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FONTI
LA FORMAZIONE
DEL SALESIANO COADIUTORE NEL 1883
Antonio Papes
SIGLE COMUNI
ACS
Annali
CG
CIC
Cost. DB
Cost.SDB
CS
DBS
SAS
= Atti del Capitolo Superiore, 1922-
= E. CERIA, Annali della Società Salesiana I-IV. Torino, SEI 1943-1951
= Capitolo Generale della congregazione Salesiana: I 1877, ecc.
= Codex Iuris Canonici, 1917 e 1983
= Costituzioni della Società Salesiana approvate nel 1874
= G. Bosco, Costituzioni della società di S. Francesco di Sales (1858-1874):
edizione critica a cura di F. Motto. Roma, LAS 1982.
= Capitolo Superiore della Società Salesiana, ossia Consiglio Generale
= Dizionario biografico dei salesiani, a cura di E. Valentini e A. Rodino.
Torino,Ufficio Stampa Salesiano 1969
= Scheda anagrafica compilata a cura del segretario generale della Società
Salesiana
INTRODUZIONE
Un esile foglio per corrispondenza scritto circa settant’anni or sono pretendeva di ac-
compagnare un significativo documento richiesto dal Rettor Maggiore dei salesiani:
S. Benigno C.1
11. 2. 1924
Veneratissimo padre,2
Le mando copia del verbale Fondazione Noviziato Ascritti Artigiani compiuto
1 S. Benigno Canavese è la casa salesiana iniziata come noviziato (integrato di oratorio
festivo, insegnamento elementare e qualche sembianza di laboratori artigianali con minuscolo
ospizio) nell'autunno 1879. Don G. Barberis ne fu il primo direttore: Annali I 333-336.
2 La formula dovrebbe indicare il Rettor Maggiore; ma anche il consigliere generale per
le case dei coadiutori e le scuole agricole-professionali era venerando per età, dignità e fama.

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Antonio Papes
dal nostro Venerabile fondatore in questa casa l'anno 1883, chiestami da Vostra paternità.
Ci benedica e gradisca gli ossequi devoti di tutti.
Di V. P. Rev.ma
Umil.mo figlio in G. C.
Sac. Ber. Savarè.3
P. S. Conforme all'originale.4
L'originale, conservato in ASC, è un quaderno in cui le poche pagine scritte sono tutte di
mano di don Giulio Barberis.5
Protetti da due consistenti cartoncini grigi, su cui nulla è scritto, troviamo ben rilegati i quin-
terni di carta bianca rigata. La prima pagina porta sul margine superiore, a caratteri vistosi di
don Barberis e con inchiostro nero: «Confer. Ascritti Artigiani. 1883-84». Una nota sull'origine
della nuova sezione del noviziato (pp. 1-2). precede il riassunto delle sole tre conferenze che il
maestro degli ascritti ci ha tramandato.
Già questo, benché poco, basta per rilevare che don Savarè non ha letto con attenzione il
documento e che l'amanuense non ha rispettato in tutto l'originale. Infatti l'intitolazione delle
pagine trascritte è arbitraria. Eccone il tenore: «Fondazione Noviziato / Ascritti Artigiani in S.
Benigno Can.se / e conferenze tenute / 1883-84». La prima linea intende dunque evidenziare il
proemio storico.
3 Bernardo Savarè era nato a Lodi (Milano) il 12 maggio 1866. Trasferitasi a Cremona la
famiglia, nel 1879 prese a frequentare il locale oratorio dei salesiani e vi rimase interno l'anno
seguente. Chiuso nel 1881 il collegetto, si trasferì in quello di Firenze. L'11 ottobre 1885 riceveva
l'abito ecclesiastico benedetto da don Bosco nel noviziato di S. Benigno Canavese (Torino) e
ancora nelle mani del fondatore professò in perpetuo il 3 ottobre 1886. Completò in quella
comunità gli studi, venendo ordinato sacerdote a Ivrea (Torino) il 20 dicembre 1890. Si era
prodigato fino allora in mezzo ai coadiutori come assistente, vi rimarrà come prefetto e, per
dodici anni continui, come direttore. Fu poi direttore a Novara nel 1914 e tre anni più tardi alla
casa madre di Valdocco. Spese l'ultimo sessennio di direttorato dal 1925 a Firenze e infine in
rapida successione passò per diverse comunità esercitando il ministero sacerdotale. Dieci anni
prima del decesso ritornò a S. Benigno, dove si spense il 31 luglio 1941. Troppo sobria la lette-
ra mortuaria di P. Olivini. Ne scriverà però distesamente T. LUPO, Un pioniere delle scuole pro-
fessionali... Torino, Ed. SDB [1984] 169, [4] p. Nella veste di direttore della Casa Madre era
membro di diritto dei CG.
4 Ossia al quaderno di don G. Barberis. Era stato già trasportato su sette pagine dattilo-
scritte al tempo del CG 12 (1922)? Ammaestrato dal recente dibattito in aula capitolare, il
Superiore avrà insistito sulla fedeltà alla lettera del documento.
5 G. Barberis (1847-1927): su di lui si veda A. BARBERIS, Giulio Barberis direttore spiri-
tuale della Società di San Francesco di Sales: cenni biografici e memorie raccolte dal sac. dott.
A. B., S. Benigno Canavese, Tip. Salesiana, 1932, 342 p.; E. VALENTINI in DBS. Direttore e
maestro dei novizi a S. Benigno nel 1883, catechista generale dal 1910 alla morte.

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La formazione del salesiano coadiutore nel 1883
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Analogamente a quanto don G. Barberis si era premurato di compiere per gli
inizi delle sue funzioni di maestro a Torino-Oratorio,6 nell'autunno 1883 ritenne
utile conservar memoria almeno della traccia delle cose che andava trattando a
parte con gli artigiani ascritti. A differenza, però, di quanto accadde per i quader-
ni scritti a Valdocco, custoditi nei propri bauli personali, il quaderno incomincia-
to a S. Benigno Canavese nel 1883 giacque nell'archivio di quella casa. Chi lo
aveva iniziato, lo perdette di vista.
Riteniamo di poter offrire una spiegazione plausibile di questa differente si-
tuazione. Nel tardo autunno 1883, non potendo tener testa personalmente ai mol-
teplici impegni della direzione della casa e dell'ammaestramento diretto degli
ascritti artigiani, don Barberis delegò per questo secondo ufficio il proprio vicario
o prefetto-amministratore, don Luigi Nai (18551932), come precedentemente
aveva delegato alla formazione degli ascritti chierici don Eugenio Bianchi (1853-
1931). Don Nai quindi doveva assicurare la continuità delle conferenze quindici-
nali particolari per gli artigiani e probabilmente fissarne la traccia sul quaderno
che don Barberis aveva appena incominciato. Don Nai, invece, conservò il qua-
derno, senza aggiungervi una sola parola. Nel 1887 succedette a don Barberis
nella direzione della casa e il documento è andato a finire in quegli anni nell'ar-
chivio locale; vi rimase sepolto fino alla vigilia del Capitolo generale 12 (1922).
Nell'immediato dopoguerra è venuto alla conoscenza del consigliere genera-
le per le scuole professionali don Pietro Ricaldone (1870-1951). Forse ne fece un
dattiloscritto e nel Capitolo Generale 12 (1922) si lesse la pagina che raccoglieva
i concetti espressi dal fondatore sul salesiano coadiutore.7
Nella seconda fase della riunione dei .64 capitolari, iniziata alle ore 16 del
28 aprile 1922, don Luis Pedemonte (1876-1962), relatore della V Commissione
che aveva il compito di elaborare le direttive pratiche utili a promuovere nei con-
fratelli coadiutori «una più soda cultura religiosa e maggiore abilità professiona-
le»,8
6 Annotazioni, relazioni, riassunti di conferenze contenuti in autografi o in quaderni dei
suoi ascritti che gliene fecero dono. Meriteranno attenta considerazione: ASC B 505-506.
7 Le carte di questo CG 12 (1922) sono custodite in ASC D 593-597. Il CG si sarebbe
dovuto tenere a Valsalice dal 16 agosto 1922 (ACS 2, 1922, 260). Il decesso del Rettor Maggiore
(29 ottobre 1921) rese necessario l'anticipo e il mutamento di luogo: si tenne a TorinoOratorio
dal 23 aprile al 9 maggio 1922. Ne fu regolatore don L. Piscetta, 1858-1925. Oltre all'elezione
del Rettor Maggiore e dell'intero CS, oltre a raccogliere modifiche su una bozza di Regolamen-
ti, formarono anche sei commissioni per lo studio di problemi particolari. Conosciamo questi
«temi da trattarsi» in tre recensioni (lunga media e breve: cf ASC D 593). Così si esprime nella
recensione breve, la V: «Sulla base delle nostre Costituzioni, procurare una più soda cultura
religiosa e maggiore abilità professionale ai confratelli coadiutori». Quasi eco dello «schema
IV» del CG 3 (1883) che a suo tempo considereremo.
8 II testo citato è, pertanto, conservato in ASC D 593. Quello che segue, invece, è in ASC
D 597 e precisamente nel documento che in copertina è descritto come il «Verbale del XII CG
1922» redatto a mano da don Gaudenzio Manachino (1883-1960), direttore di Fortín Mer-

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Antonio Papes
«spiega il concetto di coadiutore salesiano e [lo] illustra con un resoconto di una
conferenza di D. Bosco dell'anno 1883 ai coadiutori trovata nell'archivio della ca-
sa di S. Benigno. Così pure legge un brano di una lettera del Sig. D. Albera che
tratta della "Missione del coadiutore salesiano" [9]. Ricorda anche il fine dei no-
stri laboratori».
Vari prendono la parola e prima di sciogliere la riunione don Filippo Rinaldi (1856-1931)
esprime la gioia d'aver sentito l'assemblea tutta stretta attorno al fondatore.
La mattina seguente si commemorò don Paolo Albera a sei mesi dal decesso10 e imme-
diatamente dopo
«D. Costa [u] ottenuta la parola, dice che non gli sembra opportuno di dar pubbli-
cità al resoconto della conferenza di D. Bosco ai coadiutori di S. Benigno Cana-
vese nel 1883 per aver notato in esso espressioni che potrebbero essere mal inter-
pretate; chiede pure la fonte storica del documento. Don Nay [12] risponde che e-
gli, essendo prefetto di S. Benigno, fu presente a detta conferenza; ne assicura
l'autenticità ed espone anche i motivi che mossero D. Bosco a parlare nel modo
conosciuto. In tal conferenza D. Bosco diede il concetto esatto del coadiutore sa-
lesiano, e volle rialzare l'animo di questi confratelli per la poca considerazione in
cui da alcuni erano tenuti. Il Rev.mo Sig. Rettor Maggiore conferma quanto disse
don Nay ed aggiunge che nel 3° Capitolo generale, essendosi proposto "bisogna i
coadiutori tenerli bassi, formar di essi una categoria distinta ecc.", D. Bosco si
oppose visibilmente commosso, esclamando: "No no no: i confratelli coadiutori
sono come tutti gli altri" [13]. Il Sig. D. Faseie [14] spiega il senso in cui si deve
prendere la parola "padrone"
cedes (Buenos Aires, Argentina) e primo segretario di quel CG. Don Braido (P. BRAIDO, Reli-
giosi nuovi per il mondo del lavoro... p. 27) aveva fatto conoscere già nel 1961 questo dibattito
capitolare, sedimentato nella riunione dodicesima del Io maggio, privo, però, del momento
propositivo avvenuto nella riunione decima.
9 È il paragrafo n. 20 della circolare XLII sulle vocazioni, Torino, 15 maggio 1921. Let-
tere circolari di don Paolo Albera ai salesiani. Torino, Direz. Gen. delle Opere Salesiane [1965],
pp. 504-505; ristampa dell'ed. autorizzata da don F. Rinaldi con lettera del 29 marzo 1922.
10 Tenuta da don Fedele Giraudi (1875-1964), ispettore a Verona. Non rintracciata in ASC.
11 Don Ludovico Costa (1871-1944), ispettore a Genova.
12 Don Luigi Nai (1855-1932), ispettore a Santiago de Chile.
13 L'espressione addolorata del fondatore non si legge nei verbali del 6 settembre, dove la
si desidererebbe: cf ASC D 579. Al citato CG prendeva parte don Giovanni Battista Rinaldi
(1855-1924), in quanto direttore a Faenza, casa succursale appartenente all'ispettoria romana.
Don Filippo Rinaldi risiedeva ancora a San Benigno Canavese, disponendosi a recarsi a Mathi
(Torino) alla testa dei Figli di Maria. Ma non fu presente alle sedute di quel capitolo. La parità
sostanziale di tutti i professi non si creda sia stata da tutti recepita nemmeno dopo il 1883 in
congregazione. Don Bosco, sollecitato dal suo Prefetto, sembra disposto a rivedere la posizione
già l'anno 1884: cf MB XVII 373-374. Altre volte tornerà ad opporvisi con decisione.
14 Bartolomeo Fascie (1861-1937), consigliere scolastico generale.

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La formazione del salesiano coadiutore nel 1883
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usata da D. Bosco; e D. Barberis [Giulio] afferma che D. Bosco fece tale
conferenza; egli si trovava presente e ne fu l'estensore. Aggiunse però
che l'intenzione di D. Bosco non era che la sua parola fosse presa nel
senso letterale, ma così parlò per sollevare lo spirito abbattuto dei
confratelli coadiutori».15
Un paio di riflessioni s'impongono. Anzitutto l'omissione di qualsiasi
accenno a fondazione di noviziato per coadiutori a S. Benigno. Poco oltre nel
Capitolo generale 12 (1922) interverrà don B. Savarè spezzando una lancia in
favore del noviziato distinto per i coadiutori, senza che faccia appello al capitolo
del 1883. Può ritenersi come una prova che non era stato don Savarè a riesumare
il quaderno di don Barberis. E quando due anni dopo lo avrà tra le mani, imporrà
il titolo che sappiamo alla nuova trascrizione.
Perchè don Barberis, l'estensore almeno materiale della pagina attribuita a
don Bosco, tarda a intervenire alla provocazione di don Costa? Si può escludere
qualche residuo senso di colpa, supposto che ricordasse non solo di esserne stato
l'estensore ma anche l'interpolatore? È vero che l'altro teste de auditu, L. Nai,
ricorda che allora il fondatore «diede il concetto esatto». Ma 'esatto' è proprio
sinonimo di 'adeguato', 'completo'?
Torniamo al Capitolo generale 12. Sospese le attività assembleari domenica
30 aprile, pacatamente, lunedì mattina Io maggio si conclude con un
compromesso non del tutto soddisfacente:
«Letto il verbale, si osserva che sarebbe meglio dire che varie espressioni
usate da D. Bosco nella conferenza tenuta in S. Benigno nel 1883, non
debbono essere prese isolatamente, ma interpretate nel senso di altre
conferenze dette da D. Bosco in altre determinate circostanze. Dopo
quest'osservazione il verbale è approvato».16
Vien da chiedersi se adesso il Capitolo generale 12 non pretenda di
giudicare don Bosco. E quali sono le «altre determinate circostanze» nelle quali il
fondatore si espresse? Per enunciati anteriori al 1883 varrebbe l'espressione di
don Bosco: «non ebbi mai tempo e comodità di esporla bene».17 In ogni caso
andrebbero subordinate alla conferenza. E di delucidazioni successive nulla
consta fino al presente.18
Da parte di don F. Rinaldi, dovette sembrare un dovere di fedeltà verso il
fondatore ed esercizio di Rettor Maggiore portare a conoscenza di tut-
15 O don G. Barberis non si espresse bene o il segretario non seppe riferire con
precisione le espressioni usate. Che lo spirito di alcuni coadiutori fosse «abbattuto» l'aveva già
detto don Nai.
16 Verbali del CG 12 (1922) in ASC D 597; P. BRAIDO, Religiosi nuovi..., p. 28.
17 Cf. linea 10 del suo intervento.
18 La raccolta del Braido risale ad oltre un trentennio fa. Nuovi testi al riguardo non
furono pubblicati.

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Antonio Papes
ti, tramite il nuovo consigliere generale, don Giuseppe Vespignani (1854 - 1932)
il pensiero genuino di don Bosco sulla componente laicale dell'Istituto. Si comin-
ciò incaricando della fedele trascrizione don B. Savarè.19 A Valdocco si convenne
sulla necessità di non legare troppo strettamente le parole del fondatore alla cor-
nice storica rappresentata dalla nota introduttiva di don G. Barberis e dalle confe-
renze del medesimo. Dobbiamo supporre dibattiti accesi e prolungati che giunse-
ro a consigliare la requisizione del quaderno stesso di don Barberis: non si spiega
altrimenti la pubblicazione priva del contesto e tardiva della conferenza di don
Bosco.
Passò infatti un quinquennio prima che con relativo commento fosse presen-
tata alla congregazione sul periodico ufficiale.20 L'edizione fu curata da don G.
Vespignani, ma il Rettor Maggiore sentì il bisogno di avallarla colla propria auto-
rità:
«Ho letto le parole dette dal beato nostro D. Bosco sul concetto ch'egli
aveva dei nostri confratelli coadiutori e il relativo commento del caro
Consigliere Professionale don Vespignani. Le parole del Padre e il com-
mento del figlio mi paiono tanto giusti ed opportuni, che credo bene di
farli miei e di presentarli a tutta la Congregazione: li troverete nella se-
conda parte di questi Atti».21
Il lavoro redazionale del Vespignani rinuncia alle pretese del Savarè fin nel-
l'intitolazione: «Il coadiutore salesiano secondo la mente del beato d. Bosco» e
nel breve prologo dove, a lode della «Divina Provvidenza» riassume il «prezioso
documento». Pur proponendone i parametri topo-cronologici mantiene il silenzio
sul contesto «letterario» e sul nome di chi aveva
19 La ragionevolezza di questa scelta risulta abbastanza evidente da quanto s'è detto. E i
verbali della seduta del CG 12 1922, Io maggio, la sottolineano ulteriormente. Se gli era stata
tolta la parola al termine della riunione, gli si dà agio di esprimersi dopo l'approvazione dei
verbali il lunedì successivo. Espone un suo duplice convincimento. Quando occorra, egli sostie-
ne, l'ispettoria può avere due distinti noviziati, uno per chierici, l'altro per coadiutori, purché se
ne impetri indulto dalla Santa Sede. In tal caso il secondo «sia sempre annesso ad una casa
complessa di perfezionamento professionale, formata di professi anziani [e] nuovi e di veri
aspiranti del 3° 4° o 5° corso». E nel caso che l'ispettoria non abbia che un solo noviziato, lo
collochi accanto a «conveniente istituto di perfezionamento professionale, formato di professi».
Ciò posto, conclude: «Non conviene privarci ufficialmente con una deliberazione presa in CG
della libertà che ci consente il Codice di aprire anche due sorta di noviziato in una ispettoria,
quando lo si crede opportuno». Dopo prolungata discussione il testo della risoluzione viene
modificato nel senso desiderato.
20 Atti del CS della P. Società Salesiana, anno XI n. 54, 24 ottobre 1930, pp. 877-909.
Nei due primi paragrafi il Rettor Maggiore tenta di unire al testo del fondatore il commento del
consigliere affinchè i soci possano penetrare il pensiero genuino che don Bosco voleva trasmette-
re.
21 È il paragrafo iniziale. Il secondo auspica la versione del commento oltre che del testo
vero e proprio.

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La formazione del salesiano coadiutore nel 1883
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fissato a penna il pensiero del conferenziere. Il lettore degli Atti doveva, dunque,
ritenere che si fosse scoperto un autografo di don Bosco, tanto più che il Rettor
Maggiore aveva iniziato la sua presentazione scrivendo di «parole dette», e il
Vespignani al termine del prologo aveva asserito: «Ecco qui le sue testuali paro-
le». Subito dopo, tuttavia, don Vespignani evidenzia la preoccupazione che lo
guida con l'aggiungere: «che io presenterò distinte in vari punti, secondo la diver-
sità dei concetti». In altre parole, a Torino, in sede capitolare, continua la preoc-
cupazione dell'ortodossia che aveva tenuto il campo nei giorni del Capitolo gene-
rale 12. La retta esegesi prevale sull'esattezza letteraria del testo che si pubblica.
Questa prima edizione a stampa della conferenza non ebbe eco. Menti ed
energie in quegli anni erano al servizio dell'esaltazione del beato, e presto del
santo, nelle sue «opere» esteriori.
Senza far cenno a don Vespignani, nel 1932 don Alessio Barberis pubblica
una sua recensione della conferenza22 e nel 1935 ne appare una terza sulle MB
XVI,23 senza riferimenti alle precedenti.
È questa la recensione riprodotta da P. Braido, il quale osserva che il «clas-
sico» discorso, del resto, «non aggiunge nulla di radicalmente nuovo, ma soltanto
esplicitazioni e insistenze, soprattutto sul motivo della parità sostanziale»24 con i
sacerdoti in seno alla congregazione.
Alla medesima recensione rimanda anche P. Stella nella panoramica storica
sui «coadiutori salesiani (1854-1974)»,25 encomiabile per aver distinto fra il con-
sacrato laico tuttofare e il coadiutore consacrato artigiano, come pure per il tenta-
tivo di individuare le radici del malcontento, che don Bosco cerca di dissipare nel
suo discorso.
Ambito del presente contributo
Ci proponiamo di pubblicare le pagine lasciateci da don G. Barberis nel
quaderno qui sommariamente recensito. Rileveremo le varianti testuali del datti-
loscritto e del manoscritto conseguenti al Capitolo generale 12
22 A. BARBERIS, Don Giulio Barberis..., pp. 132-134.
23 E. CERIA, Memorie Biografiche di san Giovanni Bosco, 1883, ediz. extra-comm., v.
XVI. Torino, SEI [1935] p. 312-313 con breve premessa storica e più disteso commento dell'ap-
pellativo «padroni» impiegato dal fondatore all'indirizzo dei coadiutori. La stesura del volume
va, naturalmente, anticipata al 1934.
24 P. BRAIDO, Religiosi nuovi per il mondo del lavoro, documentazione per un profilo del
coadiutore salesiano. Roma, PAS 1961 pp. 62-63 con nota a pie pagina circa minuzie ambien-
tali e cronologiche. La valutazione del documento, di cui citiamo alla lettera due brevissimi
squarci, si legge a p. 26, nell'introduzione generale.
25 P. STELLA, I coadiutori salesiani (1854-1974). Appunti per un profilo storico sociopro-
fessionale, in «Atti, Convegno mondiale Salesiano coadiutore». Roma, 31 agosto-7 settembre
1975 [Roma, Esse-Gi-Esse, 1976], pp. 53-99.

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Antonio Papes
(1922) e alla trascrizione del 1924 nonché, per la conferenza attribuita a don Bo-
sco, quelle delle tre recensioni a stampa rispettivamente di don Vespignani, di
don Alessio Barberis e del compilatore delle MB, vol. XVI. Precederanno:
a) un breve cenno delle norme canoniche vigenti verso l'anno 1880 in tema
di noviziato e di formazione dei consacrati laici, così a livello universale come
nell'ambito della Società Salesiana;
b) l'esposizione di quanto la Società Salesiana aveva programmato circa la
formazione dei suoi coadiutori nei tre primi Capitoli generali;
e) uno sguardo sulle strutture e sulle persone adibite alla formazione dei co-
adiutori a Torino-Oratorio e a San Benigno Canavese nel biennio 1882-1884 e
sull'identità dei candidati ascritti in quel biennio;
d) la cronologia delle conferenze riassunte nel quaderno di don G. Barberis.
1. Il noviziato dei laici
Si ritiene che la generalità delle comunità religiose maschili sino al mille
fossero costituite in massima parte da laici. In base al proprio numero esse di vol-
ta in volta provvedevano ai diaconi e ai presbiteri, che la situazione richiedesse.
Dall'inizio del presente millennio si crearono e moltiplicarono le fratellanze
di canonici regolari e le comunità monastiche dei certosini, dei cistercensi e di
altre congregazioni formate specialmente di presbiteri. Esse ammisero nel loro
seno anche i laici (che alle volte erano più numerosi dei presbiteri), ma con diritti
limitati. Non sempre ai laici erano attribuite le funzioni di «manovali» o «brac-
cianti» dei decenni a noi vicini; anzi potevano formare il gruppo dei sovrinten-
denti e degli intermediari fra l'abate e la manovalanza e divenire alle volte diretti
e supremi responsabili delle faccende temporali della certosa, dell'abbazia, del
priorato, ecc., rimanendo pur sempre religiosi di «seconda classe».
Seguirono cronologicamente le famiglie religiose dei «mendicanti» e, dopo
il concilio di Trento, quelle dei «chierici regolari» e affini. In esse per lo più i
laici erano ritenuti uguali ai chierici sotto il profilo della consacrazione. La diffe-
renza stava nell'ordine sacro e nel grado di cultura, da cui le differenti mansioni
nella comunità.
Le congregazioni religiose dei secoli XVIII-XIX si inserirono in questa tra-
dizione.26 Anche don Bosco. A livello generale potremmo affermare che
26 Le indagini storiche in proposito sono agli inizi. Se ne ha la percezione guardando alla
bibliografia e leggendo le pagine dell'autorevole Dictionnaire de spiritualité alla voce Frères, I.

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La formazione del salesiano coadiutore nel 1883 151
tutti i salesiani condividono la medesima consacrazione, partecipando alla mede-
sima missione generale. Ma chierici e laici in congregazione sono complementa-
ri, se consideriamo le forme concrete nelle quali esplicano l'identica missione e
se riflettiamo che ai soli sacerdoti è riservata l'animazione propria dell'autorità.27
Alla comunità religiosa è dato il carisma e l'obbligo di formare i candidati
attraverso il noviziato, che è esperienza, prima di essere struttura e indottrina-
mento; discepolato e compartecipazione, che mette a frutto tutte le risorse di
natura e di grazia, senza dimenticare i limiti insiti nell'umano.
Tra i momenti significativi della riforma cattolica promossa dal Concilio
Tridentino vi è la normativa sul noviziato. Mezzo secolo di esperienze inducono
Clemente VIII, giureconsulto, a intervenire limitando e incanalando, in Italia e
nelle isole adiacenti, i noviziati.
La breve costituzione Regularis disciplinae (12 marzo 1596) interdice pe-
nalmente, alle comunità non autorizzate, di formare candidati.28 Tre anni più
tardi, in presenza di blande interpretazioni, con il decreto Sanctissimus,29 precisa
meglio chi sia tenuto all'osservanza di quella costituzione.
L'atto pontificio del 1596 istituisce il noviziato limitatamente però a deter-
minate comunità, poiché viene ristretto il diritto di ciascun religioso e di ciascuna
comunità ad essere «fecondi».
Propositivo invece è il decreto Cum ad regularem, emanato il 19 marzo
1603. Esso prescrive le indagini da premettere all'entrata in noviziato, l'isolamen-
to del noviziato dal resto della casa religiosa, le facoltà e i doveri del maestro e
del suo socio, il programma formativo da attuare per i chierici e per i laici, l'età
richiesta, la modalità della professione, il post-noviziato almeno triennale in casa
adatta per avanzare negli studi. Prima di comminare la sospensione e altre più
gravi pene a chi osasse agire contro le norme date, ribadisce il numero chiuso sia
dei noviziati che dei novizi in ciascun noviziato.30
Origine de l'institution di M. LAPORTE, cc. 1193-1204 o anche di J. DUBOIS, Converso in «Dizio-
nario degli Istituti di perfezione» (DIP) cc. 110-120 e Oblato, I Nel monachesimo, in DIP cc.
654-666; M. SAUVAGE, Fratello in DIP cc. 762-794; A. GAUTHIER, Classi di religiosi in DIP cc.
1158-1163.
27 Testimonio della confusa ecclesiologia dell'epoca, don Bosco sin dalla prima bozza co-
stituzionale tripartiva i membri: ecclesiastici, chierici e laici (cf Cost.SDB, Ar p. 72). Il primo
articolo nella forma definitiva assunta l'anno 1874 appena progrediva nell'espressione materia-
le: «Haec autem societas constat ex presbyteris, clericis atque laicis» che nella versione del 1875
diviene: «Essa si compone di sacerdoti, cherici e laici» (Cost.DB 73). La «specifica forma di
vita religiosa» nella quale siamo chiamati a vivere «in fraterna complementarità» è quella che il
codice di diritto canonico promulgato nel 1983 denomina «istituto religioso clericale».
28 A. VERMEERSCH, De religiosis institutis & personis... tomus alter, 2. ed. Brugis, Be-
yaert, 1904, p. 305.
29 lb. pp. 305-307.
30 lb. pp. 313-318. Deroga talvolta a disposizioni precedenti, per esempio circa l'età mi-

1.10 Page 10

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152
Antonio Papes
In almeno quattro distinti momenti tale decreto si esprime a riguardo dei
candidati alla vita religiosa laicale.
1) Al paragrafo 3 (in tema di esame previo all'entrata in noviziato) si defini-
scono i parametri dell'età e della cultura. Né il laico verrà ammesso al noviziato
prima che abbia compiuto vent'anni, né il chierico in età superiore ai venticinque
(a meno che non abbia raggiunto quel grado di studi che lo abiliti agli ordini im-
mediatamente dopo la professione). Il chierico deve dimostrare d'aver capacità
intellettuali sufficienti per ricevere a suo tempo gli ordini. Ai laici, invece «litte-
rarum scientia non est necessaria»: è sufficiente che posseggano le nozioni cate-
chistiche fondamentali. Dentro questo quadro generale il singolo istituto provve-
derà come crede meglio.
2) Prima d'iniziare il noviziato si provveda ai candidati, anche laici, una co-
gnizione della regola, dei voti e delle peculiarità di ciascun istituto che serva loro
di primo orientamento. Ai laici in particolare si farà conoscere quale sarà la loro
particolare situazione in seno alla comunità. Si stabilisce così in embrione la pro-
va del postulantato, esplicitando il diritto del candidato ad essere illuminato, pri-
ma di offrirsi alla prova più impegnativa per tempo e modalità di svolgimento,
che sarà il noviziato. Il dovere-diritto della comunità è salvaguardato dall'esame
previo: una convivenza preferibilmente prolungata col postulante garantisce me-
glio la prudente accettazione.
3) Al paragrafo 22 si fa particolare attenzione ai contenuti formativi che
vanno messi in atto per il candidato alla vita religiosa laicale, dopo averne moti-
vato la necessità.
«Cum autem, licet clericorum bene instituendorum cura debeat esse praeci-
pua, conversorum tamen religiosa instructio non sit praetermittenda, quin potius
aequanimiter amplexanda: quandoquidem satis exploratum est, istorum etiam,
cum regulam profiteantur eandem, perfectam educationem turn Religioni deco-
rem et ornamentum, turn aliis Christi fidelibus aedificationem, exemplum atque
utilitatem afferre: conversis ipsis a clericorum noviciatu separatus ad dormiendum
locus (quantum commode fieri poterit) assignare praecipitur.
Illi autem, hac separatione non obstante, Magistro noviciorum seu Superio-
ribus monasteriorum et conventuum, iuxta cuiusque ordinis sta-
nima per la professione. Il Conc. Tridentino alla sessione XXV cap. XV equipara quanto ad età
uomini e donne, intimando: «In quacumque religione, tam virorum quam mulierum, professio
non fiat ante decimum sextum annum expletum». Clemente VIII stabilisce 21 anni per i con-
versi.

2 Pages 11-20

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2.1 Page 11

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La formazione del salesiano coadiutore nel 1883
153
tuta et constitutiones, subditi esse et oboedientiam praestare debebunt, a quo non
tantum circa corporalia obsequia probandi et exercendi, verum etiam pro eorum
capacitate et commoditate, de spiritualibus, praesertim de modo mentaliter orandi,
diligenter instruendi erunt; quod ut commodius fiat, ad capitula et spirituales con-
tiones quae per magistros noviciorum fieri solent accersiri debeant, et in ecclesiis,
statutis horis, conveniant, nisi tunc in suis officiis actualiter occupati fuerint».
Anticipando convergenze e discrepanze con deliberati o riflessioni che se-
guiranno, notiamo subito un particolare: l'importanza attribuita al dormitorio; ma
fermiamoci su alcune significative sottolineature:
a) l'uguaglianza di tutti i professi in forza dell'unica regola;
b) i motivi che impongono di formar bene pure i laici: la professione della
medesima regola, l'emulazione che devono stimolare in comunità, la testimonian-
za che sono chiamati a impartire agli esterni;
e) l'oggetto della formazione del laico, che consiste nel lavoro corporale, ma
anche nell'addestramento alla preghiera mentale, nel prender parte alle adunanze
e alle conferenze col Maestro (insieme con i chierici, si suppone), nel frequentare
gli esercizi religiosi, a meno che le loro occupazioni non lo impediscano;
d) il radicale contrasto fra chierici e laici in quanto nel noviziato ai chierici
non resta tempo per lo studio umanistico-ecclesiastico, mentre ai laici s'ingiunge
il lavoro corporale, in misura che può esimere da esercizi (liturgici e devozionali)
in cappella.
4) col paragrafo 23 il decreto provvede alla conclusione della prova del no-
viziato; in primo piano abbiamo i laici, più sullo sfondo i chierici quanto a pro-
fessione ed età. Si termina stabilendo la irreversibilità della scelta laicale:
«Tempore vero probationis elapso, ii tantum qui non solum religiosae perfectionis
capaces, sed ad laborem corporalem apti, novo ac diligenti examine reperti fuerint
(dummodo aetatis suae annum quoad clericos decimum sextum quo vero ad con-
versos vicesimum primum excesserint) ad professionem admittantur; sed qui ad
conversorum habitum recepti fuerint, ad clericorum statum transire, etiam durante
tempore probationis, non possint».
Non si trascuri di rilevare quanto segue:
a) il noviziato del chierico e del laico ha la stessa durata;
b) non si parla di estensione del periodo della prova. All'estensione dell'an-
no di prova si provvedere in processo di tempo, dentro limiti tassativi, uguali per
i chierici e per i laici.

