28_anno15_num1-0181-0187


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IL «MUSEO DI STORIA NATURALE DON BOSCO»
A TORINO-VALSALICE
Giuseppe Brocardo
Le origini
Scrive don Eugenio Ceria nelle Memorie Biografiche (XIV 167-168): «Queste
preoccupazioni non diminuivano l'abituale tranquillità di Don Bosco. Infatti il 5
luglio [1879] inaugurò nel collegio di Valsalice un museo ornitologico, chiamandovi
a presiedere la cerimonia il senatore Siotto-Pintòr. Quella collezione, non copiosa
ma ordinata ed in ottimo stato, era opera paziente del canonico Giambattista
Giordano, ammirato dai Torinesi non meno per valentia oratoria che per virtù sacer-
dotali. Cultore appassionato e intelligente della natura, egli consacrava le ore libere
nel suo ritiro di Rivalta a far ricerca di uccelli rari, a imbalsamarli e a classificarli,
riducendo una sala della sua villa a museo e ordinandovi in vetrine un bel saggio di
ornitologia nostrana e straniera. Morto lo studioso nel 1871, gli eredi offersero la
raccolta a Don Bosco, che ne fece acquisto per il liceo di Valsalice. Così Don Bosco
rispondeva all'insulto di chi gli chiudeva le scuole, col promuovere cioè gl'incre-
menti della cultura».
Infatti il ministro dell'Istruzione, Michele Coppino, aveva inviato a don Bosco
un'ordinanza con la quale veniva chiusa, fino a data indeterminata, la scuola di Val-
docco per irregolarità scolastiche. L'ordinanza fu recapitata a don Bosco il 23 giu-
gno 1878. Entro il 30 giugno la scuola doveva essere chiusa. Il santo, veramente
dispiaciuto, fece di tutto per far revocare quel decreto. Vi riuscì solo due anni do-
po. Così a fine giugno di quel 1878 don Bosco chiuse la scuola di Valdocco, ma non
potendo allontanare i suoi ragazzi perché molti erano orfani, la proseguì all'aperto.
Gli insegnanti salesiani, di buon mattino, accompagnavano le loro classi sulle
sponde della vicina Dora e lì facevano scuola.
Un alunno di quel tempo, il futuro don Francesco Cottrino, attestava: «Quella
era scuola viva! Gabbiani in picchiata, ranocchi che si tuffavano in acqua, bisce
d'acqua, farfalle... Era bellissima quella scuola all'aperto!».
Per buona sorte, a novembre di quello stesso 1878 don Bosco potè riaprire, in
prova, la scuola di Valdocco. Il senatore Giovanni Siotto-Pintòr, vedendo però
anche quella di Valsalice e la collezione ornitologica che le dava notevole prestigio
culturale, si scagliò, nel suo discorso inaugurale, contro chi dava molestie a don Bo-
sco. Venne da tutti notato il contrasto tra la calma di don Bosco e la veemenza del
senatore sardo.
Il salesiano laico, Paolo Gaudi, conservatore del museo nel primo cinquanten-
nio di questo secolo, fu udito affermare con una certa soddisfazione: «Sono questi
uccelli che hanno salvato la scuola di Valdocco.» Peccato che non siano state trovate

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le schede di questi uccelli né quanto il santo abbia speso per averli. Negli archivi della
scuola, da un elenco del 1901 sul materiale scientifico in uso della scuola, figurano
580 uccelli che con ogni probabilità sono quelli comperati da don Bosco.
La collezione fu trasportata a Valsalice in una serie di viaggi in carrozza da don
Giuseppe Farina, assistente in Valsalice, che ogni domenica si recava a Rivalta per
la celebrazione eucaristica. Ora a giudizio del suddetto P. Gaudi don Bosco acquistò
la collezione per due motivi: potenziare la scuola di Valsalice e aiutare la contessa
Rita Bruno di Cussanio che era incorsa in un dissesto finanziario.
La contessa, benefattrice del canonico Giambattista Giordano, gli aveva impre-
stato L. 12.000, e lo aveva assistito nell'ultima malattia. Compare perciò privilegiata
di fronte agli eredi in quanto «se lo desidera, ha il diritto — entro due anni — di
acquistare la casa di Rivalta al prezzo di L. 5000, più L. 1.200 per gli oggetti vari di
"storia naturale" ivi esistenti. La contessa compera di fatto la casa di Rivalta il 4
III-1872 per L. 5000, ma la vende il 13-1-1875 per L. 5.000, e la ricompera, sempre
per L. 5.000, il 25-11-1882» (cf Ministero Grazia e Giustizia, Archivio notarile di-
stretto di Torino, notaio Pietro Cervini: copia in ASC F 603).
