401-450|it|408 La vocazione a restare sempre unti a Gesù

1. LETTERA DEL RETTOR MAGGIORE

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«Io sono la vite, voi i tralci» (Gv 15, 5a)

LA VOCAZIONE A RESTARE SEMPRE UNITI A GESÙ

PER AVERE VITA



L’ORRORE DELLA PEDOFILIA. – ALCUNI DATI. – ALLA LUCE DEL VANGELO. – “COSA DOBBIAMO FARE, FRATELLI?” (At 2.37). 1. Ammissione trasparente delle responsabilità. 2. Primato delle vittime. 3. Accompagnamento dei trasgressori. 4. Prevenzione degli abusi. – SULL’ESEMPIO DI DON RUA. – CONCLUSIONE.




Roma, 16 agosto 2010

Giorno anniversario della nascita di Don Bosco



Carissimi confratelli,


vi scrivo nel giorno anniversario della nascita del nostro amato Don Bosco. Il suo ricordo mi riporta a voi in qualsiasi parte del mondo vi troviate, dove questa mia lettera vuole raggiungervi.

Questa volta non vi parlo degli avvenimenti degli ultimi mesi; desidero tuttavia ricordare il più importante di essi, che è stato, senza dubbio, l’Incontro con i Vescovi Salesiani, che si è svolto a Torino dal 21 al 25 maggio. È stato un’opportunità e un dono molto apprezzati da tutti i partecipanti, che hanno goduto delle varie celebrazioni: l’Eucaristia nel Duomo di Torino, in occasione dell’Ostensione della Santa Sindone; la Solennità della Pentecoste al Colle Don Bosco; la Solennità di Maria Ausiliatrice a Valdocco. Tutti i momenti sono stati vissuti come una profonda esperienza di salesianità, caratterizzata dalla convivenza cordiale con il Successore di Don Bosco, dallo spirito di famiglia, dalla gioiosa e convinta partecipazione ai vari eventi, dalla riscoperta del carisma salesiano come modo specifico per realizzare il ministero episcopale. Del resto, sono certo che avete potuto seguire questo ed altri avvenimenti di Congregazione attraverso il nostro sito.



L’ ORRORE DELLA PEDOFILIA


Dopo l’ultima mia lettera sulla Pastorale giovanile salesiana che, proprio perché tratta del “cuore della nostra missione”,1 ritengo molto impegnativa, ora mi propongo di condividere con voi familiarmente, come un padre con i suoi figli, un tema che ultimamente è stato al centro dell’attenzione dei mass-media e che ha provocato un grandissimo e gravissimo scandalo. Mi riferisco all’ondata di contestazioni senza precedenti nei riguardi della Chiesa, del sacerdozio e della vita consacrata, a seguito della pubblicazione di notizie sui terribili e orribili casi di abusi sessuali perpetrati sui minori e sulla forma spesso inadeguata della loro gestione. Sono scandali di cui riconosciamo la gravità ed ai quali bisogna porre riparo con prontezza ed efficacia. “La Chiesa cattolica”, è stato scritto, “si trova di fronte a una delle crisi più profonde della sua storia”.2

Iniziata negli anni ottanta in Canada, la pubblicazione di questi fatti si è protratta negli Stati Uniti durante gli anni novanta, per arrivare di recente in Australia, Austria, Belgio, Francia, Germania, Inghilterra, Irlanda, Italia, Olanda e Svizzera.3 I casi finora documentati svelano un fenomeno che ha avuto il suo picco nel trentennio 1950-1980, ma che ha visto episodi accaduti anche molti anni prima; è possibile che si venga a conoscenza anche di altri fatti più recenti. Un vero ‘tsunami’ di notizie si è abbattuto - e purtroppo non diminuirà di intensità così facilmente - contro la Chiesa e, talvolta, anche contro la nostra Congregazione. Immaginare, o peggio ancora, ridurre queste reazioni solo ad un complotto organizzato è fuorviante. La crisi ha reso palese che questo è forse l’unico caso su cui la società attuale, specialmente la più laica e secolarizzata, che spesso è tollerante e persino neutrale di fronte ai valori morali e religiosi, non è disposta a transigere né a dimenticare, e meno che meno nei confronti della Chiesa cattolica4.

Per noi salesiani questa crisi è in modo speciale dolorosa e avvilente. È dolorosa, perché come membri della Chiesa non possiamo non condividere con il Papa il profondo turbamento, “la vergogna e il rimorso”5 e con le vittime lo sgomento e il senso di tradimento che hanno sperimentato con questi “atti peccaminosi e criminali”.6 È pure avvilente, perché impegnati come siamo nel ritornare ai giovani con il cuore di Don Bosco per portare loro il vangelo di Gesù, queste gravissime colpe e le reazioni non sempre adeguate dell’autorità rappresentano una vera ‘eclisse dell’evangelizzazione’: “hanno oscurato”, ha scritto il Papa, “la luce del vangelo a un punto tale cui non erano giunti neppure secoli di persecuzione”.7 Per noi salesiani infine questa crisi è particolarmente dolorosa ed avvilente, perché in essa sono stati coinvolti come vittime alcuni minori, che sono la ragione del nostro essere consacrati, e come colpevoli alcuni salesiani, fratelli per vocazione e compagni di missione.

È mia profonda convinzione che possiamo, e dobbiamo, far diventare questa crisi un’occasione di radicale purificazione, personale e comunitaria, e di rinnovato impegno di santità apostolica. Con questa lettera vorrei appunto offrirvi le motivazioni ed indicarvi il cammino per “vivere cristianamente la prova”.8



ALCUNI DATI


Anche se è vero, e non va mai dimenticato, che “il problema dell’abuso dei minori non è specifico […] della Chiesa”,9 è assolutamente necessario riconoscere il fatto che in essa “un solo caso di pedofilia è già di troppo [...] un tale comportamento è doppiamente condannabile quando a metterlo in atto è un uomo di Chiesa, un prete, una persona consacrata”.10 Detto questo, si deve riconoscere - e non si deve tacere questo dato, come invece fanno i mezzi di comunicazione di massa - che la Chiesa cattolica non è il luogo per eccellenza dei pedofili:11 “i casi di pedofilia tra il clero sono uguali o addirittura inferiori a quelli che si verificano in altre categorie di persone”.12

I dati, impressionanti per la grandezza del fenomeno dell’abuso di minorenni, sono a disposizione di tutti: si può vedere, al riguardo, un rapporto dell’OMS con una stima dei casi di abuso di bambini e bambine, in diverse forme, relativi all’anno 2002.13 Più di un milione e mezzo di bambini sono costretti ogni anno a entrare nei circuiti internazionali dello sfruttamento sessuale, accrescendo una popolazione già numerosa di dieci milioni di minori che vivono asserviti a reti di prostituzione, tratta e turismo sessuali, pornografia. Secondo l’UNICEF, il commercio sessuale è un’industria che, muovendo un giro d’affari stimato in 12 miliardi di dollari annui, si configura come la terza attività illegale, per valore, dopo il traffico di droga e di armi.14

Sottostante a questa vera “industria del sesso”, c’è altresì un’attiva “cultura del sesso”, che viene spesso difesa, promossa, e persino giustificata. In un rapporto presentato all’Assemblea Generale dell’ONU il 21 luglio 2009, si parlava della crescita vertiginosa di siti on-line di natura pedofila e pornografica.15 Non c’è da meravigliarsi, dunque, se “secondo alcune statistiche recenti, una ragazza su tre e un giovane su sette, subiscono violenze sessuali prima di diventare maggiorenni”.16 Inoltre occorre ricordare che “la stragrande maggioranza degli abusi (84 - 90%) avviene in famiglia, e per il 27% da parte di un familiare stretto”17.

