11_anno6_num2_0359-0368


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NOTE
RICORDI E RIFLESSI DI UN'EDUCAZIONE RICEVUTA.
UN EX ALLIEVO DEL PRIMO ORATORIO SCRIVE A D. BOSCO
Francesco Motto
E' noto che i caratteri e gli orientamenti basilari del metodo educativo di don
Bosco sono stati da lui fissati in vari scritti « pedagogici ». Questa stessa rivista
ne ha recentemente pubblicati alcuni. Non sembra però inutile sottolineare che
per una comprensione più profonda dell'attività e degli ideali di don Bosco, tali
testi, sia pure presentati in attente edizioni critiche, non bastano. Occorre
confrontarli tra loro e soprattutto leggerli in rapporto con la vita dell'educatore
subalpino, con il suo concreto operare di ogni giorno. Tant'è che le raccolte
antologiche solitamente riportano, oltre alle trattazioni « teoretiche », anche
cronache, resoconti di colloqui, discorsi, « buone notti », lettere, regolamenti,
brani di letteratura giovanile e popolare.
Fra queste « fonti » di genere e valore diverso, ma comunque atte a favorire
una piena intelligibilità degli scritti propriamente pedagogici, crediamo che si
possa, anzi, si debba porre la corrispondenza « d'amorosi sensi » intercorsa fra i
giovani e don Bosco, corrispondenza della quale intendiamo qui offrire un
significativo saggio. Se infatti è vero che il sistema educativo di don Bosco si è
tradotto in documenti riflessi dopo che si è concretizzato nel vissuto quotidiano di
Valdocco, è altrettanto vero che il volto di questo vissuto è prima di tutto quello
dei giovani da lui accostati.
Ciò considerato, è evidente che le pur copiose testimonianze che don Bosco
ci ha lasciato (in primis le « biografie » di Domenico Savio, Michele Magone,
Francesco Besucco) richiedono di venir integrate con le testimonianze degli stessi
interessati. Detto in altri termini: il risultato dell'educazione impartita all'Oratorio
di Valdocco è rilevabile sia « cogli occhi di don Bosco » che scopre tale risultato
nei comportamenti ed atteggiamenti assunti dai giovani, sia « cogli occhi
dell'educando » che esprime con sincerità le risonanze, non solo esteriori, degli
interventi pedagogici di cui è stato oggetto o testimone. Con l'analisi comparata
delle due facce della stessa medaglia si è in condizione di stimolare l'intelligenza
e la fantasia onde ricostruire il meno infedelmente possibile quell'« opera d'arte »
che era la vita del « piccolo mondo antico » del primo Oratorio di don Bosco.
La lettera che pubblichiamo, nella fortissima carica di affettività umana e
spirituale, costituisce a nostro avviso una preziosa testimonianza ed una
traduzione esemplificativa di tipiche dimensioni della prassi educativa e pastorale

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Francesco Motto
di don Bosco, quali ad esempio la sua costante sollecitudine per la salvezza delle anime, il
desiderio di incontrare frequentemente i suoi giovani — ormai fatti uomini maturi — per dar
loro suggerimenti e raccomandazioni improntate a spirito di fede, la preoccupazione perché i
semi spirituali, le verità cristiane che aveva scolpito nel cuore dei giovani al tempo della loro
convivenza con lui a Torino (onestà nella vita, impegno nel lavoro, accettazione del sacrificio,
pratica religiosa in qualunque situazione ed ambiente) non venissero soffocate da influssi ed
esperienze di segno opposto.
Nelle parole dell'ex allievo si ritrovano altresì tracce indelebili del clima educativo che
regnava all'Oratorio: la familiarità fra educatore ed educando, la gioia del loro vivere assieme,
la cordialità dei rapporti, la dimostrazione da parte dell'adulto e la percezione da parte del
giovane di un affetto umano e soprannaturale, la capacità polarizzatrice, « ammaliatrice » di
don Bosco, figura dolce e forte, umana e religiosa, amabile ma pure portatrice di valori per il
presente e per il futuro.
