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NOTIZIARIO
1° Congresso Internazionale di studi su San Giovanni Bosco
Nei giorni 16-20 gennaio 1989, a conclusione dell'anno centenario della morte
di don Bosco, si è tenuto presso la sede dell'università Pontificia Salesiana di Roma
il primo congresso internazionale di studi sulla figura e sull'opera del santo di Tori-
no. Promosso dalla stessa Università in collaborazione con l'Istituto Storico Salesia-
no e la facoltà di Scienze dell'educazione «Auxilium» delle Figlie di Maria Ausilia-
trice, entrambi di Roma, intendeva da una parte fare il punto degli studi e delle for-
me di conoscenza su don Bosco e dall'altra stimolare, possibilmente, una loro nuova
fase «rilevando, nello stesso tempo, i motivi dell'attualità del suo messaggio per la
Chiesa e per il mondo d'oggi». Aperto al mondo accademico internazionale, ed in
particolare a docenti ed esperti di scienze storiche, teologiche, pedagogiche ed uma-
ne, il congresso ha visto l'attenta partecipazione di oltre 300 persone, provenienti da
decine di paesi anche extraeuropei.
In assenza del Rettor Maggiore dei salesiani e Gran Cancelliere dell'Università,
don Egidio Viganò — impedito di raggiungere la sede del congresso dalla nebbia che
aveva bloccato i mezzi di trasporto — i lavori hanno avuto inizio con l'intervento
del Rettore dell'Università, prof. Roberto Giannatelli, che ha rivolto il saluto bene-
augurale a tutti i partecipanti al congresso ed a nome del comitato promotore ha
ringraziato quanti, a vario livello, lo avevano reso possibile.
I lavori veri e propri della prima giornata, presieduti dal prof. Pietro Scoppola
dell'Università «La Sapienza» di Roma, sono stati introdotti dalla relazione del
prof. Pietro Stella, ben noto ai lettori di RSS, cui era stato affidato il tema: Bilancio
delle forme di conoscenza e degli studi su don Bosco. Tre i punti presi in considerazione
con erudita competenza dallo studioso: la riflessione salesiana sul sistema educativo
di don Bosco fino al secondo dopoguerra, l'itinerario scientifico che ha condotto i
salesiani dalla ricerca filologico-letteraria degli scritti di don Bosco alla reinterpreta-
zione globale della sua figura, i contributi recenti di studio in ambito non salesiano.
Alla densa esposizione arricchita per altro sovente da provocanti spunti non affidati
al testo scritto, ha fatto seguito un articolato dibattito, nel quale si sono soprattutto
affrontate due questioni: quella del rapporto fra la cosiddetta «storiografia scienti-
fica» e la produzione editoriale di alta divulgazione, e quella della collocazione di
don Bosco in una particolare cultura cattolica di riflesso.
Nella seconda parte della mattinata il prof. Francis Desramaut, di Lione, rela-
zionando sul come hanno lavorato gli autori delle «Memorie Biografiche», ha messo
efficacemente in guardia dal considerare come unica lettura possibile dei 19 volumi
quella a scopo di edificazione e di nutrimento spirituale, per altro legittima. Per
quanti invece intendono «studiare» don Bosco, è indispensabile tener rigorosamente

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Notiziario
conto, a giudizio dello studioso transalpino, del metodo «prescientifico» con cui le «Memorie»
sono state compilate. Nella stessa linea di massima attenzione critica alle fonti prese in esame,
si è collocato l'intervento dello scrivente che nella sua comunicazione (L'epistolario come fonte
di conoscenze e di studi su don Bosco), ha fornito un quadro della consistenza e del valore delle
lettere del santo ed ha colto altresì l'occasione per anticipare al pubblico i criteri da lui adottati
per l'edizione critica ed integrale dell'epistolario che da tempo sta curando. Ha concluso la serie
degli interventi della mattinata il prof. Raffaele Farina, di Roma, che ha brevemente delineato
la situazione e utilizzazione dell'archivio storico dei salesiani (via della Pisana, 1111 Roma), di
cui è Direttore.
