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LA PRIMA SINTESI UFFICIALE DELLA
TRADIZIONE EDUCATIVA DELL’ISTITUTO DELLE FMA:
IL MANUALE DEL 1908
Piera Ruffinatto*
Il tema potrebbe essere affrontato mediante approcci diversi e attraverso
fonti differenziate. Nella prima metà del Novecento, infatti, sono numerosi i
contributi offerti da Superiori e Superiore inerenti all’applicazione del “sistema
preventivo” nell’Istituto delle Figlie di Maria Ausiliatrice. Eloquenti a tale pro-
posito sono gli interventi della Consigliera Scolastica generale, madre Marina
Coppa, i cui orientamenti, trasmessi attraverso le circolari e le conferenze tenute
alle insegnanti di Nizza Monferrato, evidenziano con chiarezza come la mis-
sione educativa salesiana, mentre è rivolta a favorire la maturazione della donna
cristiana, costituisce la ragion d’essere della FMA come insegnante e come reli-
giosa e caratterizza lo stile della comunità educativa1.
Significativi sono pure gli interventi didattici e formativi offerti da don
Francesco Cerruti, Consigliere Scolastico della Congregazione Salesiana dal
1885 al 1917, che segue con attenzione e competenza il progressivo sviluppo
delle scuole delle FMA.
Altro contributo degno di nota è quello di don Filippo Rinaldi che, nel suo
ruolo di Prefetto generale della Congregazione e poi come Rettor Maggiore, ac-
compagna la crescita dell’Istituto e ne cura la formazione spirituale e pedagogica
dei membri. Il suo intervento paterno, autorevole e discreto è soprattutto deci-
sivo nel passaggio dalla dipendenza dalla Congregazione Salesiana all’auto-
nomia giuridica. In quella critica fase storica don Rinaldi guida l’Istituto a con-
servare intatto il patrimonio spirituale ricevuto da don Bosco e lo orienta verso
nuovi traguardi apostolici ed organizzativi.
La mia scelta privilegia il Manuale delle FMA del 19082. Lo considero un
punto d’arrivo e di partenza significativo nell’impegno di interpretare le genuine
“tradizioni salesiane” non solo per quanto riguarda la vita religiosa delle FMA,
ma anche per quello che attiene al metodo educativo. Tale fonte viene elaborata
* Figlia di Maria Ausiliatrice, docente presso la Pontificia Facoltà di Scienze dell’educa-
zione “Auxilium” di Roma.
1 Le circolari di madre Marina Coppa, allegate alla circolare della Superiora generale,
sono 109 ed abbracciano il periodo che va dal 24 novembre 1914 al 24 marzo 1928.
2 Cf Manuale delle Figlie di Maria Ausiliatrice fondate l’anno 1872 dal Venerabile Gio-
vanni Bosco, Torino, Tip. Salesiana 1908.

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all’interno dell’Istituto attraverso un impegnativo iter redazionale, con lo scopo
di raccogliere il patrimonio spirituale di don Bosco e mantenerlo vivo soprattutto
dopo la separazione giuridica dell’Istituto delle FMA dalla Congregazione Sale-
siana avvenuta nel 1906.
Per una migliore comprensione del Manuale ritengo opportuno collocare la
fonte nel contesto storico nel quale le FMA operano. Su questo sfondo, gli ele-
menti metodologici contenuti nel testo appaiono come rilevante punto di con-
fluenza del cammino percorso dalle FMA nel periodo delle origini dell’Istituto.
1. Eventi significativi precedenti la redazione del Manuale
Per le FMA, il primo decennio del nuovo secolo è segnato da un avveni-
mento destinato a cambiare il loro assetto organizzativo. Si passa, infatti, dal-
l’aggregazione alla Pia Società Salesiana all’autonomia giuridica dell’Istituto
delle FMA, cambiamento richiesto dalla Santa Sede tramite le Normae se-
cundum quas del 19013. Per le religiose questo passaggio è vissuto come espe-
rienza difficile, anzi drammatica per certi aspetti, poiché si teme che l’autonomia
danneggi la vitalità spirituale dell’Istituto privandolo in questo modo del riferi-
mento spirituale al Fondatore dal quale deriva la sua stessa identità4. Inoltre, per
ottemperare alla normativa ecclesiale, si procede alla rielaborazione delle Costi-
tuzioni. In esse sono evidenziati in modo nuovo la natura dell’Istituto, i voti reli-
giosi, le modalità di governo e i criteri per l’accettazione dei membri. Si devono
invece escludere i riferimenti alla vita e alla spiritualità del Fondatore, le ampie
introduzioni, le note storiche, i testi biblici o patristici5. Il testo costituzionale
3 Cf Normae secundum quas S. Congregatione Episcoporum et Regularium procedere
solet in approbandis novis Institutis votorum simplicium (26-6-1901), Roma, Tip. S.C. Propa-
ganda Fide 1901. Il processo disciplinare che sfocia nell’autonomia giuridica dell’Istituto
prende l’avvio dalla costituzione Conditae a Cristo del 1900 che riconosce ufficialmente le re-
ligiose di vita attiva e richiede a tutti gli Istituti la rielaborazione delle Costituzioni (cf LEONE
XIII, Conditae a Cristo, 8 dicembre 1900, in Acta Sanctae Sedis 33 [1900-1901] 341-347).
4 Cf E. CERIA, Autonomia dell’Istituto delle Figlie di Maria Ausiliatrice, in ID., Annali
della Società Salesiana III, Torino, SEI 1961, pp. 605-629; G. CAPETTI, Il cammino dell’Isti-
tuto nel corso di un secolo II, Roma, Istituto FMA 1973, pp. 202-231.
5 Cf S. RECCHI, Le Costituzioni rinnovate, in AA.VV., Carismi e profezia. Verso il Sinodo
sulla vita consacrata, Roma, USMI 1993, p. 92. La rielaborazione delle Costituzioni del 1885
viene effettuata dalle FMA durante il V Capitolo Generale che si svolge a Nizza Monferrato
nel 1905, secondo lo schema fornito dalle Normae stesse. In seguito, la S. Congregazione ri-
vede, integra ed approva il testo e, il 17 luglio 1906, lo invia all’Arcivescovo di Torino, mons.
Agostino Richelmy, perché lo consegni alla Superiora generale, madre Caterina Daghero. Il
testo ha come titolo: Costituzioni dell’Istituto delle Figlie di Maria Ausiliatrice e, solo grazie
all’esplicita richiesta della Superiora generale, la Chiesa acconsente che sia aggiunto: fondate
da Don Bosco (cf G. CAPETTI, Il cammino dell’Istituto... II, pp. 225-230 e ID., Note storiche
sulle Costituzioni delle Figlie di Maria Ausiliatrice, Roma, Istituto FMA 1979, pp. 29-30).

