Atti_1997_360.ACG_


Atti_1997_360.ACG_

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1. IL RETTOR MAGGIORE
LETTERA ALLE VOLONTARIE DI DON BOSCO,
Al SALESIANI E Al GRUPPI DELLA FAMIGLIA SALESIANA
IN OCCASIONE DELL’80° DELL’INIZIO DELL’ISTITUTO
Introduzione - Le novità dello Spirito di Dio - Il ministero del Rettor Maggiore - La Salesianità
dell'istituto - Un dato che interpella i Salesiani e la Famiglia Salesiana - La secolarità consacrata -
Le originalità della secolarità consacrata - La consacrazione “qualifica” la secolarità -
La secolarità “definisce" la consacrazione - La missione dei secolari consacrati - Una spiritualità
salesiana originale - Conclusione.
Roma, 24 maggio 1997
Festa di Maria Ausiliatrice
Cari Confratelli,
Le visite a diverse parti della Congregazione mi hanno fatto
vedere l’interesse di Ispettorie e comunità locali per gli orienta­
menti del CG24. In alcuni posti si è ancora al primo approccio,
mentre in altri si stanno già indicando linee concrete di anima­
zione per le comunità educative pastorali, per la Famiglia Sale­
siana e per il Movimento Salesiano.
Mi sono pure convinto della fecondità di questi tre ambiti di
lavoro che ci consentono di aggregare numerosi laici, mettere a
frutto quello che essi portano come vocazione, professionalità o
affinità con il nostro spirito e renderli corresponsabili della
missione salesiana attraverso processi formativi adeguati.
In particolare, rilevo che la Famiglia Salesiana, sulla quale
ebbi già opportunità di scrivervi, si va consolidando mediante la
crescita di ogni singolo gruppo e l’attenzione all’insieme. Sono

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4 ATTI DEL CONSIGLIO GENERALE
due movimenti simultanei. Ogni gruppo è chiamato ad esten­
dersi incorporando nuovi membri, a rafforzarsi all’interno con
un programma di formazione, a rendersi autonomo nelle inizia­
tive apostoliche e nell’organizzazione. N ell’insieme, d ’altro
canto, si favorisce la comunicazione, si stabilisce un coordina­
mento conforme a vantaggi ed esigenze concrete, senza schemi
rigidi, ci si offre appoggio vicendevole, si approfondisce la spiri­
tualità comune.
Proprio in questa prospettiva di aiutare i singoli gruppi a
crescere e guardare all'insieme, mi è sembrato conveniente of­
frire anche a voi il testo della lettera che ho scritto per le Volon­
tarie di Don Bosco, su loro stessa richiesta, in occasione dell’ ot­
tantesimo della fondazione del loro Istituto.
Gioverà, mi dicevo, che tutta la Famiglia conosca meglio
questo Istituto, che al presente conta quasi 1300 membri, con
150 gruppi e sottogruppi, sparsi in 44 nazioni, e che può ancora
estendersi in molti paesi, dove altri gruppi della nostra Fami­
glia spirituale sono già all’opera. E allo stesso tempo, una rifles­
sione sulla loro identità aiuterà noi Salesiani e l’intera Famiglia
a capire meglio una delle dimensioni della nostra missione:
quella laico-secolare, che proprio in questo sessennio ci siamo
proposti di assumere con decisione, soprattutto per quanto ri­
guarda le conseguenze pratiche.
La lettera dovrà pure portare conseguenze pratiche ri­
guardo all’assistenza spirituale che, conforme ai nostri Regola­
menti (cf. art. 40), dobbiamo dare alle VDB e che in questo m o­
m ento si presenta con esigenze nuove per la situazione del
mondo e per l’ora che vive la Chiesa.
Affido dunque questa lettera alla vostra attenta lettura,
anche come ringraziamento al Signore e come testimonianza
di affetto verso le nostre sorelle Volontarie. Essa riguarda il
nostro carisma, il nostro spirito, la nostra missione e la nostra
Famiglia.

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IL RETTOR MAGGIORE 5
Carissime Sorelle in don Bosco,
Fin dal primo incontro con il vostro Consiglio Centrale, mi
è stato rivolto l ’invito a scrivere una lettera, indirizzata
all’istituto, nella quale, a partire dalla ricorrenza degli 80 anni
dell’inizio dell’istituto, potessi offrire uno stimolo al cammino
di rinnovamento, da voi intrapreso nella luce del Concilio
Vaticano II.
Volentieri compio ora il vostro desiderio. Esso si pone in
continuità con la riflessione del CG24 dei Salesiani che hanno
voluto approfondire il senso della condivisione e della
comunione nello spirito e nella missione di don Bosco con i
laici, la cui vocazione è segnata dall’indole secolare: e voi
rappresentate per noi una categoria privilegiata di secolari,
quasi un punto di fusione e d’incontro tra l ’esperienza dei
religiosi e quella dei laici.
La lettera mi dà l’occasione di ripensare il significato e il va­
lore del carisma salesiano, vissuto nella secolarità consacrata; e
di cogliere, nella memoria di un fatto che potrebbe essere consi­
derata solo di calendario, un evento di grazia che richiama tutti
i membri della Famiglia Salesiana ad una presa di coscienza e
ad un impegno rinnovati.
Non vorrei ripetere cose da voi fin troppo conosciute, che
con tanta attenzione cercate di tradurre nella concretezza della
vita. Pensando, però, ai vari gruppi della Famiglia Salesiana, mi
sembra opportuno riprendere alcune affermazioni che sono già
patrimonio acquisito della Chiesa e dovrebbero far parte della
nostra comune visione e mentalità.
Voi, come Istituto secolare, rappresentate un fenomeno ca­
ratteristico nella Chiesa. Soffermarsi a considerare gli aspetti
che costituiscono la vostra novità e le radici della vostra origi­
nalità, aiuterà tutti noi ad essere più consapevoli e più fedeli
alla vocazione salesiana.

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6 ATTI DEL CONSIGLIO GENERALE
1. Le novità dello Spirito di Dio.
La vostra vocazione alla consacrazione nella secolarità
prende form a nel contesto storico ed ecclesiale della nascente
postmodernità.
L ’umanità si trova ad una svolta cruciale della propria sto­
ria, caratterizzata da molti segni positivi ed altrettanti ambigui.
Tra questi emerge la tendenza a pensare che possa bastare a se
stessa e non abbia perciò bisogno di Dio e del sacramento della
Chiesa nella costruzione e nello sviluppo della propria vita. Assi­
stiamo a un pericoloso divorzio tra progresso tecnico scientifico
e fede nel Dio vivente, che viene relegata nel privato.
Lo affermava Paolo VI, nel XXV della Provida Mater: «Il
problem a più grave dello sviluppo presente è quello del
rapporto tra ordine naturale e ordine soprannaturale».1
1 segni di questa tendenza ci interpellano con insistenza. Da
un verso si eclissa il riferimento religioso in molti ambiti della
vita pubblica e sociale; dall’altro, si osserva una tendenza verso
esperienze vagamente spirituali che comportano una fuga dal­
l’esistenza concreta.
La Chiesa, da parte sua, si è soffermata con particolare at­
tenzione sul cammino della vita consacrata, riconoscendo le
varie form e in cui si è già espressa e la sua apertura a nuove
realizzazioni ancora non immaginate. È la novità dello Spirito
che si fa presente in ogni tempo.
La consacrazione secolare rappresenta una di queste novità
i cui segni la Chiesa non ha smesso di cogliere e discernere.2Le
tappe fondamentali le conoscete, perché le avete seguite con
personale coinvolgimento: dalla Provida M ater (1947), al primo
Congresso Internazionale degli Istituti secolari (1970 ), fino al­
l’Esortazione Apostolica Vita Consecrata (1995) e alla celebra­
zione dei 50 anni della Provida Mater (1997). Sapete anche va­
' Paolo VI nel XXV della Provida Mater
2 cf. VC 10