2.2 Page 12

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154
Antonio Papes
c) il nuovo diligente esame dei chierici verte sulla loro maturazione nello
spirito, quello dei laici terrà in debito conto anche l'attitudine al lavoro manuale;
d) il paragrafo 23 circa l'età dei laici aggiunge poco a quanto era già impli-
cito nel n. 3.
La giurisprudenza successiva fino a tutto il sec. XIX è unanime nel proporre
le leggi di papa Clemente VIII nell'insieme e nelle singole norme come determi-
nanti per la validità della cooptazione dei candidati ai voti solenni.
Sarà Pio IX nel 1848 e nel 1862 a innovarne in parte la normativa generale a
proposito del noviziato e della professione solenne. Il 7 febbraio 1862, infatti, Pio
IX promulgava la costituzione apostolica Ad universalis, che dichiarava nulla la
professione solenne del candidato che non avesse emesso al termine del suo no-
viziato la professione semplice e non fosse rimasto in tale stato per tre anni alme-
no.31
Con questo provvedimento si conferiva senso di decisiva «terza prova» al
triennio di secondo noviziato prescritto dal decreto Cum ad regularem n. 28.
Nel frattempo, particolarmente dopo la rivoluzione francese, andarono for-
mandosi nuove congregazioni, accomunate dal proposito di emettere voti sempli-
ci, non solenni. Fu controversa fino all'estremo decennio del secolo XIX la loro
condizione di genuini religiosi; controversa anche la loro sottomissione alla legi-
slazione generale degli ordini religiosi, in particolare a quella dei noviziati. Pre-
valse nella Santa Sede la persuasione che si trattasse di un fatto nuovo non omo-
logabile alla tradizione rappresentata dalle famiglie di voti solenni. Le leggi ema-
nate per gli ordini tradizionali costituivano fonte d'ispirazione e modelli remoti
per le congregazioni di voti semplici, ma esse non erano rette che dalle costitu-
zioni approvate dalla competente autorità, a meno che la S. Sede non le accomu-
nasse expressis verbis agli ordini. Così Pio IX aveva decretato anche per le socie-
tà di voti semplici, sia in Romani Pontífices che in Regulan disciplinae nel
1848.32
Ecco il parere di uno degli esperti della S. Congregazione dei Vescovi e Re-
golari a tre secoli dalla promulgazione del decreto (che egli impropriamente
chiama costituzione apostolica) Cum ad regularem:
«Mais cette constitution apostolique ne s'applique pas auctoritative aux
instituts à voeux simples, et les raisons particulières qui ont amené
Clément VIII à porter cette loi n'existant point, la plus part du temps,
31 Ib., pp. 334-336.
32 Si possono leggere in A. VERMEERSCH, De religiosis..., pp. 283-284 e pp. 289-295.

2.3 Page 13

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La formazione del salesiano coadiutore nel 1883
155
dans les communautées actuelles, il n'y a pas à tenir compte dans la pra-
tique de cette restriction».33
I religiosi di voti semplici saranno tenuti a osservare, in forza delle loro co-
stituzioni particolari, quelle norme che dal secolo XIX al 1917 la Santa Sede
avesse emanato per loro soli o includendoli espressamente in altri provvedimenti.
Al nostro scopo particolare giova ricordare che dopo Clemente VIII nulla di
specifico sul noviziato dei laici fu promulgato. Tra i salesiani ci si dovrà attenere
dunque alle Costituzioni che rimandano ai decreti di Pio IX. Identica sarà la nor-
ma per i chierici e i laici ovunque la legge costituzionale o la natura delle cose
non imponga differenti attuazioni.
2. Il coadiutore salesiano e la sua formazione: 1873 -1883
A. La formazione dei coadiutori nelle costituzioni di don Bosco del 1874
Risalgono all'anno 1858, almeno, le prime stesure di Costituzioni per l'Istitu-
to religioso che don Bosco aveva in animo di stabilire: una società di voti sempli-
ci, dove ecclesiastici e laici dovessero convivere prodigandosi per la salvezza dei
giovani. Ma ancora nel progetto a stampa che all'inizio del 1873 aveva consegna-
to alla S. Congregazione dei Vescovi e Regolari per l'approvazione don Bosco
era deciso di non far parola circa la formazione.34
La lacuna fu subito segnalata dal consultore, che suggerì a don Bosco di i-
spirarsi alla costituzione Regularìs disciplinae e al decreto Cum ad regularem per
gli elementi portanti del noviziato e a far sue le apprensioni manifestate dal com-
petente Ordinario circa gli studi ecclesiastici.35
Don Bosco promise di adeguarsi, non senza lamentare che con lui si usasse
meno indulgenza di quanta se ne fosse usata con i Gesuiti e gli Oblati di Maria
Vergine.36 Ligio ai suggerimenti piovutigli nella forma moderata e
33 A. BATTANDIER, Guide canonique pour les Constitutions des soeurs à voeux simples avec
modifications pour les instituts d'hommes, par mgr... 2. éd., Paris, V. Lecoffre, 1900, p. 243.
34 Cost.SDB 19; osservazioni di R. Bianchi, nn. 26-27, p. 243, di mons. S. Nobili Vitelle-
schi, nn. 16-17, p. 245; controrisposta di don Bosco alle osservazioni, pp. 246-247; lettera di
mons. Nobili Vitelleschi a don Bosco, 26 luglio 1873 in MB X 728.
35 Memorandum dell'arciv. L. Gastaldi al card. G. A. Bizzarri, Torino, 20 aprile 1873, in
MB X 713-714; già un quinquennio prima la cosa era parsa piuttosto seria a mons. S. Svegliati:
cf lettera a don Bosco in data 2 ottobre 1868: Cost.SDB 239.
36 La rimostranza di don Bosco è priva di fondamento. L'approvazione pontificia della
Formula Instìtuti S J. nella bolla di Paolo III Regimini militantis ecclesiae ci porta al 27 settem-
bre 1540 (M. Fois, Compagnia di Gesù in DIP c. 1262)... e Clemente VIII emanerà Regularìs
disciplinae il 12 marzo 1596! A loro volta gli Oblati della Beata Vergine ebbero le proprie costitu-

2.4 Page 14

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156
Antonio Papes
sintetica del Segretario della S. Congregazione, non s'avvide che da Roma gli si
suggerivano norme valide soltanto per i «chierici», lasciando quindi a forme extra
costituzionali la formazione dei laici.
Stando così le cose, non rimane che sostare un momento a considerare quali
sono le voci che le Costituzioni adoperano per designare i gruppi che compongo-
no la Società Salesiana, e passare ai capitoli generali 1-3 celebrati nel primo de-
cennio dopo l'approvazione delle sue costituzioni.
Anzitutto don Bosco considera tre le categorie che costituiscono la sua nuo-
va famiglia, passando sopra al rigore teologico per esprimersi con linguaggio
approssimativo.
La prima delle tre categorie sono i sacerdoti. Essi sono denominati (assai
impropriamente, sotto il profilo della terminologia tecnica) ecclesiastici in antichi
progetti costituzionali in lingua volgare e nelle due redazioni progettuali latine,
presbyteri nel manoscritto approvato e nella successiva editto princeps, sacerdoti
nella edizione in lingua volgare uscita nel 1875.37 Più avanti don Bosco userà
sacerdoti e sacerdotes nei suoi abbozzi, ma si leggerà di nuovo presbyteri nel
documento approvato e nella edizione latina stampata nel 1874, per ritornare a
sacerdoti nell'italiano del 1875.38
La seconda categoria è formata dai chierici, cioè dagli aspiranti al sacerdo-
zio, siano tonsurati (e allora sono «chierici» a rigore di diritto canonico) sia che
semplicemente indossino l'abito ecclesiastico, privi di tonsura. Prima della vesti-
zione non sono che studenti.
La terza categoria è per lo più denominata laici negli abbozzi; non si muta nome
nel manoscritto approvato. Però la circonlocuzione «socii adiutores» delle Cost.DB XV
3 è resa coll'unica voce di «coadiutori» nell'italiano del 1875; identica la sorte di «soda-
les adiutores» che si legge in Cost. DB XIII 2.39 Il laico permane tutta la vita in tale suo
stato, perché come tale fu cooptato in congregazione.
zioni approvate da Leone XII il Io settembre 1826 (P. Calliari, in DIP c. 635). La S. C. dei Ve-
scovi e Regolari si era impegnata nel corso del primo quindicennio del pontificato di Pio IX di
formarsi una solida giurisprudenza in materia di approvazione di nuovi istituti di voti semplici.
Aveva dato alle stampe la ponderosa Collectanea in usum Secretariae S. C. Episcoporum et
Regularium cura A. Bizzarri, Romae, Camera Apostolica, 1863, 942 p. Chiudeva la raccolta il
Methodus quae a S. C. Episcoporum et Regularium servatur in approbandis novis institutis voto-
rum simplicium, pp. 828-829 con numerosi casi pratici. Se ne farà una seconda edizione coi Tipi
Poliglotti Vaticani, 1885, 881 p. col Methodus alle pp. 772-773.
37 Cf il prospetto corrispondente a Cost.DB I 1 in Cost.SDB 72-73.
38 Cf i prospetti corrispondenti a Cost.DB II 4 e 6 in Cost.SDB 84-85.
39 Cost.SDB 182-183. Va notato che don Bosco negli abbozzi anteriori aveva impiegato
il composto «fratelli coadiutori», non il semplice sostantivato «coadiutori». «Fratelli coadiuto-
ri», reso con «socii adiutores», si trova anche in luogo successivamente lasciato cadere del capi-
tolo sulle accettazioni: Cost.SDB 176-177.

2.5 Page 15

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La formazione del salesiano coadiutore nel 1883
157
B. I coadiutori nel Capitolo generale 1 (1877)
Al principio dell'estate 1877 don Bosco faceva recapitare alle singole case
l'opuscolo Capitolo Generale della Congregazione salesiana da convocarsi nel
prossimo settembre 1877. Torino, Tip. Salesiana, 1877, 24 p., allo scopo di avvia-
re la riflessione che nell'assemblea doveva maturare in un primo nucleo di diretti-
ve pratiche concertate. Nessun paragrafo toccava di proposito i coadiutori. Ma
trattando degli ascritti, dopo aver indicato che chi è ricevuto per fare gli studi
ecclesiastici deve aver compiuto il ginnasio, per l'altra componente precisava:
«Nei coadiutori si richiede soltanto che essi sappiano leggere e scrivere» (p. 20);
in caso contrario, o intraprendevano la prova dell'aspirantato (dove avrebbero
avuto opportunità di adeguarsi alla norma) o venivano addetti a «qualche servizio
nelle nostre case».
Risulta quasi certo che a questo punto della sua proposta il fondatore ha in
mente soltanto il giovane addestrato alla vanga o alla manovalanza, ma privo di
cultura formale e in cerca di una relativa sicurezza materiale e religiosa.
Si fissa ancora sul termine «coadiutore» per i propri laici professi, mentre a
p. 9 aveva indicato come «fratelli coadiutori» la corrispondente classe nella
Compagnia di Gesù e «fratelli», senz'aggiunta di sorta, i membri della congrega-
zione fondata da G. B. de La Salle. D'altra parte nell'abbozzo di regolamento dei
Capitoli generali (a p. 23) usa la circonlocuzione «i semplici soci professi laici od
ecclesiastici» per designare gli invitati al Capitolo.
Fin dalla seconda conferenza capitolare, che aveva per oggetto di rivedere le
usanze religiose, si viene a parlar dei laici, novizi e professi, in una digressione.
Don Bosco aveva scritto nell'opuscolo preparatorio al Capitolo generale che
non si doveva «lasciar passar uno da artigiano a studente». Ora gli si chiedono
delucidazioni ed egli dichiara che aveva inteso parlare «di quelli accettati già
nella congregazione come coadiutori, non dei giovani che per caso nella casa
facessero gli artigiani». Un alunno, fosse anche aspirante, può mutar stato. Ciò
dipende dalla valutazione prudente del direttore. Si godono i frutti di tale saggez-
za nella persona dei sacerdoti Tamietti, Pavia, Cassinis, Beauvoir.40
40 Verbali compilati da G. Barberis, quaderno 1 p. 15 conservato in ASC D 578. Ne ha
curato l'edizione critica, rimasta medita, M. Verhulst. I quattro cognomi qui elencati rappresen-
tano soci che incominciarono l'aspirantato salesiano come artigiani o addetti a servizi ammini-
strativi incamminati verso la consacrazione laicale; ma, prima di diventar novizi, mutarono
indirizzo vocazionale.
Giovanni TAMIETTI O Tamietto (1848-1920): cf DBS. Il particolare sottolineato nel Capi-
tolo generale è sfuggito alle fonti a stampa (quali MB, Annali, BS 44 (1920) 304), ma è implici-
tamente riconoscibile se si riflette sui registri di contabilità e su quelli scolastici di Torino-
Oratorio. ASC E 552 documenta la contabilità intorno all'anno 1860. Nella metà inferiore d'u-

2.6 Page 16

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158
Antonio Papes
«È da notarsi che tutti gli ordini religiosi sono inesorabili su questo punto.
Da noi si può essere più condiscendenti; ma chi ora valuta le cose è il Rettor
Maggiore, non altri». In conclusione «si lasciò poi in facoltà del Rettor Maggiore
il far passare da coadiutore a studente anche qualcuno dei soci in considerazione
delle belle prove offerte da Scagliola, Casari e Lago».41
na pagina a sinistra, verso il fondo del registro, in buona evidenza si scrisse: «Tamietto (per
esso il suo zio e tutore) paga fr. 100 / per una tanto, se oltre non si può». Orfano e ammesso
gratuitamente; dunque più facilmente come artigiano. SAS fissa l'entrata ai 2 del mese d'otto-
bre. Possiamo ritenere che tale giorno corrisponda piuttosto al passaggio fra gli studenti di
prima ginnasiale. Infatti a capo della pagina destra si elencano i fratelli Carlo e Alessandro
Trona, entrati il 12 aprile 1860 (il secondo morirà subito, il 25 aprile 1860) e al chiudere i conti
del Tortora il contabile è perentorio: «parte oggi 18 luglio» 1860.I successivi registri di contabili-
tà non pongono il Tamietti nelle liste: non c'era forse alcuno da cui sperare rimborso spese. I
registri dei voti scolastici in ASC E 601 e 602 elencano Tamietti fin dal mese di novembre 1860:
in la, 3a e 5a . Nel 1861 conta 92 camerati: è promosso con 67/70; in quinta conta 33 camerati:
i suoi 124/130 sono superati da tre, eguagliati da uno.
Giuseppe PAVIA (1852-1915) ha un ritratto conforme alla sua fama di impareggiabile diret-
tore d'oratorio da A. Rodino nel DBS. Benché SAS segni l'11 maggio 1865 come data d'entrata
a Valdocco, il primo registro della contabilità che lo nomini è ASC E 555 che copre l'anno
1867-1868 (p. 744). ASC E 605 lo elenca fra coloro che il 9 ottobre 1869 superarono l'esame di
3a-4a elementare: è il n. 45 e fu promosso con 35/40. Il successivo registro scolastico lo dichia-
rerà promosso alla seconda classe ginnasiale il giorno 2 settembre 1870 col punteggio di 67/80.
Cassinis o Valentino CASSINI (1851-1922): l'elogio di BS 47 (1923) p. 41 e p. 139 è rias-
sunto nel DBS; SAS e ASC E 553 (p. 28) concordano sulla data d'inizio della sua esperienza
con don Bosco: 11 agosto 1863; «a 24 [lire] mensili per 2 mesi, dopo a 15» aggiunge il registro
della contabilità. Se fu accettato come artigiano, fin dall'autunno 1863 si trasferì alla sezione
studenti, poiché il registro scolastico lo elenca fra i promossi alla seconda ginnasiale con 86/90
(ASC E 602). Se don Bosco gli impone la veste talare soltanto il 13 settembre 1873, lo si deve
alla salute, non a prolungata permanenza nei ranghi degli artigiani. Il registro della contabilità
1868-1869 (ASC E 557 p. 204) lo dichiara studente di prima filosofia, cioè di liceo, (e implici-
tamente novizio salesiano). Annota inoltre: «parte aeger 23/12 [l'antivigilia di Natale 1868 e]
rit[orna] 22/4. Parte [di nuovo] 23/8».
Giuseppe BEAUVOIR (1850-1930), elogiato da E. Valentini nel DBS, si trova col grafema
Bouvoir al f. 199 del registro di contabilità contrassegnato ASC E 553. Fece parte della sezione
artigiani di Torino-Oratorio a cominciare dal 2 marzo 1861: con la madre Silvina ci si era
accordati per lire 10 mensili. Ma «Dal 1o settembre [1862] in poi a lire 14 m.li la pensione, per
essere passato studente. Bucato a casa sua»: era torinese. Intellettualmente si dimostrò medio-
cre: ASC E 606 indica come dovette riparare a novembre due materie di prima filosofia, di cui
aveva subito esame il 14 luglio 1870.
41 La terna rappresenta ecclesiastici che dopo aver professato come laici furono autorizzati
a mutare indirizzo vocazionale. Viene alla mente che don Bosco aveva subito uno smacco nel
negare questa autorizzazione al cav. Federico Oreglia di Santo Stefano (1830-1912): cf MB XX
(indice).
Marcellino SCAGLIOLA era nato a Calosso (Asti) il 16 settembre 1843 e giunse a TorinoO-
ratorio il 10 settembre 1869. Emessi voti religiosi a Trofarello (Torino, 23 settembre 1869) e a
Lanzo Torinese (27 novembre 1872: l'atto originale si astiene dal precisare che fosse coadiutore

2.7 Page 17

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La formazione del salesiano coadiutore nel 1883
159
Al momento di provvedere al miglioramento della vita comune, ci si sof-
ferma su particolari piuttosto futili per un CG. Li riferiamo, perchè concernono il
vocabolario sui coadiutori.
Un neo che turba alquanto l'uguaglianza viene individuato nella «soppressa-
tura dei laici», o, in altri termini, nella «soppressatura delle camicie pei laici».42 È
una giusta esigenza soltanto per quei pochi tra di loro che l'obbedienza manda in
mezzo alla borghesia della città.
Si dibatte pure, nell'intento di salvaguardare l'eguaglianza senza mancare al-
la deferenza dovuta all'ospite, su chi possa servirsi, oltre all'invitato, delle «pie-
tanze [...] servite dai fratelli».43
L'8 settembre si apre la quinta conferenza capitolare. Sentito il relatore don
G. Barberis, si prendono orientamenti operativi sugli ascritti, cioè sulle strutture e
i contenuti della formazione dei candidati in ciascuna delle tre fasi nelle quali
Cost.DB XIV la distribuisce. L'accenno ai coadiutori, da don Bosco fatto nell'o-
puscolo preparatorio all'assise, verrà in sede capitolare significativamente am-
pliato e articolato.
Si convenne anzitutto che la casa di formazione dovesse costituire realtà del
tutto autonoma. Ciò in linea di principio. Si convenne pure che Torino-Oratorio
mal si prestava a detta funzione formativa.
Passando alle reclute da formare, ci si fermò a riflettere sui contenuti della
prima fase di prova, l'aspirantato. Ma solo per gli studenti, poiché furono dimen-
ticati gli artigiani. Si discusse invece degli «adulti»: contrappo-
(ASC D 878, p. 147). Indossò la veste talare benedetta da don Bosco a Torino-Oratorio il 31
ottobre 1873. Partì per l'Argentina l'anno 1876 e a Buenos Aires divenne sacerdote, ma dopo il
CG 1, il 27 gennaio 1878. Morì a Guadalajara (Messico) il 24 maggio 1931.
Di Emanuele CASARI possiamo dire poco di preciso. Il catalogo salesiano lo elenca tra gli
ascritti coadiutori residenti a Torino-Oratorio nel 1870 e a Cherasco (Cuneo) l'anno seguente.
Professò a Lanzo Torinese il 29 settembre 1871 e il 18 settembre 1874: cf registro, p. 34 e 151 in
ASC D 878. A questa data di residenza è a Varazze (Savona) dove il catalogo 1875 gli dà la
qualifica di studente, di chierico quello del 1876. È di sede a Genova-S. Pier d'Arena allorché
se ne fa il nome nel corso del CG 1. Ancora il catalogo del 1878 lo registra come sacerdote con-
sigliere nell'anzidetta casa; 1879: prefetto a Nice (A.-M., Francia). Sito e occupazione immutati
fino al 1883. Il registro Morti e usciti fino al 1908, che dobbiamo quasi interamente a d. C. Gu-
smano, fissa l'abbandono della Congregazione al 27 settembre 1883 e lo motiva coll'avverbio
sponte. Ma una minuta autografa di don M. Rua (3 marzo 1885) attesta che fu dispensato dai
voti per dargli agio di soccorrere ai bisogni di sua madre.
Angelo LAGO (1834-1914) noto per essere stato segretario di don Michele Rua Rettor
Maggiore e generalmente venerato per la santità personale in vita, dopo la professione perpetua
sottoscritta a Lanzo Torinese il 19 settembre 1873, ricevette dalle mani di don Bosco la veste
talare il 16 dicembre 1876 e il giorno successivo alla menzione del CG 1 riceverà il suddiaconato
a Casale Monferrato (Alessandria). Cf MB XX (indice) e BS 38 (1914) 127 che il DBS riassu-
me.
42 Verbali I 103-104.
43 Verbali I 107.

2.8 Page 18

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160
Antonio Papes
sti ad aspiranti studenti, non può trattarsi che di coloro che, sui vent'anni e oltre,
accettavano lo stato religioso laicale disposti a tuttofare in seno alla comunità.
In un terzo momento:
«si passò a parlare degli ascritti. Essi van divisi in due categorie, chierici
e coadiutori. "Cominciamo dai secondi", è l'invito del relatore, "come
ordinariamente i più abbandonati". Per loro veramente non vi è bisogno
di tante cure come per gli aspiranti al sacerdozio; tuttavia non bisogna
abbandonarli e fare assai di più di quel che non si fece in anni scorsi».
A questo punto il relatore propose e l'assemblea approvò le seguenti risolu-
zioni: dormitorio a parte, meditazione «coi chierici» ascritti, ricreazione «nel
cortile apposito coi chierici» quando peculiari loro occupazioni lo permettano,
tavola «cogli altri», ossia con gli ascritti chierici, ma distinti «di luogo», «il caffè
con noi», con l'insieme dei soci oltre che degli ascritti, «orazioni» dopo cena:
possibilmente «in disparte, da loro soli, assistiti dal socio» del maestro «o dal
prefetto, il quale dopo parlerà loro», conferenze settimanali «coi chierici; ma
almeno ogni 15 giorni abbiano una conferenza apposita per loro...».
Concluse il relatore: «Con questi provvedimenti si spera un miglioramento;
e che fatti professi potranno aiutare un po' più sodamente la congregazione e ne
avranno un po' più lo spirito».44
Tale embrione di ratio formationìs per ascritti coadiutori suppone la cono-
scenza di quella che era la ratio degli ascritti chierici. Non è il caso di presentarla
qui.
Per i coadiutori «non vi è bisogno di tante cure» aveva sentenziato don G.
Barberis, portavoce della commissione capitolare. Non si tratta di una sottovalu-
tazione propria dell'assise salesiana: non si fa altro che accettare la norma canoni-
ca risalente all'anno 1603, già nota, su cui ci fermeremo più avanti, e la prassi
generalizzata delle famiglie religiose dei due secoli precedenti. Da tali dati di
fatto prende avvio la riflessione del fondatore:
«È vero, soggiunse D. Bosco, che anche in altri ordini i coadiutori non
sono tanto accoditi; ma tra noi un coadiutore può coprire cariche molto
importanti; perchè in mani loro sono tante aziende della Congregazione
e le tipografie, librerie, i magazzeni sono quasi tutti in mani loro».45
Senza approfondire, senza precisar meglio le connotazioni di questo discor-
so, senza curarsi di raccogliere una qualche disposizione operativa sul
44 Verbali I 63-64.
45 Verbali I 64.

2.9 Page 19

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La formazione del salesiano coadiutore nel 1883
161
modo di preparare alle indicate responsabilità, l'assemblea passa a dibattere l'età
richiesta per ammettere al noviziato i coadiutori. La commissione era partita dal
tacito presupposto che i candidati alla vita salesiana laicale fossero «adulti». Ora
l'assise si scorda di quel presupposto e fissa l'attenzione sugli allievi artigiani che
Torino-Oratorio e Genova-S. Pier d'Arena vanno formando, sperandone frutti
vocazionali.
I capitolari sanno che il diritto canonico fissa i 20 anni per iniziare il novi-
ziato da laico. Busserebbero più numerosi alla porta del noviziato, insinuano
alcuni capitolari, se l'età fosse minore. S'incarica il teologo G. Cagliero, catechi-
sta generale, di approfondire il discorso e informare meglio l'assemblea. Don
Bosco stesso è esitante. Importa soprattutto constatare come mostri di non tener
del tutto distinta la figura di coadiutore tuttofare e di coadiutore artigiano. Ecco
il riassunto del suo discorso:
«Tuttavia D. Bosco non si trova molto propizio ad ammettere coadiutori di giova-
ne età perchè si trovano in troppo gravi pericoli; e specialmente perchè pare che
lo spirito della Chiesa sia sempre stato di tener separati i giovani dai vecchi, sia
perchè il mettere giovanetti in certi uffizi di casa come in cucina, nei refettorii rie-
sce sempre cosa molto pericolosa. A tal punto, che mi pare, prima di mettere un
giovane a fare il refettoriere, la farei prima io la pulizia del refettorio; ma non mai
e poi mai mettere un giovane ancora non d'età matura. Tuttavia desidero che si
studi il principio e molte volte per noi ciò può essere convenientissimo, special-
mente per giovani artigiani, i quali coll'essere della Congregazione non mutano
punto lo stato loro e possono continuare nel loro mestiere».46
Nel seguito dei verbali non si farà cenno alcuno alla ricerca affidata al cate-
chista generale. E nella seduta in corso si procede sul cammino di orientamenti
operativi di scarso spessore e per lo più applicabili a una categoria qualsiasi di
formandi.
«All'inizio dell'anno scolastico si tengano due giorni d'esercizi spirituali o l'esercizio
della buona morte. Cautela nell'ammettere esterni, compresi genitori, a visitare i for-
mandi. Come spetta al Capitolo superiore ammettere al noviziato, così al Capitolo
superiore spetta dimetterli. Anno per anno il noviziato formi famiglia assolutamente
nuova. Chi ha terminato l'anno di noviziato e non ha professato è dimesso oppure e-
stende la prova ma lontano dalla casa di noviziato». Certificati e indagini da premet-
tere all'ammissione alla prova di noviziato. Trattamento a tavola: «non proprio u-
guale» a quello dei soci.47
46 Verbali I 65-66.
47 Verbali I 70.

2.10 Page 20

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162
Antonio Papes
Chiudiamo la panoramica su questo primo Capitolo generale con l'unica de-
libera che tocca molti dei punti discussi in assemblea circa i coadiutori, avverten-
do che non entrerà nel corpo delle deliberazioni stampate. Essa attesta che nel
1877 non si è consapevoli a tutti gli effetti della complessità dei problemi forma-
tivi inerenti alla categoria unica dei consacrati laici salesiani.
«I coadiutori siano esercitati nelle virtù, nei lavori e negli uffizi propri
della nostra Congr[egazio]ne; si facciano loro osservare tutte le nostre
Costituzioni. Chi si mostrasse inetto negli uffizi affidati o trasgredisse
gravemente qualche regola specialmente in fatto di moralità o si mo-
strasse intemperante nel mangiare o nel bere sia immediatamente cancel-
lato dal numero degli ascritti».48
C. I coadiutori nel Capitolo generale 2 (1880)
Don Bosco convoca ancora una volta i direttori a Lanzo Torinese e funge
personalmente da presidente-regolatore. A don G. Barberis, segretario, viene
affiancato don Giovanni Marenco (1853-1921):49 entrambi prendono appunti in
aula, ma i verbali sono ancora una volta stesi da don Barberis. Due le sedute che
interessano direttamente ed esplicitamente i soci laici.
Nella prima don Giuseppe Ronchail (1850-1898),50 relatore della commis-
sione denominata «Direzione dei coadiutori aspiranti ascritti e professi», rileva:
«Sul noviziato dei coadiutori si osservò che quasi tutte le congregazioni
li provano col molto lavoro... Tra noi però i coadiutori hanno bisogno
di maggiore istruzione essendoché varii sono occupati in cose di impor-
tanza e delicate [...] Noi poi abbiamo un bisogno speciale di invigilare
sull'accettazione dei cosidetti barba perché per lo più i nostri confratelli
coadiutori hanno da lavorar con loro».
La discussione si chiude col seguente accordo di principio:
«Il direttore della casa invigili esso direttamente sui coadiutori professi
"quanto allo spirituale". Invece se si tratta di coadiutori aspiranti od
ascritti, il che avviene specialmente nelle case dove sono artigiani, allora
il direttore può affidarli alle cure del catechista degli artigiani [...] Quan-
48 Verbali I 73.
49 La pagina riservatagli nel DBS sunteggia BS 46 (1922) 15-17. La necrologia scritta da
don P. Albera si legge anche in ACS 2 (1921) 295-304.
50 Le notizie date dal DBS provengono dal BS fr 20 (1908) 151-159.

3 Pages 21-30

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3.1 Page 21

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La formazione del salesiano coadiutore nel 1883
163
to poi riguarda gli artigiani delle nostre case, la disciplina, la direzione
dei laboratorii ecc. questo dovrà dipendere dal prefetto della casa».51
«Quasi tutte le congregazioni»[...] «tra noi però»: gli oblati degli ordini mo-
nastici, i conversi dei mendicanti, i fratelli laici dei gesuiti e di congregazioni più
recenti costituiscono invero un'unica massa omogenea nei rispettivi istituti. I
coadiutori salesiani, invece, vanno tra loro distinti in due gruppi: quelli tuttofare
e quelli che «sono occupati in cose di importanza e delicate». Il secondo gruppo
emerge soprattutto «nelle case dove» si addestrano alunni artigiani.
Il criterio che separa i due gruppi di coadiutori non è quello formalmente re-
ligioso e spirituale, ma quello delle funzioni. La «maggiore istruzione» che il
secondo di questi due gruppi esige non è quella religiosa, bensì quella tecnica,
secolare. Il superiore responsabile di questa formazione è nelle case particolari il
prefetto, mentre il superiore responsabile di sostenere i confratelli laici, non meno
che gli aspiranti e i novizi avviati alla consacrazione religiosa laicale, rimane il
direttore. A questi è data facoltà di incaricare della prima formazione il catechista
degli artigiani.
E i «barba» chi sono? Gli adulti esterni, assunti per le loro qualità tecniche,
alcuni salariati, altri famigli. La particolare vigilanza ha principalmente di mira
l'attuazione di Cost.DB IV 4 circa le conversazioni con i secolari.
La seconda delle sedute tocca la constatazione che, dei nostri professi laici,
«varii sono occupati in cose di importanza e delicate».
Nelle minute prese dal vivo, don Barberis così riassume:
«Lanzo 11 ore 4 pom. Vedere che gli artigiani abbiano qualche titolo con
cui distinguersi, non sempre coadiutori — mettere i titoli convenienti».52
Più in disteso nel verbale definitivo informa che si era dibattuto se non fosse
opportuno distinguere dalla massa amorfa dei coadiutori quelli che potessero
fregiarsi di titolo particolare
«non parendo conveniente che alcuni (i professori o titolati di qualche ri-
guardo) siano stampati [nell'elenco annuale] col semplice titolo di coa-
diutore. In questo modo si contenterebbero alcuni deboli della fede che
già fecero loro rimostranze, cui tuttavia pare conveniente soddisfare
adattandosi alla loro debolezza».53
51 CG 2 1880, Verbali definitivi: conferenza 8, quaderno I, pp. [4-6]; ASC D 579.
52 Minuta, quaderno II, p. [3].
53 Verbali definitivi, quaderno I, pp. [5-6].