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La prima sintesi ufficiale della tradizione educativa dell’Istituto delle FMA … 303
risulta preciso ed essenziale dal punto di vista giuridico, ma completamente
decurtato degli elementi caratteristici dello spirito dell’Istituto. Di qui l’urgenza
di preparare un Manuale che contenga gli elementi specifici della tradizione
salesiana 6.
Dopo un laborioso iter redazionale, il Manuale è approvato dal Capitolo
generale straordinario del 1907. Data la scarsa documentazione non si riesce a
ricostruire l’iter redazionale del testo. Da una lettera del Procuratore generale
dell’Istituto, don Giovanni Marengo a madre Daghero, del 14 gennaio 1907, si
evince che il lavoro venne seguito e curato personalmente dallo stesso. Nel Ca-
pitolo del 1907 il Manuale venne poi accuratamente esaminato e discusso arti-
colo per articolo, apportandovi anche le dovute modifiche prima di giungere al-
l’approvazione7. Nella lettera di presentazione dell’8 dicembre la Superiora ge-
nerale, madre Caterina Daghero, ne precisa la finalità: «Somministrare alle Fi-
glie di Maria Ausiliatrice una guida comune nella pratica delle Costituzioni, e
conservare nell’Istituto le buone tradizioni e lo spirito del Venerabile Fondatore
e Padre don Giovanni Bosco»8.
Il Manuale è articolato in tre grandi parti: la prima contiene gli Ammaestra-
menti ed esortazioni del Venerabile Fondatore e Padre che comparivano già
nelle Costituzioni del 1885 con l’aggiunta di due Lettere di don Bosco alle
FMA9; la seconda parte, esplicitamente normativa, tratta della Vita religiosa del-
l’Istituto, mentre, la terza, dal titolo Regolamenti vari, contiene il Regolamento
per le ispettorie, per i noviziati e per le case di educazione, quest’ultimo prece-
duto dall’opuscolo di don Bosco pubblicato nel 1877: «Il Sistema preventivo
nell’educazione della gioventù». Il titolo della seconda parte del Manuale espli-
cita l’importante intuizione che vita religiosa e vita apostolica sono strettamente
unite, e cioè che l’azione educativa delle FMA scaturisce dalla vocazione alla
vita consacrata e ne esprime la vitalità apostolica.
2. La preoccupazione per «l’unità di metodo e di direzione»
Dalla storia dell’Istituto e dalla lettura attenta della fonte, emerge che in un
periodo di grande espansione, le FMA sono particolarmente preoccupate di man-
tenere «l’unità» del metodo rischiando però di adottare interventi più rigidi ri-
spetto allo stile educativo degli inizi, caratterizzato da flessibilità e familiarità
6 Il Manuale avrebbe dovuto «raccogliere quanto delle antiche Costituzioni e Delibera-
zioni non si trovava più nelle nuove, e a queste non si opponesse» (cf G. CAPETTI, Il cam-
mino... III, p. 232).
7 Cf Verbali del Capitolo generale 1907, in AGFMA 11-6 122, ms.
8 Lettera di madre Caterina Daghero, 8 dicembre 1907, in Manuale (1908) V-VII.
9 La prima è indirizzata da don Bosco alle FMA in data 6 gennaio 1884, e la seconda
il 24 maggio 1886.

