Atti_2000_370.ACG_


Atti_2000_370.ACG_

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1. IL RETTOR MAGGIORE
LA COMUNICAZIONE NELLA MISSIONE SALESIANA
«È straordinario! Fa sentire i sordi e fa parlare i muti» 1
1. Mettiamoci in onda - ...con la Chiesa - ... e con il Carisma - Comunicazione interpersonale.
- Comunicazione sociale. 2. «Far ascoltare i sordi e parlare i muti». - Cambiare mentalità. -
Le condizioni per comunicare. - L’urgenza del momento: qualificarsi. - Una competenza comuni­
taria. 3. Orientamenti pratici. - Impegni delle comunità. - Impegni delle Ispettorie. - Conclusione.
Roma, 8 dicembre 1999
Solennità dell’Immacolata Concezione
Carissimi Confratelli,
Il 2000 è alle porte. Ve lo auguro felice, nello spirito del Giu­
bileo straordinario che segna lo spartiacque tra i secoli e i mil­
lenni. In esso vi accompagneranno la riflessione sulla Penitenza
già trasmessa2, la strenna sulla Riconciliazione e la Pace, la
Lettera sull’Eucaristia che vi arriverà per il mese di maggio e il
sussidio preparato per le nostre celebrazioni comunitarie3.
In questa lettera invece voglio sviluppare con calma un
punto della nostra programmazione sessennale4.
Quando cerchiamo di immaginare come sarà la nostra vita e
quella dei giovani nel prossimo secolo, ci viene spontaneo il
pensiero dello sviluppo che può avere la comunicazione sociale.
I mezzi della comunicazione sociale sono già parte indispen­
sabile della nostra attrezzatura personale, quasi incorporati al
nostro modo di vivere: giornali, radio, TV cellulare, computer,
internet, congressi e convegni, spettacoli, eventi culturali ed av­
venimenti editoriali segnano le nostre giornate.
1 Me 7, 37
2 cf. ACG 369, ottobre-dicembre 1999
3 cf. ACG 369, pag. 48
1 cf. ACG 358 supplemento, numero speciale

1.2 Page 2

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4 ATTI DEL CONSIGLIO GENERALE
La comunicazione sociale riempie il mondo e determina la
forma della convivenza umana. Interessa quindi da vicino la vo­
cazione del salesiano come discepolo di Cristo e, in forma an­
cora più pressante, come uno che opera con mentalità di educa­
tore sui fronti della promozione e dell’evangelizzazione.
Ci chiamiamo, con convinzione ed interiore soddisfazione, fi­
gli di un Santo che ha saputo dare ascolto alle molte voci che ve­
nivano dai giovani e dalla cultura del suo tempo; ed è riuscito a
comunicare col gesto, con la parola e con la stessa struttura che
aveva creato. Questa infatti diventò “messaggio” proprio perché
esprimeva con chiarezza la finalità e lo spirito della sua missione.
In ciò Egli si ricollegava alla spiritualità di san Francesco di
Sales, indicato oggi come Patrono dei giornalisti cattolici per la
capacità di parlare e scrivere sulla vita cristiana in forma da
farsi capire da piccoli e grandi, letterati e semplici, uomini di
chiesa e persone lontane da ogni forma di religione.
Se da queste considerazioni, brevissime e necessarie, pas­
siamo ad esaminare la vita dei giovani del nostro tempo, sor­
gono in noi due sentimenti: scopriamo con rammarico che il
loro linguaggio, imparato sui media, rischia ormai di essere per
noi incomprensibile; e sentiamo l’urgenza di ricuperare terreno
nell’impiego della comunicazione, come risposta alla nostra vo­
cazione di Salesiani.
Si tratta di raggiungere prima e di tenere poi il passo di una
realtà che è in evoluzione continua e che a sua volta diventa
motore di un altrettanto ininterrotto cambiamento globale.
1. METTIAMOCI IN ONDA
... con la Chiesa
Molto è stato detto su questo tema nei recenti documenti
ufficiali della Chiesa e nei commenti per la giornata annuale
della Comunicazione sociale.

1.3 Page 3

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IL RETTOR MAGGIORE 5
Il materiale è abbondante e tocca i vari aspetti della comu­
nicazione sociale: dalla teologia5 alla dimensione socio-cultu­
rale; dalla formazione dei sacerdoti6 all’istruzione dei fedeli;
dalla preparazione di programmi all’organizzazione pastorale
delle diocesi per un intervento organico in questo campo7.
Non faccio una sintesi della dottrina. Mi accontento sol­
tanto di qualche spunto, per riportare il tema ad una considera­
zione che stimo la più importante per noi, sia sul piano della ri­
flessione, che su quello operativo.
Paolo VI aveva intuito il passaggio epocale che l’evangeliz­
zazione del mondo stava attraversando e, di conseguenza, le
nuove forme che l’annuncio del Vangelo richiedeva.
«Nel nostro secolo, afferma nella Evangelii Nuntiandi, con­
trassegnato dai mass media o strumenti di comunicazione so­
ciale, il primo annuncio, la catechesi o l ’approfondimento ulte­
riore della fede, non possono fare a meno di questi mezzi.
Posti al servizio del Vangelo, essi sono capaci di estendere
quasi a ll’infinito il campo di ascolto della Parola di Dio, e
fanno giungere la Buona Novella a milioni di persone.
La Chiesa si sentirebbe colpevole di fronte al suo Signore se
non adoperasse questi potenti mezzi, che l ’intelligenza umana
rende ogni giorno più perfezionati; servendosi di essi la Chiesa
“predica sui tetti” * il messaggio di cui è depositaria; in loro
essa trova una versione moderna ed efficace del pulpito. Grazie
ad essi riesce a parlare alle moltitudini»9.
L’indicazione parte dal mandato dato da Gesù alla Chiesa di
far giungere il Vangelo al mondo intero: si tratta di parlare a
moltitudini, di estendere all'infinito il campo dell’ascolto della
5 cf. Communio et Progressio, istruzione pastorale sugli strumenti della comuni­
cazione sociale, del 1971
6 cf. Orientamenti per la formazione dei futuri sacerdoti circa gli strumenti della
comunicazione sociale, del 1986.
7 cf. Aetatis Novae, istruzione pastorale sulle comunicazioni sociali nel XX anniver­
sario di Communio et Progressio, del 1992
8 cf. Mt 10,27; Lc 12,3.
“ Paolo VI, Esortazione apostolica Evangelii Nuntiandi, 8 dicem bre 1975, n. 45

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6 ATTI DEL CONSIGLIO GENERALE
parola, di arrivare con la buona novella a milioni di persone; e
anche di aiutare interi popoli a vivere con lucidità la fede rice­
vuta in una cultura nuova. È un primo elemento di cui rendersi
definitivamente consapevoli: i pulpiti, le cattedre, le piazze ed i
canali dell’annuncio sono cambiati, con vantaggi per tutti.
Dell’abbondante magistero di Giovanni Paolo II, non a caso
considerato un grande comunicatore, prendiamo un secondo
spunto che va oltre la capacità estensiva dei MCS e ci introduce
in una visione più sostanziale: la comunicazione sociale come
cultura.
«È un problema complesso, poiché questa cultura nasce,
prima ancora che dai contenuti, dal fatto stesso che esistono
nuovi modi di comunicare con nuovi linguaggi, nuove tecniche
e nuovi atteggiamenti psicologici.
Il mio predecessore Paolo VI diceva che “la rottura fra il
Vangelo e la cultura è senza dubbio il dramma della nostra
epoca”, ed il campo della moderna comunicazione conferma in
pieno questo giudizio»10.
La conclusione è perentoria. Il semplice utilizzo degli stru­
menti e delle tecniche della comunicazione sociale non è suffi­
ciente per giungere ad una integrazione tra messaggio evange­
lico e cultura attuale. Si devono scoprire concezioni di vita e va­
lori non diciamo diffusi, ma addirittura interni ai nuovi modi di
comunicare. «Non basta, quindi - sono le parole del Papa -,
usarli per diffondere il messaggio cristiano e il Magistero della
Chiesa, ma occorre integrare il messaggio stesso in questa
“nuova cultura” creata dalla comunicazione moderna»11.
E uno sforzo maggiore, ma indispensabile e, da molti punti
di vista, allettante per la novità dei panorami che offre.
Concludo questa rapida rassegna, riportando ancora un
testo dell’Esortazione Apostolica Vita Consecrata, che ci ri­
10 G io v a n n i P a o l o II, Lettera enciclica Redemptoris missio, 7 dicembre 1990, n. 37
11 G i o v a n n i - P a o l o II, Redemptoris missio, ib.

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IL RETTOR MAGGIORE 7
guarda molto da vicino. Ad esso l’Unione di Superiori Generali
ha voluto dedicare la sua 50a Adunanza12. Infatti la comunica­
zione sociale, nell’Esortazione, viene collocata tra gli areopaghi
moderni che più sfidano la mentalità cristiana e quindi più bi­
sogno ha dell’audacia, della creatività, della competenza e capa­
cità di nuove collaborazioni delle persone carismatiche.
«Le persone consacrate, soprattutto quando per carisma isti­
tuzionale operano in questo campo, sono tenute ad acquisire
una seria conoscenza del linguaggio proprio di tali mezzi, per
parlare in modo efficace di Cristo all’uomo d ’oggi, interpretan­
done “le gioie e le speranze, le tristezze e le angosce” 13, e contri­
buire così all’edificazione di una società in cui tutti si sentano
fratelli e sorelle in cammino verso D io»u.
... e con il Carisma
Ho ricordato brevemente l’esperienza di Don Bosco. Si po­
trebbe raccontare la sua storia di comunicatore, scoprire i co­
dici della sua comunicazione, commentare i suoi progetti. La
traduzione odierna del suo pensiero la troviamo nelle Costitu­
zioni che, proprio rifacendosi a lui, collocano la comunicazione
nella prospettiva che commentavamo sopra: come una grande
possibilità per l’educazione e l’evangelizzazione e come una
centrale di cultura.
Trascrivo letteralmente l’articolo delle Costituzioni: «Ope­
riamo nel settore della comunicazione sociale. È un campo di
azione significativo che rientra tra le priorità apostoliche della
missione salesiana.
Il nostro Fondatore intuì il valore di questa scuola di massa,
che crea cultura e diffonde modelli di vita, e s ’impegnò in imprese
apostoliche originali per difendere e sostenere la fede del popolo.
12 USG, La sfida della Comunicazione. Mezzi di Comunicazione sociale ed evan­
gelizzazione, Roma 1999
13 GS 1
14 VC 99

1.6 Page 6

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8 ATTI DEL CONSIGLIO GENERALE
Sul suo esempio valorizziamo come dono di Dio le grandi
possibilità che la comunicazione sociale ci offre per l’educazione
e l ’evangelizzazione»15.
L’indicazione era presente nel primo testo costituzionale
preparato da Don Bosco per presentarlo alla Santa Sede.16 Già
da allora l’obbligo di impegnarsi nella comunicazione sociale ve­
niva riconosciuto come parte importante del nostro apostolato.
Le aree tipiche della missione affidata ai Salesiani, l’educa­
zione, l’evangelizzazione, la comunicazione sociale, sono da col­
legarsi tra loro e, per arrivare a decisioni operative concordi
con il carisma, sono da riferire pure ai destinatari preferenziali
della nostra missione ed ai servizi che vogliamo loro offrire.17
Questi chiarimenti, da una parte aiutano a considerare la
comunicazione sociale non semplicemente come un insieme di
strumenti o mezzi materiali da adoperare o come una attività
autonoma, seppure all’interno del carisma. Essa invece investe
tutta la presenza salesiana, impegnata nell’educare ed evange­
lizzare tanto attraverso opere specifiche, quanto attraverso
altre forme di azione che influiscono sulla cultura popolare e la
promozione di forme sociali adeguate18.
D’altra parte, le medesime indicazioni costituzionali circo­
scrivono, orientano e finalizzano le molte possibilità, modalità e
campi della comunicazione sociale agli obiettivi della nostra
missione, liberandola dal rischio di dispersione nei messaggi e
nelle iniziative.
La comunicazione viene così intesa come “via maestra” per la
realizzazione delle diverse aree della missione. Di conseguenza
emerge come una competenza necessaria che rientra nell’identità
del salesiano educatore, pastore, evangelizzatore, promotore vo­
15 Cost. 43
16 cf. Costituzioni 1858, I, 5 (cf. Testi critici a cura di F. Motto, ISS-LAS 1982,
pag. 78)
17 cf. Cost. 31
18 cf. ib.