Sembra dunque che la contessa si sia trovata in strettezze finanziarie e che don
Bosco l'abbia aiutata richiedendo la collezione degli uccelli e tutto il materiale natura-
listico, al fine di ricompensarla con una somma in modo garbato.
Quanto ha pagato don Bosco? Le ricerche a questo riguardo non hanno avuto
esito. Gli oggetti di storia naturale depositati a Rivalta tra il 1862 ed il 1871 e lasciati
alla prelazione della contessa Bruno per testamento del canonico Giordano, in
data 20 giugno 1871 - 20 ottobre 1871, ammontano a L. 1.200. Cifra che oggi corri-
sponderebbe all'incirca a 10 milioni. E quanto il canonico avrebbe dovuto pagare di
interesse per le 12.000 lire imprestategli dalla contessa nel 1870? Don Bosco acquistò
per tale somma gli oggetti naturalistici per Valsalice?
Risalgono di certo alla raccolta del canonico oggetti preziosissimi che sono nel
museo: due uccelli estinti come l'Ocidromo australe e lo Strigope, rettili come l'Hatte-
ria, mammiferi come l'Ornitorinco e due Lemuri. Questi ultimi risultano registrati
nel 1901 come materiale naturalistico a disposizione della scuola ma non esistono
più. Che fine hanno fatto? Essendo di incomparabile valore sono stati rubati? Rega-
lati?
Potenziamento del museo
Si possono al riguardo indicare alcune tappe:
1889: don Pietro Porta di Riva di Trento, cooperatore salesiano, dona al mu-
seo un erbario di 1200 specie: erbario encomiabile per la preparazione e l'esattezza
della determinazione scientifica.
1889: don Antonio Zaccaria, parroco di Sondalo (Sondrio), anch'egli coopera-
tore salesiano, dona al museo una pregiata collezione di rocce ed anche alcuni mine-
rali.

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1892: inizia la collezione etnografica con materiale proveniente dalla mostra
missionaria dell'esposizione Colombiana di Genova. Si tratta di cimeli della Terra
del Fuoco, della Patagonia, del Paraguay.
1896: il salesiano don Nicola Badariotti offre al museo una ricca raccolta di co-
leotteri del Brasile.
1897: viene acquistata a Salassa (Torino) la collezione di lepidotteri del cav.
Giacinto Gianelli, una tra le prime per i lepidotteri italiani. E si hanno pure in dono
da suor Gianella, Figlia di Maria Ausiliatrice missionaria in Colombia, il prezioso
erbario e la collezione entomologica del conte Paolo Bailada di S. Robert. Contem-
poraneamente si forma col concorso di Giovanni Bertoldo, medico del collegio Valsa-
lice, il primo nucleo della collezione di rettili, anfibi, pesci. Pure in questo periodo si
hanno in dono dai missionari salesiani don Evaristo Rabagliati (Colombia) e don
Luigi Calcagno (Ecuador) preziosi uccelli e lepidotteri. Lo stesso anno il cav. Luigi
Pezzi, bibliotecario della biblioteca reale, offre al museo la sua pregiata collezione
entomologica.
1898: dall'esposizione missionaria vengono portate a Valsalice le raccolte etno-
grafiche inviate da don Maggiorino Borgatello (Terra del Fuoco), don Giovanni
Balzola (Mato Grosso), don Lino Carbajal (Patagonia) e vasi e statuette precolom-
biane del Messico, dell'Ecuador, del Perù.
Nel 1929 il materiale etnografico venne dirottato ai Becchi per l'erigendo museo
missionario. Intanto salesiani esperti nella sistematica botanica, come don Antonio
Tonelli, don Giacomo Gresino, don Michele Allioni e don Carlo Crespi potenziano
le raccolte botaniche con vera competenza. Don Antonio Tonelli, tra il 1910 e il
1911, per circa un anno percorse il sud America raccogliendo materiale naturalistico
per il museo.