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IL RETTOR MAGGIORE 7
lutare la ricchezza di indicazioni che vi hanno offerto i Sommi
Pontefici, da Pio XII a Giovanni Paolo II.
Il vostro Istituto ha seguito con slancio il cammino di rinno­
vamento voluto dal Concilio e nelle Assemblee Generali ha sa­
puto approfondire i vari elementi costitutivi del carisma.
Dopo il riconoscim ento pontificio dell’istituto (7 agosto
1978), avete vissuto con profondità e ricchezza di spiritualità la
riformulazione delle Costituzioni.
La beatificazione di don Filippo Rinaldi (1990) ha dato ulte­
riore impulso al vostro rinnovamento, accompagnato dal Rettor
Maggiore don Egidio Viganò che vi è stato paternamente vicino
con la parola e con la simpatia, con la riflessione e l’orienta­
mento pratico.
Nel frattempo vi siete estese a nuove regioni ed il vostro
numero è aumentato senza interruzione, mentre consolidavate
la vostra organizzazione per l’animazione e vi davate efficaci
strumenti per la formazione. Il vostro Istituto si presenta oggi
numeroso, ben fondato e fecondo in vocazioni, capace di
autonomia.
L ’attuale situazione religiosa e sociale rende più urgente
considerare chi siete e come vi collocate nella Chiesa e nella Fa­
miglia Salesiana.
Riconosciam o tutti che c ’è «un gettito ininterrotto di
gemme nuove, un fiorire insospettato di iniziative di santità»3
(per usare le parole di Paolo VI) nella Chiesa e, per la nostra
parte, nella Famiglia di don Bosco. E sentiamo che è a beneficio
di tutti prenderne coscienza.
2. Il ministero del Rettor Maggiore.
Leggo dalle vostre Costituzioni: «La fondazione, il progetto di
vita, la tradizione inseriscono l’istituto nell’ambito della Famiglia
3 Paolo VI ai responsabili generali degli Istituti Secolari, 20 settembre 1972

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8 ATTI DEL CONSIGLIO GENERALE
Salesiana, e come parte di essa è stato riconosciuto ufficialmente.
L ’Istituto vede nel Rettor Maggiore dei Salesiani, succes­
sore di don Bosco, il padre dell’intera Famiglia, colui che è chia­
mato a promuovere fra i vari gruppi e membri l’unità di spirito
e la fedeltà alla comune missione».4
In forza della coscienza comune di una paternità che deriva
da don Bosco e in fedeltà al compito affidatomi di custode e pro­
motore dello spirito salesiano, in armonia con le differenti rea­
lizzazioni della vocazione salesiana, mi addentro in questa ri­
flessione sulla secolarità consacrata.
Lo farò collocandomi da prospettive molteplici e comple­
mentari: la Famiglia Salesiana nella sua globalità, l’originalità
dell’istituto secolare delle VDB, il rapporto delle Volontarie con
la Congregazione, lo spirito salesiano nelle sue differenti colori­
ture a seconda del Gruppo e altre simili.
Lo stile della presente vuole restare quello di una lettera
fraterna ed orientativa. Unirà, perciò, apporti di riflessione e
stimoli di orientamento.
E una lettera rivolta a voi, carissime Sorelle; ma offerta per
una sua attenta lettura a tutti i Gruppi della Famiglia Sale­
siana. Contribuirà, lo spero, all’arricchimento mutuo mediante
la conoscenza e la comunicazione dei doni di ciascuno. Ciò darà
sviluppo allo spirito di don Bosco che voi condividete ed arric­
chite con una realizzazione originale.
L ’avvenimento degli 80 anni di fondazione del vostro Isti­
tuto diventa così un evento di grazia e di fedeltà che coinvolge
tutti noi della Famiglia.
3. La “Salesianità” dell’istituto.
M olto è stato detto e scritto al riguardo. Voi ne avete conden­
sato la sostanza nell’articolo 5 delle Costituzioni: «Le Volontarie
Cost. VDB 71

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IL RETTOR MAGGIORE 9
vivono la loro vocazione facendo proprio il carisma salesiano che
le qualifica nella Chiesa e nel mondo.
La carità pastorale, nucleo centrale dello spirito di don
Bosco, le fa particolarmente sensibili e aperte ai valori umani
ed evangelici che il Santo attinse al cuore di Cristo.
Come don Bosco confidano totalmente in Maria Ausiliatrice,
perché sanno che Ella continua nella storia “la missione di
Madre della Chiesa e Ausiliatrice dei cristiani” ».0
Potrebbe risultare superfluo soffermarsi su questo punto
della vocazione della VDB, se si tiene conto della vostra origine
e del vostro sviluppo. Tuttavia, trovo interessante portare an­
cora una volta, sebbene brevemente, la vostra attenzione su di
esso, perché è alla radice della vostra originalità tra gli Istituti
secolari e, all’interno stesso della Famiglia Salesiana, costi­
tuisce un’espressione tipica.
Voi stesse definite la salesianità “ qualificante nella Chiesa e
nel m ondo” .6 Fatene il segno distintivo: gli altri riconoscano in
voi la radice salesiana. La vita dimostri il legame che avete con
la realtà salesiana, perché il pensare e l’agire, le scelte e i cri­
teri, le parole e la testimonianza della vita esprimano e diffon­
dano, nella Chiesa e nel mondo, lo spirito salesiano.
Don Egidio Viganò, nella lettera a voi indirizzata nel 1979, vi
ricordava che «la salesianità non è un aggiuntivo alla vostra con­
sacrazione, ma sostanza stessa che la costituisce e la fa vivere».
Ciò significa che la consacrazione che voi vivete, o trova
esplicitazione in alcuni valori tipici della vita evangelica vissuta
nello spirito salesiano, oppure non può avere la rilevanza che la
Chiesa richiede con il riconoscimento ufficiale accordato.
In maniera molto rapida e con espressione forse un po’ sin­
tetica vorrei ricordarvi: la santificazione vostra o è salesiana o
non è.
È questa la “ qualifica” di cui parla l’articolo costituzionale.
' Cost. VDB 5
11 cf. Cost. VDB 5

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10 ATTI DEL CONSIGLIO GENERALE
Essa non riduce gli spazi e non scolora la vivacità dell’essere se­
colare. Tutt’altro. Sostiene, vivifica e orienta il cammino delle
persone che vivono nel secolo, con la radicalità tipica di una
consacrazione.
La riuscita è per voi nell’armonia, attorno e per forza della
salesianità, delle dimensioni che volete comporre.
Su questo punto non influisce il riserbo. Vi possono cono­
scere e potete manifestarvi apertamente come discepole e se­
guaci di don Bosco nel vostro impegno di santità.
4. Un dato che interpella i Salesiani e la Famiglia Salesiana.
La riflessione sulla salesianità che vi distingue, provoca in
me una domanda: l’istituto delle Volontarie è sufficientemente
conosciuto dai miei Confratelli e da tutti i membri della Fami­
glia Salesiana?
Non è una domanda retorica. Alcune espressioni ricorrenti
nelle nostre comunità e gruppi, che riporto in forma semplifi­
cata, evidenziano dimensioni del problema e interrogativi da
non trascurare.
Ad alcuni non risulta chiara la vostra identità. La vedono a
metà strada tra quella delle suore e quella dei laici, perché
senza segni visibili di definizione! Ciò spiega, probabilmente, la
loro difficoltà nel parlare della vostra vocazione.
Ad altri fa specie la riservatezza. Sembra loro che vi ob­
blighi ad un difficile esercizio di presenza-assenza, vi costringa
a forme di evangelizzazione poco incisive e riduca le possibilità
vocazionali.
Altri, infine, si pongono domande circa il vostro coinvolgi­
mento reale nella società secolarizzata per proporre strade
evangeliche a tanti fratelli e sorelle che, immersi nel consu­
mismo, hanno smarrito il senso del vivere. Pensano la vostra
presenza più connaturale alla Chiesa che all’ambiente secolare.
Se questi interrogativi esistono, ciò potrebbe significare che

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IL RETTOR MAGGIORE 11
anche noi Salesiani dobbiamo conoscere meglio l’effettiva iden­
tità dell’istituto secolare, sia all’interno che all’esterno della
Famiglia Salesiana. Mi auguro quindi che la presente lettera
abbia un seguito di riflessione nelle comunità dei Salesiani.
La vocazione salesiana ha bisogno di molte espressioni, ca­
paci di entrare nella vita quotidiana, con originalità differenti:
quella delle Volontarie è tipica e significativa per l’armonia tra
la scelta dell’evangelizzazione e l’inserim ento nei contesti
umani ordinari. Ha dunque spazi propri e forme singolari di
presenza e di intervento.
5. La secolarità consacrata.
Voi VDB siete, quindi, salesiane e vi contraddistingue una
caratteristica: la secolarità consacrata.
Molto opportunamente, nella vostra IV Assemblea generale,
ponete a fondamento della riflessione sulla secolarità consa­
crata il mistero e il criterio dell’Incarnazione. Da questa pro­
spettiva si possono rileggere il senso della consacrazione seco­
lare e la spiritualità che deve sostenere la vostra vita.
Considerando quanto voi stesse avete già offerto alle vostre
Sorelle, indico ulteriori passi da compiere nello sviluppo della
vocazione di una VDB.
Mi rendo conto, fin dall’inizio, che sono molti i problemi an­
cora aperti, a proposito della consacrazione secolare. Un
esempio semplice ma immediato è l’uso indistinto o preferen­
ziale delle espressioni “secolarità consacrata” oppure “ consa­
crazione secolare” . Nel differente modo di esprimersi c ’è una
sfumatura non priva di importanza.
Non è mia intenzione affrontare tutti i problemi, né conside­
rarli nei vari aspetti: ciò comporterebbe un’ampia trattazione di
teologia, di diritto, di spiritualità. Mi colloco piuttosto dalla parte
della Famiglia Salesiana, per aiutarla a comprendere, e dalla vo­
stra, per incoraggiarvi a realizzare pienamente la vostra vocazione.

