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RECENSIONI
GHIBERTI Giuseppe, Don Bosco begegnen (Zeugen des Glaubens). Augsburg, Sankt
Ulrich Verlag, 2005, 142 p.
Tra i “Testimoni della fede” che vale la pena di incontrare (“begegnen”), accanto
a Benedetto, Ignazio, madre Teresa, Edith Stein e altri ancora, l’editrice Sankt Ulrich
di Augsburg ha voluto presentare anche don Bosco e ne ha affidato il compito a un bi-
blista torinese, non salesiano. La cosa non sorprende più di tanto, se si osserva che tra
i biografi di don Bosco già ci sono diversi non salesiani: in Italia il card. Carlo Salotti,
il dr. C. d’Espiney in Francia, il pastore Walter Nigg in Germania… Mons. Giuseppe
Ghiberti è noto al grande pubblico come esperto della Sindone, da molti anni consu-
lente dell’Arcivescovo di Torino che ne è il custode. È professore emerito di Filologia
neotestamentaria presso la Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano e tuttora
professore di S. Scrittura presso la Facoltà Teologica dell’Italia settentrionale, sezione
di Torino. È stato presidente dell’Associazione Biblica Italiana ed è membro della
Pontificia Commissione Biblica. Una così vasta esperienza garantisce a priori la se-
rietà dell’impegno, con cui l’A. ha affrontato un tema che a prima vista non rientra tra
i suoi interessi specifici. Grazie anche a un fine senso storico e alla sua dimestichezza
con l’ambiente originario, egli ha saputo realizzare un fresco profilo del santo, desti-
nato a una vasta cerchia di lettori.
L’agile volumetto si articola in due parti, dedicate rispettivamente alla vita e al-
l’azione di don Bosco. Il racconto della vita (pp. 15-85) è scandito in quattro grandi
tappe: nascita e formazione; gli inizi dell’Oratorio; gli anni centrali; gli ultimi anni
(1870-1888: Lavoro e obbedienza). Il dettato è denso ed essenziale, con poche conces-
sioni al dettaglio e all’aneddoto. La figura di don Bosco risalta bene nel quadro sto-
rico, sociale, ecclesiale e culturale della capitale piemontese dell’800: cosa importante
per il pubblico tedesco (ma non lo è meno per quello di altri paesi, compresa l’Italia!).
Tra le fonti sono privilegiate le Memorie dell’Oratorio di san Francesco di Sales dal
1815 al 1855. Le note marginali segnalano l’utilizzazione della letteratura speciali-
stica. Il giudizio storico appare sempre empatico ed equilibrato (ad es. per quel che
riguarda i rapporti tra don Bosco e i vescovi torinesi).
La seconda parte (pp. 87-128) presenta l’azione (das Wirken) del santo in
quattro capitoletti, intitolati rispettivamente: il prete; l’educatore; lo scrittore; il santo.
Qui il dettato si fa ancora più denso e sintetico, ma – appunto per questo – prezioso: la
sinteticità consente all’A. di scolpire le dimensioni essenziali della personalità cari-
smatica di don Bosco, che risalta imponente nel panorama movimentato del suo tempo
investendo il futuro con la forza di una profezia sempre attuale. Se un appunto e un

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suggerimento si può avanzare, sarebbe di mettere meglio a fuoco la spiritualità del
santo, riprendendo alcuni accenni disseminati fin dalla prima parte, ma che meritano
di essere sviluppati e minimamente illustrati. Come appendice è riportata per intero la
celebre lettera da Roma del 10 maggio 1884. Segue una breve bibliografia ragionata,
che orienta il lettore desideroso di approfondire la sua conoscenza di don Bosco.
Non si può che essere grati all’A. per questa fatica, che testimonia l’attacca-
mento a don Bosco del clero diocesano, in seno al quale è fiorito. Gli auguriamo che
incontri la meritata attenzione sia nei paesi di lingua tedesca, sia – perché no? – in
altre aree linguistiche attraverso buone traduzioni.
Francesco Mosetto
Kamila NOVOSEDLIKOVA, Pri príležitosti 65. vyročia príchodu prvých slovenských se-
stier na Slovensko (= In occasione del 65° anniversario dell’arrivo delle prime
FMA in Slovacchia). Bratislava, 2005, 248 p.