3.2 Page 22

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164
Antonio Papes
Nell'appunto preso in aula don Barberis scrive artigiani. Nella stesura defi-
nitiva scrive invece professori o titolati. In entrambi i casi egli ha in mente i pro-
fessi, non il personale laico della prima e seconda fase di formazione iniziale. A
quell'epoca i laici salesiani che fossero professori o titolati di qualche riguardo lo
erano o per nascita (come il cav. F. Oreglia di Santo Stefano) o per studi e tirocini
compiuti prima di entrare in congregazione o, infine, per conferimento fattone da
don Bosco medesimo (come per P. Barale elevato nel 1875 a cavaliere della
stampa).
Giova adesso ricordare che don Bosco (e tutti) regolarmente riferiscono il
cognome di un salesiano sacerdote preceduto dall'abbreviazione sac., mentre in
analoghi riferimenti ai coadiutori manca qualsiasi annotazione che lo distingua da
un non consacrato.
Nel frontespizio del Vade mecum e altrove don Barberis premette al proprio
nome e cognome il titolo di teologo che si è assicurato con la sua povera laurea
del 1873. Di esso si fregia pure don G. Cagliero. E che dire del titolo di direttore
spirituale emerito e onorario?, o qual profondo significato comporta l'essere don
G. Bonetti, quasi a livello di congregazione, prefetto del clero (Catalogo 1878) e
altri più tardi archivista o prefetto dì sacrestia?
Nel Capitolo Generale 2 (1880) si scusa la pigrizia di chi è chiamato a trovar
soluzione equa e soddisfacente anche di problemi non trascendentali, denigrando
chi li ha sollevati.
Le Costituzioni di don Bosco (cap. X), assegnano a ogni comunità il supe-
riore e il consiglio, attribuendo a ciascuno un titolo proprio. Prestissimo la prassi
ha accresciuto di numero questi titoli, portati, senza eccezione alcuna, da sacerdo-
ti. In ogni comunità il catalogo enumera anche dei coadiutori. A Torino-Oratorio
questo gruppo supera di molto i sacerdoti. È umano, ma anche un valore a livello
di congregazione, che alcuni possano offrire più ricchi talenti per la missione da
svolgere. Don Barberis suggerisce che il catalogo annuale tenga conto anche di
questa scala oggettiva di cose.
Frutto delle delibere capitolari devono considerarsi:
— il titolo di capo ufficio come era riconosciuto a Torino-Oratorio a quattro
coadiutori fin dal 188154
54 II catalogo 1881 accerta: «Barale Pietro Capo uff. Libr.»; «Buzzetti Giuseppe Capo uff.
Cale»; «Pelazza Andrea Capo uff. Tip.»; «Rossi Giuseppe Io Provv. e capo uff.». Mal si affian-
ca l'ufficio del Rossi alla libreria, calcografia e tipografia. Il Rossi è essenzialmente «Provvedito-
re alle dipendenze del Capitolo superiore»; i tre restanti sono più legati alla casa particolare, dove
lavorano in settori tecnici al fine educativo globale della casa. Nel 1881 ci si scorda di qualifi-
care la loro posizione generale di Coad in congregazione. Nel 1883 si sarà provveduto

3.3 Page 23

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La formazione del salesiano coadiutore nel 1883
165
— la distinzione fra artigiano e coadiutore stabilita per aspiranti e novizi,
non per professi (che rimangono coll'unica qualifica riconosciuta dalle Costitu-
zioni di don Bosco in lingua italiana), nelle sole comunità di TorinoOratorio e di
San Benigno Canavese.55
D. La formazione del candidato artigiano nel Capitolo generale 3 (1883)
La giusta eguaglianza fra le categorie dei professi salesiani e la formazione
del salesiano laico sia nella sua spiritualità che nella sua efficienza apostolica,
sono problemi dibattuti, ma non risolti, nei primi due Capitoli Generali. Insieme
con l'appellativo che deve distinguere la categoria dei laici salesiani, questione di
scarso spessore, ma pretestuosamente sollevata come indice di scarsa stima e di
effettivo dominio sul gruppo dei laici consacrati salesiani, entrambi i problemi
ritornano alla ribalta nel Capitolo Generale 3.56
a far precedere tale qualifica di coada capo uff.: l'angustia tipografica allora avrà consigliato di
eliminare «Libr., Calc, e Tip.» L'anno 1884 abbiamo un capo ufficio anche a San Benigno: ma
è titolo personale che segue P. Barale, colà per un anno trasferito. A S. Benigno si apre la serie
dei capi ufficio locali effettivi col catalogo 1887; i primi tre saranno: Francesco Borghi
(18681888), Alessandro Rinaldelli (1837-1896), Bartolomeo Scavini (1839-1918). Nello stesso
catalogo se ne elencano cinque a Valdocco. Il catalogo 1912 cancella definitivamente quest'u-
sanza per ogni parte della Congregazione.
55 Questo secondo frutto del CG 2 1880 non maturerà che cinque anni dopo, con il cata-
logo 1889. Gli aspiranti di Torino-Oratorio l'anno 1889 sono artigiani, salvo uno solo che è
coadiutore; ma a San Benigno sono numerose entrambe le categorie tra i novizi e tra gli aspi-
ranti. Con il 1890 avremo artigiani a Torino-Oratorio anche tra gli ascritti. Il catalogo 1896
cesserà di elencare aspiranti e quello del 1905 indicherà con l'abbreviazione coad. indistinta-
mente gli ascritti di Valdocco e di San Benigno Canavese.
56 Col CG 3 1883 inizia la serie delle assemblee che si tengono a Torino-Valsalice, dopo
che i primi due si erano tenuti a Lanzo Torinese: si interromperà col CG 12 1922. Anche que-
st'assemblea era stata programmata per Torino-Valsalice (ACS 2 (1921) p. 260). Ebbe scaden-
za prefissata così per l'apertura come per la seduta conclusiva nella prima quindicina di agosto.
L'ultimo Capitolo generale così rigidamente limitato nel tempo sarà il CG 9 (1901). Per la
prima volta abbiamo un Regolatore distinto dal Rettor Maggiore. Don Bosco attua il disposto
del Regolamento che era stato approvato nel CG 2 (1880).
La scelta di don Bosco cadde su don G. Bonetti. Dopo che tra il 1878 e il 1880 don Bosco
aveva per lui creato la sine cura di «prefetto del clero», nel CG 2 era stato eletto consigliere
generale del CS. Con circolare datata Torino 30 giugno 1883, inaugura il suo nuovo ufficio di
Regolatore annunziando che «si è ultimamente deliberato che [il CG] sia tenuto dal 1 al 9 del
prossimo settembre, in Torino, nel collegio di Valsalice» (minuta e copia a stampa in ASC D
593). Resta da spiegare perché, di fatto, invece, l'apertura avvenne il 2 e la chiusura il 7 settem-
bre. Don G. Bonetti in persona lo afferma nella stesura definitiva del verbale di chiusura, sotto-
scritto dai singoli capitolari: «L'anno del Signore 1883 dal 2 al 7 di settembre [...] si tenne il III
CG.» In questo CG 3 continua a lavorare la coppia di segretari minutanti costituitasi nel capito-
lo di tre anni prima. Ma questa volta l'onere principale cade su don G. Marenco, non su don G.
Barberis.

3.4 Page 24

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166
Antonio Papes
La documentazione del dibattito intervenuto nell'aula capitolare è troppo
sommaria per comprenderne il senso partendo da essa sola.57 In compenso è ricco
il materiale raccolto in fase precapitolare. Benché celebrato sotto l'effettiva presi-
denza del fondatore, il Capitolo Generale 3 non ha trovato finora il favore di
qualche studioso.58 Siamo perciò costretti a dilungarci forse più del conveniente
nelle analisi delle carte d'archivio. Troveremo anticipati alcuni dei punti storici e
tematici che le pagine di don Barberis suppongono noti.
Partiremo dalla tematica che don Bosco aveva proposto alla riflessione pre-
capitolare dei direttori e delle comunità. Due degli otto punti proposti toccano
questioni connesse esplicitamente con il coadiutore salesiano. La penna di don
Bosco sembra tracciare panorami generali. La base della congregazione non lo
segue: in ultima analisi l'attenzione si concentra in proposte abbastanza conver-
genti circa la formazione non del coadiutore in generale, bensì del gruppo costi-
tuito dagli artigiani... di Torino-Oratorio.
Tale ristretta visuale, fatta propria dalla commissione capitolare, sarà l'unica
a ricevere concreta attenzione in aula, risolvendosi nella decisione di potenziare a
favore degli artigiani il noviziato di San Benigno Canavese.
A sollevare la stima del coadiutore nel rispetto dell'uguaglianza garantita
dalle Cost.DB occorre provvedere adeguatamente formando e lo spirito e la pro-
fessionalità dell'artigiano.
a) Le proposte suggerite da don Bosco
Il fondatore convoca l'assemblea con breve circolare a stampa in data 20
giugno 1883, Torino. Allega gli «schemi delle materie, che formeranno principa-
le argomento di discussione» e ingiunge che «al più tardi nel mese di agosto» i
risultati dello studio compiuto localmente siano recapitati a Torino, all'indirizzo
del confratello Giovanni Bonetti, nominato regolatore del futuro capitolo». E
giorno e luogo dell'assise verranno notificati «a tempo opportuno».59
57 In altre parole: a) i verbali del Marenco risentono di carente riflessione anche sintatti-
ca, quasi che siano annotazioni prese direttamente in aula e non più riviste dal segretario minu-
tante; b) non sono state raccolte le minute dei lavori delle commissioni, che avrebbero illumi-
nato il dibattito seguito in assemblea generale.
58 Quel poco che ne conosciamo nei testi a stampa ce lo fornisce don E. Ceria. Nelle MB
XVI ne parla in apertura dell'ultimo capitolo, che intitola «Pensieri e lettere di don Bosco», p.
411-418. Se ne occupa soltanto per «quel tanto che ci fa conoscere sulle varie questioni il pensie-
ro di don Bosco». Si tratta di «memorie biografiche» del fondatore, non di storia della Congre-
gazione... Purtroppo l'esposizione è più breve e maggiormente episodica in Annali I 468s.
L'unico documento che don E. Ceria conosce circa lo svolgimento dei dibattiti è il verbale di
don G. Marenco; insoddisfacente, l'abbiamo detto, ma che troppo affrettatamente il Ceria
ritiene «mutilo», ridotto anzi a un «frammento» (MB XVI 412).
59 ASC D 593. Al Regolatore spettava notificare e tempo e luogo del CG, conforme al

3.5 Page 25

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La formazione del salesiano coadiutore nel 1883
167
Nella circolare, e più chiaramente nel «N.B.» in calce alle proposte, don Bo-
sco invita il direttore ad animare nel senso dovuto la comunità.60 Ciò non di meno
non abbiamo trovato una sola pagina che rifletta pareri collegiali: ispettori, diret-
tori, semplici soci parlano sempre a nome personale e generalmente firmano il
proprio contributo.
L'allegato che si invia con la circolare è un foglio a stampa, piegato, grande
come un normale foglio per la corrispondenza familiare. Gli otto temi risultano
distribuiti a due a due sulle quattro facciate. Non si tratta di «schemi», bensì di
titoli alle volte estremamente generici.
Quattro degli otto temi hanno per oggetto altrettanti regolamenti: i primi tre
regolamenti si trovano in fase progettuale (esercizi spirituali, ascritti e loro studi,
parrocchie); il quarto (all'ottavo posto nella serie dei temi) è già in sperimenta-
zione: è il regolamento delle case61 e si domanda quali mutazioni siano desidera-
bili.
Il sesto tema ha per oggetto quali siano i criteri per licenziare un socio, il
settimo si riferisce agli oratori festivi. Di tutti questi argomenti non ci occupere-
mo affatto. Sono invece oggetto di questo studio i due che vertono sui coadiutori.
«IV. Cultura dei coadiutori».
La formulazione è troppo generica. Quasi tutti pensano che D. Bosco chieda
come si debba migliorare il professo sotto il profilo della conoscenza scientifica e
religiosa.
V. Indirizzo da darsi alla parte operaia nelle case e mezzi di sviluppare la
vocazione dei giovani artigiani».
Don Bosco intende chiedere aiuto per una più adeguata risposta al gran se-
gno dei tempi sventolato dalle bandiere rosse socialiste?. No, probabilmente. In
ogni caso i soci tengono ben coartati gli orizzonti delle loro proposte: parte ope-
raia è intesa come sinonimo di parte artigiana; i sugge-
Regolamento del CG promulgato, si fa per dire, in capo alle Deliberazioni del 2° CG ..., Torino,
Tip. Salesiana, 1882, pp. 1-2. Negli abbozzi precedenti mancano tali disposizioni.
60 Superando la lettera di Cost.DB che non prevede consultazione alcuna del direttore
quando è convocato al CG d'affari, mentre per il CG elettivo lo impegna a convocare i professi
perpetui, ma al solo fine di farsi accompagnare da un loro delegato (VI 3-4, X 8, VIII 5, IX 4),
don Bosco invita il direttore a radunare almeno il suo capitolo e di studiare insieme la materia
che sarà oggetto di delibera capitolare. Così dispone il Regolamento dei direttori, art. 5 in
appendice alle Deliberazioni del CG della Pia Società Salesiana tenuto in Lanzo-Torinese nel
settembre 1877, Torino, Tip. e Libr. Salesiana, 1878, a p. 85.
61 Elaborato negli anni 1852-1854 e immediatamente applicato alla «casa annessa»' all'O-
ratorio di S. Francesco di Sales: MB IV 542-543; testo: MB IV 735-755.

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168
Antonio Papes
rimenti, spesso scontati, vertono sui mezzi atti a rendere vocazionalmente fecon-
da la conduzione dei laboratori artigianali. Nessuno tenta la virtuale agevolissima
estrapolazione richiesta per toccare pure le «colonie agricole», che allora si anda-
vano aprendo.
Il discorso pre-capitolare ha come oggetto di studio al n. IV il coadiutore
professo; nella prima metà del n. V lo stesso professo nell'insieme dell'ambiente
professionale nel quale eventualmente opera; nella seconda parte del quesito n. V
è l'aspirante salesiano artigiano da condurre a chiedere l'ascrizione alla congrega-
zione. Il reclutamento dei coadiutori tuttofare si serve di altri ammenicoli, che il
Capitolo Generale 3 non prende in considerazione. Giunti alla porta del novizia-
to, però, si uniranno i due tronconi? Tacciono le carte, sono trasparenti i fatti.
Bisognerà avvertire che in numerosi contesti novizio o professo artigiano va
inteso come sineddoche: la parte (il gruppo principale, considerata la finalità
apostolica dell'Istituto) per il tutto. Anche il coadiutore tuttofare è partecipe «in
quanto può» della formazione come della missione dell'artigiano.
Non era previsto nella trama generale che ci si occupasse del noviziato dei
coadiutori, tuttofare o artigiani che fossero.62
Fu l'intervento, affatto straordinario per tempo, quantità e qualità, di Torino-
Oratorio che impose questo punto come caratterizzante l'intera tornata capitolare.
Due coadiutori vennero fatti intervenire o di loro iniziativa intervennero con me-
moriali scritti, a Capitolo ormai incominciato; i quattro coadiutori «capi ufficio»
presero parte a sedute del Capitolo Generale in veste di invitati; due coadiutori,
cinque preti appartenenti al capitolo locale, un altro prete che firma con pseudo-
nimo, nonché don G.B. Lemoyne (che nel suo apporto scrive di rispecchiare la
situazione di Valdocco) aggiungono numerosi apporti. I problemi sollevati con-
vinsero l'assemblea che era urgente formare nel noviziato vero e proprio il laico
come religioso e come tecnico. Il quaderno autografo di don Barberis, che ci
prepariamo a pubblicare, documenta i primi passi della nuova dimensione forma-
tiva intrapresa in risposta al Capitolo Generale 3.
62 Al terzo posto del diagramma dei temi suggeriti per il CG 3 don Bosco aveva posto il
«regolamento del noviziato»: da creare, naturalmente. L'ausilio che riceverà è ben piccola cosa.
Il diac. L. Cartier (1860-1945) vuole che i candidati francesi compiano il loro noviziato in
patria; con argomenti robusti solo per i chierici. Il Lemoyne invita a trasformare Valsalice in
noviziato. Don Francesco Dalmazzo (1844-1908), catechista a Penango (Alessandria) pensa
che ogni socio sia autorizzato ad ammaestrare l'ascritto. Don G. Costamagna (1846-1921) e
don Pietro Pozzan (1844-1918) trovano difficile scegliere il personale che formerà l'ascritto.
Infine Tamietti, Lemoyne, Pozzan con S. Febraro fanno considerazioni sui programmi di stu-
dio, scordandosi dell'aspetto ascetico e spirituale. Nessun pensiero esplicito per i coadiutori.

3.7 Page 27

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La formazione del salesiano coadiutore nel 1883
169
b) La risonanza in congregazione
Non è mera curiosità intellettuale rilevare che gli apporti pervenuti sul tavo-
lo del Regolatore sono firmati da sacerdoti. Soltanto Torino-Oratorio è rappresen-
tato pure da coadiutori: i loro significativi contributi possono esser dovuti alla
particolare insistenza di don G. Bonetti e alla lusinga di un invito a prendere parte
al capitolo stesso.63
I sacerdoti, che apportano qualche riflessione, vivono e lavorano nelle co-
munità grandi e piccole accanto ai coadiutori. Solo eccezionalmente ne scoprire-
mo qualcuno piuttosto critico nei loro confronti.64
e) Le carte raccolte dai confratelli delle case particolari
La consapevolezza della disistima che colpisce i confratelli coadiutori come
gruppo è dolorosamente espressa da don G.B. Lemoyne in questi ter-
63 Nessuna firma di eh. si conserva. Notiamo però il diac. Louis Cartier.
64 II catalogo 1883 elenca almeno 39 toponimi. In un paio di casi, consta che chi vi lavo-
ra tiene la sua residenza in altro luogo. I coadiutori, sempre nel catalogo 1883, si articolano in
129 professi e 75 ascritti. I professi si trovano in numero di 8 a Genova-S. Pier d'Arena come
pure a Buenos Aires-Almagro (Argentina). Seguono: Alassio (Savona) con 7, Torino-Valsalice
con 6, Lanzo Torinese e Mar seille-St.-Léon (B.-du-Rh., Francia) con 5, Villa Colón (Uruguay)
e Utrera (Sevilla, Spagna) con 4; abbiamo sei comunità che ne contano 3 ciascuna e sette co-
munità con due soltanto. I coadiutori ascritti pure sono ben sparpagliati: 8 a La Navarre (Var,
Francia), 4 nel seminario minore di Magliano Sabina (Roma), 3 a Buenos Aires-Almagro; le
case che ne formano un paio sono sette. Riserviamo il penultimo posto per Torino-Oratorio. Di
gran lunga sorpassa ogni altra singola comunità con i suoi 37 professi e 22 ascritti. Ciò in parte
giustifica che il CG 3 guarderà all'insieme del gruppo dei salesiani laici nell'ottica offerta dalla
casa-madre. All'ultimo posto parliamo di S. Benigno Canavese (Torino). Non conta che tre
coadiutori professi, ma coi suoi 11 ascritti è ormai numericamente il secondo noviziato.
Quale il rapporto numerico tra i soci tuttofare e gli specialisti in qualche arte o impiego
tra i soci coadiutori? Gioverebbe saperlo. Il tema V mette a fuoco gli artigiani soltanto. Non
siamo oggi in grado di suddividere questo totale di 204 confratelli. Non siamo in grado nem-
meno di indicare con sicurezza quali sono le case che comportano una parte operaia, cioè scuole
di addestramento professionale. Possiamo escludere: a) con sicurezza: centri come Mathi (To-
rino), che nel 1883 è «azienda» distaccata della tipografia di Torino-Oratorio; b) con probabili-
tà: i settori funzionali presenti quasi dappertutto rappresentati da orti e stalle in cui operano
spesso dei salariati esterni. Non prenderemo in considerazione le ripartizioni dei servizi comuni
ad ogni convivenza, accuditi in larga misura da famigli, sotto la vigilanza di confratelli tuttofare,
quali le cucine, le lavanderie.
Presenze educative artigianali e agricole forse non superano la decina; in Italia: Torino-
Oratorio, Genova-S. Pier d'Arena, San Benigno e Mogliano Veneto; in Francia: Nice, La Na-
varre, St.-Cyr e Marseille-St.-Léon; in America: Buenos Aires-Almagro e Villa Colón. In
queste comunità si potranno individuare dei maestri d'arte attivi verso una sessantina (sul totale
di 84 aspiranti coadiutori elencati nel catalogo 1883) di giovani aperti alla chiamata religiosa e
verso un numero assai più vasto di orfani e bisognosi, tra i quali ricercare qualche futuro coa-
diutore.

3.8 Page 28

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170
Antonio Papes
mini: «Nelle case particolari tenuti come servitori, senza conferenze adattate e
senza rendiconto, formanti quasi una categoria distinta».65
Un buon numero d'intervenuti pensa che una parte di colpa vada riposta nel-
la trascuratezza da parte dei responsabili delle case. Conseguentemente chiede
che si inverta la tendenza, precisando chi in modo speciale debba provvedere al
caso.66 Altri, più legati alla lettera del punto IV, suggeriscono ammenicoli atti ad
elevare la cultura del gruppo.67
Se mettiamo a parte le riflessioni di don D. Belmonte, nessuno o quasi si oc-
cupa della «parte operaia». I suggerimenti vocazionali, poi, sono ovvi e risaputi.
Il Belmonte, invece, nella veste di direttore di Genova-S. Pier d'Arena, affonda
implacabile il bisturi:
«I giovani artigiani non fanno progresso qui tra noi nella virtù e nell'arte:
1o per mancanza di saggi e prudenti assistenti;
2° per mancanza di capi, non dico religiosi, ma onesti cristiani;
65 È il punto quarto della sua risposta al quesito quarto. Nei tre punti che precedono tro-
viamo il Lemoyne partecipe del pregiudizio che i laici non entrino in congregazione che per
vantaggi terreni. Lamenta inoltre che maneggino denaro e manchino di chi li dirige. Altri con-
tributi aprono vie che ritengono percorribili per l'elevamento del loro stato. Il direttore di Ran-
dazzo (Catania) don P. Guidazio: «I coadiutori dovrebbero essere totalmente separati dalle
persone di servizio esterne, se no sono più d'inciampo che di utilità, come quelli che per essere
addetti alla congregazione si usurpano un'autorità fastidiosa e si dispensano facilmente dai loro
doveri». Don G. Branda, direttore d'Utrera (Sevilla, Spagna): «Distinguerli in qualche occasio-
ne per rompere la barriera che s'immaginano vi sia tra i secolari ed i sacerdoti». Il catechista
degli studenti di Torino-Oratorio: che i coadiutori s'accorgano che i superiori «si curano di
loro». Ritornando al Lemoyne, lo vediamo in testa al piccolo gruppo dei cappellani costituito
presso le Figlie di Maria Ausiliatrice di Nizza Monferrato (Asti). Prima che l'anno finisca
prenderà sede a Torino-Oratorio, segretario del CS, occupato a scriverne i verbali e a raccoglie-
re i «documenti» per le future MB.
66 S'è già visto il Lemoyne. Il Branda urge: «Vi sia una persona per essi, non solo nomi-
nale». Don G. Daghero, direttore del seminario di Magliano Sabina (Roma) distingue: per lo
spirito il direttore, per le parti odiose il prefetto. Non alla guida personale spirituale né ai biso-
gni esteriori locali, bensì alla programmazione professionale generale indirizza il CG don G.
Vespignani, vice-direttore di Buenos Aires-Almagro: «Per gli artigiani. Proporre un consigliere
artistico, a cui abbiano a riferirsi i capi d'arte sui lavori da farsi e stabilirne le regole» (su parte di
tre foglietti di 12 x 10 cm intitolati «Argomenti proposti da trattare nel CG del 1883» conse-
gnati forse all'ispettore don G. Costamagna; il Vespignani compila pure il foglio inviato da
Torino).
67 S. Zanone, prefetto d'Alassio; G. Daghero; G. Vespignani nel foglio ufficiale; P. Per-
rot, direttore alla Navarre. Il citato P. Pozzan, direttore dell'oratorio festivo di Valdocco, è
invece preoccupato della salute. La cultura generale sta a cuore al catechista di Penango (Asti)
F. Dalmazzo; al catechista d'Esté (Padova) don P. Gallo interessano gli esercizi spirituali; al
neosacerdote Michele Pietro Cavatore (1858-1924) di Torino-Oratorio e al coad. G. Buzzetti
sta a cuore il canto gregoriano (e in capo alla lettera del Cavatore don Bosco annota che si deve
leggere in capitolo); a gran numero interessa che divengano buoni catechisti.

3.9 Page 29

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La formazione del salesiano coadiutore nel 1883
171
3° per mancanza di lavoro importante nel quale esercitarsi e divenire
buoni artisti;
4° infine, per mancanza d'istruzione. Alcuni giovanetti escono dall'Ospi-
zio dopo quattro anni e non sanno ancora scrivere. Sono demoralizzati
dai cattivi esempi dei capi, scoraggiati dal nessun profitto nell'arte, irrita-
ti dal modo in cui vengono trattati dagli assistenti...».
Quasi a conferma abbiamo quattro grandi e fitte pagine del suo prefetto don
Cesare Cerutti.68
d) Le carte dei principali responsabili della sezione artigiani di Valdocco69
Incominciamo col riferire di un confratello che si nasconde sotto i nomi di
Pietro D. di Giacomo, il solo che incentra il suo discorso sugli «artigiani ascritti»
quando gli altri gettano lo sguardo sull'insieme della «parte operaia» dell'Orato-
rio.
Esprime «strazio» al constatare l'uscita dalla congregazione di tanti «nostri
fratelli laici» e più profonda desolazione al constatare quanto seria e diffusa sia
l'inosservanza degli impegni religiosi in chi rimane in congregazione.
«Io che per mio ufficio son sempre tra essi e posso conoscere intus et in
cute i nostri fratelli laici, e professi e ascritti [vedendo come i secondi
sono diretti] specialmente in Torino, credo di poterle osservare quanto
qui:
68 Corrispondenza con il Regolatore in data del 18 agosto 1883. Don Cerutti (1849-1902)
è preoccupato per la situazione morale, religiosa e intellettuale. L'aspetto professionale vero e
proprio rimane scarsamente evidenziato.
69 II capitolo della casa di Torino-Oratorio conta ben 18 titolari. Ne è «rettore» don Bo-
sco e «direttore» G. Lazzero, consigliere nel CS. Nell'amministrazione contiamo quattro sacerdo-
ti: «prefetto» S. Marchisio (1857-1914), col vice-prefetto S. Fumagalli (1855-1910); «economo»
A. Sala (1836-1895). Dunque l'economo generale della Congregazione, sarebbe anche economo
della casa particolare, dove ha un vicario nella persona di don G. Oddone (1850-1908). Si
hanno due catechisti: don Domenico Canepa (1858-1930) per gli studenti, don Anacleto Ghio-
ne (1865-1925) per gli artigiani. Gli studenti sono provveduti pure d'un vice-catechista, don V.
Reggiori (1853-1884) e d'un consigliere scolastico, S. Febraro (1856-...). Tre i consiglieri privi di
specifici incarichi: forse uno di loro era più particolarmente occupato con gli artigiani: sono
Don D. Vota (1848-1906), A. Riccardi (1853-1915) e M. Davico (1847-1902). Contiamo anche
«dignità» del tutto disattese in altre case e perfino nelle Cost.DB: un archivista, che è G. Berto,
(1847-1914), un prefetto di sacristia (erede del prefetto del clero ...1878), L. Deppert (1853-
1889). Tre sono «direttori» d'oratorio festivo: quello degli «esteri» locali, P. Pozzan (1844-
1918); di S. Angela delle FMA a Valdocco che altri non è se non il catechista generale G. Ca-
gliero; di S. Teresa, ancora delle FMA, a Chieri (Torino), nella persona di A. Notario (1855-
1942). S'è già detto che i coadiutori sono 37 (più uno in caserma). La lista dei «socii» consta
inoltre di altri 4 sacerdoti (un quinto è V. Reggiori, il vice-catechista), 2 diaconi, un suddiacono e
24 chierici (con 5 del loro gruppo assenti per servizio militare).

3.10 Page 30

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172
Antonio Papes
«1o Far loro fare il rendiconto ogni mese, cosa che quest'anno non si fe-
ce; e un rendiconto che si versi realmente in tutto l'accennato dalle Costi-
tuzioni e aggiungerei alcune cose speciali riguardanti il diportamento nel
laboratorio».
2° Detto rendiconto lo faranno «a persona intelligente e illuminata che
sappia attrarsi l'affezione e abbia parola persuasiva, ciò che pare non
abbia il presente direttore dei novizi».
3° La stessa persona faccia conferenze «progressive» e mostri di capire
poi i problemi che tormentano gli artigiani.
4° «Uguaglianza in tutto e per tutto i novizi agli altri giovani» e dar loro
anche più.
5° Causa malcontento dire: "non si può" a uno quando ad altri si con-
cede.
6° Gli artigiani non studiano teologia: perciò chi coltiva la loro vocazio-
ne deve essere espertissimo di direzione spirituale.
7° Gli artigiani vengano accettati anche sotto i 19 anni né loro si chie-
dano due anni di noviziato.
8° Vigilare che nel gruppo che di loro si occupa non entri chi guasti
l'opera di tutti gli altri, il novizio, poi, sia sottomesso al suo assistente
«come agli altri». Scegliere un libro adatto per la loro meditazione, «che
faranno separati dai professi».
Gli accenti della premessa e il desideratum del n. 8b potrebbero indicare che
chi scrive sia un'assistente. Se così fosse, il punto 2 indicherebbe scarsa fiducia in
don G. Lazzero, direttore, così come il punto 6 ne squalificherebbe la scienza. Ma
riteniamo più probabile che lo pseudonimo nasconda G. Lazzero stesso.
Il punto 4 forse lamenta l'insufficiente attenzione che la comunità presta al
piccolo gruppo degli ascritti. Infine, se il rendiconto deve toccare «cose speciali
riguardanti il diportamento nel laboratorio» (punto 1), non evidenzia soltanto le
particolari difficoltà di quell'ambiente ma anche che a Torino-Oratorio si coltiva-
va l'ascritto secondandone l'arte. Ne segue forse che la sezione di noviziato che il
Capitolo aprirà a San Benigno non si caratterizzerà per i laboratori e per la for-
mazione professionale degli ascritti, bensì per l'attenzione alla formazione reli-
giosa.
L'immediato responsabile dei laboratori artigianali è naturalmente il prefet-
to, che a Valdocco ha un suo collaboratore a tempo pieno, il viceprefetto. En-
trambi apportano elementi significativi. Per il prefetto, don S. Marchisio:
«Suona [...] male questo nome di coadiutori perchè collo stesso nome
sono chiamate le persone di servizio. Pare che abbiano bisogno di molto
coraggio e che in ogni casa, specie all'Oratorio, vi sia uno che se ne pren-

4 Pages 31-40

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4.1 Page 31

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La formazione del salesiano coadiutore nel 1883
173
da una cura specialissima. Nei laboratori abbiano sempre il sopravvento
anche sui capi esterni; e possibilmente non si faccia tanto conoscere che
un'assistente di laboratorio è superiore a loro. Parrebbe cosa bella che
ogni direttore facesse loro qualche conferenza per sentire da loro soli i
bisogni ed anche i loro lamenti».
Dove poi sosta a riflettere sui mezzi per assicurare artigiani alla congrega-
zione, don Marchisio lamenta che gli attuali professi evidenzino formazione sca-
dente e che non manca chi arrivi a distogliere qualche recluta «colle massime non
troppo buone».
Convergente riflessione sulla situazione e maggiore attenzione alle cose da
fare si trova in don S. Fumagalli, cui sembra s'ispirerà don Bosco quando due
mesi più tardi parlerà agli ascritti artigiani di San Benigno:
«Corre voce tra i coadiutori confratelli ch'essi son tenuti nella Congrega-
zione come persone di nessuna considerazione». Non saranno mai ispetto-
ri, direttori [...] Possono tuttavia occupare altre cariche più o meno im-
portanti, per es.: di direttori di laboratori, di provveditori ed altre a cui è
bene che vi sia a capo un secolare per poter trattar più liberamente col
mondo [...] Poi il Signore ricompensa egualmente in cielo colui che occu-
pa un'alta carica [...] o bassi uffizi». Né si dimentichi che rimane più age-
vole il condur a porto di salvezza una piccola barca che non un basti-
mento».
Don A. Ghione cinque settimane prima che don Bosco diramasse la circola-
re che annunziava il Capitolo Generale 3, informava il Prefetto generale sulle
ombre che riscontrava tra i coadiutori professi. Tale foglietto di carta da corri-
spondenza — formato normale, senza indicazione di luogo, scritto o passato al
destinatario il 13 giugno 1883, con la giaculatoria «G.M.G.» in alto — appartiene
al Capitolo solo per il contenuto.
«Reverendissimo Signore,
Mi credo in dovere manifestar alla S. V. Rev.ma una mia veduta ri-
guardante ad alcuni confratelli professi laici, i quali pare che siano un
po' lungi dal seguire più alla stretta le orme dell'Uomo di Dio quale de-
v'essere un vero religioso. Ciò a mio parere per mancanza di una pru-
dente persona espressamente incaricata per l'assistenza di questi nostri
confratelli, che sebben religiosi, tuttavia non cessano di essere uomini.
Posto che vi fosse una coscienziosa persona incaricata per l'assistenza
non si vedrebbero più alcuni che non si fanno scrupolo di trascurare per
qualche giorno d'ascoltar la S. Messa, negligentar la meditazione e lettu-
ra spirituale, accostarsi di rado ai santi sacramenti, dar poca importanza
all'esercizio mensile della buona morte e farsi troppo famigliari colle coltri
del proprio letto. Se questa mia osservazione fosse un abbaglio e peggio
uno sproposito, abbia la bontà di annoverarlo fra i tanti già com-

4.2 Page 32

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174
Antonio Papes
messi nei mesi ed anni passati. Baciandole rispettosamente la mano, mi
dico sempre suo servo fedele
don Anacleto Ghione».70
Riflettendo più tardi sul quesito V degli schemi precapitolari, il medesimo
catechista allarga alquanto l'orizzonte dei gruppi dei quali valuta la disciplina,
senza superare il pessimismo:
«Non si possono indirizzar bene i giovani» quando «non sono bene indi-
rizzati i loro maestri, vale a dire assistenti e capi di laboratorio». Chiede:
a) «una conferenza settimanale agli assistenti», una mensile ai capi.
b) «In laboratorio il contatto dei nostri giovani con tanti operai
esterni è affatto contro il buon indirizzo»: si assumano meno lavori,
onde ridurre gli esterni.
e) «Fa gravissimo male ai giovani il mandarli ad eseguire od a ulti-
mare lavori fuori di casa: è la rovina dei nostri giovani». Non si mandi-
no alunni fuori casa per commissioni.
d) «Che la direzione dei laboratorii si metta un po' più in regola.
Fare un po' più conoscere ai giovani il regolamento della casa»...
e) «Al buon indirizzo dei giovani artigiani è pure di ostacolo l'uscita
di coadiutori non confratelli che ha luogo tutte le settimane... Oltre l'a-
ver» costoro «comodità di portar via e vendere qualche oggetto, si cari-
cano ancora di commissioni pei giovani»...
f) «Se non si potrà in avvenire avere un cortile a parte pei coadiuto-
ri non confratelli, si dovrebbe loro proibire di passare la loro ricreazione
coi giovani»...
g) «L'entrata principale della chiesa di MA è luogo dove si fa
passare tanta roba fuori di casa ed è pure luogo di convegno tra nostri
giovani colle persone esterne e specialmente coi giovani scacciati dalle
nostre case».
Pesante pure l'atmosfera delle pagine dei quattro futuri «capi ufficio», che
soffrono, senza farne mistero, della poco allegra situazione, senza evidenziare
stima reciproca.
Incominciamo da G. Buzzetti (1832-1892), da più decenni corresponsabile a
Valdocco.71 Ne abbiamo fatto parola in quanto promotore del canto gregoriano.72
Di lui si conservano anche riflessioni fissate sul doppio foglio
70 Scrive in alto don M. Rua: «Riguardante i frat. coad.» Si conserva tra le carte del CG 3.
71 Cf E. Ceria nel DBS e, naturalmente, l'indice delle MB.
72 Su carta intestata della «Libreria salesiana» Torino, 27 agosto, sorpendentemente si
scrive, trattandosi della residenza di don Bosco: «Voglio sperare che ai poveri artigiani sarà
concesso un tal favore, essendo proibito di cantare in musica».