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12 ATTI DEL CONSIGLIO GENERALE
Bisogna riconoscere che la secolarità (e conseguentemente
la secolarità consacrata) è uno stato di vita in continuo m ovi­
mento. Situazioni cangianti si trovano infatti ogni giorno nel
campo della famiglia, dell’economia, della vita sociale, delle
scelte politiche, insomma, dell’impegno umano.
Ci sono però punti di riferimento definitivamente acquisiti.
Un testo del Perfectae Caritatis. mette a fuoco il significato e
l’orientamento degli Istituti secolari. «Gli Istituti secolari, dice,
pur non essendo istituti religiosi, comportano tuttavia una vera
e completa professione dei consigli evangelici nel mondo, rico­
nosciuta dalla Chiesa. Tale professione conferisce una consacra­
zione a uomini e donne, laici e chierici che vivono nel mondo.
Perciò essi tendano anzitutto a darsi totalmente a Dio nella
perfetta carità, e gli istituti stessi conservino la loro propria e
speciale indole, cioè quella secolare, per essere in grado di eser­
citare efficacemente e dovunque quell’apostolato, nel mondo e
quasi dal di dentro del mondo, per il cui esercizio essi sono sorti.
Tuttavia sappiano che non potranno assolvere un compito
così importante, se i loro membri non riceveranno una tale for­
mazione nelle cose divine e umane da diventare realmente lie­
vito nel m ondo per il vigore e l’incremento al Corpo di Cristo. I
superiori perciò seriamente procurino di dare ai loro membri
u n ’istruzione specialmente spirituale e di sviluppare ulterior­
mente la loro formazione».7
La lunga citazione mi serve per riaffermare le cose fonda­
mentali volute ed espresse dal Concilio, la cui portata reale non
è però ancora da tutti assimilata. Il soffermarci a commentarle
gioverà a sciogliere gli interrogativi cui accennavamo sopra.
Un’indole propria.
Il testo conciliare afferma che gli Istituti secolari non sono
istituti religiosi. C’è qui una distinzione capitale: la vita consa­

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IL RETTOR MAGGIORE 13
crata secolare costituisce un “tipo” differente dalla vita consa­
crata religiosa.
«Voi, diceva Paolo VI agli Istituti secolari, arricchite la
Chiesa di oggi di una particolare esemplarità nella sua vita se­
colare, vivendola come consacrati; e di una particolare esempla­
rità nella sua vita consacrata vivendola come secolarità».8
L ’esemplarità sui due versanti richiede considerazione at­
tenta. La secolarità non è una parvenza, una condizione socio­
logica esteriore di vita, né solo un insieme di atteggiamenti in­
teriori, ma è contenuto della consacrazione e della spiritualità.
La consacrazione, dal suo canto, non rappresenta un fattore
santificante aggiunto, ma affonda nel senso della secolarità ed
esprime l’anima di ogni Istituto secolare in quanto non solo
“ collocato” ma incarnato nel mondo.
La consacrazione, da parte dei membri degli Istituti secolari,
è completa e vera.
È una consacrazione moralmente perfetta, nella misura del
dono di grazia comunicato a ciascuno, quanto gli altri tipi di
consacrazione. Non è di proporzioni ridotte, di secondo ordine;
e nemmeno è parte di una vita religiosa “ allargata” , quasi ne
fosse un esemplare acclimatato. Non è nemmanco una sua deri­
vazione. Lo Spirito non si ripete.
È una consacrazione originale che si esprime nell’ambito di
una istituzione nuova. È completa perché consente un dono to­
tale di carità a Dio e agli uomini, il che la fa essere autentica
nonostante certe parvenze mondane.
Si tratta di una vita evangelica, caratterizzata non dalla se­
parazione esteriore, psicologica o spirituale dal mondo, ma dal
libero dispiegarsi dei consigli evangelici nel cuore delle realtà
del mondo, in vista della totale offerta a Dio e della salvezza
degli uomini.
* Paolo VI ai responsabili generali degli Istituti Secolari, 20 settembre 1972

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14 ATTI DEL CONSIGLIO GENERALE
In quanto tale, la vita consacrata nella secolarità percepisce le
necessità spirituali del mondo in cui è inserita ed assume le aspi­
razioni più vere e profonde del mondo; ma presenta pure una sca­
la di valori alternativi a quelli che il mondo, chiuso in se stesso,
propone. Critica dunque, con la testimonianza e con l’attività, la
situazione di stallo in cui spesso vive il mondo; silenziosamente
diviene per i singoli e per la società modello ispiratore.
La consacrazione dei membri degli Istituti secolari è “secolare ”,
vissuta cioè in mezzo al mondo.
Alcuni hanno posto in dubbio la possibilità di una consacra­
zione secolare. Probabilmente perché non considerano corretta­
mente il senso della consacrazione, come donazione di carità.
La carità si adatta ed è capace di penetrare tutto il creato.
Può essere vissuta in ogni stato di vita, in ogni ambiente sociale.
Può giungere alla sua piena fioritura anche restando in contatto
con la realtà più materiale o corporale di questo mondo.
Certo, alcune condizioni sono necessarie. Il Vangelo le
enuncia e l ’esperienza della Chiesa le esplicita. Ma tra queste
non c ’è la clausura o la necessità di ricopiare la vita religiosa.
La pienezza della carità emerge come una parabola, narrata
dallo Spirito Santo nel tempo della Chiesa, nei tempi degli uo­
mini, attraverso modalità continuamente nuove.
In verità questo aspetto rappresenta un punto di difficile
conversione, anche nella nostra Famiglia Salesiana, per quanti
non conoscono direttamente gli Istituti secolari, oppure non
sono sufficientemente aperti all’azione dello Spirito che “ soffia
dove vuole” .
I membri degli Istituti secolari possono essere uomini e donne,
laici e sacerdoti.
La determinazione non è secondaria. Potrebbero essere ap­
profonditi i quattro accenni legati alla differenza di genere e

2.3 Page 13

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IL RETTOR MAGGIORE 15
alla diversa collocazione nella Chiesa, domandandosi perché si
è voluto esplicitare tale enumerazione.
La conclusione fondamentale è che la consacrazione seco­
lare costituisce “l’indole originale comune” , assume tutte le di­
verse condizioni o tratti in una sintesi particolare, arricchen­
dole e arricchendosi con esse.
Non approfondisco il tema della consacrazione secolare fem ­
minile, che vi riguarda direttamente. Potrà essere considerato
in altro momento.
Mi piace invece ricordare in questa circostanza che, in ar­
monia con le Volontarie di don Bosco, hanno avuto inizio i “Vo­
lontari con don Bosco” . Si tratta di un inizio di Istituto secolare
maschile, che in questo momento vive in vari Paesi del mondo
salesiano e sta crescendo sia numericamente, sia come qualità
di presenze. È un vero dono del Signore!
L ’esperienza che la Congregazione ha con le VDB sarà
messa a frutto per arrivare ad una buona conclusione anche
con i Volontari CDB.
Tutte queste categorie hanno una condizione comune: la
consacrazione vissuta nella condizione secolare e la secolarità
assunta fino alla consacrazione.
Caratteristica degli Istituti secolari è la secolarità.
L ’immagine che dipinge la loro presenza e azione è quella
del lievito. Parlando dei secolari consacrati, così si esprimeva
Pio XII: Vivono in mezzo al mondo, il loro apostolato è fatto con
i mezzi del mondo, la loro azione è diretta alla santificazione
del mondo, ed opera a modo di lievito; tutta la loro vita è apo­
stolato e deve tradursi in apostolato.9
La secolarità che è propria della vocazione dei singoli confi­
gura gli Istituti medesimi. La loro forma di stare nel mondo è
quella del fermento nella pasta. Inutile chiedere loro una mag-
“ cf. Pio XII, Primo Feliciter