Scriverà don Bosco nel trattatello del 1877: « Il Sistema Preventivo rende affezionato
l'allievo in modo che l'educatore potrà tuttora parlare col linguaggio del cuore sia in tempo
dell'educazione sia dopo di essa. L'educatore, guadagnato il cuore del suo protetto, potrà
esercitare sopra di lui un grande impero, avvisarlo, consigliarlo, ed anche correggerlo allora che
si troverà negli impieghi, negli uffizi civili e nel commercio ».1 Ebbene, ecco quanto dieci anni
prima scriveva a don Bosco Roberto Borgialli, l'ex allievo redattore della lettera di cui stiamo
parlando: «Creda che sempre lo amai, lo amo e lo amerò: io in lei trovo ogni conforto e
ammirai, e ammiro le sue gesta anche da lontano [...] Vedo in lei l'unico che volgerebbe l'anima
mia ad ogni verso [...] pongo io fiducia su di lei, i suoi consigli e le sue decisioni non le
disprezzerò mai, rifletta e mi scriva. Quanto lei mi consiglia sarò disposto ad intraprendere.
Nessuno più di lei sa e conosce il cuore mio e potrà decidere [...] mi consigli, mi ami, mi
perdoni [...] ». Come escludere che don Bosco possa avere avuto davanti agli occhi questa o
simili corrispondenze allorché il 29 luglio 1880 si rivolgeva agli ex allievi sacerdoti, convenuti
presso di lui, con queste parole: « Ma per riuscire coi giovanetti, fatevi un grande studio di
usare con essi belle maniere, fatevi amare e non temere [...] Forse per alcuni vi sembreranno
gettate al vento le vostre fatiche e sprecati i vostri sudori. Per il momento forse sarà così; ma
non sempre, neppure con quelli che vi paiono più indocili. Le buone massime, di cui opportune
e importune li avrete imbevuti; i tratti di amorevolezza, che avrete loro usati, rimarranno loro
impressi nella mente e nel cuore. Verrà tempo che il buon seme germoglierà, metterà i suoi
fiori e produrrà i suoi frutti »2
1 G. Bosco, Il sistema preventivo nella educazione della gioventù, RSS 4 (1985) p. 292.
2 MB XIV 513. Concetti simili don Bosco li svolgerà in tutti i raduni degli ex allievi,
sacerdoti o meno, dal 1870 in poi. Si veda l’INDICE delle MB alla voce ex allievi.

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Ricordi e Riflessi di un'educazione ricevuta
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Nella concezione e nella prassi di don Bosco l'educazione si colloca in un contesto di
comando-ubbidienza, insegnamento-apprendimento solo dopo che i giovani, alla proposta
d'amore dell'educatore, hanno risposto con altrettanta disponibilità di affetto verso la sua
persona. E' questo il messaggio centrale della famosa lettera da Roma del 10 maggio 1884:
bisogna « che i giovani non solo siano amati, ma che essi stessi conoscano di essere amati ».3
Le toccanti espressioni del Borgialli ci sembrano il miglior commento e la più esplicita
conferma della validità indiscussa di tale aforisma: « scorsi sì che sempre mi ama, e che nutre
per me un affetto non particolare, ma divino [...] ma finalmente tutto superai, e veniva con lei,
era con lei e dei suoi; io già quei dì credeva essere dei più felici dei viventi, al suo desco,
camera a lei attigua, in essa vederlo così sovente; non glielo diceva ma l'amava e era contento
[...]io riconosco in lei quella persona che può predominare su di me e domare le mie passioni.
So che mi ama ma io lo amo pure [...] ».
Indubbiamente una lettura « oggettiva », prospetticamente valida di un simile testo
epistolare deve tener conto del tributo che il suo estensore ha pagato alla situazione psicologica
in cui si è trovato a scrivere. Niente di più facile che cadere nella retorica, nell'ampollosità
quando si rievocano nostalgicamente cari ricordi di gioventù, specialmente se ci si riferisce ad
un periodo della propria vita in cui si è vissuto con persone che ci hanno affascinato e che ci
affascinano tuttora. Ma al di là del tono enfatico che costituisce l'evidente limite della lettera, la
sincerità e l'onestà del suo redattore merita credito. Non ci si dimentichi poi che non siamo di
fronte ad una relazione da leggersi in pubblica assemblea, neppure siamo davanti ad un tipico
discorso conviviale; quella del Borgialli è una lettera privata, intima, riservata, liberamente
vergata da un uomo ormai maturo, con diciotto anni di vita militare alle spalle, che per tutto
questo tempo solo sporadicamente ha incontrato don Bosco.4
Data la carenza di testimonianze di prima mano, autografe e attendibili circa i primi anni
dell'attività di don Bosco a Torino, la lettera in questione assume una particolare importanza. Il
Borgialli non solo è uno degli allievi del catechismo che don Bosco (ancora « studente » al
Convitto Ecclesiastico) teneva nella chiesa di S. Francesco d'Assisi, ma è anche uno dei
primissimi giovani da lui accolti come pensionanti a Valdocco.
