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La Patagonia e le terre australi del continente americano pel sac. Gio. Bosco
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III. APÉNDICES
Se ha indicado en la Introducción, pp. 287-290, la conveniencia y el
contenido de estos tres APÉNDICES. En los dos primeros recoger las noveda-
des ofrecidas por estas publicaciones parciales del Informe: La Repubblica
Argentina e la Patagonia (Apéndice 1) y La Patagonia e le Terre Australi del
Continente Americano (Apéndice 2). En el Apéndice 3 se propone un ejem-
plo de transcripción literal de las fuentes bibliográficas, en concreto, de
Daily, con el breve pasaje sobre « I FUEGUANI ».
Apéndice 1:
LA REPUBBLICA ARGENTINA E LA PATAGONIA.
Lettere dei Missionarii Salesiani, en LC nn. 291-292 (marzo-aprile 1877)...
LETTERA IV - ...Cattiva riuscita dei tentativi di colonizzazione:
...Questo tentativo non produsse alcun risultato. I due valenti Padri con molti
soldati e marinai esplorarono ogni cosa; ma il rapporto che ne fecero non fu di natu-
ra che dovesse incoraggiare per l'avvenire simili prove, poiché dimostrarono la mo-
rale impossibilità dell'impresa, sia pel rigore del clima quasi ovunque eccessivo, sia
per le qualità del suolo arido ed infruttifero, sia per la mancanza di acque salubri,
sia in fine per la ferocia degli abitanti.
Tali cose tuttavia non ispaventano punto i Salesiani, fortunati di fare novella
prova per un'opera da cui si spera qualche cosa per la maggior gloria di Dio. Essi
confidano molto nel sistema adottato, che è di fondare scuole ed ospizi in vicinanza
dei selvaggi, e per mezzo dei figli iniziare relazioni coi genitori; promuovere tra loro
la coltivazione della terra ed il commercio, e fare che i selvaggi, poco alla volta di-
vengano evangelizzatori e civilizzatori di loro stessi; tale si è il sistema adottato, che
è pure benedetto dalla Grande mente dell'incomparabile pontefice Pio IX [p. 60].
LETTERA V - ...Recenti tentativi per colonizzare la Patagonia:
...I sei paeselli fondati dagli spagnuoli in Patagonia sono i seguenti:
1. Quello di s. Giuseppe, fabbricato in una penisola sporgente nell'Atlantico,
posta circa ai gradi 43 di latitudine. Ma dopo alcuni anni una grande epidemia sfor-
zò i coloni a fuggirsene e a ritirarsi a Montevideo.

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2. Una prova più fortunata ebbe luogo sui confini settentrionali della Patago-
nia, nel luogo dove si eleva ora il villaggio del Carmen o del Carmine, detto anche
Patàgone, sul Rio Negro, a qualche lega dalla sua foce, di cui spero potervi poi dare
per disteso l'istoria, essendo che l'Arcivescovo di Buenos Ayres propose di affidare
questo paesello ai Salesiani.
3. Una terza prova fu tentata da Francesco Viedma, al porto di s. Giuliano, ai
gradi 49 di latitudine, ove si costrusse un forte con alcune case, e si diede a questo
luogo il nome di Florida Bianca.
4. Il quarto stabilimento fu innalzato ai gradi 44°30' di latitudine, sotto il nome
di Porto di s. Elena.
5. Il quinto ai 45 gradi sotto il nome di s. Gregorio.
6. Il sesto è il porto Deseado o Desiderato che si trovava ai gradi 47 e 48'.
Ma questi sforzi furono quasi intieramente vani, poiché dopo 3 anni questi vari
forti si dovettero abbandonare ad eccezione di Carmen, che si trova sui confini della
Patagonia, moltissimo internata tra i veri selvaggi. Carmen è, per lo meno, a 400 mi-
glia più in là che Buenos-Ayres, prendendo la linea diretta; ma per andarvi bisogna
fare un viaggio e correre una linea di circa duemila chilometri.
Visto che non si riusciva a colonizzare la Patagonia si sospese fino ai nostri
giorni, in cui due nuove colonie vi si instituirono, una nel Chubùt chiamata colonia
Gallense, perchè quelli che vennero a fondarla sono inglesi del paese di Galles, man-
dati dal governo di Buenos-Ayres, e questi sono protestanti. L'altra a Punta Arena
in mezzo allo stretto di Magellano, stabilitavi dal Chili e consta di poche centinaia di
Europei cattolici formanti una parochia governata da un francescano [pp. 62-64].
LETTERA VI - ...Strane tradizioni - Missioni - Nuovo progetto:
...Mi piace qui riferire anche una tradizione religiosa, che udii raccontare più
volte e che già si stampò su qualche libro. Essa ci spiega in parte l'origine dell'odio
che i selvaggi hanno verso gli Europei.
Una loro tradizione sull'origine del mondo dice che Dio da principio creò un
gran melone, e che poi lo tagliò in due parti. Queste formarono i due immensi conti-
nenti: l'antico che comprende l'Europa, Asia ed Africa; ed il nuovo, il quale com-
prende l'America; questo senza tener conto dei grani che erano dentro i quali anda-
rono sparsi per l'Oceano e diedero origine alle isole. La prima parte fu assegnata ai
bianchi e ai neri; la seconda ai rossi. Perchè adunque, dicono, voi bianchi venite ad
invadere la parte del melone che Dio assegnò a noi? Statevene in quella parte che
Dio vi diede. Quindi credono che l'occupazione di quelle terre fatta dagloi Europei
sia un'assoluta ingiustizia; credono anzi di rivendicare i diritti divini uccidendo
quanti bianchi possono, perchè essi invasero la parte del melone, esclusivamente ai
rossi assegnata.
Questo certo non è l'unico motivo delle rivalità e dell'odio che hanno verso gli
Europei. Una delle ragioni più grandi si è il cattivo trattamento che in quei tempi gli
Spagnuoli usarono verso di loro; ed anche ai nostri giorni non si cerca di ridurli a ci-

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viltà colle buone e col propagare tra di loro la religione della pace, della giustizia e
dell'incivilimento; ma con loro si opera assolutamente sempre a mano armata. È per
questo che i selvaggi inviperiti non lasciano alla lor volta passare occasione propizia
senza fare ai Cristiani tutto quel maggior male che possono.
Nella seconda metà del secolo XVII si fecero grandi tentativi per evangelizzare
questi popoli. Vi si affaticarono molti missionari; parecchi furono barbaramente uc-
cisi e mangiati da quei feroci; altri dovettero tornare indietro senza nulla ottenere,
sebbene fossero i detti missionari per ordine del re di Spagna potentemente coadiu-
vati da gran quantità di soldati e provveduti di ogni genere di cose che occorressero
pel buon riuscimento dell'impresa.
La storia particolareggiata di queste missioni non è ben conosciuta. Quello che
si conosce solamente è, che malgrado i molti tentativi ed i grandi sforzi che si fecero
per cristianeggiarla, non si potè ottenere nessun risultato stabile da nessuna parte
[pp. 89-91]...
Dopo di allora, per quanto consta, non si fecero più ulteriori tentativi per cri-
stianeggiare la Patagonia. Pare tuttavia che sia giunto il tempo della misericordia
Divina su queste regioni e non debba tornare inutile una nuova prova di Evangeliz-
zazione. Vedendo che il metodo tenuto fino adesso non riuscì che allo sterminio dei
missionari, bisognerà appigliarci ad altro sistema.
L'unico mezzo che paia atto a mettersi in esecuzione sembra che sia il sistema di
colonizzazione, impiantando vari paeselli o piccoli forti sui confini, e qui cominciare
ad aprire collegi, case d'educazione, ricoveri, ospizi ed orfanotrofi per i fanciulli dei
selvaggi, che siano affatto abbandonati, e per mezzo loro tentare poi col tempo il
sistema di evangelizzare i Patàgoni coi Patàgoni stessi; poiché attirati i giovani, si
potrà coll'educazione dei figli farsi a diffondere la religione Cristiana anche tra i
genitori [pp. 93-94].
LETTERA XIII - ...Gli Indiani - Come accolgano i Missionari:
...È noto che il numero dei selvaggi ai nostri giorni è molto diminuito per la
guerra di sterminio, che contro loro si accese, e per le grandi crudeltà, che gli Euro-
pei commisero. Ma al tempo della scoperta, quelle vaste regioni erano popolate
assai ed il numero degl'Indiani poteva chiamarsi incalcolabile.
Gli Europei che andarono colà avrebbero voluto vedere tutto cedere ai loro de-
siderii, gli Indiani mansuefatti ai loro ordini, e tutte le loro ricchezze poste ai piedi
dei nuovi conquistatori; ma questa politica non piaceva molto agli Americani. Li al-
lontanava poi anche più dall'assoggettarsi agli Spagnuoli il conoscere o per esperien-
za, o per tradizione il mal trattamento già fatto, o che si faceva tuttavia degli Indiani
già assoggettati, e il cattivo esempio che davano col loro modo di vivere gli stessi
Cristiani.
Perocché gli Europei per amore non seppero cattivarseli, né altro mezzo adope-
rarono se non la forza: a questa anche gli Indiani si attennero, ed opposero forza a
forza, o pur fuggirono più lontano, per sottrarsi alla schiavitù minacciata. Pur trop-