Nel secolo che volge al termine, ammiratori dell'opera salesiana, molti exal-
lievi, cooperatori hanno donato qualche oggetto scientifico. Da segnalare la colle-
zione ornitologica della famiglia Andreis donata nel 1910 e in gran parte dirottata
ad Ivrea, per giungere poi a Lombriasco. Un certo sig. Prosdocimo ha potenziato la
collezione dei fossili con moltissimi campioni dal Veneto. È sintomatico che, vicino
alle origini, salesiani e cooperatori, abbiano fatto a gara per potenziare il museo
iniziato da don Bosco. Ma dal 1930 il punto di riferimento per il materiale etnogra-
fico e naturalistico pare sia diventato il museo del Colle don Bosco. Comunque fra i
più recenti benemeriti del museo vanno segnalati: monsignor Pietro Giacomini che
ha offerto pepite d'oro dalla Terra del Fuoco; l'ispettore don Guido Borra che ha
portato una decina di piccoli diamanti con 5 pepite d'oro dal Brasile, l'ispettore don
Ferruccio Bertagnolli benemerito per il Koala e l'Echidna dell'Australia, don Vin-
cenzo Rasetto che ha fatto arrivare il Bradipo didattilo dalla foresta peruviana, e
don Luigi Zuppini attivissimo per l'operazione dei Lemuri dal Madagascar.

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Crescita significativa
Dopo la seconda guerra mondiale e la ricostruzione, anche l'Italia cominciò a
risentire di un certo benessere economico; nella società si assistette ad una sorpren-
dente crescita culturale. Anche la mineralogia trovò tanti dilettanti, molto appassio-
nati, che cominciarono una ricerca sistematica lungo l'arco alpino. I «pestasassi,»
organizzati in club, gruppi, associazioni, scoprirono addirittura nella loro ricerca
nuovi minerali: canavesite, balangeroite, carlosturanite.
Tale interesse, a livello popolare, dette anche stimoli agli istituti universitari di
mineralogia. Nacquero riviste, si stamparono molti libri, iniziarono quasi in ogni
città manifestazioni mineralogiche e si incrementò la categoria degli importatori di
minerali e dei commercianti nel settore.
Di fronte a questo fenomeno il museo di Valsalice non rimase inerte. Venne av-
viata un'appassionata ricerca di minerali in diverse aree geografiche, ricerca alla
quale presero parte anche docenti di discipline letterarie. Notevole è stato in particola-
re il contributo di don Eutisio Porrino. Si ebbero scambi con musei a livello interna-
zionale; si fecero vendite, acquisti. In circa trent'anni la vecchia collezione di 1200
esemplari, meno significativi, è stata sostituita al completo, tranne un centinaio circa
di campioni di un certo valore. Ora il museo possiede una splendida collezione con
esemplari provenienti da ogni regione del mondo. Sono oltre 4.000 campioni qualifi-
cati, di gran pregio e ricchi di stimoli didattici.
È una collezione tra le più quotate del Piemonte, visitata anche da specialisti
stranieri. Il prof. Zelimir Gabelica dell'università di Namur, che possiede una colle-
zione di 12.000 campioni, dopo la visita al museo scriveva: «Ho visto l'esempio di
una splendida collezione sistematica che sogno di possedere. Collezione di riferimen-
to per tutti i nostri giovani, e per noi, meno giovani. L'ho molto apprezzata e avrei
voluto trascorrere delle ore nel vostro museo».
L'esposizione dei minerali è oggi il fiore all'occhiello del museo don Bosco. Una
festa di colori, forme geometriche diversissime, cose mai vedute che si celavano nelle
viscere della terra.
Un museo vivo
In Italia con i «Decreti delegati» del 1975 si istituirono in ambito scolastico i
«consigli di classe» cui partecipano gli insegnanti, genitori, allievi. Nel corso di uno
di essi un allievo disse: «Voi salesiani avete qui a Valsalice un bel museo con molto
materiale scientifico: perché non lo mettete a disposizione del pubblico? Dovreste
aprirlo la Domenica e fare propaganda».
La proposta arrideva, ma si rispose che i salesiani ogni domenica avevano da
assolvere a molti impegni pastorali e non potevano accudire gli eventuali visitatori. I
giovani presenti confabularono un momento fra loro, poi risposero: «Ci offriamo
noi». L'attuale è il ventunesimo anno del servizio volontario giovanile «Amici del
museo don Bosco» lanciato in quel consiglio di classe!
Ogni domenica il museo viene aperto da almeno tre giovani che accolgono il

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pubblico, presentano il materiale scientifico, accompagnano e vigilano. È l'aspetto
più simpatico del museo. Il volontariato degli «amici del museo» ha come protago-
nisti giovani del liceo Valsalice, exallievi ed exallieve, cooperatori, per lo più genitori
degli allievi.
