Atti_1925_029.ACS_


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I.
ATTI DEL CAPITOLO SUPERIORE
Il Rettor M aggiore.
J. M. J.
Carissimi Figli in Gesù Cristo,
Tra i numerosi Servi di Dio che nel corso di quest'Anno Santo
verranno elevati all'onor degli altari, a edificazione e patrocinio
dei fedeli, vi è pure, come già sapete, il Venerabile Sacerdote Giu­
seppe Cafasso. La solennità della sua Beatificazione avrà luogo
il 3 maggio p. v.; sicché, quando leggerete questa circolare, sarà
un fatto compiuto.
Il nostro Venerabile Padre e Fondatore Don Bosco, nei due
discorsi che pronunciò 65 anni or sono ai funerali di Don Cafasso,
aveva già, con una convinzione profonda che gli veniva dall'in­
tima conoscenza delle virtù di lui, auspicata questa beatificazione.
Adesso il suo presagio è divenuto gioconda realtà, e noi d'or in­
nanzi porremo tra i nostri Santi di famiglia anche il beato Cafasso,
e gli attesteremo la nostra sincera devozione con opportuni festeg­
giamenti e con tripudio di santa allegrezza.
Tutti conosciamo, miei carissimi, le relazioni di patria, di
amicizia, di direzione spirituale, di cooperazione fraterna e di
reciproca edificazione, che unirono intimamente quaggiù Don
Cafasso e Don Bosco. Nati nello stesso paese, a distanza di soli
quattro anni e mezzo l'uno dall'altro, fin dai primi albori della

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vita appaiono entrambi chiamati a raggiungere una santità emi­
nente, ma per vie diverse. Tutt’e due dovevano rifulgere, instan­
cabili, meravigliosi, nell'esercizio del ministero sacerdotale e delle
opere di carità; ma Don Cafasso doveva consacrarsi all'educazione
del giovane clero, mentre a Giovanni Bosco, nella prima illustra­
zione superna che ebbe in età di appena nove anni, fu additato
da D io stesso come campo speciale di lavoro l'educazione della
gioventù povera e abbandonata.
Ambedue arricchiti delle doti e virtù necessarie alla rispettiva
missione, le perfezionarono prima in se stessi, per poterle poi
meglio instillare nei loro alunni. Nel Beato Cafasso rifulse sopra
le altre virtù la vita ritirata, gioviale e serena, propria di chi è
chiamato a formare i futuri pastori di anime; e dalla straordinaria
attività di Don Bosco, come da ogni altra sua virtù, emanava un
fascino possente che gli avvinceva in modo irresistibile il cuore dei
fanciulli. Quand'egli, giunto all'età di 60 anni, per obbedienza al
Papa dovette scrivere, ad ammaestramento de’ suoi figli, alcunché
dell’origine soprannaturale dell'Opera sua, confessò ingenua­
mente che dopo il primo sogno si era subito messo a fare quanto
gli aveva comandato l'’Uomo venerando di virile età, nobilmente
vestito: « A ll'età di dieci anni io facevo quello che era compati­
bile colla mia età, e che era una specie di Oratorio Festivo ».
Questo fu il vero principio del suo Oratorio, per attuare il quale
però, egli povero fanciullo privo di tutto non possedeva altro che
la sua singolare attrattiva sui ragazzi, e una fiducia incrollabile,
meravigliosa per la sua età, che la Provvidenza gli avrebbe inviato
a tempo opportuno i mezzi e i benefattori.
Uno di questi, e tra i primissimi, fu appunto il Beato Cafasso.
Negli anni in cui il fanciullo Bosco a Murialdo s’industriava di
studiare e di fare col miglior risultato il suo embrionale Oratorio
festivo, il Beato frequentava i corsi ginnasiali e filosofici a Chieri,
e nel luglio del 1827 vestiva l’abito chiericale. « In quell’anno
son parole di Don Bosco la Divina Provvidenza mi fece incon­
trare un altro novello benefattore: Don Giuseppe Cafasso...di cui
più volte avevo già udito parlare come di uno specchio di virtù ».
Nella narrazione lasciataci dal buon Padre del suo primo in­
contro con lui è messa in rilievo la qualità caratteristica di Don
Cafasso, cioè un grande amore alla ritiratezza, congiunto a una