4.3 Page 33

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La formazione del salesiano coadiutore nel 1883
175
allegato da don Bosco alla circolare che indiceva il capitolo. A questo riguardo
già sappiamo che patrocina
«qualche ora di scuola, massime che tanti [professi] stentano a fare il
proprio nome».
Quanto alla parte operaia, proporsi l'obiettivo di
«aver buoni capi attivi e laboriosi che impegnassero bene e facessero la-
vorare come fosse pel proprio conto, mentre, se osserviamo, due terzi dei
giovani che terminano l'apprendisaggio van via incapaci di guadagnarsi
il vitto».
Vocazioni fra gli artigiani? Cominciare con un taglio reciso alle uscite e con
accorta assistenza. Purtroppo
«molte volte sono impedite da certi assistenti senza esperienza che casti-
gano senza persuaderli tanto in laboratorio come in refettorio. E a que-
sto riguardo, se qualche coadiutore cerca pacificare la cosa, non gli si
permette, non è creduto. Si determini fino a che grado vada il potere di
castigare».
Buzzetti fa qualche rilievo sul regolamento delle case, ma ritorna presto al-
l'argomento che lo tocca più da vicino:
«Il nome coadiutore suona poco bene tra noi. P. e. un povero carcerato
viene accettato in casa e gli si dà il nome di coadiutore. Vi è troppa di-
sparità di abiti tra noi[...] Un giorno il sig. conte Balbo uscendo dalla li-
breria disse ad un compagno: questi giovani vestono come tanti signori
ed il povero D. Bosco chiede l'elemosina. Sarebbe tempo che la nostra
stamperia s'occupasse solo della nostra stampa e non costringesse a far
stampare altrove. Così pure la libreria non si prenda tanta briga delle al-
trui edizioni, restituisca i depositi e si occupi solo dei nostri interessi,
senza voler dottrinare e scriver giornali, ecc.
il proponente Buzzetti Giuseppe».
Il provveditore G. Rossi (1864-1908)73 pensa ai coadiutori anche quando
viene sollecitato a pensare al noviziato, alle dimissioni, all'oratorio festivo.
«Che anche pei secolari ci sia il noviziato, ma che sia affatto separato
dagli altri che non sono ascritti e se fosse possibile fuori di Torino.
Quando saranno ben diretti e che avranno una piena cognizione della re-
73 Cf E. Ceria nel DBS.

4.4 Page 34

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176
Antonio Papes
gola, credo sarà più facile di ottenere buoni risultati. Un direttore che
abbia cura solo della parte artigiana, ma che sia uno che sappia conosce-
re la casa e mettere ripiego all'uopo. Fissare premii in danaro per quelli
che non si volessero fermare in Congregazione e questo premio sarà per
buona condotta tanto nelle cose di pietà che progresso nel lavoro; si fissi
anche inoltre il tempo che dovranno fermarsi per ottenere il premio e
qualora andassero via prima non avrebbero più diritto a nulla. Infine
negli oratori festivi «mettere persone che non siano affatto nuove della
casa e quello ch'è più, del sistema dell'amatissimo Sig. D. Bosco per ca-
pacitarsi la gioventù».
«Rossi Gius.»74
Nell'immediato e per alcuni decenni a venire la storia di Valdocco e in esso
della formazione degli artigiani dipenderà in misura rimarchevole dai rilievi e
dalle proposte dei due amministratori che abbiamo terminato di ascoltare.
Completiamo la panoramica con le due restanti voci,75 forse meno positive
ma più accorate. Peccano forse anche di presunzione letteraria e, senza dubbio, di
concisione.
Barale si rivolge al Regolatore nei termini che seguono:
«Libreria salesiana, 2 settembre 1883 [...] Le trasmetto solamente ora la
schedina con cui pongo avanti al ven. C[apitolo] G[enerale] quello che
mi pare atto a coltivare i confratelli coadiutori, ad indirizzare gli operai
al conseguimento del fine voluto dal fondatore della nostra Società ed a
coltivare le vocazioni negli artigiani... Quello che propongo è quello che
sentii da 15 anni in qua, e che lo vidi attuare quasi perfettamente dall'a-
matissimo padre D. Bosco e dal suo fedele imitatore il primogenito D.
Rua. Venni qui proprio per essere coltivato [...] Pene incredibili soffrii
nello spirito a causa del non vedere più chi a noi rivolgesse il pensiero
dalla morte di D. Chiala in poi».76
74 La firma è certamente autografa, ma scritta con penna differente dal resto.
75 P. Barale (1846-1934), di cui parla G. Favini nel DBS, ci ha lasciato nel foglio ufficiale
l'elenco dei 10 passi (cf nota 77) e, in ampio foglio doppio, la spiegazione, alle volte vibrata, altre
volte pedante, ai limiti della ragionevolezza. Per la biografia del Pelazza, invece, dobbiamo
ancora ricorrere a SAS e alle necrologie del BS 29 (1905) 313, nonché di S. Marchisio. Andrea
era nato a Carmagnola (Torino) il 15 ottobre 1843. Per il trasferimento del padre a Torino, poté
frequentare l'oratorio festivo. Fu addetto alla lavanderia della «casa annessa» di Valdocco nella
tarda estate 1862. Ammesso a professare temporaneamente il 19 settembre 1864 e in perpetuo il
16 gennaio 1870, ebbe da don Bosco la direzione o supervisione operativa della tipografia. Le
due necrologie e le poche lettere conservate in ASC (tutte dirette a don G. Barberis nel 1877 e
nel 1883-84) mostrano la genuinità salesiana del suo cuore. Morirà a TorinoOratorio il 23
settembre 1905.
76 Cesare Chiala (1837-1876): cf A. Rodinò nel DBS. I cataloghi 1875 e 1876 lo dichiarano «ca-
techista degli artigiani» a Valdocco. Gli successero nell'incarico G. B. Branda (18421927), negli anni
fino al 1880 e G. Leveratto (1845-1901), per il solo 1881. Con un anno di va-

4.5 Page 35

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La formazione del salesiano coadiutore nel 1883
177
È la premessa. Ora innesta l'elaborazione dei dieci passi allegorici che nel
foglio ufficiale aveva enunciato:77
«Lei ed altri diranno che le mie idee non sono pratiche».
E continua, alzando la voce contro la scarsa stima di cui si vede circondato
con l'intera categoria di cui fa parte:
«Noi adunque facendo i voti, basandoci sul cuore del Padre, credemmo
di diventare Figli e non servi, soci laici. Il sistema della Società Salesiana
nel fondatore è progressivo, dolce, quindi mira sempre ad innalzare i
soci e non ad abbassarli. Avendoci quindi nel primo capo, articolo pri-
mo, chiamati soci, il chiamarci poi coadiutori ci abbassa di tre gradi,
imperocché il primo grado è quello di operaio della vigna salesiana, il
secondo è quello di cooperatore, il terzo di adiutore ed il quarto di coa-
diutore».
Sommamente arbitraria questa esegesi, è chiaro. Operaio allude alla parabo-
la evangelica di Mt 20, 1; cooperatore può essere il non professo che in mille
modi viene in aiuto della missione salesiana; adiutor è la voce latina di Cost.DB
resa come coadiutore nella versione italiana. Quel che segue, però, non pecca
d'arbitrio e presunzione:
canza vi troviamo A. Ghione (1855-1925): siamo dunque all'anno in corso. Il Barale non scrive
che tale carica non esistette dalla morte del Chiala? Egli lamenta che i successivi catechisti do-
vettero restringere i loro interventi diretti ai soli alunni, in ossequio al disposto del CG 1 (1877)
che affidava tutti i soci della casa, laici compresi, all'immediata cura del direttore. Il Barale con
altri insiste di avere un responsabile distinto. Anche il Vespignani auspica la creazione di un
consigliere tutto dedito ai bisogni delle scuole per artigiani, sotto il profilo tecnico. Pare che il
Barale preconizzi qui piuttosto un catechista che si prenda cura spirituale dei laici. Altrove,
però, egli sarà a favore della creazione di un ufficio per la formazione professionale, ma a
livello di CS prima e di ogni casa poi.
77 Ecco i dieci passi che secondo il Barale eleveranno la cultura del coadiutore: «Io Equi-
librare il terreno con equa amministrazione d'ogni bene. 2° Smuoverlo con l'aratro dell'attività
nei cultori. 3° Fecondarlo con l'acqua dell'umiltà non finta. 4° Seminare a tempo opportuno e
coprire con la prudenza. 5° Scaldare col sole dell'amore di padri e di madri. 6° Sostenere le
piante colle pratiche di pietà della regola. 7° potare con un mensile rendiconto repressivo dolce
e preventivo. 8° Rarefare le piante dando aria necessaria. 9° Impedire che la filossera della
mormorazione guasti tutto. 10° Schiantare le piante dannose, ma in modo che le piante schiantate
non abbiano a lagnarsi giustamente dei cultori». Ma ecco un secondo decalogo, che risponde
alla richiesta di mezzi atti a sviluppare vocazioni: «Io Cercare un consigliere artistico nel Capi-
tolo [Superiore]. 2° Che il consigliere crei maestri d'arte salesiani. 3° Per crearli faccia creare un
noviziato professionale. 4° Il consigliere [professionale locale] consigli in conferenze settimanali
i maestri. 5° Si dia alla scuola, accademia, teatro, indirizzo operaio. 6° Il consigliere stabilisca ed
attui incoraggiamenti all'arte. 7° Catechista e consigliere non si rivelino discordi. 8° Lavorino
ad accordare maestri d'arte cogli assistenti. 9° Si pareggino questi a quelli degli studenti. 10° Si
supplisca alle vacanze della casa che si vuol far lasciare con vacanze alle case che si vuol far
abbracciare».

4.6 Page 36

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178
Antonio Papes
«E di fatti ce ne sarebbe da riempire un volume, tutti fatti che
dimostrano che alla parola, cioè al nome [di coadiutore] risponde il fatto.
Voglio dire che coloro che ci governano, con l'idea d'aver uomini di
servizio, operano e producono i fatti rispondenti all'idea loro».
Passiamo alle ultime battute. Ambizioni nell'animo di noi laici salesiani?
«Né io né altri laici sognammo mai, come fu creduto, di essere
malcontenti perchè ci è chiuso l'uscio all'autorità prima. Una tale
aspirazione sarebbe proprio satanica e massonica. Noi desideriamo che
nel Capitolo della Congregazione ed in quello delle case sul tipo
Oratorio vi sia un consigliere che abbia cura dello sviluppo e
dell'indirizzo della parte operaia [...] Non è necessario che il consigliere
artistico sia un laico, benché non sarebbe poi uno sproposito».
Su tre doppi fogli della tipografìa intestati a stampa traccia nove fitte pagine
il direttore commerciale di essa, A. Pelazza. Ne offriamo gli stralci più
significativi nei singoli punti:
«1o Direzione unica degli artigiani
A comune giudizio, gli artigiani hanno piuttosto una direzione
nominale che effettiva»: se ne accorgono gli alunni: quanto più i loro
dirigenti, con la conseguenza che per gli alunni l'Oratorio appare «una
casa penitenziaria» non una famiglia, mentre i secondi si rodono dentro
per l'impotenza di porre rimedio ai mali.
«L'Oratorio salesiano è ormai troppo grande da comprendere due
direzioni in una sola, per quanto alberghi nel cuore dei superiori locali
un massimo buon volere che io riconoscerò sempre.
Gli studenti delle case particolari hanno un proprio direttore
occupatissimo della loro coltura morale e scientifica; forsechè i nostri
artigiani in numero di circa 300 o dirò più propriamente, questo grande
arsenale d'industria e commercio, non abbisogna di propria soda e pratica
direzione?
Si dia uno sguardo serio alle onerose aziende ed officine nostre e
colla scorta del Sig. D. Rua si passi alla tipografia e libreria
specialmente, il cui movimento annuo è di circa un milione e potrebbe
avvantaggiare se vi fosse una solerte e pratica guida, e poi si dica che
basta una mente sola per le due classi di studenti ed artigiani, e che da
questa ne scaturisca il disiato ordinamento!
Tra noi esiste un visibile e non indifferente sperpero di danaro [...]
consumando il patrimonio della pubblica carità somministratoci dalla
Divina Provvidenza. Uomini ostili possono dire: "quanti danari ha mai
D. Bosco: è milionario!". Ma ciò sottrae la beneficenza [...] Occorre
adunque che si formi (secondo noi) una particolare direzione di direttore
e prefetto tra gli artigiani [di modo] che questi siano in grado di studiare
e provvedere ai loro bisogni non meno che a curare le aziende industriali
e commerciali simili.

4.7 Page 37

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La formazione del salesiano coadiutore nel 1883
179
Siccome poi tra i giovani si è incarnato il pensiero di non compiere
nell'Oratorio la loro coltura morale e d'arte e questa va dilatandosi spa-
ventosamente [...] così una direzione propria potrebbe col nostro ausilio
studiare e provvedere con maggiore efficacia ed utile comune».
[2°] «Regolamento per gli ascritti e coltura dei medesimi [...]
È sentito bisogno ed anche desiderio dei più, che gli artigiani ascritti
alla cara nostra Società quali laici, manchino della necessaria coltura di
spirito per ben comprendere il tenor di vita che vogliono abbracciare e
la necessità di studiare il modo di assicurarla loro propriamente.
Secondo il nostro modo di vedere vi dovrebbe essere una casa pro-
fessionale, possibilmente di ascritti laici, o se non altro lontani da un
centro come Torino, dove trovano negli antichi compagni [...] forte inci-
tamento a provare la libertà del secolo».
Pelazza apprezza il peso crescente che da qualche anno si va attribuendo alle
informazioni provenienti dai singoli laboratori nell'ammissione di candidati. Per
altro canto confuta l'opinione che addossa «la deficienza di vocazioni laiche nei
nostri artigiani» al «personale operaio esterno»: almeno nei vari settori della
tipografia, lo scrivente riscontra piuttosto
«esempi edificanti agli stessi confratelli [...] E veggo che non potremo
(nelle condizioni odierne) farne a meno, fintantoché si possano avere in
Società giovani operosi ed esemplari; la qual cosa potrà venire, come già
dissi sopra, quando siavi pegli artigiani una direzione speciale a modo».
Frena l'artigiano dall'ascriversi il percepire
«che la futura condizione loro è molto diversa ed umile [rispetto a] quel-
la degli studenti; pensano coll'esempio nostro, umiliati ed avviliti talvol-
ta dai superiori maggiori e minori [...] che essi saranno sempre miserabili
mortali e sbalestrati da passioncelle che vanno insinuandosi nelle dire-
zioni nostre; quindi, poveri di coltura, danno un passo indietro e si vol-
gono al mondo [...] Ciò accade più specialmente pei giovani d'ingegno e
laboriosi, i quali ci lasciano in eredità membri di poco conto ed inetti a
condurre laboratorii».
Bisogna dunque invertir l'attuale senso di marcia:
«Si ritenga che se i pochi adulti più vecchi vi rimasero, lo si deve al miele
di don Bosco porto al loro labbro nella età e fervore più ardente; più tar-
di sarebbe forse accaduto quanto scorgiamo. [Successero infatti] le pro-
ve, e terribili prove, cui pure danno di tratto in tratto saggi non del tutto
piacevoli a Don Bosco» [...] Come mai possono amare la Società nostra
quei giovani figli a cui non è più dato di conoscere e praticare D. Bosco?
[...] «Ci pensino i superiori e facciano in Domino quanto credono, dap-
poiché l'animo mio, aiutandomi Iddio, non verrà meno, poiché già en-

4.8 Page 38

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180
Antonio Papes
trai nei 22 anni, passati sempre tra le burrasche della grande comunità
dell'Oratorio Salesiano, senza punto pigliare grandi sollievi che in caso
di malattia».
[3°] «Coltura dei confratelli laici»
Quanto si disse degli ascritti può applicarsi ai fratelli laici «[...] Ac-
cadono talvolta giorni tristi e moralmente e fisicamente ai confratelli lai-
ci "per cause disparate" ma le principali sono due. Primieramente (biso-
gna pur dirlo a massima vergogna di qualche superiore) [che egli] tratta i
subalterni a maniera di servi mercenarii infedeli, che un mondano non
andrebbe tant'oltre, perchè più umanitario ed educato messo a simile e-
stremo, egli non obbedirebbe.
In secondo luogo dico che la tristezza può essere cagionata da noi stessi,
come ad esempio nella persona del caro Barale: [converrebbe] allonta-
narlo per breve tempo dalla causa delle sue afflizioni morali»... e Boc-
caccio potrebbe supplirlo egregiamente. «Sento pertanto l'obbligo di rav-
vivare al Capitolo superiore questo conosciuto inconveniente allo scopo
che [il Barale] o cooperi al movimento nostro [...] tipografico a vantaggio
della casa ovvero riposi un tantino per far guarire la sua testa».
[4°] «Indirizzo da darsi alla parte operaia» Rimanda ai punti precedenti.
[5°] «Norme per licenziare i soii»
«Questo punto [...] non fa per me, bastando la prudenza ed espe-
rienza dei superiori [...]. Quindi io chiudo questo mio scritto dettato pro-
prio tra cento disturbi [...] e prego chi legge di perdonare ad ogni neo nel
mio dire. [Quanto scrissi] non fu che per desiderio di bene [...] L'animo
mio non sente odio per nessuno, che anzi pregherò Dio in questi giorni
perchè benedica le discussioni del capitolo e le renda ubertose di frutti.
Torino, 1o settembre 1883
Pelazza Andrea»
e) Dibattito e decisioni in sede capitolare
Conferire al coadiutore l'uguale dignità garantita dallo spirito di don Bosco è
passaggio obbligato per incoraggiare gli allievi artigiani a seguire la vocazione
salesiana. A questo punto bisogna convincersi che è necessario il noviziato a
temprarne lo spirito. I candidati vanno altresì provveduti dei mezzi che li abilitino
a insegnare le arti, ma questo aspetto è secondario a confronto con la formazione
religiosa. Il complesso poi di Valdocco mal si presta ad assolvere la funzione di
vero e proprio noviziato. Ecco i pochi concetti che il Capitolo Generale 3 è chia-
mato a recepire per intervenire operativamente.

4.9 Page 39

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La formazione del salesiano coadiutore nel 1883
181
La mattina del 3 settembre 1883 «si discusse sulla base del noviziato, se si
osservi la clausola di Pio IX o no»78 ossia, come si legge nell'elaborato di don G.
Marenco:
«D. Bosco dà schiarimenti intorno allo spirito della regola per ciò che ri-
guarda il Noviziato. Il S. Padre Pio IX disse parecchie volte che nel for-
mare i salesiani si avesse in mira di renderli quello che dovrebbe essere
un sacerdote esemplare in mezzo al mondo. Perciò si richiedono le opere
di pietà conducenti a questo fine e allo stesso tempo è bene che disimpe-
gnino i loro uffizi onde conoscere le loro disposizioni. Bisognerà però
osservare che non impediscano gli esercizi di pietà».79
Questa è l'essenza delle tre fasi di prova che ciascun candidato alla vita sale-
siana deve percorrere. Teniamo dunque a mente che don Bosco non usa termini
tecnici. Che intendono in ultima analisi per noviziato don Bosco e i capitolari?
Probabilmente l'intero periodo della prima formazione quale è proposto da
Cost.DB XIV. Che intende don Bosco per «pratiche di pietà»? L'azione liturgica
e gli atti devozionali. È questa la componente specifica più importante, cui va
sempre unita la componente più particolarmente apostolica, che per i chierici è
anzitutto studio, per gli artigiani sarà perfezionamento nell'arte e per il consacra-
to tuttofare qualche tipo di più urgente lavoro manuale. L'indulto — vivae vocis
oraculo -— che il fondatore si assicurò nell'udienza di Pio IX prima ancora della
firma del decreto d'approvazione delle Cost.DB riduce e concentra tempi e spazi.
L'uso dell'indulto è ragionevole finché duri l'estrema urgenza apostolica da don
Bosco prospettata al Sommo Pontefice. Col passare del tempo però può rivelarsi
controproducente e pertanto dovrebbe essere abbandonato.
Quanto sopra va tenuto presente anche per la formazione del salesiano laico,
che ora don Bosco prende a descrivere, ma solo nella sua specifica finalità:
«Intorno al noviziato dei coadiutori D. Bosco assegna per base ciò che
già si è fatto fin qui [80] cioè renderli buoni cristiani, e dice: un ascritto se
78 G. BARBERIS, Appunti sulle sedute del CG 3,p. 1. «La clausola di Pio IX», cioè il privile-
gio secondo cui Pio IX vivae vocis oraculo aveva concesso al fondatore di tener occupati con
studi e altri esercizi i novizi nell'anno del loro noviziato canonico (cf postilla cap. XIV art. 12
in Cost.SDB p. 196).
79 G. MARENCO, Verbali del CG 3, p. 5.
80 La formula richiama quello che don Bosco aveva replicato per iscritto a mons. S. No-
bili Vitelleschi, segretario della S. Congr. dei Vescovi e Regolari, al rilievo mosso prima dal
relatore ufficiale e ripreso poi dal segretario medesimo, circa l'assenza di articoli sul noviziato
e sugli studi nel progetto di costituzioni dell'anno 1873 (cf Osservazioni 16-17 in Cost.SDB 245);
don Bosco assicura: «Si esporrà quanto si fa nel noviziato»; e a proposito di studi: «Ma vi son
trent'anni di prova che ci garantiscono i buoni effetti» (Cost.SDB 247).

4.10 Page 40

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182
Antonio Papes
metta in pratica le regole della casa, le regole generali della Congregazio-
ne e compia i suoi doveri religiosi basterà. L'importante è trovare chi
pensi seriamente a loro e li aiuti e li guidi».81
Con la breve frase di chiusura don Bosco indica d'aver accolto l'istanza pre-
capitolare. La mattina del 6 settembre parla don D. Belmonte, relatore della
commissione che ha studiato come promuovere la cultura dei professi laici. Scri-
ve don Barberis a tal proposito:
«Si discusse a lungo sul coadiutore, sia sul nome sia sulle attribuzioni.
D. Bosco suggerisce: ogni socio professo abbia la sua cella e se non si
può transitoriamente, letti a celle. 2° a tavola abbiano i primi posti dopo
i preti e i chierici. Procurino di essere ben educati a tavola, ed anche ben
vestiti».82
I rilievi mossi in fase precapitolare vanno tenuti presenti e chiariscono il
sunto. Don G. Marenco elabora utilmente la fase iniziale del dibattito:
«Si fa una questione se convenga lasciare o no il nome di coadiutori ai
soci secolari o cambiarlo in quello di confratelli. D. Bosco e molti opina-
no che non si debba mutare. Solo si mostra la convenienza che non si
dia il nome di coadiutori ai famigli. In dipendenza di questa questione si
accenna dal confratello Barale [83] a un po' di negligenza che si estrinseca
fra i nuovi e gli antichi [...] D. Bosco con molta aggiustatezza rilegge a
questo proposito: 'Tutti i soci si riguarderanno come fratelli' ecc. (Capo
2 art. 1). Quindi don Bonetti propone un canone così concepito: 'Tutti i
soci tanto sacerdoti come laici si trattino»...84
81 Verbali, p. 6.
82 Appunti, p. 8.
83 Pietro Barale, naturalmente, il coadiutore di cui ci siamo occupati per i suoi due decalo-
ghi e che A. Pelazza vorrebbe momentaneamente allontanato da Valdocco. Nei suoi appunti
don G. Barberis all'inizio degli atti intervenuti la mattina del 5 settembre annota: «Si erano
invitati Barale, Buzzetti, Rossi, Pelazza, Pavia perchè dovevasi trattare della parte coadiutori e
artigiani» (mentre in realtà di discusse di dimissioni). I Verbali di G. Marenco hanno cura di
aggiungere ai nomi dei 4 coadiutori e di G. Pavia, anche quelli del prefetto S. Marchisio e del
catechista degli artigiani A. Ghione. G. Pavia dirigeva l'oratorio «esterno» di Torino-S. Gio-
vanni Evangelista: fu preferito a don P. Pozzan in qualità d'esperto di vita oratoriana, tema
svolto nel pomeriggio del 5.
84 Verbali, p. 13-14. Si attribuisce al Barale un rilievo che nelle pagine pre-capitolari non
era emerso: un calo di rispetto nei confratelli (chierici e coadiutori) di recente professione di
fronte ai più anziani, una frattura fra le due prime generazioni di soci. Il contesto generale
mostra che il segretario ha reso imperfettamente i termini del rilievo. Non di frattura o frizione
tra generazioni si trattava, bensì tra i due gruppi di soci che erano gli ecclesiastici (sacerdoti e
chierici) da una parte e i coadiutori dall'altra. La «delibera» non venne stampata nella silloge
Deliberazioni del terzo e quarto CG... tenuti a Valsalice nel settembre 1883-86, S. Benigno Can.,
Tip. Salesiana, 1887, che nella sezione III delibera in questa materia, pp. 16-17.

5 Pages 41-50

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5.1 Page 41

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La formazione del salesiano coadiutore nel 1883
183
Vanno interposte, a questo punto della seduta, le direttive di don Bosco circa
le celle e i posti a tavola, cui don Barberis accenna. Per i problemi di nostro inte-
resse importa la tornata successiva, apertasi nel pomeriggio. Ce ne informano i
verbali di don Marenco.
In questa penultima seduta si accavallano vari temi : l'accelerazione dello
sviluppo dei laboratori artigiani, gli incentivi da introdurre per invogliare i giova-
ni a completare l'apprendistato, ma anche la seconda prova o noviziato, il nome
da dare al noviziato, i contenuti della formazione e il luogo.
A proposito del nome:
«D. Bosco ricorda che il S. Padre Pio IX raccomandò che non si
chiamasse noviziato ma con altro nome, che il mondo non è disposto a
ricevere questo nome».
Riguardo poi ai contenuti formativi della seconda prova don Bosco ancora
ricorda come:
«Il S. Padre Pio IX volentieri concesse che i novizi si occupassero
nell'anno di prova di studi e di qualche altra occupazione. La prima volta
che D. Bosco parlò col S. P. Leone XIII gli espose le concessioni fatte da
Pio IX, col che rispose che non intendeva di mutare nulla delle cose
concesse; se qualche cosa occorresse [mutare] sarebbesi provveduto al
momento opportuno».
Giunti alfine i capitolari all'articolo riguardante la casa di noviziato, che si
voleva unica per tutta la congregazione,85 «D. Albera rappresenta le difficoltà di
far fare il noviziato agli aspiranti francesi in Italia». Lingua, istruzione e «antipa-
tia nazionale» costituiscono gli ostacoli maggiori. Di conseguenza i capitolari
convengono in massima che si dovrà aprire un noviziato anche presso Marseil-
le.86
Da ultimo l'attenzione s'incentra sul noviziato degli ascritti laici in Italia; in-
vero non sui laici in genere, bensì sul gruppo di cui si ha estremo bisogno per
l'adeguato sviluppo della congregazione tra gli artigiani:
85 Già il porsi il problema implica dimenticanza del rescritto che si legge in MB XII 659
dopo le transazioni dell'estate 1876 (MB XII 269-272): don G. Cagliero era autorizzato ad
aprire in America un noviziato. Don P. Albera, direttore di Marseille-St.-Léon, non fa che pro-
porre a voce quanto il diac. Louis Cartier, membro della sua comunità, aveva portato alla
conoscenza del Regolatore per iscritto.
86 MB XIII 733 e XV 53-55 anticipano la decisione di iniziare tale noviziato, almeno nella
mente di don Bosco, il quale, anzi, ne avrebbe fatto oggetto di confidenze col Cartier, ancora
suddiacono, nel 1882 a Nice (A.-M., Francia).

5.2 Page 42

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184
Antonio Papes
«Entra in questione se sia necessario aprire un noviziato apposito per gli
ascritti artigiani. D. Bosco opina di migliorare la loro posizione [a Tori-
no-Oratorio] separandoli dal resto degli artigiani. Quasi tutti opinano di
fondarlo separatamente. Resta sospesa questa speciale deliberazione. Però
si cercherà di stabilire qualche cosa a S. Benigno. È esaurito l'argomen-
to».87
Sostiamo per qualche commento sull'ultima decisione. Singolare questo fi-
nale: l'assemblea mette in minoranza il suo presidente. Ci si accorda su un com-
promesso: non vi sarà delibera scritta, ma il superiore opererà conforme al sentire
della maggioranza. I verbali fissano due verbi, che vanno letti in senso improprio
e largo: aprire e fondare. Si dà inizio a una sezione nel vecchio noviziato, non si
intende fondare un noviziato nuovo per un gruppo particolare di candidati alla
vita consacrata salesiana. Si suppone che il noviziato di S. Benigno abbia tutti i
crismi giuridici necessari alla sua esistenza.
Quanto a «D. Bosco opina», già nel Capitolo generale 1 (1877) si era d'ac-
cordo che Torino non dava garanzie concrete per la necessaria separazione; per
questo due anni più tardi si «trasferirà» il noviziato fuori Torino, a S. Benigno.
L'assemblea del 1883 lo obbliga alla coerenza.
Il fondatore accetta quanto vuole la maggioranza con l'espressione «si cer-
cherà». A S. Benigno era assicurata la formazione religiosa con le conferenze e i
rendiconti del Maestro. Mancavano invece le strutture adeguate per render possi-
bile agli ascritti artigiani di avanzare nell'addestramento professionale anche nel
periodo della seconda prova. Don Bosco si impegna per colmare questa seconda
lacuna nella misura del possibile.
A quando l'inizio? Nel successivo mese d'ottobre.
Terminiamo indicando che la sintesi delle lamentele, delle proposte precapi-
tolari e del dibattito in aula è forse da vedere nell'art. 10 dell'indirizzo religioso-
morale da imprimere nelle collettività che ospitano artigiani, quale si leggerà nel
fascicolo stampato quattro anni più tardi:
«In vista del grande bisogno che si ha di molti capi d'arte per aprire nuo-
ve Case, per estendere ad un numero maggiore di giovanetti il beneficio
dell'educazione, ogni Confratello procuri col buon esempio e colla carità
d'inspirare negli alunni il desiderio di far parte della nostra Pia Società, e
quando qualcuno è accettato come ascritto s'invii anche con sacrificio
alla casa degli ascritti».88
87 Verbali, pp. 16-17.
88 Deliberazioni del terzo e quarto CG..., p. 19. Quanto urgente fosse per la congregazione
l'arricchirsi dei carismi degli artigiani in vista delle future scuole professionali si capisce dalla
situazione di Torino-Oratorio, di sicuro la comunità meglio provveduta anche qualitativamen-
te, nel 1883: a) sappiamo che i quattro «capi ufficio» non erano tecnici, bensì amministratori e

5.3 Page 43

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La formazione del salesiano coadiutore nel 1883
185
3. I novizi artigiani da Valdocco a S. Benigno
La congregazione decide nel 1883 di trasferire da Valdocco a S. Benigno
Canavese anche il noviziato degli artigiani. Cosa implica questo trasferimento?
In altre parole cosa intende in concreto don Bosco concludendo: «si cercherà di
stabilire qualche cosa a S. Benigno»?
Sotto l'angolo visuale della formazione religiosa il CG 3 (1883) si convinse
che Torino-Oratorio non offriva garanzia di uscire dalla crisi massimamente
segnalata in fase precapitolare: mancava il maestro e l'autonomia nell'esercizio
della sua missione.
Nel Capitolo generale 1 (1877) si era deciso che occorreva trasportare fuori
Torino la casa di formazione, che pure aveva da tre anni il suo maestro, perchè a
Valdocco il noviziato non poteva avere la necessaria autonomia. In pratica si
trasferirà in periferia il noviziato dei chierici. Gli artigiani sarebbero rimasti a
Valdocco. Ma privi di maestro. Esplicitiamo ulteriormente quanto è emerso da
più parti.
La formazione da impartire nel noviziato, anche sotto l'angolatura canonica,
presenta due dimensioni caratterizzanti complementari. Una è la dimensione
spirituale, generale e specifica di ogni istituto: questa è di esclusiva competenza
del maestro. Un'altra è la dimensione che guarda alla pro-
alti sorveglianti degli addetti; b) si conosce l'arte dei seguenti sei confratelli e si può presumere
che l'esercitassero: Cipriano AUDISIO (1847-1917) calzolaio, Vincenzo GIORGIS (1859-1883),
egli pure calzolaio, Marcello (-ino) CINZANO (1856-1919) stampatore, Carlo FONTANA (1851-
1912), dichiarato genericamente tipografo, Vittorio MANTELLINO (1859-1933) legatore,
Domenico ZANOLOTTI (1851-1936) fonditore; e) avevano un'arte, ma non l'esercitavano perchè
l'opera loro era richiesta altrove: Giuseppe DOGLIANI (1849-1934) falegname che divenne
musicista e Tommaso DELL'ANTONIO (1843-1900) conciatore, che a Valdocco sarebbe rimasto
disoccupato se non si fosse dedicato ad altri servizi, d) poterono esercitare una professione ma
non nei classici laboratori artigianali: Nicola FASCIOLA (1860 — uscito nel 1904) panettiere,
Gioanni MOSCA (1843-1900) infermiere, Paolo NARBONA (1844-1925) sacrestano, Domenico
PALESTRINO (1851-1921) sacrestano, Domenico Rossi (1843 — uscito nel 1912) cuoco, Pietro
Rossi (1857-1907) libraio; e) sono semplicemente «coadiutori» quando non sono descritti come
«contadini» o «agricoltori» i seguenti: Enrico BOCCACCIO (1840-1909), Giuseppe GAMBINO
(1847-1919), Giovanni GARBELLONE (1859-1928), Felice GAVARINO (1849-1919), Felice
GIRAUDO (1828-1908), Francesco MACCAGNO (1844-1896), Bartolomeo MONDONE (1825-1907),
Marcello ROSSI (1864-1908), Carlo STRERI (1844-1883).
Si lascia a future indagini determinare professione ed elementi anagrafici dei dieci
seguenti individui, coi quali si completa il totale di 37 coadiutori presenti a Valdocco all'inizio
del 1883: Natale AMPRIMO, Giovanni BAUDINO, Giovanni BRUNA, Giuseppe FECHINO, Giov.
Antonio FERRARIS, Luigi FIGINI, Matteo GHIGLIONE, Giovanni Battista MERLO, Francesco
MIGLIAVACCA, Gaetano PREVER.
Per l'origine e il significato dei laboratori e soprattutto della tipografia a Valdocco si veda
anche l'indice degli argomenti, (v. apprendisti e garzoni, laboratori di arti e mestieri, tipografia
all'Or.) in P. STELLA, Don Bosco nella storia economica e sociale (1815-1870). Roma, LAS
1880, pp. 646 ss.

