alla luce della fede abbia poco a vedere con l’operare cari­
tatevole in favore dei ragazzi poveri.
Quando il CG23 afferma che l’interiorità apostolica è insie­
me carità pastorale e capacità pedagogica, ci invita proprio ad

3.6 Page 26

▲back to top
28 ATTI DEL CONSIGLIO GENERALE
unire creatività e competenza, azione e riflessione come neces­
sarie, entrambe, nella vita salesiana.
La nostra Regola di vita accumula in rapida successione una
serie di indicazioni delle quali bisogna cogliere l’intenzione uni­
ca. Parla di un salesiano che cerca di «rispondere alle esigenze
sempre nuove della condizione giovanile e popolare»,34si abilita
«a svolgere con maggior competenza il proprio lavoro»;35coltiva
«la capacità d’imparare dalla vita», specialmente nel rapporto
con i giovani e con gli ambienti popolari, e valorizza l’efficacia
formativa delle diverse situazioni e proposte.36«Mediante inizia­
tive personali e comunitarie» coltiva la vita spirituale salesiana,
provvede al proprio aggiornamento teologico, mantiene la com­
petenza professionale e la creatività pastorale.37 «Ciascun con­
fratello, dicono i Regolamenti, migliori la sua capacità di comu­
nicazione e dialogo; si formi una mentalità aperta e critica e svi­
luppi lo spirito di iniziativa per rinnovare opportunamente il
proprio progetto di vita. Ognuno coltivi l’abitudine alla lettura e
allo studio delle scienze necessarie alla missione»;38«ricerchi con
i superiori il campo di qualificazione... conservi la disponibilità
caratteristica del nostro spirito e sia pronto a periodiche riquali­
ficazioni».39E quanto basta per dirci che c’è un dono da coltiva­
re con pazienza per poterlo donare sempre fresco e in pienezza.
E in ciò funziona sempre il programma ascetico: lavoro e tempe­
ranza, il che comporta di misurarsi sul meno importante o addi­
rittura inutile e dispersivo e darsi con lena all’essenziale.
In questi anni si sono moltiplicate le iniziative di qualifica­
zione, riqualificazione e aggiornamento. In non poche Ispetto-
rie vi sono proposte ben articolate e organiche. Tocca a ciascu­
no trarne il massimo profitto.
34 Cost. 118
35 Cost. 119
36 Cf. ib.
37 Cf. Cost. 118
38 Reg. 99
33 Reg. 100

3.7 Page 27

▲back to top
IL R E T T O R M A G G IO R E 29
Ma c’è bisogno anche di un impegno quotidiano personale.
La mentalità comune, i giornali, i modelli della pubblicità costi­
tuiscono quasi una scuola che ci comunica una cultura estranea
e spesso contraria alla nostra “cultura di riferimento” . Se non
frequentiamo una scuola alternativa (meditazione, revisione di
vita, letture, informazioni, studio, condivisione, discernimento,
ecc.) saremo insensibilmente orientati verso una visione della
vita, verso un progetto di esistenza che non combaciano più con
ciò che abbiamo professato. C’è sempre da domandarsi quali so­
no i canali che nutrono il nostro pensiero e la nostra sensibilità,
come costruiamo e illuminiamo in noi il rapporto fede-cultura,
senso pastorale-domande emergenti.
Diamoci tempo per coltivare il nostro progetto di vita, per
gustare la nostra esperienza di consacrati, verificare il nostro
cammino di crescita, prevenire il logorio e padroneggiare l’af­
fanno, testimoniare e condividere la sorgente profonda del no­
stro agire.
Diamoci tempo per “abilitarci a svolgere con maggior com­
petenza il nostro lavoro”, lavoro di educatori, di animatori, di
pastori. Accompagnare le persone, orientare le comunità è un
compito esigente e non facile. Vi sono alcuni ambiti che nel con­
testo attuale culturale e religioso rivestono una particolare dif­
ficoltà e importanza, come ad esempio: il campo etico-morale, i
problemi della vita, la pedagogia spirituale e sacramentale, i te­
mi relativi al rapporto fede-cultura, la dimensione sociale e del­
la solidarietà.
Questo “darsi tempo”, costituirà un messaggio per i laici e
uno stimolo per i giovani che si sentono chiamati alla vita sale­
siana. Oggi all’immagine del religioso lavoratore e intrapren­
dente, socialmente utile, bisogna unire quella profetica di chi fa
una esperienza personale portatrice di senso, guidata dalla sa­
pienza del Vangelo.