In generale, si può dire che tra i casi di abusi sessuali denunciati, un 30% riguarda casi di pedofilia,18 un altro 30% di efebofilia e per il restante 40% si tratta di vittime maggiorenni. “Nel solo 2008 negli USA sono stati identificati oltre 62.000 attori di abusi su minori, mentre il gruppo dei sacerdoti cattolici è così piccolo da non essere neppure preso in considerazione come tale”.19 Più in concreto, per quanto riguarda gli abusi compiuti da preti cattolici, delle circa 3.000 denunce presentate alla Congregazione per la Dottrina della Fede nel periodo 2001-2010, soltanto 300 casi, il 10%, riguardavano atti di vera e propria pedofilia; per il 60% si trattava di atti di efebofilia e per un altro 30% di rapporti eterosessuali.20 Perché dunque si parla “quasi esclusivamente dei casi accaduti all’interno della Chiesa cattolica, pur costituendo poco più del 3% della totalità dei casi denunciati?”.21

Anche se le statistiche riguardanti la Chiesa cattolica non sono così negative, non è giusto difendersi dietro di esse e nemmeno gridare al complotto. Non c’è giustificazione per una difesa ad oltranza: la pedofilia è sempre “peccato grave e crimine odioso”;22 quando poi è commesso da sacerdoti o religiosi, è un scandalo senza paragone. “Non possiamo, infatti, sorprenderci se la reazione di fronte ad abusi commessi da ecclesiastici è stata così forte […] La rabbia e l’amarezza hanno un significativo rapporto con la consapevolezza dell’alta qualità morale e umana del clero, nonché con l’affidabilità maggiore da noi offerta e attesa dagli altri, particolarmente in rapporto ai minori consegnati alla nostra guida e alla nostra responsabilità educativa. Le aspettative più alte alimentate dal nostro ministero rendono smisuratamente più intollerabile e condannabile un tradimento così grave e devastante”.23

Non ci è lecito fingere che niente sia accaduto o che si tratti di questioni che non ci toccano. Anche la nostra Congregazione è stata coinvolta in diversi paesi, provocando scoraggiamento, indignazione, rabbia, perdita di credibilità, di fronte ad una storia, talvolta più che centenaria, di un servizio generoso e qualificato nel campo della educazione e dell’evangelizzazione dei giovani.

Mi sento in piena sintonia con il Papa Benedetto, e gli sono tanto grato,24 per aver affermato che, anche se in mezzo a questa bufera stiamo vivendo sotto gli attacchi del mondo che ci parlano dei nostri peccati, le vicende della pedofilia e delle sofferenze ad essa connesse “vengono proprio dall’interno della Chiesa, dal peccato che esiste nella Chiesa”25 stessa. “Non sono mai mancate per i cristiani le prove, che in alcuni periodi e luoghi hanno assunto il carattere di vere e proprie persecuzioni. Queste, però, malgrado le sofferenze che provocano, non costituiscono il pericolo più grave per la Chiesa. Il danno maggiore, infatti, essa lo subisce da ciò che inquina la fede e la vita cristiana dei suoi membri e delle sue comunità, intaccando l’integrità del Corpo mistico, indebolendo la sua capacità di testimonianza, appannando la bellezza del suo volto”.26

Infatti, “la più grande persecuzione della Chiesa non viene dai nemici fuori, ma nasce dal peccato nella Chiesa; […] la Chiesa quindi ha profondo bisogno di reimparare la penitenza, di accettare la purificazione, di imparare da una parte il perdono, ma anche la necessità della giustizia. Il perdono non sostituisce la giustizia”.27 “Il vero nemico da temere e da combattere”, dunque, “è il peccato, il male spirituale, che a volte, purtroppo, contagia anche i membri della Chiesa […] Noi cristiani non abbiamo paura del mondo, anche se dobbiamo guardarci dalle sue seduzioni. Dobbiamo invece temere il peccato e per questo essere fortemente radicati in Dio, solidali nel bene, nell’amore, nel servizio […] Proseguiamo insieme con fiducia questo cammino, e le prove, che il Signore permette, ci spingano a maggiore radicalità e coerenza”.28



ALLA LUCE DEL VANGELO


Proprio per questo, dobbiamo capire l’attuale crisi alla luce del vangelo. Prima però di fare con voi una lettura evangelica di quanto sta accadendo per trovarvi criteri di verifica e linee di futuro, vorrei accennare, anche se brevemente, al contesto culturale e sociale in cui ci troviamo e a partire dal quale ascoltiamo ciò che Dio dice alla sua Chiesa. La Parola di Dio infatti illumina le situazioni che stiamo vivendo.

Le nostre società, in gran parte post-moderne, accettano e persino giustificano la distruzione di embrioni, non considerati esseri umani; commerciano ovuli e spermatozoi; pensano la mascolinità e la femminilità come semplici “generi” culturali; vogliono fare della morte assistita una scelta nobile; esasperano con ostentazione pubblica una concezione della sessualità, contrassegnata da una pervasività addirittura ossessiva; diffondono la pornografia come una forma legittima di divertimento. Esistono poi anche “le posizioni estreme di chi nel mondo occidentale vorrebbe dare addirittura dignità politica alla pratica pedofila”.29 “Per una sorta di perversione della verità, ci troviamo di fronte ad una confusione etica di proporzioni tali che la realtà si perde nel soggettivismo. Così appunto vediamo che la condanna del comportamento immorale dei religiosi proviene dallo stesso ambiente culturale che è pronto ad accettare ogni arbitrio del singolo. Le ragioni sono di tipo ideologico, ma anche di tipo economico come dimostrano quegli studi legali americani che hanno guadagnato miliardi di dollari grazie all’uso spregiudicato dell’accusa di pedofilia”.30

È in questo ambiente che deve essere intelligibile, che dobbiamo cioè avere capacità di intus legere, la volontà di Dio su di noi. Nei vangeli trovo dei passaggi che sono veramente pertinenti, come quello della scelta dei discepoli, che evidenzia da una parte l’amore di predilezione di Gesù per coloro che chiama a stare con lui e a condividere la sua missione e, dall’altra parte, l’incapacità dei discepoli a vivere all’altezza della vocazione, a causa della fatica nel seguire Gesù o delle delusioni che Egli provoca in loro. Difatti uno lo tradisce, un altro lo rinnega, tutti lo abbandonano (cf. Mc 14, 43-46. 52. 66-71). È interessante però notare il fatto che, dopo la resurrezione e la pentecoste, la Chiesa nasce non dal tradimento di uno né dall’abbandono di tutti, ma dalla fede personale, dalla testimonianza coraggiosa, dal ministero a tempo pieno, dal martirio degli undici.