1.7 Page 7

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IL RETTOR MAGGIORE 9
cazionale19. Egli realizza questi aspetti della sua missione «in par­
ticolare con la comunicazione sociale», afferma l’articolo 6 delle
Costituzioni, in linea con la lettera circolare di Don Bosco del 19
marzo 1885: «Vi prego e vi scongiuro adunque di non trascurare
questa parte importantissima della nostra missione. Incomincia­
tela non solo fra gli stessi giovanetti che la Provvidenza vi ha af­
fidati, ma colle vostre parole e col vostro esempio fate di questi al­
trettanti apostoli della diffusione dei buoni libri»20.
L’insistenza di Don Bosco si farebbe oggi più pressante. Egli
si porrebbe ancora una volta “ all’avanguardia del progresso” ,
per influire sui criteri con cui vengono adoperati i nuovi stru­
menti tecnici e per diffondere attraverso di essi e su di essi pro­
poste educative e culturali proprie.
Ciò avevo in mente, quando alla fine del CG24 proponevo la
comunicazione sociale come uno dei punti principali di atten­
zione del sessennio21e quando con il Consiglio generale integra­
vamo nella programmazione generale alcune indicazioni sulla
comunicazione, che consideravamo prioritarie, oltre un ade­
guato programma settoriale affidato al corrispondente dica­
stero22. «Abilitare - si diceva tra le strategie per rendere più si­
gnificativa la presenza salesiana - le comunità e le CEP a co­
municare con il proprio contesto offrendo messaggi (tipo di pre­
senza, testimonianza, interventi, partecipazione) efficaci per la
promozione umana e l’evangelizzazione»23.
Comunicazione interpersonale.
Come educatori ci interessa innanzitutto la comunicazione
19 cf. Il progetto di vita dei Salesiani di Don Bosco. Guida alla lettura della Costi­
tuzioni salesiane, Roma 1986, pag. 363
20 E. C e ria , Epistolario di san Giovanni Bosco, volume 4°, pag. 318 e ss., lettera
numero 2539. Circolare del 19 marzo 1885: “Diffusione dei buoni libri” .
21 cf. CG24 n. 249-251.
22 ACG 358 supplemento, cf. 2, 21 pag. 15 e parte II - Comunicazione sociale,
pag. 29-32
23 ACG 358 supplemento, cf. 2, 21 pag. 15

1.8 Page 8

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10 ATTI DEL CONSIGLIO GENERALE
interpersonale tra adulto e giovane, tra laici e religiosi, tra quan­
ti sono ricchi di esperienza e coloro che muovono i primi passi
nella vita, tra tutti coloro che hanno dei doni da condividere.
Su di essa ho avuto già opportunità di intrattenermi con voi
a proposito della comunità “nucleo animatore”24. La riprendo
brevemente perché appartiene alla completezza del tema che
stiamo trattando e nel suo contesto rivela nuove dimensioni.
Il sistema preventivo, si è detto, affida l’efficacia educativa
principalmente all’incontro diretto, faccia a faccia. Ed è un in­
contro di fiducia, di amicizia. Perché il giovane si affidi, anche
l’educatore deve consegnare spontaneamente ciò che vive. Lo
spirito di famiglia favorisce incontri per crescere insieme: dal
cortile ai momenti programmati di dialogo. Sono aspetti sva­
riati di comunicazione interpersonale.
Ciò va esteso in forma analoga anche agli operatori, i colla­
boratori, i corresponsabili. Ogni progetto e comunità educativa
esige un sincero confrontarsi sulla situazione in cui si opera, un
verificare il cammino proposto e realizzato, un farsi carico di
quello che va emergendo nel cuore delle persone coinvolte
mentre cercano di compiere la missione comune.
Per la comunità religiosa, le diverse forme di coinvolgi­
mento dei confratelli e della comunità giustificano l’importanza
data dalle Costituzioni agli incontri comunitari: consigli di co­
munità, assemblee comunitarie, momenti di preghiera parteci­
pata e simili.
Ridurre le possibilità di dialogo e di interscambio nella co­
munità religiosa, come nelle comunità educative, porterebbe a
non sviluppare e non accompagnare i processi di crescita dei
giovani e delle persone con le quali lavoriamo.
Aggiungo due rilievi. Il nuovo tono e la nuova situazione
della vita fraterna stimolano a creare nelle nostre comunità lo
24
cf. ACG 363, Esperti, testimoni e artefici di comunione. La comunità salesiana -
nucleo animatore.

1.9 Page 9

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IL RETTOR MAGGIORE 11
spazio per conversare. Spesso la fretta e le molte cose program­
mate non lasciano il respiro sufficiente alla conversazione ripo­
sante, non strutturata, nella quale ci si scambia in forma perso­
nale e si mette a prova la nostra capacità di condividere.
Quando non scade nel banale o nella mormorazione, nel pette­
golezzo e nel lamento, la conversazione offre le condizioni per
una forma nuova di stare insieme, di comportarsi, di ascoltare,
di rispondere, di conoscersi e conoscere; insomma, di vivere.
Il secondo rilievo è per sottolineare l’importanza dell’ascolto
attento ed interessato nella comunicazione interpersonale.
Dare la parola, lasciar parlare! La comunicazione è disturbata
non soltanto da quelli che si ritraggono nel silenzio, ma anche
da coloro che non favoriscono o non danno spazio al manife­
starsi degli altri. «Ogni Superiore (...) lasci parlare molto, ma
egli parli poco»25 raccomandava Don Bosco all’educatore. Oggi
forse la tendenza, imparata dalla TV e dagli spettacoli, porta in
direzione contraria.
L’impegno richiesto alla competenza educativa nell’ambito
della comunicazione è dunque ampio. Include una riforma di
atteggiamenti ed abitudini, oltreché dei rapporti e delle forme
di collaborazione.
Comunicazione sociale.
La comunicazione sociale va oltre quella interpersonale.
Ci proietta nel mondo delle tecnologie che consentono di rivol­
gersi simultaneamente con un medesimo messaggio a gran nu­
mero di persone e di stabilire collegamenti e contatti senza
frontiera. In tal senso è un fenomeno “nuovo” e nel suo ambito
continuano a prodursi delle innovazioni che ci interpellano.
Viviamo, si ripete, in un villaggio globale, nel paese “ elettro­
nico” . Tali espressioni potranno essere discutibili. Rendono però
bene un’idea: la comunicazione avvolge tutti, raggiunge gli
25
B r a id o P. (a cura di ) Don Bosco educatore. Scritti e testimonianze, Roma, LAS
1997, pag. 282

1.10 Page 10

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12 ATTI DEL CONSIGLIO GENERALE
estremi del mondo, avvicina popoli e persone: l’universo che abi­
tiamo è sempre più cablato. Alla rete dei meridiani e dei paralle­
li si è sovrapposta quella delle linee di comunicazione e delle on­
de elettromagnetiche che propagano impulsi, immagini e voci.
I prossimi anni, poi, promettono ulteriori rivoluzioni.
Quanto è stato già realizzato nel campo della comunicazione so­
ciale riceverà uno sviluppo sia quantitativo che qualitativo che
oggi è soltanto “simulato” . Ce lo fanno capire la ricerca, il mer­
cato e la pubblicità: non appena abbiamo acquistato un cellu­
lare, un televisore o un computer, già sentiamo parlare del
prossimo modello con nuove possibilità.
Siamo ancora ai primi passi. Le prossime novità non sa­
ranno le ultime. Anzi potrebbero provocare ancora un’accelera­
zione del cambiamento. Tutto ciò rappresenta una opportunità
e un condizionamento la cui portata non bisogna rischiare di
sottovalutare.
Tre aspetti vanno seriamente esaminati dalle nostre comu­
nità educative e religiose.
II primo è il nuovo rapporto tra mezzo e messaggio. Forse
esso non è ancora capito né accettato dalla nostra mentalità,
abituata a distinguere materia da forma, contenuto da stile.
Una notizia, un evento, un messaggio assumono caratteri­
stiche differenti a seconda dello strumento che viene utilizzato.
Uno è l’effetto se si comunica a viva voce e faccia a faccia. Di­
versi sono il valore, il contenuto della notizia e la reazione degli
ascoltatori, se la stessa realtà giunge attraverso uno o molti
giornali. Cambia ulteriormente, se ci si serve di un annuncio
radiofonico. Se poi utilizziamo la televisione i risultati sono an­
cora diversi.
Quanto più vasto è il raggio di intervento, quanto più at­
traente è la forma di presentazione, quanto più distante è l’in­
terlocutore, tanto più “incontestabile” diventa la comunicazione.
C’è un secondo aspetto che ci riguarda molto da vicino. Le
nostre comunità, le opere e attività cui diamo origine, come