Don Bosco soleva ripetere ai suoi figli salesiani che il bene bisogna farlo sempre
e dovunque, ma bisogna anche farlo conoscere. Ed era - come per molte altre sue rac-
comandazioni – in perfetta armonia con il precetto del Signore: “Risplenda la vostra
luce davanti agli uomini, perché vedano le vostre buone opere e glorifichino il Padre
vostro che è nei cieli” (Mt 5, 16). Anche questa deve essere stata una delle finalità al-
lorché nel 1877 fondò il “Bollettino Salesiano”. Trovo quindi che le Figlie di Maria
Ausiliatrice della Provincia Slovacca di san Giovanni Bosco siano perfettamente in
linea con lo spirito del loro santo Fondatore se, per ricordare i 65 anni dall’arrivo delle
prime FMA in Slovacchia, hanno pensato di elaborare la storia di questa relativamente
piccola ma duramente provata unità regionale della grande Famiglia Salesiana.
Così abbiamo in mano un bel volume intitolato (in lingua slovacca) “La storia
dell’Istituto delle Figlie di Maria Ausiliatrice in Slovachia”, frutto di alcuni anni di as-
siduo lavoro di ricerca della scarsa documentazione tuttora conservata, intelligente-
mente integrata con le testimonianze delle numerose persone ancora viventi, come pu-
re con una preziosa raccolta iconografica, ad opera di Sr. Kamila Novosedlikova, FMA.
Il volume, in elegante veste tipografica, contiene veramente tutto ciò che bi-
sogna sapere sulle remote origini, sullo sviluppo e sul calvario subito da questa fami-
glia religiosa durante i lunghi quaranta anni del nefasto ed inumano regime comunista
nell’allora Ceco-Slovacchia. Si apprendono molti particolari, oggi quasi impensabili,
di come un regime nemico di Dio inventava e realizzava i modi farisaicamente allet-
tanti e gli strumenti disumani per tiranneggiare chi non intendeva rinunciare alla sua
Fede – nel caso – alla sua vocazione religiosa. Ma nonostante tutto, le FMA, fraterna-
mente sostenute dai sacerdoti Salesiani, continuarono a vivere in clandestinità fedeli
alla loro vocazione. Nello stesso periodo di tempo, diverse suore appartenenti alla fa-
miglia slovacca potevano svolgere la loro normale vita religiosa nelle case in Italia,
ma anche in Austria, in Belgio, in Francia, in Polonia ed anche nelle Missioni (Brasile,
Congo/Zaire, Perú e America Centrale). Con la caduta della Cortina di ferro, l’Istituto

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Recensioni 363
FMA riprese la sua attività normale e, irrobustito da nuove 18 aderenti in questi ultimi
anni, statisticamente risulta accresciuto più del doppio rispetto alla situazione di prima
della persecuzione religiosa.
Ecco perché salutiamo l’apparizione di questo bel libro che, presentando un
quadro preciso della Provincia Slovacca di San Giovanni Bosco delle FMA, costi-
tuisce anche un contributo non trascurabile alla storia generale del ramo femminile
della Famiglia salesiana di don Bosco e, sotto alcuni aspetti, anche di tutta l’opera da
lui fondata.
Milan S. Durica
ALBERDI ALBERDI RAMÓN (director y coautor) – Ochagavía Estomba Juan - Campru-
bí I Rovira Josep Maria - Monteis y Cahís Joan - Armengol I Barniol Miquel
(coautores), Salesians-Mataró. Cent anys educant, 1905-2005. Obra salesiana
de Mataró 2005, 276 págs., más un pliego a todo color de 24 págs.
Son ya cien los años que los salesianos llevan trabajando en la industriosa
ciudad de Mataró. Nos lo han dicho con un precioso libro del Centenario del Colegio
que recoge una historia ya larga y gloriosa: Salesians–Mataró. Cent anys educant,
1905-2005. (Salesianos–Mataró. Cien años educando, 1905-2005).
“¡Cien años educando!” De nuestras obras salesianas conocemos sus fachadas y
algunos datos, acontecimientos y personas de forma fragmentaria y circunstancial.