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304 Piera Ruffinatto
nelle relazioni. Come documenta José Manuel Prellezo, tra la fine dell’Ottocento
e l’inizio del Novecento il mantenimento dell’unità del metodo era una preoccu-
pazione anche nella Congregazione dei Salesiani. L’anno seguente alla morte di
don Bosco, nel 1889, don Michele Rua, suo primo successore, scriveva in una
lettera circolare ai Salesiani: «In questi ultimi anni si scorgeva qualche disac-
cordo intorno agli studi, intorno alle materie scolastiche, intorno al sistema
d’insegnamento» 10.
Osservando l’articolazione del Manuale delle FMA si costata che l’opu-
scolo sul «sistema preventivo» di don Bosco (1877) è posto nel testo come
premessa al Regolamento per le Case di Educazione11. Se da un lato è apprezza-
bile tale scelta, dall’altra, da una lettura attenta della fonte si evince che negli ar-
ticoli del Manuale, almeno a livello terminologico, non si richiama il metodo
preventivo nella sua globalità, ma si citano alcuni suoi elementi, e precisamente
quelli normativo-disciplinari. Nell’articolo 293, ad esempio, il «sistema preven-
tivo» è identificato con la «sorveglianza assidua e solerte nel dormitorio, nella
Chiesa, nella scuola, nello studio, nell’infermeria, nella ricreazione e nelle pas-
seggiate»12, assistenza che, come si ha cura di precisare, deve essere attuata con
«spirito materno, e senza renderla uggiosa alle allieve»13. L’invito a vigilare
senza rendersi pesanti è significativo perché stempera l’impressione di eccessiva
rigidezza conferita alla sorveglianza continua che le FMA devono avere sulle
giovani. Negli articoli 566 e 567 si precisa che la disciplina e le norme del «si-
stema preventivo» devono essere oggetto della conferenza settimanale della di-
rettrice di ogni comunità al fine di salvaguardare «l’unità di metodo e di dire-
zione»14. Rispetto a questo articolo, va ricordato che la disciplina ispirata al «si-
stema preventivo» è quella che privilegia l’incoraggiamento, il dialogo, le mani-
festazioni di fiducia, piuttosto che i castighi e la punizione.
Elementi importanti si ricavano pure dal Regolamento per le case di educa-
zione già pubblicato nel 1895 e dal quale il Regolamento inserito nel Manuale
deriva. Nonostante la forte somiglianza di tale Regolamento con quello dell’ora-
torio di S. Francesco di Sales elaborato da don Bosco nel 1877, si trovano a
10 M. RUA, Lettere circolari ai salesiani, Torino, SAID 1910, 34. Rispetto ai disaccordi
sul sistema di insegnamento, don Rua fa nuovamente riferimento a don Bosco e al suo Rego-
lamento per le case (1877), nel quale le regole più comuni sono l’impegno degli insegnanti
nell’interrogare tutti, l’attenzione a quelli che sono più deboli, il correggere gli esercizi, il non
imporre gravi e violenti castighi (cf J. M. PRELLEZO, Il Sistema Preventivo riletto dai primi
salesiani, in C. NANNI [a cura di], Don Bosco e la sua esperienza pedagogica: eredità, con-
testi, sviluppi, risonanze. Atti del 5° Seminario di «Orientamenti Pedagogici», Venezia-Cini
3-5 ottobre 1988, Roma, LAS 1989, pp. 42-43).
11 Tale fonte dipende dal Regolamento per le Case di Educazione del 1895 il quale a sua
volta, si rifà a quello dell’Oratorio di S. Francesco di Sales elaborato da don Bosco nel 1877.
12 Manuale (1908) 293.
13 L. cit.
14 Ibid., p. 566.

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La prima sintesi ufficiale della tradizione educativa dell’Istituto delle FMA … 305
volte nel testo varianti significative che rivelano alcune peculiarità dello stile
educativo femminile. In particolare l’attenzione alla formazione della ragazza
soprattutto al suo ruolo di sposa e madre, obiettivo che esprime una linea di ten-
denza diffusa in quel periodo15.
3. Finalità dell’educazione e sue caratteristiche
Il Manuale contiene una concezione di educazione ampia e ricca di pro-
spettive nella quale s’intrecciano dimensioni teologiche e pedagogiche. Consi-
dera, infatti, il processo educativo come l’opera di carità più importante perché
radicata nella missione salvifica di Gesù Cristo16. L’educazione delle giovani è
quindi l’opera di carità alla quale tutte le FMA sono chiamate, a prescindere dal
compito specifico che ogni religiosa svolge all’interno della comunità. Questa,
infatti, con ruoli diversi e complementari, «educa»: «Le suore saranno liete di
consacrare la loro opera nell’umile nostro Istituto, qualunque sia l’ufficio loro
affidato, essendoché tutto concorre a promuovere la gloria di Dio e il bene del
prossimo» 17.
La realizzazione di quest’opera avviene nella dinamica di un processo edu-
cativo in gran parte condizionato dal rapporto tra educatrici ed educande. Anzi,
dalle fonti esaminate si deduce che la relazione vissuta nello stile salesiano è uno
degli elementi decisivi per una buona riuscita dell’educazione18. Il Manuale de-
dica numerosi articoli a descrivere le figure di adulte che si pongono accanto alle
educande. Ciascuna nel suo ruolo interagisce con le giovani in luoghi, momenti,
modalità diverse. Tutte però mantengono uno stile di rapporti improntato a cor-
dialità, confidenza, fiducia, autorevolezza19.
Nella parte che contiene il Regolamento per le Case di Educazione tro-
viamo le condizioni fondamentali per instaurare un efficace rapporto con le ra-
gazze. Già richiamate nei testi precedenti, esse assumono qui maggior organicità
e chiarezza.
15 Cf F. TAROZZI, «Verso il matrimonio». Consigli ai giovani di fine Ottocento, in A.
VARNI (a cura di), Il mondo giovanile in Italia tra Ottocento e Novecento, Bologna, Il Mulino
1998, pp. 87-102.
16 «Fra le opere di carità, quella di istruire le anime nella via della salute e di richiamar-
vele se erranti, è certamente la più importante, perché meglio si avvicina all’opera divina di
Gesù Cristo Salvatore del mondo. E siccome sono molti i mezzi di esercitare tale carità, quelli
che sulla scorta della Divina Provvidenza ha adoperato il Ven. Fondatore, sono, senza dubbio,
di gradimento a Dio ed efficacissimi in mezzo al popolo cristiano» (Manuale [1908], p. 250).
17 L. cit.
18 Cf ibid., p. 250.
19 Cf l’indice analitico del Manuale alle voci: Direttrice a pp. 265-267; Assistente
di classe, di dormitorio, di refettorio, di studio a p. 258; Maestra di scuola e di lavoro a
pp. 275-276.