Oggi come ieri, nella Chiesa e nella Congregazione Gesù continua a chiamare e a scegliere uomini “ordinari”, talvolta fragili e impauriti; oggi come ieri, non tutti sono stati fedeli; e i mass-media hanno notificato e ingigantito questi casi isolati. Sono moltissimi, la stragrande maggioranza, i sacerdoti e i religiosi che hanno vissuto e vivono tuttora la loro fedeltà con gioia e con dedizione totale e gratuita e cercano senza sosta la santità. Peccato che queste storie - tutte di gente buona - siano state taciute da tutti o quasi tutti in questi giorni di crisi! Sono tante storie di ordinaria santità.

Ma preferirei di sostare un po’ su un testo di Giovanni (15, 1-8), che fa parte dei discorsi d’addio di Gesù (Gv 15,1-16,3).31 In essi Gesù stesso definisce l’esistenza cristiana come un rimanere in Lui (Gv 15,1-11), vuol dire, un essere amati da Lui (Gv 15,12-17) e odiati dal mondo (Gv 15,18-16,3). All’allegoria della vite (Gv 15,1-4.5-8), Gesù fa seguire la richiesta di rimanere nel Suo amore (Gv 15,4.5.7.9.10) e di portare frutto (Gv 15,2.4.5.8.16). Quelli che rimangono saldi in Lui, da Lui saranno amati. Da Lui sarà tagliato, separato e distrutto chi, infecondo, gli sarà infedele. Il discepolo non è infedele, quando e perché compie il male, ma quando non porta frutto: l’infecondità svela l’infedeltà. Invece chi rimane in Lui, porta frutto ed è amato da Lui come Lui è amato dal Padre (Gv 15,9).

Risulta alquanto insolita l’identificazione di Gesù con la vite (Gv 15,1.5). Parte integrante del paesaggio agricolo in Israele (Num 13,23; 1 Re 5,5), la vite era una metafora del popolo di Dio. Gesù dice ancora di più: Egli è la vite, l’unica e la vera; il Padre suo è il vignaiolo (Gv 15,1); i suoi discepoli sono i tralci (Gv 15,2.5). Egli è la vera vite, perché non ha deluso il Padre suo, proprietario e curatore, che fatica per assicurare fecondità. Da buon viticoltore, il Padre getta via chi non produce frutto e pota i sarmenti fecondi, perché diano di più e di meglio. Chi vive in Cristo diventa il campo di lavoro del Padre, vignaiolo laborioso.

Potati da Dio, i discepoli, come tralci, sono mondi: la parola di Gesù li ha separati dal mondo e centrati in Dio (Gv 15,3). La potatura divina è avvenuta, dunque, mediante la parola di Gesù, che li ha separati, purificati e fecondati. Fertili e puliti, devono rimanere in Gesù (Gv 15,4.5). All’affermazione centrale «Io sono la vita e voi i tralci» (Gv 15,5), Gesù aggiunge un dato nuovo: chi non resta in Lui, non serve a nulla; tutto ciò che intraprende, è inefficace; chi non si tiene saldo in Lui, si secca e diventa inutile, è rovinato, buono solo per essere bruciato (Gv 15,6). Gesù accenna all’esperienza dei discepoli: quando si sono allontanati da Lui, Lo hanno perso e si sono persi. Proprio perciò ha più forza la promessa che segue: rimanere in Lui, e ascoltare le Sue parole, farà sì che i loro desideri si realizzino e sia loro accordato ciò che chiedono (Gv 15,7). Chi custodisce le parole di Gesù, sarà ascoltato dal Padre suo; ascoltare ciò che Gesù ci dice, fa sì che Dio stesso si metta ad ascoltarci!

Vi invito a rileggere i fatti scandalosi degli abusi sui minori alla luce di questa similitudine con cui Gesù esprime il suo rapporto con i discepoli.32 Attraverso l’accaduto, Gesù sta rivolgendosi pure a noi, suoi discepoli. A noi dice che non basta ascoltare, ma che occorre rimanere in Lui. Solo così Egli potrà rimanere in noi; solo così potremo “fare qualcosa” (cf. Gv 15,5). E questo qualcosa altro non è se non il comandamento dell’amore: «Questo è il mio comandamento: che vi amate gli uni gli altri, come io vi ho amati» (Gv 15,5); questa è la carta d’identità del discepolo: «Da questo tutti sapranno che siete miei discepoli, se avete amore gli uni per gli altri» (Gv 13,34-35).

Se la missione di Gesù consiste nel rivelare Dio e il suo amore, l’unica forma di renderlo visibile e credibile è l’amore per i Suoi sino alla fine; “nessuno ha amore più grande di questo, dare la vita per i propri amici” (Gv 15,13). Questa e non altra è la missione salesiana, come si legge all’articolo 2 delle Costituzioni: “essere nella Chiesa segni e portatori dell’amore di Dio ai giovani, specialmente i più poveri”. Tale è il nostro modo ‘salesiano’ di diventare discepoli di Cristo, in Lui innestati, dal Padre accuditi. Perciò niente è più contrario alla missione salesiana che fare l’opposto, vale a dire, “essere segni del nostro egoismo nei confronti dei giovani, specialmente i piccoli e i poveri”.33 Se la gloria del Padre è frutto della comunione con Gesù e dell’amore reciproco, l’ignominia è proprio l’egoismo manifestato nel maltrattamento, abuso, violenza sui minori.

Il fatto che il mondo non apprezzi la vita consacrata, è la conseguenza logica dell’odio che ha avuto nei riguardi di Gesù, fino a decidere la sua morte. Il motivo di questo rifiuto è la pretesa di Gesù di venire da Dio e di rivelare Dio a un mondo che ha le proprie idee su Cristo e sul tipo di relazione con Dio. Se i discepoli finiscono per fare proprie le convinzioni del mondo, allora il mondo li accoglierà, li riconoscerà come suoi, e non li odierà. Gesù invece ha unito i suoi discepoli a sé e di conseguenza ha attirato anche su di loro l’odio del mondo. I discepoli non dovrebbero meravigliarsi di tanto. La sorte del servo non può essere migliore di quella del suo signore.