Il pomeriggio i lavori, improntati a comunicazioni libere in gruppi di approfondimento, si
sono svolti per aree linguistiche. In quella di lingua italiana è proseguita a lungo la discussione
sui vari interventi della mattinata: problematicità della collocazione di don Bosco in una cultu-
ra che si possa chiamare di riflesso (quasi fosse fallimentare e priva di originalità), necessità di
uno sforzo unitario per non divaricare oltre misura la doppia lettura di don Bosco, cautela
nell'analisi di sogni, profezie, miracoli in ragione dello stato della documentazione, necessità di
uno studio su don Bosco che non prescinda da molteplici approcci, rischio di letture ideologi-
che del santo, utilità di un approfondimento della dialettica teologia-storia, ecc.
Alla discussione sono seguite due brevi comunicazioni del prof. Cesare Bissoli di Roma
(La componente biblica in don Bosco. Analisi di scritti del Santo. Dati e problemi) e del prof.
Sabino Palumbieri, pure di Roma (L'umanesimo di don Bosco in contesto).
Analogamente è avvenuto nell'area linguistica spagnola, con quattro comunicazioni: El
origen de la literatura salesiana en España en la vida de San Juan Bosco (prof.ssa María
Nuñez Muñoz); Experiencia religiosa de don Bosco (prof. Marcos Mellado Hernandez); Un
modelo humanista de educación cristiana (prof. Andrés Sopeña Alcorlo); Presencia y desafío
de lo social en el Sistema Educativo Salesiano (prof. Buenaventura Delgado).
Tre invece le comunicazioni in lingua inglese: Don Bosco, Gastaldi and England (prof.
John Dickson); The "Epistolario" of don Bosco: 58 letters to Clara Louvet (prof. John Itzaina);
Don Bosco and the formation of ecclesiastical and religious vocations (prof. Camillo Sarko).
La seconda giornata dei lavori, presieduti dal prof. Roger Aubert dell'Università cattolica
di Lovanio, ha affrontato il rapporto fra don Bosco e la società civile. Venuta a mancare la
relazione del prof. Giovanni Miccoli dell'Università di Trieste — assente per gravi motivi di
famiglia — nella mattinata si sono anticipate le complementari comunicazioni del prof. Bruno
Bellerate dell'Università «La Sapienza» di Roma (Don Bosco e la scuola umanistica) e del
prof. José Manuel Prellezo, altro nome conosciuto dai nostri lettori (Don Bosco e le scuole
professionali). Il Bellerate, dopo alcune considerazioni legate alla persona dell'educatore ed
alla situazione scolastico-educativa in Piemonte, ha analizzato le scuole umanistiche di Val-
docco nel duplice versante del loro divenire e delle loro finalità. Presentati poi direttamente
alcuni problemi specifici che don Bosco dovette affrontare (quello degli insegnanti, dei

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programmi, degli utenti delle sue scuole, della strumentazione didattico-educativa)
ha concluso con alcune suggestioni utili per il presente. Più dettagliata e condotta su
fonti di prima mano la comunicazione del Prellezo che, prendendo le mosse dai
laboratori artigianali di don Bosco, ha approfondito le motivazioni che furono
alla base della progressiva separazione a Valdocco fra la sezione studenti e la sezione
artigiani, per cui fatalmente si giunse in un primo momento a precise proposte per
l'organizzazione di quest'ultima, ed in un secondo momento ad un piano organico
per la formazione della medesima.
Dopo che alle due comunicazioni erano state avanzate da parte dei congressisti
integrazioni e domande di chiarimenti, si sono avuti altri tre interventi. Sul tema:
Don Bosco e la società civile ha concentrato il suo interesse il prof. Giuseppe Bracco
(Torino), il quale ha sostenuto che fra don Bosco e le autorità municipali della capi-
tale subalpina si era instaurato un rapporto di feconda collaborazione e di pari di-
gnità, grazie anche alla grande capacità di coinvolgimento e di solidarietà dimostrata
dall'educatore in tanti modi, non ultimo il continuo appello a lotterie. A sua volta il
prof. Silvio Tramontin (Milano) nella sua comunicazione su Don Bosco e il mondo
del lavoro ha rilevato come don Bosco con buona dose di pragmatismo è stato capa-
ce di «adattarsi al presente e di prepararsi ad aspettare l'avvenire». Riferendosi alla
concezione del lavoro, ha tratteggiato il senso di dedizione personale di don Bosco e
la forte carica di spirito di sacrificio e di inventiva, mediante la quale i giovani erano
in grado di guadagnarsi il pane e di esprimere la propria personalità.
