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Messaggio del Rettor Maggiore
ai partecipanti al IV° Seminario Europeo dell’ISS-ACSSA:
Vienna, 30 ottobre – 2 novembre 2003
Carissimi Salesiani, Figlie di Maria Ausiliatrice, studiosi di Don Bosco,
È con grande gioia che mi faccio presente con un particolare saluto-messag-
gio ai lavori di questo Quarto Seminario Europeo organizzato dall’ISS-ACSSA,
che ha luogo proprio nella città dove mi sono recato poco tempo fa per la ce-
lebrazione ufficiale del centenario dell’opera salesiana in Austria. Sono state,
quelle vissute a Vienna, giornate meravigliose nelle quali ho potuto verificare il
dinamismo e la significatività del carisma di don Bosco.
1. Presumo che abbiate scelto questa «nobile» sede austriaca allo scopo
non tanto di «celebrare» un anniversario, sia pure prestigioso come un cente-
nario, ma di «onorarlo a modo vostro», vale a dire attraverso una riflessione sto-
rica che da qui oggi prende avvio per arrivare poi a compimento nella mia patria,
in Messico, nel gennaio 2006.
2. Il tema che avete scelto e che so essere stato in qualche modo suggerito
anche dal compianto mio predecessore don Vecchi al termine del vostro Con-
vegno Internazionale del 2000 – Linee teologiche, spirituali e pedagogiche della
Società Salesiana e dell’Istituto FMA nel periodo 1880-1922 – è certamente di
grande interesse storico ed anche di estrema attualità.
Voi studiate i tempi dei Rettori Maggiori don Rua e don Albera e cerche-
rete, valorizzando le fonti disponibili, di pervenire ad un quadro realistico di al-
cune delle modalità dell’incarnazione della missione apostolica di don Bosco nel
quarantennio successivo alla sua morte. Io credo che a don Rua e a don Albera,
in quanto successori di don Bosco e custodi privilegiati del suo carisma, si possa
applicare senza forzature quanto scrivevo nell’ultima mia lettera circolare ai sa-
lesiani a proposito del nostro Fondatore:
«Don Bosco plasmò i suoi salesiani, raccontando più che dissertando […]
Oggi, come ieri, abbiamo bisogno di realizzare la pastorale vocazionale e di
plasmare i salesiani “raccontando”, rifacendoci più sovente ed esplicita-
mente a Don Bosco, alla maniera di don Barberis, uno dei suoi biografi, che
mentre narra le “antichità” dell’Oratorio di Valdocco, ce ne offre le ragioni:
esse ci istruiscono nelle cose nostre, nei nostri metodi, nel nostro spirito di
famiglia; nello stesso tempo fanno crescere in noi il senso di appartenenza,
ci fanno sentire membri della famiglia, ci rendono protagonisti […]. Lo

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20 Messaggio del Rettor Maggiore
stare con Don Bosco non esclude “a priori” l’attenzione ai suoi tempi, che
lo modellarono o condizionarono, però richiede di vivere con il suo im-
pegno le sue scelte, la sua dedizione, il suo spirito di intraprendenza e di
avanguardia […] Ci rendiamo conto che più aumenta la distanza dal Fonda-
tore, più reale è il rischio di parlare di Don Bosco in base a “luoghi co-
muni”, ad aneddoti, senza una vera conoscenza del nostro carisma. Da qui
l’urgenza di conoscerlo attraverso la lettura e lo studio; di amarlo affettiva-
mente ed effettivamente come padre e maestro per la sua eredità spirituale;
d’imitarlo cercando di configurarci a lui, facendo della Regola di vita il no-
stro progetto personale. Questo è il senso del ritorno a Don Bosco, a cui ho
invitato me e tutta la Congregazione sin dalla mia prima “buona notte”,
attraverso lo studio e l’amore che cercano di comprendere, per illuminare
la nostra vita e le sfide attuali. Insieme al vangelo, Don Bosco è il nostro
criterio di discernimento e la nostra meta di identificazione».