Cuando leemos la historia completa de los cien años, comprendemos la inmensa
labor realizada por un centro educativo en la sociedad, en la cultura, en la Iglesia.
¡Cuántas personas se han forjado en toda su dignidad de ciudadanos y cristianos!
Así lo proclaman las páginas de este magnífico libro del Centenario de los Salesianos
en Mataró.
Encontramos en él dos niveles de comunicación. Por una parte, la historia
escrita con datos, acontecimientos, fechas, personas. Otra, gráfica, con ilustraciones,
fotografías, mapas, que complementa la anterior. Trabajo este último, valiosísimo, a
la vez que ímprobo, por el derroche de esfuerzo, ilusión, arte y amor a la Congrega-
ción Salesiana que Joan González i Torres, fotógrafo y diseñador, ha vertido en la
obra. Le felicitamos.
Esta tiene varios autores. Si al historiador singular le es difícil mostrar las
causas o valorar los hechos reseñados, la empresa se vuelve doblemente difícil
cuando la confección de un libro se encomienda a varios autores, como es nuestro
caso. Les aplaudimos a todos ellos por el esfuerzo, la ilusión, el trabajo vertidos en
ello. Pero en algún momento del libro echamos de menos la mano que guía al lector
hacia una necesaria reflexión de lo historiado. Por otra parte, el director de la obra
eligió para su confección la sucesión histórica de los acontecimientos. Elección muy
loable. Tiene sus ventajas. Pero también sus desventajas. Como todos los capítulos
siguen el mismo esquema, el lector tiene la sensación de que la historia se repite,
sin percibir con suficiente conciencia los cambios que el paso del tiempo produce
en las cosas.

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El doctor Alberdi, historiador experimentado y detallista, además de dirigir la
obra, es el autor de los tres primeros capítulos. En el primero, El Muy Ilustre Señor
Antonio Cuyás i Sampere (1802-1890), presenta, de forma sugestiva e interesante, la
vida y los pasos de aquel inquieto mataronés que desde los años veinte del siglo XIX
fue protagonista de los avatares históricos consiguientes a la Independencia de las
Colonias Españolas de América. Fascinado por estas tierras, primero se alistó como
voluntario en la Armada Real; después, se hizo corsario leal, y más tarde, empresario,
diplomático y político en Argentina, Uruguay y Brasil. A los 62 años, nos dice él
mismo: “Vuelvo a la patria con distinciones honoríficas, con posición social y con
una fortuna deseada” (pág. 25); pero no tiene hijos. Muerta su esposa, contrae se-
gundas nupcias con doña María Sagarra i Puig, “mujer de profundas convicciones
cristianas” (pág. 45).
El autor subraya después la personalidad humana, religiosa y la sensibilidad so-
cial de don Antonio Cuyás i Sampere, con la que sintoniza su esposa. Los adscribe a
la larga lista de cristianos católicos que, a finales del siglo XIX, compartiendo las
preocupaciones sociales del Papa León XIII, entregan sus bienes a la creación de
centros asistenciales. En este caso, al servicio de los niños necesitados.
En el segundo capítulo, La Fundación, con mirada de historiador avezado, sigue
el largo recorrido hasta la entrega de la Fundación Cuyas a los Salesianos. El matri-
monio Cuyás prepara el testamento para que sus bienes se dediquen a la creación de
un centro asistencial educativo salesiano. Entra en contacto con el padre Juan Bau-
tista Branda, “Superior de los Talleres o Escuelas de Artes y Oficios” (pág. 37) de
Sarriá-Barcelona, y le hicieron sabedor de sus proyectos. El padre Felipe Rinaldi, su
sucesor, mantiene una relación estrechísima con el matrimonio Cuyás. Deciden le-
vantar un edificio “para que reciban la enseñanza, educación religiosa y oficio o artes
los niños pobres, a fin de saberse ganar la vida. Y eso esperaban conseguirlo de los
Talleres Salesianos” (pág. 41). El establecimiento tenía que “dar acogida, enseñanza,
y manutención a niños pobres (…) bajo la dirección de la Congregación Salesiana”
(pág. 46). “Y siempre bajo la autorización del Obispo de la Diócesis, para que todo
lo que se haga sea al mejor servicio católico y mayor gloria de Dios” (pág. 46). La
cesión era temporal, pero renovable.