Oggetto dell'ultima comunicazione della mattinata è stata l'opera di don Bosco e
il problema della giustizia penale minorile nella seconda metà del secolo XIX, su cui ha
preso la parola il prof. Sergio Vinciguerra di Torino.
La sessione pomeridiana è stata dedicata come il giorno precedente ad ulterio-
ri approfondimenti, nelle diverse aree linguistiche, delle tematiche affrontate nella
mattinata. Nelle rispettive sedi si sono pure avute altre brevi comunicazioni: Don
Bosco e Rosmini (prof. Pietro Zovatto - Trieste); Don Bosco e l'assistenza agli immi-
grati (dott. Gianfausto Rosoli - Roma); Don Bosco and India (prof. George Kottup-
pallil - Shillong).
Tema della riflessione della terza giornata dei lavori, guidati da S.E. il card.
Paul Poupard, presidente del pontificio Consiglio della cultura, è stato il rapporto
tra don Bosco e la comunità ecclesiale.
Del prof. Émile Poulat, direttore dell'École des hautes études en sciences socia-
les di Parigi, è stata la relazione di base: Don Bosco et l'Église dans le monde de leur
temps. A giudizio del professore, nel secolo XIX si assistette ad un «bruyant choc de
cultures» causato dall'invasione nelle terre di antica civilizzazione cattolica da una
nuova civilizzazione fondata sulla ragione, la scienza, il progresso e la democrazia e
dalla dichiarata ed accettata opposizione fra le due città di agostiniana memoria. In
un secolo più anticattolico e antiromano che non antireligioso, non fosse altro che
per la proliferazione di «nuovi cristianesimi», l'ambiente ecclesiale ottocentesco si
consumò in mezzo ad aspre polemiche fra cosiddetti intransigenti, cattolici liberali,
cattolici apocalittici, «cattolici borghesi», alle prese con una nuova cultura orientata
verso una morale laica sganciata dalla tradizione giudeo-cristiana, e spesso gestita

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da forze emergenti, identificate col male radicale, quali potevano essere il socialismo
ateo e le varie ideologie caratterizzate da indifferentismo religioso. L'atteggiamento
negativo reciproco fra chiesa e stato, fra cultura cattolica e cultura «laica» ebbe no-
tevoli ripercussioni anche sulla presenza dei salesiani in Francia. Su questo tema, e
precisamente sulla difficilissima situazione venutasi a creare sul finire del secolo,
vale a dire nel periodo immediatamente precedente i decreti governativi (1901-1902)
che obbligheranno tutti gli istituti religiosi a chiedere il loro riconoscimento da parte
di una delle due camere, si è soffermato il noto studioso nella seconda parte della
relazione. Utili anche ai fini della pubblicazione degli Atti del congresso sono risul-
tati gli apporti segnalati dagli interventi in aula.
I lavori sono poi proseguiti con tre altre comunicazioni relative a particolari
aspetti del tema generale della giornata. Sul conflitto tra don Bosco e l'arcivescovo di
Torino, Lorenzo Gastaldi ha concentrato la sua attenzione il prof. Giuseppe Tuninet-
ti di Torino, che al suo attivo aveva la pubblicazione del II voi. della sua monografia
del medesimo prelato. In questa sede ha riconosciuto come alla base del contrasto
con l'educatore di Valdocco stessero fattori di diversità di concezioni ecclesiologi-
che, fattori di temperamento e di differente formazione culturale, fattori di rapporto
non sempre attento e corretto attorno ai due contendenti. Quanto alla Chiesa e
mondo nella «storia ecclesiastica» di don Bosco ha relazionato il prof. Franco Moli-
nari di Milano, che analizzando il volume ha respinto l'accusa di integrismo rivolto
ad esso da più parti, senza però negare il deciso rigetto della rivoluzione francese ad
opera di don Bosco e il suo «monofisismo storiografico» che preferiva sottolineare
le luci della Chiesa sottacendo le debolezze umane di cui pure era carica. Se don Bo-
sco adottò categorie limitative nella sua lettura della storia, ha concluso il Molinari,
bisogna pure dargli atto che la passione per la Chiesa, l'anelito alla santificazione
personale ed il suo inesauribile impegno nell'offrire ai giovani modelli positivi, eserci-
tarono in lui un ruolo preponderante. Ulteriori luci sulle fonti della spiritualità di
don Bosco sono infine venute dalla comunicazione del prof. Massimo Marcocchi di
Milano.