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Negli articoli generali del Regolamento in esame si esige che l’educatrice
abbia un’autorità morale, perché solo attraverso di essa può incidere nella vita
delle educande. L’esito è garantito se si cerca di evitare «impazienze, irascibilità
e soprattutto affezioni sensibili e parzialità, che sono il verme roditore di ogni
opera educativa»20. Il richiamo all’immaturità affettiva, pur essendo presente in
altre fonti21, contiene aspetti nuovi rispetto al testo del 1895. Ciò conferma come
l’assimilazione dello stile salesiano in ambienti femminili porta con sé anche dei
problemi dei quali già suor Maria Mazzarello aveva avuto chiara percezione sin
dall’inizio dell’Istituto. C’è, infatti, il rischio, da una parte, di lasciarsi condizio-
nare dall’emotività e dal sentimentalismo compromettendo così l’azione educa-
tiva, oltre che la stessa consacrazione religiosa, e, dall’altra, di reprimere tal-
mente la sfera emotiva da tradire uno dei principi metodologici fondamentali del
sistema educativo di don Bosco. È un rischio che preoccupava la prima Supe-
riora generale come testimonia don Cagliero:
«Ricordo come nell’ultima sua malattia, nell’ultimo colloquio con me, la
sera prima della sua morte, mi raccomandasse, dopo gli interessi dell’anima
sua, la vigilanza sulle velleità del cuore, le tendenze alle sdolcinature ed
affezioni troppo umane e sensibili che pareva si fossero introdotte nella
comunità» 22.
Il rischio insito in ogni relazione interpersonale ed educativa è, infatti,
quello di non vivere un rapporto oblativo e quindi tendenzialmente egoistico e
possessivo, opposto perciò al carattere liberante e maturante dell’amore che fonda
il processo educativo. La ricca e complessa sensibilità femminile deve quindi
guardarsi da questi pericoli e nello stesso tempo abilitarsi all’amore gratuito.
Rispetto alle finalità dell’educazione, il Manuale del 1908 richiama la ne-
cessità di tener lontane le ragazze dai «discorsi cattivi, frivoli od anche solo scon-
venienti». È sconveniente tutto ciò che «favorisce il sentimentalismo, la vanità
e distoglie dal proprio dovere»23. Le maestre perciò dovranno essere in grado di
offrire alle ragazze chiari percorsi di educazione dei sentimenti per orientarle alla
costruzione della propria identità in modo solido e non superficiale24.
20 Ibid., p. 503.
21 Cf Costituzioni (1878) XVI 7 e 23; e Verbali del 1° Capitolo Generale 1884, in G. CA-
PETTI [a cura di], Cronistoria [dell’Istituto delle Figlie di Maria Ausiliatrice] IV, Roma, Istituto
FMA 1974, p. 373 [si abbrevierà Cronistoria]. In questo Capitolo emersero problematiche
legate alle cosiddette «amicizie particolari» tra maestre, assistenti e alunne.
22 SACRA RITUUM CONGREGATIONE. Aquen, Beatificationis et Canonizationis Servae Dei
Mariae Dominicae Mazzarello Primae Superiorissae Instituti Filiarum Mariae Auxiliatricis.
Positio super introductione causae, Romae, Typis Guerra et Mirri 1925, p. 337.
23 Manuale (1908), p. 507.
24 È a questa la finalità a cui mirava anche l’azione educativa di Maria Mazzarello: fug-
gire la vanità che impedisce ogni bene, essere sincere a qualunque costo, non stare mai in ozio,
essere serie ed attive (cf Cronistoria dell’Istituto delle Figlie di Maria Ausiliatrice I, p. 127).