Ci è di conforto il fatto di non essere soli: il Padre lavora in noi, purificandoci con la Sua mano potatrice ed essendo glorificato per la nostra provata fedeltà a Suo Figlio. Noi contiamo pure sullo Spirito Santo, il nostro consolatore, avvocato e maestro (Gv 14,15; 16,7). È la sua inabitazione che ci santifica perché ci mantiene uniti a Cristo, come tralci alla vite; ci irrobustisce nella lotta contro il male, contro le provocazioni che vengono dal nostro interno e contro le seduzioni che provengono da fuori; ci guida nell’ascolto e nell’obbedienza al Padre per fare la sua volontà.



COSA DOBBIAMO FARE, FRATELLI?” (At 2,37)


A Gerusalemme, il giorno della Pentecoste, “giudei di ogni nazione che è sotto il cielo” (At 2,5) poterono sentire per la prima volta il vangelo per bocca di Pietro, quel discepolo appunto che poco tempo prima aveva rinnegato tre volte il suo Signore (Mc 14,68.70.71; Gv 18,17.25.27). Un discepolo, che aveva misconosciuto Gesù, fu il primo evangelizzatore, e con quale efficacia!. Alla fine del suo discorso, gli ascoltatori, “trafitti nei loro cuori”, gli domandarono: “cosa dobbiamo fare noi?” (At 2,37).

Come un giorno capitò a Pietro, sbagli anche grossi non ci possono sottrarre al mandato di predicare il vangelo (At 1,8). Evangelizza però chi prima, come Pietro, si pente amaramente (Mc 14,71; Mt 26,75) e, dopo l’esame d’amore (Gv 21,15-17), riprende l’impegno della missione (Gv 21,19). I peccati personali non sono un motivo sufficiente per abbandonare l’evangelizzazione, a condizione che questa venga preceduta da una vera conversione e dal ritorno alla sequela di Gesù. Cosa fare dunque, cari confratelli?


1. Ammissione trasparente delle responsabilità. Come primo passo verso un’impellente conversione, dobbiamo guardare in faccia, con coraggio e compassione, quanto è accaduto, sentirci lacerati da ogni singolo caso di violenza a danno di minori.

Dobbiamo imparare da Benedetto XVI “a non avere paura della verità, anche quando è dolorosa e odiosa, a non tacerla o coprirla”34 e “a farsi carico del dolore per le infedeltà, a volte anche gravi”, di alcuni confratelli. “Per riprendersi da questa dolorosa ferita”, dobbiamo perciò, in primo luogo, “riconoscere davanti al Signore, e davanti agli altri, i gravi peccati commessi contro ragazzi indifesi”.35 “Da questo dolore scaturisce una presa di coscienza provvidenziale: occorre vivere ‘una stagione di rinascita e di rinnovamento spirituale’ […] e trovare nuove vie per trasmettere ai giovani la bellezza e la ricchezza dell’amicizia con Gesù Cristo nella comunione della sua Chiesa”.36


2. Primato delle vittime. Questo sguardo coraggioso e compassionevole deve servire, e ne è la prova, a riaffermare l’assoluto primato delle vittime, la cui fiducia è stata tradita e la cui dignità personale è stata violata. Nulla potrà cancellare il male loro inflitto ed è comprensibile che trovino difficoltà, a volte insormontabili, a perdonare gli aggressori e a riconciliarsi con la Chiesa, la Congregazione. Nessuna esitazione, dunque, ancora meno scuse, nel riconoscere che gli abusi “feriscono ad un livello personale profondo”. Ci troviamo davanti a persone da tutelare, che “chiedono principalmente di essere capite e accompagnate, con rispetto e delicatezza, lungo un itinerario paziente di recupero e di riconciliazione anzitutto verso se stesse e la loro storia”.37 Oltre a far loro conoscere “il nostro dolore, il nostro profondo rammarico e la cordiale vicinanza”,38 le vittime hanno bisogno di giustizia e di solidarietà. Qui sta la sfida.

Le chiare e pressanti direttive, da tempo impartite dalla Santa Sede e recentemente rivedute e attualizzate,39 dovranno guidare lo sforzo di totale trasparenza nella individuazione e nel contrasto di comportamenti e responsabilità e la ferma determinazione a fare verità fino ai necessari provvedimenti, una volta accertati i fatti. Già nel 2006 il Papa Benedetto aveva chiesto ai Vescovi d’Irlanda di “stabilire la verità di ciò che è accaduto in passato, prendere tutte le misure atte a evitare che si ripeta in futuro, assicurare che i principi di giustizia vengano pienamente rispettati e, soprattutto, guarire le vittime e tutti coloro che sono colpiti da questi crimini abnormi”.40

Precisando che la responsabilità dei casi è di competenza delle singole Ispettorie, dobbiamo ricordare che, a livello della nostra Congregazione, fin dal 2002 (19 luglio) erano stati trasmessi agli Ispettori da parte del Rettor Maggiore con il suo Consiglio degli orientamenti riguardo al problema degli abusi di minori.41 In seguito, nel 2004 il Vicario del Rettor Maggiore, a nome dello stesso Rettor Maggiore con il suo Consiglio, con lettera del 24 luglio indirizzata agli Ispettori, diede delle disposizioni concrete sulla gestione di tali problemi, indicando il procedimento da seguire e le norme da adottare, sulla base del protocollo trasmesso agli Ordinari diocesani e religiosi dalla Congregazione per la Dottrina della Fede.


3. Accompagnamento dei trasgressori. Non possiamo dimenticare i trasgressori; membri della nostra Chiesa e nostri compagni per vocazione e missione, essi ci appartengono. Hanno tradito “la fiducia riposta in loro da giovani innocenti e dai loro genitori”, “hanno violato la santità del sacramento dell’Ordine sacro, in cui Cristo si rende presente” e non hanno mantenuto fedeltà alla loro alleanza personale con Dio nella consacrazione religiosa. “Insieme al danno immenso causato alle vittime, un grande danno è stato perpetrato alla Chiesa e alla pubblica percezione del sacerdozio e della vita religiosa”.42 Ma essi non vanno lasciati soli; come Gesù, e proprio con Lui, venuto per chiamare non i giusti ma i peccatori (Mc 2,17), ci prendiamo carico di loro e accettiamo la responsabilità davanti a Dio e agli uomini di diventare “custodi di questi nostri fratelli” (cf. Gn 4,9).