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2.1 Page 11

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IL R E T T O R M A G G IO R E 13
ogni istituzione, entrano in un sistema più vasto di comunica­
zione, con il quale si confrontano e dentro del quale interagi­
scono. Sembrano realtà fisiche e mute; invece emettono mes­
saggi anche prima che noi prendiamo la penna o il microfono
per spiegarci o raccontarci.
È indispensabile, quindi, badare non soltanto a quanto si
realizza all’interno dell’opera. Va considerata l’immagine che si
dà, il riflesso che la nostra azione produce fuori dell’opera.
Parla l’edificio materiale con la sua sobrietà e buon gusto; parla
il tipo di giovane che prevale nell’opera; comunica il pro­
gramma e lo stile educativo; parla l’ambiente sperimentato di­
rettamente o conosciuto per altre vie. A seconda poi della no­
stra comunicazione, con e nel contesto, quello che compiamo
può espandersi o essere negativamente condizionato.
Da ultimo, va colto e valorizzato il servizio alla comunione.
L’urgenza di entrare nella società della comunicazione con
più vigore viene dal fatto che l’informazione e la comunica­
zione, mentre occupano un posto sempre più pervasivo nella
vita dell’uomo, sembrano dare luogo ad una Babele, dove gente
di un unico popolo e lingua non riesce ad intendersi, piuttosto
che alla piazza di Gerusalemme, dove lo Spirito ispirò un mes­
saggio capito unitariamente da gente di diversi popoli e lingue.
Si dice molto infatti e si raggiungono molti con la comunica­
zione sociale, ma l’interpretazione dei fatti e di aspetti impor­
tanti della vita sono sovente dispersivi e contraddittori. C’è
dunque bisogno di orientare verso l’unità quanto c’è di buono
in essa.
Come essere educatori - evangelizzatori in un villaggio glo­
bale di queste dimensioni? Come diventare efficaci quando
molti maestri concorrono alla formazione degli stessi giovani,
ma con proposte differenti tra loro?
Il problema non sta nel fatto di adoperare strumenti, ma
nella capacità di esprimerci adeguatamente attraverso essi. Im­
mersi in una rete universale, siamo chiamati a creare, a scam­

2.2 Page 12

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14 ATTI DEL CONSIGLIO GENERALE
biare, ad immagazzinare conoscenze e ricchezze culturali che
diventano comuni.
Una persona e un popolo sono tali perché sono capaci di
produrre quanto è necessario per conoscere ed essere cono­
sciuti; perché sanno apprendere dagli altri ciò che serve per vi­
vere e sanno offrire agli altri quanto può aiutare a vivere me­
glio; perché sono capaci di accumulare informazioni, notizie,
fatti ed esperienze che costruiscono la propria storia e servono
per camminare verso un futuro.
C’è un patrimonio di informazioni, di conoscenze e di imma­
gini utili che si trasmette. La comunicazione attuale però può
portare, se non se ne conoscono le leggi, sia a trascurare ciò che
è importante, sia a dimenticare quello che si è elaborato con
travaglio.
2. “FAR ASCOLTARE I SORDI E PARLARE I MUTI”.
Gesù è la Parola. Poiché vive un’ineffabile comunicazione
con il Padre e lo Spirito, Egli comunica Dio all’uomo e gli fa
percepire, alla luce di Dio, nel loro giusto senso e dimensione,
persone, avvenimenti e cose. E questa Parola penetra nell’uni­
verso e si diffonde nella storia.
L’uomo deve imparare e disporsi a accoglierla e poi comu­
nicarla.
Ci sono pagine evangeliche che esprimono bene il compito
educativo che abbiamo nell’ambito della comunicazione. Sono
quelle in cui si racconta come Gesù scioglie le capacità dei
sensi: occhi, udito, lingua ed abilita a percepire il mondo, gli
altri e lui medesimo.
«Gli portarono un uomo che era sordomuto e lo pregarono di
mettere le mani sopra di lui. Allora Gesù lo prese da parte, lon­
tano dalla folla, gli mise le dita negli orecchi, sputò e gli toccò
la lingua con la saliva. Poi alzò gli occhi al cielo, fece un sospiro
e disse a quell’uomo: Effatà! (che significa) Apriti!

2.3 Page 13

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»
IL RETTOR MAGGIORE 15
Subito le sue orecchie si aprirono, la sua lingua si sciolse ed
egli si mise a parlare molto bene. Gesù ordinò di non dire nulla
a nessuno, ma più comandava di tacere, più la gente ne parlava
pubblicamente.
Tutti erano molto meravigliati e dicevano: - È straordi­
nario! Fa sentire i sordi e fa parlare i muti!»26
I miracoli sono un’epifania di Gesù e mettono in evidenza
aspetti del suo potere di salvare l’uomo. Lo scioglimento degli
organi ed il recupero dei sensi consentono di comunicare con la
realtà totale dalla quale si era tagliati fuori: la realtà fìsica del
mondo, quella delle persone, quella interiore, quella trascen­
dente. Ci fanno prima attenti osservatori e ascoltatori di tali
realtà e poi ci consentono di interpretarla e di proclamarla.
Così il cieco nato comincia vedendo gli uomini “come fossero al­
beri” e finisce vedendo Gesù come Messia, Figlio di Dio27.
Notiamo che il miracolo si compie senza una parola da parte
di Gesù. Egli fa gesti concreti, semplici, d’immediata compren­
sione, che non necessitano di commenti. La voce individuale di
colui che è stato guarito viene subito amplificata dalla “infor­
mazione” di tutti i testimoni che incominciano a parlare per
raccontare l’accaduto.
Noi siamo chiamati a dare la parola, ad aprire gli occhi, ad
informare sul dono di Dio. Come disporci? Dovremo essere ben
comunicati con le realtà che contano e buoni comunicatori, non
semplicemente tecnici degli strumenti.
Cambiare mentalità.
La comunicazione sociale, dicevamo, investe tutta la pre­
senza salesiana. Entrare in essa non comporta solo di ritoccare
alcuni elementi di questa presenza, lasciando invariati gli altri:
richiede piuttosto di compiere una conversione culturale che si
28 Mc 7, 31-37
27 cf. Mc 8, 22-24; Gv 9, 35-38

2.4 Page 14

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!
16 ATTI DEL CONSIGLIO GENERALE
traduce in impegno spirituale ed in novità di visione pastorale.
La preoccupazione prevalente nel lavoro era, fino ad oggi,
rivolta al rendimento che si poteva ottenere all’interno delle
opere.
In queste siamo riusciti, con la grazia del Signore e con l’a­
zione di confratelli e collaboratori, a creare un ambiente soddi­
sfacente e sereno ed a comunicare ai giovani convinzioni, atteg­
giamenti e valori.
Le comunità salesiane inoltre si collegavano al contesto so­
ciale in cui si trovavano, secondo le modalità possibili nell’era
preinformatica: offerta di momenti culturali, partecipazione ad
avvenimenti religiosi e sociali, rapporto diretto con le famiglie,
contatto con organismi e istituzioni civili ed ecclesiastiche.
Era una prassi formulata e praticata. Oggi, nell’era infor­
matica, intervengono nuovi fattori e devono quindi crescere la
consapevolezza e l’attenzione alle ripercussioni amplificate
della propria presenza, dei propri atteggiamenti e interventi.
La comunità salesiana è chiamata a progettare guardando il
proprio lavoro anche dal di fuori. È un ricollocarsi, non tanto
geograficamente quasi un migrare da un posto ad un altro;
quanto mentalmente, cioè saper considerare le cose da punti di
vista che vanno oltre lo spazio materiale e le finalità immediate.
Ciò richiede di passare dalle preoccupazioni elaborate all’in­
terno, all’ascolto delle sensibilità ed aspettative che vengono
dal contesto; dal fare molto e con impegno soltanto tra le mura
domestiche, a rilevare che cosa e come gli altri possono perce­
pire della nostra azione e presenza; dal semplice svolgimento
accurato delle attività, alla capacità comunicativa e coinvol­
gente del contesto sui valori tipici della missione e spiritualità
salesiana.
C’è una parola di Don Bosco che può aiutarci a comprendere
il significato di tutto ciò affinché la presenza salesiana, nel suo
sforzo di mostrarsi o raccontarsi, non si riduca ad aspetti di fac­
ciata né si centri sulla autopresentazione.
«Siamo in tempi, in cui bisogna operare. Il mondo è diven-

2.5 Page 15

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IL RETTOR MAGGIORE 17
tato materiale, perciò bisogna lavorare per far conoscere il bene
che si fa. Se uno fa anche miracoli pregando giorno e notte e
stando nella sua cella, il mondo non ci bada e non ci crede più.
Il mondo ha bisogno di vedere e di toccare»26.
E un’espressione ardita, di una concretezza che sconcerta.
Richiede un modo diverso di guardare alla stessa organizza­
zione della vita comunitaria e dell’azione apostolica. È indi­
spensabile pensare la presenza, la comunità e l’opera salesiana
“in rete” , come un’emittente, intercomunicata.
Il CG24 ha indicato nuove aperture in questo stesso senso.
La prima riguarda i collaboratori laici. Non è solo questione, si
è già ripetuto più volte, di avere delle persone esterne alla co­
munità, che vengono a lavorare con noi nell’educazione ed
evangelizzazione dei giovani. La loro presenza significa da
parte nostra accoglienza di altri punti di vista: le tipiche pro­
spettive laicali.
Non si può parlare di collaborazione e di corresponsabilità
se non si realizza una reciprocità e un’integrazione di vedute ed
esperienze. Ciò porta necessariamente ad una diversa visione
dell’azione salesiana, a nuove modalità di intervento.
Questo cambio di mentalità e di modello operativo ha un
nome: comunità educativa. Essa non è un fatto puramente tec­
nico, una nuova struttura; ma proprio una realtà di comunica­
zione interna ed esterna. Non si riduce ad esprimere contenuti
ben articolati, con chiarezza verbale e correttamente collocati
nel tempo. È, innanzi tutto, capacità di relazione, di informa­
zione reale, pertinente ed opportuna, di condivisione vitale, di
scelta comune dei criteri educativi e pastorali.
Il salesiano presente nella comunità educativa con una re­
sponsabilità specifica, dovrà imparare le molte strade e varia­
zioni del dialogo con i laici e con l’insieme della stessa comunità
educativa.
28 MB XIII, 126

2.6 Page 16

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18 ATTI DEL CONSIGLIO GENERALE
Un secondo ambito che interessa il cambio di mentalità è il
contesto in cui siamo chiamati ad operare: il più vasto territorio
in cui l’opera salesiana è collocata come centro di aggregazione.
La riscoperta di questa funzione invita ad allargare il dia­
logo alle istituzioni educative, sociali e religiose che operano
nella stessa area. Il confronto con esse è il banco di prova di
quel che siamo capaci di comunicare al di fuori della comunità
religiosa e dei più stretti collaboratori.
Che cosa si percepisce all’esterno del progetto educativo dei
Salesiani, delle scelte di valori privati e sociali che essi fanno
per sé e propongono ai giovani?
Come l’opera salesiana si qualifica nel territorio, nei settori
che le sono carismaticamente più congeniali: l’attenzione alla
condizione dei giovani, l’accompagnamento dello sviluppo del
ceto popolare, la vicinanza a quanti si sentono e vivono isolati
ed emarginati? La CEP diventa significativa nel territorio e
quindi messaggio comprensibile, quando è capace di associare
coloro che sono interessati ad iniziative educative e culturali e
si presenta come centro di irradiazione di sensibilità, proposte e
operatori che si collegano ad essa.
Si può anche fare riferimento ad una terza apertura verso
cui spinge lo stesso CG24: è lo spazio creato dalle tecniche mo­
derne, capaci di costruire rapporti, offrire un’immagine di sé ed
iniziare un dialogo effettivo con interlocutori invisibili ma reali.
Qui soprattutto si richiede un cambio di mentalità, sia
perché non ci è familiare lo spazio virtuale, sia perché bisogna
imparare forme nuove di comunicazione e di incontro. Non
mancano esempi di realizzazioni che, offerta la possibilità, sono
portate avanti anche da giovani volenterosi o collaboratori pro­
fessionisti. Si sono moltiplicate le web ed alcune di esse presen­
tano una qualità educativa e raggiungono un numero di per­
sone che duplicano l’influsso dell’opera.
Siamo parte, cosciente o meno, di una grande rete che ci av­
volge. Si può rimanere estranei oppure ci si può inserire, of­