Purtroppo al di là delle scarne informazioni che si possono trarre dalla
3 G. Bosco, La lettera da Roma del 10 maggio 1884, RSS 3 (1984) p. 342.
4 A coloro che, in occasione del viaggio di don Bosco a Parigi nel 1883, esprimevano
dubbi circa la perseveranza degli ex allievi di Valdocco una volta « usciti dal nido ed entrati
negli opifici o nelle caserme », l'educatore piemontese rispose: « Quasi tutti continuano a
confessarsi nelle nostre case. A Torino, il sabato sera e la domenica mattina, ne vengono molti.
Nell'esercito italiano poi si sa benissimo che i provenienti dai nostri laboratori sono praticanti;
infatti li chiamano i Bosco. Se ne trovano in tutti i gradi della milizia » (MB XVI 167). La
lettera del Borgialli è una splendida testimonianza della verità delle affermazioni parigine di
don Bosco.

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Francesco Motto
lettera, di Roberto Borgialli non si è riusciti a conoscere altro. Invero nel quaderno, autografo
di don Bosco, dal titolo «Repertorio domestico (18471850) », si legge: « Il giovane Borgialli
Domenico venne con D. Bosco. Il 20 marzo 1848 [...seguono elenchi di spese e rimborsi] ».5 Il
nome di Domenico Borgialli figura pure fra i giovani che nel 1848 fecero gli esercizi spirituali
con D. Bosco « e che si mostrarono sempre buoni cristiani », come riferiscono le Memorie
dell'Oratorio.6 Che al nome di Domenico Borgialli, come scrive don Bosco, corrisponda la
stessa persona di Roberto Borgialli, come invece si firma l'autore della lettera? Prove
apodittiche non siamo in grado di produrne, ma pare abbastanza probabile, stante la relativa
frequenza, ieri come oggi, dell'uso di due nomi.7
Quanto all'occasione che ha dato motivo alla lettera non ci sono dubbi. Il Borgialli aveva
dovuto anticipare di vari giorni la sua già programmata visita a don Bosco poiché era stato
improvvisamente richiamato in servizio. Non sentendosi disposto in quel colloquio a
confessarsi da don Bosco, una volta tornato in caserma volle mantenere la promessa di « fare
Pasqua » e di scrivergli la sua opinione circa la proposta, che don Bosco gli aveva avanzato, di
farsi salesiano.
Tutto lo spazio disponibile sui due fogli doppi, di leggera carta azzurra da lettera, è
ricoperto dalla scrittura minuta, ma leggibile, del Borgialli. Solo l'ultima facciata è rimasta
libera. Le dimensioni sono: mm. 210 X 136. Sulla prima pagina, nell'angolo superiore sinistro,
fa bella mostra di sé la fotografia, formato tessera, dell'estensore della lettera, in perfetta
uniforme militare. Posizione archivistica: ASC 126.2; FDB mc. 1584 D 7 - 1584 E l.8
Il testo che riproduciamo è fedelissimo all'originale manoscritto, errori di scrittura, forme
dialettali, anacoluti compresi. Solo qua e là abbiamo aggiunto segni di interpunzione, onde
facilitare la non sempre agevole lettura. Nostri sono i titoli (fra parentesi quadre) che
scandiscono le parti della lettera.
5 ASC 132 Quaderni, 9 quad., [p. 13]. Poco dopo, alla pagina [22] si legge: «Al Sig. D.
Borgialli » furono inviate 24 copie del Giovane provveduto. Uno zio del giovane Roberto-
Domenico Borgialli? Il fatto che il presumibile nipote non escludesse in quegli anni la
possibilità di diventare sacerdote potrebbe costituire un modestissimo indizio in tal senso.
6 G. Bosco, Memorie dell'Oratorio di San Francesco di Sales dal 1815 al 1855, a cura di
E. Ceria, Torino, SEI 1946, p. 207. Al momento in cui don Bosco scrive (1873 circa) il
Borgialli era già deceduto.