Esercitiamo questa custodia aiutandoli e chiedendo loro di riconoscere i loro peccati e di “rispondere di ciò davanti a Dio onnipotente, come pure davanti a tribunali debitamente costituiti”, poiché “la giustizia di Dio esige che rendiamo conto delle nostre azioni senza nascondere nulla”.43 Li accompagniamo perché assumano la responsabilità dei crimini commessi ed esprimano il loro rincrescimento; siamo loro vicini anche con la preghiera e con la nostra simpatia, durante l’intero loro percorso di correzione e di contenimento, fino a che riconoscano apertamente le loro colpe, si sottomettano alle esigenze della giustizia, senza mai disperare della misericordia di Dio né della nostra fraternità. Nel caso che si rendesse necessario un procedimento penale, incoraggeremo le vittime a presentare istanza e l’accusato a offrire la sua totale collaborazione.44

L’abuso sui minori è crimine, malattia e peccato. “Una persona che abusa di minori ha bisogno, ad un tempo, della giustizia, come della cura e della grazia. Tutte e tre sono necessarie, e senza confusioni o mistificazioni tra loro. La pena inflitta per il delitto non guarisce automaticamente né dà il perdono, come all’inverso il perdono del peccato non guarisce automaticamente la malattia né sostituisce la giustizia, e così la cura non sostituisce la pena, tanto meno può rimettere il peccato”.45


4. Prevenzione degli abusi. Riparare le ingiustizie del passato e affrontare le proprie responsabilità legate all’abuso dei minori non basta. L’attuale crisi, “causata dalle mancanze che noi stessi abbiamo compiute in quanto Chiesa”, e anche in quanto Congregazione, “è una possibilità che ci viene data per avvicinarci a Dio”, “per scoprire Gesù ancor più vicino di quanto avessimo mai immaginato”.46 Questo ci sprona proprio a una più umile e radicale conversione a Dio e ai fratelli e a una più coraggiosa presenza evangelizzatrice e porta con sé una verastagione di rinascita e di rinnovamento spirituale”.47 Ma come fare, fratelli? Permettete che ve lo dica con tanta schiettezza, anche se brevemente.

Dice il Santo Padre: “Non si può negare” che alcuni di noi, specialmente chiamati al servizio dell’autorità, abbiamo “mancato a volte gravemente, nell’applicare le norme del diritto canonico codificate da lungo tempo circa i crimini di abusi di ragazzi” e che “seri errori furono commessi nel trattare le accuse”. Anche se, data la complessità dei fatti e l’implicazione affettiva dei coinvolti, è difficile “ottenere informazioni affidabili e prendere decisioni giuste […], si deve ammettere che furono commessi gravi errori di giudizio e che si sono verificate mancanze di governo”.48 A nome della Congregazione, di tutti i salesiani e mio personale, come il Papa Benedetto e con Lui, “anche noi chiediamo insistentemente perdono a Dio ed alle persone coinvolte, mentre intendiamo promettere di voler fare tutto il possibile affinché un tale abuso non possa succedere mai più”.49

Di conseguenza m’impegno, ed impegno l’intera Congregazione, oltre a manifestare “dolore per il danno recato alle vittime e alle loro famiglie”, a spingere e “condurre ad uno sforzo concertato per assicurare la protezione dei ragazzi nei confronti di crimini simili in futuro”50 in tutte le nostre opere e nei servizi che prestiamo. Siamo nati per “essere nelle Chiesa segni e portatori dell’amore ai giovani, specialmente i più poveri” (Cost. 2) e destinati in modo speciale per guidarli e servirli. Perché i giovani si trovino a loro agio tra di noi, accompagnati e tutelati, perché le nostre istituzioni siano la loro casa e in esse non trovino nulla, e nessuno, da temere, ci impegniamo a ricuperare e far fiorire la “cultura della castità”, che caratterizzò profondamente il pensiero e l’opera di Don Bosco.

Sapendo come lui che questa grande virtù, “cui fanno corona tutte le altre […] è assai insidiata dal nemico delle nostre anime, perché egli sa che, se riesce a rapircela, possiamo dire che l’affare della nostra santificazione è rovinato”,51 prendo pure a cuore di ripensare e rafforzare le misure di prevenzione in atto in Congregazione. Chiedo alle Ispettorie di elaborare, in sintonia con le procedure ribadite dalla Santa Sede, e di mettere in pratica un protocollo di protezione dei minori, di farlo conoscere ed applicare da parte dei Salesiani e di tutti i collaboratori laici impegnati nelle nostre opere.

Convengo pure che “tutte le istituzioni che hanno a che fare con bambini e giovani attirano persone che cercano un contatto illecito con i minori”; e “ciò vale per le associazioni sportive, per le strutture di assistenza ai giovani e naturalmente anche per le Chiese”.52 Perciò sento come mio indeclinabile dovere seguire più da vicino, attraverso il Consigliere per la Formazione, il lungo cammino di discernimento delle vocazioni alla vita salesiana, verificare l’adeguatezza delle procedure per determinare l’idoneità dei candidati servendosi anche delle migliori acquisizioni delle scienze umane, e assicurare la loro tempestiva e corretta attuazione per prevenire situazioni non compatibili con la scelta di Dio e la dedizione al prossimo. So bene che la scarsità di vocazioni attuale potrebbe portare talvolta alla “tentazione di accettare con facilità persone affette da problematiche che col tempo si sono rivelate devastanti […] I dolorosi fatti di questi anni portano purtroppo a riconoscere che non sempre l’indagine e la proposta formativa sono risultate all’altezza di quella domanda”.53

La mia preoccupazione non finisce assicurando l’idoneità dei candidati alla vita consacrata e al sacerdozio. Tra gli elementi che diedero origine alla presente crisi, Benedetto XVI ha individuato una “insufficiente formazione umana, morale, intellettuale e spirituale”.54 Oltre a vagliare l’autenticità delle vocazioni, dovremmo impegnarci di più nell’accompagnamento dei salesiani consacrati, preti o coadiutori, “affinché il Signore li protegga e li custodisca in situazioni penose e nei pericoli della vita”.55 Per un’efficace prevenzione di abusi, m’impegno finalmente a ripensare e riformulare una formazione integrale e matura dei confratelli e del personale nelle nostre istituzioni educative e pastorali, anche dal punto di vista della sessualità; sempre è stata una sfida non facile, massimamente in un contesto culturale e sociale marcato da un pansessualismo onnipresente e da una secolarizzazione militante. “In fondo si tratta di riscoprire e riaffermare senso e importanza del significato della sessualità, della castità e delle relazioni affettive nel mondo di oggi, in forme molto concrete e non solo verbali o astratte. Quale fonte di disordine e sofferenza può essere la sua violazione o sottovalutazione!”.56

Scrivendo una lettera circolare da Roma, come oggi faccio anch’io, “sul modo di promuovere e conservare la moralità fra i giovanetti, che la Divina Provvidenza ha la bontà di affidarci”, il 5 febbraio 1874, Don Bosco diceva ai suoi figli della casa di Torino: “se vogliamo promuovere il buon costume nelle nostre case, dobbiamo esserne maestri col nostro buon esempio. Proporre ad altri una cosa buona, mentre noi facciamo il contrario, è come colui, che nell’oscurità della notte volesse far lume con una lucerna spenta […] in simile guisa non solamente non si promuove il buon costume, ma si dà occasione per far male, si dà scandalo”. E continuava con un’osservazione attualissima e severa: “La voce pubblica spesso lamenta fatti immorali succeduti con rovina dei costumi e scandali orribili. È un male grande, è un disastro, ed io prego il Signore a fare in modo che le nostre case siano tutte chiuse prima che in esse succedano somiglianti disgrazie”.57