2.7 Page 17

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IL RETTOR MAGGIORE 19
frendo, anche in questo campo, i doni che abbiamo come educa­
tori ed evangelizzatori.
Non va considerata piccola cosa il fatto di poter diffondere
istantaneamente, in tutto il mondo, informazioni e comunicati.
Spesso commentiamo più i rischi che i pregi di tale situazione.
Ma se vogliamo che il mondo della comunicazione venga modifi­
cato dal lievito evangelico dobbiamo sentirci interpellati ad in­
tervenire ed interagire con coloro che vengono in piazza o negli
areopaghi “per parlare e sentir parlare”29.
Le condizioni per comunicare.
Quando si considerano le cose solo da una prospettiva im­
mediata, le condizioni principali per la comunicazione sociale
sembrano essere la spettacolarità e la vendita dei prodotti.
È sufficiente porre un poco di attenzione a ciò che offre la
televisione, il più potente dei mass media, per esserne convinti.
La TV tende, per sua natura, a rendere spettacolare ogni
evento. Tutti i programmi sono organizzati attorno a questa
esigenza. L’informazione stessa deve essere spettacolarizzata.
Per essere interessanti in TV bisogna suscitare emozioni,
impressionare, diventare immagine forte a colpi di luce, colore,
originalità, successione rapida di fotogrammi e commenti.
Così pure la comunicazione è oggi un grande mercato. Defi­
niamo la nostra come una società dell’informazione e dell’im­
magine. L’informazione è la principale materia prima dell’eco­
nomia: si scambiano molti più dati che prodotti. L 'audience
viene disputata senza esclusione di colpi. La propaganda punta
sull’immagine più che sul prodotto offerto. La comunicazione
stessa, in tutti i suoi aspetti, è una produzione di grandi
aziende con relativo gioco di domanda ed offerta, concorrenza
di prezzi e di qualità.
29 cf. At 17, 20

2.8 Page 18

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20 ATTI DEL CONSIGLIO GENERALE
In questa situazione si trova ad agire con intenzione educa­
tiva la comunità salesiana. Anch’essa deve, in un certo senso,
impressionare e vendere. Cerca dunque di capire come fun­
ziona la comunicazione, ma sottolinea l’esigenza che essa sia
messa a servizio della crescita umana e che realizzi comunione
tra gli uomini.
Per essere in questo propositiva ed efficace, la comunità
punta su altre condizioni: sia da un punto di vista personale, e
ancor più da un punto di vista istituzionale scommette sulla
autenticità e sulla trasparenza.
Queste sono qualità richieste da coloro che ci considerano
punto di riferimento per la vita e l’esperienza umana e cri­
stiana in un territorio. Ma non solo: per noi, discepoli di Cristo,
sono pure requisiti e fattori vincenti della comunicazione.
Riconosco che ci si chiede di acquisire alcuni atteggiamenti
personali e comunitari. Abbiamo vissuto, quasi in forma riser­
vata, scelte e progetti, realizzazioni e orientamenti culturali.
Gli altri dovevano scoprire l’anima interiore delle nostre at­
tività. Non era nostra intenzione tenerli nascosti, ma nem­
meno eravamo preoccupati di essere “trasparenti” , di farci
conoscere.
Il discorso non è soltanto morale. Appartiene all’universo
della comunicazione: per essere presenti, bisogna essere leggi­
bili; per essere efficaci, bisogna essere autentici, comunicare
cioè esperienze e convinzioni profondamente sentite e vissute.
Gli strumenti della comunicazione, particolarmente i più re­
centi, rappresentano un supermercato delle idee. Le visioni
della vita e le proposte che offrono sono molte, facili da acco­
gliere e facili ad essere abbandonate.
Il pericolo è di smarrire il senso della differenza tra il neces­
sario e il superfluo, tra l’importante e l’effimero. Essendo tutto
soggetto a consumo, tutto può diventare oggetto di scambio. E
in questo “tutto” possono andare a finire anche l’autenticità e
la trasparenza. La “finzione gradevole” in vista della vendita
sostituisce la verità e la sincerità; la ricerca ossessiva dell’au­

2.9 Page 19

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IL RETTOR MAGGIORE 21
dience diventa norma al posto del proposito di generare conver­
genza e risposta responsabile.
Anche consapevoli di questi rischi e tendenze reali, espri­
miamo un giudizio positivo su tutto il mondo della comunica­
zione, per i «vantaggi che questi strumenti, se adoperati bene,
possono apportare all’umana famiglia; infatti essi servono mi­
rabilmente a sollevare e ad arricchire lo spirito, nonché a pro­
pagare e a rafforzare il Regno di Dio»30.
Gesù, Apostolo del Padre, venuto nel mondo a comunicare
la vita di Dio, ha collegato in forma nuova i tre elementi dell’e­
spressione umana: la parola, l’azione e i gesti simbolici. La pa­
rola a sostegno del gesto, perché questo non restasse muto; il
gesto a complemento della parola, perché si riempisse di visibile
e concreto (“la Parola si fece carne”31, è detto di Gesù che viene
nel mondo); l’azione come compimento nella storia della ric­
chezza del gesto e del significato della parola.
Autenticità e trasparenza non sono quindi una utopia irrea­
lizzabile. Sono i criteri di valutazione di quanto viene offerto per
costruire comunione e responsabilità. Misurano, in altre parole,
se la volontà di comunicare è vera e le intenzioni che la guidano
sono nella linea dell’etica e dell’amore. Sono quindi l’impegno
del credente che vuole entrare in rapporto con gli altri.
L’urgenza del momento: qualificarsi.
Per rispondere alla sfida dell’odierna comunicazione si
rende necessario un cammino formativo adeguato.
Con l’evoluzione dei media sorge un conflitto tra le possibi­
lità interne alle tecnologie medesime e l’accettabilità umana di
quello che attraverso esse viene offerto. Non è automatico, in­
fatti, il rapporto tra crescita tecnica e maturazione umana, tra
sviluppo tecnologico e progresso civile.
cf. Inter mirifica (IM), 2
31 Gv 1, 14

2.10 Page 20

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22 ATTI DEL CONSIGLIO GENERALE
Notiamo che mentre la tecnica si sviluppa con estrema rapi­
dità, lo sviluppo delle competenze individuali, di apprendi­
mento ed uso delle nuove tecniche è piuttosto lento e disuguale.
È già esperienza delle nostre comunità una doppia velocità:
alcuni trovano difficoltà di adattamento e allontanano perfino il
pensiero di mettersi ad imparare l’uso e la valutazione di quello
che riguarda gli strumenti informatici; altri invece si ritrovano
facilmente nei nuovi linguaggi e nelle nuove possibilità offerte
da essi e tengono facilmente il passo del loro sviluppo. È, in
qualche modo, lo specchio di quello che sta succedendo, a di­
mensioni molto più grandi, nella realtà sociale.
Che fare, quindi? L’unica strada utile da seguire è quella
della formazione. La nuova alfabetizzazione, cioè la capacità di
leggere e scrivere nella cultura dei media, riguarda tutte le per­
sone e, per quanto concerne la fede, tutti i credenti. Quanto più
dovrà interessare ad educatori ed evangelizzatori!
Da alcuni anni la Chiesa, attraverso i dicasteri competenti
della Santa Sede, propone un cammino che contempla tre diffe­
renti livelli di formazione: uno di base, un secondo “pastorale” ,
il terzo di preparazione specialistica.
Il minimo richiesto si colloca al livello di base. Ciascuno di
noi consuma quotidianamente informazioni, che lo raggiun­
gono attraverso mille strade: dal giornale al libro, dalla radio al
video, dal cinema all’Internet.
Imparare a leggere e a valutare è il primo passo. Non ci si
può esporre al bombardamento comunicativo, senza avere gli
anticorpi necessari e chiavi di lettura, per non lasciarsi cattu­
rare in maniera ingenua; per non vedere solo con gli occhi degli
altri e giudicare con la testa degli altri. Non si può nemmeno
essere solo audience in un momento in cui l’interattività è ge­
neralizzata e ogni cittadino ha diritto e possibilità di esprimersi
immediatamente su quello che gli viene offerto.
Nel cammino formativo delle comunità, in quelle religiose

3 Pages 21-30

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3.1 Page 21

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IL RETTOR M AG G IO R E 23
salesiane come nelle comunità educative, si dovranno conside­
rare gli orientamenti della Chiesa32, per non esprimere unica­
mente generici apprezzamenti negativi, ma aiutare a saper
dare giudizi motivati sui prodotti della comunicazione. Bisogna
dunque fare lo sforzo di formarsi per poter adoperare ordina­
riamente i nuovi mezzi, tecniche e linguaggi: verbale, gestuale,
audiovisuale, simbolico; discorso, radio, televisione.
È ampio lo spazio per proposte formative ed anche per ini­
ziative di intervento regolare ed ordinario rispondenti alle esi­
genze dei differenti luoghi in cui si opera. Penso quanto potreb­
bero influire le comunità educative nella difesa dei diritti dei
più deboli e dei valori delle culture locali, se sapessero inserirsi
nei circuiti di comunicazione con giuste valutazioni su quanto
accade e con opportune proposte su cose da realizzare.
Una funzione permanente di “ comunicazione” verso l’e­
sterno, anche con spese economiche, è tutt’altro che superflua o
marginale per una comunità educativa
Il secondo livello di formazione riguarda coloro che hanno
particolari responsabilità nell’animazione della comunicazione
sociale nel territorio.
Non è ancora il livello degli specialisti, ma quello degli ope­
ratori educativi e pastorali che devono entrare nella rete della
comunicazione con la loro professionalità e secondo la loro mis-
32 «Se la Chiesa adotta un atteggiamento positivo e aperto verso i media, cercando
di penetrare la nuova cultura creata dalla comunicazione allo scopo di evangelizzarla, è
necessario che essa proponga anche una valutazione critica dei media e del loro impatto
sulla cultura.
Come è stato già detto altre volte, la tecnologia della comunicazione costituisce
una meravigliosa espressione del genio umano e i media giovano considerevolmente
alla società. Ma, come è stato ugualmente sottolineato, l’applicazione della tecnologia
della comunicazione è stata solo in parte un beneficio, e la sua utilizzazione consape­
vole necessita di valori sani e di scelte avvedute da parte degli individui, del settore pri­
vato, dei governi e dell’insieme della società. La Chiesa non intende imporre queste de­
cisioni e queste scelte, ma cerca di dare un aiuto reale indicando i criteri etici e morali
applicabili in questo campo, criteri che si troveranno sia nei valori umani che nei valori
cristiani» (Aetatis Novae, 12)