3.8 Page 28

▲back to top
30 A T TI D E L C O N S IG L IO G E N E R A LE
Una consegna alle comunità: curare la qualità della vita e
del lavoro
La “ qualità culturale e pastorale” trova uno stimolo, un am­
biente e quasi una scuola nello stile di vita della comunità. L’e­
sperienza dice che dopo qualche tempo in comunità di un certo
tipo siamo cresciuti nella visione del campo giovanile e dei pro­
blemi educativi, nel rapporto con i laici, nella capacità di condi­
visione, nel discernimento. Mentre in altre siamo più tentati
dalla dispersione, viviamo più “di corsa”, all’insegna dell’emer­
genza, ci abituiamo a una forma eccessivamente individuale,
cediamo all’abitudine, ci isoliamo mentalmente.
È dunque determinante l’impostazione della vita e del lavo­
ro nella comunità locale. E siccome viviamo oggi in una comu­
nicazione a raggio ampio, pure in quella ispettoriale.40Non sono
indifferenti — in entrambe — il livello di interessi, la qualità
dell’informazione, la comunicazione di esperienze, il tipo di
rapporto con i giovani, con i laici, con il contesto del territorio.
Le nostre comunità hanno subito dei cambiamenti nella lo­
ro composizione e nella loro vita. Si sono modificati il rapporto
con l’opera educativa e i compiti attribuiti ai confratelli in essa,
il collegamento con l’ambiente esterno sociale ed ecclesiale, il
modello operativo per compiere la missione. D’altra parte, l’in­
sistenza degli ultimi anni ha portato risultati positivi quanto
all’assunzione delle nuove esigenze; si sono moltiplicati i mo­
menti di interscambio e i processi che favoriscono il riflettere, il
condividere, il discernere, il pregare, il lavorare “insieme” .
Oggi ci sembra chiaro che, se si vuole evitare lo stress, l’atti­
vismo, la superficialità, è necessario impostare un ritmo quoti­
diano e settimanale che favorisca il recupero delle forze e il ri­
lancio della qualità della vita, anche nell’aspetto culturale, po­
nendo le condizioni per offrire ai confratelli un contenuto ag­
giornato di riflessione.41 La qualità della vita e del lavoro trova­
"° Cf. CG24, 242
41 Cf. CG24, 242. 237

3.9 Page 29

▲back to top
IL RETTOR MAGGIORE 31
no sostegno e alimento nella programmazione annuale che può
provvedere offerte particolari per la qualificazione dei singoli e
della comunità.
Su questa linea sono stati pensati la giornata della comu­
nità, valido strumento di crescita insieme, i momenti di riunio­
ne dei Consigli e delle équipes, la partecipazione della comunità
ad esperienze formative con i collaboratori laici e con altri cer­
chi di persone (ambito ecclesiale, della vita religiosa, educati­
vo), l’elaborazione e la verifica del PEPS da valorizzare come
momento formativo.
Il direttore, opportunamente preparato e sostenuto dal Con­
siglio e dai confratelli, è chiamato a favorire un ambiente e una
forma di rapporti interni ed esterni, che “qualificano” i confra­
telli. A lui corrisponde in primo luogo far circolare e valorizzare
alcuni stimoli privilegiati, come gli orientamenti dei Pastori
della Chiesa, specialmente del Papa, i documenti dei Capitoli, le
lettere del Rettor Maggiore; ed anche approfittare con intelli­
genza di altre occasioni più semplici come le “buone notti” , la
lettura spirituale, l’informazione salesiana ed ecclesiale.
Un ambiente indispensabile ad ogni comunità locale è la bi­
blioteca e la corrispondente sala di lettura. La sua cura e il ma­
teriale che in essa si espone sono indicativi: hanno un’utilità
reale e, come nel caso della cappella, anche un valore simbolico
nell'insieme della casa.
L’uso comunitario che se ne fa è cambiato. Si sono moltipli­
cate infatti le vie personali alla lettura (libri, riviste, CD, inter­
net). La sua funzione è, comunque, ancora attuale e necessaria
per offrire, anche ai laici collaboratori e agli esterni, il nostro
patrimonio specifico di storia, pedagogia e spiritualità, così co­
me il pensiero fondamentale della Chiesa e i “grandi libri” della
riflessione cristiana. Non dovrebbe mancare, con le dovute pro­
porzioni, nemmeno nelle residenze missionarie, nelle quali si
deve poter contare su un sufficiente appoggio per l’aggiorna­
mento pastorale e raccogliere quello che serve a una buona co­
noscenza della cultura locale.

3.10 Page 30

▲back to top
32 ATTI DEL CONSIGLIO GENERALE
Va poi incoraggiata l’iniziativa di avere in Ispettoria una o
alcune biblioteche il più complete possibile riguardo al carisma
e all’opera salesiana a livello mondiale e locale e agli scritti che
possono dare un’idea del contesto sociale e politico in cui sono
nate e si sono sviluppate le opere dell’Ispettoria.42
Un orientamento per le Ispettorie: fare un “piano” per la qualifi­
cazione dei confratelli
La qualificazione del personale deve costituire in questo pe­
riodo un impegno prioritario di governo: cerchiamo di governa­
re formando coloro che animano e dirigono, orientiamo prepa­
rando meglio gli operatori nei diversi settori.
Un’indicazione in questa direzione ci viene da tutte le orga­
nizzazioni. La qualificazione dei quadri dirigenti, dei responsa­
bili intermedi e quella degli stessi operai è sempre sotto atten­
zione da parte della dirigenza. Nel nostro caso, alla responsabi­
lità personale e comunitaria sopra evidenziata deve aggiungersi
quindi un’azione ispettorialeprogrammata e costante.
Alcuni passi in questo senso li abbiamo già compiuti. Cito,
come esempi, la preparazione e l’accompagnamento dei diretto­
ri. Alcune Ispettorie hanno stabilito incontri delle équipes
ispettoriali con un momento formativo programmato all’inizio
dell’anno dal Consiglio ispettoriale; realizzano la settimana di
riflessione spirituale o pastorale, offerta a tutti i confratelli, se­
condo un programma pluriennale. Altre hanno preparato un
piano di qualificazione dei quadri dirigenti e si sono impegnate,
spesso con sforzo economico e di personale, nell’offrire ogni an­
no ad alcuni confratelli la possibilità di specializzarsi. Ci sono
poi quelle che con sacrificio provvedono del personale preparato
a qualche centro di studi. E altre che, riconoscendo l’impossibi­
lità di farlo da sole, hanno stabilito accordi di collaborazione a
42
Non mi dilungo su altri beni culturali, sui quali ultimamente ha dato istruzioni
la Pontificia Commissione dei beni culturali della Chiesa.