Nel pomeriggio ampio spazio è stato riservato all'altra fondamentale relazione
della giornata: L'esperienza e il senso della Chiesa nell'opera di don Bosco. Affidata al
prof. Juan Maria Laboa dell'Università de Comillas (Madrid), la trattazione, senza
lasciare molto alla fantasia, ha fornito un esaustivo quadro dell'ecclesiologia e dell'e-
sperienza di chiesa in don Bosco, cogliendo la mentalità pratica che stava alla
base della sua azione ed analizzando con oculatezza il suo rapporto col papa e coi
vescovi. Un'immagine di chiesa, quella di don Bosco, piramidale, autoritaria, che
proponeva la verità immutabile, senza variazioni storiche, caratterizzata da rigida
normatività. All'apprezzamento generale della relazione, seguivano da parte del
pubblico in sala varie domande di precisazioni e di dilucidazioni.
Nella prospettiva ecclesiale si poneva la successiva comunicazione del prof. Ra-
mon Alberdi di Barcelona che riferiva su Don Bosco e le associazioni cattoliche in
Spagna, caratterizzate, a suo dire, da una notevole adesione al Papa, dalla difesa del
sacerdozio cattolico, da rigore dottrinale, da antiliberalesimo ed antiprotestantesi-
mo, nonché da un forte impegno di promozione culturale del popolo. Il pomeriggio

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si è chiuso con due puntuali interventi di Figlie di Maria Ausiliatrice. La prof.ssa
Anita Deleidi della Facoltà «Auxilium» di Roma ha lumeggiato il rapporto storico-
spirituale fra don Bosco e Maria Domenico Mazzarello, analizzando l'evoluzione da
parte della madre da una iniziale convergenza di principi ed ideali ad una responsa-
bile adesione al fondatore, fino all'accentuazione del ruolo di confondatrice dell'Isti-
tuto. Da parte sua la prof.ssa Maria Esther Posada della medesima facoltà a proposi-
to del rapporto fra l'Istituto delle Figlie di Maria Ausiliatrice e don Bosco ha distinto
tre momenti: quello del nuovo orientamento spirituale all'interno del gruppo delle
Figlie di S. Maria Immacolata, quello della fondazione dell'Istituto delle Figlie di
Maria Ausiliatrice come vera e propria scelta storica e quello della progressiva co-
scienza di appartenenza maturata all'interno del gruppo e all'interno dello stesso
rapporto con don Bosco.
L'attenzione dei partecipanti ai lavori della quarta giornata si è polarizzata su
tematiche pedagogiche. Presidente di turno il prof. Francesco Traniello dell'Univer-
sità di Torino.
Relatore principale è stato il prof. Luciano Pazzaglia dell'Università cattolica di
Milano, che ha svolto con ricchezza di riferimenti storici il tema affidatogli: la scelta
dei giovani e la proposta educativa di don Bosco. Seguendo passo passo l'evoluzione
dell'opera educativa del santo torinese, il Pazzaglia ha analiticamente considerato le
ampie prospettive sociali e religiose in cui la medesima opera è venuta a collocarsi,
individuando nel contempo i principi chiave di quello che sarebbe stato il suo siste-
ma di educazione. Approfonditi in particolare sono risultati «i due sistemi educati-
vi» propri rispettivamente dell'Oratorio e del collegio, come pure le esigenze di rego-
lamentazione adeguata ai nuovi problemi educativi che si erano posti man mano
che l'opera salesiana era uscita dai ristretti confini del Piemonte e dell'Italia.
All'interessante dibattito sulla relazione-Pazzaglia, sono poi seguite due altre
brevi comunicazioni che arricchivano e completavano il quadro generale già traccia-
to dell'esperienza educativa di don Bosco. Assente il prof. Guy Avanzini di Lione, il
suo contributo (La pedagogia di don Bosco nel suo secolo) veniva letta in lingua ita-
liana dal prof. Desramaut. Quanto al tema: Don Bosco e la musica, è stato messo in
luce dal prof. Giulio Sforza di Roma, che ne evidenziava con originalissima lettura
personale gli aspetti anche educativi.
La seduta pomeridiana, presieduta dalla prof.ssa Angeles Galino dell'Università
Complutense di Madrid, si è aperta con la comunicazione di Jacques Schepens, del-
l'università salesiana di Roma. Riferendosi a l’educazione ai sacramenti della penitenza
e dell'eucarestia in don Bosco, lo studioso fiammingo ne ha attentamente rilevato le
due fondamentali dimensioni: quella dottrinale e quella della pratica sacramentale.