Guardate, miei cari, come rifacendoci a Don Bosco, alla sua parola e alla sua azione, possiamo trovare luce e coraggio per affrontare le sfide attuali. Quanto vuol dirci il nostro amato Padre è molto chiaro: i nostri giovani, per restare casti, hanno bisogno della nostra castità, vissuta nella gioia della dedizione a loro; senza di noi, chiamati per vocazione ad essere educatori e maestri ed a vivere perciò quello che proponiamo ai giovani, non sapranno come riuscire né troveranno il coraggio per impegnarsi a vivere casti. E in più, e questa è una cosa che non dovremmo mai dimenticare, Don Bosco avrebbe preferito non avere opere per i giovani se questo fosse il prezzo per salvare uno solo di loro dagli abusi. Egli amava più la santità dei suoi giovani che l’esistenza della sua opera. Come non amare questo Padre e Maestro?



SULL’ESEMPIO DI DON RUA


Non posso, a questo punto, non ricordarvi i conosciuti e dolorosi “scandali di Varazze” e il modo esemplare con cui Don Rua li affrontò. Si trattava di una falsa accusa di pedofilia, avvenuta nel luglio del 1907, “una vera e propria impresa diabolica, destinata a demolire la Congregazione Salesiana”. Difatti la notizia fece rapidamente il giro dell’Italia, con titoli assai pesanti sui giornali, e con reazioni tali che le opere salesiane di Sampierdarena, Alassio, Savona, Faenza, Firenze ed altrove furono prese di mira da gruppi di esaltati. Soltanto nel giugno 1908 il tribunale di Savona riconobbe la totale inconsistenza delle accuse mosse contro i Salesiani e passarono altri due anni, il 2 agosto 1910, perché lo stesso tribunale giudicasse fondata la loro querela per calunnia e diffamazione pubblica.

Nel primo momento Don Rua si sentì depresso e addolorato, pianse e pregò vedendo come la Congregazione era attaccata. Una volta ripresosi, reagì con energia con il Ministero dell’Interno dell’Italia. È soprattutto nei verbali dei raduni del Consiglio Superiore che egli espresse il suo sentimento più profondo. Il 5 agosto Don Rua, dopo aver ricordato “il punto critico in cui ci troviamo, forse il più critico che abbia attraversato la Congregazione, facendo astrazione dalla malignità degli uomini”, aggiunse che “vi vuol scorgere un avvertimento dal Cielo, dal Ven. D. Bosco, e vorrebbe approfittare per sempre meglio purificare le nostre case eliminando gl’indegni ed allontanando l’offesa di Dio, ultimo scopo dell’opera di D. Bosco. Il Sig. Don Rua propone anzitutto si vada molto a rilento e con tutta precauzione nell’accettare al noviziato, alla professione e alle sacre ordinazioni”.58

Per conoscere meglio il personale delle case, era necessario avviare un’ispezione generale. Secondo il verbale furono prese quattro decisioni, che destano meraviglia per essere state tanto coraggiose, quanto attuali: “1. Allontanare dal consorzio dei giovani quei tali (siano essi sacerdoti, chierici o coadiutori - professi, ascritti o famigli) che si sono gravemente macchiati per moralità o sevizie. 2. Dare altra occupazione a quei Direttori che non sono atti a disimpegnare il loro ufficio, soprattutto per la direzione dei confratelli e la sorveglianza dei giovani. 3. Ridurre il numero degli Ispettori per poter così aver maggior copia di buoni Direttori e confessori, di cui si sente grande bisogno. 4. Indire entro l’anno 1907-1908, quasi contemporaneamente, una visita generale a tutte le case della Congregazione a fine di avere sott’occhio il vero stato morale, disciplinare, economico dell’intera Congregazione. [...] Il Sig. D. Rua aggiunge che quando vi sono accuse di immoralità bisogna che i superiori locali vadano bene a fondo della gravità della mancanza e che riferiscano subito e bene, acciò si possa prendere quelle decisioni stimate opportune, tra le quali egli accenna quella di far deporre l’abito talare quando il colpevole fosse un chierico non ancora in sacris”.59

Nell’anno in cui celebriamo il centenario della morte, Don Rua ci incoraggia e ci ispira nell’arduo compito che ci sta davanti. Dopo quelle risoluzioni, egli dedicò alcune riunioni nel Consiglio Superiore per trovare le vie per dare attuazione alle decisioni prese e altre per incontrare tutti gli Ispettori. Don Rua ci è di esempio, patrono e intercessore.



CONCLUSIONE


Carissimi confratelli, vi ho scritto con il cuore in mano e con la mano sul cuore, lasciandomi illuminare dal brano del Vangelo di Giovanni, in cui Gesù ci parla come amici, non ci chiama servi, ci svela i segreti del Regno e ci invita a rimanere in Lui, come il tralcio alla vite, per avere vita e diventare fecondi.

Mi auguro che questa lettera e gli orientamenti proposti giovino a tutti noi, ci aiutino a ritornare a Don Bosco e alla gioia di vivere da testimoni di una autentica cultura della castità e ci ispirino azioni concrete e linee programmatiche di futuro.


A tutti voi il mio affetto e la mia benedizione.




Don Pascual Chávez V., sdb

Rettor Maggiore

1 P. CHáVEZ, “E si commosse per loro, perché erano come pecore senza pastore, e si mise a insegnare loro molte cose” (Mc 6,4). La Pastorale Giovanile Salesiana, ACG 407 (2010), p. 49.

2 Editoriale, Scandalo della pedofilia: Dio nelle vittime, “Il Regno” – Regno-doc. n. 10, 2010, p. 289.

3 Una breve rassegna di fatti e reazioni ecclesiali sono elencate in M. E. Gandolfi, Geografia di una crisi, “Il Regno” – Regno-att. n. 6, p. 168.

4 “Quale Stato ha fatto un’indagine in profondità sul tremendo fenomeno prendendo, anche preventivamente, provvedimenti chiari ed espliciti contro gli abusi di pedofilia presenti tra i propri cittadini, nelle famiglie o in istituzioni scolastiche pubbliche? Quale altra confessione religiosa si è mossa per scovare, denunciare e assumere pubblicamente il problema, portandolo alla luce e perseguendolo esplicitamente? Evitiamo, innanzitutto, l’insincerità: ossia di concentrarci sul limitato numero di casi di pedofilia accertati nella Chiesa cattolica, non aprendo invece gli occhi davanti al dramma di un’infanzia violata e abusata molto spesso e dappertutto, ma senza scandalo” (J. NAVARRO-VALS, Il Papa e lo scandalo della pedofilia, “La Repubblica”, 1 aprile 2010, p. 35).