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Jesús Borrego
pò è vero che la cagione, per cui tanto si scuoprono alienati que' popoli massima-
mente dagli Spagnuoli, si è l'indelebile memoria mantenuta fra loro di quelle crudel-
tà, che esercitarono contro di loro nell'entrare colà, e nel porre ivi la lor signoria i
primi conquistatori. Non si può ricordare senza orrore quella tragedia, quella inudi-
ta barbarie che suonerà sempre un immortal vituperio nella storia.
Or quali saranno stati i pericoli e le ta[t]tiche, alle quali si dovettero assoggetta-
re i missionari, che andarono in quelle regioni per procurare la conversione di quei
selvaggi? Esse si possono dire incredibili: io non farò che accennare le cose principali
che sono al tutto degne di fede.
La maniera seguita nel cominciare le conversioni era la seguente. Mettevasi il
missionario in cammino col suo breviario sotto il braccio ed un bastone in mano,
sulla cui cima era la croce. In sua compagnia solevano ire alcuni de' più zelanti fra i
nuovi cristiani, che non solamente servivano a lui per guida e per interpreti, ma an-
che da predicatori e da apostoli presso i loro connazionali. Spesse volte camminava-
no cento e più miglia, sempre colle accette alla mano per farsi strada nelle foltissime
foreste, per giungere dove i barbari, come fiere, vivevano rintanati nelle boscaglie e
caverne dei monti.
Trovavano finalmente dopo indicibili disagi i selvaggi. L'incontro ch'essi face-
vano per lo più ai missionari era di riceverli come nemici, venendo verso loro colle
mazze in mano e colle frecce sull'arco, per paura che fossero Mamalucchi del Brasile
travestiti in quel modo.
Altri poi con fiero volto accoglievano i religiosi come venuti per venderli o per
assoggettarli alla nazione spagnuola. Contro di tali prevenzioni d'uopo era il com-
battere gran tempo. Peggio poi se fra quei popoli s'incontrava qualche sacerdote dei
loro numi. Ricusavano altri ostinatamente d'udire i missionari; udendoli ancora da-
vano loro questa risposta: « Voi dite, che il Dio dei Cristiani sa tutto, che nulla gli
è occulto e che per la sua immensità sta in ogni luogo, mirando tutto quello che qui
si fa. Noi non vogliamo un Dio che abbia tanta scienza e gli occhi sì aperti. Ma
bensì desideriamo di vivere nei nostri boschi e nelle nostre caverne, con più pace e
libertà senza avere sempre sopra di noi un sindaco e giudice delle nostre azioni »
[pp. 154-157].
LETTERA XV - ...Stato lamentevole dei selvaggi:
...Se poi volgiamo lo sguardo al di là delle città e dei villaggi inciviliti, la condi-
zione materiale e spirituale degli Indi, ossia delle tribù dei Pampas e dei Patagoni, ci
riempie l'anima di profonda amarezza. I Cacichi di quelle tribù selvaggie sono in
lotta col Governo. Quelli si lamentano di vessazioni ed angherie, eludono le truppe
accantonate per reprimerli, scorrazzano per le campagne, rubano, ed armati di cara-
bine Remington fanno prigionieri uomini, donne, fanciulli, cavalli e pecore, che trop-
po loro si avvicinano. I soldati del Governo per contro fanno loro guerra a morte,
sicché gli animi, lungi dall'avvicinarsi, non fanno che sempre più inasprirsi e conci-
tarsi a vicenda. Forse sarebbe ben altra cosa, se, invece di soldati, si mandasse una

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schiera di Cappuccini o di altri missionari: si salverebbero ben molte anime, e la flo-
ridezza ed il benessere sociale metterebbe piede fra' que' selvaggi, come già un tem-
po fra quelli del Paraguay. Ben vi sono già alcuni missionari, ma questi sono pochis-
simi in paragone del gran bisogno e della vastissima terra abitata dai selvaggi. Di
più, nello stato di colluttazione e di esasperamento in cui si trovano gli Indi contro il
Governo, i missionari possono fare poco o nulla.
Né crediate che questi selvaggi siano tanto discosti da noi: non si ha che a cam-
minare un 60 leghe al S.O. per tosto trovarsi al loro contatto. Pochi giorni fa D. Ca-
gliero fu chiamato al letto d'un'inferma, che era appunto caduta nelle mani de' sel-
vaggi, che di notte aveva avuto la fortuna di fuggire. La poverina aveva ancora le
piaghe dei ferri onde era stata avvinta, e narrava cose da far pietà. Sono pochi giorni
che un selvaggio fu ammesso ad ascoltar la messa in una chiesa tra' Cristiani. In tut-
to il tempo del Divino Sacrifizio, non tolse mai lo sguardo dal prete celebrante. I sel-
vaggi che vengono dalla provincia del Nord sono nerognoli, e più ancora lo sono
quelli verso la Bolivia, i quali hanno mani e piedi molto piccoli. Mi riservo mandarvi
alcune curiose notizie su questi poveri disgraziati [pp. 175-176].
Apéndice 2:
LA PATAGONIA E LE TERRE AUSTRALI DEL CONTINENTE AMERICANO, en BS...
4 (1880) n. 2, febbraio, pp. 4-5: PROEMIO
La Patagonia, di cui molte volte si parlò nel Bollettino, ed a cui tendono le aspi-
razioni dei Salesiani e dei loro Cooperatori, è una delle terre più infelici ed abbando-
nate del mondo. Gli innumerevoli selvaggi, che la popolano, oltre che sono in un cli-
ma rigido e poco sano, e vivono su terre aspre ed incolte, non ebbero ancora chi loro
insegnasse le arti e l'agricoltura, né chi facesse loro parola della vera religione e de'
conforti, che dov'è praticata, reca agli uomini: non mai si udì ancora in quelle regio-
ni la voce della Buona Novella: non ancora vi rifulse il vessillo della Santa Croce, e
quei popoli così lontani dal consorzio degli altri uomini ed abbandonati a loro stessi
vivono tutt'ora una vita la più meschina e stentata. Ma in mezzo ai grandi mali, che
in questi giorni allagano la terra, in mezzo alle tribolazioni che desolano la Chiesa
Santa del Dio vivente, pare che nasca un raggio di luce, una speranza di salute per i
Patagoni. Pare che Iddio abbia riservato a questi giorni la grazia della conversione a
quegl'infedeli. Già varii tentativi vi si fecero e riuscirono prosperamente. Ora la via è
aperta: altro più non manca che mandare missionarii in copia, e quei selvaggi sono
disposti a riceverli ed ascoltarne la voce.
Il Sommo Pontefice Pio IX di felice memoria fu certamente inspirato dal Signo-
re a benedire queste missioni, ed il gloriosamente regnante Leone XIII, non meno
del suo predecessore zelante per la gloria di Dio e la salute delle anime, è per stabili-
re in quelle terre un Vicariato Apostolico, ed affidarlo ai Salesiani, affinchè conside-