4 Pages 31-40

▲back to top

4.1 Page 31

▲back to top
IL R E T T O R M A G G IO R E 33
livello interispettoriale, contribuendo con confratelli qualificati.
Si tratta solo di un campione che dimostra un’urgenza per­
cepita e in parte assunta. Il panorama della Congregazione è
molto più ricco e vario e, di conseguenza, presenta anche delle
zone d’ombra. È il caso, dunque, di proporre per tutti un’azione
ispettoriale più decisa e organica.
Tradurre tale azione in misure concrete implica, tra l’altro:
- Fare un elenco completo delle qualificazioni, anche par­
ziali, di tutti i confratelli per una loro miglior valorizzazione.
Capita spesso che competenze acquisite in anni di studio non
vengano messe a frutto in forma continuata o comunitaria; lo
stesso si dovrà fare a livello di Congregazione, ricordando che
già il CGS invitava a programmare scambi di personale tra i
centri di studio.43
- Individuare le aree in cui la preparazione culturale e la
competenzaprofessionale appaiono più urgenti secondo il proprio
contesto, lo stato del personale e la collocazione pastorale ed edu­
cativa della Congregazione in prospettiva di presente e di futuro;
- Qualificare il maggior numero possibile di confratelli per
i diversi campi e dimensioni della missione salesiana, soprattut­
to per quelle considerate più significative oggi.44 Ciò viene rac­
comandato a tutte le Ispettorie, ma in particolare a quelle che
hanno un numero consistente di vocazioni. Esse devono qualifi­
care confratelli non solo in funzione delle necessità immediate
e dei progetti particolari dell'Ispettoria, ma secondo il criterio
di sviluppare al massimo le risorse umane perché siano disponi­
bili per i bisogni e i fronti di impegno della Congregazione.
Alle iniziative esemplari di tipo interispettoriale si aggiun­
gono oggi altre in forza della mondialità e trasversalità che ca­
ratterizzano l’azione in ogni campo. Siamo tutti i giorni alle
prese con la ricerca di personale preparato per comunità di for-
“ Cf. CGS, 704
14 Cf. CG24, 243

4.2 Page 32

▲back to top
34 A T T I D E L C O N S IG LIO G E N E R A LE
mazione in zone emergenti, per progetti di vasta portata che la
Chiesa ci vuole affidare in contesti di prima evangelizzazione,
per la nostra Università, per un servizio qualificato di riflessio­
ne e progettazione nella Direzione Generale. Sarebbe grave
mortificare talenti soltanto perché non si calcola di poterli im­
piegare nel proprio ambito ristretto.
- Impegnare i confratelli qualificati in compiti i specifici
dentro del progetto dell’Ispettoria e della Congregazione. La
migliore preparazione di cui parliamo tende a migliorare il no­
stro lavoro ed è orientata ad esso. Capita alle volte che confra­
telli arricchiti di una competenza non vedono altra forma di
metterla a frutto se non aprendo un fronte proprio o inserendo­
si in progetti esterni alla Congregazione.
- Insistere sulla permanenza dei confratelli nell’ambito del­
la propria qualificazione. Soprattutto nei centri di studi biso­
gnerà dare continuità e consistenza ai corpi docenti e alle équipes,
per creare una tradizione di riflessione e pedagogia formativa.
Tutto ciò suppone l’elaborazione e la messa in atto di
un piano ispettoriale di qualificazione del personale,
annualmente verificato, e una accorta amministrazione delle ri­
sorse. Lo chiedeva il CG23 quando scriveva: «Ogni Ispettoria
elabori un piano organico di formazione permanente dei confra­
telli in ordine al loro rinnovamento spirituale, alla qualificazio­
ne pastorale e alla competenza educativa e professionale».45Ed
è ciò che la programmazione di questo sessennio cerca di con­
cretizzare stabilendo di: «Richiedere alle Ispettorie un pro­
gramma di qualificazione del personale, verificarlo periodica­
mente e favorirne la realizzazione».46
Cari Ispettori, a voi la responsabilità e la speranza di questo
orientamento. Conosco le difficoltà in cui parecchi di voi si
dibattono ogni anno per coprire i posti di lavoro e soffro con voi
“ CG23, 223
18 ACG 358 supplemento, numero speciale sulla programmazione del sessennio, p. 23