Tras largos años de conversaciones con los testamentarios, el 24 de abril de 1905
algunos salesianos jóvenes en periodo de formación y una sección de Bachillerato de
unos treinta alumnos se trasladaron desde el Colegio de la Torre Esmeralda del barrio
barcelonés de Les Corts a Mataró. A la inauguración asistieron el doctor Ricart Cortès
i Cullell, Obispo Auxiliar de Barcelona, don Manuel B. Hermida, Inspector Provincial
de los salesianos, y don José Calasanz, director de la nueva obra. La hermosa cubierta
del libro recoge una instantánea de este día de la inauguración. El colegio salesiano de
San Antonio de Padua de Mataró comenzaba un camino secular.
El capítulo III, Los tiempos clásicos, 1905-1936, muestra la historia del colegio
hasta el año 1936. Lo hace con el orden que luego seguirán los demás autores. Pri-
mero el entorno social, político, cultural y religioso, con una atención especial al de
la enseñanza. Siguen después los cambios en la estructura del edificio, la demografía
colegial: personal directivo, docente, auxiliar, alumnado, y el funcionamiento acadé-

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Recensioni 365
mico. A continuación, la vida del colegio: formación intelectual, religiosa, física y
artística. Reserva un apartado a los Antiguos Alumnos, “corona de todo el trabajo
educativo llevado a cabo”. Y, por último, la comunidad salesiana y la mística de la
vocación educativa, sin la que no se comprendería la acción del salesiano. Termina
cada capítulo con un rasgo de humanidad y de reconocimiento, un álbum familiar,
con las figuras salesianas más significativas de la época historiada.
Los Salesianos reciben de los albaceas el año 1905 un colegio sin terminar. Sus
cambios posteriores, hasta quedar en la forma que hoy lo conocemos, responden al
deseo de cumplir con los objetivos trazados en los orígenes. Los sucesivos visitadores
de la Congregación que van pasando por Mataró dejan escrito que es un colegio de
un “bello aspecto” (pág. 71), “distinguido” (pág. 72), “el mar se ve desde todos los
lugares del colegio” (pág. 96), ”el panorama que se ofrece a la vista es hermosísimo”
(pág. 69). ¡Crecer! fue el lema que mantuvo la conciencia lúcida y abierta al futuro”
(pág. 74).
Los alumnos, en estos 30 años primeros, venían de los pueblos cercanos. La
mayor parte eran internos y muy pocos, mediopensionistas. El obispo, cardenal Ca-
sañas, había impuesto ya desde sus orígenes la condición de no aceptar alumnos
de Mataró, para no hacer una competencia desleal a los colegios de escolapios y
maristas de la ciudad. Se impartió pronto la enseñanza primaria, el bachillerato y el
comercio. De los 50 alumnos del año 1905 se pasó a los 300 del año 1936. La vida
escolar era la clásica de los centros salesianos: formación intelectual, religiosa, artís-
tica, pedagogía de la fiesta. Rasgo característico que trascendía a la sociedad fue la
seriedad en los estudios y el éxito académico. La preocupación por los Antiguos
Alumnos estuvo siempre presente. Los educadores – la mayor parte, jóvenes – eran
exclusivamente salesianos. Les movía la experiencia fundante: “la conciencia de que
lo que hacían era socialmente válido, que la gente confiaba en ellos y que su método
educativo se revelaba eficiente” (pág. 81).
Los capítulos IV y V han sido escritos por don Juan Ochagavía Estomba. El IV,
El oasis perdido, 1936-1939, abarca el período de la guerra civil. El edificio confis-
cado y sin alumnos, sirvió como hospital de sangre de las brigadas internacionales.
La comunidad no sufrió ningún percance serio, gracias a la buena acogida y trato ex-
quisito que los salesianos dieron a los milicianos que fueron a confiscar el colegio.
Interesantísima y aleccionadora es la acogida generosa y cristiana que varias familias
de Mataró prestaron a un grupo de jovencitos, seminaristas salesianos, que residían
en el seminario menor del cercano pueblo de Sant Vicenç dels Horts, separados de
sus familias a causa de la guerra.