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rando quei luoghi come porzione loro eletta possano in breve civilizzarne i popoli e
convertirli al Cristianesimo. Noi per la parte nostra non mancheremo di fare quanto
potremo, e mentre si stanno preparando nuove schiere di missionarii crediamo con-
veniente che nei numeri del nostro Bollettino si vengano man mano pubblicando no-
tizie intorno a quelle regioni, certi che i nostri Cooperatori accoglieranno con piace-
re questo pensiero, e che avendo sott'occhio la descrizione delle tante miserie spiri-
tuali o temporali in cui si trovano quei popoli, colle loro preghiere e coi loro soccor-
si ne abbrevieranno i giorni della infelicità. A questo fine si fecero viaggi e studii spe-
ciali su quelle terre sia per conoscerne la fisica posizione, i monti, i fiumi, le piante,
gli animali ed il clima; sia per conoscere la natura degli abitanti, le loro inclinazioni,
i loro costumi, la loro religione. Si scelsero soltanto le cose che con morale certezza
possono darsi come vere, e si esposero colle espressioni più precise che per noi siasi
potuto. Le notizie raccolte verranno di tratto in tratto pubblicate col titolo: La Pa-
tagonia e le Terre Australi del Continente Americano. Esse saranno divise in quattro
parti: la prima comprenderà le nozioni geografiche naturali fisiche: la seconda la
storia della scoperta e dei tentativi fatti per conoscerle e civilizzarle: la terza tratterà
degli abitanti, della loro indole e costumanze domestiche e civili: la quarta dirà le
loro idee religiose, il loro stato presente e gli sforzi dei missionarii per convertirli.
Dati al tutto precisi ancora non si possono avere, perchè nessun uomo incivilito potè
con suo comodo inoltrarsi in quelle terre inospitali; ma non si lasciò fatica per rac-
cogliere dai libri e dalle relazioni dei viaggiatori quanto potesse interessare il nostro
soggetto. Oltre alle relazioni che già ci facemmo pervenire dai nostri missionarii di
colà, ci siamo serviti nel presente lavoro in modo speciale delle opere seguenti...
4 (1880) n. 4, aprile, p. 12: CAPO I - Descrizione fisica del paese.
Ad austro della repubblica Argentina e del Chilì giacciono quasi incognite le
Pampas, la Patagonia e la Terra del Fuoco. Queste vastissime regioni dell'America
del Sud costituiscono il terreno più australe che vi sia sul globo. Poste all'estremità
del Nuovo Mondo e sotto un clima inospitale esse non sono esplorate che in picco-
lissima parte. Si slanciarono è vero i navigatori nello stretto di Magellano e nelle ac-
que del capo Horn per arricchire di nuove osservazioni la scienza nautica su quei pa-
raggi così pericolosi; varii Missionarii cercarono bensì di inoltrarsi in quelle terre per
evangelizzarle; ma non riuscirono se non leggerissimamente ad esaminare l'interiore
del paese, a conoscere il carattere e le attitudini degli indigeni, ed a studiare la natu-
ra del suolo ed i suoi prodotti. Finora i geografi furono costretti a lasciare in bianco
sulle loro carte anche le più particolareggiate tratti vastissimi di quelle contrade. I
Missionarii poi non poterono finora riuscire a convertirne gli abitanti; anzi la mag-
gior parte di essi dovette soccombere alla barbarie dei selvaggi, e varii furono ben
anche mangiati da quei cannibali.
La parte più settentrionale di queste terre col nome di Pampas attornia in gran
parte la repubblica Argentina, mentre la parte meridionale col nome di Patagonia,
propriamente detta, si slancia nel mare del Sud, costituendo una penisola in qualche

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La Patagonia e le terre australi del continente americano pel sac. Gio. Bosco
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modo triangolare, rotta in più luoghi dal mare medesimo, che vi forma porti, golfi
e seni in gran numero, e tra essi penisolette, punte e promontorii.
4 (1880) n. 11, novembre, pp. 15-16: CAPO VI - Continua la storia dello stabilimento
di Carmen o Patagones.
...Venendo Carmen a decadere interamente, scrive il La Croix, i selvaggi della
Patagonia, ormai sicuri dal contatto dei forestieri, campeggeranno insolentemente
nella dimora dell'uomo civile, e sospenderanno gli arnesi dei loro cavalli alle pareti
delle case cittadine. La distruzione della colonia di Carmen sarà una vera perdita ai
navigatori e commercianti di Buenos-Ayres; essa renderà inoltre assai difficile ogni
altro stabilimento in quelle regioni.
I provvedimenti che il citato autore crede necessari alla conservazione della co-
lonia di Carmen, e perciò al vantaggio commerciale della Repubblica Argentina, ol-
treché pericolosi ed impossibili ad usarsi senza spargimento di sangue, e senza con-
traccambiare ai selvaggi quel terrore istesso, che essi inspirano agli abitanti delle
loro regioni, non varrebbero di per sè che a mantenere un punto commerciale d'im-
portanza assai limitato e ristretto, nel mentre che costringerebbero a star sempre in
sull'armi fra mille pericoli e travagli. Ma a chi considera la causa dell'umanità, a chi
si solleva dalla gretta idea di razza, di paese e di gente, e ravvisa in ogni uomo, in
ogni famiglia, in ogni popolo un diritto naturale, indistruttibile alla giustizia, alla fe-
licità cui aspira l'umana creatura, il risultato dei mezzi sanguinarii può riuscire tut-
t'altro che soddisfacente. Con questi mezzi si dovrebbe vedere un'intera razza di es-
seri ragionevoli al par di noi, esclusa per sempre dal consorzio de' suoi simili, coi
quali non verrebbe ad avere altra relazione che di odio e d'inimicizia perenne. Eppu-
re quei selvaggi, che a giudizio del senso profano, non sarebbero che nemici perico-
losi da combattersi, fiere crudeli da domarsi o distruggersi, o esseri incompatibili
colla moderna civiltà, da ricacciarsi fra le gole rocciose delle Cordigliere o sugli eter-
ni ghiacciai del mar polare, innanzi allo spirito infinitamente misericordioso e beni-
gno del Dio Salvatore, sono anime preziose, che da una malvagità passata, rese forse
meritevoli dell'abbiettezza, in cui ora si giacciono, son tuttavia suscettibili di un ri-
sorgimento morale, e d'una santa aspirazione al felice avvenire, che serba il Signore
dei popoli ai suoi veri adoratori.
L'ora di questo risorgimento avventurato pare ormai segnata da Colui, che tut-
to guida con peso e misura, soavità e fortezza. In questi giorni di misericordia, si ri-
leva in quei selvaggi un'inclinazione misteriosa, eppur forte ed espansiva, ad abbrac-
ciare relazioni fraterne co' ministri del Dio vivente; una docilità consolante nel-
l'ascoltarne la parola di salute, e un vivo desiderio di entrare nel gregge di Gesù
Cristo.
Forse il luogo più acconcio, non solo a cominciare, ma a tener viva e rendere
efficace l'opera della missione nelle desolate ed immense regioni della Patagonia, si è
appunto il villaggio di Carmen, dove i Patagoni mantengono tuttavia una traccia di
commercio, e che può dirsi perciò il passo d'incontro fra il mondo civile, e gli ultimi