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186
Antonio Papes
fessionalità: è affidata a competenti diversi dal maestro; ai professori per i chieri-
ci, ai maestri d'arte per gli artigiani.
Lo sdoppiamento si vede implicito nel trattamento che Cum ad regularem
riserva ai novizi laici. Orbene, i laici religiosi del sec. XVI e i laici negli ordini di
voti solenni fino al presente esauriscono la loro professionalità nell'orto, nella
cucina, nella lavanderia e ambienti simili: minimo apprendimento teorico, quasi
solo esercizio effettivo.89
Tenuto presente il livello intellettuale generale, la legge ritiene inutile tratte-
nere i laici in lunghe ore di spiritualità quotidiane. Perciò il noviziato loro dev'es-
sere soprattutto «lavoro manuale». Considerando invece chi aspira e ai voti in-
sieme e al sacerdozio, ci convinciamo che è «condiscendenza», non necessità di
principio, il liberarli da studi ecclesiastici durante il noviziato.
Se, rimanendo a Torino, il noviziato dei laici aveva patito sotto il profilo
spirituale, da quello della professionalità ci aveva guadagnato. Valdocco non era
possibile duplicarla in breve tempo e nel personale e nelle attrezzature tecniche.
Il Capitolo generale 3 (1883) ritenne venuto il tempo di correre il rischio di
ritardare la dimensione professionale, pur di invertire i risultati circa la dimensio-
ne spirituale. Don Bosco non potè opporsi: potenzierà e creerà i laboratori di S.
Benigno, con gradualità. All'apparenza poco o nulla muta a Torino-Oratorio, per
decenni ancora. Più appariscenti i cambiamenti di S. Benigno.
Rimettiamo agli indici delle Memorie Biografiche e degli Annali chi volesse
conoscere l'origine e lo sviluppo dei laboratori e della libreria di Torino-Oratorio.
Assai meno note sono le vicende di S. Benigno e di queste ci occuperemo adesso.
A) Il noviziato a S. Benigno Canavese
Dall'autunno 1879 S. Benigno ospita il noviziato dei Salesiani. La casa però,
accanto a questa sua funzione principale, esprime il suo radicamento in quel luo-
go armonizzandosi col clero sul piano della pastorale giovanile tramite l'oratorio
ed attuando le clausole concordate con l'amministrazione comunale circa le bot-
teghe artigianali e le scuole elementari maschili. Così la fondazione imita la casa
di Valdocco.90
89 Nei contesti letterari salesiani degli ultimi decenni del sec. XIX, come del resto ancor
oggi nel parlare e scrivere comune, non si chiamano artigiani coloro che esercitano mansioni
come quelle appena enumerate e altre simili.
90 II catalogo dei primi anni e la carta intestata a stampa dichiarano la recente fondazione
«Oratorio e ospizio di S. Benigno Canavese».

5.5 Page 45

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La formazione del salesiano coadiutore nel 1883
187
Una memoria pubblicata nel XXV dalla fondazione presenta, per certi aspet-
ti vagamente e per altri con notizie concrete e precise, l'origine dei laboratori.
Don Alessio Barberis nella biografia dello zio don Giulio Barberis situa meglio
tale particolare aspetto nel quadro generale della casa.91 Egli segue una cronaca
delle origini, che probabilmente non era giunta nelle sue mani, come non è giunta
a noi, nella stesura primitiva.92
Siccome tale memoria può includere fatti e commenti risalenti a don G.
Barberis e soprattutto in quanto va ad integrare e fondare la premessa storica
delle pagine del quaderno che ci prepariamo a pubblicare, riteniamo utile offrirne
tutti i passi storicamente significativi, facendoli seguire da note in calce e da bre-
ve commento. A queste stesse pagine hanno attinto don A. Barberis e gli altri
memorialisti di S. Benigno. Va notato, tuttavia, che il significato della cronaca è
anche maggiore per quanto tace, massimamente per il silenzio circa l'autunno
1883: infatti per la «fondazione» del noviziato degli artigiani non abbiamo crona-
ca, ma solo il quaderno di don G. Barberis con la sua premessa e le sue tre confe-
renze.
«Il CSa vagheggiava il progetto di aprire in S. Benigno la casa di noviziato».
Per venirne a capo si cominciò nella primavera del 1879 e precisamente il 18
maggiob, allorché D. Giulio Barberis fu mandato da D. Bosco a predicare un
triduo «e come predesignato direttore della nuova casa faceva cominciare i lavori
di riparazione [...]. Il tre luglioc i chierici ascritti dopo gli esami finali dall'Orato-
rio passarono a S. Benigno. Fecero la strada a piedid [...] Si iniziarono subito i
catechismi festivid».
91 A. BARBERIS, Don Giulio Barberis... pp. 108 e 131-132. Esteso ma non sempre perspi-
cuo I laboratori in «I nove secoli di Fruttuaria e l'Opera don Bosco 1003-1903, 1879-1904». S.
Benigno Canavese, Scuola Tip. Salesiana, 1904, pp. 79-89. La veste letteraria dev'essere di Gigi
Michelotti. Il nostro tema fu recentemente riproposto da G. M. PUGNO, Le scuole professionali
salesiane di S.B.C, in «Un centenario» [Torino, Scuola Grafica Salesiana, 1980] pp. 11-12.
92 Ad un'analisi appena approfondita il documento rivela di essere piuttosto una memoria
riflessa basata su appunti scritti in tempi assai prossimi agli accadimenti. Dal manoscritto si è
più tardi arrivati al dattiloscritto reperibile in ASC F 906.
a In attuazione del virtuale deliberato raggiunto nel CG 1 (1877), il CS doveva cercare
una soluzione per la casa di noviziato fuori Torino. Dopo Farigliano (Cuneo) e la villa del
barone Bianco presso Caselle Torinese si profilò la proposta di S. Benigno.
b II 18 maggio 1879 cadeva la domenica Rogate, ultima del ciclo che segue alla Pasqua di
Resurrezione e che precede la solennità dell'Ascensione. Da secoli la chiesa d'occidente aveva
previste le litaniae minores o rogazioni allo scopo d'implorare frutti sufficienti dalla campagna.
S. Benigno era soprattutto un centro agricolo. Plausibile dunque il «triduo».
c II 3 luglio, giovedì, fu piuttosto il giorno conclusivo degli esami di prima filosofia a To-
rino-Oratorio. Speso il 4 nei preparativi, lo sciame degli ascritti chierici mosse da Valdocco
sabato 5 luglio.
d Circa 20 km. Quanto ai catechismi, sono raccordabili con quello fatidico dell'8 dicem-
bre 1841: oratorio festivo in embrione. L'inaugurazione formale si farà in autunno, dagli ascrit-
ti, che inizieranno l'anno canonico di seconda prova.

5.6 Page 46

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188
Antonio Papes
«Don Bosco [...] nel mese di settembre incaricò D. Ruae, D. Lazzero e D.
Barberis a studiare se veramente si poteva stabilire a S. Benigno il noviziato dei
chiericif e nello stesso tempo mettere anche alcuni artigiani per coprireg la casa
col titolo di casa di arti e mestieri. Avutone parere favorevole, nel capitoloh tenu-
to a Lanzo il 27 settembre così si decideva. Alla casa si dava il titolo di Oratorio
ed Ospizio di S. Benigno».
«Adunque oltre al noviziato per i chierici, si fondarono anche laboratori per
artigiani, sebbene con un inizio assai umile e rudimentale. I primi furono i sarti e
i calzolai i cui capi d'artei venivano da Torino il 9 luglio per i chierici, ossia per
attendere al loro fabbisogno. Il 7 ottobre si mettevano i falegnamej e un po' più
avanti i fabbri e i legatori1". Il primo artigiano accettato fu un certo Formento
Augusto di 14 anni abitante in S. Benigno. Fu
e Don Rua l’alter ego di don Bosco in quanto prefetto della congregazione; don Lazzero,
in quanto «vice-direttore» di Torino-Oratorio, donde il noviziato sarebbe emigrato; don G.
Barberis, il maestro e «predesignato direttore» della nuova casa.
f «Non v'è bisogno di tante cure» per i coadiutori, aveva sentenziato due anni prima nel
CG 1 il probabile autore anche di questa cronaca. Appendice dei chierici, dunque, a S. Benigno
i coadiutori, nel quadriennio 1879-1883.
s Si esplicita il pretesto. L'oggettività e l'urgenza della copertura nulla toglie a più valide
ragioni e sociali e religiose. Si veda ASC F 547 per l'abbondante documentazione circa le
trattative, gli impegni contrattuali e le motivazioni di questa fondazione.
h In seduta del CS. Anziché 27 le MB XIV 335 hanno 17. La pagina intera conosce il pre-
sente brano della cronaca; D. Ceria ha lasciato vivere un lapsus suo o del tipografo.
i Alessandro Benentino e Francesco Pognante precisa il numero unico del XXV, senza ri-
velare la fonte cui attinge. Se ne parlerà in un prossimo paragrafo.
j II volume del XXV di S.Benigno ritarda invece l'apertura di questo laboratorio di ben
due anni associando l'inizio con la direzione tecnica del coad. Alessandro Rinaldelli. Questi era
nato a Potenza Picena (Macerata) nel mese di novembre 1837. SAS fissa la sua entrata a S. Beni-
gno il 2 agosto 1880; possiamo accettarla. Fisseremo però, in conformità col catalogo, l'ascri-
zione all'autunno 1882 o, se si dà credito alla professione perpetua del 20 gennaio 1883 a Utre-
ra (Sevilla, Spagna), anticiperemo l'ascrizione al mese di gennaio 1882. Ancora aspirante,
avrebbe dunque addestrato i primi stipettai o ebanisti. Morirà a Roma l'anno 1896. Dirigendosi
a Utrera ancora novizio, sempre stando al numero unico del 1904, ne avrebbe preso il posto a
S. Benigno l'aspirante Angelo Salato. Lo elenca il catalogo: tre anni nella prima prova a S.
Benigno e due anni, 1885 e 1886, novizio. Ancora novizio l'anno 1887, ma a Barcelona-Sarrià.
Scompare dalle liste col 1888.
k II numero unico del 1904 fa iniziare i fabbri nel 1881, l'anno stesso dei falegnami. Sa-
rebbero stati affidati a Battista Rostoni. Il catalogo dichiara Giovanni Rostoni coadiutore aspi-
rante nel 1881 e nel 1882. Nel successivo biennio lo vediamo aspirante studente: non ebbe
successo. Lo stesso numero unico poi vuole i legatori dei libri istituiti l'anno 1880 e affidati a
Gerolamo Muratorio. Il catalogo 1880 lo registra come ascritto a Torino-Oratorio. Professo
perpetuo, risiede a S. Benigno due anni. Nel 1883 sta a Genova-S. Pier d'Arena, donde poi
sparisce. Se primo responsabile dei legatori fu il Muratorio, quel laboratorio dovette aprirsi nel
1881, come vuole la cronaca.

5.7 Page 47

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La formazione del salesiano coadiutore nel 1883
189
ammesso a gratis. Si accettarono alcuni figli di Maria1 che nell'anno arrivarono a
16. Si aperse l'oratorio festivo [...] Fu pure affidata in quell'anno dal Comunem la
scuola di terza elementare che D. Bosco diede a fare al eh. Veglian.
Direttore e maestro degli ascritti don Giulio Barberis, prefetto Don Nai Lui-
gi0. Gli ascritti ammontavano a 52 a cui s'aggiungevano 7 aspiranti»p.
«Anno 1880-1881.
Si può chiamare anno di incremento. Si accettò pure la seconda elementareq
affidata al ch. Urbanor.
1 Giovani o adolescenti che avevano interrotto le classi elementari o compiute le elemen-
tari non avevano proseguito gli studi secondari. Formavano l’Opera di Maria Ausiliatrice per le
vocazioni allo stato ecclesiastico che don Bosco vide apprezzata da diversi presuli e benedetta
da Pio IX nella primavera del 1875. Aveva messo piede a Genova-S. Pier d'Arena coll'anno
scolastico 1875-1876.
m Competente ad aprire scuole elementari e a sceglierne i maestri in forza della legge Ca-
sati del 13 novembre 1859. Terza elementare: il primo dei due anni del grado superiore dell'i-
struzione elementare prevista dalla citata legge Casati. Cf Franco V. LOMBARDI, Casati G.in
«Enciclopedia pedagogica» dir. da M. Laeng (1989).
n Giuseppe Veglia, nato a San Quintino di Mondovì (Cuneo) il 4 ottobre 1857, studente a
Torino-Oratorio dal 3 agosto 1873, professò per tre anni a Lanzo Torinese il 26 settembre 1877
e l'anno dopo conseguì a Torino la patente d'insegnamento nel grado elementare superiore. A S.
Benigno emetterà i voti perpetui (7 dicembre 1880) e diventerà sacerdote il 23 maggio 1882.
Verrà dimesso dal collegio di Trevi (Perugia) nella primavera 1898. Lo annota C. Gusmano nel
suo registro Morti e usciti al 1908, p. 90.
0 Nomina i due che costituivano il capitolo: non rispondeva, dunque, ai parametri fissati
da Cost.DB X 10. Le due personalità indicate trovano posto nel DBS. Quanto al direttore, non
sfuggano la. predesignazione fatta da don Bosco in primavera e l'effettivo incarico dell'autunno.
p Gli stessi numeri nel catalogo 1880. Due soli erano coadiutori. Fra i chierici: il beato Fi-
lippo Rinaldi (1856-1931), Francesco Atzeni (1851-1932), Tommaso Chiap[p]ello (18641943),
Giuseppe Mossetto (1861-1934), Edvigio Paolini (1860-1921). Tra gli aspiranti, cinque sono
coadiutori, tra cui A. Benentino e B. Rostoni; i due studenti possono rappresentare i più maturi
tra i 16 figli di Maria. Dimentica i «socii» per i quali la nuova comunità superava il minimo
richiesto da Cost.DB X 5. Vi troviamo un sacerdote, G. B. Perret; lo si registrerà a Penango
(Asti) l'anno successivo e da quel piccolo collegio verrà dimesso il 6 ottobre 1881. Tre dei
cinque chierici morirono sacerdoti salesiani: S. Buffa (1853-1881), Giovanni Berchmans Rog-
gerone (1851-1915) e F. Varvello (1858-1945). Similmente due dei tre coadiutori: il legatore V.
Mantellino (1859-1933) e il cuoco G. Ruf[f]at[t]o (1857-1939).
q Propriamente, stando alla legge Casati, secondo anno del primo grado elementare.
r Giovanni Battista Urbano. Quanto a paternità, se SAS ripete il nome proprio del chieri-
co, il registro della contabilità ASC E 566 non teme di scrivere: «figlio di N. e di Guglia Giulia».
Nato a Mandria di Chivasso (Torino) il 13 febbraio 1861, vi ebbe il battesimo il 29 aprile. Fu
studente a Torino-Oratorio dal 17 ottobre 1878, dopo essere stato nel collegio di Cherasco
(Cuneo). Firma come chierico l'atto dei suoi voti perpetui a S. Benigno il 13 agosto 1880: regi-
stro p. 222. Sarà sacerdote a Vigo (Galizia, Spagna). Morirà a Sondrio nel 1932.

5.8 Page 48

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190
Antonio Papes
I chierici ascritti sono 67s. Ascritto pure un sacerdote, don Eugenio Bian-
chit, e 6 coadiutori. Aspiranti 33, figli di Maria 30 e artigiani 40».
«Anno 1881-1882.
Quest'anno per decisione del Capitolou [...] si stabilì anche la secondav di fi-
losofia. Cosicché tra i cresciuti artigianiw, i moltissimi figli di Maria e l'aumento
dei chiericix si arrivava a 300. Non si può stare comodamente da tutti. Si montano
due cappelle [...] In dicembre fu necessario cambiare il fornello della cucina poi-
ché si era piccolo. Si misero i caloriferi [...]».
«Anno 1882-1883.
II 2 novembre apertura solenne dell'anno scolastico. Nella domenica prece-
dente il santo Natale vi furono tre Messe Novelle: D. F. Rinaldi, D. M. Unia e D.
C. de Barruely In questo mese di gennaio 1883 si cominciò pure un piccolo gabi-
nettoz per la chimica e la fisica»...
s II catalogo riduce il totale a 64, compresi il sacerdote e i 6 coadiutori. Possiamo ipotiz-
zare un rifuso del dattilografo.
t Don Bianchi (1863-1931), destinato a supplire il maestro in breve volger d'anni; profilo
di G. Magdic nel DBS. Le cifre corrispondono a quelle del catalogo e possono aggiunger peso
all'ipotesi che il memorialista aiuti la propria memoria consultandolo.
u Capitolo Superiore.
v Ritiene pacifico che noviziato e prima filosofia coincidano.
w Alunni interni, non ascritti o professi.
x Aumentati a motivo del secondo anno di filosofia. Infatti il catalogo 1882 elenca 55
chierici ascritti (e i due anni precedenti 52, 57); tra i soci si contano 36 chierici contro i 5 o 6
precedenti, con un diacono e il sac. A. Buzzetti (1855-1921).
y Ordinazione nel giorno classico dell'anno liturgico romano, il sabato delle tempora in-
vernali. Don Rinaldi (1856-1931): profilo di E. Valentini in DBS. Ascritto, come abbiamo
visto, nell'anno d'apertura di S. Benigno, vi rimane ancora nella lista dei socii e sostiene esami di
teologia. Don M. Unia (1849-1895): profilo di T. Lupo in DBS. Ascritto a S. Benigno (sotto il
nome d'Andrea) un anno dopo il Rinaldi. Secondo il catalogo è a Genova-S. Pier d'Arena,
figlio di Maria-aspirante cominciando dal tardo 1877. Don C. de Barruel: nato a Grignan
(Drôme, Francia) il 20 gennaio 1851, entrava a Torino-Oratorio a metà maggio 1881 per ve-
stirvi la talare nella festa di S. Giovanni Battista e incominciare a S. Benigno il noviziato nel
mese d'ottobre; professo perpetuo il Io giugno 1882 (registro p. 242 in ASC D 878), due giorni
prima di ricevere la tonsura a Ivrea (Torino). Di residenza a S. Benigno, secondo il catalogo
1883, e in comunità vicine fino al 1887, ritorna in Francia: La Navarre e St.-Cyr ma scompare
poi nel dipartimento del Varo. Si veda MB XVII 607, nota 2.
z Necessario per gli studi liceali.

5.9 Page 49

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La formazione del salesiano coadiutore nel 1883
191
«Anno 1883-1884.
Dato il crescente sviluppo delle distinte sezioni, si nominò V/Direttoreaa don
Eugenio Bianchi e catechista degli artigiani D. Cavatore Michelebb. Il 14 aprilecc
esercizi spirituali per i ch/ci, predicati da D. Caglierodd e da don Francesiaee... Il
20 esercizi spirituali per gli artigiani e per i figli di Maria predicati da D. Notario
e da D. Portaff. Il 3 ottobregg [1884] arrivò
aa V/direttore: diverge il memorialista dal catalogo sia quanto a cronologia che quanto a
titolo. Il catalogo, uscito nei primi mesi del 1882, colloca don E. Bianchi nel capitolo locale col
titolo di «vice-catechista». Vi abbiamo fatto cenno alla lettera t. Teniamo presente che nel
linguaggio corrente di fine secolo tra i salesiani si parla più spesso di «direttore» d'ascritti che
di loro «maestro». Don E. Bianchi non viene propriamente associato nelle funzioni previste da
Cum ad regularem n. 13 per il socio, bensì delegato a compiere alcuni degli impegni propri del
maestro.
bb Michele Pietro Cavatore, nato a Strevi (Alessandria) il 26 giugno 1858, studente a To-
rino-Oratorio dal 14 settembre 1873, indossò l'abito ecclesiastico benedetto da don G. Lazzero
nella casa madre il 13 ottobre 1877. Professò «per tre anni» a Lanzo Torinese il 13 settembre
1878 e «per sempre» il 19 settembre 1879 (registro, pp. 95 e 210). Tonsura e ordini minori a S.
Benigno alle tempora autunnali, suddiacono ivi il 10 ottobre, ma diacono a Torino alle tempora
invernali e sacerdote a Torino il 10 marzo 1883. Il catalogo 1883 documenta che don Cavatore
ha mutato comunità quest'anno soltanto. Ritornò a S. Benigno per il secondo semestre dell'an-
no? Catechista, come vuole don Barberis, fino al 1887, allorché don L. Nai successe nel diret-
torato, il Cavatore prese l'ufficio di prefetto per un solo anno. Morì a Lombriasco (Torino) nel
1924.
Catechista dell'intera comunità era don L. Piscetta, pur aiutato dal vicecatechista E. Bian-
chi ancora nel 1883; solo nel 1884 rassegna la sezione degli artigiani a d. M. Cavatore, per assu-
mere anche la direzione scolastica. La casa andrà articolandosi, finché nel 1886 non si smem-
brerà.
cc Nel 1884 fu lunedì «dell'angelo».
dd Don Giovanni Cagliero, direttore spirituale della congregazione, esercita il primo
comma di Cost.DB IX 7. Va anche segnalato che nel catalogo 1884, a livello generale di con-
gregazione, don Barberis, lasciato il titolo di maestro degli ascritti riconosciutogli ancora nel
1883, assume quello di vice-direttore spirituale: eppure soltanto in dicembre G. Cagliero sarà
ordinato vescovo, né lascerà Torino che nel 1885.
ee Don Francesia Giovanni Battista, che fu già direttore spirituale generale prima di Ca-
gliero., è l'ispettore dell'ispettoria piemontese, cui appartiene anche la casa di S. Benigno.
ff Don Antonio Notario, nato proprio a S. Benigno Canavese (Torino) il 13 dicembre
1855, aveva frequentato presso don Bosco il ginnasio a cominciare dall'8 gennaio 1867. Proseguì
per gli studi ecclesiastici nel seminario: tonsura alle tempora autunnali 1876 e diaconato a
quelle del 1877, per mano di mons. L. Moreno. Divenne sacerdote, per la diocesi d'Ivrea, a Tori-
no il 15 giugno 1878, per mano dell'arcivescovo L. Gastaldi. Il nuovo vescovo d'Ivrea, Davide
Riccardi, il 22 settembre 1878 firmava le dimissorie. Con lettera del 20 ottobre don Notario
scusandosi del ritardo, annunzia l'arrivo a Valdocco il 23/24 ottobre. Fu ammesso a pronuncia-
re voti perpetui già il 19 settembre 1879 (registro p. 208). Di stanza a Valdocco, si laureò in
teologia presso la facoltà del seminario nel 1883 e diresse l'oratorio di S. Teresa a Chieri (Tori-
no). Morì nel 1942. Don A. Caviglia (1863-1943) ne tessè nel 1942 l'elogio postumo.
Don Luigi Porta, nato a Montemagno (Asti) il 16 giugno 1843, fu con don Bosco alla fi-
ne di novembre 1867. Emessi i voti triennali a Trofarello (Torino) il 17 settembre 1869, diven-

5.10 Page 50

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192 Antonio Papes
D. Bosco per gli esercizi spirituali ai eh.ci ed il giorno 4hh vi fu la professione
religiosa di 38 perpetui e 6 triennali. Di quest'annoii mancano notizie sull'anno
scolastico, vestizione, vacanze».
Facciamo ora alcune riflessioni su quanto abbiamo presentato.
Nella mente di don Bosco come nell'attuazione guidata da don G. Barberis,
dunque, S. Benigno nacque come noviziato-studentato.93 All'inizio secondaria e
quasi provvisoria fu la sezione dei figli di Maria; complementari l'oratorio festi-
vo, le scuole elementari, la «parte artigiana». Questa in realtà mai fu semplice
«copertura», bensì segno di radicamento socio-economico. Ma quei laboratori
non furono nemmeno, nel quinquennio 1879-1883 palestra formativa di artigiani
da ascrivere alla congregazione Salesiana.
Don Barberis ci ha informati anche circa i primi abbozzi di laboratorio. Nel
seguito la sua memoria lascia cadere l'interesse relativo a questo settore della sua
casa. Mostra però che, accanto agli altri settori, anche questo andò sviluppandosi
fino a rendersi necessario un catechista, che prendesse a cuore la formazione
cristiana del gruppo d'allievi. Non ci informa di progressi tecnologici o didattici,
ci lascia all'oscuro circa il personale incaricato di dirigere professionalmente i
reparti.
È attento a questi particolari invece il numero unico pubblicato nel XXV
della casa. Non è da seguire ciecamente. Crea problemi cronologici e di personale
al confronto sia con la cronaca della casa che con altre carte archivistiche.
Dal numero unico, non dalla cronaca, siamo informati circa l'apertura del la-
boratorio dei fabbri nel 1881. Sarebbe stato guidato per due anni dall'aspirante
Battista Rostoni, sostituito poi dall'esterno Luigi Martinotti e nel 1885 dal profes-
so triennale Clemente Fusero.
ne sacerdote a Genova il 21 marzo 1874, dopo di che emise i voti perpetui a Lanzo Torinese
(15 settembre 1875). Il catalogo 1883 lo registra come catechista e quello del 1884 come pre-
fetto nel collegio di Lanzo. Morì a Intra (Novara) nel 1914.
gg 3 ottobre: 1884: consta da MB XVII 205 e dall'annotazione che segue.
hh L'apposito registro alle pp. 116-117 custodisce le firme di 6 coadiutori professi trienna-
li, seguite da quelle dei due testimoni, G. B. Lemoyne e P. Albera, mentre le pagine 268-277
custodiscono le firme di 35 professi perpetui (inizia il sac. Bellamy Charles, chiude Zanchetta
Marco coadiutore) coi medesimi testimoni. Dopo lo Zanchetta s'introduce la notizia della pro-
fessione perpetua pronunciata ad Alassio (Savona) il 3 ottobre 1884 dal missionario apostolico
«sac. Gius. Maria Persi» (1821-1887), di cui si omettono i testimoni. Don Barberis ha conteg-
giato male sul registro?
ii 1883-1884. Con la professione d'ottobre terminava l'anno di noviziato.
93 Continua quanto era stato il noviziato nella sede di Torino-Oratorio dal suo primo anno.
Parlare di noviziato o di primo anno di filosofia è la stessa cosa, sotto differenti formalità: in
forza della postilla affissa da don Bosco a Cost.DB XIV 12.

6 Pages 51-60

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6.1 Page 51

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La formazione del salesiano coadiutore nel 1883
193
Della più ricca novità dell'anno 1883, la tipografia, siamo informati anche da
don Barberis, tuttavia non attraverso la cronaca, bensì attraverso il proemio alle
conferenze che tiene agli artigiani nel 1883. Don Barberis purtroppo userà termi-
ni generali, sì da indurre in errore il lettore: una tipografia come scuola di compo-
sizione, di stampa, di legatura (già introdotta, questa terza sezione, anni prima
secondo la cronaca). Il numero unico lascia intendere che mancava nel 1883 la
prima delle tre sezioni, la scuola di composizione.
Su questo particolare laboratorio di S. Benigno possiamo con vantaggio a-
scoltare A. Pelazza che da Valdocco si mantiene in rapporto epistolare con don
Barberis.94
— Il 30 ottobre 1883 sollecita l'intesa col direttore o il prefetto per il buon
funzionamento del «nuovo impianto a S. Benigno della tipografia»: in quanto
succursale di Valdocco e «massime che la composizione è priva di un proto dota-
to della istruzione e cognizione voluta e la stampa è priva di fatto del conduttore,
dappoiché Penna dichiarò di non volervisi fermare, e da noi non abbiamo conve-
niente sostituzione, sia dal lato delle spese come per le doti morali volute nella
casa Noviziale».
— il 7 novembre 1883 annuncia l'invio di lastre stereotipe per la stampa di
due volumetti «dovendo io alimentare le due macchine di S. Benigno». Seguono
minuzie tecniche e amministrative.
— Il 30 novembre 1883 comunica: «A forza di arrabattarmi ho finalmente
trovato il capo macchina che sostituirebbe Penna a S. Benigno. Il capo macchina
si chiama Cumino Valerio nella età di 45 a 50 anni, maritato (credo) senza figli.
Lavorò per un dato tempo alla tipografia dell'Albergo di Virtù, a Genova ed in
altri siti, fra cui anche dagli Eredi Botta di Torino. Di sentimenti dichiarasi cri-
stiano e promette lavoro e buona condotta [...] Dapprima domandò lire 24 setti-
manali, ma dietro alcuni miei riflessi delle minori spese sul fitto della casa e sul
vitto, accondiscese allo stipendio di lire 22 alla settimana [...] L'uomo sembra
sodo come l'età sua [...] Converrà pertanto prevenire Penna ed annunziargli il suo
sostituto [...].
94 Quattro lettere spedite per posta a don G. Barberis, scritte a mano su carta per corri-
spondenza con intestazione a stampa in alto a sinistra: «Tipografia salesiana / via Cottolengo,
n. 32 / Torino». Mentre però le tre lettere del 1883 sono del formato piccolo, 20 cm. d'altezza,
la quarta misura 29,5 x 20 (ossia il foglio delle tre precedenti non piegato). I cinque cm. del
margine laterale destro di quest'ultima lettera, oltre all'intestazione indicata, informano, a
stampa che S. Benigno è casa filiale di Valdocco. A Valdocco si hanno «fonderia tipografica,
galvanoplastica, stereotipia, calcografia e cartiera»; vi è pure la libreria che diffonde le Letture
cattoliche, la Biblioteca della gioventù italiana ecc. Si elencano infine le «Case figliali»: «S. Beni-
gno Canavese, S. Pier d'Arena, Lucca, Firenze, Nizza, Marsiglia, Barcellona, Buenos-Aires e
Montevideo».

6.2 Page 52

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194
Antonio Papes
Il 21 febbraio 1885 avverte che lunedì 23 manderà un tecnico a riparare le
stereotipie difettose. Prosegue informando che sta «mettendo in disparte [...] al-
cuni caratteri di fantasia e fregi e fra non molto ne farò spedizione». Insiste che
nelle opere stampate si dica apertamente che escono dalla tipografia di S
.Benigno, per non abbassare il lustro alla «sede principale di Torino»: «Collo
stabilimento tipografico veramente modello che D. Bosco ha all'Oratorio in quan-
to a locale ed a mezzi, suonano male certe compatibili edizioni di S. Benigno, le
quali appaiono edite alla sede di Torino, ed invero si ha ad arrossirne al contem-
plarle! E si scrisse: da altri tipografi si hanno migliori edizioni! Di più: Da D.
Bosco si stampa male [...]. Dunque conviene che le figliali portino la cosidetta
ditta tipografica, mettendo ove torni conto "vendibile alla Libreria Salesiana,
Torino". È questione di onore, e dappoiché non lo si può al presente ottenere
dapertutto, è meglio che lo si conservi e perfezioni, se fia possibile, nella casa
principale».
In conclusione possiamo ritenere che a S. Benigno gli ascritti mandati da
Torino-Oratorio avevano di che gioire della paterna premura di don Barberis, ma
non per le ben scarse possibilità d'avanzamento tecnico nelle strutture e nel per-
sonale preposto a tal fine. Le parole che loro dirigerà, come vedremo, il maestro,
suppongono questa situazione.
Don Bosco invece nel suo intervento non fa cenno a tale disagio. Sottolinea
piuttosto lo squilibrio numerico esistente quell'anno a S. Benigno fra il gruppo
dei coadiutori e quello dei chierici. Forse don Bosco soltanto constata il fatto,
forse sospetta che i suoi ascoltatori sentano di essere numericamente un'appendi-
ce nella comunità. Giova, comunque, prima di chiuderci nell'angusto spazio tem-
porale di un biennio, considerare a volo d'uccello la differenza numerica fra i due
gruppi principali che formano la totalità degli ascritti dall'inizio del noviziato fino
alle porte di questo XX secolo.95
B) Chierici e coadiutori nel noviziato: 1874-1900
Se stiamo al gioco «giuridico» che don Bosco impone a sé e alla congrega-
zione per sfuggire alla lettera delle Cost.DB, dovremmo affermare che la congre-
gazione ha un solo noviziato, quello di Torino-Oratorio, material-
95 P. STELLA, Il coadiutore salesiano (1854-1974) pp. 63-65 mostra, in cifre assolute e in
grafici, l'ascesa fino al 1890 e il successivo lento decremento numerico dei coadiutori nella
Congregazione Salesiana. Si direbbe che intenda includere nel suo discorso e professi e ascritti.
Ma da dove vengono le cifre? Per esempio propone 182 coadiutori per l'anno 1880. Il catalogo
di tale anno comporta 129 tra soci con voti e ascritti (39 perpetui, 30 temporanei e 60 ascritti)
che salirebbero a 214 se sommassimo gli 85 aspiranti.

