40_anno21_num1_0127-0135


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NATURA E TIPOLOGIA DELLA DOCUMENTAZIONE
NEGLI ISTITUTI RELIGIOSI
CON PARTICOLARE RIFERIMENTO AL CASO SALESIANO
Emanuele Boaga*
1. Motivazione e finalità
1.1. È quasi doveroso iniziare il presente intervento con un richiamo a don Bo-
sco e al Regolamento per gli oratori festivi (1847-1852). È noto l’invito
che il Santo rivolge in detto regolamento a “custodire, tenere e curare” i
loro archivi. Un trinomio che sintetizza bene la finalità di ogni archivio
con la conservazione, la valorizzazione e la utilizzazione del rispettivo pa-
trimonio documentario.
1.2. Scopo del presente contributo al Seminario è offrire un quadro o panora-
ma con un richiamo a cose che tutti conosciamo molto bene per il nostro
lavoro e impegno in area archivistica e storica, al quale però non sempre
diamo quell’attenzione che si dovrebbe. Invece che “insegnare il padre no-
stro al vicario” desidero fare un po’ il “grillo parlante” e, ricordando tante
cose, stimolare un efficace scambio di vedute ed esperienze tra i presenti.
1.3. L’intervento presente si divide nei seguenti punti:
a) La nascita della documentazione,
b) Natura e tipologia di essa,
c) Le fasi della sua “vita” negli archivi,
d) La conservazione e valorizzazione della documentazione.
2. La nascita della documentazione
2.1. Trattando della documentazione, è doveroso, prima di tutto, sottolineare,
pur se sembra ovvio, il legame segreteria-archivio. Infatti la documentazione
è sempre prodotta dall’attività di un ente o di una persona fisica. Di qui diver-
se situazioni all’origine della documentazione.
2.2. Nel caso di un ente ben organizzato esiste sempre un sistema che tratta la
documentazione, attraverso un ufficio-segreteria. In detto ufficio si utilizza il
* Preside dell’Institutum Carmelitanum e direttore dell’Archivio Generale dei Carme-
litani, a Roma.

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128 Emanuele Boaga
protocollo, ossia un modo di classificazione della documentazione secondo un
Titolario che rispetta l’organigramma dell’ufficio, e rileva i dati concernenti al-
l’arrivo del documento, alla distribuzione e trattamento della pratica da parte
dei competenti, alla spedizione o invio e infine all’archiviazione.
a. Osservazioni sul protocollo
• può essere variato secondo le tipologie degli enti, più o meno centralizzati o
decentralizzati. Così si parla di protocollo unico per tutta la corrispondenza;
e di protocollo particolare o specifico, ad uso interno, per settori separati o
singoli uffici.
• esistono vari tipi di registro in commercio, con pregi e difetti, come ad es. il
tipo Buffetti.
• cosa il protocollo deve sempre fornire di ogni documento: attribuzione del
numero in forma progressiva (carta d’identità!), data di arrivo o di partenza
reale, mittente, destinatario, oggetto, posizione in archivio della pratica cui si
riferisce, numeri precedente e seguente di protocollo.
• dal protocollo di un ufficio deve essere esclusa la corrispondenza privata o
confidenziale e le lettere anonime vanno subito e assolutamente distrutte.
b. La verifica del protocollo porta a comprendere come funziona l’ente.
A volte però non è così e la documentazione riceve una stratificazione sponta-
nea nella migliore delle ipotesi! Al riguardo si potrebbero portare diverse
esemplificazioni con quanto è avvenuto presso molti istituti religiosi. Comun-
que per il buon funzionamento e l’organizzazione di una segreteria negli Isti-
tuti
religiosi, non mancano suggerimenti e proposte da parte dell’Unione dei
Segretari Generali di Roma, a cui si rimanda chi fosse interessato a questo
tipo di problemi (il recapito di detta Unione di Segretari è presso la U.S.G.).
2.3. Qui, è importante sottolineare che lo storico deve conoscere come funzio-
nava l’origine e la gestione della documentazione e la sua archiviazione
nelle varie epoche in genere negli enti che la producevano e la gestivano
e che sono oggetto della sua indagine. Si tratta, in altre parole, di aver le
conoscenze proprie alla storia delle istituzioni.
2.4. Nel caso di una persona fisica: si hanno possibilità diverse, in modi spon-
tanei o organizzati riguardo alla documentazione prodotta e ricevuta.
2.5. La documentazione si viene a legare così, fin dall’origine e con varie fi-
nalità, all’archivio dell’ente (pubblico o privato) e all’archivio, se esiste,
della persona fisica (il religioso/a concreto/a).