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resti della barbarie umana. I Salesiani colà approdati sul principio del corrente an-
no, confidenti nell'onnipotenza di Dio, nell'intercessione della Celeste Ausiliatrice,
avvalorati dalle preghiere dei buoni, ed aiutati dai soccorsi dei Cooperatori, dopo
lunghi stenti e ripetute prove, riuscirono già a stabilire due scuole, una pei ragazzi, e
l'altra diretta dalle Suore di Maria Ausiliatrice, per le giovanette. Fra poco s'impian-
teranno due ospizi di carità pei figli e per le figlie degli Indigeni, e così sempre più vi-
vido farassi il raggio della speranza di potere, come diceva il grande Pio IX, civiliz-
zare e salvare la Patagonia per mezzo dei Patagoni.
5 (1881) n. 4, aprile, pp. 17-18: CAPO VII - Da Carmen alle Cordigliere.
Fra colli lussureggianti, fra praticelli ridenti e fra vallette sparse d'alberi e di ce-
spugli fioriti, muove tranquilla e piana la vasta corrente del Rio Negro, appressan-
dosi all'Atlantico, donde risalgono talora i battelli Argentini fino a Carmen, che di-
sta sei leghe soltanto dalla foce. Da questo villaggio, che siede in luogo pittoresco e
forte sulla sponda sinistra, e da Mercedes colonia affatto moderna, che gli siede di
fronte sulla riva destra, risalendo verso Occidente per l'acqua del fiume, si scorgono
le sue rive ora boscose e verdeggianti, ora irte e sormontate da roccie spoglie d'ogni
vegetazione; ma generalmente la natura si dimostra ancora vivace e potente, e rive-
ste quella vallata delle più vaghe tinte, che l'immaginosa primavera dei nostri paesi
sappia sfoggiare.
Procedendo ognor più verso la gran catena delle Ande incontriamo prima la co-
lonia detta Guardie Mitre, poi quella di Conesa, che sono fortini innalzati da pochi
anni dagli Argentini per tenere in suggezione gli indigeni, difendere gli esploratori
dal Rio e impedire, per quanto è possibile, che i selvaggi s'inoltrino dall'altra parte
del fiume. Sono questi gli unici e più avanzati paeselli, che s'incontrino già intiera-
mente in mezzo ai selvaggi.
Più avanti s'incontra l'isola di Choele-Choel in mezzo al fiume, con una tribù di
selvaggi, il cui Cacico già domandò i Missionari per istruirla nella cattolica fede.
Volgendo poi a meriggio pel rio Limay, le sponde si fanno più montagnose, più
aspre, ed insieme acquistano un aspetto più maestoso, con proporzioni di grandiosi-
tà stupenda, che in alcuni luoghi vince coll'imponenza il tedio della monotonia; in
altri, colla varietà inesauribile della natura, raddolcisce l'impressione di quegli orridi
ravvolgimenti di roccie e di gole scoscese. Di qua e di là le sponde sono ruinose, erte,
come immensi muri frastagliati bizzarramente, colla sommità addentellata di strani
merli, ritti, ineguali, appuntati come armi. Nere boscaglie infoscano le falde dei
monti, colle fitte chiome dei loro alberi secolari, le cui radici, mezzo dissepolte, si
ritorcono sul suolo, come innumerevoli torme di serpi fulminate, rimaste immobili
nel parossismo delle loro contorsioni.
Questi monti, queste rupi e questi boschi talvolta raddoppiano le loro immagini
nell'acqua cupa e profonda di angusti laghi, ed echeggiano perennemente dal frago-
re di onde precipitose, che irrompono a furia dalle viscere di quei rigidi massi, e qua-
si avide di libertà e di più vasta arringa, van trabalzando di rupe in rupe, scarmiglia-
te, spumose, indomite, vertiginosamente rapide e rumorose.

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Sul ciglione di queste rupi, fra la notte di quei boschi, sulle rive di queste fiuma-
ne, vedi l'agile cervo chilese, l'orgoglioso guanaco, l'astuta volpe patagonica e il gat-
to montano dal vello tigrato, aggirarsi in cerca di preda, mentre l'Araucano batta-
gliero e cacciatore li ravvisa da lungi, si appressa cauto e li saetta colle freccie fi-
schianti e leggiere, o colla pietra scagliata dalla frombola con mano sicura, che
sfrondando i rami del maestoso faggio, raggiunge in punto il designato bersaglio.
Sugli alberi intanto, fra le siepi, nei roveti, ovunque v'abbia una fronda o un fil
d'erba, un infinito chiacchierio di gorgheggi, di fischi, di canti d'ogni ritmo e d'ogni
vibrazione, con cui lietamente si spassano i variopinti pappagalli di non so quante
specie, e altre sorta d'uccelli, che pare vogliano stornare la mente dalle cupe medita-
zioni inspirate in quelle severe piaggie, coll'allegrezza e colla vivacità capricciosa del
loro visibilio. Questo però non s'ode che in alcune macchie predilette dai musici na-
turali di quei paesi, che altrove regna invece un silenzio, una quiete, una immobilità,
stiam per dire, minacciosa all'immaginazione, la quale vi s'aspetterebbe ad ogni trat-
to l'agguato d'una fiera sconosciuta, l'assalto d'una masnada di selvaggi predatori, o
l'aprirsi improvviso d'una profonda voragine.
Dopo l'isola Choele-Choel, d'uomo appena appare segno od impronta, salvo
forse qualche gruppo di toldi silenziosi, che attestano col loro misero e sudicio
aspetto la povertà dei loro abitatori, e la mancanza assoluta d'ogni principio cristia-
no. Eppure sarebbe così soave tra quelle antiche solitudini vedere su qualche cima di
colle più elevato e più in vista, sur un parco del monte o in qualche isoletta del lago,
levarsi dolce e graziosa all'anima la chiesuola dedicata a Maria! Come pare che
compirebbe interamente il difetto di quei luoghi, e rapirebbe a sè tutta la forza del
cuore, che sollevato dalla creatura al Creatore sente pure il bisogno d'alcunchè, che
lo appaghi religiosamente. Ma invece, in alcune stagioni dell'anno, ben più desolan-
te che l'orrido aspetto della natura è lo spettacolo dato dalle nomadi tribù, che di
tanto in tanto guadano il fiume.
L'uomo, figlio di Dio, da cui ricevette un alito della sua grandezza, della sua
potenza, della sua maestà, si degrada poi in modo da rinnegare in sé, quasi direm-
mo, l'immagine della divinità. Poiché questi popoli, oltre ad essere selvaggi e antro-
pofagi, sogliono ancora darsi ad un'ebbrezza demente, che li snatura, li abbrutisce, li
fa mostri incomprensibili d'obbrobrio e di spavento. Tracannano a gorghi i liquori,
che han potuto o comperare, o rapire all'incivilito straniero, e poi si sfogano bran-
dendo l'armi e ferendo alla cieca, all'infuriata chi si para dinanzi. Queste orgie dura-
no talvolta intere settimane, ed allora famiglie e tribù si distruggono, come branchi
di fiere affamate, che si avventano fra loro. E qual meraviglia di ciò? Dove la Reli-
gione non grida alla coscienza e segna un limite inesorabile al piacere, l'uomo incli-
nato com'è al male, trascinato dalla voluttà e da passione sconfinata e crescente,
precipita ai più orribili eccessi. E perchè fermarsi? A qual pro? Per amore di chi?
Procede e si distrugge. — Solamente la Religione Cattolica sarà da tanto d'illumina-
re, moralizzare, incivilire quelle orde infelici. Ed è questo appunto che intraprendo-
no di fare i Missionari Salesiani, e coll'aiuto di Dio e dei loro caritatevoli Coopera-
tori essi lo otterranno. Ne abbiamo la più lieta speranza.