6.3 Page 53

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La formazione del salesiano coadiutore nel 1883
195
mente distribuito però in luoghi diversi. Moralmente tutti gli ascritti appartengono a
Torino-Oratorio e al maestro don Giulio Barberis, anche se dislocati in Francia, in
Argentina.
Le seguenti tavole, tuttavia, tengono conto soltanto di Torino-Oratorio e delle
sue dipendenze nella provincia torinese; si limitano a contare gli ascritti fisicamente
presenti in questo noviziato unico e multiplo, sulla scorta dell'elenco annuale.
1. Torino-Oratorio: ascritti nell'unica sede
sac.
chier.
1875
-
32
1876
-
40
1877
-
65
1878
-
63
1879
2
58
coad.
15
8
18
22
26
2. Nel periodo della divisione:
Torino-Oratorio
S. Benigno
sac.
chier.
coad.
sac.
stud, e ch.
1880
1
8
23
50
1881
-
2
24
1
54
1882
-
1883
1
2
Ia
31
1
55
22 a
1
63
1884
-
3
12
2
69
1885
-
2
20
-
57
1886
-
-
15
3
87
a. Si aggiungano un chierico e un coadiutore assenti per servizio militare.
coad.
2
6
6
11
25
25
24
Col 1887 la ripartizione si fa in tre sedi: Valdocco, S. Benigno e Foglizzo. Non
prenderemo in considerazione Valsalice: i suoi novizi sono in prevalenza coloro che
estendono il noviziato oltre l'anno canonico. Siccome la congregazione si diede la risolu-
zione pratica di duplicare abitualmente l'anno di seconda prova dei suoi candidati alla
vita consacrata laicale e, anzi, in parecchi casi il noviziato di costoro si prolunga smisura-
tamente, le cifre dei coad. (e degli artigiani, che stanno per emergere) vanno mental-
mente ridotte di oltre la metà sia a Valdocco come a S. Benigno, se vogliamo rappor-
tarle a quelle dei chierici.

6.4 Page 54

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196
Antonio Papes
3. Negli anni della tripartizione
Torino-Oratorio
sac. chier. coad. art.
1887 -
1
16 _
1888
-
4
1889 -
1
1990
1
1
1891
1
1
1892
-
2
1893 - -
1894
-
3
1895
-
2
8-
7-
22
8-
10 2
1-
4-
6-
S. Benigno
Foglizzo
sac. chier. coad. art. sac. chier. coad.
_1
21 _
1 75
-
-1
1
2
-2
-1
--
-2
-3
--
- 3 20
92
2
- 10 37
97
3
- 18 59
85
3
- 12 69
130
6
- 19 55
136
2
18 57 1 112
6
10 97 1 116
5
8 103 1 131 17
4. Entra nel computo anche Ivrea
Torino-Oratorio
S. Benigno
Foglizzo
Ivrea
1896
1897
1898
1899
1900
sac. chier co-
- 5 1d4
- - 14
- 5 8 16
1 6 23
-
22
art. sac. chier co- art.
- - - d14 85
---
---
3
-
3 11 -
1
16 87
12 78
7 70
15 72
sac. chier coad. sac. chier coad.
- 102 10 - 58 3
- 123 17 1 68 11
- 104 12 1 72 15
-
1
99 10 1 65 14
108 15 1 54 21
NB. In pochi casi abbiamo conglobato ch. e stud.
Troviamo i coadiutori ascritti costantemente sotto il totale dei chierici nel-
l'unico noviziato. Parecchi anni a Torino-Oratorio i totali sono estremamente
esigui. Di più, le risultanze di S. Benigno nell'ultimo decennio del secolo vanno
notevolmente ridimensionate: il noviziato pluriennale allora in voga per una buo-
na percentuale dei chierici è quasi norma ferrea per i laici; con una differenza da
tener presente nella lettura delle precedenti tavole: mentre i chierici ripetenti in-
grossano le liste dei due studentati filosofici (Torino-Valsalice e Ivrea; di Valsali-
ce non ci siamo occupati) i laici gonfiano le cifre sia di Torino-Oratorio sia di S.
Benigno, di cui abbiamo dovuto tener conto.
C) Coadiutori ascritti nel biennio 1882-1884
Le pagine che seguono tenteranno di quantificare, per quanto le carte venute
in nostra mano lo consentono, la frazione costituita dagli artigiani

6.5 Page 55

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La formazione del salesiano coadiutore nel 1883 197
nel totale dei coadiutori ascritti nel biennio che sta a cavallo del provvedimento
preso in sede di Capitolo generale 3.
A. Pelazza e altri di Torino-Oratorio avevano dato l'allarme: la scelta voca-
zionale e la sua maturazione tra gli allievi artigiani era grandemente compromes-
sa a Torino-Oratorio. S. Benigno doveva nell'immediato formare i pochi che
avessero fede e coraggio da superare le esistenti angustie e, in più remota pro-
spettiva, fornire capi d'arte religiosamente e tecnicamente preparati alla parte
artigiana di Torino-Oratorio.
a) Artigiani ascritti a Torino-Oratorio
Sottoponiamo a scrutinio la lista dei 22 coadiutori ascritti che il catalogo
1883 ci offre.
BADINI Elia: nessun dato all'infuori del catalogo.
BARUFFALDI Cesare: nessun dato.
BERRONE Luigi: nato a Terruggia (Alessandria) il 23 aprile 1856, verso l'anno
1880 si presentò a Torino-Oratorio e fu aiuto cantiniere. Professò il 1o febbraio 1884
(registro, p. 115), il 21 ottobre 1888, I'11 dicembre 1890 (registro p. 421). Morì a
Santiago de Chile nel 1936.
Bo Cesare: dai registri di contabilità sappiamo che era nato a Franchini d'Alta-
villa Monferrato (Alessandria) il 29 giugno 1861 o 1863. Per interessamento del
locale parroco era entrato a Torino-Oratorio il 5 giugno 1876 e fu addetto al reparto
dei fabbri. Il 24 ottobre 1880 «parte per Nizza Marittima» (e, conseguentemente,
non lo si elenca a Valdocco l'anno 1880-1881). Rientra a Valdocco il 7 ottobre 1881.
Il registro 1882-1883 segnala la visita militare e chiude le annotazioni amministrative
con: «riportato pagina 64 del registro coad.», che non abbiamo rintracciato. Ma il
registro delle professioni attesta che emise i voti per tre anni il 6 ottobre 1883 (p.
114) e in perpetuo il 31 agosto 1886 (p. 124). Della sua vicenda successiva nulla al di
fuori del catalogo. Orbene il catalogo lo allinea costantemente tra i professi triennali
della comunità di Torino-Oratorio negli anni 1887-1891; nel 1892 lo inserisce nella
comunità di Genova-S. Pier d'Arena come ascritto. Non si hanno più notizie dal
1893.
CALDERINI Luigi: rimane nelle liste degli ascritti dal 1882-1883 al 1885-1886:
l'ultimo anno si presenta con la variante Caldarini; e vi sono motivi per ritenere che
prosegua la prova a S. Benigno con il cognome oscillante fino al 1890. Comunque
Luigi Calderini riprende come professo perpetuo nel 1891 a Faenza (Ravenna).
Eppure nessuna professione, né triennale né perpetua, appare nei registri conservati
in ASC D 878/879 e neppure in quelli della contabilità di Valdocco.
CASALIS Cesare: nessun dato.
CENA Antonio: nato a Volpiano (Torino) il 12 maggio 1863, entrava come fab-
bro a Valdocco il 17 ottobre 1881. Dal 5 al 9 ottobre 1883 si assenta per doveri di
leva militare. I registri della contabilità non aggiungono altro e quelli della profes-
sione lo ignorano.
CEREDA Giovanni Battista: firmò l'atto di professione triennale a S. Benigno il
6 ottobre 1883 (registro, p. 114) e morì a Torino il 10 maggio successivo a 28 anni.

6.6 Page 56

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198
Antonio Papes
FARINA Antonio: nessun dato.
GIOVENALE Giacomo: nessun dato.
GIVANI Giuseppe: professò per tre anni a S. Benigno il 1o febbraio 1884 (regi-
stro p. 116). Null'altro.
GRASSO Enrico: nato a Vercelli il 4 luglio 1862 giunse a Valdocco il 7 agosto
1878 col fratello minore Pietro. L'uno fu fonditore, l'altro forse vetraio, ma i registri
non paiono costanti nell'attribuire queste due specializzazioni a Enrico e a Pietro.
Enrico si presentò attorno al 26 novembre 1883 per la visita militare. Il successivo
registro 1883-1884 ne terrà conto a p. 94; non trovandolo in quello dei «giovani»,
siamo rimandati a quello dei coadiutori (come Cesare Bo), che non conosciamo.
MAFFEO Giuseppe: nato a Torrazza Piemonte (Torino) il 20 gennaio 1864, im-
parando il mestiere del sarto all'Oratorio dopo il 23 marzo 1876. Lo troviamo in
questi registri fino al 1882-1883, che si chiude col rimando a p. 94 del successivo,
esattamente come per l'ascritto precedente. Il catalogo 1884-1886 lo elenca fra i soci
di voti triennali: in nessuna comunità però nel 1884, a Torino-Oratorio nel 1885-
1886; tuttavia il registro delle professioni non lo elenca. Il registro ne parla soltanto
dove attesta la professione perpetua avvenuta a S. Benigno il 3 ottobre 1886 (p.
299). Resta a Torino-Oratorio nel 1887, elencato tra i professi perpetui. Tale lista
nel 1888 lo rimanda al fascicolo d'America: si trova infatti a Quito (Equatore). Non
vi è dubbio circa l'identità. Infatti il fascicolo conservato nella segreteria generale
reca nello spazio bianco inferiore di p. 16 di mano del Rettor Maggiore don M. Rua
le seguenti informazioni: «Maffeo — padre Pietro, madre Antonietta — Turazza di
Verolengo — fratello Giacomo — via S. Domenico 23, Torino». È del personale di
Quito per tre anni. Dal catalogo 1891 non è più in elenco.
MARTIN Cesare: nato a Susa l’8 agosto 1863, scende a Torino-Oratorio il 9 set-
tembre 1878 e si addestra come tipografo. Il 5 febbraio 1884 parte per casa «amma-
lato»: «defunto in marzo a casa». La pietà del caso prolungò le annotazioni oltre il
normale. Omesso nei necrologi salesiani.
OLIVETTI Basilio: nato a Caselle (Torino) il 13 giugno 1863, entrò all'Oratorio
l’8 aprile 1880 nel reparto dei falegnami. Ultima annotazione: 16 giugno 1883 «parte
per malattia».
PARODI Giacomo: nato a Crocefieschi (Genova) il 3 aprile 1835, era semplice
manovale al suo entrare a Torino-Oratorio il 9 novembre 1882. Non professerà pri-
ma del 4 ottobre 1885 a S. Benigno (registro p. 119 e soltanto il giorno di Natale
1888 a Borgo S. Martino (Alessandria) pronuncierà la formula dei voti perpetui.
Morì a Borgo S. Martino nel 1913.
PERASSA Giovanni: nessun dato.
RODELLA Giuseppe: rimarrà nelle liste degli ascritti un triennio e il registro delle
professioni a p. 120 (ASC D 878), S. Benigno il 4 ottobre 1885, reca la firma di Giu-
seppe Rudella. Ciò non ostante nessun catalogo dal 1886 elenca Rodella o Rudella.
RUFFINO Modesto: nato a Viola (Cuneo) il 29 agosto 1862. Allievo sarto a To-
rino-Oratorio dal 1o giugno 1875 non mutò stato fino al giorno 1o settembre 1884,
quando «parte def.te sponte», così l’amministrazione di Valdocco. Eppure il catalo-
go lo mantiene nella lista degli ascritti per due anni: nel 1883 a Torino-Oratorio e
nel 1884 senza attribuirgli una determinata casa di residenza.

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La formazione del salesiano coadiutore nel 1883
199
SAVOLDI Umberto: nato a Brescia il 4 agosto 1860, giunse a Torino-Oratorio il
5 aprile 1880 e fu addetto alla tipografia. L'amministratore ancora una volta chiude
la pagina a lui riservata annotando che il 6 ottobre 1884 «parte definitivamente». Il
catalogo non lo elenca che nel 1882-1883.
SUPPO Giovanni Battista: sottoscrive la professione triennale a S. Benigno il 6
ottobre 1883: registro, p. 115. Rettamente il catalogo lo elenca fino al 1886. Succes-
sivamente scompare.
TABASSO Luigi: nato a Gassino Torinese il 29 maggio 1863 ed entrato come le-
gatore a Torino-Oratorio il 1o agosto 1877, per l'amministratore resta nei registri dei
«giovani» fino all'11 ottobre 1884 allorché «parte per S. Benigno». Stando invece al
catalogo, è ascritto fin dal 1880 e rimane in tale stato anche nell'anno 1888-1889,
anno in cui risiede a Nice (A.-M., Francia).
Raccogliamo i frutti maturati nell'indagine analitica appena compiuta. Nove
gli artigiani: un paio di fabbri, di sarti e di tipografi; uno solo rappresentante per
fonditori, falegnami e legatori. Soltanto sette però furono effettivamente ascritti,
dal momento che M. Ruffino e U. Savoldi rimasero tutt’al più aspiranti fino al
giorno della loro definitiva partenza da TorinoOratorio. Attribuiamo valore deci-
sivo alle annotazioni dei registri contabili, quando esistono. Uno solo dei sette
persevera fino alla morte, ma non emette voti: C. Martin. Il fabbro C. Bo arrivò
alla professione perpetua, ma abbandonò la comunità nel 1892. Gli altri 5 non
giunsero a professare.
Appartiene al gruppo dei tuttofare L. Berrone con G. Parodi, probabilmente
anche G.B. Cereda: i soli che morirono professi salesiani. Si propende a collocare
in questa categoria tutti quelli che non furono giovani a Valdocco. Di costoro
soltanto G. Givani, G. Rodella (o Rudella) e G.B. Suppo furono per breve tempo
professi salesiani.
Dal momento che a cinque settimane dal deliberato capitolare «si fonda» il
noviziato degli artigiani a S. Benigno (per esprimerci alla don Savarè), sembra
legittimo attenderci che i coadiutori ascritti dell'anno 1883-1884 rimasti a Torino-
Oratorio non siano artigiani. I fatti contrastano l'attesa e ci obbligano a dar molto
valore al «si farà qualcosa» concesso dal Rettor Maggiore ai capitolari.
Tra gli ascritti del successivo 1883-1884 a Torino-Oratorio contiamo mezza
dozzina di individui, che apparentemente completano il biennio di prova chiesto
ai laici della congregazione, e una mezza dozzina di nomi nuovi: BADINI Elia,
CALDERINI Luigi, CASALIS Cesare, PARODI Giacomo, RODELLA Giuseppe,
RUFFINO Modesto. Questi i sei «ripetenti». I nomi nuovi invece sono:
FERRARI Francesco: nulla al di fuori della sua presenza in questo e ancora nel
prossimo anno tra gli ascritti di Valdocco.
FOSSATI Pietro: nato a Pinerolo (Torino) il 7 settembre 1864, orfano di entrambi
i genitori, è accolto gratuitamente il 26 febbraio 1879 e viene addetto alla cucina.

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200
Antonio Papes
«Partito per S.Giovanni», certo la nuova casa sul Viale del Re a Torino. Il trasferi-
mento non ebbe luogo prima del 21 ottobre 1884 perchè a tale data risale l'ultima
spesa: «calzoni 5,00». L'inchiostro nero, indistinguibile da quello usato per fissare la
partenza, contrasta con quello turchino della distinta di spese che precede.
FRESCHINI, Giovanni Battista: nato ad Agrano d'Omegna (Novara) il 14 luglio
1864, privo dei genitori, il 6 marzo 1877 entrò a Torino-Oratorio e fu addetto alla
libreria, L'anno 1883 andò presso i congiunti per vacanze dal 13 al 25 settembre. Più
tardi: «partito per S. Benigno; in dicembre ritornato». Nel successivo registro si
fissano gli estremi delle vacanze annuali (6-22 settembre) e si annota: «Riportato
pagina 110». Siccome la pagina indicata del registro dei conti dei «giovani» è diffe-
rentemente impiegata, bisogna sottintendere: "del registro dei coadiutori", che è un
implicito cenno al noviziato. Esso portò alla professione: l'apposito registro a p. 118
attesta i voti triennali emessi a S. Benigno il 4 ottobre 1885 da «Giovanni Freschini
Libraio». Morì salesiano a Cavaglià (Vercelli) l'anno 1928. Aveva udito don Bosco
a S. Benigno.
GRANGIOTTO Giuseppe: nato a Frassinello Monferrato (Alessandria) il 23 mar-
zo 1865 e presto orfano, per interessamento del conte Ignazio Sacchi fu accolto da
don Bosco il 15 maggio 1878 e addetto lui pure alla libreria. Va in vacanza nel 1883
e nel 1884. A suo riguardo il contabile conclude: «Riportato a p. 118». Professerà
come il Freschini, ma al termine del triennio il suo nome scompare dal catalogo.
REPOSSI Filippo: nulla al di fuori della presenza biennale fra gli ascritti coadiu-
tori di Torino-Oratorio.
RIOLFI Gentile: unica presenza nel catalogo.
Soltanto due «librai» si trovano fra gli ascritti coadiutori di Torino-Oratorio
al loro primo anno. Il ritorno del Freschini può essere in relazione col fatto che a
S. Benigno non vi era spazio per la sua professione secolare. E le vacanze in fa-
miglia di entrambi i librai possono indicare che a Valdocco s'è radicata l'idea che
per i coadiutori l'anno canonico di prova è il secondo, non il primo. Dovremmo
concludere che don Bosco effettivamente spogliò Valdocco di tutti i nuovi ascritti
artigiani. I librai non sono compresi sotto l'etichetta d'artigiani in senso proprio. E
a S. Benigno non avrebbero potuto esercitare le loro specifiche capacità.
Non occorre sottolineare quanto fossero oggettive le apprensioni ricorrenti nelle
pagine pre-capitolari dei preti e dei coadiutori di Torino-Oratorio circa la sterilità
vocazionale dei laboratori e delle aziende locali.
b) Artigiani ascritti a S. Benigno nel biennio 1882-1884
Riuscirà istruttivo il confronto fra i due anni di noviziato nella nuova sede e
non meno quello che potremo stabilire tra Valdocco e S. Benigno.96
96 Anche la presenza di coadiutori professi tra il personale di S. Benigno è numericamente
poco importante nel primo quadriennio della casa. Il catalogo 1880 con quello del 1883 ne

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La formazione del salesiano coadiutore nel 1883
201
L'autunno 1882 vide i seguenti coadiutori in formazione a S. Benigno, in mezzo
ai tanto più numerosi aspiranti al sacerdozio:
assegna tre; scendono a due nel 1881 e salgono a cinque nel 1882. Gli effetti dell'introduzione
del noviziato per gli artigiani si avvertono nel cresciuto numero dei coadiutori professi: sette
nel 1884, undici nel 1885 e nel 1886. Costante dall'inizio la presenza del cuoco, il sig. Giuseppe
Ruffatto (o Ruffato e Rufato e Rufatto): nato ad Argentera (Cuneo) il 20 gennaio 1857, era
entrato a Valdocco il 10 ottobre 1876. Professò in perpetuo a Lanzo Torinese il 13 settembre
1878 (registro, p. 191). Morì ai Becchi di Castelnuovo don Bosco nel 1939. Non consta della
specifica occupazione di N. Baroni nel 1879-1880, ma dovremmo inferire che Vittorio Mantelli-
no, un legatore, era sprecato se quel laboratorio conobbe gli inizi solo nel tardo 1880. Il Mantel-
lino era un trovatello nato a Torino nel 1861 e dall'ospizio di Carità passato all'Oratorio l'll
settembre 1872. Ammesso ai voti perpetui (Lanzo Torinese, 19 settembre 1879: registro p. 211)
se ne perdono presto le tracce. Due volte, 1881-1882, si elenca il fondatore della legatoria, Gero-
lamo Muratorio: nato a Badalucco (Imperia) il 19 settembre 1858, pel patrocinio della contessa
di Camburzano entrò a Valdocco il 14 settembre 1870; professò in perpetuo a S. Benigno il 13
agosto 1880 (registro p. 223) e vi rimase. Lo troveremo a Genova-S. Pier d'Arena nel 1883. In
seguito nessun'altra notizia.
I cataloghi 1882, 1883 e 1885 fissano la dimora a S. Benigno del sarto Francesco Borghi:
nato a Viarigi (Asti) il 29 novembre 1858, per interessamento del prevosto fu accolto a Valdocco
il 23 maggio 1873. La sua professione perpetua risale al 30 maggio 1878 (registro p. 187). Operò
anche a Barcelona-Sarriá (Spagna) e a Torino morì il 18 febbraio 1889; breve e confusionario
il profilo nel fascicolo dei defunti stampato l'anno 1892, pp. 91-95.
Tra i «socii» degli anni 1882 e 1883 si elenca Marco Caselle. Egli firma col grafema Ca-
selli le professioni fatte a San Benigno il 3 ottobre 1881 e il 6 ottobre 1886 (registro p. 109 e
264). Consta che non fosse stato artigiano a Valdocco.
Nel 1882 leggiamo di Giuseppe Rossi «2°». Chi è? L'ordinale «Io» spetta al provveditore
«capo ufficio» di Valdocco venuto da Mezzana Bigli (Pavia), che per primo fra i coadiutori
professò nel 1864 e, dimorando sempre a Torino-Oratorio, vi morì nel 1908: cf DBS. L'ordina-
le «2°» in riferimento alla precedenza di professione appartiene al figlio di Carlo e di Costanza
Bianchi, nato a Cermenate (Como) il 24 agosto 1829 (un sessennio prima del precedente) ma
venuto da don Bosco il 19 maggio 1875. Il registro delle professioni lo vuole professo perpetuo
a Lanzo Torinese il 17 settembre 1876 (p. 171). Essendo deceduto a Valdocco il 27 marzo 1881,
gli dedica qualche cenno il fascicolo intitolato Confratelli salesiani chiamati da Dio alla vita
eterna nell'anno 1881, pp. 7-11. Il posto di G. Rossi 2° restava libero per un omonimo. Non
mancano, ma è piuttosto problematico. ASC E 571 attribuisce «2°» a Giuseppe Rossi nato a
Buttigliera d'Asti nel 1869, entrato come fonditore a Valdocco il 17 aprile 1884; passato stu-
dente nel mese di ottobre, perde nei successivi registri il numerale; si fa menzione del ragazzo
solo fino al 1886-1887. Occorre ritornare su registri anteriori al decesso di G. Rossi 2°.
II registro delle professioni triennali accerta a Lanzo Torinese il 13 settembre 1878 (p. 95)
e a Torino F8 dicembre 1879 (p. 106) due confondibili firme di Giuseppe Rossi. Per canto suo
il registro dei conti dei «giovani» di Torino-Oratorio dell'anno 1876-77 (ASC E 564) nell'indice
conosce tre coadiutori omonimi e li distingue in base all'occupazione: sarto, provveditore, giardi-
niere: il secondo e il terzo rispondono ai professi perpetui «Io» e «2°» sopradescritti. Il sarto
può essere un famiglio/aspirante. Si lamenta che le pagine degli ascritti, dei professi ecc. a
cominciare da quest'anno scolastico non siano state rilegate dopo quelle degli alunni di Tori-
noOratorio: il volume si chiude alla p. 624, mentre i dati dei nostri si trovavano alle p. 831, 781
e 782 rispettivamente. Amputato dopo la p. [702] anche il registro successivo, dove l'indice
distingue la terna dei nostri omonimi con gli ordinali «Io» «2°» «3°». Dobbiamo però tener conto
soprattutto del catalogo, a cominciare dal 1877. Vi troviamo soltanto due professi perpetui:
Rossi Giuseppe Io e 2°. Ma nel 1878 si aggiunge Rossi Giuseppe 3°, coad. aspirante a Torino-

6.10 Page 60

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202
Antonio Papes
ANTONIONE Defendente: nato a Torre Bairo (Torino) il 9 novembre 1863, era legatore a
Torino-Oratorio dal 12 gennaio 1877. È nella lista degli ascritti di S. Benigno anche secondo il
catalogo del 1882, restandovi fino a quello del 1885. Nient'altro su di lui, salvo quello che si
scrisse nel numero unico del XXV della casa: avrebbe diretto la scuola dei legatori per tre anni
circa. Il cognome poi sarebbe Antoniono.
BENENTINO Alessandro: nato a «Peceto» (di Valenza, Alessandria, o di Valenza Torine-
se?) il 17 aprile 1863, fu artigiano di Valdocco dal 25 settembre 1876. I registri accusano pa-
recchie assenze dovute a cattiva salute. Si trasferì poi a S. Benigno, dal momento che il catalo-
go 1879 e 1880 lo tiene fra gli aspiranti di quella casa. Il numero unico del XXV di S. Benigno
ne fa il primo «capo» della sartoria. Seguiranno tre anni di noviziato (se crediamo al catalogo
che lo colloca in tale stato già dall'autunno 1881). Firmò il suo impegno triennale il 6 ottobre
1883 (registro p. 117) e rimase a S. Benigno due anni. Il 1886 lo trova a Torino-S. Giovanni
Evangelista, dove rimane altri tre anni. Col 1889 il catalogo non lo elenca più.
CORINO Antonio: nato ad Alba (Cuneo) il 16 giugno 1859, lasciò i campi per S. Benigno
il 7 febbraio 1882. Aspirantato breve e noviziato d'un solo anno. Voti a S. Benigno il 6 ottobre
1883 (registro p. 113) e 31 agosto 1886 (registro p. 295). Morì a Ronda in Andalusia (Spagna)
nel 1941.
FUSERO Clemente: nato a Caramagna Piemonte (Cuneo) a capodanno del 1861, per inte-
ressamento d'una zia paterna dimorante a Torino, divenne artigiano a Torino-Oratorio il 6 lu-
glio 1876. Altro registro di contabilità colloca la nascita ai 10 di gennaio e annota che ritornò
dai funerali della propria madre il 16 marzo 1880; lavorava come vetraio allorché lasciò Val-
docco per S. Benigno (9 novembre 1882). Dopo un biennio, professò per tre anni nel noviziato
stesso il 4 ottobre 1884 e tre giorni prima che don Bosco morisse a Torino si consacrò in perpe-
tuo (registro, p. 350). Nessun trasferimento, ma nemmeno recezione della sua professione
perpetua nel catalogo del 1889. Troviamo incongruente che dichiari «capo uff.» chi era legato
con i soli vincoli temporanei. Dal 1890 di lui si tace.
GERVASIO Giovanni: noto soltanto dai cataloghi, che alternano i nomi di Gervaso e Gio-
anni. Fu aspirante coadiutore a S. Benigno nel 1880 e ascritto dal 1881 al 1886; né muta stato
al trasferirsi a Torino-S. Giovanni Evangelista nel 1887 e a Torino-Valsalice nel 1887, l'ultimo
anno in cui viene elencato.
MOSCA Giacomo: non si hanno altre notizie.
PIOVANO Giuseppe: lo si trova pure nell'elenco alfabetico generale degli ascritti del 1884,
senza che gli si assegni un particolare noviziato.
POGNANTE Francesco: aspirante coadiutore a S. Benigno già secondo il catalogo 1880,
dopo il biennio di seconda prova professò per tre anni il 4 ottobre 1884 (regi-
Oratorio. Egli è ascritto nel 1879, professo temporaneo nel 1880. Il compilatore del catalogo, va
tenuto presente, non gli attribuisce più l'ordinale «3°». Nello stato di coad. professo triennale
rimane a Torino-Oratorio anche l'anno seguente. Non può che essere lui il coad. professo trien-
nale che per due anni porta a S. Benigno l'ordinale 2° (era infatti morto il professo perpetuo
con tale numero). Senonché privo di ordinale negli anni 1884-1887 il nostro ricade nello stato
di ascritto, nella casa di S. Benigno. Non lo si elenca più dal 1888 in poi. Tuttavia il numero
«2°» riappare, accanto al chierico Giuseppe Rossi (1862-1937), l'anno 1885.

7 Pages 61-70

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7.1 Page 61

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La formazione del salesiano coadiutore nel 1883
203
stro p. 117). Trascorsi due anni a Lille (Francia), il catalogo lo pone nell'elenco dei
militari negli anni 1887-1889; poi si perdono le tracce. Della sua arte di calzolaio
parla il numero unico pubblicato per il XXV di S. Benigno, che lo chiama Pugnante.
Rossi Giuseppe 2°: è il mal identificato socio dell'anno anteriore. Forse convi-
veva tra i soci salesiani, pur libero da vincolo di voti. Privo dell'ordinale «2°», lo leg-
giamo nella lista alfabetica generale degli ascritti del 1884, senza che sia indicata la
residenza. Rientra fra gli ascritti di S. Benigno nel 1887. Assoluto silenzio dal 1888.
SANGIORGI Luigi: dalla provincia di Ravenna, ov'era nato il 4 gennaio 1840,
giunse a S. Benigno il 7 ottobre 1880. Non viene elencato però prima di questo 1883.
Al termine del primo ed unico anno di noviziato pronuncia i voti perpetui il 6 otto-
bre 1883. A S. Benigno morirà il 16 luglio 1907.
VIVALDA Bartolomeo: né prima né dopo appare nel catalogo o in altre fonti sa-
lesiane prese in considerazione.
Sintetizziamo. Vi sono tre artigiani fra gli ascritti dell'anno 1882-1883 a S.
Benigno: uno mandato da Torino-Oratorio appositamente per la seconda prova;
un altro che a Torino-Oratorio l'aveva solo iniziata; il terzo, maturato nella botte-
ga dei calzolai di S. Benigno. Nessuno dei tre persevera nelle file salesiane. Per-
severarono sino alla morte due dei coadiutori tuttofare, Corino e Sangiorgi.
Vediamo ora i candidati che composero il noviziato 1883-1884.
AIROLDI Natale: aveva già trascorso un biennio con la qualifica d'ascritto a
Nizza Monferrato; dopo l'esperienza a S. Benigno non professerà. Ricomparirà
ascritto a Torino-S. Giovanni Evangelista nel 1885. L'anno 1886 lo vediamo nella
lista alfabetica generale, senza che trovi posto in alcuna comunità.
ANTONIONE Defendente: è al terzo dei suoi quattro anni d'ascrizione.
BARUFFALDI Cesare: dopo un biennio d'ascrizione speso a Valdocco, compie il
terzo ed ultimo anno di quella prova a S. Benigno, senza maturare in professione.
Nel catalogo 1881, 1882 e 1883 compare a Torino-Oratorio come aspirante coadiu-
tore; in quello del 1884, nella stessa veste, a S. Benigno.
BAUDONE Francesco: il contabile di Torino-Oratorio fissa sul registro il grafema
Baudoni. Nato a Roma il 20 dicembre 1865, per interessamento di Regina Balestrie-
ri di palazzo Odescalchi, piazza XII Apostoli, fu accettato tra i legatori il 7 agosto
1880. Lasciò Valdocco per S. Benigno l’11 ottobre 1883. Mancano notizie ulteriori.
BOTTERO Giovanni Battista: aspirante a S. Benigno nel catalogo 1883. Man-
cano notizie ulteriori.
FUSERO Clemente: continua la prova intrapresa l'anno precedente.
GARRONE Giovanni: nato a Volvera (Torino) il 18 giugno 1864. Perduto il pa-
dre, lasciò i campi e dal 14 marzo 1882 divenne apprendista calzolaio presso don
Bosco. Il registro dei conti 1882-1883, oltre alle sue minute spese rende noto quanto
segue: «24/2 parte per malattia. 7/3 ritornato. 1/9 parte per vacanza. 10/9 ritornato.
11/10 parte per S. Benigno». Nella sua lettera mortuaria don Savarè (che guarda al
fatto antico attraverso quello che accadeva nel 1920) scrive: «Nel settembre 1883 fu

7.2 Page 62

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204 Antonio Papes
tra la prima ventina d'artigiani che don Bosco mandava al nuovo noviziato profes-
sionale di S. Benigno Canavese». Garrone rimase regolarmente ascritto per il bien-
nio. Professò a S. Benigno il 4 ottobre 1885 e a Torino-Oratorio il 5 dicembre 1887,
alla vigilia della partenza per Quito (Equatore). Maestro calzolaio per tre anni in
quella capitale e più a lungo a Marseille (B-du-Rh., Francia), nel 1907 vide esaudito
il desiderio di rimpatriare: S. Benigno e Torino-Martinetto lo ebbero operoso. Morì
a Torino-Oratorio il 21 marzo 1920.
GAvotto Carlo: nato a Roccaforte Mondovì (Cuneo), fu tra gli aspiranti di S.
Benigno nel 1882-1883. Al termine di un unico anno di noviziato, professò il 4 otto-
bre 1884. Il catalogo lo registra a St.-Cyr (Francia) nel triennio 1885-1887. L'annun-
cio necrologico nel catalogo 1888 recita: «Soci defunti nell'anno 1887:... Gavotto
Carlo coad., professo triennale, morto in Roccaforte di Mondovì sua patria nel
mese di maggio».
GERVASIO Giovanni: continua la prova inconcludente; vedi l'anno precedente.
LANZETTI Maurizio: nato a Torino il 23 dicembre 1861, imparò composizione
tipografica presso don Bosco dal 21 marzo 1882. Non godette di florida salute: si
assentò alla fine dicembre 1882 e nel marzo successivo. Promosso aspirante (catalogo
1883) e passato a S. Benigno, vi rimase come ascritto tre anni, se stiamo al catalogo,
che lo pone fra i soci solo nel 1887; il primo atto originale di voti si colloca però a S.
Benigno il 19 settembre 1889 (registro p. 361). Il catalogo di quello stesso 1889, usci-
to nove mesi prima che professasse in perpetuo, aggiunge la qualifica di «capo uff.»
Lo troveremo fra il personale di Nice (A.-M., Francia) nel 1891 e per due anni nel
liceo salesiano di São Paulo (Brasile). Dal 1894 in poi nulla. Nemmeno C. Gusmano
nel suo «registro dei morti e usciti fino al 1908» lo menziona.
LOMBARDI Lorenzo: nel 1882-1883 si trova tra gli aspiranti di Torino-Oratorio,
ma non nel registro del contabile dei «giovani» artigiani dell'anno 1882-1883. Il
fatto indica che era un impiegato o un famiglio. Lo troveremo ascritto anche l'anno
successivo.
MARTENO Domenico: aspirante a S. Benigno l'anno precedente e novizio que-
st'anno soltanto.
MIGLIAVACCA Giuseppe: aspirante a Torino-Oratorio secondo il catalogo 1883,
due anni ascritto a S. Benigno, s'impegnò con voti per tre anni il 4 ottobre 1885 (re-
gistro p. 120). Dopo essere stato presente un anno a Mogliano Veneto (Treviso) e
un secondo anno a Faenza (Ravenna), se ne perdono le tracce. I registri della conta-
bilità 1882-1883 non lo elencano fra gli artigiani di Torino-Oratorio.
MIGLIOTTI Paolo: il contabile di Torino-Oratorio aggiunge il nome personale di
Carlo e annota che era nato a Scopello (Vercelli) l’8 settembre 1864. Persi i genitori,
trovò accoglienza presso don Bosco e fu sarto dal 16 maggio 1876. Il catalogo lo
elenca tra gli aspiranti nel 1883 e il contabile di Valdocco ne indica la partenza alla
volta di S. Benigno il giorno 11 ottobre 1883. Sarà ascritto a S. Benigno anche l'an-
no 1884-1885 e professo triennale (il 4 ottobre 1885, registro p. 121). Lavora tre anni
a Barcelona-Sarriá. Il 19 settembre 1889 fa la professione perpetua a S. Benigno
(registro p. 346). Negli anni 1890-1893 lavorò a Bogotà (Colombia). Riportiamo
l'annuncio necrologico del catalogo 1894: «Migliotti Paolo coad. morto in Bogotá
[Bolivia] in Settembre». SAS non conosce il mestiere esercitato dal Migliotti Paolo
Carlo: è genericamente un artigiano.