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3. Natura e tipologia della documentazione dei religiosi
3.1. Natura dei documenti
• concetto di documento: testimonianza spontanea o “organizzata” di un fatto,
scritta e compilata secondo alcune norme le quali sono destinate a procurar-
le fede e a darle forza.
• criteri per la confezione del documento: redattori, aspetti esterni e contenu-
ti, destinatari, esistenza di normative interne o di usi interni.
• in particolare in ogni documento dovrebbero essere presenti almeno i se-
guenti elementi: data e luogo di redazione, destinatario, eventuale indicazio-
ne dell’oggetto, testo integro del documento, mittente (intestazione, firma,
timbro o sigillo), eventuali allegati.
• materiale con cui vengono prodotti i documenti: pergamene, carta (e relativi
problemi di acidità), inchiostri e altre forme di riproduzione.... e problemi
conseguenti.
• aspetto intenzionale e preterintenzionale dei documenti.
• valenze amministrative, religiose e civili, storico-culturali dei documenti.
• fenomeno della scarsità e abbondanza della documentazione in archivio, se-
condo la struttura dell’ente (centralizzata o meno) o per altre cause (che van-
no individuate: per es. soppressioni, dispersioni, ecc.).
• diversità di luoghi ove si conservano i documenti (case locali, curie provin-
ciali e curie generali; archivi ecclesiastici e civili).
• la documentazione privata dei religiosi e questioni relative.
3.2. Proposta di tipologia per la classificazione dei documenti
• Si deve tener conto che esiste una forte diversità di tipologia e di classifica-
zione. Tale diversità è dovuta alle scelte dovute a “tradizioni”, “usi” e “leg-
gi-normative” interne dei vari enti come anche a fattori esterni, e a visioni di
particolari discipline.
• Comunque, si offre qui una proposta di classificazione dei singoli tipi di do-
cumenti, distribuiti in:
- fonti narrative: corrispondenza privata e non ufficiale, memoria, diario,
cronaca o annali, biografie, necrologi, giornali (e ritagli).
- fonti giuridiche: costituzioni, regolamenti, atti e verbali (Capitoli, Consi-
gli...), altra documentazione ufficiale (rescritti, decreti, deliberazioni...), re-
lazioni, minute, processi di beatificazione-canonizzazione.
- altre fonti: fotografie, registrazioni sonore, video, files informatici, ecc.
3.3. Esaminiano ora alcune di queste fonti di particolare interesse per la storia
di un istituto religioso.

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130 Emanuele Boaga
a) Fonti narrative
Corrispondenza, Epistolari: è una fonte primaria. Le lettere sono di difficile in-
terpretazione, ma assai preziose. Pur se soggettive, oltre a riferimenti a fatti,
rivelano giudizi e sentimenti al momento della loro stesura, quindi aiutano
la comprensione della psicologia e della spiritualità di una persona. Vanno in-
terpretate con conoscenza del contesto storico (particolare e generale) in cui
vanno collocate; si richiede pure la conoscenza del rapporto intercorso tra mit-
tente e destinatario.
La Memoria: è la relazione di un fatto o ricordo o esperienza, con cui presen-
ta una relazione logica. Ha un forte carattere personale, dovuto all’autore, e si
presenta col fascino del vissuto. Le memorie sono importanti, ma al tempo
stesso devono esser guardate con diffidenza e accertare i dati di fatto, lo scru-
polo di verità del memorialista, il metodo di lavoro, l’utilizzazione o meno di
materiali d’informazione e di documentazione; soprattutto occorre stabilire il
“perché” l’autore ha scritto le sue memorie. In genere sono i tipi di scritti più
suscettibili di deformazione, specie se intervengono motivi apologetici (la pro-
pria difesa), intenzionalità edificante, l’abbandono poetico sull’onda dei ricor-
di “sublimati”, la rilettura dei fatti passati con il presente (con “proiezione”),
ecc. È raro il caso in cui un memoriale sia fonte storica pienamente valevole e
attendibile.
Il Diario: si tratta della narrazione fatta giorno per giorno, o quantomeno a
breve distanza, di fatti o vicende vissute da una persona. Generalmente i diari
non sono destinati ad essere pubblicati. Sono più attendibili delle memorie.
La loro valutazione comunque risulta un problema assai delicato. In particola-
re la loro interpretazione richiede la conoscenza integrale dell’autore e il
confronto con altre fonti documentarie. Se si tratta di un diario in cui la perso-
na narra esperienze spirituali, ricordare che esse possono esser facilmente
sublimate dall’autore ed esser presenti nello scritto più come aspirazione che
come realtà.
La Cronaca (o Annali): è la registrazione di fatti secondo la successione cro-
nologica. Concettualmente viene distinta dalla storia in quanto manca, o do-
vrebbe mancare, il criterio interpretativo. Ci si deve domandare di quali fonti
l’autore si è servito, come se ne è servito, come le ha integrate; valutare le no-
tizie date dall’autore con altre possibili fonti di informazione diretta, anche se
egli non ne parla. Nell’ambito delle famiglie religiose talvolta si hanno “cro-
nostorie” in cui è assai rilevante la mediazione interpretativa di chi le redige, e
una finalità edificante.
I Necrologi: è il resoconto della vita di un religioso/a al momento della sua
morte, fatto per l’Istituto. Spesso utile per i dati anagrafici e biografici (però:

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Natura e tipologia della documentazione negli Istituti religiosi... 131
notizie a volte più o meno precise) e la data della morte e circostanze. A volte
si diffonde nell’illustrare la personalità e la fisionomia spirituale del defunto/a.
In questo caso però può risultare problematico per la tendenza negli ambienti
religiosi, specie femminili, all’edificazione; nel caso è necessario valutarne
l’autore, la sua attendibilità e la sua capacità oggettiva.
b) Fonti documentarie
Regole e Costituzioni: hanno un valore proprio e un rilevante significato stori-
co-spirituale di primo ordine in rapporto alla vita e spiritualità di un Istituto o
famiglia religiosa. Descrivono il fine dell’Istituto, le note caratterizzanti il suo
spirito, i mezzi di santificazione proposti, la tipologia delle opere ecc. Per una
loro esatta interpretazione è necessario studiare ciascun corpo legislativo in re-
lazione agli altri prodotti nell’Istituto, e esaminarne le fonti (che spesso sono
del Diritto comune o possono essere imitate da corpi legislativi di altri istituti).
Atti e verbali: è bene tener conto della differenza tra atti e verbali: i primi han-
no un carattere giuridico e riferiscono su ciò che è stato fatto nei vari assunti
(vestizione, professione, capitolo, assemblea, ecc.). I secondi sono uno stru-
mento di lavoro interno al gruppo che li produce e ne fotografa il dinamismo.
Non sempre è chiara questa distinzione. Per es. per “atti” di Capitoli spesso
viene inteso una serie di documenti assai diversi tra loro: atti, verbali, decreti,
deliberazioni, ecc. Ciascuno di questi tipi di documenti ha un proprio valore,
ed essendo parte del negozio stesso a cui si riferiscono e come tali sono per-
fettamente aderenti alla realtà vera – o creduta tale – e pertanto pienamente
meritevoli di fede.
Altra documentazione ufficiale (rescritti, decreti, deliberazioni, ecc.): si tratta
di fonti documentarie che hanno un carattere proprio e che costituiscono una
buona fonte storica d’informazione.
Relazioni e documentazione similare: generalmente costituiscono una buona
fonte d’informazione. Ciascun tipo di relazione ha un proprio valore che di-
pende dallo scopo e dal modo come è fatta. A volte però nelle relazioni posso-
no esser presenti calcolate reticenze, ecc.
Le minute: si tratta degli appunti o della “brutta copia” fatta per un documen-
to. Risulta molto interessante il loro studio per analizzare lo sviluppo della con-
fezione e dei contenuti del documento stesso.
c) altre fonti
Fotografie: fissa un aspetto, un istante della realtà. Per questo possono rive-
lare molte cose ad un osservatore attento. Occorre però fare attenzione al-
l’autenticità: un fotomontaggio può creare la falsa attestazione di un fatto
mai avvenuto.