5 BENEDETTO XVI, Lettera pastorale ai cattolici dell’Irlanda, 19 marzo 2010, n. 6.

6 BENEDETTO XVI, Ibidem, n. 1.

7 BENEDETTO XVI, Ibidem, n. 4.

8 Card. A. BAGNASCO, Prolusione del Cardinale Presidente alla 61ª Assemblea Generale della Conferenza Episcopale Italiana, Roma, 24 maggio 2010, n. 2.

9 BENEDETTO XVI, Lettera pastorale ai cattolici dell’Irlanda, n. 2.

10 Mons. M. CROCIATA, Sguardo alla situazione della Chiesa in Italia. Discorso alla Commissione presbiterale italiana, Roma 29 aprile 2010.

11 Cf. M. INTROVIGNE, Cosa c’è dietro gli scandali?, “Avvenire”, 22 marzo 2010: “Se si paragona la Chiesa cattolica degli Stati Uniti alle principali denominazione protestanti si scopre che la presenza di pedofili è - a seconda delle denominazioni - da 2 a 10 volte più alta tra i pastori protestanti rispetto ai preti cattolici […] Nello stesso periodo in cui un centinaio di sacerdoti americani era condannato per abusi sessuali su minori, il numero di professori di ginnastica e allenatori di squadre sportive giovanili … giudicato colpevole dello stesso reato dai tribunali statunitensi sfiorava i seimila […] Stando ai periodici rapporti del governo americano, due terzi circa delle molestie sessuali su minori non vengono da estranei o da educatori […], ma da familiari”.

12 Mons. M. CROCIATA, Sguardo alla situazione della Chiesa in Italia.

13 Cf. WORLD HEALTH ORGANIZATION, Global Estimates of Health Consequences due to Violence Against Children, Génève, 2006.

14 Cf. http://www.intervita.it/IT/condividiamo/news/22_ottobre_2007_-_notizie_di_intervita.aspx.

15 Il rapporto dava la cifra di 261.653 siti nel 2001, tre anni dopo, nel 2004, sarebbero diventati ben 480.000.

16 Cf. La Repubblica, 24 agosto 1989, p. 16.

17 G. CUCCI - H. ZOLLNER, “Osservazioni psicologiche sul problema della pedofilia”, La Civiltà Cattolica N. 3837 (01 maggio 2010), p. 214. In Italia, p. es., “nel 1999, sul totale di 522 persone denunciate, 357 erano conosciute dalla vittima; tra queste 338 appartenevano al suo nucleo familiare; nei restanti 165 casi l’autore del reato non era conosciuto dal minore. Nell’anno 2000, su un totale di 621 persone denunciate, 476 erano conosciute dalla vittima; di queste, 449 appartenevano al suo nucleo familiare; nei restanti 145 casi, l’autore del reato non era conosciuto dal minore” (M. PICCOZZI - A. ZAPPALA, Criminal profiling. Dall’analisi della scena del delitto al profilo psicologico del criminale, Milano, Mc Graw-Hill, 2008, 228).

18 Strettamente parlando, pedofilia è l’attività o fantasia sessuale che ha per oggetto bambini, prepuberi, inferiori cioè a 13 anni per un periodo di almeno 6 mesi, compiuta da un soggetto di età non inferiore a 16 anni. Non di rado è incorrettamente identificata con la efebofilia, che è l’attrazione di un maggiorenne per adolescenti o giovani. Cf. ASSOCIAZIONE PSICOLOGICA AMERICANA, Manuale Diagnostico e Statistico dei Disturbi Mentali DSM-IV-TR, Milano, Masson, 2001, 610s.

19 Nota di P. Federico LOMBARDI sugli abusi. Dopo la Settimana Santa, tenere la rotta (9 aprile 2010). Cf. http://www.vatican.va/resources/resources_lombardi-nota-abusi_it.html

20 Cf. G. CARDINALE, “Chiesa rigorosa sulla pedofilia. Intervista a Mons. Charles Scicluna”, Avvenire, 13 marzo 2010, p. 5.

21 G. CUCCI – H. ZOLLNER, “Osservazioni psicologiche sul problema della pedofilia”, La Civiltà Cattolica N. 3837 (01 maggio 2010), p. 219. Nell’Austria, secondo dati ufficiali, su 527 denunce, soltanto 17 riguardano religiosi (cf. Il Foglio, 16 marzo 2010). In Germania, a dire del criminologo C. Pfeiffer i sacerdoti coinvolti variano tra lo 0,1% e lo 0,3% (cf. Süddeutsche Zeitung, 15 marzo 2010).

22 Card. A. BAGNASCO, Prolusione alla 61ª Assemblea Generale della Conferenza Episcopale Italiana, n. 2.

23 Mons.. M. CROCIATA, Sguardo alla situazione della Chiesa in Italia.

24 Cf. P. CHÁVEZ, Lettera Del Rettor Maggiore e dei Salesiani Vescovi al Santo Padre Benedetto XVI, Torino, 23 maggio 2010. A tale lettera il Santo Padre ha risposto con una lettera al Rettor Maggiore in data 14 giugno 2010, nella quale così si esprime: «Tale premuroso pensiero di solidarietà, manifestato in un frangente delicato anche per tutta la Chiesa, ha suscitato nel mio animo profonda riconoscenza, anche perché è segno di quella intensa comunione e di quell’ardente affetto che i figli spirituali di San Giovanni Bosco da sempre nutrono nei confronti del Successore di Pietro. Desidero, pertanto, ricambiare il cortese attestato, che ho molto apprezzato, con l’assicurazione del mio costante ricordo nella preghiera, con la quale volentieri accompagno i lodevoli propositi di rinnovamento spirituale e di sempre più convinta adesione al Vangelo manifestati, a nome dell’intero Istituto, da Lei e da quanti hanno preso parte al significativo incontro».

25 BENEDETTO XVI, Ai giornalisti nel volo da Roma a Lisbona, 11 maggio 2010.

26 BENEDETTO XVI, Omelia alla Messa per i santi Pietro e Paolo, 29 giugno 2010, in L’Osservatore Romano (30 giugno-1 luglio 2010) p. 8.

27 BENEDETTO XVI, Ai giornalisti nel volo da Roma a Lisbona, 11 maggio 2010.

28 BENEDETTO XVI, Regina Coeli, 16 maggio 2010.

29 CARD. A. BAGNASCO, Prolusione alla 61ª Assemblea Generale della Conferenza Episcopale Italiana, n. 4. “Il leader dei Verdi all’Europarlamento, Daniel Cohn-Bendit, il già carismatico capo della contestazione, si è vantato di avere non solo raccomandato ma praticato sesso con i minori quando era insegnante […] Sartre, la de Beauvoir, Foucault, Jack Lang, il futuro ministro francese, firmarono con altri intellettuali un famoso manifesto dove – in nome della ‘liberazione sessuale’ – esigevano la depenalizzazione dei rapporti con minori, bambini compresi. In quei ‘maestri’ riviveva una lunga tradizione europea” (V. MESSORI, Un dolore vero per ridare fiducia, Corriere della Sera, 19 aprile 2010, p. 11). Più casi eclatanti sono riportati in G. CUCCHI - H. ZOLLNER, Contrastare la cultura della pedofilia, La Civiltà Cattolica N. 3838 (15 maggio 2010) pp. 322-325.