2.4 Page 14

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16 ATTI DEL CONSIGLIO GENERALE
giore visibilizzazione. In essi la professione non comporta
forme organizzate di fraternità in cui si esprime una nuova ap­
partenenza. L ’ubbidienza non determina un luogo o un tipo di
lavoro apostolico e la povertà non implica la rinuncia personale
ai beni e ai guadagni. La castità, che esprime la scelta di amore
a Dio ed agli uomini, è vissuta in una forma adeguata più a su­
scitare domande che a manifestare con immediatezza un’op­
zione religiosa.
L ’essere lievito investe tutta l’esistenza dei singoli e
conforma il progetto dell’Istituto.
La finalità cui si tende è duplice. D ’un verso c ’è la santifica­
zione del mondo attraverso una presenza cristiana, espressa
nella forma radicale della vita consacrata, cosciente ed ope­
rante. D ’altro verso, si è immersi nel mondo e, per così dire, si
agisce dal suo interno, anche per il rinvigorimento e la crescita
del Corpo di Cristo.
I laici sono un fermento nel mondo. Gli Istituti secolari lo
sono anche nella Chiesa che vive nel mondo. Loro missione par­
ticolare è animare il laicato, se l ’istituto è laico; il sacerdozio, se
i suoi membri sono sacerdoti.
I responsabili degli Istituti secolari hanno un compito primario
e quasi unico: la formazione spirituale dei membri.
Non spetta ai responsabili dirigere l’ apostolato dell’istituto,
come farebbero dei superiori religiosi. Essi non possono pen­
sare di disporre delle persone, per chiedere loro dei compiti pa­
storali in una struttura comunitaria; dovranno lasciarle dove
Dio le ha poste, perché diventino nel m ondo e tra la gente
centri di irradiazione.
La povertà delle strutture materiali serve per restare nella
discrezione apostolica, propria di secolari consacrati.
I responsabili, liberi dalle preoccupazioni di organizzazione
apostolica, si dedicano alla formazione dei membri. Questi de­
vono essere abilitati a vivere in forma piena ed efficace l’apo­

2.5 Page 15

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IL RETTOR MAGGIORE 17
stolato legato alla propria professionalità e al contesto socio­
culturale in cui si esprime. In questo risiede la forza del lievito.
6. Le originalità della secolarità consacrata.
Ci sono due aspetti inscindibili della vostra vocazione: la
consacrazione e la secolarità. E non sono giustapposti o colle­
gati in qualsiasi modo, ma mutuamente compenetrati.
Ora è illuminante domandarsi: perché “ qualificare” la seco­
larità degli Istituti secolari con il termine “ consacrata” ?
E perché “ definire” la consacrazione degli Istituti secolari
con la specificazione di “ secolare” ?
L ’accostamento dell’uno all’altro termine fa sorgere una
quantità di domande e apre altrettante linee di riflessione.
“ Qualificare” infatti significa potenziare, portare verso il sen­
so più vero, estrarre quanto di buono c’è in una realtà, migliora­
re. “ Definire” , poi, sottolinea i confini entro cui muoversi; chia­
risce modalità di vita, contenuti di spiritualità, forme di azione.
La riflessione aiuterà i Gruppi della Famiglia Salesiana a vi­
vere alcune caratteristiche della comune vocazione salesiana.
Voi, infatti, evidenziate realtà che interessano tutti noi e che
ciascun Gruppo è chiamato ad assumere conforme alla propria
identità.
6.1. La consacrazione “qualifica” la secolarità.
Le affermazioni del magistero della Chiesa sono numerose e
costanti nel richiamare l’impegno della secolarità agli Istituti
secolari.
« “ Secolarità” indica la vostra inserzione nel mondo, diceva
Paolo VI ai responsabili generali degli Istituti Secolari. Essa
non significa soltanto una posizione, una funzione, che coincide
col vivere nel mondo esercitando un mestiere, una professione
“ secolare” . Deve significare innanzitutto presa di coscienza di

2.6 Page 16

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18 ATTI DEL CONSIGLIO GENERALE
essere nel mondo come luogo a voi proprio di responsabilità
cristiana».10
Queste parole m ettono in chiaro acquisizioni conciliari di
grande interesse che stanno alla base della esperienza della se­
colarità vissuta fino alla consacrazione. Ne specifico alcune.
La bontà del mondo.
L ’afferm azione ci riporta ad una rinnovata visione della
realtà secolare in cui siamo tutti inseriti.
“M ondo” ha molti significati. Alcuni biblisti contano ben
nove sensi diversi con cui questo termine ritorna nel linguaggio
della Scrittura. Non interessa a noi elencarli tutti.
In questa sede, va inteso secondo il significato delineato
dalla Gaudium et Spes: «(Il mondo è) l’intera famiglia umana
nel contesto di tutte quelle realtà entro le quali essa vive; il
mondo che è teatro della storia del genere umano, e reca i segni
dei suoi sforzi, delle sue sconfìtte e delle sue vittorie, il mondo
che i cristiani credono creato e conservato in esistenza dall’a­
more del Creatore, mondo certamente posto sotto la schiavitù
del peccato, ma dal Cristo crocifisso e risorto, con la sconfitta
del maligno, liberato e destinato secondo il disegno divino a tra­
sformarsi e a giungere al suo compimento».11
Il termine “m ondo” si riferisce a tutte quelle realtà che co­
stituiscono il vivere quotidiano, la trama dei rapporti che si sta­
biliscono tra le persone: rapporti di geografia, cioè di vicinanza
e di territorio; rapporti di storia e di cultura, costruite insieme
con fatica e di cui oggi si usufruisce, in bene e in male; infine
rapporti sociali che danno origine alle nostre città.
Ben a ragione amate dire, voi secolari consacrate, che
“ secolari si nasce” . E ciò perché si nasce “um ani” inseriti nel
secolo.
Paolo VI ai responsabili generali degli Istituti Secolari, 20 settembre 1972
" GS 2

2.7 Page 17

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IL RETTOR MA GGIORE 19
La bontà a cui si fa riferimento mette in evidenza la pre­
senza di Dio nel mondo. In esso opera sin dall’inizio l’amore e
la Provvidenza del Padre, la redenzione del Figlio e l’anima­
zione dello Spirito. Questo riconoscimento non è un dato spon­
taneo, né automatico. E frutto di grazia, conseguenza di una ri­
sposta responsabile di un credente.
Quando la risposta comporta anche l’assunzione in Cristo del­
la realtà “ m ondo” per collaborare al suo compimento; quando ci
si orienta alla realizzazione del Regno, per cui si pone tutta la
propria esistenza, i doni e i talenti, le capacità e i valori, a dispo­
sizione, allora non si è più “ secolari” soltanto per nascita o na­
tura, ma lo si diventa per una chiamata ed una scelta vocaziona­
le di partecipare alla storia della salvezza, abitando il cuore del
mondo per trovare ed esprimere in esso l’amore di Dio.
Quanta sensibilità “ salesiana” ritroviamo nell’atteggia­
mento di assumere la “ secolarità” come compito da realizzare!
Siamo educatori; ci preoccupiamo della promozione umana
nel nostro quotidiano impegno apostolico; abbiamo a che fare
con la persona, con la cultura, il lavoro, la società; la ragione in­
sieme alla fede orienta il nostro approccio alle situazioni; l’u­
manesimo conforma la nostra spiritualità! La nostra Famiglia
include una dimensione secolare espressa nelle più svariate fi­
gure: i cooperatori, gli ex-allievi. A ll’interno stesso della Con­
gregazione ci sono i confratelli coadiutori che fondono consa­
crazione religiosa e laicità.
La missione è essenziale
per una vocazione di consacrato secolare.
Il documento Primo Feliciter scriveva: «Tutta la vita dei
membri degli Istituti Secolari, consacrata a Dio con la profes­
sione della perfezione, deve convertirsi in apostolato».12
Fa eco il Canone 713,1: «I membri (degli Istituti secolari)
12 Pio XII, Primo Feliciter