1.10 Page 10

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428 Jesús Borrego
5 (1881) n. 7, luglio, pp. 22-23: CAPO VII - Dalle Cordigliere a Carmen.
La valle di Tchilchuma, in cui passa il Limay, prima di giungere al Rio Negro, è
forse la più felice ed amena di quante appaiono fra le montagne della Cordigliera
Patagonica. La purezza vivissima dell'aria, la frescura del clima, la bellezza delle ve-
dute, la vita continua di moto e di armonia, che ferve nei rapidi ruscelli, nelle preci-
pitose cascate, negl'innumerevoli augelli ed animali, che popolano i suoi boschi e le
sue praterie, la rendono un soggiorno, che sarebbe delizioso agli stessi Europei. Si
vede dapprima la fascia serpeggiante del Limay, rotta qua e là da improvvise cata-
ratte, in cui trabalzano le acque, a guisa d'una falange di candidi cavalli dalla foltis-
sima chioma; più lungi scorgesi il lago di Nahuel-Huapi donde sorge il Rio Negro,
vasto, tranquillo, dipinto d'azzurro puro come il firmamento. È incantevole il vedere
il largo letto del fiume levarsi uguale e continuo, misto al gorgoglio sparso di agili
ruscelli, che come figli chiamati dal padre ad una gita desiderata, scendono rapidi,
balzellando fra i dirupi vestiti di cespugli, scivolando frettolosi e crespi sui massi e
nei prati, sempre cicaleggiando gai e tranquilli quasi fanciulli in giuoco; mentre a
brevi intervalli, come il tocco della campana dell'agonia, come il grido della scolta
vigilante sugli spaldi d'un castello, l'uccello notturno ripete monotono e solo la sua
nota malinconica, quasi dicesse all'anima un sentenzioso: « Ricordati! »
Ed ora riavviandoci pel nostro cammino, vedremo dal lago di Nahuel-Huapi un
limpido fascio d'acque scendere veloce verso mezzogiorno. È un piccolo rio che vie-
ne a sboccare nel secondo fra i più gran fiumi della Patagonia, il Chubut. Quest'am-
pio corso d'acqua riceve altresì alimento da tre piccole lagune, ciascuna delle quali
gl'invia un ruscello, che congiunto a molti altri prende aspetto di fiume quasi reale.
Anche questa breve contrada, così irrigata, è tenuta fra le più pittoresche e fruttuose
della Patagonia. È notevole soprattutto per i suoi pascoli d'una copiosità e floridez-
za da terra promessa, e per i suoi cavalli, che liberi e pieni di brio, colle loro corse
sfrenate per ogni parte la percorrono.
Il Rio Chubut poi, cominciando tra una valle montuosa, presso a poco come
quella del Rio Negro, procede quasi a lui parallelo, da occidente ad oriente. In se-
guito però le sue rive si fanno più aride, meno elevate e più regolari, attraversando
in tutta la loro larghezza le sterili lande, nel cui terriccio si affonda come in un am-
pio fosso. Qui le sponde cadono sovente a picco, come fossero tagliate colla scure e
si spiegano in vasti scaglioni, formando un'immensa gradinata, quasi intieramente
priva di vegetazione, mentre nella maggiior parte del suo corso s'incontrano brevi
tratti di pascolo o di terreno coltivabile, frequenti colline infeconde, con luoghi
rocciosi ed ispidi.
Poco lungi dal mare, havvi però una valletta, molto acconcia alla coltivazione,
abbondante di prati e di saliceti. Qui il Governo Argentino stabilì una colonia, che
dalla patria de' suoi abitatori fu detta Gallese.
Lo sbocco del Chubut è un luogo sterile, tutto coperto di dune e di terreno fra-
noso. Da questa foce risalendo su per l'Atlantico fino a quella del Rio Negro trovia-
mo prima la baia dell'Inganno, nome derivato forse dal pericolo, che vi corrono i
bastimenti di arenarsi e farvi naufragio. Di qui fino alla penisola di S. Giuseppe la

2 Pages 11-20

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2.1 Page 11

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La Patagonia e le terre australi del continente americano pel sac. Gio. Bosco
429
costa procede montuosa per gli ultimi contrafforti dei monti Uttak. La penisola di
S. Giuseppe, su cui gli Spagnuoli, come già dicemmo, avevano stabilito una colonia,
che ebbe esito infelice, è fatta quasi a mo' di una mezzaluna molto irregolare, unita
alla terra ferma da un istmo, tutto di monti. Alla parte settentrionale della penisola,
nella gran baia di S. Matteo,1 il mare è soprammodo pericoloso per i frequentissimi
vortici che ne agitano le acque. Esso perde in quell'ampia baia la regolarità maesto-
sa di ondeggiare, con cui si muove l'Atlantico, ed appare invece tutto arruffato ed in
iscompiglio, con flussi rotti, frequenti e scarmigliati, che straziano i fianchi delle
navi
e le dibattono fra i loro avvolgimenti, con grave minaccia di naufragio.
Continuando ancora verso il Nord, s'incontra finalmente la punta Medanos,
presso la quale sbocca in mare il Rio Negro. Tutta questa lunghissima riviera, com-
presa tra le foci del Rio Negro e del Chubut, è aspra di monti e di precipizi, frasta-
gliata, contorta e quasi deserta. I suoi banchi e le sue scogliere generalmente non
dan segno di vita umana; ma solo appaiono sovente popolate da mostruose foche o
leoni marini, che si trascinano gravemente sui massi, e vi si distendono inerti col
capo levato a far mostra delle loro folte criniere.
Numerose assai sono le correnti d'acqua che scendono al mare dalle vicine
montagne dei Balchitas e degli Uttak, ma quasi tutte sono di poca importanza. Vi
s'incontra qualche laguna dall'acqua salsa e grigiastra, qualche piccola catena di col-
li; pianure in gran parte coperte d'erba, che serve sufficientemente al pascolo dei ca-
valli e delle fiere che vi abitano. Hannovi pure vaste saline, abbaglianti a vedersi in
pieno giorno, per un brillio infinito di scintille adamantine, di grosse margarite di lu-
ce, e di sprazzi quasi avvampanti per l'acutissimo riflesso del sole che le percuote.
A occidente degli Uttak si crede esservi una pianura vulcanica, il cui terreno
gialliccio è assai caldo, e ricopre immediatamente uno strato igneo molto vivo. I sel-
vaggi guardano con orrore superstizioso quei luoghi e se ne tengono lontani.
Le pianure attorno sono corse in ogni direziione da tribù e da famiglie di sel-
vaggi, quali in cerca di caccia, quali recando pelliccie o penne di struzzo, o carne di
guanaco e d'altri animali alle lontane colonie Argentine che le ricercano. Sicché non
è raro vedere, in mezzo a quella sterminata solitudine, frotte di cacciatori Patagoni o
Pamperos, sui loro vigorosi corsieri, coi bolas o coi lazos fra mano, gettarsi sull'or-
me dei guanachi fuggenti, o del pesante bue selvaggio, e dello struzzo inarrivabile,
che, alleggerendo il corpo coll'aiuto dell'ali dibattute, non sapresti ben dire se voli o
corra. Alcune volte si scorge da lungi, appiè di uno scoscendimento di terreno, qual-
che piccolo gruppo di toldi, innanzi a cui passeggiano o stanno a sedere gli uomini
della tribù, mentre le donne apprestano loro il vitto della giornata, i bambini giuoca-
no intorno fra loro, e i cavalli, sparsi qua e là, vanno brucando l'erba selvatica e
scarsa in quell'aridume, mescolati ai cani dal pelo raso, che intendono all'ordine
della famiglia animalesca.
Noi possiamo avere una mezza idea di queste tolderie negli attendamenti degli
zingari, i quali talvolta son di passaggio nei nostri paesi. I selvaggi sono vestiti appe-
1 [No es S. Mateo sino S. Matías]. Cf I 152.