7.3 Page 63

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La formazione del salesiano coadiutore nel 1883
205
ORIGLIA Giovanni: aspirante a Torino-Oratorio nel catalogo 1883, ma ignorato
dal registro del contabile dei «giovani» artigiani. Scompare dalle liste salesiane dopo
un biennio d'ascrizione.
PERINO Giovanni: aspirante nel 1883 a S. Benigno. Al termine del biennio d'a-
scrizione a S. Benigno professa per tre anni il 4 ottobre 1885 (registro p. 120). Ap-
parterrà a Barcelona-Sarriá (Spagna) due anni; l'anno 1887-1888 è nell'elenco di
Torino-Valsalice. In seguito scompare dagli elenchi.
POGNANTE Francesco: al secondo anno di noviziato, cf l'anno precedente.
PORTIGLI ATTI Giacinto: SAS scrive che nacque ad Avigliana (Torino) il 3 agosto
1857 e il catalogo 1883 lo colloca fra gli aspiranti di S. Benigno. Compiuti due anni
regolari di seconda prova, professerà per sempre il 4 ottobre 1885 (registro p. 290),
rimanendo aggregato alla casa di noviziato nel 1886. La nota necrologica del catalo-
go 1920 accerta la sua morte in ospedale a Morges (Vaud, Svizzera) il 24 marzo
1919.
ROMANO Carlo: dopo essere stato aspirante nel 1883 e ascritto per tre anni,
scompare dai cataloghi.
SANTINI Basilio: aspirante nel 1883, ascritto tre anni consecutivi a S. Benigno,
fece la professione triennale il 3 ottobre 1886 (registro, p. 130). Il secondo fascicolo
del catalogo 1887 lo assegnò a Buenos Aires-Mater Misericordiae (Argentina), a San
Nicolás de los Arroyos (Buenos Aires) i due anni successivi. Nel «registro dei morti e
usciti fino al 1908» don C. Gusmano laconicamente annota, l'anno 1891: «evasit».
STRADA Giovanni: se ne legge il nome nell'anno 1884 per la prima volta. In capo
al biennio d'ascrizione professò per tre anni il 4 ottobre 1885 (registro p. 121):
lavorò a S. Benigno il primo anno e i due seguenti a Barcelona-Sarriá (Spagna).
Poi di lui non sappiamo più nulla.
TABASSO Luigi: se n'è riferito a proposito degli ascritti di Torino-Oratorio
1882-1883.
VISETTI Carlo: lo conosciamo anche da SAS e dalla necrologia del suo direttore
don M. Bandino. Nato a Caluso (Torino) il 4 novembre 1863, nello scorcio del 1879
si recò a S. Benigno tra i falegnami. Il catalogo 1883 lo indica aspirante e subito
dopo ascritto e tale resterà sino al 1889 per il catalogo, a differenza di SAS che asse-
gna due date per la seconda prova: l'inizio dell'autunno o il giorno di Natale 1878. Il
catalogo 1888, del resto, lo vuole militare. La disciplina canonica del tempo obbligava
il congedato a un anno di prova speciale dopo il suo rientro in comunità il 27 dicem-
bre 1889. SAS ritiene questo come suo vero noviziato. Secondariamente, per il cata-
logo nel 1889 egli viene elencato artig. quando anteriormente fu sempre coad. Sicu-
re le due professioni a S. Benigno il 18 settembre 1890 e il 19 settembre 1891 (registro,
p. 370 e 430). Il «barbone» (così era familiarmente indicato) trascorse lunghi anni nel
Mato Grosso (Brasile), morendo a Cuiabá il 5 settembre 1942.
ZANCHETTA Marco: nato a Pove del Grappa (Vicenza) il 17 agosto 1861, fre-
quentò a Trento (dove almeno nel 1883 anche suo padre si era trasferito) i corsi nor-
mali secondo i programmi imperiali per il Tirolo italiano. Il 18 febbraio 1883 si era
presentato a Torino-Oratorio, dove don S. Fumagalli lo segnò nel registro dei «gio-
vani» come scrivano. Si trasferisce a S. Benigno in settembre e sottoscrisse l'atto
della sua professione perpetua il 4 ottobre 1884 ponendo per disteso la qualifica di
«coadiutore», diversamente da «ch.» di chi lo precede e da «miss, ap.» di chi lo segue

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206
Antonio Papes
(registro p. 277). Missionario al Cile, nell'agosto 1889 a Talca (Maule, Cile) indossò
la veste ecclesiastica, presente mons. G. Fagnano. La tonsura seguì soltanto il 9 gen-
naio 1898, il presbiterato il 25 marzo 1899. Morì a Viedma (Rio Negro, Argentina)
il 18 giugno 1935.
ZUCCA Domenico: aspirante a S. Benigno nel 1883 e ascritto fino al 1886 com-
preso, scomparve poi dal catalogo.
In sintesi: 25 sono gli ascritti coadiutori a S. Benigno nel 1883-1884. Rile-
viamo:
a) 7 di essi non sono al loro primo anno; nulla hanno a che fare con la riso-
luzione maturata nel Capitolo generale 3.
b) 11 provengono dalle file dei «giovani» o dei «barba» di Torino-Oratorio
(3 ripetenti e 8 nuovi); 9 provengono dalla casa stessa di S. Benigno (uno solo è
ripetente); 5 restano di provenienza incerta (ma tre di loro sono ripetenti).
e) Considerando i 18 ascritti nuovi, troviamo numericamente uguale l'appor-
to di Torino-Oratorio e di S. Benigno: ne diede otto ciascuna casa. Con ciò stesso
lo spessore della decisione già allusa nella conclusione del Capitolo generale 3 si
dimezza, ma si può valutare l'oggettività dei rilievi mossi in fase precapitolare, da
A. Pelazza specialmente.
d) Tornando al totale di 25 ascritti, 13 fecero la professione religiosa; 6 per-
severarono sino alla morte. Tre di essi erano artigiani e tre tuttofare. Se i primi
erano 9 e 16 i «tuttofare» al mese d'ottobre, prima di valutare la miglior riuscita
dei primi, dovremmo sottrarre i 7 che non avevano fatto buona prova nel novizia-
to 1882-1883. Questo o quello dei ripetenti probabilmente non prendeva più parte
assidua alle pratiche religiose degli ascritti.
e) I 9 artigiani son dati da 3 legatori, 2 calzolai, 1 compositore, 1 falegname,
1 sarto e 1 vetraio. Torino-Oratorio ne diede 4 nell'autunno 1883 e 2 in preceden-
za.
f) Soltanto 4 dei nove artigiani trovarono a S. Benigno l'attività avviata: i
calzolai, il sarto e il falegname. I più trovarono «qualcosa», troppo poco di sicuro.
Si avviò la stamperia, il settore che nel breve volgere degli anni doveva agire da
volano; ma nel primo anno potè addestrare solo qualche «giovane» o aspirante
alle prime armi. Il novizio compositore e i tre legatori furono in realtà sottoccupa-
ti, se non del tutto disoccupati. Abbiamo visto che dopo un paio di mesi l'unico
libraio che si era trasferito a S. Benigno era stato riassorbito a Valdocco. «Si cer-
cherà di stabilire qualche cosa a S. Benigno» è ben più oggettivo di quanto non
prometta l'intitolazione premessa alla trascrizione manoscritta delle pagine di don
Giulio Barberis del 1924 o anche la lettera mortuaria di G. Garrone.

7.5 Page 65

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La formazione del salesiano coadiutore nel 1883
207
4. La data delle tre conferenze
Soltanto la terza delle tre conferenze è datata con precisione. Riteniamo
possibile accostarci alla data in cui vennero tenute le prime due e avvertire il
lettore dell'improbabilità della data da alcuni proposta per la seconda conferenza,
quella che don Bosco rivolse agli ascritti coadiutori.
A riguardo della conferenza d'apertura don Barberis offre solo l'indicazione
generica: «Ia quindicina di ottobre». Noi abbiamo però elementi per precisare
meglio. Non fu certo pronunciata la prima settimana d'ottobre. Domenica 30
settembre gli ascritti, giunti al termine dell'anno canonico di prova, entrarono in
esercizi spirituali e sabato 6 ottobre professarono: 8 per tre anni, 32 per tutta la
vita (registro delle professioni, pp. 113-115 e 256264); la firma dei professandi è
seguita da quella di due testimoni: G. Caglierò e F. Rinaldi. Emisero i voti nelle
mani del Fondatore.97
Celebrata la festa del Rosario, con lunedì 8 s'intensificò la diaspora dei neo-
professi e degli avventizi per far posto a chi doveva cominciare la prova del novi-
ziato. Questi si erano spiritualmente preparati con esercizi spirituali nel mese
d'agosto, si erano raccolti nella casa del loro aspirantato dopo le vacanze in fami-
glia e si presentarono a S. Benigno intorno all'11 ottobre: tale fu la data di parten-
za da Valdocco degli artigiani, come sappiamo. È umano che il maestro abbia
concesso un paio di giorni perché i vari gruppi si cementassero insieme alquanto,
familiarizzassero con le strutture edilizie della vecchia abbazia, esplorassero l'abi-
tato e le località circonvicine e, nel caso specifico dei nuovi arrivati da Valdocco,
confrontassero le botteghe del loro prossimo addestramento con i laboratori la-
sciati nella città. Il discorso di don Barberis si spiega meglio come incoraggia-
mento a non rimanere avviliti dalle impressioni subite al primo impatto con le
nuove situazioni. Domenica 14 o lunedì 15 sono i giorni che paiono più consoni
per la conferenza d'apertura.
Complessa è invece la datazione della seconda conferenza. Si parte da don
Barberis: «2a — La fece D. Bosco — Addì ottobre 1883». Due i punti indiscuti-
bili: chi la pronunciò e il mese nel quale la pronunciò. Altri due punti sono age-
volmente riconoscibili come certi. Primo: don Bosco parlò tra il 16 e il 31 otto-
bre, poiché è «2a». Secondo: don Barberis soprassiede momentaneamente e lascia
spazio sufficiente per due cifre arabiche in attesa
97 MB XVI 318 narra l'inattesa visita a Torino-Oratorio dell'arcivescovo di Rouen, card.
H. de Bonnechore, il 4 ottobre. «Disgraziatamente D. Bosco era fuori — lamenta don Ceria —
con tutti i membri del suo Capitolo; poiché mentre presiedeva in S. Benigno un corso d'esercizi
spirituali, teneva adunanze con i suoi consiglieri». Inutile il telegramma: troppo stretti i tempi...
Quello stesso giorno don Bosco data una lettera alla Sig.a Magliano da «S. Benigno, 4 ott. 83
(fino sabato)» E IV 236. Le quattro brevi lettere dell'11, 15, 22 e 31 ottobre son partite da
Torino: E IV 235-239. '

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208
Antonio Papes
di superare la sua momentanea amnesia. Si conferma che non ha scritto queste
linee a caldo, nel corso della conferenza; non funge da «segretario minutante»
come nel CG 1 (1877), né ha sotto gli occhi la data, forse neppure gli appunti
fissati alla buona con la matita su notes o fogli di ricupero, come avviene in qual-
che altro momento. È di grande importanza quest'ultima constatazione. Essa gio-
verà a capire la maniera singolare nella quale il testo dell'intervento di don Bosco
ci è stato trasmesso.
All'amnesia di don Barberis supplisce don Ceria:98 fu il 19 ottobre. L'esordio
delle parole pronunciate da don Bosco si leggono in Lc 13, 32 e fanno parte della
pericope che si legge nel formulario Justus da usarsi celebrando in tale giorno S.
Pietro di Alcántara. Don Ceria parla di «festa» di S. Pietro di Alcántara: non è
una voce tecnica del Missale Romanum posttridentino. Allora il grado liturgico
del 19 ottobre era il semidoppio, penultimo della graduatoria. «Quell'anno giove-
dì» termina don Ceria. Era invece venerdì. 99 Ma è una svista perdonabile. Era un
giorno feriale; ciò importa.
Per qual ragione si celebrò una seconda messa quel venerdì? Gli ascritti sa-
lesiani non partecipavano certo alla messa corale come vuole Cum ad regularem
n. 18, che d'altronde la impone ai soli chierici. Perché i 22 coadiutori presero
parte a tale messa?.100 Don Ceria afferma che don Bosco era ve-
98 MB XVI 312: «Già nell'ottobre [...] ventidue ascritti artigiani cominciavano a S. Beni-
gno la loro prova, segregati dagli altri della casa. Appena tutto fu all'ordine, Don Bosco, venuto
a S. Benigno per la vestizione dei chierici, andò a vederli e, parlando a loro soli [...]: Il vangelo
di stamattina diceva: Nolite timere, pusillus grex...».
Annali I 702 offriranno il nucleo centrale del discorso seguito da succoso commento; o-
messo il proemio, non ha bisogno di fissare il giorno della parlata di don Bosco; conserva tuttavia
i concetti espressi nell' introduzione, segnatamente il nesso con la vestizione dei chierici e la
clausura degli artigiani «dal resto della casa», inclusi dunque i chierici co-ascritti. Accoglie la
datazione proposta con la radice liturgica della medesima nelle MB XVI. P. BRAIDO, Religiosi
nuovi... a p. 62, nota 11: con una modifica verbale (coadiutori al posto d'artigiani) e un'altra che
allenta la clausura monastica del loro noviziato: «compiuto in una sede a loro riservata».
Don A. Barberis, non accoglie nel prologo il pusillus grex, né azzarda datazioni.
99 Dal 1929 era in commercio la 2a. ed. di A. CAPPELLI, Cronologia, cronografia e calenda-
rio perpetuo. Milano, U. Hoepli, come oggi la 6 ed.; cf p. 43.
100 «Sodales adiutores»... [Missae] sacrificio quotidie intersint» ordina Cost.DB XIII 2.
Tutti i soci son pure tenuti al rosario e alla lettura spirituale ogni giorno (ibidem 4). La prassi
consolidata vuole che il rosario i non sacerdoti lo recitino a voce alta, mentre il sacerdote cele-
bra la messa «di comunione». Il CG 1 1877 aveva discusso e il CG 2 1880 aveva deliberato
formalmente: «Fra le altre cose si ricordi il mattutino e le lodi della B. Vergine, la spiegazione
del Vangelo [...] al mattino [...] di ogni giorno festivo». Le Regole o Costituzioni (... seguite dalle
Deliberazioni dei sei primi CG, S. Benigno Can., Sc. Tip. Libr. Sal., 1902, art. 367, pp. 265-266)
mantengono, dopo un ventennio, la direttiva intatta. E la prassi voleva che ciò si realizzasse
mentre un sacerdote celebrava sottovoce una seconda messa. Nelle rare solennità, tenuto conto
delle reali possibilità d'ogni singolo collegio o comunità, la seconda messa poteva essere in
canto. Solo al mutare del secolo incominciò l'impiego frequente del «canto fermo» anche per i
testi comuni della Messa, la predica «infra Missam», ecc. A una settimana scarsa dall'arrivo
come amalgamare un coro per quanto sparuto?

7.7 Page 67

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La formazione del salesiano coadiutore nel 1883
209
mito a S. Benigno principalmente per la vestizione dei chierici. Purtroppo non ha
fatto particolari indagini sulla data delle vestizioni di questo 1883, come sembra
dovesse aver fatto prima di scrivere la sua nota cronologica. Del resto egli non
rivela come sia venuto a conoscenza del discorso che pubblica. Don G.B. Lemo-
yne non lo aveva trascritto né nella serie cronologica né nelle appendici dei suoi
Documenti previ alle MB.
Compiuta la ricerca, trascurata invece da don Ceria, risulta che nessuno dei
chierici interessati ha fissato la propria vestizione al giorno 19 ottobre 1883 e che
un buon numero la fìssa il 29 ottobre 1883, mentre altri indicano date posteriori
ad ottobre o disparate.101 Sono da tener presenti non pochi motivi marginali che
dissuadono dal fissare al 19 ottobre la data della seconda conferenza 102 che, in-
vece, depongono a favore del 29 ottobre.
101 SAS indica il giorno 29 ottobre 1883 per la vestizione dei seguenti nove chierici: L.
Baldi (1859-1935), V. Delturco (1855-1938), A. Porro (1864-1938), A. Brunacci (1865-1947), A.
Dini (1865-1929), F. Soldano (1864-1923), A. Cornetti (1863-1939), C. Pistamiglio (1863-1923),
T. Tallone (1853-1927): tutti a S. Benigno e alla presenza del fondatore. Un paio di schede ag-
giunge un punto interrogativo alla data del 29: C. Pasini (1866-1893), C. Rinaldi (1868-1886):
al momento di compilar la scheda la segreteria generale trovava che questi due soci erano dece-
duti da forse 30 anni! Nel caso di un secondo paio di soci si scrive e «29» e «1883» ma «novem-
bre» al posto d'ottobre nel caso di A. Facchini (1848-1912) e «dicembre» nel caso di L. Capra
(1865-1916). In sintesi: per 13 chierici siamo praticamente sicuri che vestirono l'abito talare il
29 ottobre 1883 alla presenza di don Bosco a S. Benigno.
Per altri chierici riscontriamo date disparate e alle volte improbabili. Così A. Balzario
(1865-1940): avrebbe avuto l'abito da don Bosco a S. Benigno il 7 ottobre 1883. Con ogni pro-
babilità don Bosco era partito la serata precedente per la festa ai Becchi o per lavoro d'ufficio a
Valdocco. La casa di S. Benigno, poi, doveva essere piuttosto sossopra il giorno dopo la par-
tenza di tanti soci, al termine degli esercizi spirituali e la sistemazione dei neoprofessi nello
studentato.
La particolarità di C. Chiotti (1857-1927) consiste nell'asserire di aver vestito l'abito ec-
clesiastico a Genova-S. Pier d'Arena con don Belmonte, direttore, il 18 ottobre 1883. Si voleva
forse tenerlo in Riviera? C. Lardi (1863-1945), e F. Maestri (1868-1897) avrebbero incomodato
don Bosco a S. Benigno per la loro vestizione il 13 dicembre. Senonché MB XVII 27 accerta
che il giorno di S. Lucia don Bosco era a letto per ordine dei medici, preoccupati della sua
«estrema debolezza». M. Recalcati (1864-1926) aveva indossato la veste talare l'anno 1882:
fruisce del secondo anno di noviziato.
Gli altri chierici-ascritti dell'anno 1883-1884 non hanno superato la prova del noviziato
oppure delle traversie dei primi anni di vita pratica salesiana. Non se ne compilarono le schede
anagrafiche. Non abbiamo ritenuto necessario sfogliare gli incomodissimi ampi registri. Ma di
due, che uscirono della Società dopo l'ordinazione sacerdotale, abbiamo rintracciato la SAS. P.
Benedetti (1867-19...) ebbe sì la veste da don Bosco, ma il 9 settembre 1882: data quasi impos-
sibile, ma esteriore ai nostri attuali interessi. L. Chiavarino (1865-19...) sempre da don Bosco a
S. Benigno il 13 ottobre 1883, giorno quasi impossibile per don Bosco.
102 Tra questi argomenti indiziali porremo: a) il più ragionevole equilibrio tra la terza e la
prima conferenza, tenuto presente il ritmo (teorico) quindicinale; b) ogni venerdì il precetto
generale della Chiesa imponeva sub gravi l'astinenza dalle carni e Cost.DB XIII 5 il digiuno
(sia pure, nella prassi, blando assai): non si conosce ragione per festeggiare di venerdì la vesti-
zione; e) molto stretti i tempi per il prefetto di procurare la stoffa e per i sarti (di abili non c'era
dovi-

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210
Antonio Papes
Quanto alla terza conferenza si dispone dell'indicazione precisa: «24-11-83».
Non c'è nulla da aggiungere se non rilevare che è dopo questa data, quasi certamente, che
don Barberis scrive il suo proemio al quaderno. Nel-
zia a S. Benigno) di cucire gli abiti per 60 e più studenti; d) i problemi di critica testuale che il
proemio «Il vangelo di stamattina [...] diceva» solleva. Si vedano per questo le note alla secon-
da conferenza; e) un frammento autografo di don G. Barberis su accadimenti dell'ultima deca-
de d'ottobre 1883 conservato in ASC B 506.
Eccolo. Un pezzo di carta ingiallita (cm. 10 x 11): risulta essere una sesta parte d'un fo-
glio grande (cm 30 x 22) d'un prospetto d'attività di ragazze dell'Oratorio femminile delle
Figlie di Maria Ausiliatrice di Torino; probabilmente risale al tempo nel quale don F. Rinaldi
ne era direttore spirituale o è più tardivo ancora, diciamo del 1920 circa. Sul verso don Barbe-
ris ha scritto a penna: «1883. Si aperse la casa di Mathi per figli di M. — Nelle elezioni di S.
Benigno il comune cadde nelle mani dei liberali. Già l'an. 82 ve n'erano alcuni e cominciarono
a molestarci; ma questo anno volevano assolutam. cacciarci e ci fecero molte ostilità. Io fui a
Roma, mandato da Don Bosco e potei scongiurare il pericolo.
— il 25 ottobre a S. Benigno venne il sig. Don Bosco [traccia linea leggera a penna sulle parole «il
sig. Don Bosco»] e Mr Costamagna [adesso traccia una curva a indicare che dopo «Costama-
gna» va letto quanto sta per scrivere nell'interlinea superiore:] coi missionarii ecc. [a immediata
continuazione dopo «Costamagna» si legge:] «per la vestizione chieric.» 2 — ai 5 nov. avuta la
biblioteca di Don Verulfo».
1 — ai 29 ottobre venne anche Don Bosco per la vestizione chiericale — V. rim. p. 184-188. Qual-
che delucidazione è indispensabile. Don Barberis rimanda al suo quaderno intitola-
to Rimembranze, dove quanto ha riassunto nel frammento si dilata in circa quattro pagine. Tali
memorie però non sono state finora rintracciate.
La prima notizia è in consonanza con Annali I 491. La seconda è fissata un anno più tar-
di, almeno apparentemente, da A. BARBERIS, Don Giulio Barberis... pp. 135-136. La terza,
quella che interessa per la data della venuta di don Bosco a S. Benigno il 25 ottobre, è piuttosto
tormentata nella redazione, ma ineccepibile quanto al messaggio. Il «D» Costamagna del 1883,
che con missionari sta per solcare l'oceano e viene a solennizzare, al più, il triduo preparatorio
alla vestizione, diventa «Mr» nel documento redatto nel 1920 circa.
Le notizie ultime vanno invertite, come vuole la cronologia: Don Barberis ha corredato le
due cifre del margine sinistro «2-1» anche di una linea sottile d'inchiostro che non abbiamo
saputo indicare, ma che, alquanto goffamente, esplicita ancora la mente di chi scrive. È chiaro
che l'annotazione circa il 29 ottobre viene stesa dopo che quella del 5 novembre era già stata
tracciata. A questo punto don Barberis ricorse anche alla cancellazione de «il sig. Don Bosco»
che chiudevano la primitiva linea; avrebbe dovuto provvedere correlativamente anche alla
congiunzione «e» che inizia la linea seguente, ma non lo fece. Si limitò a volerci informare che
don Costamagna guidava un piccolo stuolo di soci, e che don Bosco quel giorno non venne a S.
Benigno.
Conferma di questo particolare, che a prima vista è in disaccordo con MB XVI 382 e con
il buon senso che vuole i 20 partenti dispersi nelle loro famiglie e parrocchie prima della partenza
per l'America, è la presenza nella lista dell'VIII spedizione dei due irlandesi di nome Patrizio
Diamond (1863-1937) e O'Grady (1860-1943); cf. il registro Partenza Missionarii realizzato per
i primi anni da C. Gusmano, ASC A 834. Almeno tre furono gli ospiti del 25 ottobre. Per quel
che concerne don Verulfo, rimandiamo al Numero unico del XXV di S. Benigno che offre
qualche supplemento d'informazione: a p. 63 gli si attribuisce merito per l'ospedale locale e per
aver armeggiato col parroco don A. Benone nel 1867, affinchè don Bosco provvedesse il paese
d'una scuola professionale; a p. [102] nella lista dei benefattori insigni defunti, dopo il vescovo
Don Riccardi e il parroco, si legge: «M. rev. sig. Verulfo don Felice, S. Benigno». Richieste di

7.9 Page 69

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La formazione del salesiano coadiutore nel 1883
211
l'esordio, invece, della terza conversazione sunteggia accadimenti del 4 novem-
bre, permettendo di supporre a chi legge che anche tale data era ormai piuttosto
remota. Al momento di fissare sul quaderno le conversazioni del mese d'ottobre,
poi, successe che la precisa successione dei giorni, che non aveva annotato tem-
pestivamente, era irrimediabilmente sepolta nell'oblio.
5. Osservazioni generali sulle tre conferenze
Prima di leggere con frutto il testo degli schemi fissati sul quaderno a confe-
renze concluse, sembra utile anticipare qualche riflessione.
Le poche pagine scritte si susseguono ordinate e denotano una stesura di
getto, priva di pentimenti nel primo e terzo intervento. Di importanza invece le
aggiunte del testo intermedio: un breve esordio collocato al margine sinistro e un
consistente arricchimento che riempie i margini inferiore e superiore lasciati
bianchi nella primitiva stesura.
a) Le due conferenze di don Barberis
Nella prima il conferenziere sviluppa il tema dell'alleanza tra Dio e l'uomo
nella vocazione personale di ciascuno. Facciamo alcune sottolineature.
— Il taglio della conferenza è biblico-teologico, mai però avulso dalla si-
tuazione. Nei risvolti del proemio e nel sottolineare i vantaggi prevedibili di S.
Benigno, si leggono le critiche mosse contro Valdocco durante la fase precapito-
lare, critiche che portarono alla decisione del 6 settembre 1883.
— In tanta parte della predicazione salesiana l'intervento di Maria SS. è a
se stante; qui invece è collegato con la suprema Provvidenza in maniera esplicita.
altre informazioni presso la comunità locale e la curia d'Ivrea non hanno portato frutto. Un
poscritto alla lettera di don Bosco a don G. Barberis da Roma, 16 aprile 1880 informa: «Per
sola tua norma, ho scritto a Don Verolfo che ci venga in aiuto. Se però ti dice niente, tu non ne
farai parola» (E III n. 2056 p. 578).
Chiuso lo studio del frammento nelle sue molteplici parti, dobbiamo rapportarlo al proe-
mio della seconda conferenza. Don Bosco l'avrebbe iniziata applicando agli ascoltatori la frase
evangelica che avevano ascoltato «stamattina» nella messa: fu agevole a don Ceria fissare la
data del 19 ottobre. Purtroppo per lui la prima stesura dello schema della conferenza di don
Bosco tracciato da don Barberis è priva di tale esordio: si tratta infatti di un'aggiunta operata al
margine sinistro all'altezza dell'imperfetta indicazione della data. Abbiamo il segno d'una se-
conda e più importante amnesia, se non è indice di distrazione o di spiegabilissimo breve ritar-
do. Il quaderno delle Rimembranze giunto a noi nel frammento squalifica non don Ceria soltan-
to ma chi ebbe in mano il quaderno di G. Barberis senza avvertire la singolare posizione dell'e-
sordio, trasmettendo, con fedeltà solo materiale, il contenuto.