7 Così ad es. nei suaccennati « Repertorio domestico » e Memorie dell'Oratorio (note 4 e
5) si attribuisce il nome Giuseppe al giovane Buzzetti, mentre il nome di battesimo era
Romualdo.
8 Nel volume Fondo Don Bosco, a cura di A. Torras, accanto a questa microscheda
compare il nome di Roberto Torgialli, e non Roberto .Borgialli. Nell'incertezza di lettura della
firma autografa, sembra debba preferirsi la seconda lezione, vale a dire Borgialli.

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Ricordi e Riflessi di un'educazione ricevuta
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Bologna, il 29 aprile 1867
Amato mio D. Gioanni Bosco:
Compio oggi un sacro dovere coll'attendere alla promessa di scriverle e voglio darci
prova che quanto le giurai che avrei fatto, lo feci; perciò qui le accludo il biglietto della mia
pasqua e ciò solo per dimostrarci che tranquillizai l'animo mio con Dio; non ci descrivo i
particolari ma ci basti. Lo mozzai per tenerne una parte nel mio taquino per mio ricordo; trovai
un degno sacerdote, mi ascoltò, mi assolvette.
D. Bosco se più volte i suoi ragionamenti fecero sensazione nell'animo mio, mai mi parlò
al vero ed al commovente come il dì 14 corrente:9 scorsi sì, che sempre mi ama, e che nutre per
me un affetto non particolare ma divino. D. Bosco! Sì, la sorte fu per me aversa, ma lei mai
volle dimenticarmi e con questa mia le porgo i miei sentiti ringraziamenti.
So che le grandi occupazioni che ella tiene non ci permettono perdere tempo per leggere
le mie storielle, ma mi vorrà compatire per questa volta e ascoltarmi ed incomincio.
[Ricordi dell'educazione e formazione ricevuta]
Dal primo dì che ebbi la fortuna di conoscerlo era in sui 13 o 14 anni e ciò nel 43; nel
frequentare il suo cattechismo nella chiesa di S. Francesco10 sentiva nelle sue spiegazioni e nei
suoi racconti un certo divino raggionare e li succhiava come un bimbo succhia il latte della
madre. Infatti il terrore del mondo e dei pericoli mi fecero risolvere entrare in Religione; il
poco studio da me fatto altro non si poté scegliere, che nei Fratelli delle Scuole C[ ristia] ne,11
ma ben diverso mi sarei diciso se già ella in allora avesse apperto la sacra casa; tuttavia nei
F[rate]lli non trovavami appagato, e mi dicisi uscirmene, sebbene la durata della mia dimora
colà non abbia a rimproverarmi e poco e dir nulla mi sia stato che abbia rimorso di coscienza, e
da rendere conto a Dio.
Volli sortire perché agognavo seco lei vivere e così feci; trovai urti coi miei parenti non
indiferenti e sparsi varie lacrime in quei dì ma finalmente tutto superai; e veniva molto con lei,
era con lei e dei suoi; io già quei dì credeva essere dei più felici dei viventi, al suo desco,
camera a lei attigua,
9 Nell'anno 1867 la Pasqua cadeva il 21 aprile, pertanto il 14 aprile era la « domenica
delle palme ».
10 II 3 novembre 1841 D. Bosco era entrato al Convitto ecclesiastico di Torino per
completare i suoi studi teologici. Vi rimarrà per tre anni, ma nei momenti liberi dallo studio e
soprattutto nelle domeniche teneva una specie di oratorio, con un punto di riferimento nella
chiesa di S. Francesco d'Assisi.
1 Essendo il Borgialli ormai in età non scolare, dovrebbero essere state le « scuole serali
per gli adulti » che i Fratelli delle Scuole Cristiane gestivano fin dal 1845.

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in essa vederlo sì sovente; non glielo diceva ma l'amava e era contento; vedeva crescere le sue
benefiche opere di giorno in giorno e contentissimo era del mio vivere; fece l'opera di S.
Luigi,12 mi ascrisse fra i confratelli e mi ricordo faceva l'8; sì, fui pure uno dei fortunati, fui in
quell'anno uno dei suoi che vuole rinnovare lei ciò che fece il buon Gesù il giorno del Giovedì
Santo; e varii fatti io mi ricordo da essere in me memorandi durante quel breve mio soggiorno
con lei,13 che ho da farmi un vanto essere stato presso di lei.