4.3 Page 33

▲back to top
IL R E T T O R M A G G IO R E 35
il numero ridotto di nuove vocazioni. Dobbiamo però non solo
gestire le crisi, ma seminare per il futuro. La richiesta del pro­
gramma di qualificazione sarà un momento di comunicazione
fraterna per prendere coscienza di tante risorse ancora da
sfruttare e per aiutarci a sviluppare tutti i doni che il Signore
manda a questa nostra carissima Congregazione. Scegliete con
oculatezza il personale da preparare e siate magnanimi nel-
l’assicurare all'Ispettoria le condizioni per un futuro che certa­
mente offrirà altri modelli di presenza per i quali conviene
attrezzarsi.
Nel piano va considerato anche il compito di assicurare la
memoria storica salesiana, come comunicazione di un’esperien­
za riflettuta, che esprime concretamente l’identità vissuta in
diversi contesti e culture, in momenti storici ordinari e in situa­
zioni eccezionali.
La Congregazione ha voluto la fondazione dell’istituto Sto­
rico Salesiano. È la manifestazione di una sua preoccupazione,
che deve avere il corrispondente in ogni Ispettoria. Chi trascura
la memoria perde le radici. Oggi ci troviamo di fronte ad una
espansione salesiana di 150 anni, estesa in tutti i continenti,
che deve ancora essere raccontata. Non possiamo perdere un
patrimonio così prezioso. Pensiamo al valore che potrebbe ave­
re per noi e per i confratelli di domani la storia dell’impianta-
zione e della crescita della Congregazione nei diversi contesti o
quella di certe nazioni, che hanno ricuperato recentemente la
libertà. È evidente che non basta aver creato la struttura o fon­
dato un Istituto, se non ci fossero poi gli uomini che vi lavorano
con passione e amore.
Ogni Ispettoria senta la responsabilità di conservare, di stu­
diare, di comunicare la propria storia secondo criteri, che po­
tranno essere opportunamente indicati. Per farlo sono indi­
spensabili ricerche specializzate, ma è anche importante quella
attenzione quotidiana, che si manifesta nella cura per la crona­
ca, nella custodia degli archivi, nella conservazione della docu­
mentazione significativa.

4.4 Page 34

▲back to top
36 ATTI DEL CONSIGLIO GENERALE
Il punto di partenza: la dimensione culturale nella formazione
iniziale
La formazione del salesiano non si limita agli studi e non si
misura solo sulla capacità intellettuale. Non vorrei dunque che
l’insistenza sull’impegno culturale fosse interpretato come un
criterio selettivo, in base a quozienti di intelligenza speculativa.
Sappiamo che ogni capacità, e in particolare le capacità di cuore
e di donazione, trovano posto nella comunità e nella missione
salesiana. È singolare però il rilievo che la nostra Ratio dà al­
l’urgenza di una seria preparazione culturale, ispirandosi alla
storia della Congregazione e ampiamente sostenuta dagli orien­
tamenti più recenti della Chiesa.
Per il salesiano — e ciò non vale solo per i giovani confratelli
— risulta indispensabile una comprensione della vita che porti ad
una scelta vocazionale solidamente motivata e aiuti a vivere con
consapevolezza sempre più matura, senza riduzionismi né com­
plessi, la propria identità e il suo significato umano. Non è irrea­
le il rischio di smarrirsi di fronte alle correnti di pensiero o quel­
lo di rifugiarsi in modelli di comportamento e forme di espres­
sione ormai superati. La nostra vocazione in questo caso, isolata
dalla vita e dalla cultura, non diventerebbe fermento e sfida, ma
verrebbe piuttosto relegata a livello di scelta soggettiva.
La qualificazione di cui parliamo è determinata dal “per voi
studio”-, riceve cioè una caratterizzazione originale dalla missio­
ne.47Per questo privilegia alcuni aspetti particolari. In primo luo­
go, una speciale conoscenza del mondo giovanile e una capacità
di inserimento educativo e pastorale in esso. Sappiamo per espe­
rienza che ciò esige attenzione e riflessione costante. Richiede,
inoltre, una capacità pratica di tradurre in progetti significativi
la missione educativa nel contesto attuale segnato dalla com­
plessità, dalla libertà, dal pluralismo, dalla mondialità. Giovano
47 Cf. Reg. 82

4.5 Page 35

▲back to top
IL R E T T O R M A G G IO R E 37
una comprensione, la più completa possibile, del fatto pastorale
e il possesso della competenza pedagogica. E ancora, un quadro
di riferimento spirituale che, con la “grazia di unità” propria del­
la consacrazione apostolica salesiana, porti a tradurre lo sforzo di
conoscenza e di azione in esperienza di vita nello Spirito. Abbia­
mo ripetuto sovente che bisogna unire nella mente e nella vita
spiritualità, pastorale, pedagogia; cammino di santità, impegno
pastorale, educazione dei giovani e del popolo.
Oggi l’urgenza di questa sintesi non è minore. Anzi, la ten­
denza alla frammentazione, all’immediatamente comprensibile
e praticabile ci espone a pericolosi vuoti e incompletezze.
La necessità di una solida cultura di base è fortemente sot­
tolineata nei documenti ecclesiali e nelle nostre riflessioni di
questi anni sulla formazione. «È necessario contrastare con de­
cisione — afferma l’Esortazione Apostolica Pastores dabo vobis
— la tendenza a ridurre la serietà e l’impegno degli studi, che si
manifesta in alcuni contesti ecclesiali, come conseguenza anche
di una preparazione di base insufficiente e lacunosa degli alun­
ni che iniziano il curricolo filosofico e teologico. È la stessa si­
tuazione contemporanea ad esigere sempre più dei maestri che
siano veramente all’altezza della complessità dei tempi e siano
in grado di affrontare, con competenza e con chiarezza e
profondità di argomentazioni, le domande di senso degli uomini
d’oggi, alle quali solo il Vangelo di Gesù Cristo dà la piena e de­
finitiva risposta».48 «Da più parti — afferma l'Instrumentum
Laboris del Sinodo sulla Vita consacrata — si sottolinea la ne­
cessità di una formazione intellettuale, filosofica e culturale più
solida e intensa, anche in vista di un adeguato studio della teo­
logia e di una preparazione per la nuova evangelizzazione».49
Bisognerà dunque ribadire l ’importanza della formazione
intellettuale e dove sia necessario riportarla a livelli che corri­
spondano al momento attuale. Infatti, «senza un’aggiornata
“ PDV 56
Instrumentum laboris, 90