El V, Tradición y apertura, 1939-1950, recoge los años de posguerra. Rasgo
significativo de este periodo es el aumento demográfico de la ciudad: sus habitantes
pasaron de 19.704, a comienzos de siglo, a 30.000 el año 1950. El colegio se ve obli-
gado a recibir alumnos externos de la ciudad. En 1950 el colegio alberga ya a 500
alumnos. Importante desde el punto de vista salesiano es el hecho de que el curso
1945-1946 comience el Oratorio Festivo. Fue el salesiano don Manuel Serrano
con algunos alumnos de los cursos superiores del colegio quienes dieron vida con el

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366 Recensioni
tradicional estilo salesiano – “clases, catequesis, cine, juegos, rifas, excursiones”
(pág. 160) –. Aunque su vida no fue muy floreciente, pues los salesianos no podían
atender a frentes tan diversos como eran el colegio y el internado. Pero “dejó una
fuerte impronta en el barrio” (pág. 161).
El capítulo VI, Una plenitud dinámica, 1950-1970, es obra de Josep Camprubí i
Rovira. Abarca de 1950 a 1970. Nos hubiera gustado que el estudio de los años cin-
cuenta hubiera estado unido al de los cuarenta por ser dos décadas más homogéneas.
En la de los sesenta son muchas las novedades en el ámbito social, político, eclesial y
en el de la escuela. Cambios estructurales en el edificio, aumento de alumnos, la de-
saparición progresiva del internado, etc. El impacto enorme del Concilio Vaticano II
hace cambiar estructuras y praxis muy salesianas. Pero siguen las compañías reli-
giosas y el espíritu misionero. Monseñor Godayol i Colom, misionero en el Perú,
es fruto de ese espíritu.
El fuego sagrado del Oratorio Festivo prende de nuevo. Pero ahora es un Ora-
torio diario. Lo recrea don Francisco Cortés, con la ayuda de algunos jóvenes del
colegio de los cursos superiores. Labor que continuará don Rafael Juncadella en
el Centro Juvenil, que acoge chicos y chicas de las barriadas limítrofes al colegio
y cuyas actividades tienen ahora una mayor complejidad en el ámbito social, lúdico
y religioso.
Entre 1960 y 1970 emigran a Cataluña 650.000 personas. En Mataró, al lado del
colegio, se crea un nuevo barrio, el de La Llàntia. Los salesianos le prestan atención
humanitaria y cristiana. El hombre clave en este trabajo admirable fue el salesiano,
don José Echarri, “lámpara” encendida en aquel barrio que necesitaba de todo. El ca-
risma de Don Bosco se encarna en las nuevas barriadas, producto de una emigración
que desbordaba todas las previsiones. Varios salesianos en la década de los setenta
continuarán esta labor entre aquellas gentes necesitadas.
El señor Monteis i Cahís escribe el capítulo VII, Crisis y asentamiento, 1970-
1990. Se van haciendo evidentes los cambios como consecuencia de los nuevos
tiempos. Nuevas leyes de educación afectan al colegio y a su estructura. Van dismi-
nuyendo los salesianos y aparecen los profesores y profesoras seglares. El internado
desaparece definitivamente el año 1978. “La utopía salesiana” (pág. 212) lleva a una
opción de los salesianos por los pobres. El colegio se abre a las nuevas barriadas sin
escuela. En las dependencias que dejaba el internado se establece la Residencia de
Orientación Vocacional para jóvenes que sentían la vocación salesiana. Durará 18 años.
La obra se va haciendo más compleja. Se parecía poco a la del primitivo internado.
Finalmente el capítulo VIII, El tiempo presente, 1990-2005, está escrito por don
Miquel Armengol i Barniol. Deja de ser historia para mostrar la actualidad de una
obra compleja. La emigración se hace presente con enorme fuerza. La ciudad de Ma-
taró tiene ya 115.000 habitantes. La obra Salesiana se acerca a los chicos y chicas de
los barrios vecinos en una variedad de ofertas: el colegio, el centro juvenil, el centro
abierto para la población inmigrada, el centro de formación de adultos para colectivos
que encuentran más dificultades para entrar en el mercado laboral. Todo esto sin de-
satender a los campos tradicionales en el apostolado salesiano: asociación de María
Auxiliadora, antiguos alumnos. La comunidad salesiana, sin salesianos jóvenes pero

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Recensioni 367
con una valiosa colaboración de los seglares, sigue en su año centenario mirando
con esperanza al futuro.