[L'involontaria partenza da Valdocco. L'esperienza militare]
Cosa avvenne di me in appresso a tanti bei fatti? Venne la coscrizione, mi ricordo non
aver voluto andare a tirare il N[umero], e aver fatto questo proposito: la mia sorte sta nella
coscrizione: se felice, bene io fortunato; se aversa è segno che non sono bastanza degno di
solevarmi al prefisso mio intento cioè farmi sacerdote, e così seguirò il mio destino.
Or bene la cosa avvenne aversa: una mattina sia prima o dopo udita la sua messa veniva
chiesto da persona del mio paese e mi venne consegnata una lettera cui aveva estratto per me il
sindaco il N. 37 e assegnato al contingente e mi invitava di portarmi a casa; ciò comunicato a
lei, non fecemi altra risposta che un sceriso e mi disse: bene, pazienza, sei nelle mani della
provvidenza.
Poco dopo mi portai a casa e credo certo provai una sensazione risentita dovermi
allontanare, ma a forza del destino non si può urtare e così fu d'uopo rassegnarmi; ebbi io allora
poche parole da lei, e ciò mi convinsero che non vedeva in me i requisiti di poter venir un buon
ecclesiastico.
Andai nel militare e sarebbe troppo lungo il tempo se dovessi descriverle ogni mia aver
sita; urtai fra scogli e perigli e fortuna è se trovami ancora fra i viventi; quello che mi conforta
si è che trovai un degno Cappellano Cav. Richiardi di Saluzzo, ora professore di metodo in
Brescia, e preso da questi in considerazione mi salvò da cento cadute, e mi perfezionò alquanto
con le sue lezioni e giunsi a poter prendere li esami di maestro elementare 1a 2a 3a 4a con buon
successo; nel militare feci un periodo di tempo scuola e poi anche dovetti desistere perché ad
altre incombenze veniva applicato.
[Ulteriori incontri con Don Bosco]
Nel mio soggiorno a Torino e nei miei passaggi veniva vederlo anzi venni fare qualche
confesione costì ma altre volte andava alla Consolata; ma nel 52
12 L'opera di S. Luigi, o, meglio, la « Compagnia di S. Luigi », era un pio sodalizio
approvato con rescritto autografo dell'arcivescovo di Torino mons. Luigi Fransoni il 12 aprile
1847, vari mesi prima che don Bosco iniziasse ad accogliere nella casa Pinardi giovani
pensionanti, che si recavano in città per il lavoro o per la scuola. Dal momento che il Borgialli
sarà chiamato alle armi in occasione della prima guerra di indipendenza (1848-1849), la sua
permanenza a Valdocco, come noterà lui stesso, non potè essere che « breve ».
13 Vedi nota precedente.

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in seguito al suo invito mi ramento aver ottenuto una licenza di 15 giorni e seco lei essermi
portato a Lanzo ove feci io pure gli esercizi spirituali; 14 era meco il giovane Cotello. Sì, creda,
mio amato D. Bosco, io riconosco in lei quella persona che può predominare su di me e domare
le mie passioni. So che mi ama ma io lo amo pure; e chiamai felici quelli che lo ascoltarono e
le stettero vicino.
Fu un periodo di anni che per le eventualità di mio mestiere io non lo vidi, però dal 61
credo veniva a trovarlo ove mi raccontò il giorno prima aver avuto una disgustosa e indegna
visita; altra volta lo riscontrai in Racconigi ma il tempo da sofermarmi era breve perché doveva
addempiere obblighi del mestiere: mi spiacque non aver potuto attenderlo essendo io colà
recato per aver un abboccamento con un mio f[ratello] minore solo.
[L'incontro della domenica delle palme]15
Ora vengo al dì 14 aprile: mi portava in licenza di 60 giorni e devisato aveva dopo il dì di
Pasqua portarmi a Torino ove a mio agio veniva a trovarlo ed era pure mia intenzione di seco
lei concertare per l'anima e corpo, quando un inaspettato ordine ricevuto veniva chiamato al
Corpo e così mandava a fallo ogni mio progetto; ciò perché la mia comp[agnia] si dovette
inaspettatamente portarsi in distaccamento sito ove sono, e cioè al Forte S. Felice; però
dopodomani rientrerò a Bologna.