3.2 Page 22

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24 ATTI DEL CONSIGLIO GENERALE
sione. Interessa quindi gli animatori ispettoriali della comuni­
cazione sociale, le comunità religiose e quelle educative.
Si tratta di conoscere, prima di tutto, gli influssi reali ed ef­
fettivi che le nuove tecnologie dell’informazione e dei media
esercitano sui processi educativi degli individui e dei gruppi.
Nasce da qui un’esigenza nuova di progetto educativo: inte­
grare esplicitamente i criteri della comunicazione nelle scelte
pastorali. Ieri era sufficiente che il contenuto fosse ben definito
e confezionato. Lo strumento sarebbe servito solamente per far
“passare” con efficacia il messaggio al maggior numero possi­
bile di destinatari.
Il modello nuovo pone in evidenza che i media non sono solo
“ mezzi” ; comportano una cultura, una filosofia della vita, un’e­
tica che reinterpreta e rilegge i valori, una spiritualità che ri­
chiede la sintesi su aspetti nuovi della vita umana e cristiana.
Nell’ordine più specifico della elaborazione e presentazione dei
messaggi l’uso degli strumenti e la forma determinano caratte­
ristiche e significati non secondari del messaggio stesso.
Quest’opera di inculturazione è oggi indispensabile e
orienta in maniera differente il fare l’educatore e il pastore.
Ci sono altri elementi di questo livello formativo che ri­
chiamo all’attenzione come importanti ed attuali.
La comunità educativa deve essere pronta a «dispensare il
suo ministero sia a coloro che sono ricchi di informazione, sia a
coloro che ne sono poveri; [...] sappia come invitare al dialogo,
evitando uno stile di comunicazione che faccia pensare al do­
minio, alla manipolazione o al profitto personale»33.
La comunità salesiana e quella educativa devono, in parti­
colare, saper accompagnare coloro che sono attivamente impe­
gnati nel lavoro con i media. Non siano lasciati soli. Siano in­
coraggiati ed appoggiati nella loro attività. Vengano convocati,
in alcune circostanze, per un dialogo franco e per un vicen­
devole aiuto alla comprensione e alla verifica del loro cammino
33 cf. Aetatis Novae, 18.

3.3 Page 23

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IL RETTO R M AG G IO R E 25
e delle loro proposte34. Essi, d’altra parte, cercheranno di ascol­
tare valutazioni e pareri, di agire secondo un progetto comuni­
tario e di lavorare in équipe in maniera corresponsabile e par­
tecipata.
Il terzo livello di formazione riguarda gli specialisti di comu­
nicazione sociale. Interessa direttamente le comunità ispetto-
riali e di riflesso anche quelle locali.
Nel piano di qualificazione di una Ispettoria, richiesto dai
Regolamenti35 e ribadito nella lettera Io per voi studio36, ac­
quista oggi particolare rilievo la preparazione di confratelli nel
campo della comunicazione sociale.
Raggiunta la qualifica, questi confratelli metteranno la loro
competenza a servizio dell’Ispettoria, operando nel contesto di
un progetto ispettoriale e rispondendo alle esigenze delle di­
verse dimensioni: dalla pastorale giovanile, che darà maggiore
attenzione alle prospettive della comunicazione, all’economia
che curerà gli aspetti finanziari ed imprenditoriali delle strut­
ture di comunicazione presenti in molte istituzioni salesiane.
Lo sforzo compiuto dalla Congregazione per dotarsi di una
facoltà universitaria di comunicazione sociale va valorizzato
per preparare confratelli che aiutino la Congregazione a collo­
carsi al livello delle nuove esigenze.
Se rivolgo lo sguardo alla nostra storia appena passata, devo
riconoscere quanta parte hanno avuto i Salesiani per la crescita
della sensibilità ecclesiale attorno alla pastorale giovanile.
Potrà essere iniziato un cammino simile con la comunica­
zione sociale? Non si tratta, pure in questo caso, di giovani bi­
34 I professionisti cattolici laici e le altre persone che lavorano nell’apostolato ec­
clesiale delle comunicazioni sociali, o nei media profani, attendono spesso dalla Chiesa
un orientamento spirituale e un sostegno pastorale. Un piano pastorale per la comuni­
cazione dovrebbe dunque cercare [...] di nutrire la fede dei responsabili della comunica­
zione e appoggiare il loro impegno in questo difficile compito che consiste nel comuni­
care al mondo i valori del Vangelo e gli autentici valori umani (Aetatis Novae, 29)
35 cf. Reg. 100
38 cf. ACG 361, ottobre-dicembre 1997

3.4 Page 24

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26 ATTI DEL CONSIGLIO G ENERALE
sognosi di essere accompagnati nel loro sviluppo o di ceti popo­
lari da appoggiare nel loro sforzo di promozione?
«La comunicazione è quella dimensione dello spirito in cui
noi ci eleviamo al di sopra della nostra costituzione biologica e
del nostro essere vincolati alla natura. Ha perciò una funzione
fondamentale per lo sviluppo della comprensione di noi stessi e
del mondo»37.
Il consenso che diamo alle comunicazioni che ci arrivano
offre conferma ed opportunità di maturazione all’identità per­
sonale. Lo scambio comunicativo sviluppa la comprensione del
valore e significato della propria esistenza.
È vero che nessuno può delegare ad altri il compito di inter­
pretare la vita, ma è anche vero che nessun essere umano vive
solo per se stesso. E, soprattutto, nessuno è in grado di scoprire
da solo le chiavi per comprendere la vita.
Qui si inserisce il servizio all’uomo dei comunicatori specia­
lizzati. Impegnarsi a farlo diventare un ministero ecclesiale ri­
conosciuto, potrà dare dignità all’intervento di coloro che sono
addetti ai lavori.
Una competenza comunitaria.
Le cose affermate nelle pagine precedenti non sono estranee
alla vita quotidiana. L’apprendimento del come confezionare
un messaggio, perché sia efficace, è parte del compito pastorale.
Altrimenti la comunità rischia di compiere sforzi che risulte­
ranno inutili.
Non basta avere tesori; dobbiamo saperli utilizzare. Se ri­
manessero nascosti e incomunicabili, sarebbero come il denaro
bloccato.
Spesso non si raggiungono gli obiettivi che la comunità reli­
giosa e la comunità educativa si sono prefissati perché le forme
di comunicazione non hanno centrato il nucleo del messaggio,
37 Conferenza episcopale tedesca e Consiglio della Chiesa evangelica in Germania,
Media: prospettive e rischi, parte 3a, 3.2.

3.5 Page 25

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IL R E T T O R M A G G IO R E 27
non hanno attirato sufficientemente l’attenzione e non hanno
coinvolto i destinatari: non abbiamo parlato alla loro espe­
rienza.
È vero che non siamo chiamati ad essere tutti degli specia­
listi in comunicazione sociale. Abbiamo l’obbligo, però, di es­
sere buoni comunicatori.
Le due cose non sono necessariamente collegate. C’è tra di
esse la differenza che corre tra il possesso teorico del sapere e il
saper fare in maniera sufficiente. Ogni salesiano educatore ed
evangelizzatore necessita della competenza pratica in comuni­
cazione per tutti i suoi interventi: quando incontra personal­
mente il giovane o il confratello, quando è chiamato a parlare
in pubblico, quando annuncia la parola di Dio ad un gruppo o
ad un vasto uditorio, in un ritiro o in un dibattito, quando gli si
offre l’occasione di intervenire nella comunicazione di massa.
Ed è ogni giorno più evidente che rientra ormai nell’ordi­
nario essere preparato per intervenire, occasionalmente o con
una certa regolarità, attraverso stampa, radio, TV
Il CG23 aveva già indicato questi ambiti possibili. «La Con­
gregazione - leggiamo nel documento capitolare - si impegna ad
una adeguata utilizzazione della Comunicazione sociale per la
trasmissione del messaggio cristiano e per l’educazione dei gio­
vani alla fede. Per questo la comunità locale curi la propria ca­
pacità comunicativa: aiutando ciascun salesiano ad essere un
buon comunicatore, capace di adoperare un linguaggio adatto ai
giovani e al popolo, specialmente nella liturgia e nella catechesi;
sfruttando tutti i mezzi (rapporti, aspetto della casa, teatro, vi­
deo, musica, sale...) attraverso cui si emettono messaggi per pre­
disporre alla fede e diffondere il messaggio della salvezza; cu­
rando, in particolare, l’educazione dei giovani alle diverse forme
di comunicazione e alla lettura critica dei messaggi»38.
Se le comunità locali, facendo una revisione, trovano che
38 CG23, 257-258

3.6 Page 26

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28 ATTI DEL CONSIGLIO GENERALE
non sono state ancora presi in considerazione questi orienta­
menti del Capitolo Generale, programmino un cammino per
dare loro compimento.
3. ORIENTAMENTI PRATICI.
Vi presento, ora, una serie di indicazioni operative. Non
sono da prendere come un pacchetto indivisibile, quasi che ogni
Ispettoria e ogni comunità debba realizzarle tutte.
La Congregazione si presenta variegata quanto alla comuni­
cazione sociale. Ci sono Ispettorie che hanno persone qualifi­
cate, strutture che operano come aziende già affermate, cam­
mini sperimentati di formazione di confratelli, organismi ispet-
toriali, attività giovanili molteplici e via dicendo. Altre invece,
operano a livelli più modesti.
Sarà compito dei Consigli ispettoriali adeguare il program­
ma d’azione alle esigenze del contesto e alle reali possibilità del­
la Ispettoria. Non si può però ignorare o rimandare al futuro
questa dimensione. È chiara intanto la scelta fondamentale e la
direzione dei nostri sforzi: predisporre équipes e centrali dedite
all’elaborazione dei messaggi, piuttosto che preoccupate del pos­
sesso di strumenti o della gestione di strutture materiali. Queste
diventano presto obsolete e sovente, una volta acquisite, dobbia­
mo impiegarle in lavori che non riguardano strettamente la no­
stra missione. I servizi che tali complessi tecnici prestano, li pos­
siamo chiedere a terzi, almeno nelle regioni normalmente prov­
viste, mentre noi ci concentriamo sui messaggi.
In nessun campo della vita ci sono ricette semplici e imme­
diatamente applicabili. Tanto meno in un ambito che è in con­
tinua espansione e di cui è diffìcile prevedere gli sviluppi ulte­
riori, anche a breve scadenza. Non è però secondario conoscere
le mille possibilità che si aprono dinanzi alla nostra intrapren­
denza apostolica.