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La prima sintesi ufficiale della tradizione educativa dell’Istituto delle FMA … 307
Dopo gli articoli generali che introducono il Regolamento segue un capi-
tolo intitolato: Norme per le suore addette all’educazione delle fanciulle25. In
esso confluiscono gran parte degli articoli presenti nel Regolamento del 1895, a
sua volta dipendente da quello di don Bosco. Sono comuni le tematiche del
«farsi amare più che temere»; della necessità di dare libertà di espressione alle
ragazze correggendole qualora le loro manifestazioni non siano conformi all’e-
ducazione cristiana; il dovere dell’attenzione alle più deboli e difficili ed infine
la modalità salesiana con cui fare le correzioni26.
Gli articoli che seguono, invece, sono nuovi rispetto al testo del 1895 e sot-
tolineano alcuni aspetti della relazione educativa vissuta al femminile. Riguardo
all’assistenza, si aggiunge che essa, più che un rigido controllo, è «opera di ca-
rità cristiana, di amore materno che vigila instancabilmente per prevenire il male
e guidare al bene»27. Tale vigilanza deve essere «solerte, materna, efficace»28. Si
parla delle «cure educative» per indicare gli interventi attuati costantemente e
con sollecitudine per evitare di perdere in un momento il frutto di tante fatiche
educative 29.
La categoria della «maternità educativa» sembra imporsi sempre più come
un elemento originale nel processo di interpretazione operativa del «sistema pre-
ventivo»30. La presenza «materna» delle educatrici accanto alle ragazze è moda-
25 Manuale (1908), pp. 522-546.
26 Si tratta di questi argomenti rispettivamente nel Manuale 1908 ai paragrafi 523-
525,528. Essi dipendono dal Regolamento del 1895 (cf i numeri 2-3-4-9). Pietro Braido mette
in evidenza come i sistemi pedagogici più austeri ed esigenti fondano e giustificano il loro me-
todo puntando direttamente sul traguardo da raggiungere e perciò tendono a guardare il gio-
vane come l’adulto del futuro, da trattare conseguentemente come tale fin dai primi anni della
sua vita. Di qui le leggi e i provvedimenti fortemente responsabilizzanti dei collegi di stile mi-
litare. Nel secolo XIX aveva piena legittimità storica, teorica e pratica, con diverse modalità di
applicazioni, l’«educazione correzionale», nota nel mondo penale educativo e rieducativo. Nel
periodo in cui don Bosco approdava a Torino, trattava in modo appassionato del suddetto argo-
mento il consigliere di Stato del Regno sardo, il conte Carlo Ilarione Petitti di Roreto (1790-
1850), nel saggio Della condizione attuale delle carceri e dei mezzi di migliorarla, in partico-
lare nel capitolo Dell’istoria dell’educazione correttiva e dello stato attuale della scienza, in C.
PETITTI DI RORETO, Opere scelte, Torino, Einaudi 1969, pp. 319-587. Nella fondazione delle
sue opere educative, anche per quelle dirette dalle FMA, don Bosco scelse invece il metodo ad
orientamento familiare, più centrato sul ragazzo e sui «limiti» della sua età, quindi su un’assi-
stenza assidua e amorevole da parte dell’educatore, che «paternamente» o «maternamente» è
presente, consiglia, guida e sostiene (cf P. BRAIDO, Prevenire non reprimere. Il sistema edu-
cativo di don Bosco, Roma, LAS 1999, pp. 7-8).
27 Manuale (1908), p. 531.
28 Ibid., p. 535.
29 L. cit.
30 Nel Regolamento del Convitto di Nizza del 1878 si legge: «Il metodo che si segue nel-
l’applicazione di esso sistema è il paterno, quello cioè che pigliando la via del cuore anziché
della durezza e del rigore, avvezza poco a poco le alunne ad operare il bene con spontaneità
e sincerità» (Regolamento del Convitto di Nizza, in P. CAVAGLIÀ – A. COSTA [a cura di], Orme
di vita tracce di futuro. Fonti e testimonianze sulla prima comunità delle Figlie di Maria Ausi-
liatrice [1870-1881], Roma, LAS 1996, doc. 98, p. 255).