Se questo è vero per don Bosco, di cui possediamo ormai una abbondantis-
sima bibliografia, sia divulgativa che scientifica, voi potete immaginare come sia
ancor più vero per i tempi dei suoi due primi successori di cui conosciamo poco,
troppo poco. Eppure si tratta addirittura di un santo già arrivato all’onore degli
altari, il beato don Michele Rua, e di un grande salesiano, don Paolo Albera, che
con lui ha strettamente collaborato assieme ad un altro santo già salito agli altari,
il beato don Filippo Rinaldi.
3. Certo, insieme con le dimensioni storiche del carisma salesiano a cavallo
del secolo XX, voi analizzerete – secondo quanto vi siete proposti – in modo
particolare quelle teologiche, spirituali e pedagogiche. È ormai assodato che nel
nostro carisma tali dimensioni simul stant et simul cadunt. L’una sorregge l’altra,
l’una rende ragione dell’altra, l’una si articola necessariamente con l’altra, l’una
interagisce con l’altra. Anzi è forse giunto il tempo di procedere all’elaborazione
di una sorta di epistemologia salesiana, che tenti di elaborare una particolare let-
tura del nostro vissuto, prendendo nella dovuta considerazione tutti gli elementi
presenti in esso, sia quelli caduchi e obsoleti, sia quelli costitutivi ed imprescin-
dibili. Se il presente vuole essere fedele al passato carismatico e in sintonia dina-
mica con esso, necessita di una corretta interpretazione globale di tale passato;
se il presente vuole essere matrice feconda del futuro, non può essere privo di
essenziali punti di riferimento che lo orientino costantemente in un mondo in
rapidissima evoluzione come il nostro.
4. Come è ovvio, non si tratta solo di conoscere avvenimenti, situazioni,
personaggi, documenti – anche questi sono parti integranti della storia, se pre-
sentati senza diaframmi ideologici, senza amnesie, rimozioni o nascondimenti –
ma di scoprire la loro collocazione e la loro rilevanza appunto storico-pedago-
gico-spirituale nella grande narrazione propria della nostra famiglia. Intendo ri-
ferirmi alla «politica della memoria» che mette in gioco la capacità della nostra
memoria di leggere «intus et in cute» i momenti dell’esperienza passata e i mo-

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Messaggio del Rettor Maggiore 21
delli vissuti ed elaborati da chi ci ha preceduto, onde accogliere dentro di noi
quel flusso vitale che partito da don Bosco, metabolizzato ed inculturato in tanti
modi diversi, sotto i diversi cieli, dai suoi figli, è giunto fino ai nostri giorni e
che noi, una volta decodificato, dobbiamo trasmettere alle generazioni future.
La nostra Congregazione, la nostra Famiglia salesiana è la nostra storia; e
dal modo con cui costruiamo tale storia dipende la nostra identità. La storia al-
lora non è tanto una disciplina accademica, scientifica per alcuni pochi appassio-
nati, ma svolge una funzione essenzialmente mistagogica, didattica, vitale per
quanti sono intenzionati e capaci di coglierne le lezioni. Noi figli e figlie di don
Bosco dovremmo essere fra questi.
Tutto ciò non è un compito da poco, si intende, per cui già all’inizio del
mio mandato di Rettor Maggiore ho cercato di indicarlo e successivamente di ri-
badirlo in varie occasioni. Non posso dunque che esprimere il mio plauso alla
vostra iniziativa e cogliere l’occasione per porgervi il mio sincero augurio
perché il vostro seminario abbia successo e possa portare i frutti sperati nel
biennio di lavori che avete davanti a voi.
Maria Ausiliatrice faccia sì che non venga mai meno, nella Congregazione
e nella Famiglia Salesiana, quell’ispirazione carismatica che è indispensabile per
operare in modo autentico a servizio dei giovani.
Con affetto, in don Bosco.
Roma, ottobre 2003
DON PASCUAL CHÁVEZ V.
Rettor Maggiore