3.7 Page 27

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IL RETTOR MAGGIORE 29
Le raccolgo attorno a due nuclei: l’impegno educativo di cia­
scuna presenza salesiana e la responsabilità istituzionale delle
Ispettorie di fronte alla cultura della comunicazione.
I due aspetti sono tra loro complementari: c ’è da operare
nell’immediato e nel piccolo, ma non va tralasciata la preoc­
cupazione più vasta per la situazione giovanile e la cultura che
richiedono azioni programmate anche a largo raggio ed a lungo
termine.
Questi ultimi potranno sembrare impegni che ci superano, e
forse lo sono. Però, se non iniziamo, come cittadini e come sale­
siani, ad assumerci maggiori responsabilità, nonostante le diffi­
coltà connaturali a questo lavoro e quelle che aggiunge la con­
correnza leale e sleale, non si potrà mai influire sul corso delle
cose: cioè sui criteri degli utenti, sull’etica dei produttori, sulla
mentalità degli educatori, sulla sensibilità dei pastori. Ancora
di meno sapremo affrontare la sfida, inedita e imprevedibile,
della complessità culturale che comporta la comunicazione.
Il carisma salesiano, proprio per la sua esperienza diretta
dei giovani e del popolo, può suggerire progetti per orientare
positivamente la comunicazione di massa e partecipare nella
loro realizzazione con contributi di competenza educativa e pa­
storale.
Impegni delle comunità.
La comunicazione sociale è oggi il fattore più grande di so­
cializzazione e di educazione. È una scuola senza limiti di
orario e di spazio, dove si apprendono informazioni e modi di
agire, orientamenti di pensiero e soluzioni pratiche ai problemi
che la vita presenta. Va quindi considerata come campo di in­
tervento per noi Salesiani, sempre attenti alla dimensione edu­
cativa.
Ecco, quindi, possibili impegni da porre all’attenzione delle
comunità perché rientrino nel progetto educativo e vengano
considerati nelle programmazioni annuali.

3.8 Page 28

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30 ATTI DEL CONSIGLIO GENERALE
Attivare la comunicazione salesiana.
La Congregazione e la Famiglia Salesiana si sono aggiornate
quanto a mezzi e modalità di comunicazione interna. Questa
circola ai differenti livelli (casa, ispettoria, regione, congrega­
zione) e porta materiale abbondante, rispondente a diverse ur­
genze e bisogni.
C’è la comunicazione istituzionale che fa arrivare, con l’au­
torevolezza che danno le Costituzioni e l’esperienza ampia della
vita salesiana, orientamenti carismatici in termini di motiva­
zioni e indicazioni operative: comprende le Lettere del Rettor
Maggiore, le comunicazioni dei Consiglieri generali per l’ani­
mazione del settore loro affidato e quelle che vanno dal Centro
ispettoriale alle comunità locali. Tale comunicazione porta già
molti elementi di spiritualità.
C’è poi la comunicazione fraterna sulle vicende della Con­
gregazione che possono maggiormente interessare per il loro si­
gnificato o il loro riflesso sull’opinione pubblica. Viene indicata
nell’articolo 59 delle Costituzioni come uno degli elementi prin­
cipali per creare unità e senso di appartenenza. Altrettanto av­
viene e si richiede a livello ispettoriale.
Sono esempi. Si potrebbero moltiplicare, facendo pure un
discorso analogo riguardo alla Chiesa. Immagino le difficoltà
che si possono interporre: il cumulo di documenti e comunica­
zioni, la scarsità di tempo per comunicare, il diverso interesse
dei confratelli.
Si è visto che è possibile gestire la complessità che deriva da
questi tre fattori con una maggiore attenzione da parte del su­
periore-animatore, conservando le opportunità di comunicare
(buonanotte, lettura spirituale, giorno della comunità, pasti,
adunanze), predisponendo un luogo dove gli organi di comuni­
cazione siano degnamente esposti all’interesse dei singoli (sala
della comunità, biblioteca), facendo una selezione intelligente
per presentare nella comunità quello che è più rilevante o inte­
ressante, conforme a criteri obiettivi di vita salesiana o di situa­
zione comunitaria con opportuno commento.

3.9 Page 29

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IL RETTOR MAGGIORE 31
Educare a ll’uso dei media.
I termini utilizzati nei vari Paesi potranno cambiare, così
come diversi sono i livelli tecnici e le disponibilità di programmi
e strumenti. Resta per tutti la volontà di impegnarsi: coloro che
operano nell’educazione e nell’evangelizzazione devono sentirsi
chiamati ad elaborare una pedagogia che introduca alla com­
prensione e all’utilizzazione dei media.
Non basta dotare le comunità giovanili o di adulti con stru­
menti anche raffinati, per far crescere la comunione. Non la sem­
plice connessione con le reti nazionali e internazionali assicura
una adeguata diffusione di conoscenze ed un aumento dei rap­
porti, ma l’uso mirato e ragionevole di tale possibilità. La guida
educativa è quanto meno molto conveniente anche per l’adulto.
Da qui si ricava l’esigenza che gli educatori abbiano la possi­
bilità di conoscere a fondo le problematiche che nascono dal
contatto con le nuove tecnologie. Bisogna compiere lo sforzo di
applicare al mondo, dei media i principi ed i criteri della nostra
pedagogia preventiva.
Ciò corrisponde al nostro carisma. Dobbiamo dunque rin­
correre le sue espressioni e, dove fosse il caso, recuperare il
tempo perduto.
Oratori, scuole, parrocchie, gruppi giovanili siano aiutati
non dico ad entrare nella cultura mediale, perché forse già vi
sono immersi; ma ad abitarvi con chiarezza di orientamento: ad
impostare cioè un efficace programma di educazione, con ade­
guate pratiche e verifiche.
Va ricordato che ci sono i “ mezzi piccoli” , a misura dome­
stica e alla portata di tutti, che rappresentano comunque una
ricchezza comunicativa e giovano alla qualità dell’ambiente:
fogli, riviste, momenti celebrativi più o meno formali e simili.
Non ci accontentiamo della critica facile su quello che ci
viene dalla comunicazione di massa. Percorriamo piuttosto, con
decisione e sistematicità, un cammino di preparazione di gio­
vani ed adulti, ad una responsabilità e conoscenza dei media ri­
spondente alla loro crescita.

3.10 Page 30

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32 A T T I D E L C O N S IG LIO G E N E R A LE
Applicare le nuove tecnologie a ll’insegnamento.
Parlo di insegnamento, includendovi tutto quello che di edu­
cativo e pastorale una presenza salesiana realizza: i rapporti
interpersonali di amicizia, di ruoli o di ministero sacerdotale;
l’insegnamento formale nella scuola, il dibattito nei gruppi,
la proposta evangelica attraverso una predicazione; un mo­
mento celebrativo, ordinario o straordinario, sia esso culturale
o religioso.
Oggi è necessario porsi dalla prospettiva di una comunica­
zione globale, domandarsi come essere efficaci nella proposta
che si sta offrendo. La comunità dovrà verificare la coerenza
tra il linguaggio verbale, i messaggi che si vogliono comunicare,
ed i significati preterintenzionali. Non basta selezionare i con­
tenuti; vanno studiati anche i riferimenti e le modalità con cui
presentarli ed il contesto in cui farli risuonare. Le nuove tecno­
logie mediali servono appunto per centrare e migliorare l’elabo­
razione dei contenuti scelti.
Si richiede qui un cambio nel modo personale e comunitario
di lavorare che ci può costare. Sarà però a vantaggio dei desti­
natari e dei valori che intendiamo presentare.
Il CG24 indicava già questo obiettivo: «Valorizzare la comu­
nicazione in tutte le sue forme ed espressioni: comunicazione
interpersonale e di gruppo, produzione di messaggi, uso critico
ed educativo dei mezzi della comunicazione sociale»39.
Sviluppare tutte le potenzialità comunicative delle persone.
L’educazione salesiana ha immesso nella società civile molti
ex allievi che si sono distinti nell’ambito della comunicazione
sociale. Sarebbe difficile presentare un elenco completo dei
nomi, dei settori della comunicazione dove essi si sono inseriti,
dei ruoli ricoperti. Possiamo indicare il teatro, il canto, lo spet­
tacolo, la recitazione, lo show, la musica, e molti altri aspetti del
trattenimento e della cultura popolare. Possiamo ricordare i
39 CG24, 129

4 Pages 31-40

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4.1 Page 31

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IL R E T T O R M A G G IO R E 33
numerosi scrittori che si sono preparati nell’ambiente sale­
siano: giornalisti, autori di testi scolastici, romanzi, letture edu­
cative e formative, poeti in vernacolo e in lingua colta.
Né vanno dimenticate tutte quelle persone creative apparte­
nenti alla nostra famiglia, che poste nell’occasione hanno sa­
puto sfruttare le doti personali per creare imprese di comunica­
zione: riviste, editrici con varie finalità culturali ed educative,
reti di radio e televisione, agenzie di notizie.
Tutto ciò è un segno che molti giovani hanno trovato tra di
noi spazi e sostegni per sviluppare capacità che altrimenti sa­
rebbero rimaste sepolte.
Sarebbe proprio una grande perdita se queste ricchezze
della nostra tradizione educativa venissero meno!
D ia m o du n qu e fid u cia a i g io v a n i! Nell’areopago della
comunicazione, la loro presenza è massiccia. Essi sentono l’ur­
genza di accogliere la diversità, di entrare in contatto con chi
ha una cultura o sensibilità diversa, di comunicare esperienze,
di animare incontri. Crescono ormai attrezzati con la cono­
scenza di più di una lingua. Esprimono una sorprendente capa­
cità di collocarsi all’interno delle nuove tecnologie e linguaggi.
Di questo non si può non essere soddisfatti; ma proprio per
queste loro capacità, dobbiamo fare affidamento su di loro40.
I giovani, diceva il messaggio per la 24“ Giornata della co­
municazione sociale, «hanno avuto il vantaggio di crescere con­
temporaneamente allo sviluppo di queste nuove tecnologie, e
sarà loro compito impiegare questi nuovi strumenti per un più
ampio ed intenso dialogo fra tutte le diverse razze e classi che
abitano questo “ mondo sempre più piccolo” . Spetterà a loro
scoprire i modi con i quali i nuovi sistemi di conservazione e
scambio dei dati possono essere utilizzati per contribuire alla
promozione di una più grande giustizia universale, di un più
grande rispetto dei diritti umani, di un sano sviluppo di tutti gli
40 cf. Communio et progressio, 70