4.6 Page 36

▲back to top
38 A T T I D E L C O N S IG LIO G E N E R A LE
preparazione culturale che abiliti a vivere con consapevolezza
la vocazione, porti ad una adeguata visione della realtà, crei
abitudini di riflessione e offra gli strumenti per ulteriori ap­
profondimenti»,50 non possiamo nemmeno riprometterci di
compiere gli obiettivi interni alla Congregazione, come sono
quelli stabiliti dal CG24.
Guidati da simili valutazioni, nella programmazione del Con­
siglio Generale per questo sessennio abbiamo espresso alcuni
orientamenti tendenti a «qualificare la preparazione intellettuale
durante la formazione iniziale».51Ne riprendo tre che affido in mo­
do speciale ai giovani confratelli e ai responsabili della formazione.
Il primo mira a «rendere consapevoli i giovani confratelli
della necessità di una solida qualificazione culturale e profes­
sionale e dell’impegno per la riflessione e lo studio».52L’accento
è messo sulla consapevolezza. Le fasi iniziali della formazione,
oltreché una fondata sintesi dottrinale sistematica, allargabile
e modificabile, dovrebbero lasciare un gusto per la riflessione,
un metodo di studio, un proposito di formazione continua e la
convinzione che un Buon Pastore per l’esercizio della Parola
deve esser sempre anche un buon “dottore” , conoscitore dei mi­
steri del Regno e della vita umana.
Vorremmo poi «verificare e adeguare la formazione intellet­
tuale (impostazione, programmi, metodologia, ecc.) alle esigen­
ze della nostra vocazione e missione».53 Ciò comprende i conte­
nuti e le competenze che riguardano l’esperienza religiosa e cri­
stiana, i problemi che più colpiscono la coscienza umana, le
condizioni ed i percorsi di crescita dei giovani secondo le diffe­
renze con cui si presenta la loro vita.
Da ultimo, ci interessa nella formazione intellettuale «sotto­
lineare la prospettiva salesiana, lo studio della “salesianità” e le
50 CG24, 247
51 ACG 358 supplemento, numero speciale sulla programmazione del sessennio, p. 23
62 Ib.
53 Ib.

4.7 Page 37

▲back to top
IL RETTOR MAGGIORE 39
competenze richieste dagli orientamenti del CG24».64 La sensi­
bilità salesiana, che è parte del carisma e dono dello Spirito, co­
stituisce il punto di vista per sintesi originali. Non bisogna ca­
dere nel genericismo. La prassi suggerisce il modo di organizza­
re il pensiero e viceversa. D’altro canto, la materia esplicita­
mente salesiana è diventata abbondante: c’è la storia da non di­
menticare, c’è la spiritualità da comprendere, c’è il patrimonio
pedagogico generale e ci sono le linee particolari di pedagogia
pratica; c’è l’evoluzione del pensiero di cui è testimone la lette­
ratura salesiana.
Aggiungo, in questo contesto, una indicazione, che giudico
importante. La coscienza della universalità della Congregazio­
ne, la composizione delle Regioni e dei gruppi di Ispettorie, le
tendenze del mondo suggeriscono un impegno per superare le
barriere linguistiche e per creare spazi di maggior comunicazio­
ne e collaborazione. È quindi opportuno includere nel proprio
bagaglio culturale l’apprendimento a livelli utili di una o più
lingue, oltre la propria.
Ai giovani confratelli, che durante la formazione iniziale de­
dicano non poco tempo allo studio e alla riflessione, vorrei ripe­
tere le parole che rivolgevo tempo fa alla comunità del nostro
studentato teologico di Torino-Crocetta: «Mi sono convinto che
una formazione intellettuale robusta e completa è oggi più ur­
gente di ieri. In certi ambienti non basta una immediata capa­
cità pratica e di contatto. Dopo questo primo passo subentra
l’esigenza di illuminare persone, gruppi e grandi comunità; di
intervenire alle volte su aree della vita e del pensiero che ri­
chiedono a colui che parla di aver approfondito il mistero di
Dio, la vocazione dell’uomo e le condizioni attuali in cui si sta
svolgendo la vita. La leggerezza, per dir così, nella formazione
intellettuale non paga in nessun contesto e l’immediatezza pa­
storale, se dà qualche frutto immediato, si esaurisce presto, an­
che sulla media scadenza».
54 Ib.