2.8 Page 18

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20 ATTI DEL CONSIGLIO GENERALE
esprimono e realizzano la propria consacrazione nell’attività
apostolica e come un ferm ento di sforzano di permeare ogni
realtà di spirito evangelico per consolidare e far crescere il
Corpo di Cristo».13
Gli Istituti secolari sono nati per questo. La riconosciuta bontà
del mondo diventa, per vocazione, impegno per l’uomo. È la pro­
spettiva più feconda che deriva dal mistero dell’incarnazione.
Ci si santifica non “nonostante” l’inserzione nel mondo, ma
attraverso essa. La sequela Christi trova nella realtà del mondo
un suo luogo di realizzazione e di sviluppo.
C’è unità tra vocazione cristiana e missione. La consacra­
zione “ secolare” non distacca dal mondo, ma immerge più
profondamente in esso, fin dove si coglie il suo senso e si in­
tuisce il suo destino.
Questo m ovim ento sgorga dal desiderio di entrare più
profondamente nell’Amore di Dio per il mondo e partecipare
così, in prima persona, all’ attuazione di quell’Am ore che il
Padre ha rivelato nell’invio del suo Unigenito nel mondo.
È una visione interessante per noi salesiani.
Noi affermiamo che la missione dà il tono a tutta la nostra vi­
ta.14Voi affermate che l’azione apostolica è espressione e realiz­
zazione della consacrazione stessa e comprende tutta la vita. Tut­
ti coloro che si ispirano a don Bosco sono sempre considerati de­
gli “ attivi” , degli operatori, degli animatori e promotori di vita.
Guardando alle VDB dovremmo crescere nell’impegno apo­
stolico, quello voluto dal carisma salesiano, vissuto nelle moda­
lità differenti di ciascun Gruppo.
Il nuovo rapporto Chiesa - mondo.
È u n ’altra prospettiva che aiuta a capire perché l’esistenza
nel mondo può essere consacrata.
1:1 CDC 713, 1
” cf. Cost. SDB 3

2.9 Page 19

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IL RETTOR MAGGIORE 21
In questo rapporto risiede la sfida più alta della Chiesa, del
rinnovamento conciliare.
Paolo VI, nel discorso del 7 dicembre 1965, l’ha espressa con
ricchezza di toni spirituali, ma chiara e provocante. «L ’umane­
simo laico profano è apparso nella terribile statura e ha, in un
certo senso, sfidato il Concilio. La religione del Dio che si è
fatto uomo si è incontrata con la religione (perché tale è) del­
l’uomo che si fa Dio.
Che cosa è avvenuto? uno scontro, una lotta, un anatema?
Poteva essere; ma non è avvenuto. L ’antica storia del samari­
tano è stata il paradigma della spiritualità del Concilio. Una
simpatia immensa lo ha tutto pervaso. La scoperta dei bisogni
umani (e tanto maggiori sono, quanto più grande si fa il figlio
della terra) ha assorbito l’attenzione del nostro sinodo. Dategli
merito in questo almeno, voi um anisti moderni, rinunciatari
alla trascendenza delle cose supreme, e riconoscerete il nostro
nuovo umanesimo: anche noi, noi più di tutti, siamo i cultori
dell’uomo. [...]. Una corrente di affetto e di ammirazione si è
riversata dal Concilio sul mondo umano m oderno».15
Le espressioni della presenza della Chiesa nel mondo sono
molte, quanto molteplici le esigenze reali degli uomini. Ci sono
i pastori, vescovi e presbiteri, dedicati all’annuncio della Parola
e responsabili della comunione ecclesiale, posti e costituiti dallo
Spirito Santo come maestri autentici della fede, dispensatori
dei misteri che portano i fedeli alla santificazione, difensori del­
l’uomo e del povero.
Ci sono i fedeli laici che form ano il tessuto più fitto del po­
polo di Dio per cui questo è presente in tutte le realtà temporali
con la testimonianza, l’annuncio e lo sforzo per una loro tra­
sformazione.
Ci sono missionari, a vario titolo, che piantano fondano e co­
struiscono nuove comunità di fedeli, nel mondo intero. La forza
del Vangelo è la loro unica strategia.
lr‘ Paolo VI, 7 dicembre 1965

2.10 Page 20

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22 ATTI DEL CONSIGLIO GENERALE
I religiosi, nella varietà dei loro carismi, sono Chiesa viva,
che richiamano al futuro del Regno e alle esigenze delle beati­
tudini, presentando nel mondo la prospettiva ultima della co­
struzione della città dell'uomo.
Ci siete voi, secolari consacrati, che rappresentate u n ’ala
avanzata della Chiesa “nel m ondo” ; esprimete la sua volontà di
immettere in esso le energie del regno e santificarlo quasi dal­
l’interno a modo di fermento con la forza delle Beatitudini.16
Potrà sembrare un’umile presenza, vista dall’esterno. Potrà
anche essere confusa con “ la pasta del m ondo” in cui vi inserite.
Siamo convinti, come credenti, che ci sono nel mondo, nel
cuore delle cose e della storia, “ semi” che attendono di espri­
mere tutte le loro potenzialità anche cristiane ed evangeliche.
Hanno bisogno di uno stimolo, di una forza coagulante, di un
impegno continuo.
E voi, come Chiesa, operate così. La vostra presenza potreb­
be effettivamente diventare «quasi un laboratorio sperimentale
in cui la Chiesa verifica le modalità concrete dei suoi rapporti col
m ondo»,17per utilizzare ancora una volta la parola di Paolo VI.
I rapporti Chiesa-mondo hanno oggi spazi concreti là dove si
costruisce la storia dell’uomo: la realtà sociale, la cultura, la po­
litica, l’economia, le scienze e le arti, la vita internazionale, gli
strumenti della comunicazione sociale.
Chi si porrà “ dentro” come fermento?
È di fronte alla vastità dell’impegno che sorge la domanda
posta all’inizio del paragrafo: «Perché “ qualificare” come con­
sacrata questa secolarità?». Ci si rende conto che è necessario,
per assolvere questi compiti, avere una struttura interiore por­
tante, solida e robusta, quasi un’anima interna.
Per non restare nell’orizzonte del secolare è richiesta una
forza che trasferisca l ’uom o e la sua vita nell’orizzonte del defi­
nitivo, che è l’amore incondizionato, il dono di sé quasi come
16 VC 10
17 Paolo VI ai responsabili generali degli Istituti Secolari, 25 agosto 1976

3 Pages 21-30

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3.1 Page 21

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IL RETTOR MAGGIORE 23
un’offerta sacrificale, una vera e totale consacrazione. Quella
stessa che ha dato origine allTstituto e al suo sviluppo.
Ogni Istituto secolare è nato da un “voto” : quello della ca­
rità, dell’amore. La vita consacrata è un dedicarsi totalmente a
Dio, sommamente amato: è questa totalità di dedizione a Dio,
in u n ’autentica pienezza di amore (sommamente am ato), la
motivazione decisiva della vocazione di speciale consacrazione.
Non solo Dio al primo posto, ma Dio come ragion d ’essere
della vita consacrata; è in lui che il consacrato trova se stesso,
la relazione con il mondo e con gli altri.
Nasce da qui la diaconia del mondo.
Il cuore, il centro e il senso della vita consacrata è, dunque,
la ricerca della perfezione della carità, carisma dei carismi,
senza cui tutto il resto è inutile.18
Chiesa e m ondo sono, anche per il salesiano, a volte am ­
biente di vita e di azione; a volte obiettivo dell’impegno vocazio­
nale; a volte difficile realtà da comporre in unità nel proprio
esistere e nell’operare. Sempre rappresentano i grandi conte­
nuti e motivi per vivere con responsabilità.
La vostra esperienza nel cuore del mondo col cuore in Dio
può essere di stimolo per la Famiglia Salesiana a vivere con
maggiore autenticità e realismo una caratteristica che permea
la nostra spiritualità.
6.2. La secolarità “definisce” la consacrazione.
Senza il mondo e la sua realtà i membri degli Istituti secolari
non avrebbero ragione di esistere. Essi sono “ nel” mondo e “ per”
il mondo, come lo sono i laici. Condividono con questi la consacra­
zione battesimale e cresimale che costituisce il titolo e l’energia
per la lievitazione evangelica del mondo, ma assumono tale con­
sacrazione con la maggiore radicalità possibile attraverso la pro­
fessione della castità, povertà e obbedienza per amore di Cristo.
18cf. 1 Cor 13