4.2 Page 32

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34 ATTI DEL CONSIGLIO GENERALE
individui e popoli, e delle libertà che sono essenziali per una
vita pienamente umana»41.
Sapendoli orientare all’uso di questi strumenti, potranno di­
venire protagonisti nel percorso che ci deve guidare ad obiettivi
educativi di grande portata nel nuovo millennio.
Ciò lo riferisco in primo luogo ai giovani salesiani. È neces­
sario che alcuni o molti tra di essi, opportunamente preparati,
vengano orientati ad occupare nell’ambito dei media quegli
spazi che si rivolgono ai ragazzi e ai giovani. Si tratta di una
“ occupazione” rispondente alla pastorale e allo spirito salesiano
di vasta incidenza educativa ed evangelizzatrice.
Aiutare i nuovi poveri.
C’è una nuova povertà nel mondo: quella degli esclusi dai
circuiti dell’informazione. I dislivelli sono già evidenti e sempre
più grandi sono previsti da sociologi ed educatori.
Ci sono i ricchi che hanno accesso a tutti i canali della co­
municazione con possibilità di accrescere la loro cultura e di au­
mentare ulteriormente la loro fortuna. Questo li mette al ri­
paro da sorprese sgradite, potendo aggiornarsi su tutto e per­
sino anticiparsi sulle difficoltà, rischi e confronti.
Ci sono poi gli svantaggiati, tenuti al margine di una comu­
nicazione sufficiente ed utile. Non hanno strumenti o non sono
capaci ad usarli con frutto, non hanno spazi propri, non hanno
le competenze necessarie per entrare in dialogo con gli altri.
Sono perciò esposti alla manipolazione. Si parla pertanto di un
nuovo tipo di analfabetismo.
Un’istituzione educativa, come la nostra, può considerare sua
missione istituire spazi di comunicazione, anche con mezzi al­
ternativi, per la gente più semplice: incontri di gruppi, associa­
zioni e famiglie, opportunità festive e culturali. Così pure porta­
re la competenza mediale ai giovani ed agli ambienti dove l’e­
sclusione è più diffusa, così come in un tempo precedente fece
41 Messaggio per la 24" giornata mondiale delle Comunicazioni Sociali, 24 gennaio 1990

4.3 Page 33

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IL RETTOR MAGGIORE 35
uno sforzo per alfabetizzare ed istruire attraverso le scuole. È un
campo dove i gruppi di volontari possono dare il loro contributo.
Non solo. Se l’istituzione pubblica non è in grado, per vari
motivi, di offrire terminali accessibili a tutti, la comunità sale­
siana dovrà considerare il modo di creare tali possibilità. Se
non consideriamo le nuove tecniche un lusso, ma una condi­
zione importante per l’educazione, rientra nel nostro impegno
facilitarne l’accesso ai giovani poveri ed alla gente emarginata.
Inserire nel progetto educativo la competenza mediale.
Di volta in volta sembra che si voglia caricare il progetto
formativo dei Salesiani e quello educativo per i giovani di
aspetti nuovi. È un fatto che nuove dimensioni e nuove proble­
matiche si vanno aggiungendo nel nostro vivere e la necessità
di rispondervi esige attenzioni nuove.
La comunicazione sociale - messaggi, strumenti, cultura -
apre o preclude strade per interpretare e forgiare la vita. Da
essa spesso vengono desunti la visione del mondo e i modelli di
comportamento. La qualità della vita è ormai collegata con
quello che i mezzi di comunicazione presentano direttamente o
in forma occulta.
La persona si qualifica per la sua libertà di autodetermi-
narsi, per le scelte concrete e per il contributo che offre alla
convivenza ed alla socialità. Questo rilievo richiederebbe una
riflessione più ampia e più dettagliata. Le poche affermazioni
precedenti, mi servono per trarre una conseguenza pratica che
affido alle comunità locali.
Preparare le persone ad utilizzare gli strumenti opportuni
per poter esercitare la propria libertà e vivere in forma
più completa le esigenze della socialità investe direttamente la
responsabilità di una istituzione che si presenta con finalità
educative.
Richiedere di inserire nel progetto educativo e pastorale la
comunicazione, considerandone gli aspetti, le possibilità ed i ri­
schi, non significa altro che domandare alle comunità salesiane

4.4 Page 34

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36 A T T I D E L C O N S IG LIO G E N E R A LE
ed educative di acquisire ed offrire competenze nei confronti
della cultura in cui siamo immersi e della società in cui dob­
biamo vivere.
I laici potranno svolgere un compito specifico in questo set­
tore. Essi, infatti, possono individuare ed elaborare messaggi
che più da vicino rispondano alla situazione e ai bisogni attuali
della gente e dei giovani. Spesso possiedono un linguaggio più
adatto ad esprimere valori o convinzioni perché coniato nell’e­
sperienza secolare, legata ad una conoscenza diretta delle con­
dizioni ordinarie della vita. In particolare, quelli tra loro che
hanno una specifica professionalità possono essere preziosi col­
laboratori della missione di Don Bosco42.
In tema di competenza mediale oggi, mi sembra indispensa­
bile spendere alcune righe sull’ultima rivoluzione informativa:
l’Internet.
La grande rete si estende sempre più e ci coinvolge. Ne
stiamo apprendendo l’uso, dobbiamo imparare ad apprezzarne
l’utilità e cercare di non restarne impigliati; dobbiamo soprat­
tutto riuscire a orientare ragazzi e giovani che rischiano di
smarrirsi nei suoi labirinti e di approdare a spazi che certa­
mente non li aiutano a crescere.
Per noi vi è il grande compito educativo di fronte a uno
spazio che è sì virtuale, ma che può avere seri riflessi sulla vita
reale di ragazzi e giovani; vi è anche un compito di confronto
culturale ed etico sull’uso, la regolamentazione, le responsabi­
lità a cui non possiamo sottrarci e che possiamo promuovere.
Internet mette a disposizione conoscenze, crea contatti di­
retti, offre ampi spazi di comunicazione e di diffusione di mes­
saggi. Non possiamo essere distratti circa le sue potenzialità;
dobbiamo assumere giusti atteggiamenti nei suoi confronti e
saper valutare l’influsso che produce sulla vita concreta e sulla
nostra azione educativa.
È indubbio che Internet, anche se per ora in modo sommesso,
42 cf. CG24, 132

4.5 Page 35

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IL RETTOR MAGGIORE 37
stia producendo una sorta di rivoluzione antropologica, che non
riguarda solo le abilità di uso, ma tocca le forme di pensiero, le
abitudini di vita e la stessa coscienza. La rete fa acquistare un
volto nuovo alle nozioni di spazio e di tempo, elimina confini e
barriere tra nazioni, rende possibili interazioni in cui tutti si
sentono alla pari. Sta nascendo un mondo aperto in cui vengono
meno le barriere geografiche tra le persone, un mondo interat­
tivo e quindi vivo e vario. Molte cose sono cambiate e altre cam-
bieranno a livello relazionale, culturale, commerciale; subiranno
sconvolgimenti tutti i settori di servizi, le attività di intermedia­
zione, del lavoro, dell’intrattenimento e dei trasporti43.
La portata di questa rivoluzione non si riesce ancora a valu­
tare pienamente, ma sta nascendo il “ cittadino elettronico” che
noi dobbiamo aiutare ad essere “onesto” , ad aprirsi a un “oltre”
dalla rete e riconoscere la paternità di Dio, per essere “buon
cristiano” .
Impegni delle Ispettorie.
Sul versante istituzionale si possono esprimere molti im­
pegni nei riguardi della comunicazione sociale. Li raccolgo at­
torno ad alcuni temi e li affido, in questo caso, alle comunità
ispettoriali, ai suoi organismi, alle commissioni di comunica­
zione che operano all’interno delle Ispettorie.
Conoscere le leggi e i propri diritti.
L’ufficio ispettoriale di comunicazione sociale, tra gli altri
impegni, assuma quello di conoscere le leggi che vigono nel
Paese in tema di comunicazione. Lì sono espressi anche i diritti
dei cittadini, delle istituzioni riconosciute e dei gruppi di fatto.
A partire dalle diverse legislazioni si possono percorrere
molte vie per individuare aspetti urgenti del bene comune e
concorrere a sostenerli.
Attorno alle strutture di comunicazione di massa si sviluppano
43 cf. AA.VV Internet. L ’informazione senza frontiere. Paoline, Milano 1997, pag. 138

4.6 Page 36

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38 ATTI DEL CONSIGLIO G ENERALE
interessi economici, politici, culturali, religiosi, di potere occulto.
Non è facile entrare nei loro dinamismi. Il primo passo da compie­
re, però, resta la conoscenza delle leggi, per muoversi con onestà e
sicurezza e non mettere in difficoltà né se stessi né tanto meno l’a­
zione apostolica o l’istituzione salesiana. Oggi infatti ci sono mol­
teplici aspetti “regolati” dalle leggi la cui violazione comporta san­
zioni oltreché disonestà (diritti di autore, di immagine, rispetto del­
la privacy, tasse e imposte, dichiarazioni varie, riproduzioni ecc.).
Ma la legalità bisogna anche farla rispettare da tutti, dalle
persone comuni e da chi esercita il potere. Una consapevolezza
che deve crescere tra noi e nelle comunità educative è il diritto
di tutela. Il bene comune e la difesa della dignità della persona
richiedono spesso interventi chiari e pubblici. Il cittadino sin­
golo e le associazioni hanno il diritto e il dovere di esprimersi
con i toni, presso le sedi e attraverso i mezzi che giudicano più
opportuni ed efficaci.
L ’argomento è vasto e con molti risvolti di tipo etico e le­
gale. Comunque sbarra subito la strada ad un atteggiamento:
l’accettazione passiva, rassegnata o impotente di fronte alle
grandi organizzazioni.
Sviluppare alcune attenzioni.
Proprio sulla linea della riflessione precedente, enuncio
varie attenzioni da sviluppare. Sono tutte in linea con la prio­
rità giovanile, di educazione ed evangelizzazione, che deter­
mina i nostri obiettivi.
La prima è la tutela dei diritti dei ragazzi e dei giovani. L’e­
sperienza di questi ultimi anni ci ha spesso presentato la soffe­
renza dei più piccoli e dei più deboli di fronte ai contenuti me­
diali e ad organizzazioni delittuose collegate attraverso i mezzi.
La violenza, l’odio razziale, l'adescamento morale, la stessa
pubblicità rivolta al pubblico giovanile offendono la persona
umana, e influiscono negativamente sullo sviluppo intellet­
tuale, emotivo, morale e psicologico.
Le nostre comunità educative possono intervenire, singoiar-

4.7 Page 37

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IL RETTOR MAGGIORE 39
mente o collettivamente, a difesa della legalità, oltreché edu­
care giovani e famiglie all’uso adeguato dello zapping.
Viene poi la tutela della famiglia. Molti spettacoli, che arri­
vano in casa attraverso i mezzi della comunicazione di massa,
non facilitano i rapporti cordiali tra i membri, non sostengono
la fedeltà nell’amore, non si armonizzano con i criteri evange­
lici della vita di coppia.
I produttori di spettacoli non possono scaricare tutta la re­
sponsabilità sui fruitori dei media, quasi che la democrazia co­
municativa non debba avere dei criteri di autoregolamenta­
zione interna.
I gruppi che operano nei nostri ambienti hanno il diritto legale
di intervenire e far conoscere le aspettative dei fruitori dei media.
C’è ancora la tutela della qualità del servizio. Spesso si af­
ferma, in maniera pretestuosa, che la qualità è un concetto
prettamente soggettivo, che a ciascuno piace “un certo tipo di
qualità” e questa egli domanda. Invece, è senz’altro possibile
indicare e definire degli indici che aiutano a giudicare obiettiva­
mente i prodotti offerti. Il livello tecnico, la professionalità, la
maestria nell’interpretazione dei personaggi e delle situazioni,
il rigore della trama, la dimensione etica del racconto sono al­
cuni criteri per giudicare l’offerta che ne fa la TV Conviene
dare a tutti conoscenze perché possano valutare con compe­
tenza ed intervenire senza complessi.
Pure qui si configura un ambito in cui i laici che operano
nelle strutture salesiane possono offrire un contributo valido.
Da ultimo metto la tutela della privacy. L’unica preoccupa­
zione dei grandi strumenti di comunicazione non può essere la
ricerca del rendimento economico.
Spesso assistiamo ad una concorrenza spietata, alla ricerca
di fette di mercato di ascoltatori, alla manipolazione di dati per­
sonali allo scopo di impressionare il pubblico.
Si verificano così violazioni patenti dei diritti delle persone