4.8 Page 38

▲back to top
40 ATTI DEL CONSIGLIO GENERALE
8. Le strutture.
L’esigenza di qualità culturale non coinvolge solo le persone,
si riferisce anche ai progetti e alle opere attraverso le quali in­
carniamo la missione. Il processo di elaborazione del PEPS ha
come primo obiettivo la significatività dei nostri interventi dalla
prospettiva dell’evangelizzazione, dell’educazione e dell’influsso
sulla mentalità collettiva. Ciò non si ottiene con la sola formula­
zione degli scopi fondamentali. È indispensabile quell’approfon­
dimento aggiornato dei contenuti e quell’attenzione metodolo­
gica che permettono di tracciare percorsi per raggiungere gli
obiettivi, di impiegare bene le risorse, di verificare i risultati.
Data la complessità di certe opere quanto a struttura e ge­
stione, sono necessarie chiarezza di impostazione e adeguata
capacità di orientamento per essere fedeli all’intenzione sale­
siana del progetto. Non è immaginario il rischio di rimanere
impigliati nell’aspetto organizzativo indebolendo la proiezione
culturale e la finalizzazione pastorale, specialmente quando si
accetta o si richiede la nostra collaborazione, ma non si è aperti
alla nostra proposta culturale.
Zelo apostolico, attenzione all’orientamento culturale e
competenza professionale sono necessari in tutte le opere sale­
siane; alcune però sembrano richiederli con particolare urgen­
za. Mi riferisco a quelle presenze che, per motivi diversi, posso­
no avere una irradiazione maggiore, comunicano un messaggio
di particolare valenza o attualità, entrano in un dialogo cultu­
rale e pastorale più vasto, hanno la possibilità di coinvolgere al­
tri soggetti sociale o ecclesiali.
Mi soffermo su alcune, a modo di paradigma, mentre esten­
do lo sguardo a tutte le altre.
L’Università Pontificia Salesiana
L’Università Pontificia Salesiana si appresta a celebrare 25
anni di vita come Università, che si sommano ad altri trenta

4.9 Page 39

▲back to top
IL RETTOR MAGGIORE 41
non meno importanti come Pontificio Ateneo. Il cammino per­
corso in questi anni manifesta uno sviluppo verificabile attra­
verso vari elementi. Il numero di studenti è passato dai 600 nel
1973 ai circa 1400 di oggi. La domanda non ha conosciuto fles­
sione; anzi, deve essere contenuta e regolata, conformemente
alle possibilità delle strutture e del personale. Oltre ai salesiani,
vi sono 390 religiosi, 150 diocesani, 590 laici provenienti da tut­
ti i continenti.
Si è affermata con un volto originale tra le Università roma­
ne per l’orientamento educativo e pastorale e per lo stile di fa­
miglia della comunità universitaria. Nell’ultimo tempo ha dato
vita a interessanti iniziative pastorali a servizio degli studenti.
Oltre all’opera di insegnamento, ricerca, estensione culturale e
servizi alla Chiesa, presta assistenza a svariati settori della
missione salesiana, a livello regionale e mondiale, tra i primi
quello della formazione.
È da riaffermare la sua funzione insostituibile «al servizio
della Congregazione e come qualificata espressione della sua
missione nella Chiesa, con un suo specifico potenziale culturale
e formativo».55Esprime ai massimi livelli il dialogo tra carisma
salesiano e istanze culturali e compie in questo senso una mis­
sione di frontiera. Per questo nel CG24 si è detto: «L’attuale
sviluppo della Congregazione e la sua espansione mondiale, le
sfide della missione e l’esigenza di qualità nella sua espressione
pedagogico-pastorale, la prospettiva della nuova evangelizzazio­
ne e dell’inculturazione, la cura della comunione e l’attenzione
alle diverse espressioni del nostro carisma rendono di grande
importanza e attualità la funzione dell’UPS nel quadro della
realtà salesiana».56
Nel rispetto della natura, dei criteri di funzionamento e dei
livelli di intervento di una istituzione universitaria, che è ponti­
ficia, ecclesiastica e salesiana, è da sostenere l’identità della no­
“ CG21, 346
66 Relazione al CG24 sullo stato della Congregazione, 229

4.10 Page 40

▲back to top
42 ATTI DEL CONSIGLIO G ENERALE
stra Università e la qualità del suo contributo nell’ambito cul­
turale, ecclesiale e salesiano.
È da assicurare il suo sviluppo secondo un progetto organi­
co, periodicamente verificato, a cui corrisponda la consistenza
numerica e qualitativa del corpo accademico. La partecipazione
dei laici è già calcolata. Ma sarebbe una perdita farlo soltanto
perché non si prepara un numero sufficiente di salesiani per
operare in questo livello.
Attenzione alla significatività, caratterizzazione salesiana,
capacità di dialogo culturale e religioso, unità e organicità del
progetto, promozione di uno stile di comunità accademica sono
aspetti da tener presenti nel massimo centro di studio della
Congregazione.
Il Rettor Maggiore col suo Consiglio e la stessa Università
sono impegnati nella verifica della situazione e nella formula­
zione di un progetto operativo organico che tracci le linee di
sviluppo per i prossimi anni.
Quanto detto sopra suppone un deciso investimento da par­
te della Congregazione per quanto riguarda il personale. La geo­
grafia odierna della Congregazione richiede una Università sem­
pre più internazionale. È da considerarsi normale la richiesta al­
le Ispettorie di personale qualificato o da qualificare per un ser­
vizio nell’UPS, e la disponibilità dei confratelli che fossero coop­
tati a trasferirsi a Roma. Tale criterio, d’altra parte, sta già ma­
turando in Congregazione. Lo si vede nella generosità con cui
Ispettorie e confratelli hanno risposto agli ultimi appelli.
È da valorizzare pure il servizio dell’UPS per la qualificazio­
ne del personale salesiano.57 In essa competenza e prospettiva
salesiana sono offerte in una sintesi singolare che viene dall’in­
sieme dell’esperienza, oltre che dalla scelta e organizzazione
dei contenuti. Per cui per noi non è “uguale” ad altre Univer­
sità. Verificati ancora una volta i risultati osservabili nella Con­
gregazione, ripeto la valutazione data al CG24: «A parte piccole
57 Cf. CG24, 255