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132 Emanuele Boaga
Registrazioni sonore: offrono un tipo di documentazione per chi voglia cono-
scere certi particolari e controllare vari elementi. Però una registrazione può
anche esser manipolata o fabbricata.
3.4. Passando poi in casa salesiana, sono stati ricordati in altro intervento
(cf Relazione di F. Motto circa i suggerimenti offerti in sede SDB) ben 18 tipi
di documenti che non dovrebbero mancare negli archivi delle singole comunità
e opere salesiane, a tutti i livelli. In merito desidero semplicemente fare le
seguenti osservazioni:
• prima di tutto esiste una gran varietà della documentazione prodotta da cen-
tinaia e centinaia di responsabili (direttori, parroci, presidi, economi, diretto-
ri di oratorio, incaricati, singoli operatori in strutture esterne, ecc.).
• ovviamente tale messe di documentazione si organizza, a livello di archivio,
secondo la non semplice realtà tipologica delle comunità a livello locale,
ispettoriale, nazionale e internazionale.
• la pluralità, convergenza e interrelazione delle fonti avviene nel contesto del-
la struttura piramidale e centralizzata degli istituti della famiglia salesiana.
• è indubitabile come l’abbondanza della documentazione sia di tipo “ammi-
nistrativo”; quindi emerge, in prospettiva, la indicazione della necessità di
più ampi orizzonti nella produzione di “altra” documentazione di comple-
mento per il presente e il futuro, che illustri maggiormente la vita e i valori
salesiani incarnati nelle varie realtà operative.
4. Le fasi della “vita” della documentazione negli archivi religiosi
4.1. I documenti, in un istituto religioso organizzato, dopo la loro confezione
negli uffici e registrazione nel protocollo, vengono successivamente posti,
in originale o copia, in un archivio.
a) Secondo le norme interne l’archivio ogni istituto può presentare quattro
tipi o sezioni diverse:
archivio corrente (pratiche in corso; e completate, ma ancora utili all’ammi-
nistrazione); negli istituti religiosi si hanno situazioni diverse (divisione per
anni, per generalati, ecc.).
• eventuale archivio di deposito (pratiche completate, ma ancora legate princi-
palmente all’uso dell’amministrazione; non tutti gli istituti religiosi possie-
dono questo tipo d’archivio e quindi si trova detto materiale nell’archivio cor-
rente o segreteria).
archivio storico (pratiche che hanno finito il loro uso amministrativo e pre-
sentano la loro utilità soprattutto come beni culturali nella loro valenza reli-

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giosa, sociale e storica; molti istituti religiosi hanno questo tipo d’archivio:
fare attenzione al significato dei contenuti nella qualifica generale, provin-
ciale, ecc. e di concentrazione).
archivio o sezione riservata.
b) L’organizzazione della documentazione in un archivio
• avviene secondo unità:
– unità di base, indivisibile (insieme di tutti i documenti relativi ad un deter-
minato affare) = fascicolo.
– unità di consistenza o di raccolta (delle unità di base) = busta, faldone, car-
tella, mazzo, fascio, pacco, filza, ecc.
– registro, unità costituita da un insieme di fogli rilegati.
– volume, unità di raccolta composta da più unità di base rilegate insieme.
• l’ordinamento delle unità segue un Titolario, ossia un quadro di classifica-
zione articolato in categorie o fondi-serie ed eventualmente in ulteriori sot-
todivisioni, in base alle quali dette unità vengono raggruppate secondo un or-
dine logico (che dovrebbe rispettare l’organigramma dell’ente che le ha pro-
dotte, e che tiene conto dei mutamenti istituzionali subiti dall’ente stesso nel
corso del tempo).
• esistono vari sistemi di ordinamento delle unità archivistiche (con criterio
cronologico, con criterio alfabetico, con criterio sistematico, con criterio a
base numerica, e infine – il sistema più usato oggi – con il metodo storico ba-
sato sul rispetto del principio di provenienza delle unità).
• sapere come è stato organizzato un archivio e conoscere la storia della isti-
tuzione che lo ha prodotto è assai utile al ricercatore per sapersi orientare nel
suo studio con l’uso dei sussidi di cui si dirà in seguito.
4.2. I criteri nel passaggio della documentazione, o meglio delle unità archivi-
stiche, dall’uno all’altro archivio variano: ogni anno, a gruppi di anni per es.
generalati, a una certa data fissa rinnovata periodicamente come fa il Vaticano
ecc. Con il passaggio della documentazione avviene generalmente l’operazio-
ne di scarto.
4.3. La gestione e la valorizzazione dell’archivio dovrebbero trovare aiuto nei
seguenti sussidi:
Titolario: ossia di quel quadro di classificazione a cui si è accennato parlan-
do dell’ordinamento dell’archivio. Il titolario deve essere collegato al pro-
tocollo, e ovviamente riflette la natura, struttura e attività dell’Istituto a cui
appartiene l’archivio. Questione dell’unificazione dei titolari di istituti reli-
giosi? (qualcosa si, tutto no!).