Ha poi posto l'accento sul facile rischio di leggere in chiave puramente strumentale,
ossia a servizio dell'educatore, alcune espressioni di don Bosco che invece rivelano
una loro profonda prospettiva teologica fondata sull'impegno di ogni persona di
perseguire la propria salvezza.
Il punto su don Bosco e la formazione delle vocazioni ecclesiastiche e religiose è
stato fatto dal prof. Fausto Jiménez di Madrid cui è toccato chiudere i lavori della
giornata. Dopo aver presentato l'esperienza personale di don Bosco nel periodo del-

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Notiziario
la sua formazione e la situazione del clero nel secolo XIX, il relatore ha incentrato il
suo interesse sulla tipologia vocazionale curata da don Bosco (ecclesiastici, laici,
seminari minori, vocazioni tardive, vocazioni femminili) e sulla pastorale vocaziona-
le da lui seguita.
L'ultimo giorno del congresso, venerdì 20 gennaio, si sono presi in considera-
zione alcuni aspetti della figura e dell'opera di don Bosco che erano appena stati
accennati nelle giornate precedenti. I lavori della mattinata, presieduti dal prof. Gia-
como Martina della Pontificia Università Gregoriana, che ha supplito l'assenza per
indisposizione del prof. Gabriele De Rosa, si sono al solito articolati in una rela-
zione di base e varie comunicazioni di complemento.
La relazione, tenuta dal prof. Francesco Traniello, ha trattato il tema: Don Bo-
sco nella storia della cultura popolare. Precisato il significato dell'espressione «cultu-
ra popolare», il relatore ha analizzato taluni aspetti propri dell'azione di don Bosco
in tale campo, sia per ciò che concerneva i contenuti, sia per la scelta dei metodi,
degli strumenti e delle strutture finalizzate al medesimo scopo. Sono stati così messi in
luce la visione di don Bosco della storia d'Italia, la sua «neutralità politica», la sua
concezione del lavoro e della santità aperta ai membri di tutti gli stati e le classi so-
ciali. Quanto agli strumenti ed alle strutture, sono state considerate in particolare
l'opera di don Bosco nel settore della «buona stampa» e le risposte da lui date ai
problemi della produzione editoriale per il popolo e della sua circolazione e diffusio-
ne. Vivaci e stimolanti interventi da parte dei congressisti hanno sottolineato il genera-
le gradimento dell'intervento del professore di Torino.
Nella prospettiva tracciata si è poi facilmente inserito il prof. Francesco Mal-
geri di Roma che conducendo la sua riflessione su Don Bosco e la stampa sottoline-
ava come l'educatore di Torino ha percepito che nell'epoca dell'alfabetizzazione in
aumento non bastava stampare «buoni libri» ma era necessaria la loro diffusione
attraverso rinnovati canali, per la cui idoneità si esigevano un certo grado di spe-
cializzazione e forme organizzative meglio finalizzate allo scopo. Alle novità, sia
pur parziali, di contenuti e di metodi nell'azione apostolica in terre di missione è
stata dedicata la comunicazione del prof. Jesus Borrego, ben noto ai lettori di
RSS, che con passione ha trattato il tema: Originalità delle missioni pat agoniche in
Don Bosco, inquadrandolo nell'ambito di esperienze precedenti e coeve di evange-
lizzazione in altri territori. Una strategia missionaria, quella di don Bosco, che al
di là dei limiti, ha portato i suoi frutti in termini di cristianizzazione e di civilizza-
zione.
La sessione conclusiva del congresso, presente il Gran Cancelliere dell'Universi-
tà, don Egidio Viganò, che rivolgeva la sua parola di compiacimento a tutti i presenti
per il proficuo lavoro svolto, vedeva alla direzione dei lavori S.E. del card. Antonio
Maria Javierre, bibliotecario ed archivista di S.R.C. Due gli interventi previsti.