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propensione quasi irresistibile a far del bene al prossimo; ma, s'in­
travedono pure le rare doti, il fascino, la penetrazione, l'intrapren-
denza del suo piccolo interlocutore. Già fin d'allora appaiono net­
tamente delineati i due campi d'apostolato nei quali essi dovranno
farsi santi: le due missioni, le due santità si esplicheranno quasi
contemporaneamente, ma procedendo ciascuna verso la propria
meta, e per divina disposizione la più estesa e mondiale avrà bi­
sogno, nei suoi inizi, dell'appoggio e della cooperazione morale
e materiale dell'altra, che quantunque meno estesa e appariscente,
avrà un'azione sommamente benefica e vitale.
Durante i suoi corsi di filosofia e di teologia, coronati nel 1833
dall'ordinazione sacerdotale, Don Cafasso visse come avvolto e
penetrato da un'aura di ritiratezza; Giovanni Bosco invece fu co­
stretto a superare difficoltà enormi per poter acquistare la scienza
necessaria a compiere la volontà di Dio, che gli si era manifestata
nel suo primo sogno; ma dovunque pose dimora, a Murialdo, a
Moncucco, a Castelnuovo, a Chieri, ebbe sempre attorno a sè il
suo piccolo Oratorio festivo.
Quando egli, dopo molte preghiere a Dio, e dietro il consiglio
del Teol. Comollo, Prevosto di Cinzano, smise l'idea di farsi reli­
gioso e vestì l'abito chiericale, il Beato, da due anni sacerdote in
Torino, col raccomandarlo al Teol. Guala gli agevolò l'ammis­
sione gratuita in Seminario; e un po' per volta divenne « sua guida
nelle cose spirituali e temporali ». Sono parole dello stesso Don
Bosco, il quale prosegue: « Ammesso al Suddiaconato, e non avendo
chi si prendesse cura diretta della mia vocazione, mi sono consi­
gliato con Don Cafasso, che mi disse di andare avanti e di riposare
sopra la sua parola... Ho celebrato la mia prima Messa nella Chiesa
di S. Francesco d'Assisi, dov'era Capo di Conferenza Don Cafasso.
Sul finire delle vacanze, prima di prendere alcuna definitiva deli­
berazione (circa la scelta degl'impieghi offerti), ho voluto fare una
gita, a Torino per chiedere consiglio a Don Cafasso. Quel santo
sacerdote ascoltò tutto, le profferte di buoni stipendi, le insistenze
dei parenti e degli amici, il mio buon volere di lavorare. Senza esi­
tare un istante egli mi indirizzò queste parole: Voi avete bisogno
di studiare la morale e la predicazione. Rinunciate per ora ad ogni
proposta e venite al Convitto. Seguii con piacere il savio con­
siglio... Appena entrato in convitto, subito mi trovai una schiera

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di giovanetti che mi seguivano pei viali, per le piazze e nella stessa
sacrestia della Chiesa dell’Istituto; ma non poteva prendermi cura
diretta di loro per mancanza di locale... ».
Da quel punto s'iniziò tra i due servi di Dio quell'intimità che
da una parte indusse Don Bosco a confidarsi tutto nel Beato, a
deporre nel cuore di lui i suoi segreti, e a ricorrere a lui nei momenti
più difficili come un figlio al proprio padre; e dall'altra mosse il
Beato, che aveva intuito la missione di Don Bosco, a prepararlo
e sostenerlo in tutti i modi, con tutte le sue possibilità e contro tutti
nel compimento di essa.
Questa intimità, se diede al Beato la conoscenza di tutti i segreti
del cuore di Don Bosco, quale era necessaria per poterlo ben gui­
dare, ha pure fatto sì che Don Bosco a sua volta divenisse padrone
del cuore del Beato. Così disponeva la Provvidenza, affinchè a suo
tempo Don Bosco potesse, per la maggior gloria di Dio .e il van­
taggio delle anime, rivelare le profondità di quell'anima santa, e
additare all'imitazione di tutti le sue rare virtù, particolarmente
la sua carità instancabile e la sua ritiratezza. Chi può dire quel
che sarà avvenuto in circa vent'anni di tale intimità tra quésti due
lavoratori indefessi, tra questi due apostoli anelanti solo a stabilire
il regno di Dio sulla terra, tra questi due cuori che gareggiavano
tra loro nell'esercizio delle virtù più elette?
Gli elogi grandiosi, entusiastici, pronunciati da Don Bosco
alla morte di Don Cafasso, possono rivelarci qualcosa di questa
intimità, ora che la beatificazione di lui li ha convertiti in veri
panegirici. I l nostro buon Padre non avrebbe proclamata la santità
del suo compaesano, amico, benefattore, direttore intimo e maestro,
se non ne fosse stato del tutto convinto. La conferma poi del suo
giudizio da parte della Santa Chiesa giova più di qualunque ragio­
namento a dimostrare ch'egli contribuì non poco all'odierna
glorificazione di Don Cafasso.
E noi, docili agli esempi del nostro buon Padre, dobbiamo
essere i primi ad attestare al novello Beato la nostra venerazione e
la nostra confidenza, risuscitando, per così dire, e perpetuando tra
noi e lui quella intimità di mente, di cuore e d'azione ch'egli ebbe
con Don Bosco. Dobbiamo essere i primi a far conoscere le sue virtù
e ammirare la sua santità; dobbiamo essere i continuatori della sua
glorificazione, iniziata 65 anni or sono dal nostro Ven. Fondatore.

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Si spera di poterne ottenere l'ufficiatura per tutte le nostre Case;
ma intanto desidero che da tutti si onori e si preghi questo nuovo
protettore che abbiamo in cielo. A tal fine i Direttori ne diffon-
dano la conoscenza tra gli alunni. Don Bosco dal Cielo si com­
piacerà molto dei nostri ossequi al Beato, e appoggiando le nostre
preghiere otterrà ch'egli continui a noi dagli altari quell'affettuosa
benevolenza che dimostrò tante volte a lui durante la sua vita
terrena.
L'inizio del bel mese della nostra potente Ausiliatrice porti
a tutti i miei cari figli e alle loro opere la sua materna benedizione.
Voi intanto non dimenticatevi di pregare per il vostro
aff.mo in C. J.
Sac. FILIPPO RINALDI.