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430
Jesús Borrego
na di pelliccie o di qualche panno avuto o rapito agli stranieri, e generalmente solo
tanto coperti da potersi dire decenti. Relativamente al freddo clima della Patagonia,
pare che debbano soffrire assai nella stagione invernale, sebbene al Nord del
Chubut si tenga dai più che la temperatura non sia molto più aspra di quella del
Piemonte.
Tutte le circostanze pare concorrano a rendere quel popolo veramente infelice.
Sofferenze, privazioni, disagi, inimicizie sanguinose, incertezza dell'avvenire, ogni
malanno s'accumula su quella povera gente, diseredata dal benefico retaggio della
religione e della civiltà. Rimanesse almeno al loro cuore desolato il consolante pen-
siero, la speranza santa d'una vita felice oltre la tomba! Ma nessun conforto, nessun
sollievo alla loro miseria, sotto il cui giogo oppressa l'umana natura, abbrutita e
resa quasi insensibile dalla consuetudine perpetua, si accascia in una sorta di apatia
non curante, che è l'ultimo grado dell'umana infelicità! Di quella dolce rassegnazio-
ne piena di fiducia e d'amore; di quella giusta coscienza dei proprii demeriti che fa
parer leggera ogni pena; di quella gratitudine infinita per un Dio sacrificato per la
nostra salvezza, modello ed esempio di sofferenza immeritata; della pace soave di
chi si abbandona fra le braccia di una Madre celeste; della speranza sicura d'un
eterno compenso ai brevi mali di questa vita... nulla, nulla, neppur l'ombra.
E noi, che possiamo recare a quelle genti la misteriosa influenza di questa dol-
cezza; noi, ai quali il Signore ha rivelato quest'immenso tessuto di misericordia e di
grazia, come il fratello avaro ed egoista lo riterremo nei nostri cuori celato, mentre
quello stesso Signore c'impone di parteciparlo altrui? Ah ci muova a pietà lo stato
miserabile di quei poveri selvaggi, e ciascuno offra il suo concorso, colla parola, o
coll'avere, o colla persona, secondo che suona nel suo cuore la voce del provvido e
misericordioso Iddio.
5 (1881) n. 10, ottobre, pp. 12-14: CAPO X - Dal Rio Chubut allo stretto di Magel-
lano.
Ora impenniamo le ali vigorose dell'aquila, che fende il cielo americano, e spic-
chiamo un rapido volo dalle rive del Chubut fino allo stretto Magellanico. Abbrac-
cieremo così con un vastissimo sguardo quell'immenso spazio deserto e in gran parte
inesplorato, che forma la parte più recondita ed inospitale della Patagonia. Ed ecco
ad oriente l'Oceano Atlantico, sterminata ricchezza e vita del commercio; elemento
di fratellanza e di vicendevoli relazioni fra popoli lontani e diversi in ogni costume;
mezzo di civiltà e di scienza; arringo spaventoso dei più gagliardi petti che conti
l'umano eroismo e tomba funesta di molti fra essi! Or queto, ora sconvolto; or az-
zurro e splendido, or bruno ed offuscato; talor infocato dall'ignea luce dell'aurora
boreale o del tramonto del sole, ma pur sempre bello e atto a destare il sentimento
dell'infinita potenza di Chi l'ha creato e lo governa. Instancabile ne' suoi aneliti,
conduce le sue onde, eterne viaggiatrici, a scivolare sulle spiaggie arenose, a percuo-
tere i massi e i dirupi dei promontorii, a straziare le bocche dei porti.
Anche la Patagonia ne riceve or le blande carezze, or le furiose sguazzate; ma il

2.3 Page 13

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La Patagonia e le terre australi del continente americano pel sac. Gio. Bosco
431
provvido Signore ha munite le sue coste d'immensi bastioni di pietra, rotti, ineguali,
sgraziati e squallidi, ma inespugnabili e sicuri. Dietro questi si stendono le aride
steppe, aperte in vaste pianure, le une sovrapposte all'altre a guisa di gradini sconfi-
nati, procedendo così fino alla riva dell'opposto Oceano.
L'uniforme sterilità, la monotona eguaglianza di questo suolo deserto stanca la
vista ed il pensiero di chi lo mira. Se non che vedi talora l'erculeo Tehuelche sul suo
cavallo fedele, che dall'estreme regioni dello stretto Magellanico va ramingando fino
alle sponde del Rio Negro; sempre in caccia, sempre in viaggio, sempre libero; ma
pur sempre meschino e ignaro di tutto ciò, che può formare la felicità di un cuore.
Vedi l'agile Che-huel-chel valente nel trar d'arco, senza cavallo, ma rapido al corso,
snello e gagliardo come fiera dei boschi, scagliarsi colla velocità di un veltro sguinza-
gliato dietro il leggero guanaco, vibrare correndo le sue frecce, i suoi bolas, il suo la-
zo, colpir nel segno e inginocchiarsi trionfante sulla vittima, che si dibatte fra il lac-
cio ed il sangue. Vedi nell'aria il titano degli uccelli, il condor, quasi nuvoletta nera
dibattuta da un vento tempestoso, varcare a lunghe alate gli spazii, stridendo rauco
e sinistro, colla sua preda fra gli artigli; vedi a centinaia i loquaci pappagalli a svo-
lazzare sui quasi inariditi alberi, e nel loro linguaggio cantare le lodi del Creatore,
che così liberi e belli li ha formati. Vedi poi la maestosa catena delle Ande, da cui
s'ergono audaci e truculente le punte erte e nevose, tra cui alcune annuvolate a lun-
ghi intervalli da foschi nembi di fumo talor fiammeggiante, che si sfoga dalle viscere
infuocate della terra, per le misteriose gole dei vulcani paurosi.
E qui l'occhio, non rallegrato che da squallide praterie o da qualche piccola la-
guna solitaria ed immobile, può essere d'un tratto spettatore di una delle caccie più
fragorose che si facciano sulla terra. Eccoti da lungi un branco di tori selvaggi, dalla
chioma nera, venir furieggiando come l'acqua di un torrente, che abbia testé dirupa-
to gli argini, colle criniere sconvolte e balzellanti, tra cui sfavillano gli occhi spaven-
tati e vividi; e così strepitando e avvolgendosi di polvere fuggire l'impeto degli avidi
selvaggi, che sui loro cavalli librati al vento come giavelotti, colla briglia passata sul
braccio, e il lazo levato in alto, colgono il tempo, avventano la palla, e traggono la
fune che s'avvolge rapida intorno alla gamba del toro, che prostrato si dibatte e
mugge e strazia il terreno colle corna e coi piedi, arrotolandosi spaventosamente e
ansando a lena sfinita; mentre i venturosi compagni spariscono fuggendo nella re-
mota lontananza del deserto, lasciando dietro di sé una lunga sfumatura di nuvola
bruna, e un sordo brontolar di fragore che si va perdendo.
Vedresti altrove la timida vigogna sul colmo di qualche piccola altura guardar
in basso, se appaia il temuto nemico; ritta sulle sue vigorose gambuccie, col capo
leggermente inclinato, l'orecchio e lo sguardo intenti, in una immobilità piena di vita
e di leggiadria. Ne è raro l'incontrare il famelico puma (leone americano), che si ag-
gira bramoso di altri animali più deboli, onde pascere il suo vorace digiuno.
E intanto riportando lo sguardo alla riviera vi scorgi il sorvolar tondeggiante ed
obliquo degli uccelli marini, mentre qualche flotta di delfini, se minaccia tempesta,
fugge la costa pericolosa, e mostrando tratto tratto la curva schiena si perde in breve
fra l'onde più libere dell'alto Oceano.
E veramente pericolose sono per la più gran parte le rive della Patagonia meri-