4.8 Page 38

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40 ATTI DEL CONSIGLIO G ENERALE
e infrazioni di norme stabilite dalla legge. Si sa che lo “scoop”
non è soltanto una tecnica; è una tentazione in ordine ad un
maggior profitto.
La reazione spontanea che ci prende di fronte ad informa­
zioni che non tutelano i dati personali è giusta. Ognuno ha il di­
ritto di decidere quali dati possono essere resi pubblici e quali
devono restare riservati. Sta a vedere se in una “ questione so­
ciale” come è la comunicazione, le nostre “giuste” reazioni ri­
mangono sempre private e individuali o riescono ad influire sul
costume e sui comportamenti.
Sono esempi. L’aver indicato il tema serva per aiutare a ri­
flettere su questioni che sono nuove e che diventeranno, nei
prossimi anni, sempre più urgenti, bisognose quindi di imposta­
zione chiara, di atteggiamenti adeguati e di soluzioni originali.
Aprirsi a sinergie e collaborazioni.
Leggiamo nei Regolamenti: «Questi servizi (di comunica­
zione) siano impostati su sicure basi giuridiche ed economiche e
trovino forme di collegamento e cooperazione con centri di altre
Ispettorie e col consigliere generale per la Famiglia salesiana e
la comunicazione sociale»44. «I centri editoriali che operano in
una stessa nazione o regione cerchino forme convenienti di col­
laborazione in vista di un progetto unitario»46.
Un primo commento riguarda la gestione delle imprese di co­
municazione. Guardo con particolare attenzione alle case editri­
ci, che sono numerose in Congregazione. Devono rispondere in
primo luogo ai criteri che orientano la nostra missione educativa
e pastorale. Ma va anche tenuto presente che l’attività editoria­
le è organizzata con criteri d’impresa e deve essere gestita da pro­
fessionalità ben definite, con chiari obiettivi e con un efficiente e
frequente controllo da parte dell’istituzione salesiana.
La seconda osservazione che si ricava dal testo dei Regola-
« Reg. 31
45 Reg. 33

4.9 Page 39

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IL RETTOR MAGGIORE 41
menti è che la comunicazione sociale varca i confini ristretti di
una Ispettoria. Va quindi pensata in rete. Ciò che non può es­
sere fatto con le forze di una sola Ispettoria può realizzarsi con
la partecipazione di varie. Sono vari gli aspetti in continuo e ra­
pido cambiamento che se non si fanno al momento opportuno,
in forma ottimale e con costi proporzionati, svuotano l’impresa
e la mettono fuori del mercato. Di lì l’urgenza di non sovrap­
porre, di non ripetere sforzi che si possono fare in comune.
Ci sono state in Congregazione delle riunioni che hanno
visto insieme più editrici per programmare un futuro di colla­
borazione e collegamento.
La strada va continuata e incrementata, sperimentando e
confrontando anche modalità concrete di realizzazioni. Oggi l’u­
nione è indispensabile per essere presenti in maniera efficace e
competitiva. Osserviamo di continuo, in ogni parte del mondo,
fusioni, accordi, collegamenti tra imprese di ogni genere (ban­
che, linee aeree, industrie di automobili, ecc.) per facilitare i ser­
vizi, resistere alle concorrenze, ridurre i costi per puntare più
sull’innovazione. Noi non abbiamo prodotti materiali da offrire,
ma buone idee da diffondere per una collocazione nell’ambito
culturale sia ecclesiale che civile. Dobbiamo trovare il modo di
concretizzarle in prodotti che possano avere la diffusione più
ampia possibile, magari con piccoli adeguamenti.
Il traguardo ideale è che, provata tale collaborazione a raggi
limitati, possa approdare ad un interscambio mondiale di cono­
scenze, di prodotti e di progetti. A quest’ultimo livello potranno
anche maturare strategie globali di Congregazione, dopo una
prima sperimentazione positiva di queste collaborazioni.
Dotarsi delle funzioni utili.
Qua e là si ha l’impressione che la comunicazione sia rimasta
nel generico. I due ultimi Capitoli generali avevano individuato
alcuni interventi necessari per valorizzare la comunicazione so­
ciale nell’Ispettoria. Il CG23 indicava all’ispettore la necessità di
nominare un incaricato ispettoriale della Comunicazione Socia­

4.10 Page 40

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42 ATTI DEL CONSIGLIO GENERALE
le e ne precisava anche i compiti46; il CG24 invitava l’incaricato,
in accordo con l’ispettore, a farsi promotore di un’équipe in cui
siano coinvolti anche laici qualificati e con essa «rediga un piano
ispettoriale di animazione-formazione-consulenza nell’ambito
della CS, prevedendo strutture e strumenti adeguati»47. Queste
scelte e concrete attuazioni devono migliorare l’utilizzazione del­
la CS e integrarla nell’azione pastorale dell’Ispettoria. Ma biso­
gna avere anche altre sensibilità e attenzioni.
I Regolamenti generali indicano ulteriormente: «L’Ispettore
con il suo Consiglio promuova, secondo le possibilità locali, la no­
stra presenza pastorale nel settore della comunicazione sociale.
Prepari i confratelli a inserirsi nei circuiti della stampa, del
cinema, della radio e della televisione, istituisca e potenzi i no­
stri centri editoriali per la produzione e la diffusione di libri,
sussidi e periodici e i centri di emittenza e produzione di pro­
grammi audiovisivi, radiofonici, televisivi»48.
L ’impegno che viene richiesto non è piccolo; è però impor­
tante. Una struttura di comunicazione, ben organizzata e gui­
data, vale quanto un’altra presenza salesiana nel territorio per
i nostri destinatari, giovani e ceto popolare. Anzi, la capacità di
arrivare ad un vasto pubblico ed influire sulla mentalità la
rende più efficace.
Mi rendo conto che non tutte le Ispettorie hanno le mede­
sime possibilità. Ma due sono alla portata di quasi tutte.
La prima è il miglioramento del Bollettino Salesiano o il
sostegno solidale e permanente ad esso. Non è il caso che ve
ne parli. Potete rileggere quanto pubblicato sugli Atti del
Consiglio G enerale49. Ricordo soltanto l’importanza che ha
nella nostra storia e attuale identificazione, nella diffusione
della nostra immagine e nell’unione della Famiglia Salesiana
48 cf. CG23, 259
47 CG24, 136 b
48 Reg. 31
49 cf. ACG 366, pag. 100-118

5 Pages 41-50

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5.1 Page 41

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IL RETTOR MAGGIORE 43
e del Movimento degli amici di Don Bosco.
Il lavoro di rinnovamento e di rilancio intrapreso, colle­
gando i direttori e le redazioni delle diverse edizioni, ci rende fi­
duciosi sulla sua attuale incidenza. Va comunque detto che la
struttura di appoggio, la redazione, la sede e gli strumenti
vanno adeguati perché il Bollettino sia “un’opera” salesiana
che esplichi tutte le sue possibilità.
Così come va detto che non giova alla Congregazione il fatto
che case o Ispettorie diffondano riviste salesiane proprie e non
concentrino gli sforzi su quella che è espressione di Don Bosco
e della nostra missione nel mondo. Ciò va tenuto in considera­
zione dalla commissione di Comunicazione sociale.
L’altra funzione riguarda la nostra permanente comunica­
zione con il mondo dei media. Nelle visite fatte, ho visto Ispet-
torie attrezzate a far sentire la propria voce in occasione di av­
venimenti nostri o dibattiti di problemi che c ’interessano. Il
loro rapporto con gli organi dell’opinione pubblica è pregevole.
In altre mi è sembrato che non si partecipi alla vita della comu­
nità umana.
Un portavoce, un ufficio stampa, una équipe, non necessa­
riamente a tempo pieno, ma preavvisato e coinvolto potrebbe
darci voce autorevole in giornali, radio e televisioni, nei mo­
menti in cui abbiamo urgenza o si richiede per finalità caritate­
voli o pastorali.
È indispensabile poter partecipare ai circuiti dove si elabora
comunicazione, specie verso i giovani o su di essi, facendo sen­
tire il nostro influsso educativo.
Conclusione.
La Congregazione, quando ha preso coscienza dell’impor­
tanza della comunicazione e della sua molteplice articolazione
nel lavoro educativo e pastorale, ha voluto, superando difficoltà

5.2 Page 42

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44 ATTI DEL CONSIGLIO GENERALE
interne ed esterne, un “ Istituto Superiore per la Comunica­
zione Sociale” , quello che era conosciuto con il nome di ISCOS.
Oggi è una “Facoltà” dell’Università Salesiana. In quanto
tale, ispira un dialogo ed un interscambio arricchente tra disci­
pline teologiche, scienze dell’educazione e comunicazione so­
ciale e si orienta teoricamente e praticamente a specializzare
nel proprio campo educatori e pastori.
L ’originalità del suo indirizzo tra istituzioni similari l’ha
resa punto di riferimento per molti studiosi. Da parte nostra
non va solamente sostenuta ed incoraggiata. Va riempita di pre­
senze di salesiani e laici che si preparano per questo settore
della missione salesiana.
A conclusione di queste riflessioni, la mia immaginazione va
alla celebrazione dell’apertura della Porta Santa ormai immi­
nente. Forse la differenza più notevole di quest’apertura ri­
spetto a tutte le precedenti è che vi assisterà il mondo intero.
Dagli ultimi angoli del mondo si potrà ascoltare il Papa, vedere
persino il Vangelo raccontato nelle sedici formelle delle Porta,
assistere alla celebrazione ed entrare spiritualmente insieme
nella Chiesa simbolo della comunione cattolica, dell’ecume­
nismo cristiano, del dialogo religioso, della solidarietà umana
globalizzata. L’entrare in questi ambiti di comunione è tra i
traguardi della conversione proposti per l’anno giubilare. E la
comunicazione ne porterà la notizia e l’invito al mondo.
Gesù Cristo, che celebriamo nel bimillenario della sua Nascita,
dia a noi Salesiani ed all’intera Famiglia Salesiana la forza
comunicativa che è propria del suo Vangelo e ci renda sempre
più capaci di trasmetterlo ai giovani in questo Anno di grazia.