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308 Piera Ruffinatto
lità relazionale caratteristica delle FMA le quali hanno la possibilità di intessere
con loro rapporti sereni, rispettosi, formativi che non si limitano alle ore della
scuola, dove i ruoli sono definiti e spesso formali e la cui modalità comunicativa
mira ad eliminare le distanze 31. È una relazione fondata sul rispetto della
persona e sulla prudenza pedagogica negli interventi ed è sempre animata da
un’evangelica carità. Maestre ed assistenti
«si guarderanno bene dal parlare con leggerezza dei difetti o mancanze
delle loro alunne. Quando la carità lo esigesse, ne parleranno solo con chi
di dovere e con quella prudenza e bontà con cui vorrebbero si parlasse di
loro stesse» 32.
Qui il richiamo al «sistema preventivo» è evidente. Don Bosco, infatti, rac-
comanda agli educatori di farsi amare:
«Studia di farti amare piuttosto che farti temere. La carità e la pazienza ti
accompagnino costantemente nel comandare, nel correggere, e fa’ in modo
che ognuno dai tuoi fatti e dalle tue parole conosca che tu cerchi il bene
delle anime. Le tue sollecitudini siano dirette al bene spirituale, sanitario e
scientifico dei giovanetti dalla Divina Provvidenza a te affidati»33.
Tale impegno richiede, da parte delle educatrici, vigilanza su se stesse per
orientare i propri sentimenti in modo da essere, attraverso l’amore, una media-
zione adeguata dei valori da proporre alle ragazze.
L’elemento della prudenza e della vigilanza su se stesse in ordine alla valu-
tazione delle ragazze anche con le altre educatrici differenzia il Regolamento del
1908 da quello del 1895, lasciando trasparire un’altra difficoltà tipica della tra-
duzione al femminile del metodo educativo salesiano. La psicologia della donna,
31 Il ruolo «materno» di superiore ed educatrici è in sintonia con il modello educativo
dell’Ottocento che enfatizza tale aspetto e trova la sua cornice ideologica nel mito della mis-
sione sociale della donna. Se il Settecento, da un certo punto di vista, rappresenta il secolo
della scoperta dell’infanzia, l’Ottocento può invece essere definito il secolo della scoperta della
madre e dell’esaltazione della funzione materna della donna. Il tema invade la letteratura, la
trattatistica pedagogica, le opere filosofiche e morali e la religione. La donna, infatti, è consi-
derata pacificatrice, consolatrice, confortatrice. Da lei dipende la serenità della famiglia, ma
anche il benessere della collettività. Al modello della donna aristocratica che esercita la sua su-
premazia nel salotto, viene progressivamente a sostituirsi quello legato alla cura dei figli, per-
cepito dalla donna della classe media come occasione di riscatto e di emancipazione dal prece-
dente anonimato, di conquista di una certa forma di potere in quanto «regina del focolare». Di
qui l’importanza di educare la donna a tale compito e l’ideazione di itinerari formativi che la
abilitino a questa missione (cf C. COVATO, Educata ad educare: ruolo materno e itinerari for-
mativi, in S. SOLDANI [a cura di], L’educazione delle donne. Scuole e modelli di vita femminile
nell’Italia dell’Ottocento, Milano, Franco Angeli 1989, pp. 131-135).
32 Manuale (1908), p. 543.
33 G. BOSCO, Ricordi confidenziali ai Direttori (1863), in P. BRAIDO (a cura di), Don
Bosco educatore. Scritti e testimonianze, Roma, LAS 19973, pp. 179-180 (si abbrevierà DBE).

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La prima sintesi ufficiale della tradizione educativa dell’Istituto delle FMA … 309
infatti, è più complessa di quella dell’uomo, meno sintetica e più analitica e
quindi i rapporti, se da un lato traggono giovamento dalle risorse emotive della
donna più attenta alle singole persone, dall’altro possono essere compromessi se
si conferisce troppa importanza ad alcuni elementi secondari e se tali aspetti ven-
gono enfatizzati anche a livello comunitario.
La relazione inoltre, si arricchisce di creatività educativa e di benevolenza
nei confronti delle ragazze «difficili e anche discole»:
«La Superiora si adoperi per conoscerle, s’informi della loro passata maniera
di vivere, si mostri loro amica, le lasci parlare molto; ma essa parli poco, e i
suoi discorsi sieno brevi esempi, massime, episodi e simili. Ma non si per-
dano mai di vista, senza dare a divedere che si ha diffidenza di loro»34.
Nella sezione dedicata alla «maestra di scuola», infine, sono interessanti al-
cune aggiunte rispetto al testo precedente35. All’art. 618 si esortano le maestre ad
accettare «di buon grado l’assistenza nello studio, perché la loro presenza assi-
cura meglio la seria applicazione e il profitto delle alunne»36. La necessità della
presenza della maestra accanto alle ragazze può essere indicativa da un lato della
necessità che tra i vari ruoli svolti dalle FMA non ci siano nette separazioni, in
modo che le ragazze possano incontrare le loro maestre anche al di là del mo-
mento formale della scuola, dall’altro lato forse dell’emergere di un problema
disciplinare che va risolto con l’autorevolezza della maestra anziché dell’assi-
stente di studio.
L’articolo 622 integra il profilo educativo delle maestre col puntualizzare:
«[Le maestre] non dimenticheranno mai che alla buona riuscita della loro
opera educatrice è indispensabile unità di metodo, come di giudizio e di
opera; e che la troppa indulgenza nelle une e troppa severità nelle altre
induce le alunne a far confronti nocivi ed a cambiar di contegno ad ogni
cambiar di maestra»37.
34 Ibid., p. 528. Qui ci si rifà ancora al messaggio educativo del Fondatore: «Nell’assi-
stere poche parole, molti fatti, e si dia agio agli allievi di esprimere liberamente i loro pensieri
[…] I maestri, gli assistenti quando giungono tra i loro allievi portino immediatamente l’occhio
sopra di questi e accorgendosi che taluno sia assente lo faccia tosto cercare sotto apparenza di
avergli che dire o raccomandare» (G. BOSCO, Gli «articoli generali» del «Regolamento per le
case» [1877], in DBE, p. 283).
35 Riguardo alle maestre va ricordato che in quel tempo per l’educazione infantile non si
prevedeva una formazione specializzata del personale. Le FMA che avevano ottenuto il di-
ploma magistrale erano destinate alla direzione dell’asilo o venivano inviate ad aprire scuole
elementari nei vari paesi e città. Un’apposita scuola per la formazione delle «maestre giardi-
niere» si ha soltanto a partire dal 1900 nella scuola «Nostra Signora delle Grazie» di Nizza
Monferrato. Il «Corso fröebeliano», annesso alla Scuola Normale femminile, otterrà dal Mini-
stero della Pubblica Istruzione il pareggiamento ai corsi statali il 30 giugno 1906 (cf P. CAVA-
GLIÀ, Il primo regolamento degli Asili infantili istituiti dalle FMA [1885], in «Rivista di
Scienze dell’Educazione» 35 [1997] 1, 27).
36 Manuale (1908), p. 618.
37 Ibid., p. 622.