3.2 Page 22

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24 ATTI DEL CONSIGLIO GENERALE
Vi stanno dunque nel mondo in un modo particolare che
“ qualifica” la loro condizione di cristiani: essi non sono “ del”
m ondo. Per chiam ata e volontà del Signore si ritrovano nel
m ondo, perché ogni cosa sia riportata secondo l’ordine primi­
tivo della creazione e della redenzione.
È importante esprimere la consacrazione. In essa risiede il
principio lievitante. Come Gesù voi siete “consacrate e inviate” .
È necessario allo stesso tempo che sappiate “definire” e far
emergere in questa consacrazione la peculiarità “ secolare” . Ciò
sarà un vantaggio per voi VDB e un aiuto anche per tutti noi
che ci diciamo salesiani.
Pure questa prospettiva scaturisce dai misteri della fede.
L ’Incarnazione alla prova.
Molte difficoltà di comprensione, accettazione e valorizza­
zione degli Istituti secolari nelle comunità cristiane provengono
dalla forma di concepire l’esperienza religiosa e di risolvere al­
cuni nodi della fede.
Ci sono realtà da comporre nel quotidiano del cristiano che
si possono esprimere in alcune coppie di termini: natura e
grazia, esistenza nel mondo e rapporto con Dio, vita e spiritua­
lità, fede cristiana e storia.
Il rapporto tra loro è stato a volte configurato e vissuto
come separazione e incomunicazione, che in alcuni casi rasenta
l ’indifferenza vicendevole. I due piani dell’esperienza umana
appaiono paralleli. Si cerca lo sviluppo dell’uno senza riferi­
mento diretto con l’altro. Secondo tale visione, la vita cristiana
non si costruisce negli ambiti della vita sociale e questa incrocia
la prima solo per necessità.
Volendosi esprimere con parole alla don Bosco, si potrebbe
dire che l’impegno a realizzare “il buon cristiano e l’onesto cit­
tadino” nella medesima persona e nello stesso tempo della vita,
non costituisce una preoccupazione.
In altri casi, ci si è comportati applicando un regime di co­

3.3 Page 23

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IL RETTOR MAGGIORE 25
municazione esterna, considerando l’esperienza umana solo
com e campo di applicazione delle esigenze etiche e spirituali
della fede. Questo rappresenta certamente un passo avanti ri­
spetto alla separazione, con conseguenze evidenti in tutti gli
ambiti della vita.
In tali concezioni non poteva trovare posto una consacra­
zione secolare! Bisognerà attendere momenti storici nuovi, in
cui è possibile parlare di ricomposizione dei due piani.
La grazia che ci salva non costruisce un mondo a sé stante,
chiuso alla vita del secolo, avulso dalla realtà quotidiana, preser­
vato da inquinamenti naturali. Crea invece la gioiosa possibilità
di realizzare un progetto di vita in forma rinnovata e nuova.
La stessa Chiesa ritrova così ruoli ed ambiti più aperti per il
suo intervento. Collocata non fuori né al di sopra della realtà
quotidiana, partecipa alla fatica dell’uom o nella costruzione
della città terrena, preparando, indicando e orientando verso la
Gerusalemme celeste.
Noi Salesiani abbiamo appreso da San Francesco di Sales la
possibilità, i principi e la modalità per vivere una vita “ devota” ,
cioè radicalmente rivolta a Dio e orientata da lui nelle condi­
zioni del mondo, secondo il proprio stato. Alla scuola di don
Bosco abbiamo imparato la continuità tra lavoro e preghiera,
promozione umana, educazione ed evangelizzazione, profes­
sione e apostolato.
Don Filippo Rinaldi l ’ha trasmesso al vostro Istituto, con
semplicità di indicazioni, ma con straordinaria concretezza.
Non opponiamo, ma componiamo. Non separiamo, anche là
dove distinguiamo modalità diverse di intervento e contenuti
rinnovati alla luce del Vangelo di salvezza.
Riconosciamo di avere, come tutta la Chiesa, una dim en­
sione secolare. Sappiamo di essere parte concreta e viva del
mondo. Riscopriamo la nostra vocazione di servizio, in vista
della sua santificazione e consacrazione. La sensibilità educa­
tiva ci obbliga a guardare ai grandi valori evangelici che sono
immersi nella vita del mondo: giustizia, pace e amore.

3.4 Page 24

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26 ATTI DEL CONSIGLIO GENERALE
Salvezza e storia dell’uomo.
Le parole hanno un loro valore per la giusta comprensione
della realtà e per la comunicazione. Usando il termine “ secola­
rità” sarà utile tenere distinti tre livelli possibili di riferimento.
Il primo e più immediato riporta alla realtà materiale in cui
tutti siamo inseriti. Cioè tutti siamo “ secolari” per il fatto di es­
sere qui, in questo mondo, nella realtà che ci ha visti nascere e
ci accompagna per tutta l’esistenza. Il termine “ secolare” non
ha qui coloriture speciali, né negative né positive. Il mondo con­
diziona la nostra esistenza, al punto che tutte le nostre risorse
sono ordinate ad esso: facoltà, sentimenti, intelligenza, energie
operative.
Un secondo livello è dato dalla appropriazione che l’uomo fa
del mondo attraverso i suoi interventi, che modificano ciò che gli
viene offerto fin dalla nascita: è la cultura e l’umanizzazione.
L ’intervento che com pie è costituito dal “ lavoro” . Lo si
chiama anche “professionalità” , impegno operativo, e in molti
altri modi. Ne risulta la costruzione di un ambiente fisico, di un
tipo di società, di u n ’organizzazione comunitaria della vita e dei
rapporti. Pure in questa prospettiva tutti siamo secolari, anche
se con responsabilità differenti e soprattutto con consapevo­
lezza diversificata.
Il terzo livello ha a che fare con la vita cristiana, con l’impe­
gno religioso, la salvezza del mondo, portata e voluta dal Cristo.
Da credenti ci si assume la responsabilità di “ santificare” o
“ consacrare” la realtà secolare, di esplicitare il suo riferimento a
Dio, di continuare e mediare l’avvenimento di Cristo, di salvarla
insieme a Lui dal peccato, di orientarla verso il suo compimento.
La totalità form a la storia umana dentro la quale si dà la
presenza di Dio e agisce il mistero di Cristo. Parliamo quindi di
storia della salvezza.
Non rappresentano due storie parallele. Entrambe realiz­
zano un comune cammino di promozione e salvezza dell’uomo e
della società, senza confusione ma anche senza separazione.

3.5 Page 25

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IL RETTO R M AG G IO R E 27
La salvezza “ è già presente qui sulla terra, accolta, mediata
da uomini, i quali sono membri della città terrena, chiamati a
formare già nella storia dell’umanità la famiglia dei figli di Dio,
che deve crescere costantemente fino all’avvento del Signore” .19
La condizione secolare, perciò, va intesa come proprietà del­
l’uomo, anch’essa voluta da Dio, nella quale agisce la sua
grazia. Rappresenta l’ambiente normale dentro cui Dio ama e
conseguentemente opera la salvezza dell’uomo.
La teologia oggi propone una visione molto suggestiva e fe­
lice: la grazia non viene soltanto dopo la creazione, ma la pre­
cede e la causa. In questo movimento di effusione, di com unica­
zione, di dono di sé, di associazione di altri viventi alla propria
vita, in questo volgersi di Dio agli uomini come grazia, sorge la
creazione! Cioè, noi creature umane arrivando al mondo siamo
segnati dalla grazia.
Nelle cose, nell’uomo, nel mondo c’è una certa ordinazione,
una capacità, un’affinità, un essere fatto per vivere con Dio at­
traverso la sua grazia. Il peccato l’ha reso e lo rende difficile.
Questa realtà non la vogliamo ignorare. Riconosciamo però che
il mondo, in quanto mondo dell’uomo, è fatto in modo da essere
di sostegno perché questi si orienti verso Dio. E il mondo non
può essere chiamato umano, se non aiuta l’uom o a raggiungere
la sua pienezza nell’incontro con Dio.
La consacrazione dei secolari sta ad attestare queste possi­
bilità reali. Spesso risultano nascoste agli occhi dei più, che si
trovano nel mondo. Chi però vive nella secolarità orientata
dalla consacrazione, assunta cioè in una vocazione specifica, ri­
conosce ed è capace di additare il Dio nascosto ma presente.
Così la secolarità offre contenuti di spiritualità e suggerisce
modalità d ’intervento alla stessa consacrazione.