5 Pages 41-50

▲back to top

5.1 Page 41

▲back to top
IL R E T T O R M A G G IO R E 43
riserve, spesso ripetute eccessivamente (e delle quali si è dispo­
sti a tener conto), il saldo della frequenza degli studenti a que­
sti Centri è altamente positivo per le persone, per le Ispettorie
e per la Congregazione. Non ne vediamo una sostituzione van­
taggiosa».58
Altre Università “Salesiane”: una presenza significativa
È cresciuto in questi anni il numero di istituzioni universi­
tarie salesiane. Sono diverse tra loro; varia è la loro struttura
giuridica, diverso il coinvolgimento delle Ispettorie in esse, così
come la consistenza delle équipes salesiane che vi sono impe­
gnate. Ad alcune si accudisce con un gruppo solidale di confra­
telli con ruoli articolati e definiti secondo le esigenze dell’istitu­
zione universitaria e anche le finalità educative, pastorali e po­
polari del nostro carisma. In altre si va avanti con un numero
variabile di confratelli secondo il personale qualificato che l’I-
spettoria occasionalmente riesce a liberare.
Bisogna riconoscere che non è facile assicurare in questo
campo le condizioni per una presenza salesiana significativa a
livello scientifico, educativo e pastorale. Forse in non pochi casi
all’inizio si è badato soprattutto all’organizzazione del servizio
per creare opportunità di educazione superiore nel settore po­
polare e occupare spazi culturali disponibili. Ora non si può più
pensare che, senza una preparazione specifica e una équipe
adeguata, si possa esprimere a questo livello il “criterio orato-
riano” , integrando la preoccupazione per l’organizzazione e
l’attenzione al livello culturale, la gestione amministrativa e
l’incidenza pastorale. «Compiuto il primo sforzo organizzativo
che tali iniziative richiedono, è il momento di affrontare, con
decisione e comunitariamente, la qualificazione culturale e pa­
storale, a partire dalla preparazione di confratelli e laici».59
58 CG24, 255
69 Relazione al CG24 sullo stato della Congregazione, 261

5.2 Page 42

▲back to top
44 ATTI DEL CONSIGLIO GENERALE
È indispensabile, in primo luogo, tracciare con più chiarezza
l’identità e l’orientamento di questi centri. Pur riconoscendo
che hanno un’impostazione generale ispirata alla mentalità cri­
stiana e trasmettono una visione umanistica e religiosa, c’è
sempre il rischio di appiattirsi sulla mentalità dominante, piut­
tosto che costituirsi in istanze di dialogo e proposte alternative.
Numerosi documenti richiamano a questo sforzo di chiara
impostazione. La Chiesa sta portando avanti, nel contesto della
nuova evangelizzazione, una pastorale della cultura tendente a
produrre dei cambiamenti nella concezione economico-sociale,
nell’atteggiamento di fronte alla vita, nella elaborazione dell’e­
tica, nella creazione di nuovi rapporti, nella proposta di un sen­
so che illumini natura, storia e tensioni in atto. La luce per tut­
to questo viene dal mistero di Dio Creatore, Salvatore dell’uo­
mo, energia e meta della sua storia nello Spirito.
Le nostre Università devono definire il loro orientamento
conforme al carattere “cattolico” e la loro “filosofia educativa” in
sintonia con i criteri salesiani, costituendosi in centri di formazio­
ne di persone ed elaborazione di cultura di ispirazione cristiana.
È questo un fronte di missione relativamente nuovo e quin­
di da seguire, coordinare e chiarire. Occorrerà elaborare un in­
dirizzo autorevole (un Progetto per le Università salesiane, qua­
si una piattaforma dichiarativa dell’ispirazione fondamentale),
promuovere il dialogo e lo scambio tra queste istituzioni e ac­
compagnare il cammino delle Ispettorie in questa nuova espe­
rienza. Il raggiungimento degli obiettivi salesiani dovrà essere
assicurato anche a livello di statuti.
Ma oltre all’orientamento culturale, si dovrà provvedere a
una efficace animazione pastorale degli ambienti universitari.
Alle strutture accademiche vanno aggiunte in tal caso le molte­
plici attività che svolgiamo tra gli universitari, come i pensiona­
ti, i gruppi, l’attenzione religiosa e simili.
Non si può far a meno della CEP e in primo luogo del nucleo
animatore salesiano. Ciò comporta la preparazione e la dedizio­
ne del personale salesiano, una intensa collaborazione con i lai­