1.10 Page 10

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310 Piera Ruffinatto
La finalità dell’educazione integrale delle educande si persegue dunque at-
tuando il «sistema preventivo» soprattutto a livello di relazioni interpersonali.
Sono quindi particolarmente da curarsi le relazioni tra le educatrici perché attra-
verso di esse si favorisce il costituirsi di un ambiente educativo qualificato peda-
gogicamente e salesianamente.
4. Le relazioni comunitarie: condizione indispensabile per la qualità del-
l’ambiente educativo
La seconda parte del Manuale, nella sezione dedicata alla vita comune,
verte più esplicitamente sulle relazioni fraterne come necessario presupposto per
creare un ambiente adatto all’educazione delle ragazze. Benché i riferimenti
espliciti al «sistema preventivo» di don Bosco siano assenti, tuttavia sono nume-
rosi i richiami a qualificare l’ambiente nel quale si attua il processo educativo e
soprattutto a vigilare sul modo di intrattenere i rapporti sia all’interno della co-
munità religiosa sia con le educande. Si puntualizza, infatti, che la carità nelle
relazioni comunitarie e nel rapporto educativo deve essere caratterizzata da due
connotati essenziali: è diffusiva, in quanto si estende a tutte le persone e in ogni
luogo «nelle relazioni tanto fra le suore quanto fra superiore e suddite, come tra
educatrici ed allieve»; deve essere autentica e quindi aliena da esteriorità e for-
malismi, per cui «le espressioni di rispetto, stima e benevolenza dovranno venire
dal cuore, e non essere una semplice larva esteriore»38. Le relazioni tra le suore
sono perciò autentiche ed efficaci ai fini dell’educazione in proporzione della
carità che le anima. Il Manuale a conferma di ciò sottolinea:
«In esse [Costituzioni e Manuale, le FMA] troveranno il segreto della
propria perfezione, una guarentigia del buon ordine in casa e un indirizzo
opportuno per trattare vicendevolmente tra loro, colle alunne e cogli
esterni» 39.
Il Manuale presenta poi una serie di orientamenti pratici che rendono possi-
bili tali rapporti40. Qui ci si riferisce a quelli che sono attinenti alla missione
educativa. All’articolo 48 si raccomanda che nessuna suora si permetta di «cen-
38 Ibid., p. 43.
39 Ibid., p. 10. L’intrinseca unità tra consacrazione e azione educativa viene qui ad essere
ribadita. Alla luce di queste affermazioni andrà risolta una possibile “dicotomia” tra vita reli-
giosa e missione educativa nella vita delle FMA in base al dettato delle Costituzioni del 1906
nelle quali si asseriva che «Le Figlie di Maria Ausiliatrice, prima di ogni altra cosa, procure-
ranno di esercitarsi nelle cristiane virtù, dipoi si adopereranno a beneficio del prossimo. Scopo
secondario e speciale dell’Istituto è di coadiuvare alla salute del prossimo col dare alle
fanciulle del popolo una cristiana educazione» (Costituzioni dell’Istituto delle Figlie di Maria
Ausiliatrice fondate da Don Bosco, Torino, Tip. Salesiana 1906, pp. 2-3).
40 Cf Manuale (1908), pp. 44-47.