30 A. GASPARI, Indagine sulla pedofilia nella Chiesa. Intervista a L. Bertocchi, studioso di storia del cristianesimo (Zenit, 17.05.2010) 3. Cf. http://www.zenit.org/article-22495?I=italian.

31 La scelta di questo brano mi è stata suggerita dalla lettura di un’ intervista apparsa nella rivista spagnola “Vida Nueva” dal P. Carlos ASPIROZ, Maestro Generale dell’Ordine dei Domenicani; parlando di questa situazione della pedofilia nella Chiesa e valutando l’accanimento contro di essa, diceva che il nostro Dio non è un legnaiolo che fa legno dell’albero caduto, ma è un vignaiolo che pota la sua vite affinché i tralci diano frutto. Risulta veramente “buona” notizia sapere che Dio si sta oggi dando da fare per purificare e fortificare la sua Chiesa.

32 Cf. J. J. BARTOLOMÉ, Cuarto evangelio. Cartas de Juan. Introducción y comentario, Madrid, CCS, 2002, pp. 307-309. Per questo commento al brano evangelico mi sono avvalso di questo studio.

33 A ragione l’Ispettore della Germania, don Josef Grünner, in lettera indirizzata a tutti i confratelli si domandava che cosa dobbiamo fare oggi per ridare credibilità alla nostra istituzione, alla nostra educazione, alla nostra missione? E la risposta non poteva essere altra che la fedeltà a Don Bosco, al suo carisma, alla sua missione, al suo Sistema Preventivo. L’unico linguaggio credibile su Dio è l’amore.

34 Card. A. BAGNASCO, Prolusione alla 61ª Assemblea Generale della Conferenza Episcopale Italiana, n. 3.

35 BENEDETTO XVI, Lettera pastorale ai cattolici dell’Irlanda, n. 2.

36 Card. T. BERTONE, Intervento nell’incontro sacerdotale sull’attualità e bellezza del celibato, Città del Vaticano, 6 giugno 2010.

37 Card. A. BAGNASCO, Prolusione alla 61ª Assemblea Generale della Conferenza Episcopale Italiana, n. 2.

38 Card. A. BAGNASCO, Ibidem.

39 CONGREGAZIONE PER L’EDUCAZIONE CATTOLICA, Orientamenti educativi per la formazione al celibato sacerdotale, Roma, 11 aprile 1974; Ibidem, Orientamenti per l’utilizzo delle competenze psicologiche nell’ammissione e nella formazione dei candidati al sacerdozio. Roma, 29 giugno 2008. CONGREGAZIONE PER LA DOTTRINA DELLA FEDE, De delictis gravioribus Congregationi pro doctrina fidei reservatis, Roma, 18 maggio 2001. E ultimamente: CONGREGAZIONE PER LA DOTTRINA DELLA FEDE, Normae de gravioribus delictis, Roma, 15 luglio 2010.

40 BENEDETTO XVI, “Discorso ai Vescovi dell’Irlanda in visita ad limina” (28.10.2006).

41 Tra gli orientamenti era indicato che ogni Ispettoria creasse “una Commissione apposita per la gestione dei casi di abuso segnalati, per assistere l’Ispettore nel suo compito”.

42 BENEDETTO XVI, Lettera pastorale ai cattolici dell’Irlanda, n. 7.

43 BENEDETTO XVI, Ibidem.

44 La situazione legale non è uniforme; in alcuni paesi di cultura giuridica anglosassone, ma non solo, l’Ordinario, Vescovo o Superiore religioso, che viene a conoscenza di reati commessi dai propri sudditi, al di fuori del sigillo sacramentale, è obbligato per legge a denunciarli all’autorità giudiziaria. Anche se “si tratta di un dovere gravoso, perché questi Vescovi [o Superiori religiosi] sono costretti a compiere un gesto paragonabile a quello compiuto da un genitore che denuncia un proprio figlio…, in questi casi è da rispettare la legge.” Se invece l’Ordinario non è legalmente costretto alla denuncia, deve “rivolgersi alle vittime per invitarle a denunciare quei sacerdoti di cui sono state vittime”, oltre a prestare loro “tutta l’assistenza spirituale, ma non solo spirituale” (G. Cardinale, “Chiesa rigorosa sulla pedofilia”, Avvenire, 13 marzo 2010, p. 5).

45 Card. A. BAGNASCO, Prolusione alla 61ª Assemblea Generale della Conferenza Episcopale Italiana, n. 2.

46 T. RADCLIFFE, “Venite a me, voi che siete oppressi”, Il Regno N. 1076 - Regno-att. n. 7, 2010, pp. 201-202.

47 BENEDETTO XVI, Lettera pastorale ai cattolici dell’Irlanda, n. 13.

48 BENEDETTO XVI, Lettera pastorale ai cattolici dell’Irlanda, n. 11. Detto con più chiarezza: “Chi ha favorito atteggiamenti di indulgenza o pratiche di rimozione non ha mai applicato direttive di Chiesa, ma semmai le ha tradite, stravolgendo la doverosa riservatezza in complice copertura” (Mons. M. Crociata, Sguardo alla situazione della Chiesa in Italia).

49 BENEDETTO XVI, Omelia nella Messa di conclusione dell’Anno Sacerdotale, 11 giugno 2010.

50 BENEDETTO XVI, Lettera pastorale ai cattolici dell’Irlanda, n. 2.

51 G. BOSCO, “Ai soci salesiani”, Costituzioni della Società di san Francesco di Sales, Roma, Editrice S.D.B., 2003, p. 225.

52 M. LÜTZ, “La Chiesa e i bambini”, L’Osservatore Romano, 17 febbraio 2010, p. 4.

53 G. CUCCI – H. ZOLLNER, Chiesa e pedofilia. Una ferita aperta. Un approccio psicologico-pastorale, Milano, Ancora, 2010, p. 10.

54 BENEDETTO XVI, Lettera pastorale ai cattolici dell’Irlanda, n. 4.

55 BENEDETTO XVI, Omelia nella Messa di conclusione dell’Anno Sacerdotale.

56 Nota di P. Federico LOMBARDI sugli abusi (9 aprile 2010).

57 MB X, p. 1105.

58 Verbali del Capitolo Superiore, 5 agosto 1907, in FdR 4247A11

59 Verbali del Capitolo Superiore, 5 agosto 1907, in FdR 4247A11-12.

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