Amato mio D. Bosco, sembra che abbia ragione lagnarsi di me, si, ma creda pure che
sempre lo amai, lo amerò: io in lei trovo ogni conforto e ammiro le sue gesta anche da lontano;
ma parlai né permisi sentire di lei parlarne male; sempre lo diffesi. Vedo in lei che volgerebbe
l'anima mia ad ogni verso; restai confuso, estatico, eletrizato nelli suoi ragionamenti; furono
forti e sentiti: mise in me uno sconcerto e mi rese a tal punto da restare abagliato nel vedere che
sempre mi ama svisceratamente; sì, o caro D. Bosco. Credo la comunione dei Santi.
Non se la prenda male se non aderì a confessarmi: mi accorsi che ella già sapeva quali
sono i miei peccati e che forse ero vergognoso a confessarli; non caro D. Bosco, non mi
confessai perché sconcertato ero, di animo non preparato, però se non veniva disturbato quasi
annuiva tosto; basta, quello che non feci con lei, lo feci qui con altro sacerdote e ringrazio Iddio
che ebbe misericordia di me.
Amato mio D. Bosco, non sia sdegnato contro di me, mi ami sempre, vedrà: se non
merito più appartenere fra i figli di S. Luigi, almeno verrò posto fra i confratelli di S. Paolo. I
suoi ragionamenti, i suoi consigli produs-
14 Nel 1852 a Lanzo si erano tenuti due corsi di Esercizi spirituali, uno per sacerdoti ed uno per
laici: cfr. MB IX 470. A quest'ultimo dovette partecipare il Borgialli.
15 Vedi nota 7.

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sero in me quell'effetto che fece in S. Paolo le parole che intese da Dio quando lo chiamò al
ravedimento, cioè: Saul Saul perché mi perseguiti? Don Bosco, io non lo perseguitai, sì, ma lo
poneva in oblio, e ciò per trascuratezza e vizio, ma ora le sue parole, la sua voce non mi resero
cieco ma mi tennero e tengono gli occhi quasi sempre aperti, quasi tutti i momenti sembrami
sentirlo parlare, molte ore di notte a lei rivolgo il pensiero mio, a lei e mi ripeto quanto sentì in
quell'ora. Spero che mi vorrà perdonare e se ad Iddio erano accette le preci di Cornelio sebbene
pagano ancora, spero che accetterà anche le mie sebbene peccatore ma ora raveduto.
D. Bosco ogni uomo deve tendere a stabilirsi una posizione onde non divinire d'agravo
alla società e servirsi dei mezzi leciti che Iddio le porge avanti. Io certo non feci il presente
mestiere per vocazione ma bensì per forza, tuttavia sia volontà di Dio, sia per castigo di questo,
dovetti servirmi per procurarmi una posizione in società; creda: sudai, piansi, faticai assai di
più di tanti altri ma colla costanza doveva venire a far vedere che poteva raggiungere a qualche
cosa; fui sempre paziente ed ubbidiente, questo sì, o caro D. Bosco, ce lo posso asserire
positivamente.
Il vago ragionamento che con lei feci,16 creda anche avvi del ponderato e l'assicuro che
mi disporrei quasi a risolvermi ma ci vuole un maturato ragionamento e un gran aiuto di Dio e
di D. Bosco per poterlo porre ad esecuzione; aspetto un suo parere ed ora che ci poniamo nella
corrispondenza e che maturate sono al completo le mie ragioni, franche possiamo dire le cose
come stanno: avrei io pure se ciò potessi riescire un piano quasi simile a quello che lei fece a
cominciare dal 48 in adesso ed è questo il suo, i seminari vennero chiusi ed ella con figli del
popolo ne sostituì questo e diede alla chiesa degni sacerdoti vari suoi sudditi.
[ I cappellani militari ]
Sta in un cetto di persone che ora ce lo dirò, che per quanto a Religione pare che sia posta
in oblio: e queste sa chi sono, ce lo dirò è il povero soldato; eravi ancora uno fra i tanti che
poteva sostenere i diritti di questi che era il Cappellano, anche questi vennero dispensati e tolti;
si andava ancora a messa alla domenica, questa venne da la maggior parte dei colonnelli tolta: è
vero che erano messe più di pompa che altro ma tuttavia quello che voleva volgere un pensiero
a Dio quella era per lui una propizia circostanza. Giacché sono caduto nell'argomento dei
cappellani quasi sarei dirci se male averli aboliti, quasi però fu un bene. Mi permetta quanto sto
per dirci, pure cosa giurata,
16 Pare di intuire, da tutto il contesto della lettera, che don Bosco gli abbia proposto di
farsi salesiano. Per altro non sarebbe questo l'unico caso di un militare di carriera che si sia
messo a disposizione di don Bosco. L'ufficiale di cavalleria Benvenuto Graziano non solo si
fece salesiano, ma fece parte della terza spedizione missionaria in America Latina nel 1877.