Il prof. Pietro Scoppola, che già a Torino aveva tenuto la commemorazione uf-
ficiale dell'apertura del centenario, ha svolto la sua riflessione su un argomento
tanto dibattuto quanto complesso: Don Bosco e la modernità. Precisati attentamen-
te i concetti di tradizione, modernità, modernizzazione, così come si collocano nel
contesto più ampio del dibattito apertosi negli ultimi anni sul problema del rap-

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porto fra Chiesa e modernità, si è chiesto se e quanto il 'caso' don Bosco potesse
giovare ad una miglior comprensione della sua figura. A suo giudizio in don Bosco
il problema vero non è di tanto di scoprire i molteplici aspetti della sua modernità,
quanto quello di interrogarsi sull'intreccio fra l'apertura al nuovo ed il mondo dei
suoi valori, il suo modo di essere prete nella Chiesa del suo tempo. Di fronte ad un
uomo in cui l'apertura al nuovo non è riconducibile né ad una matrice neoguelfa,
né alla linea di progettualità propria del pontificato di Leone XIII; di fronte ad un
temporalista che non si ritrova nelle file del movimento dei cattolici intransigenti, la
sua figura e la sua opera (come quella ad es. di papa Giovanni XXIII) appaiono
sfuggire sia alla visione dicotomica del rapporto fra tradizione e modernità, sia ad
un'interpretazione dialettica del loro rapporto. Dunque, ha concluso lo Scoppola,
nessuna radice ideologica, nessun progetto culturale o politico è alla base della mo-
dernità di don Bosco; solo «una spiritualità fresca e spontanea, che alimenta un
atteggiamento di libertà verso tutti e tutto». Ed a questo punto, trattandosi di at-
tingere il segreto della vita interiore, i pur indispensabili strumenti di analisi storica
mostrano il loro limite.
Al Prof. Pietro Braido, direttore dell'Istituto Storico Salesiano e di RSS, è stato
affidato il compito di tirare le conclusioni o, meglio, di indicare le prospettive e le
iniziative di ricerca sorte dall'ampio dibattito congressuale. Impossibile sintetizzare
in poche righe la sua articolatissima relazione, per la quale non resta che rimanda-
re agli Atti. Basterà qui dire che il noto studioso di don Bosco ha posto l'accento
sulla problematicità degli scritti del santo e della letteratura tramandata; ha elencato
le iniziative già in corso o di possibile, immediata, realizzazione; ha indicato i criteri
da seguire per tale lavoro; ha esemplificato numerose tematiche emergenti che richie-
dono particolare attenzione da parte degli studiosi. Insomma una precisa metodolo-
gia ed un ricco programma cui potranno con sicurezza attingere operatori in centri
di studi, responsabili di attività in istituti universitari, studenti per tesi di laurea,
singoli studiosi, quanti sono interessati a scritti di seria divulgazione ed animazione,
lettori.
Una valutazione, sia pure «provvisoria», dei risultati del congresso non può es-
sere che positiva sotto vari aspetti, fra i quali meritano a nostro giudizio una parti-
colare menzione la costante ed attiva presenza di numerosi studiosi laici e religiosi,
salesiani e non salesiani, la dovizia di comunicazioni e relazioni, la profondità di
analisi documentaria e la serietà di riflessione critica in molti interventi. In poche pa-
role: la miglior sintesi possibile nell'attuale fase di studi donboschiani, che per altro
ha avuto la felice opportunità di poter utilizzare quanto sul piano della ricerca storio-
grafica era maturato in occasione del centenario un po' ovunque, in Italia e nel mon-
do. Smagliature evidentemente non potevano mancare. Due in particolare, entrambe
di tipo organizzativo: un numero eccessivo di comunicazioni-relazioni prefissate, che
ha tolto spazio agli interventi in aula e soprattutto nelle sedute per differenti aree
linguistiche, ed una notevole eterogeneità di sensibilità e di precomprensioni da
parte degli iscritti al congresso, che non ha facilitato il lavoro di chiarificazione e
di discussione comune al termine delle relazioni di base.
Di notevole soddisfazione sono state le impressioni raccolte al margine del con-

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Notiziario
gresso, nell'interscambio di pareri delle conversazioni private. Resta comunque
sempre vero che la miglior conclusione di simili meeting sono l'apertura di nuovi
orizzonti operativi e la proposta di adeguate metodologie. A simili istanze il pri-
mo congresso di studi su don Bosco ha, a nostro avviso, risposto pienamente. Ad
una prima fase di riflessione dovrà ora per forza di cose succedere una seconda,
nella quale affrontare sia i numerosi e non meno interessanti temi donboschiani
che il congresso ha per ovvie ragioni lasciato al margine, sia i problemi emersi
nel corso dello stesso dibattito.
Francesco Motto