Cierra la obra un hermosísimo apéndice fotográfico, florilegio de imágenes
retrospectivas, pinceladas de historia. Las últimas páginas del libro, bellamente
diseñadas, son un espléndido reportaje de las celebraciones del Centenario.
El libro es hermoso y sugestivo. Pueden leerlo tanto el historiador exigente,
como los antiguos alumnos o los alumnos actuales que quieren conocer la historia de
su colegio. En estos tiempos donde la imagen lleva la mejor parte es importante que
este aspecto no falte en un libro que recoge la historia del colegio. Muchos se que-
darán únicamente con las fotografías ilustradas con su pie correspondiente. Como en
toda obra, también en esta hay algunos lunares. A veces, la historia contada se pierde
en un exceso de imágenes; en el capítulo IV un duendecillo entró en el ordenador y se
puso a jugar con los subrayados... Pero estos reparaos son pequeñas sombras en un
día de sol espléndido. Felicitamos al doctor Alberdi y a sus colaboradores por esta
obra tan magníficamente acabada.
José Arlegui Suescun
FRESIA Iván Ariel, Religión, educación y vida cotidiana en Rodeo del Medio, siglo
XX. Contribución a una historia social de los Salesianos de Don Bosco en la
campaña mendocina. Buenos Aires, Dunken 2005, 126 p.
Religión, educación y vida cotidiana en Rodeo del Medio, siglo XX, es una
compilación de trabajos del coadjutor salesiano Ariel Fresia presentado en distintos
eventos académicos, sobre la particular historia social de los Salesianos de Don
Bosco en la campaña mendocina.
El libro brinda un panorama del aporte de los Salesianos a la educación, la aten-
ción religiosa, pastoral y cultural de los inmigrantes (mayormente italianos) y su inte-
gración social; a la formación técnica de generaciones de enólogos, los cambios tec-
nológicos que indujo en la industria vitivinícola y el rol que tuvo en la institucionali-
zación de la Enología como ciencia separada de la vitivinicultura. La preocupación
principal consiste en describir, explicar y comprender (“recuperar y comprender” en
términos de R. Chartier la experiencia de los Salesianos en el tiempo y en el contexto,
cómo se fue construyendo el complejo de relaciones sociales en torno a las institu-
ciones, sus creencias, las ideas religiosas y sus concepciones y practicas pedagógicas.
Estos trabajos pueden leerse tanto por separado como de principio a fin, pues
contienen un hilo conductor que los sostiene: la acción social y educativa de la Obra
Salesiana en Rodeo del Medio (Mendoza). Por otro lado, su autor amalgama estos
artículos en la Introducción, bajo un sólido aparato teórico, que a lo largo del libro se
advierte en el abordaje de los temas y es fuertemente sostenido por ideas generales
aplicadas a la microhistoria.
En ese sentido este trabajo logra su objetivo. Nos introduce en la historia parti-
cular de Rodeo del Medio para comprender la acción salesiana en un contexto amplio
y mediante el cruce de diferentes variables: políticas, sociales, económicas, socioló-

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368 Recensioni
gicas, históricas, etc.; pero también nos presenta, como un prisma, diversas perspec-
tivas de enfoque que enriquecen el tema, le proporcionan espesor y nos permite vi-
sualizar un análisis profundo de fuentes verdaderamente privilegiadas.
Las fuentes de los archivos salesianos han sido minuciosamente analizadas por
Ariel Fresia y resignificadas desde metodologías originales como el análisis de las
prácticas y los discursos, la formación del sujeto pedagógico, la simbología religiosa,
la historia de la cultura, el espacio público y los ámbitos de socialización, la menta-
lidad y los “habitus”.