Cfr. INDICE delle MB alla voce Graziano.

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dei sacerdoti che ambivano a tal cariche comunemente (regola senza eccezione) ed in parte
maggiore erano fece e mi permetto dirci aver conosciuto molti di questi sacerdoti che framezzo
agli uff[icia]li per darsi il vanto di liberali o pur sacerdoti fatti solo per altri fini; se ne sentiva
di quelle che dirci franco noi secolari comunemente non si dicevano e ne facevano
scandalosamente quasi senza verrun pudore; altri poi più calmi ma dati all'ozio e poltronagine
nel loro ministero e non altro facevano che censurare l'operato dei Superiori e lagnarsi quando
si obbligavano per fare quel poco di scuola cui nel loro ministero doveva essere connesso e
prefisso dai suoi doveri, dai Regolamenti. Coi diciotto anni che servo, vero e degno cappellano
io ebbi solo da conoscere il D. Richiardi sopra già segnato.
Qui starebbe, o caro don Bosco, una riforma ma ci vorrebbe una persona molto
illuminata da Dio e riordinare un ceto di persone per questo scopo e così anche coloro che per
aventura devono seguire la cariera militare trovare i loro conforti di religione e persone che ci
impongano contegno, riverenza e rispetto e che non facciano il tutto per il solo rigore della
disciplina.
[Disposto ad accogliere il consiglio di Don Bosco]
Don Bosco io era intenzionato chiamare l'aspettativa ma andare a mia casa, fare quella
vita ora in quei paesi fecero sì che non volli, tanto più poi maggior causa che mi indusse
rimanere sotto le armi è perché l'attuale colonnello volle incaricarmi delle scuole inferiori del
Reg [gimen] to, e qui trovo un'occupazione e solievo. E' vero, queste sono solo di inverno ma
ora quando sono unito al Reg [gimen] to sono incaricato della scuola di contabilità, e queste
occupazioni a me gustevoli.
Per altra parte sembra che le cose vadano di bel nuovo alarmandosi, se non per parte di
Italia, per parte di altre potenze come Francia, Prussia. Se ciò aviene certo saravvi probabilità
di una spedizione, allora l'esercito dovrebbe di bel nuovo aumentare; altro che dar nuove
aspettative! Dovrebbero chiamare di quelli che andarono. Ciò mi fa riflettere pure, perocché mi
noierebbe cominciare una partita e non poterla portare al fine.
Positivamente ora che maturatamente ho riflesso a quanto ella mi offerse, ben volentieri
acetto e le giuro che cercherò di coadiuvarlo negli incombenti che vorrà darmi addatti alla mia
presente situazione. Basta pongo io fiducia su di lei, i suoi consigli e le sue decisioni non le
disprezzerò mai, rifletta e mi scriva. Quanto lei mi consiglia sarò disposto ad intraprendere.
Nessuno più di lei sa e conosce il cuore mio e potrà decidere. D. Bosco pare ormai che la
finisca; io che so che ha un mondo di cose, le scrivo una lettera da rompere il cervello.17
Conchiudo perciò, mi consigli, mi ami, mi per-
17 Al termine della lettera, onestamente il Borgialli riconosce che, nonostante il titolo di
maestro di cui legittimamente è in possesso, il suo modo di esprimersi (e di collegare i

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doni e mi raccomandi a Dio, a Gesù, a Maria SS. ed a S. Martino patrono della chiesa cui feci la
mia pasqua, che mi preservino da ogni male.
Le mando un baccio di cuore e le fo professione di fede che li voglio bene e mi dico suo
affezionato ex allievo del suo istituto
Borgialli Roberto Cav., 20mo fant[eria]
Bologna
[P.S.] Se viene a Bologna pensi che anch'io sono amalato.
pensieri) è un rompicapo. Lo è stato certamente per don Bosco; lo è stato, crediamo, anche per
il nostro lettore.