Nei primi anni i visitatori non superavano la trentina e i giovani li accompagna-
vano vetrina per vetrina illustrando il materiale. Una domenica un giovane protago-
nista confidò di aver accompagnato per oltre un'ora un signore, molto garbato, che
di tanto in tanto faceva qualche precisazione e che alla fine gli fece i complimenti
dichiarando la sua professione di professore universitario di mineralogia. Oggi i visi-
tatori superano anche il centinaio e i giovani danno loro informazioni senza po-
terli più accompagnare perché troppo numerosi.
Inoltre il museo anima gruppi giovanili in molti settori naturalistici: Gruppo
Mineralogico, Gruppo Entomologico, Gruppo Paleontologico, Gruppo Botanico,
vincitore quest'ultimo nel 1981 del premio Nazionale «Bonomelli» per la ricerca sulle
piante e l'attenzione e protezione delle specie più rare nell'alta valle d'Ayas (Aosta).
Di recente il museo ha organizzato una ricerca scientifico-letteraria coinvolgen-
do insegnanti e una classe di II liceo classico. Argomento: Le «piante virgiliane»,
una novità assoluta. Si osservi che dal 1950 in avanti è stata riveduta la Flora Euro-
pea al completo e che alcune specie sono cambiate. Il museo ha pilotato anche una
mostra con 105 esemplari citati da Virgilio, la moderna terminologia della specie in
mostra e tutti i versi del grande poeta che la riportano. La mostra è stata preceduta
da una solenne inaugurazione, durante la quale ai discorsi del preside, del presidente
dell'Associazione classica per Torino e Piemonte, dell'insegnante di scienze per la
parte scientifica e di una studentessa entusiasta degli studi classici e della natura, ha
fatto seguito la proiezione di 40 piante virgiliane. Oscurata la sala, un allievo o
un'allieva alla comparsa dell'esemplare diceva con garbo il nome virgiliano, seguito
da quello scientifico e da quello italiano; indicava poi l'opera del poeta, un verso e la
traduzione. L'effetto fu gradevolissimo, tanto che il pubblico insistette che la mani-
festazione fosse ripetuta in tutte le città d'Italia. La Regione Piemonte ha provveduto
poi ad una pubblicazione, tuttora ricercata.
Il museo, non civico, più visitato d'Italia
Sarà che in Torino da oltre 20 anni il museo di Storia Naturale (Museo Regio-
nale di Scienze) è in allestimento, sarà la simpatia per don Bosco, sta di fatto che
lungo la settimana il «museo don Bosco» è visitato da moltissime scuole. Anni fa un
ufficio di Milano richiedeva ai musei, non civici, il numero dei visitatori durante
l'anno. Quello di Valsalice si aggirava sui 15.000 visitatori così ripartiti: 10.000 alunni
delle scuole lungo la settimana, 5.000 le presenze del pubblico domenicale. Da Mi-
lano hanno comunicato che era il museo, non civico, più visitato d'Italia. Oggi inve-
ro per le scuole c'è un certo calo di presenze.
La figura di don Bosco cresce in una dimensione insolita: don Bosco scienziato!
Alcuni cimeli inoltre, provenienti da varie parti del mondo, rivelano l'azione missio-
naria dei suoi figli e l'evangelizzazione di molti popoli.

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Giuseppe Brocardo
Notevole contenuto scientifico
Il «museo don Bosco» — già «museo Giordano - Bruno» come si leggeva,
sino alla fine del secolo scorso, sull'architrave della porta di entrata — resta un do-
cumento naturalistico, statico come ambiente, ma molto prezioso. E però sempre
attivo in tutti i settori, optando più per la qualità che per la quantità. Questa ha biso-
gno di spazio, quella è contenuta. Ecco perché il museo si va perfezionando in ogni
sezione. Esemplari oggi di grande valore sono molti. Ne ricordiamo alcuni.
Tra i mammiferi: il Lemur catta, dono del governo del Madagascar; l'Ornitorin-
co e l'Echidna, mammiferi primitivi, detti monotremi per l'unica apertura viscerale;
il Koala ed il Chironetto, marsupiali. Quando nel lontano 1956 ci si rivolse all'ispet-
tore dell'Australia, don Bortolo Fedrigotti, affinché cercasse di ottenere per il museo
un Koala, dopo aver fatto i passi necessari scrisse: «È più facile che il governo au-
straliano autorizzi la spedizione per aereo di un carro armato che di un Koala». Ma
30 anni dopo il Koala entrava nel «museo don Bosco» assieme all'Echidna. Eccezio-
nale il Puma di grandi dimensioni della Terra del Fuoco. Inoltre sono da segnalare
l'Ocellotto, la Volpe volante, un gruppo famigliare di Opossum al completo, il Bra-
dipo didattilo, l'ultimo Lupo abbattuto in Val di Lanzo.