2 Pages 11-20

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2.1 Page 11

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La prima sintesi ufficiale della tradizione educativa dell’Istituto delle FMA … 311
surare il metodo usato da taluna nell’insegnare, nell’assistere o nel disimpegnare
qualsiasi altro ufficio»41. Ritorna poi l’esortazione ad essere educatrici affettiva-
mente equilibrate e imparziali e, per questo, ad astenersi
«dagli abbracci, dai baci, dal passeggiare a braccetto e da atti simili, sia
colle Consorelle, sia colle giovani convittrici, allieve della scuola e degli
Oratori. Tali cose accennerebbero ad amicizie particolari, che non devono
mai avere luogo nell’Istituto, poiché si ha da praticare la massima di S. Gi-
rolamo: O ignorarle tutte od amarle tutte ugualmente»42.
Viene inoltre richiamata l’esigenza di alimentare in sé e nell’ambiente uno
«spirito lieto», cioè di orientare la formazione della propria personalità in fun-
zione della capacità di entrare in relazione con le persone in modo aperto, cor-
diale e sereno43.
Per quanto riguarda le relazioni tra superiora, consorelle e ragazze è inte-
ressante notare che il Manuale nella sezione sulla vita religiosa dedica alla supe-
riora soltanto 6 articoli, mentre se ne trovano 62 nel Regolamento per le Case di
Educazione posto in appendice. Ciò sembra confermare l’esigenza formativa se-
condo cui, la direttrice deve provvedere come suo primo compito alla forma-
zione delle FMA, ma si deve dedicare «nel miglior modo» alle alunne interne ed
esterne, in quanto si pone come facilitatrice di relazioni tra le FMA, e tra educa-
trici e ragazze44. La sua azione sulle alunne sarà, infatti, indiretta perché mediata
dalle educatrici 45. In particolare la direttrice dovrà vigilare affinché le FMA
usino «buone e caritatevoli maniere verso le alunne»46; si preoccuperà di radu-
nare le insegnanti all’inizio dell’anno per commentare con loro le norme peda-
gogiche del Fondatore don Bosco, esortandole in particolare alla concordia e al-
l’unità di intenti47. Tutto questo per far sì che l’azione educativa sia compiuta
nello «spirito dell’Istituto» e cioè la scuola, il lavoro e la ricreazione siano fina-
lizzate all’educazione integrale delle ragazze48.
Le superiore sono chiamate a promuovere tra le sorelle la «concordia, la
pace e lo zelo per le opere proprie dell’Istituto», e nel loro modo di essere e di
agire a lasciarsi animare «dallo spirito di carità»49. Nell’esercizio dell’autorità
41 Ibid., p. 48.
42 Ibid. IV, p. 54.
43 Manuale (1908) IV, p. 51. È evidente il richiamo alle Costituzioni del 1885 IX 5 dove
si esorta la maestra delle novizie a formare le future FMA all’indole lieta, sincera ed aperta
(cf ibid. IX, p. 5).
44 Cf ibid., p. 552.
45 Cf ibid., p. 565.
46 Ibid., p. 572.
47 Ibid., p. 566.
48 Cf ibid., p. 568. Confluiscono in questo testo gli elementi riguardanti la direttrice
dell’oratorio presenti nei documenti citati quando si è trattato di questa figura educativa.
49 Ibid., p. 30.

2.2 Page 12

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312 Piera Ruffinatto
esse devono praticare le virtù «dell’umiltà, della dolcezza, della fermezza, della
pazienza, dello zelo e dell’unione con Dio» 50, e nei rapporti interpersonali
rafforzano il «vincolo della carità fraterna»51. Per questo si raccomanda la pra-
tica della cortesia e della buona educazione nel tratto reciproco, della formazione
alla «buona creanza», cioè al «modo di comportarsi nelle conversazioni e nelle
varie occorrenze della vita: in casa, fuori di casa, verso le alunne, con tutti»52. A
questo proposito si cita S. Francesco di Sales che «chiamava il Galateo Carità»
e don Bosco che lo considerava «una forma di modestia cristiana»53.
Dalla documentazione riportata risulta che nel Manuale allo studio non esi-
stono dicotomie tra relazioni comunitarie ed educative, anzi, i legami tra FMA e
ragazze costituiscono quello che oggi viene chiamato un «circuito sistemico» nel
quale si crea una fitta rete di interdipendenze e di influssi reciproci. Gli articoli
del Manuale propongono in pratica alle FMA lo stile di relazioni del «sistema
preventivo»; esso resta la meta da raggiungere in ordine alla propria autofor-
mazione e all’educazione delle ragazze e al tempo stesso la via metodologica
più efficace.
In conclusione, il Manuale lascia emergere le linee portanti della tradizione
pedagogica delle FMA che in questo periodo si va consolidando sia con l’appli-
cazione del «sistema preventivo» in ambiente femminile, sia con la sua diffu-
sione in diversi luoghi e culture.
A livello operativo non sono assenti problematiche, fatiche e difficoltà. Le
FMA si chiedono come ottenere che nella relazione educativa si armonizzino, da
un lato, la cordialità e l’affabilità tipiche dell’educatrice salesiana, che mira a
«farsi amare più che temere», perché le giovani «amino» a loro volta i valori
proposti da lei e s’impegnino ad assimilarli personalmente; dall’altro lato la fer-
mezza e l’autorevolezza che permettono all’educatrice di conservare una posi-
zione «asimmetrica» rispetto alle ragazze e in tal modo assicurare la serietà di un
rapporto educativo che non scada nel cameratismo.
Ancora, ci si chiede come conservare il clima di relazioni spontanee e
familiari tipico della comunità delle origini dal momento che l’espansione del-
l’Istituto e l’apertura di collegi con numerose educande rischiano di favorire la
perdita della spontaneità nei rapporti, l’eccessiva istituzionalizzazione, l’indebo-
limento dell’approccio personalizzato.
Sono problemi che prenderanno maggior consistenza negli anni successivi,
anche per l’influenza del clima sociale e politico della prima metà del Novecento
che in Italia favorirà la progressiva statalizzazione e omologazione dell’educa-
zione all’ideologia fascista, caratterizzata da maggior rigore e disciplina.
50 Ibid., p. 31.
51 Ibid., p 41.
52 Ibid., p. 43.
53 L. cit.