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432 Jesús Borrego
dionale; irte e scortesi al navigante, cui non offrono alcun rifugio, spietate al naufra-
go, che tenta invano raggiungere il lido colla fragile lancia spezzata e dispersa in
ischeggie dalle loro asprezze di scogli; quasi ovunque ugualmente tetre, frastagliate,
ma senza porti fino alla foce del Rio Deseado, dove la struttura della spiaggia pre-
senta qualche riparo alle ardite navi, che s'avventurano per quei mari. E qui, sopra
un poggio atto a difesa, scorgi le cadenti rovine d'un castello, che la Spagna aveva
edificato per dominare su quei luoghi; i quali veramente paiono destinati alla solitu-
dine perpetua, dacché quell'unico edificio che si eresse ben presto fu distrutto ed ab-
bandonato. Ma forse Iddio non vuol colà torri e bastioni con artiglierie e presidii ar-
mati; forse Ei desidera l'umile campanile d'una chiesa, su cui si rizzi il segno di Cri-
sto, non la bandiera superba di qualche nazione europea od indigena. Forse vuole
Iddio che il marinaio solcando col suo legno innanzi a quella baia, o entrandovi a ri-
fugio, dopo tanti giorni di lontananza da luoghi abitati; dopo aver quasi dimentica-
to fra mille altre cure le cose di religione o di culto cattolico, lungi dalla patria, che
ha lasciato, e dalla meta cui s'avvia; mentre il sole tramontando rosseggia dietro i
colli e le roccie della spiaggia, e lo squallor di una luce moribonda riveste la già
squallida contrada di tinte scolorite; mentre l'anima sospesa, mesta e senza appog-
gio sente il crescere lento, ma inesorabile d'una muta desolazione, che l'aggrava di
malinconiche rimembranze e di spaventosi presagi, oda scendersi dall'alto la voce a
tutti amica d'una campana che invita il labbro all'angelico saluto, e il cuore scosso
da quella soavità di canto inarticolato, ma pieno di significazione e di conforto,
s'apra ad un tenero sfogo di lacrime e di preci verso Colei, che si fa Madre ad ogni
dolente. Se Dio lo vuole, sarà!
Dal porto Deseado al Rio Chico sono altre steppe deserte, coll'erba rara ed ispi-
da, cogli arbusti spinosi, che si affoltano, talora su vasta superficie di terreno. La ri-
viera poi abbonda di foche e di delfini, che formano il sostentamento principale dei
Chao-Ches, abitanti di quella contrada. Poco distante dalla costa l'ampio Rio Santa
Cruz, risalendo dal sud, interrotto e spartito qua e là da frequenti isolette, viene ad
affratellare le sue acque col Rio Chico, e con esso scende ad immergersi nell'Atlanti-
co, per una larghissima foce in cui trovasi il porto Santa Cruz; mentre sulla sponda
destra sono fondate le due piccole colonie di Piedra Buena e di Ronquand.2 Le vici-
nanze di questi due rii, ed il tratto di paese che da essi si stende sino allo stretto Ma-
gellanico, facendo capo sino a Punta Arena,3 sono le terre tra le più ubertose della
Patagonia. Quivi il terreno cambia aspetto, e svestito quasi interamente il misero
manto e la desolata configurazione delle Pampas, si mostra tutto fastoso di lussu-
reggiante vegetazione, svolta grandiosamente in ampie praterie e in fertili colline,
con foltissimi boschi presso la montagna, ove corre non ancor domato il cavallo
selvaggio.
Gli abitatori indigeni di queste regioni sono selvaggi della tribù dei Tehuelchi,
che sventuratamente vanno estinguendosi per l'agevolezza che tengono di comperare
2 [El capitán Luis Piedra Buena (en 1859) y Ernesto Rouquaud (en 1872)].
3 [Punta Arenas].

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La Patagonia e le terre australi del continente americano pel sac. Gio. Bosco
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liquori nella prossima colonia di Punta Arena. Oh! volesse il Signore che la religione
ridonasse questi popoli a se stessi, alla società, al Paradiso, facendo loro conoscere
l'orridezza funesta del vizio, la dolcezza della virtù e dell'arti civili, in cui prolungan-
do la vita possono renderla assai meno penosa, e condurla ad un esito pieno di feli-
cità e d'amore!
7 (1883) n. 2, febbraio, pp. 31-32: PARTE III-CAPO I - Le tribù Patagoniche
Le fatiche dei missionarii Salesiani in Patagonia già furono in varii luoghi ab-
bondantemente ricompensate. Molti selvaggi e adulti e bambini ricevettero il batte-
simo: i capi medesimi delle tribù dimostrano desiderio di essere istruiti e di far istrui-
re i loro sudditi nella Religione Cattolica. Rifulgono sempre più vividi raggi di spe-
ranza che quelle immense regioni si possano trarre a conversione completa. È adun-
que conveniente che per gettar maggior luce sulle cose fatte e per meglio capire quel-
le, che con la grazia del Signore si faranno dai missionarii in quei luoghi, noi prose-
guiamo l'incominciato lavoro.
Negli anni passati, dopo accurate ricerche fatte da noi negli scritti di antichi e
recenti viaggiatori, e dai nostri missionarii sul luogo medesimo, dilucidammo la par-
te fisica e la parte storica della Patagonia; ora diamo mano alla terza parte, che trat-
ta dell'indole, dei costumi e delle occupazioni degli abitanti. Giova tuttavia notare
che noi non ci occuperemo che dei popoli, i quali si trovano a mezzodì del 35° di la-
titudine in media, cioè non parleremo degli indii, i quali uniti con gli europei vivono
nelle varie provincie della Repubblica Argentina; ma solo di quelli che dai confini
regolari di queste provincie si estendono fino alle terre più australi dell'America.
Queste regioni sono occupate da tre distinti gruppi di popolazioni, gli Indi Pam-
peros, i Patagoni propriamente detti, ed i Fueguani ciascuno dei quali corrisponde
ad una divisione naturale del suolo.
— I primi più verso settentrione abitano le immense regioni, che si estendono
dai confini delle provincie Argentine fino al Rio Negro: formano il territorio ordina-
riamente chiamato I Pampas di Buenos Aires. Quivi, all'Est abitano gli Indios Pam-
peros propriamente detti, divisi in varie tribù, governati da Cacichi indipendenti gli
uni dagli altri. Vivono ordinariamente di rapina, facendo escursioni e saccheggiando
quanto possono nelle estancias dei coloni di Buenos Aires. La maggior parte sono
della tribù dei Puelches (1)4 e più formidabili furono quelli comandati [da] Namun-
cura e da Cattriel, stanziati da Salinas grandes e il Rio Colorado e quelli di Pinsen
posti un po' più verso settentrione. — All'Ovest nella regione boscosa, che estendesi
tra i laghi Bevedero ed Urre Lauquen e lungo i corsi d'acqua, che risalgono da que-
st'ultimo lago fino al Rio Diamante, principali tribù sono:
1o i Pehuenches o uomini del paese dei pini, i quali abitano il versante orienta-
4 (1) La sillaba Ches, colla quale terminano quasi tutti i nomi delle tribù patagoniche, nel loro idioma
indigeno significa gente o paese, e si aggiunge per lo più al nome della regione che abitano, o di qualche caci-
co resosi più celebre.