5.3 Page 43

▲back to top
IL R E T T O R M A G G IO R E 45
ci, scelti e resi consapevoli del carattere e delle finalità delle no­
stre Università, un atteggiamento di apertura e di rapporto con
altri soggetti culturali, una traduzione del Sistema Preventivo e
della spiritualità su cui esso si fonda. In una parola: un’esigenza
di competenza salesiana e di qualità culturale e professionale.
Come nelle Case di Spiritualità sovente ci siamo trovati a
gestire le strutture senza poter disporre di persone ed équipes
capaci di una proposta spirituale, ci può capitare che anche nei
centri universitari e nei pensionati provvediamo strutture e or­
ganizzazione, ma non “proposte” di vita e accompagnamento
nella crescita.
Dal Consiglio Generale vogliamo seguire con particolare at­
tenzione l’evolversi della presenza salesiana su questa frontie­
ra, che presenta sfide non indifferenti dal punto di vista istitu­
zionale, dei destinatari, dei collaboratori, dell’economia e so­
prattutto del progetto, ma che può essere straordinariamente
feconda per l’evangelizzazione della cultura e per una particola­
re presenza nel mondo dell’educazione. Vi deve corrispondere
altrettanto impegno da parte degli Ispettori e dei loro Consigli.
Centri salesiani di studio e riflessione
La Congregazione è impegnata in altri Centri che, in alcuni
casi, hanno una incidenza diretta sulla formazione dei confra­
telli e, in altri, collaborano a creare mentalità, accompagnano
giovani e adulti in un cammino spirituale, diffondono con i
mezzi moderni il messaggio evangelico, comunicano lo spirito
salesiano: studentati, équipes editoriali, centri pastorali e peda­
gogici, case di spiritualità.
I nostri Regolamenti stimolano le Ispettorie in grado di farlo
ad avere “un proprio centro di studi per la formazione dei con­
fratelli e per servizi qualificati di animazione” alle stesse Ispet-
torie e alla Chiesa locale.60Di fatto, non sono poche le Ispettorie
60 Cf. Reg. 84

5.4 Page 44

▲back to top
46 ATTI DEL CONSIG LIO G ENERALE
che possono contare su tali centri. Essi costituiscono un impe­
gno non lieve, ma danno un contributo valido alla vita dell’I-
spettoria e alla sua missione. Bisogna perciò sostenerli e raffor­
zarli, e caso mai ridimensionarli, a raggio regionale, piuttosto che
moltiplicarli senza previe intese.
La ricerca di qualità culturale e formativa porta a verificare
la consistenza, l’incidenza e la capacità di rinnovamento di que­
sti Centri e soprattutto ad assicurare le condizioni per un loro
funzionamento adeguato alle domande.
In particolare, per quanto riguarda i centri di studio salesia­
ni, è necessario assicurare la costituzione e l’impegno del corpo
docente, che non può limitarsi a garantire l’orario delle lezioni;
curare la collaborazione e la corresponsabilità interispettoriale,
quando il centro presta il suo servizio a più Ispettorie, il funzio­
namento regolare del “curatorium”, l’affiliazione o aggregazio­
ne alla nostra Università, la scelta accurata dei collaboratori
non salesiani.
In questo contesto, dobbiamo anche considerare la nostra
partecipazione in centri di studi gestiti insieme ad altre istitu­
zioni (Congregazioni, Diocesi, ecc.), così come l’orientamento
formativo degli studi di quei confratelli in formazione iniziale
che frequentano centri nella cui direzione non abbiamo corre­
sponsabilità. L’incidenza dei docenti sullo sviluppo della perso­
nalità è spesso più decisiva di quella di altri formatori; non si
può quindi semplicemente “delegare” la formazione intellettua­
le dei giovani salesiani.
Discorsi simili, quanto al personale e al progetto, possono es­
sere fatti riguardo ad altri Centri che producono e diffondono
cultura (Editrici, Radio, ecc.), se si vuole assicurare il loro mas­
simo rendimento e un servizio adeguato al Vangelo e alla gente.61
61 Relazione al CG24 sullo stato della Congregazione, 269

5.5 Page 45

▲back to top
IL RETTOR MAGGIORE 47
Conclusione
Il perseguimento della saggezza attraversa la vita di Don
Bosco: amore e conoscenza a servizio dei giovani. È il dono e il
compito che, nel momento della chiamata, gli viene affidato, in
risposta alla sua domanda sul “ come” riuscire a compiere la
missione. Per raggiungerla gli viene indicata la Maestra.
Si tratta certamente di quella sapienza che è “rivelazione
del mistero di Dio” ,62 la “ conoscenza di Cristo” che San Paolo
chiedeva per i fedeli,63 che in Cristo comprende la totalità della
vita umana e lo svolgersi della storia. Ci viene data come un do­
no con la fede e, per noi salesiani, come un orientamento parti­
colare con il carisma della predilezione per i giovani.
Maria Santissima, che fu Maestra per Don Bosco, lo sia an­
che per noi.
È l’augurio che rivolgo a ciascuno di voi e alle vostre comu­
nità, insieme con il mio fraterno saluto.
62 Cf. 1 Cor 2, 6 ss
03 Cf. E f 3, 18-19