7.10 Page 70

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212
Antonio Papes
— Il maestro evidenzia la sua persuasione personale che la vita dell'artigia-
no nel noviziato ruota come attorno a due fuochi di un'ellisse; che la formazione
dello spirito non può realizzarsi fuori dell'esercizio professionale nè questo senza
di quella. Evidenzia pure l'inadeguatezza della formazione professionale nella
situazione di S. Benigno. Implicitamente riconosce l'urgenza improcrastinabile
della formazione spirituale nell'anno di noviziato: il perfezionamento professio-
nale può anche seguire, senza sostanziale danno della risposta alla chiamata divi-
na.
— Dall'inizio alla fine (non possiamo ovviamente affermare la cosa che a
livello letterario) don Barberis interpella la minoranza appena emigrata da Val-
docco, svolge i suoi concetti con implicito riferimento ai soli artigiani: sono i-
gnorati i coadiutori tuttofare. Non è per costoro S. Benigno, non se ne preoccupa
il maestro. E sono la maggioranza dei presenti, i più bisognosi di comprensione e
di aiuto.
— Manca l'esplicita prospettiva della concreta missione educativa che at-
tende l'artigiano salesiano; manca pure ogni cenno al fondatore don Bosco.
Nella terza conferenza don Barberis ignora la seconda, per allacciarsi e svi-
luppare nelle due parti giustapposte altrettanti punti derivati dalla prima confe-
renza.
L'epilogo della prima fu un invito all'attesa fiduciosa. A cinque settimane di
distanza può con orgoglio invitare i novizi a guardarsi intorno: il bocciolo inco-
mincia a fiorire. Li impegna all'opera, intellettuale e manuale insieme, spiegando
cosa si intende per scuola professionale.
Sono ormai amalgamati gli artigiani cresciuti a Valdocco e a S. Benigno: li
invita a compiacersi dello stato di rodaggio in cui versano i laboratori, traendo
auspicio per il prossimo futuro da quanto si è potuto realizzare in un paio di mesi
appena.
Il vantaggio di S. Benigno su Valdocco sta nei maggiori mezzi spirituali of-
ferti, aveva affermato nella prima conferenza. Spiega adesso quale è appunto la
funzione del maestro: insegnare il cammino della santità. Per raggiungere la meta
bisogna partire dall'umiltà, insiste. Consapevolezza dei propri limiti e docilità
costituiscono questa virtù.
b) La conferenza di don Bosco
Sembra utile richiamare in partenza alcuni punti già presentati nell'introdu-
zione: chi era presente al raduno? quale grado di consapevolezza aveva raggiun-
to, all'epoca, la congregazione salesiana circa l'identità del coadiutore salesiano?.
Diretti beneficiari dell'incontro con don Bosco furono anzitutto i coadiutori
ascritti: una ventina, da suddividere in artigiani e non artigiani, pro-

8 Pages 71-80

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8.1 Page 71

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La formazione del salesiano coadiutore nel 1883
213
venienti i primi da Torino-Oratorio e da S. Benigno stesso. Non va dimenticato
che alcuni ascritti non erano al primo anno di noviziato. Almeno due tra i capito-
lari della casa vennero coinvolti, il direttore e il prefetto. E d. F. Rinaldi? Pare di
no.
Don Barberis svolge la sua funzione di annotatore dei fatti e dei detti del
fondatore, che esercita almeno da un decennio, che non va intesa qui come mera
funzione notarile. Si può anche ipotizzare entrata in ritardo o lieve indisposizione
fisica o distrazione. Qualora si fosse munito di carta e matita, diremmo che non si
trovava ai vertici dell'efficienza, visti i risultati poco felici dei suoi appunti.
Su don L. Nai cadeva in quei giorni l'onere di migliorare i laboratori esisten-
ti e di installare nuovi reparti per l'addestramento professionale. Testimonierà nel
1922 che la voce «padrone» l'aveva colta dalle labbra del fondatore; ma ci si
potrebbe chiedere se era in grado di capire a fondo i concetti che il fondatore
andava proponendo.
Non è poi detto che intervennero i pochi coadiutori professi della casa. A
due di loro comunque si era accollata la responsabilità dei laboratori dei falegna-
mi (a B. Scavini) e dei sarti (ad A. Benentino); vi si trovava forse già P. Barale,
che conosciamo ansioso di udire «dal cuore del Padre» parole di conforto.
Il Capitolo generale 3 (1883) sancì l'uguaglianza religiosa di quanti profes-
savano le costituzioni, mantenne la denominazione di coadiutore per la terza delle
componenti la comunità dei professi e strappò a don Bosco l'adesione a iniziare il
noviziato per gli artigiani.
Resta problematico accertare se nei giorni del Capitolo generale 3 don Bo-
sco e il Consiglio Superiore erano giunti a una piena limpidezza concettuale. È
chiaro, invece, che in queste prime settimane di noviziato non vi era giunto il
maestro: infatti, pur avendo davanti un gruppo misto, si rivolge a loro come se
tutti, dal primo all'ultimo, fossero artigiani. Don Bosco asserì di aver lungamente
riflettuto in merito ai suoi coadiutori. Purtroppo lo stato delle informazioni che si
possono ricavare dallo schema della conversazione non depone a favore di tale
asserzione.103
103 L'uguaglianza fra i tre gruppi che formano la congregazione salesiana è uno dei cardini
costituzionali. Il fondatore lo difese contro i suggerimenti del suo prefetto, don Rua, ancora un
anno dopo il Capitolo generale 3. Ce ne lasciò testimonianza don G.B. Lemoyne (seduta del CS,
6 settembre 1884, in ASC D 869): «D. Rua vorrebbe mettere nella Società due classi di coadiu-
tori. Che per esempio un avvocato, un medico si trovi a fianco di un minchione qualunque gli
sembrava cosa disonorevole. D. Bosco non ammette due classi di coadiutori. Stare attenti a non
ricevere in congregazione certi individui che saran buoni ma rozzi e dirò anche di cervello
ottuso che son capaci di andare tranquillamente, data occasione, nelle osterie senza badare più
in là. Tutta questa gente non abbia il nome di coadiutore, ma sì quello di servitori e non si
ammettano mai nella congregazione e molto meno a fare i voti. D. Rocca domanda

8.2 Page 72

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214
Antonio Papes
Facciamo poi attenzione anche alla cornice del messaggio di don Bosco. Es-
sa si sdoppia in esordio e parenesi conclusiva. In primo luogo don Bosco esprime
soddisfazione perché trova già avviata la risoluzione operativa concordata al
Capitolo generale 3. Si è già accennato a suo luogo a piena permeabilità reciproca
del fondatore e della base della sua congregazione. Il dissenso apertosi il 7 set-
tembre non è soltanto episodico, ma come imposto dalla ricerca del «meglio»,
dall'una e dall'altra parte ugualmente desiderato. Entrano poi in gioco alcuni ele-
menti temporali.
Anzitutto, si realizza in questo giorno il primo incontro di don Bosco con la
nuova popolazione d'ascritti di S. Benigno. Di parecchi del corso appena termina-
to don Bosco aveva ricevuto la professione il 6 ottobre. Aveva quindi dovuto
lasciare il noviziato. Svanisce così la supposizione di un fuggevole ritorno il
giorno 11, quasi a consegnare al maestro i molti chierici e coadiutori che l'aspi-
rantato di Valdocco aveva preparato, a dare il benvenuto agli altri giunti da altro-
ve, a fondare la nuova sezione. Non venne nè il 13, nè il 25, giorno, quest'ultimo,
nel quale don G. Costamagna diede, in occasione del triduo precedente alla vesti-
zione, una conferenza ai novizi che si preparavano alla vestizione. Raccontò le
disavventure di un giovane prete missionario, per convincerli della necessità di
una profonda e sincera adesione al Vangelo e a don Bosco (ma il novizio che ne
sunteggiò le parole, non lasciò il minimo cenno alla vestizione tanto vicina).
Don Bosco a S. Benigno non era neppure venuto il 19, come credette di po-
ter dedurre don Ceria sulla base della premessa elaborata da don Barberis in un
secondo momento. Arrivò invece la mattinata del 29, lunedì, con l'intenzione di
ripartire dopo la conferenza. Lo attendevano giorni da dedicare pienamente all'a-
nimazione dei missionari.104 Oggetto della rapida sosta del 29 fu la cerimonia
della vestizione di oltre 60 studenti. Essa riempì un paio d'ore della mattinata, cui
seguì una festicciola a mensa.
Può avere la sua importanza il particolare che don Barberis non faccia dire a
don Bosco di essere giunto a S. Benigno «soltanto» per la vestizione e che più
avanti scriva quel «non volli lasciare senza dire...»; ammenicoli che potremmo
interpretare come da lungo tempo don Bosco avesse accarezzato l'idea di spiegare
ai coadiutori il senso profondo della loro chiamata. Con
se non si potrebbero costituire i terziari, almeno pel titolo col quale chiamarli, come hanno i
francescani nei loro conventi. D. Bosco risponde che per ora non occorre».
Almeno il nome di coadiutore è l'unico che piace a don Bosco, si penserà. Non è poi tan-
to fermo il vocabolario del fondatore. Ce lo rivela il seguente appunto dei verbali delle sedute
del CS del 24 agosto 1885: «D. Bosco propone che invece di chiamare coadiutori i fratelli laici
si cerchi altro termine come impiegati presso l'economo, presso il prefetto, presso le librerie,
etc. etc. Cosa da studiarsi». Dunque il CG 3 (1883) non è un vertice inconcusso del pensiero di
don Bosco, che è innovativo al massimo.
104 MB XVI 382.

8.3 Page 73

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La formazione del salesiano coadiutore nel 1883
215
tutto ciò non si può asserire per certo che avesse programmato di farlo in questa
precisa occasione. È possibile che sia stato proprio il maestro a far presente a don
Bosco l'opportunità di sollevare gli spiriti degli ascritti coadiutori, spettatori inge-
lositi della miglior sorte toccata alla maggioranza dei compagni.
Trova qui posto quel «Nolite timere, pusillus grex» per il quale a qualche di-
stanza di tempo don Barberis ardirà creare un fittizio pre-esordio, fittizio perché
sconfessato dalla cronologia, come s'è provato. Ripeterà con tono quasi profetico
la medesima frase nell'epilogo, accentuando il «nolite timere», come nell'esordio
aveva invece fatto col «pusillus grex».
Quattro anni più tardi gli ascritti coadiutori, cresciuti di numero in una casa
formata pure d'aspiranti e di professi che attendevano al proprio perfezionamento
professionale, lungi dal vedersi traumatizzati dalla vestizione dei chierici, li ve-
dranno sciamare verso Foglizzo, lasciando San Benigno agli artigiani.
Quanto all'identità del salesiano laico che don Bosco intendeva presentare
per la prima volta in forma organica occorre subito sottolineare che non risulta né
completa né definitiva. Nell'esposizione fatta agli ascritti di S. Benigno e che qui
pubblichiamo, la riflessione di don Bosco, pur segnando un certo progresso nella
collocazione operativa del coadiutore, ha delle precise lacune, che non possiamo
imputare a don Barberis che ne ha raccolto il pensiero, ma a don Bosco stesso.

8.4 Page 74

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216 Antonio Papes
TESTO
Il quaderno di don G. Barberis risale, nella sua stesura prima, al mese di novembre 1883.
All'intervento del Fondatore, allora riassunto, il possessore del quaderno successivamente: a)
al margine sinistro, collateralmente all'esordio, aggiunse un ulteriore proemio al fine di dar ra-
gione del rimando del testo evangelico che don Bosco aveva fatto nell'epilogo della parlata; b)
al margine inferiore della prima pagina, che contiene lo «schema» di don Bosco, e a quello su-
periore della pagina seguente continuò l'esemplificazione iniziata nel riassunto originario, allo
scopo di includere nella visuale prospettata dal Fondatore anche certe importanti attività che
potevano svolgere coadiutori tuttofare.
Sigle dei testi citati:
R Nel corso del Capitolo Generale 12 (1922) si lessero i punti rilevanti dell'intervento di
don Bosco. Ne era venuto a conoscenza il consigliere generale per le scuole professionali,
don Pietro Ricaldone. È possibile, non certo, che a tale circostanza risalga un dattiloscritto
di 7 pagine custodito attualmente fra le cronache di S. Benigno Canavese: ASC F 647.
S Per cura di don B. Savarè nel 1924 si trascrisse a mano il quaderno del Barberis, allora con-
servato a San Benigno Canavese. Consta di 12 pagine formato protocollo custodite esse
pure in ASC F 647 (in microfiches 223 E 12 - 224 A lO).
Della sola conferenza di don Bosco conosciamo tre recensioni a stampa.
V Nel 1930 si divulgò un testo commentato da don G. Vespignani, succeduto a don P. Rical-
done come consigliere generale professionale. Si caratterizza per l'omissione del proemio
originario oltre che per alcuni avverbi introdotti in funzione della lettura «pilotata» del di-
scorso. Si trova in ACS XI n. 54, 24 ottobre 1930, pp. 888-889.
A Nel volume biografico dello zio, l'anno 1932, don Alessio Barberis presenta un testo fedele al-
la sostanza ma del tutto slegato dalla lettera fissata da don Giulio Barberis, alle pp. 132-134.
C L'anno 1935 don E. Ceria, con maggiore aderenza all'originale, introduceva la conferenza
in MB XVI 312-313. Di là passò fedelmente nella raccolta documentaria di don P. BRAIDO,
Religiosi nuovi per il mondo del lavoro ... , pp. 62-63.
Confer[enze] Ascritti Artigiani
1883-1884
Nel capitolo generale che si tenne quest'anno a Valsalice si decise di
aprire un noviziato apposito per gli artigiani. Questa deliberazione con mi-
5 rabile prestezza si mise in esecuzione nell'ottobre. Circa 22 sono gli ascritti.
1-2 emend 1883-1884 I Ascritti artigiani I in I S. Benigno Canavese. R
ziato in S. Benigno Can.se I e conferenze tenute I 1883-84. S
Fondazione novi-
3 Nel CG: Verbali, p. [17]; cf questa introduzione, p. 184
5 circa: don Barberis fa una me-
dia; qualcuno è giunto in ritardo, qualcuno sarà stato dimesso o richiamato altrove. Non ci al-
larmeremo, dunque, se dai 22 contati probabilmente a fine novembre da don Barberis, il cata-

8.5 Page 75

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La formazione del salesiano coadiutore nel 1883 217
Si stabilì e si aperse nello stesso mese una tipografia affinchè nessun'arte
mancasse e molti attrezzi e macchinismi si procurarono per le altre arti af-
finchè fosse possibile perfezionarsi nei lavori. - Si era deciso che per detti
giovani ascritti si farebbero scuole professionali e col 4 novembre si aperse-
ro le scuole serali, a questo ordinate e all'italiano e all'aritmetica che già si lO
insegnavano si aggiunsero le scuole di contabilità e tenuta dei libri, la scuola
di disegno e la scuola di francese, stabilendosi inoltre che i capi laboratorio
largamente insegnassero e il taglio delle vesti per gli uni e l'indoratura per
gli altri ecc. ecc. - La cosa principale pel buon andamento era che gli
ascritti uscissero ben istruiti nella religione e nell'osservanza pratica delle re- 15
gole. Per questo si stabilì che le prediche che mattina e sera d'ogni domenica
si fanno fossero ben adattate e di più ogni domenica vi fosse una buona
scuola di catechismo spiegato e ben studiato a memoria. Per l'osservanza
pratica delle regole si stabilì un sacerdote apposito che a tutto sopravve-
gliasse e conferenze bene all'uopo adatte. Queste conferenze devono essere 20
di due modi: tutte le settimane vanno alla conferenza che si fa a tutti gli
ascritti e preti e chierici; poi si stabilì che almeno ad ogni quindici giorni
7 macchinismi corr macchinario R
Il dei corr di SR
12 stabilendosi... largamente
om R
20 post sopravvegliasse e add facesse S
21 gli om R
logo 1884 sale a 25 unità. Senza contare che il maestro può escludere dal proprio computo quei
non professi che continuavano a convivere a S. Benigno, ma forse non prendevano parte a quel
poco di peculiare che distingueva gli ascritti nella comunità.
6 tipografia: con l'unico re-
parto della stamperia. La compositoria verrà più tardi. Invece la legatoria era in esercizio da
qualche anno; non la si inserisce dentro il genere tipografia.
9 scuole professionali: lezioni
teoriche e pratiche per artigiani.
col 4 novembre: domenica; quindi Don Barberis segna le
solennità che precedono le lezioni vere e proprie. Ci fu probabilmente un triduo e l'esercizio
della buona morte, poi la proclamazione di programmi e dei relativi insegnanti nonchè degli
orari giornalieri. La data sembra essere piuttosto remota al momento di scriverne.
lO
scuole serali: lezioni che si tenevano nei giorni feriali dopo l'addestramento diurno in laborato-
rio, prima di cena.
già...: a S. Benigno, pertanto, agli artigiani s'impartiva l'insegnamento
elementare prima di quest'autunno 1883. A questa data per gli ascritti artigiani si imparte l'in-
segnamento complementare professionale. Qui in realtà don Barberis dilaga nello sperato. Nel-
la terza conferenza lo confesserà candidamente e domanderà pazienza.
14 ecc. ecc.: ha
esemplificato servendosi dei sarti e dei legatori; invita chi legge a estendere l'esemplificazione.
Inoltre può voler farci capire che sorvola su minute disposizioni rivelate quella sera del 4 no-
vembre 1883.
principale: trattandosi di noviziato.
15 ben istruiti: con il catechismo,
come dirà fra poco.
osservanza: completa il programma che don Bosco fa risalire a Pio
IX: cf ca 3, introd. p. 183.
16 mattina e sera: terminata la seconda messa e il canto del
vespro.
19 sacerdote apposito: un assistente per i soli ascritti, nella persona di don M.
Cavatore: cf p. 191.
21 tutte le settimane: e quindi una volta sola ogni settimana. Dopo
qualche anno di tentativi di tenerne due settimanalmente, si ritorna alla prassi del 1874. Dal-
l'anno appena terminato il compito era stato delegato a don E. Bianchi.

8.6 Page 76

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218 Antonio Papes
avessero una conferenza particolare per loro artigiani nella quale si trattasse
dei loro doveri e cose pratiche loro.
25
lo verrò qui successivamente notandomi gli appunti per queste confe-
renze speciali loro.
23 conferenza particolare: iniziò personalmente e da dicembre delegò al prefetto.
propone dunque di non cedere ad altri il compito. Eppure...
25 io:
Prima conferenza
1a Quindicina di ottobre. Tenete a mente, miei cari giovani, che è il Si-
gnore che vi ha mandato qui. Si è egli che volle che si aprisse questo nuovo
noviziato apposta per voi.
Come abbiamo a rallegrarci che siete in bel numero. lo non mi aspetta-
5 va tanto!
Voi siete qui ora e non sapete nemmeno come siete venuti. Ma io ve lo
dico. Iddio volle più bene a voi che ad altri forse per le preghiere di vostra
madre o parenti; forse per qualche preghiera speciale che gli faceste nell'in-
fanzia o in quest'anni scorsi passati nell'Oratorio, e che voi non ricordate
lO neppure più: ma egli la tenne a mente e ve l'esaudì. Mandò sua Madre Ma-
ria Vergine SS.ma, le comandò di fare da buona madre anche a voi, e im-
maginatevi come volentieri la Madonna vi prese subito per mano, anzi vi
portò in braccio e cercò un giardino dove portarvi, poteste star bene (dell'a-
nima, s'intende) e vi portò qui.
15
Voi dovete dunque dire: è la Madonna che ci ha condotto qui. Non
solo in vista di voi il Signore vi fece questa grazia; ma specialmente in vista
della Congregazione. Il Signore l'ama questa cara nostra piccola Congrega-
8 faceste corr fareste R
9 post e che add ac del ora S
17 cara nostra transp S
2 questo noviziato: meglio, sezione per i coadiutori e artigiani.
4 bel numero: misura l'e-
sperienza che inizia a vivere con quella degli anni passati. Cf introduzione, p. 52. Don Bosco
dichiarerà pusillus grex questo bel numero, misurandolo con quello dei chierici.
6 Voi sie-
te qui ora: si rivolge al ristretto numero di coloro che san venuti di fuori al noviziato, in parti-
colare a quelli venuti da Torino-Oratorio.
13 giardino: terrestre, il noviziato di S. Beni-
gno: cf la scritta «oratorio» sulla porta del giardino sognato nel 1878 da don Bosco (MB XIII
763ss.). L'oratorio dove sono venuti presenta evidentissimi vantaggi su quello di Valdocco,
don Barberis sta per dire. Il sogno del «giardino salesiano» (MB XII 591) pare non influisca di-
rettamente sui concetti che il maestro va esponendo.

8.7 Page 77

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La formazione del salesiano coadiutore nel 1883 219
zione e vedendo che senza un noviziato di artigiani le cose non sarebbero
andate abbastanza bene, inspirò ora che n'era il tempo, il pensiero di met-
terlo su: e [provvide] mezzi in modo inspirato e si pose a cercare gl'individui 20
ch'Egli avrebbe scelto per porre le fondamenta di questa nuova opera. I
prescelti a qu€st'impresa siete voi. Oh come ne dovete essere contenti! È
vero che voi non capite ancora nè tutto nè mezzo ciò che il Signore vuole da
voi e qualcuno è quasi malcontento d'essere qui; ma state solamente buoni e
vedrete che il Signore vi farà sentire chiara la sua voce; a Valdocco vi erano 25
troppo divagazioni: vi venivano a trovare i compagni della città, anche di
quelli già cacciati via dall'Oratorio e vi consigliavano male. A Torino ave-
vano anche troppa comodità di andarvi a visitare i parenti, qui essendo un
paese fuor di mano non possono venire tanto. Voi amerete lo stesso i vostri
parenti, ma non ne avrete tante divagazioni. A Torino anche in casa nei la- 30
boratorii, nei dormitorii e in ricreazione eravate troppo a contatto con gen-
te di mondo e voi che desiderate consacrarvi tutto al Signore ne pativate
nello spirito. Qui anche tutto questo è eliminato.
Coraggio adunque, siate contenti che qui avete minori pericoli. Non
solo avete minori pericoli, ma avete maggiori mezzi.
35
Qui avrete la comodità di far bene la meditazione su libri a voi adatta-
ti; faremo tutte le settimane una conferenza sulle regole coi chierici ed ogni
15 giorni una conferenza dippiù per voi soli. Il motivo per cui tanti già en-
trarono in Congregazione e poi non perseverarono è appunto l'ignoranza
nelle cose spirituali. Il povero artigiano sempre accostumato a trattare con 40
la materia prende affezione a quella e vedendo che con essa si possono fare
belle cose la prende in stima e viene a stimare poco le cose di virtù, di reli-
gione che sono immensamente superiori. Il povero artigiano che deve gua-
dagnare i soldi col lavoro prende amore al soldo e desidera denari. Essendo
poco istruito nelle cose spirituali dà molta importanza al guadagno del de- 45
naro e appena vede che sa l'arte e che del denaro ne guadagnerebbe, se non
è ben istruito, pone affetto a quello e gli viene voglia di uscire.
Terribile tentazione. Ma voi siete qui non per pensare al guadagno ma
25 a Valdocco emend la Madonna R
guadagnerebbe S
36 su corI' sui S
45 post denaro add ac del ma
18 di artigiani: vedi sopra la nota alla lin~a 2. Il n:a~st~o è dime~tico dell~ met.à più bis?gnos.a
di sostegno umano e spirituale, che sono 1 non-artlglam nella seZIOne degh ascnttl alla vIta relI-
giosa laicale salesiana.
19 ora che n'era il tempo: le ammissioni avvenivano all'.in~zio ?el-
l'estate, la prova cominciava nella prima metà del mese d'ottobre. . ~l presce1tl: Il ~nmo
segno di predilezione è la vocazione, il secondo è il privilegio di ess~re 1 pnml ~ compIere.ll n~­
viziato a S. Benigno.
22 contenti: da questo punto fino alla hnea 31 fa nflettere SUl pen-
coli lasciati a Valdocco come 31-46 elaborerà i vantaggi che S. Benigno presenta.

8.8 Page 78

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220 Antonio Papes
per pensare a farvi più del bene all'anima. Coraggio adunque, qui sarete
aiutati e tutto andrà bene se vi mettete proprio di buona volontà.
50
Pel momento troverete mancare ancora molte cose o pei laboratorii o
per altro: fatevi coraggio, non lamentatevi mai; poco per volta ogni cosa si
provvederà. Non lasciatevi venire malinconici per questo. Il mondo non fu
fatto tutto in una volta: se avrete pazienza, vedrete che i superiori non desi-
55 derano altro che provvedervi l'occorrente.
Ma non dite, come fa alcuno, noi siamo venuti qui per imparare dippiù
il mestiere ed ora vediamo che imparavamo anche dippiù a Torino. Nò, i
Superiori non vi mandarono qui per imparare più presto il mestiere: state
sicuri, il mestiere lo imparerete e procureremo ciò che ora manca; ma il fine
60 d'essere venuti qui è altro: è per darvi comodità di farvi buoni ecc.
51 Pel momento: invita da questo punto fino alla linea 55 a non disanimarsi per le innegabili li-
mitazioni che momentaneamente dovranno subire.
56 Ma non dite: chiude riproponendo
la gerarchia degli impegni del loro noviziato.
Conferenza di don Bosco
2a• La fece D. Bosco. Addì ottobre 1883.
Ecco lo schema.
Sono molto contento che si sia cominciato un anno di prova per gli ar-
tigiani con regolarità. È questa la prima volta che vengo a S. Benigno da
1 mrg s Il Vangelo di stamattina diceva: nolite timere pusillus grex. Voi siete anche il pusillus
grex, ma non vogliate temere, che crescerete ecc.
emend II. Fatta da D. Bosco. Il Vangelo
di stamattina Ecco lo schema. R S
Il coadiutore salesiano secondo la mente del Beato
Don Bosco [ ] Nolite timere pusillus grex. Voi siete il pusillo grex, ma non vogliate temere chè
crescerete. V
[... prendendo occasione dal Vangelo della mattina: Nolite timere, pusillus
grex portava al piccolo caro gregge degli Ascritti artigiani la sua parola confortatrice, in una
conferenza della quale ecco lo schema:] A
Il Vangelo di stamattina diceva: Nolite timere,
pusillux grex, non temere, piccolo gregge (1) [a piè pag.: Luc. XIII, 12. Era il vangelo della
Messa Justus nella festa di San Pietro d'Alcantara (19 ottobre, quell'anno giovedì)] Voi siete
anche il pusillus grex, ma non vogliate temere, nolite timere, che crescerete. C 1-7 om V
3 anno di prova: circonlocuzione preferita da don Bosco al posto di noviziato.
4 Regola-
rità: lungi da quanto è stabilito da Cost. DB XIV, ancora. E tuttavia un decisivo passo verso
l'attuazione del progetto costituzionale, con la presenza del maestro.

8.9 Page 79

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La formazione del salesiano coadiutore nel 1883 221
che ci siete voi e sebbene sia venuto per la vestizione chericale e non mi 5
fermi che un giorno, non volli lasciare senza dire due parole a voi in par-
ticolare.
Vi esporrò due pensieri.
Il primo è l'esporvi qual'è la mia idea del coadiutore salesiano. Non
ebbi ancor mai tempo e comodità ad esporla bene.
lO
Voi adunque siete radunati qui ad imparare l'arte e ammaestrarvi nella
religione e pietà. Perchè? Perchè io ho bisogno di ajutanti. Vi sono delle
cose che i preti e i chierici non possono fare e le farete voi. lo ho bisogno di
poter prendere qualcuno di voi e mandarvi in una tipografia e dirvi: tu pen-
saci e falla andar avanti bene; mandarne un altro in una libreria e dirgli: tu 15
dirigi che tutto riesca bene; mandarne uno in una casa e dirgli: tu avrai cura
che quel laboratorio o quei laboratorii camminino con ordine, non manchi
nulla, provveda quanto occorre perchè i lavori riescano come devono riu-
scire.
In altre parole, voi non dovete essere chi lavora direttamente o affatica, 20
ma bensì chi dirige. Voi dovete essere padroni sugli altri operai, non come
servi. Tutto però con regola e nei limiti necessarii: ma tutto dovete fare voi
12 «Religione e pietà» Endiadi? Probabile la risposta negativa. Nell'uso religione può indicare
lo stato religioso; pietà invece la dimensione spirituale del soggetto, nutrita dalle «pratiche di
pietà» o esercizi religiosi liturgici o devozionali.
6 lasciare corr lasciarvi RSAe senza dire due parole corr senza rivolgervi alcune parole in par-
ticolare A
9 post Il primo add pensiero A l'esporvi om l' A corr manifestarvi e qual'è om
A
lO ancor om e mai om A ad esporla corr di esporvela A
Il l'arte COIT un'arte A
12 post religione e add nella e
13 e le farete corr e che farete A
14 e mandarvi in
corr mandarlo per esempio in A mandarvi COIT mandarlo VA dirvi COIT dirgli VA tu pensaci
transp A
15 e falla corr a farla VA post bene emend Ho bisogno di A tu dirigi transp et
add dirigi tu in modo A
16 che corr sicchè e mandarne uno COIT manderò un altro A dir-
gli corI' dirò A
17 con ordine corr in ordine A
18 provveda corr provvedi RVA corr
provvederai e perchè corr affinchè A corI' che e devono riuscire corI' si deve A mrg i add lo ho
bisogno di avere qualcuno in ogni casa a cui si possano affidare le cose di maggior confidenza,
il maneggio di denaro, il contenzioso, che rappresenti la casa all'estero. mrg sup. seq. pago add
Ho bisogno che vadano bene le cose di cucina, di portieria; che tutto si procuri a tempo, niente
si sprechi, nessuno esca ecc. Ho bisogno di persone a cui potere affidare queste incombenze.
Voi dovete essere questi.·
Re omnes consentiunt; at: lo om Ae post confidenza add anche
V post denaro emend del denaro per i paganenti, per A che rappresenti COIT chi rappresenti Ae
estero corI' esterno RSVAe post portieria add di guardaroba, infermeria, sacrestia, ecc. V post
esca om ecc. A post persone add ben preparate e di confidenza V post questi add tali V
20
In altre parole corr in una parola RSVAe post lavora add solo V o affatica om A corre affatica
S COIT e fatica ve
21 post bensì add quasi V post essere add come RSVAe
22 ma
tutto dovete fare voi transp Ma tutto voi ... e dovete fare corI' avete da fare RSVA

8.10 Page 80

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222 Antonio Papes
alla direzione, come padroni voi stessi delle cose dei laboratorii.
Questa è l'idea del coadiutore salesiano. lo ho tanto bisogno di avere
25 molti che mi vengano ad aiutare in questo modo. Sono perciò contento che
abbiate abiti adattati e puliti; che abbiate letti e celle convenienti, perchè
non dovete essere servi ma padroni, non sudditi ma superiori.
Ora vi esporrò il 2° pensiero.
Dovendo venire così in ajuto in opere grandi e delicate, dovete procu-
30 rarvi molte virtù; e dovendo presciedere ad altri, dovete dare prima di tutto
buono esempio. Ho bisogno che dove si trova uno di voi si sia certi che
quivi sarà l'ordine, la moralità, il bene; ecc. ecc. ecc. Che se sal infatuatum
fuerit... ecc...
Conchiudiamo adunque come abbiamo incominciato: Nolite timere
35 pusillus grex: non vogliate temere che il numero crescerà. Ma specialmente
bisogna si cresca in bontà ed energia e allora sarete come leoni invincibili e
potrete fare molto del bene. E poi: complacuit dare vobis regnum, regno e
non servitù, e specialmente avrete regno eterno ecc. ecc. ecc.
32 sal infatuatum...: cf Mt 5, 13 e sinottici.
34 nolite timere...: Lc 12, 32.
37 compla-
cuit...: sempre Lc 12, 32.
38 non servitù: cf Gal 4, 7.
eterno: cf 2 Pt 1, 11.
23 post laboratori add ecc. A
26 adattati corr adatti A
27 post sudditi add semplice-
mente V
28 esporrò corr espongo AC
29 post dovendo add voi A in corr di R
30 dare prima di tutto transp RSVAC
31 Ho bisogno corr Bisogna RSVAC quivi corr
là vi RAC
32 ecc om C unum tantum servant RVA duo habet S post vero fuerit om
ecc. RSVC corr etc. A add se il sale che preserva dalla corruzione, si riducesse a tal punto da
perdere la sua virtù, allora solo resta che sia calpestato, ecc. V
35 Non vogliate temere
che om A corr Non temete C
36 post bisogna add che AC e allora om e C
380m ecc
VAC uno excepto RS.
Terza conferenza
3a 24 - 11 - 83. - Ecco che, a forza di fare, le cose possono dirsi inco-
minciate regolarmente. Si provvide anche la tipografia, si provvidero molti
attrezzi pei legatori e quelli che mancano pei laboratorii si provvederanno.
Ora si cominciarono anche le scuole serali.
1 le cose: limitatamente ai bisogni professionali degli ascritti artigiani.
messe poste il 4 novembre.
4 ora: dopo le pre-

9 Pages 81-90

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9.1 Page 81

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La formazione del salesiano coadiutore nel 1883 223
Ed io prendo questa occasione per dirvi in che cosa devono consistere 5
le scuole professionali che si promisero di aprire e si stabilì che si aprireb-
bero. Vedete, le scuole professionali sono bell'e aperte: solo che mancano
ancora varie cose e qualche scuola.
Scuola professionale vuoI dire scuola di quelle cose che sono necessarie
per uno che si dà alle professioni. Prima cosa necessaria a tutti per potersi lO
dirsi buon operaio secondo l'occorrenza di questi tempi é di sapere a leggere
e a scrivere e farsi un po' pulitamente e bene una lettera. Seconda cosa è sa-
persi fare i proprii conti, cioè conoscere l'aritmetica; e queste due scuole già
si fanno. Finita l'aritmetica s'insegnerà anche computisteria, cioè la tenuta
dei libri. Questo è assai utile per qualunque artista.
15
Una cosa che metteremo, in questa settimana medesima, per i più
avanti, è una scuola di francese. Alla domenica poi scuola di disegno lineare
o di ornato.
Ecco tutto quello che forma la parte teorica della scuola professionale.
Vi ha anche una parte pratica e consiste nell'insegnare a tagliare pan- 20
ni e cuoio ai sarti e calzolai, e questo non solo dietro modelli che si abbia-
no, ma proprio con regole precise; insegnare l'indoratura ai legatori, la scol-
tura in legno ai falegnami ecc., ed anche questo si procura che si faccia sen-
za mettere tra noi la dottrina del segreto. Poco alla volta queste cose si
faranno tutte.
25
Abbiate però pazienza se qualche cosa manca e qualunque volta le cose
non vadano come volete voi.
Ora che vi parlai della scuola professionale bisogna che vi faccio io
un'altra scuola e che v'insegni quale dev'essere la virtù fondamentale per un
buon artista. lo non esito a dirvi che la virtù fondamentale per un buon 30
artista sia l'umiltà.
Chi è superbo si fa mal volere dagli altri. Chi è superbo crede di sapere
abbastanza e non si perfeziona mai nell'arte sua. Chi è superbo non sa tirar-
si gli avventori. Chi è superbo è vanitoso e non sa conservarsi i risparmi e,
11-12 a leggere e a scrivere corr leggere e scrivere RS
14 cioè la tenuta dei libri corr ac del
della tenuta dei libri R
corr della tenuta dei registri S
24 mettere COIT ac del omette-
re R corr omettere S
29 v'insegni COIT ac del v'insegna R corr v'insegna S
8 scuola: lezione scolastica in alcune delle materie programmate.
lO prima cosa (e alla li-
nea 12 seconda cosa): ripete in sostanza quanto disse nel proemio alla linea lO sgg.
12 let-
tera: è risaputa l'insistenza di don Bosco su questo preciso particolare: con i soci in genere (MB
XII 67) e con gli ascritti chierici (MB XI 295, XIII 887-888).
24 segreto: a protezione del-
la «proprietà privata», fu in vigore nelle botteghe artigiane in varia misura; continua ancor
oggi sotto forme più moderne.

9.2 Page 82

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224 Antonio Papes
35 quel che è più, non piace al Signore ed è certo di perdere la sua vocazione.
Adunque, praticate l'umiltà.
In che modo? l) non parlare troppo in vostra lode 2) non mormorare
mai dei superiori ma ubbidirli 3) accettare e far volentieri qualunque lavoro.
Dunque non vi rincresca far sempre lettiere ecc.: l'importante è che si
40 facciano veramente bene, il che è cosÌ raro.
Coraggio adunque. Non pensate solo ad imparare il mestiere, ma a far-
vi santi.
E qui vi ho da dire schietto. Perchè siete venuti qui? Con il solo fine
d'imparare più presto il mestiere? No. Se qualcuno dicesse sÌ, gli direi subi-
45 to: Amico, ti voglio bene, ma non fai per questa casa: vattene. I superiori vi
mandarono qui prima di tutto per darvi in mano un mezzo più facile per
farvi buoni e santi. State sicuri, che l'arte l'imparate anche, ma non va
messa come scopo primario. Vorrei che foste coraggiosi e direste sul serio:
sono venuto qui per farmi santo! SÌ, ditelo!
50
Prendete l'esempio da S. Bernardo (e qui lo racconto in lungo) il quale
si diceva spesso: Bernarde, ad quid venisti? Anche voi fate cosÌ. Dite schiet-
to: son venuto qui per imparare il modo di farmi santo: per salvarmi più
facilmente l'anima ecc. ecc.
38 post lavoro add Esempio di quod corI' Vedere chi fa gli aghi; ogni operaio fa un genere solo
di lavoro R add Esempio di chi fa... S
39 post ecc. add ecc. R
41 farvi corI' ac del
farci R corI' farci S
50 lo racconto corI' ac del si racconta R CO'T si racconta S
51 di-
ceva corI' ac del chiamava R corI' chiamava S
53 ecc. ecc. del R
39 lettiere: dovrebbe trattarsi del lavoro che giornalmente, e più volte ogni giorno, compie l'in-
caricato della stalla accudendo ai giacigli dei giumenti, ma qui può intendersi del riassetto quo-
tidiano del proprio letto: non vi è cameriere addetto al singolo, servitore che espleti quanto oc-
corra per la pulizia e l'ordine dei locali... 40 bene: tecnicamente, ma soprattutto nella di-
mensione dello spirito.
51 Bernarde, ad quid venisti?: Bernardo, perchè sei qui? Luogo co-
mune della parenesi che i maestri tengono ai loro novizi.