3.6 Page 26

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28 ATTI DEL CO NSIG LIO GENERALE
7. La Missione dei secolari consacrati.
L ’animazione delle realtà temporali.
La missione o collaborazione alla salvezza dei credenti laici,
presenti come lievito nelle realtà secolari, viene designata con
diversi nomi che contengono riferimenti ormai chiari.
Nella Costituzione dogmatica Lumen Gentium20troviamo l’e­
spressione “ consacrazione del mondo” ; nel decreto sull’Apostola­
to dei laici incontriamo le parole “ animazione cristiana dell’ordi­
ne temporale” ; 21 nel documento sulla Chiesa nel mondo contem­
poraneo Gaudium et Spes, infine, questa esigenza è espressa con
le parole: “iscrivere la legge divina nella vita della città terrena” .22
Nell’Esortazione Apostolica Christifideles Laici, poi, si può
leggere un’ampia sezione che descrive gli ambiti della presenza
e dell’opera del fedele laico. L ’intestazione di questa parte è:
“vivere il Vangelo servendo la persona e la società” .23
Nel n. 34 leggiamo: «Urge dovunque rifare il tessuto cri­
stiano della società umana. Ma la condizione è che si rifaccia il
tessuto cristiano delle stesse comunità ecclesiali che vivono in
questi paesi e in queste nazioni dove sono diffusi l’indifferen­
tismo, il secolarismo e l’ateismo».24
Il cammino com piuto dalla riflessione ecclesiale, nel dopo
Concilio, ha messo in evidenza che le realtà mondane e secolari
(nel significato che ho presentato nelle pagine precedenti) non
costituiscono un ostacolo nel piano salvifico, e nemmeno un ele­
mento estraneo o giustapposto: ma rappresentano quello che il
corpo è all’anima.
Rientrano nel disegno d’amore di Dio Padre, in quanto sono
strumenti e luoghi della Provvidenza salvifica. Sono state as-
• 20 cf. LG 34
21 cf. A A 7
22 cf. GS 43
23 cf. ChL 36-44
24 cf. ChL 34

3.7 Page 27

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IL RETTOR MAGGIORE 29
sunte dal Verbo nell’incarnazione, per esprimere in maniera
umana il rapporto dell’uomo con Dio e collaborare al suo pro­
getto di redenzione.
L’opera dello Spirito, poi, mette in movimento le forze del­
l ’uomo per la trasformazione del mondo, come nella prima
creazione mosse il passaggio dal caos al cosmo.
Le realtà che alcuni chiamiamo profane, secondo una certa
idea di sacro, hanno una finalità riguardo alla salvezza e pos­
sono essere orientate verso di essa. Sono “ sacre” per il segno di
Dio che c’è in esse, secondo la propria natura. Ma vengono rese
pure “ sacre” (consacrate) nella misura in cui sono poste consa­
pevolmente dall’uomo sotto l’influsso della presenza di Dio.
Non c’è nulla di automatico o soltanto rituale in tutto ciò.
Tocca all’uomo, tocca al credente, tocca al consacrato sostenuto
e rinvigorito dallo Spirito aiutare il mondo ad aprirsi a Dio e
alla salvezza che viene dal rapporto con Lui.
Quanto detto comporta di guardare alle realtà profane con
atteggiamento di rispetto per il bene che rappresentano, ricono­
scendone la legittima autonomia nel proprio ordine e riguardo
alle proprie finalità.25
Significa anche prendere sul serio l’ordine naturale, lavo­
rando per il suo perfezionamento, cioè perché esprima la parte
positiva iscritta dentro di sé.
Su queste indicazioni si realizza, con inserimento uguale e
con diversità di accentuazioni, l’impegno nel mondo dei laici e
dei secolari consacrati.
Per questi ultimi vale la riflessione di Paolo VI: «Così dalla vo­
stra vita consacrata, anche la vostra attività nel mondo — sia per­
sonale che collettiva, nei settori professionali in cui siete singo­
larmente o comunitariamente impegnati — riceve uno spiccato
orientamento verso Dio, restando in certo qual modo anch’essa
come coinvolta e trasportata nella stessa vostra consacrazione».2“
cf. GS 36
Paolo VI ai responsabili generali degli Istituti Secolari, 20 settembre 1972

3.8 Page 28

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30 ATTI DEL CONSIGLIO GENERALE
Tipico dei laici è di preoccuparsi in prima istanza di ordi­
nare le cose temporali perché rispondano al loro proprio fine e
siano messe nella storia a servizio dell'uomo, agendo al di
dentro di esse e secondo le leggi proprie del loro dinamismo. I
consacrati secolari hanno come prima intenzionalità quella di
testimoniare la necessità, il primato e la realtà della presenza
di Dio nella vita, ricordare l’indispensabilità di Cristo e dello
spirito del Vangelo per la salvezza dell’ordine temporale.
Lo esprime l’Esortazione Vita Consecrata al n. 10, l’unico
dedicato esplicitamente agli Istituti secolari: «Attraverso la sin­
tesi, che è loro specifica, di secolarità e consacrazione, essi in­
tendono immettere nella società le energie nuove del Regno di
Cristo, cercando di trasfigurare il mondo dal di dentro con la
forza delle Beatitudini».27
La professionalità fa parte della consacrazione.
Gli ambiti di cui dicevo prima (cultura, lavoro e sviluppo
socio-politico) non sono aspetti che possono essere lasciati al
caso. Hanno leggi che vanno osservate, perché sono iscritte
dalla Provvidenza, come strada per l’incontro con Dio. Inten­
diamo per professionalità il lavoro svolto con responsabilità,
con attenzione alla qualità, senso delle finalità secolari, capa­
cità di servizio e collaborazione.
Qui la consacrazione si fa impegnativa e anche originale nei
confronti dei secolari laici. «Pur essendo secolare, la vostra po­
sizione in certo modo differisce da quella dei semplici laici, in
quanto siete impegnati negli stessi valori del mondo, ma come
“consacrati” : cioè non tanto per affermare l’intrinseca validità
della cose umane in se stesse, ma per orientarle esplicitamente
secondo le beatitudini evangeliche».28
I consacrati portano ovunque il sigillo dello Spirito. La loro
ve io
Paolo VI ai responsabili generali degli Istituti Secolari, 20 settembre 1972

3.9 Page 29

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IL RETTOR MAGGIORE 31
professionalità perciò comprende due versanti, entrambi ugual­
mente importanti e significativi, capaci di definire, in maniera
più completa, il senso della loro vita: la competenza nel proprio
compito secolare e la competenza nella spiritualità, o vita in
Cristo, per esperienza e riflessione.
Per chi si consacra in un Istituto secolare la vita spirituale
consiste, anche e principalmente, nell’assumere con responsa­
bilità il proprio lavoro, le relazioni sociali che sono comuni nel
secolo, l’ambiente di vita nelle sue varie espressioni, come
forme particolari di collaborazione all’avvento del Regno dei
cieli. E allo stesso tempo comporta di essere preparati a dar ra­
gione della propria speranza e delle proprie scelte sapendo
orientare con la parola chi lo desiderasse.
8. Una spiritualità salesiana originale.
Mi avvio verso la conclusione offrendovi alcuni stimoli per
l’approfondimento della vita “ secondo lo spirito” vissuta con
stile salesiano in una autentica secolarità consacrata.
Non mi propongo una trattazione completa, né una sistema­
zione definitiva. Ciò richiederebbe di rivisitare i campi prefe­
renziali, i contenuti e le m odalità della m issione, risalire al
cuore di Cristo ed alla carità pastorale. L ’avete formulata nelle
vostre Costituzioni, accogliendo ispirazioni dottrinali e sintetiz­
zando esperienze vissute.
La spiritualità rappresenta la sintesi nella e della vita perso­
nale e comunitaria. A voi VDB è richiesto di tenere uniti i tre
aspetti inscindibili: la santificazione personale, la costruzione
del Regno, la consacrazione del mondo. Non è u n ’impresa fa­
cile! Avete già appreso che lo spirito salesiano è l’elemento che
li fonde in una particolare ed originale fisionomia che si mani­
festa nella vita e nell’azione. Da esso fluisce la grazia di unità:
un dono che viene con la vocazione, ma che va consapevol­
mente coltivato.