El libro se compone de tres partes. La primera parte presenta una “Visión pa-
norámica” cuyo centro es el trabajo: “Transformación productiva regional y respuesta
educativa. El caso de la Escuela Vitivinícola ‘Don Bosco’ de Rodeo del Medio, 1901-
2001”, donde se describe: 1. El contexto del novecientos, 2. El inicio del siglo, orí-
genes de la escuela; 3. El desarrollo en las tres primeras décadas; 4. La consolidación
educativa y 5. Nuevos desafíos, nuevas respuestas. La segunda parte aglutina los tra-
bajos sobre “Educación y religión” desarrollando las siguientes temáticas: “Inmigra-
ción, educación cristiana y formación académica”; “Ciudadanos probos e hijos hon-
rados: la praxis educativa de los salesianos en Rodeo del medio (1903-1905); “Cul-
tura italiana y formación de la nacionalidad en Rodeo del Medio a principios del siglo
XX” y “Espacio público y ámbito de socialización, Rodeo del Medio a principios del
siglo XX”. La tercera parte tiene por título “Sociedad, ciencia y educación”. Allí se
encuentran los trabajos: “Notas sobre el origen de una Bodega. La Bodega de los
Bombal y los Salesianos de Don Bosco en Rodeo del Medio-Mendoza. Argentina
(1900-1910)”; “Hacia la institucionalización de la enología en Argentina” y “Eno-
logía e incorporación de tecnología. La Torre Vinaria Sernagiotto en Rodeo del
Medio, 1964-1968”.
En la primera parte “Visión panorámica”, el autor analiza la transformación
productiva regional y su respuesta educativa a través de la Escuela Vitivinícola “Don
Bosco” de Rodeo del Medio en un amplio período (1901-2001). Este trabajo nos da
un pantallazo general de los inicios, desarrollo y proyección de esta escuela especiali-
zada. La escuela comienza en una década conflictiva de la política nacional, pero de
fuerte impulso económico en Mendoza con la promoción de la vitivinicultura. La
coyuntura económica y la llegada de la inmigración, especialmente italiana, a la zona,
constituyeron el marco propicio para la llegada de los Salesianos a Rodeo del Medio.
El desarrollo, ampliación y proyección de la acción educativa y pastoral salesiana en
la zona, puede compararse a otras tantas de la Argentina donde la Congregación hizo
pie. En ese sentido, la gestión del proyecto, su puesta en marcha y su desarrollo nos
permiten pensar en la fidelidad de este grupo de salesianos a los planes de Don
Bosco: la adaptación a las necesidades del lugar y su gente, la visión del desarrollo
futuro del lugar, la implementación de oratorios, ocuparse de los grupos considerados
marginales, proporcionándoles educación, religión y trabajo, y la incesante preocupa-
ción por los niños y jóvenes. Como en otros lugares de la Argentina donde la Congre-
gación Salesiana se estableció, también Rodeo del Medio tuvo su “alma mater”:
el Padre Aquiles Pedrolini. El trabajo va mostrando la consolidación del proyecto
y su adaptación a las necesidades educativas de la población y a las propuestas de

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Recensioni 369
los sistemas educativos nacionales y provinciales. Aquí el autor resalta, fundamen-
talmente, la puesta en marcha de un proyecto educativo a la vanguardia de los ade-
lantos técnicos y del proceso de complejización de la industria vitivinícola, incluso
la adaptación en coyunturas críticas con propuestas innovadoras como el desarrollo
de la olivicultura.
La segunda parte es donde observo un análisis más rico y original. Un primer
trabajo nos muestra cómo la propuesta de formación técnica agroindustrial de la re-
gión se inserta en actores sociales de distintas extracciones y se presenta como alter-
nativa de calidad a la Escuela Nacional de Vitivinicultura hacia 1920. Este trabajo
analiza la procedencia migratoria de la población, caracteriza a la “oligarquía mendo-
cina” y presenta las categorías ocupacionales del conjunto social. Estas categorías
analíticas son aplicadas a la zona de Rodeo del Medio, con la intención de mostrarnos
ese universo de pequeños productores vitícolas o frutihortícolas junto a los inmi-
grantes jornaleros y peones en la viña o en la chacra. La escuela salesiana capta estas
diferencia, pero no las promueve, más bien busca homogeneizarlas y ofrece capacita-
ción para hacer frente a las nuevas necesidades del mercado, por ejemplo, hacia 1924,
ofrece el título de “Técnico en Enología”, pasando de la capacitación práctica en la
primaria a la especialización técnica de la escuela media.