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Inventario che descrive in maniera generale-sommaria o analitica tutte le
unità archivistiche di un fondo.
• altri sussidi di ricerca:
– i repertori: raggruppamenti dei documenti secondo soggetti, materie e temi.
– i regesti: che descrivono il contenuto dei singoli documenti.
– gli indici: alfabetico, cronologico, toponomastico, ecc.
4.4. L’informatica in archivio: di ciò tratterà esplicitamente un’altra conferen-
za in questo nostro seminario. Si faccia comunque attenzione alle seguenti
questioni:
• la relazione tra archivio virtuale e archivio cartaceo, e le varie soluzioni che
si stanno prospettando in campo archivistico con l’applicazione di program-
mi informatici.
• i criteri che devono guidare la scelta dei programmi informatici per l’inven-
tariazione (da usare più sistemi), per i sussidi di ricerca, per il restauro, per
la lettura.
• gli aspetti positivi e negativi dell’uso dell’informatica in archivio, analiz-
zando anche esperienze già fatte.
4.5. Con applicazione al caso salesiano, l’organizzazione della classificazione
della documentazione ha conosciuto fasi diverse. Mentre altre informazioni
si hanno nella relazione di F. Motto, qui è sufficiente ricordare i seguenti
passi:
• agli inizi il Titolario si orienta su tre direttrici (Persone, Ispettorie, Case) e
poi si organizza nell’Archivio del Capitolo Superiore con tre nuclei: genera-
lia, provincialia, personalia; (mutatis mutandis, si adatta lo stesso schema
agli archivi dei livelli inferiori).
• nel dopoguerra l’Archivio del capitolo Superiore diviene l’Archivio Salesia-
no Centrale (con successivo trasferimento da Torino a Roma).
• poi viene proposto da Tommaso Bordas un nuovo titolario suddiviso per
argomenti e uguale per Biblioteche e Archivi salesiani.
• tale Titolario, basato sulla classificazione decimale, viene messo in atto nel
1951 nell’Archivio Centrale.
• ciò ha portato come conseguenze:
– la distruzione delle unità archivistiche e del principio di provenienza e
di molta cronologia;
– il non tener conto della distinzione tra archivio storico e corrente e dei
tre nuclei originari.
• nel 1972 e seguenti si compie la realizzazione dell’inventariazione informa-

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tizzata dell’Archivio Generale, per la quale hanno lavorato religiosi fatti spe-
cializzare in archivistica.
• infine non si possono ignorare i problemi posti dalla classificazione della do-
cumentazione e dal rinnovo del Titolario nel post-concilio Vaticano II.
5. Conservazione e valorizzazione della documentazione
5.1. A complemento del panorama, desidero richiamare molto brevemente le
questioni della conservazione e della valorizzazione della documentazione che
conserviamo nei nostri archivi. Di ciò si tratterà ampiamente in altri interventi
del nostro Seminario, per questo mi limito ad indicare le singole tematiche.
5.2. In particolare:
• alcuni problemi specifici della conservazione della documentazione dovuta
al materiale usato e alla sua durata, e la questione delicata della sua riprodu-
zione (microfilms, ecc.): si rimanda alla relazione di Manuel Romero Tallafi-
go.
• questioni poste dalla documentazione come bene culturale: si rimanda
alla relazione di Francesco Motto.
• i regolamenti generali e specifici: sarebbe il caso di rivedere la propria legi-
slazione con i regolamenti dettati dalle singole Conferenze Episcopali per
gli archivi ecclesiastici, e in modo specifico quello recente della CEI, in cui
si riflettono molte tematiche emerse nel rapporto della collaborazione tra
Stato e Chiesa per la conservazione e utilizzazione dei beni archivistici ec-
clesiastici.
• la ricerca scientifica sulla documentazione secondo le esigenze non solo
della storiografia corrente, ma anche con nuovi stimoli e aperture promosse
dagli stessi archivisti responsabili. Ciò ovviamente porta ad una nuova “fi-
gura” di archivista, non più solo custode, ma anche valorizzatore e opera-
tore culturale.
• infine un altro aspetto, su cui forse conviene dedicare in futuro una specifi-
ca attenzione, è quello della pubblicazione critica della documentazione d’ar-
chivio, e del rapporto tra produzione scientifica e di alta divulgazione pro-
mossa dai rispettivi Istituti storici.