3.10 Page 30

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32 ATTI DEL CONSIGLIO GENERALE
Ora voglio sottolineare soltanto alcuni tratti che hanno a
che fare con la secolarità consacrata, scelta come punto focale
della nostra riflessione.
L ’essere inseriti a pieno tempo e a pieno titolo nel mondo
costituisce una chiara indicazione a valorizzare il quotidiano.
La professionalità secolare, poi, comporta di adeguarsi a tempi,
ritmi, esigenze, espressioni che avvicinano al “ concreto” . Da
questo doppio rilievo scaturiscono indicazioni non indifferenti
per il vostro stile spirituale.
Fatevi attente alla piccola storia della gente
e al cammino dello Spirito nel cuore dell’uomo ordinario.
Il quotidiano esige una visione unitaria. Sembra fatto da
tanti tasselli! Lavori, incontri, notizie, stati personali, progetti,
sofferenze.
Nella vita quotidiana affiorano esigenze che collegano a Dio
e urgenze che portano all’uomo. La composizione dei fram­
menti differenti va continuamente aggiornata: non si può ri­
m andare ad un futuro lontano e nem m eno si può prevenire
ogni cosa per proteggere quella già raggiunta.
Ci sono voci che vengono da lontano, dall’alto, da esperti.
Ma ci sono anche i sussurri che nascono accanto, dal povero,
dal saggio per grazia e per dono.
Tutto questo va riportato all’unità nell’amore: amore di Dio
percepito, amore vostro donato. È questione di sguardo, quello
di Cristo, e di spirito, quello della simpatia, della comprensione
e della compagnia.
Ci sono nel quotidiano aspetti che predicono e costruiscono
il futuro: sono segni dei tempi. Avere occhi aperti sulla vita del
maggior numero possibile di persone è cogliere l’invito dello
Spirito a decidersi per alcune scelte.
L ’Oratorio come criterio di presenza e di azione è, per l’e­
sperienza salesiana, l’ambiente ideale dove ritrovare i segni dei
tempi. Non mi riferisco alla struttura; ma allo stile e allo spi­

4 Pages 31-40

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4.1 Page 31

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IL RETTOR MAGGIORE 33
rito. L’incontro libero con le persone, l’ascolto della gente, la
possibilità di cogliere immediatamente “le domande dei giovani
e degli adulti” e di esprimere una risposta sulla loro misura, la
capacità di rielaborare proposte ed iniziative sostanziano una
spiritualità del quotidiano nello stile di don Bosco.
Fate, delle molte esperienze quotidiane,
l’esperienza del Regno nascosto nella trama del vivere.
Il quotidiano dice incarnazione. Nelle parole, nei gesti, nelle
azioni prende corpo visibile la grazia che è in voi, si esprime la vo­
stra consacrazione. Inculturarla e renderla comprensibile nel tem­
po presente vuol dire far diventare significative le cose ordinarie
ed eloquenti i piccoli segni, caricandoli di senso e di umanità.
C’è forse bisogno di allenarsi al discernimento spirituale,
che legge dentro la complessità contemporanea, dentro la fram­
mentarietà diffusa, dentro la precarietà che tutto divora. C’è
anche bisogno di guardare “oltre” , un po’ sognare, immaginare
cose nuove e nuove possibilità.
L’Evangelii Nuntiandi ha ricordato a tutti e Paolo VI ha ri­
ferito esplicitamente agli Istituti secolari l’espressione del nu­
mero 70: «(rendere vere) le possibilità cristiane ed evangeliche
nascoste, ma già presenti e operanti nella realtà del mondo».29
La capacità di collegare gli avvenimenti alla loro radice; l’a­
pertura verso il nuovo e l’inedito come irruzione della grazia
che avvia verso l’unità; la sollecitazione a saper esprimere l’ine-
spresso che abita il proprio cuore e il cuore della realtà; l’arric­
chimento interiore, non come accumulazione di notizie ma
come crescita per germinazione dal vissuto, sono l’itinerario
per trasformare la materialità del vivere in senso del vivere.
E oggi, tutti abbiamo bisogno di ritrovare i significati delle
cose e della storia che andiamo vivendo e costruendo, sia con la
presenza sia con l’assenza.
*' EN 70

4.2 Page 32

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34 ATTI DEL CONSIGLIO GENERALE
Personalmente sono portato a pensare che “ il riserbo” di
una persona consacrata secolare sia legato al quotidiano.
I membri di un Istituto secolare sono innanzitutto uomini e
cristiani come gli altri. Sono e vogliono comportarsi come tutti.
Già Pio XII nel 1949 diceva ad un gruppo di secolari consa­
crate: «Voi siete consacrate a Dio, reclutate per il servizio di
Cristo: il patto è sancito. Dio lo sa; la Chiesa lo sa; voi lo sapete.
Il m ondo non lo sa; ma risente dei benefici effetti che proma­
nano dalla sostanza cristiana della vostra esistenza e del vostro
apostolato». Il “riserbo” va collocato dunque sul piano della “ di­
screzione apostolica” , che il consacrato e la consacrata sono
chiamati a vivere quotidianamente nella loro professione. Non
va trascurata la situazione di secolarizzazione, che vive il
mondo attuale. Non va dimenticata l’esigenza di rimanere lie­
vito che si nasconde nella massa.
Tutti sanno che se una massa fermenta, è stato posto del
lievito: questo è sicuro! Tutti hanno occhi sufficienti per ricono­
scere che alcuni si lasciano orientare da criteri che com une­
mente sono trascurati o sottaciuti. Tutti sanno misurare
quanta parte di Vangelo o di novità alberga nel cuore e si
esprime nelle azioni di alcuni credenti. Ciò però richiede un
cammino che unifichi interiormente ed esteriormente gli atti
fino a fare emergere l’ispirazione che ne sta all’origine. Si può
dunque dire che la secolarità consacrata si caratterizza e quali­
fica, più che per le azioni materiali che compie, per i significati,
i messaggi, gli interrogativi, gli stimoli o le nuove immagini
della vita che riesce a provocare.
Costruite una trama di intese e di rapporti,
di dialogo e di ricerca, di simpatia e di comunione evangelica.
II consacrato secolare è e si fa compagno di cammino dei
suoi fratelli e delle sue sorelle.
Non cerca l’isolamento. Rifiuta l’emarginazione.
Supera la ricerca di sé e le espressioni di individualismo.

4.3 Page 33

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IL RETTOR MAGGIORE 35
Sa fare delle differenze che esistono, una ricchezza per tutti.
Si rende professionalmente qualificato, perché sa che la
competenza apre le porte delPintelligenza e conseguentemente
anche del cuore.
E un ricercatore di dialogo. E un operatore di comunione.
È questa un’esigenza iscritta nella vocazione stessa. «La vo­
stra secolarità vi spinge ad accentuare specialmente — a diffe­
renza dei religiosi — la relazione col mondo. Essa non rappre­
senta solo una condizione sociologica, un fatto esterno, sì bene
un atteggiamento: essere presenti nel mondo, sapersi responsa­
bili per servirlo, per configurarlo secondo Dio».30
In definitiva, la ricchezza della secolarità, che abbiamo fin
qui descritta, esige la profondità della consacrazione, per met­
terla al riparo da prevaricazioni e corruzioni sempre possibili.
«La consacrazione che avete fatto vi pone nel mondo come te­
stimoni della supremazia dei valori spirituali ed escatologici,
cioè del carattere assoluto della vostra carità cristiana, la quale
quanto più è grande tanto più fa apparire relativi i valori del
mondo, mentre al tempo stesso ne aiuta la retta attuazione da
parte vostra e degli altri fratelli».31
Conclusione
Giunto al termine di questa lettera che ho voluto concentra­
re sulla secolarità consacrata, mi rendo conto che, dalla riflessio­
ne fatta, ricevono nuova luce alcuni punti che varrebbe la spesa
approfondire: le modalità della proposta vocazionale, le atten­
zioni da curare nella formazione iniziale e permanente, la spiri­
tualità da maturare, ma soprattutto l’assistenza spirituale che
voi ci avete chiesto per tutti i livelli32e che la Congregazione sa-
Paolo VI nel XXV della Provida Mater
Paolo VI ai responsabili generali degli Istituti Secolari, 20 settembre 1972
cf. Reg. VDB 20 - 22

4.4 Page 34

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36 ATTI DEL CONSIGLIO G ENERALE
lesiana si è impegnata a prestarvi33per il significato che ha la vo­
stra presenza nel carisma e nella Famiglia Salesiana.
Sono compiti per il futuro prossimo che condivideremo se­
condo le nostre rispettive responsabilità. La ricorrenza che ce­
lebriamo ci trova dunque in una sana tensione di fedeltà dina­
mica a una vocazione che cerca di rinnovare sempre la sua ri­
sposta al Signore.
Affidiamo tale futuro a Maria Ausiliatrice. Voi la contempla­
te come «modello della vita consacrata nella secolarità»34perché
«accogliendo il mistero di Cristo nel quotidiano, visse la consa­
crazione a Dio senza che nulla la distinguesse dalle donne del suo
tempo, e trovò nel lavoro un mezzo di vita e di santificazione».35
” cf. Reg. SDB 40
34 Cost. VDB 11
ib.