El segundo de los trabajos analiza acertadamente la praxis educativa salesiana
en Rodeo del Medio. Ariel Fresia es, ante todo, cuidadoso al definir los conceptos de
los que parte su análisis: mentalidad religiosa, simbolismo religioso y control disci-
plinario. Apoyándose en autores como Foucault analiza el contexto de aplicación de
esta praxis y presenta en ese marco al sistema preventivo de Don Bosco, mediante
autores de la calidad de Pietro Stella y José Manuel Prellezo. En el marco de una
pedagogía fuertemente roussoniana, analiza la aplicación del dispositivo discipli-
nario salesiano y del ámbito escolar, como lugar privilegiado de la educación del
niño. No están ausentes especialistas nacionales, que lo ayudan a sostener en perspec-
tiva teórica este análisis sobre el niño, el educador y la disciplina, como: Sandra
Carli, Adriana Puiggrós y Ángela Aisenstein, entre otros. También resulta atractivo el
análisis de los “modelos educativos salesianos” como ideales de santidad (Santo
Domingo Savio, por ejemplo), que me permiten pensar en otras construcciones
y en otros espacios: los casos de Ceferino Namuncurá y Laura Vicuña en la Pata-
gonia. Completan este capítulo particular: el análisis de rol de la actividad física en la
praxis educativa salesiana, la promoción de espacios de recreación y deporte, las
notas de estudio y conducta, como medios de control mediante la emulación y el
castigo, los certámenes, el sistema de premios y menciones, rangos y honores, que
jerarquizaban aptitudes, cualidades y competencias y recompensaban los buenos
hábitos y comportamientos. También es sumamente provechoso el análisis de la
“formación ciudadana” en la praxis salesiana como modelo de “ciudadanos
católicos”, y a su escuela no sólo como formadora de técnicos cualificados, sino
de jóvenes con valores cristianos.
El trabajo sobre la cultura italiana y la formación de la nacionalidad, nos per-
mite advertir la originalidad de las escuelas salesianas respecto de la incorporación de
otro idioma y otra cultura, cómo la italiana, en el marco del afianzamiento de la iden-

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370 Recensioni
tidad nacional. Es notable cómo en el marco de una inmigración fuertemente italiana
la escuela salesiana de Rodeo del Medio, buscaba conservar las raíces culturales sale-
sianas, como señalaba Vespignani, pero también ayudaba a incorporar a aquella masa
de inmigrantes campesinos a un nuevo contexto cultural y a una nueva lengua.
Esta segunda parte cierra con el análisis de Rodeo del Medio como espacio pú-
blico y ámbito de socialización de los inmigrantes a partir de una estrategia de evan-
gelización particular: la publicación de la hojita “La Virgen de Don Bosco”. Fresia
nos presenta al Santuario y la Escuela como un claro ámbito socializador, utilizando
el esquema teórico de J. Habermas. Utilizando la hojita “La Virgen de Don Bosco”
como estrategia propagandística, el autor analiza, a través de la mentalidad religiosa,
los rituales y “habitus” la incidencia pública de las cuestiones de fe como una suerte
de expansión cultural de temas como lo moral y lo religioso que, generalmente, que-
daban relegados al ámbito privado.
La tercera parte incluye tres breves trabajos sobre el origen de la Bodega sale-
siana, la contribución de los salesianos a la enología argentina y la incorporación de
la tecnología en el sector. Desde mi punto de vista, esta tercera parte podría haber
sido incluida en la primera, enriqueciendo la visión panorámica sobre la actividad
educativa y técnica de los Salesianos en la zona.
Finalmente, para cerrar este comentario, quisiera señalar el aporte original de
este libro a la historiografía salesiana, como un trabajo que resignifica fuentes y de-
scubre, mediante distintas perspectivas teóricas, nuevos significados a la tarea social
y educativa de los Salesianos. Este libro rescata, además, una historia particular, sin
perder de vista la Obra general de la Congregación, insertada en el contexto en el
que eligió desarrollarse, en este caso, la Argentina y Rodeo del Medio.
María Andrea Nicoletti