Tra i 1200 esemplari di uccelli: l'Ocidromo australe, estinto, lo Strigope pure, il
Nestore della Nuova Zelanda, il Corrione biondo, il Gobbo rugginoso, l'Ubara, due
magnifici Avvoltoi degli agnelli, estinti da tempo sulle Alpi e da poco reintrodotti.
L'elenco degli uccelli rari potrebbe continuare e non poco. Non va dimenticato che
la collezione acquistata da don Bosco, oltre a contenere molte specie rare, rappresen-
ta avifauna del Piemonte perché le catture, esclusi gli uccelli esotici, erano state fatte
nel secolo scorso in questa regione. Ha quindi un notevole valore ecologico. Alcune
specie infatti sono oggi molto poco frequenti ma altre non si trovano più in quanto si
sono rifugiate altrove.
Tra i rettili: due esemplari di Hatteria, vero fossile vivente, proveniente da sco-
scese scogliere vicino alla Nuova Zelanda. Quando c'erano i dinosauri, molti rettili
volanti (gli Pterosauri) planavano al suolo e ghermivano altri rettili. Da un gruppo
di rettili del suolo si differenziò un terzo occhio sul capo per vedere il pericolo che
incombeva dall'alto. Questi rettili si estinsero 80 milioni di anni fa. In vari musei si
conservano i crani con la fossa orbitale sul capo. Nei laboratori di Wellington (Nuo-
va Zelanda), ove si allevano Hatterie, quando nasce un piccolo dall'uovo, se si solle-
va una placchetta sul capo si vede l'occhio pineale in regressione. Gli scienziati si do-
mandano: come mai questi rettili sopravvivono quando i loro antenati si sono estinti
80 milioni di anni fa? Da dove sono arrivati in quelle scogliere? Perché quell'occhio è
in regressione?
Tra i molluschi: molte preziose conchiglie come la Ciprea dorata, il Cono gloria
del mare, e altre rare cipree e coni. La collezione è modesta perché contiene solo mille
e cento specie, ma è recente, con esemplari perfetti, policromi, e molti gasteropodi
con opercolo.
Tra il materiale entomologico: molte le specie di farfalle e coleotteri, oggi assai
rare e quindi protette. Nelle circa 400 scatole di grande dimensione c'è un notevole
patrimonio, oggi allo studio, che implica una assai lunga revisione.

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Il «Museo di storia naturale don Bosco» a Torino-Valsalice 187
Tra le oltre 1400 specie di fossili: preziosi Trilobiti, eleganti Ammoniti, Uova di
dinosauri, Pesci del Bolea, e conchiglie a non finire del bacino terziario piemontese.
Tra il materiale antropico: 12 crani umani provenienti dal Chubut e dalla Pata-
gonia studiati dall'antropologo italiano Giuseppe Sergi e risalenti da 2.000 a 10.000
anni a. C. (cf «Rivista antropologica» vol. XXVIII 1928, Roma); punte di frecce,
coltelli, raschiatoi provenienti dal Chubut e dalla Terra del Fuoco che l'antropologo
salesiano don Manuel J. Molina colloca tra i 2000 ed i 6000 anni a.C; interessante
materiale della tribù Yanomami che vive alle sorgenti dell'Orinoco, tribù che non
seppellisce i morti, ma li brucia, ne ricupera con cura le ossa calcinate che consumerà,
dopo averle pestate con frutta, in un sacro rito familiare.
In merito alla botanica il museo possiede circa 13.500 specie ben determinate ed
altrettante da determinare. Prezioso l'erbario delle felci ecuadoriane di don Carlo
Crespi studiate in parte da don Roberto Bosco che ha individuato alcune specie
nuove. Contiene pure specie dal Giappone portate da don Vincenzo Cimatti, e due
pacchi di piante bibliche.
La collezione mineralogica, tra gli oltre 1400 campioni, ne possiede diversi che
superano in valore il milione di lire, quali, ad esempio, il quarzo geminato a cuore,
la kunzite su quarzo fumé, la sturmanite.
Il «museo di Storia Naturale Don Bosco» di Torino-Valsalice è dunque un
gioiello da scoprire, un tesoro da conservare, una «fonte storica» da valorizzare.