2.6 Page 16

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434 Jesús Borrego
le della Ande e il sud delle Provincie di Mendoza e s. Luigi, nelle quali per molti anni
fecero continue scorrerie: ora progredirono già nell'agricoltura e si resero meno
nomadi degli altri.
2° Gli Huiliches abitano sul medesimo versante delle Ande più al sud fino al
Rio Negro; ma nelle loro corse annuali alle volte vanno anche fino allo stretto di
Magellano motivo per cui si trovano anche dei Huiliches sparsi nella Patagonia pro-
priamente detta.
3° I Ranqueles abitano più a levante delle due tribù summentovate: sono più
colti dei precedenti, ma anche tra i più astuti e ladri degli abitanti di queste regioni.
Ciascuna di queste tribù principali si suddivide in varie altre, che troppo lungo sa-
rebbe enumerare. Sonvi anche in queste pianure molti Mamuelches ed Araucani, ma
questi ultimi sono poco conosciuti. Tutte queste tribù nel loro modo di vivere già ri-
sentirono l'influenza dei costumi Argentini, e cambiarono varie loro abitudini anti-
che, mentre quelle della Patagonia propriamente detta vivono in tutta la primitiva
loro rossezza.
— Passato il Rio Negro si trova la Patagonia propriamente detta. I suoi abi-
tanti sono di due razze distinte. Quelli che si trovano ad occidente delle Cordigliere
sotto al Chilì, in regione tutta aspra di burroni e di roccie, appartengono quasi tutti
alla medesima razza degli abitanti della Terra del Fuoco e volgarmente si chiamano
Indiani del Canotto, perchè passano quasi tutta la loro vita sulla spiaggia del mare
andando nei canotti da un isolotto ad un altro alla pesca, della quale quasi unica-
mente si nutrono. Quelli che sono ad oriente delle Cordigliere, in quella sterminata
pianura che si estende da dette montagne fino all'Oceano Atlantico, occupando la
maggior parte della Patagonia, sono divisi in varie tribù principali. I Che-he-ches
ed
i Molu-ches sono tribù assai considerevoli, che occupano il Nord della Patagonia. I
Puju-ches e i Tami-ches abitano il versante orientale delle Cordigliere al sud del lago
Nahuel-Uapi e del rio Chubut. Il territorio occupato dai Pilma-ches, dai Sacana-
ches e dai Che-huel-ches si trova al sud della Patagonia e arriva fino allo stretto di
Magellano. I Chao-ches si mostrano nei contorni del porto Deseado presso le coste
dell'Atlantico. Ma la più importante delle tribù patagoniche è quella dei Tehuel-
ches, dei quali varie tribù soprannominate non sono che sottodivisioni. Tehuel-ches
è parola che significa gente del Sud-est. Essi sono sparsi per tutta la Patagonia, seb-
bene la loro sede principale sia verso il Rio Santa Cruz. Questa è la vera razza Pata-
gone più alta di statura delle altre. Le varie tribù della Patagonia conducono gene-
ralmente una vita molto meschina, ma sopportano con coraggio la miseria e le pri-
vazioni. Essi nei loro usi sono quali erano all'epoca della scoperta di questa parte
d'America. Qui solamente potrebbesi ancora studiare l'uomo Americano primitivo
in tutta la sua naturale rozzezza: negli altri luoghi egli subì già o più o meno l'in-
fluenza dei costumi Europei.
— Il terzo gruppo di popolazione detto dei Fueguani abita le isole, che in gran
numero sono disseminate a mezzodì della Patagonia, passato lo stretto di Magella-
no. L'isola principale è chiamata Terra del Fuoco, ed al complesso di tutte si dà ordi-
nariamente il nome di Terre Magellaniche. Questi popoli di statura assai più piccola

2.7 Page 17

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La Patagonia e le terre australi del continente americano pel sac. Gio. Bosco
435
dei Patagoni sono di indole buona e pacifica. Conducono una vita assai misera, nu-
trendosi quasi esclusivamente di pesci, crostacei e molluschi. Tengono con i Patago-
ni un attivo commercio, cambiando i loro pesci con altri cibi e con pelli di cavallo e
di guanaco, che acquistano per ripararsi dalla crudezza del freddo di quelle regioni.
Questo commercio li conduce con frequenza sulle rive nordiche dello stretto di Ma-
gellano, che attraversano su leggerissimi canotti con una destrezza sorprendente.
Sono essenzialmente navigatori, ma non si allontanano molto dalle spiagge. I Fue-
guani sono divisi in molte piccole tribù ed abitano sotto tende o capanne, non cono-
scendo ancora il modo di costrurre case. I Patagoni li chiamano Laguedi-ches od
Ave-guedi-ches, ma tra loro ciascuna tribù si designa col nome del suo capo. Vivono
generalmente in concordia sia tra di essi che tra i vicini del continente. Gli abitanti
dei grandi arcipelaghi di Chonos e Chiloè sono della medesima razza Fueguana.
7 (1883) n. 4, aprile, pp. 62-64: PARTE III-CAPO II -Statura e conformazione fìsica
dei Patagoni.
La scoperta della Patagonia avvenne l'anno 1520 dell'era volgare. I navigatori
di quella prima spedizione videro in quelle terre uomini di statura più che comune;
nella loro immaginazione si figurarono più del vero. Nel ritorno dal viaggio raccon-
tando e scrivendo le cose vedute si lasciavano portare ad esagerare un tantino. I pri-
mi ascoltatori raccontando ad altri avrebbero creduto di narrare poco di buono, se
non avessero resa la cosa ancor più incredibile. Non bastando più ciò che si diceva
della statura si aggiunge dei piedi a mo' d'orso, delle mani simili alle zampe del leo-
ne, della faccia di scimmia, di divoratori tali da mangiare più uno di loro che cento
di noi; veloci nel corso come una palla da schioppo; forti da tirar da soli carri pesan-
tissimi, capaci a portare una casa sulle spalle, a trasportar montagne: insomma non
vi è stravaganza raccontata dai poeti greci e latini dei giganti antichi e dei ciclopi,
che dei Patagoni non si ripetesse e non si assicurasse come di cosa al tutto accertata.
V'era chi pretendeva dimostrare non discendere essi per certo da Adamo, ma essere
d'una schiatta affatto diversa dalla nostra. Questi vari racconti fecero il giro d'Euro-
pa nel secolo XVI e non cessarono nel XVII. Altri poi per contrapporsi alle esagera-
zioni di costoro posero in dubbio ogni cosa, anzi protestarono nulla esser vero di
quanto si raccontava, esser fandonie l'asserire che i Patagoni siano di statura più ele-
vata della nostra ordinaria; per poco non li facevano più piccoli di noi, equiparan-
doli ai Lapponi, e disprezzavano chiunque di loro asserisse cose comechessia più che
ordinarie, tanto che gli scritti coscienziosi di alcuni viaggiatori assennati non veniva-
no presi in considerazione, perchè di quei popoli era detta qualche straordinarietà
vista co' proprii loro occhi. Ancora ai nostri giorni si sostennero esagerazioni pro e
contro. È adunque importante che in uno scritto qual'è il nostro si metta la verità a
questo riguardo in chiara luce, specialmente che tra le relazioni antiche di viaggiato-
ri, che videro le cose co' loro occhi, e le esplorazioni moderne, si è potuto discernere
con precisione il vero dal falso.
Noi dunque siamo qui per sostenere i tre seguenti punti:
1o È falso che nella Patagonia vi siano giganti d'altezza sterminata, e sono

2.8 Page 18

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436
Jesús Borrego
grossolane favole quei racconti mitologici, che si volevano far credere da alcuni
viaggiatori sulla conformazione del loro corpo diversa dalla nostra;
2° È assolutamente vero che in generale la statura dei Patagoni è assai eleva-
ta, cioè generalmente parlando superiore alla nostra (Italiani, Francesi, Spagnuoli
ecc.);
3° La tribù dei Tehuelches, la quale forma la vera razza Patagone primitiva,
è anche più elevata delle altre; si può chiamare statura straordinaria, e forma in real-
tà la razza umana di statura più elevata che sia sulla faccia della terra.
E prima di tutto niuno è che non veda essere da mandarsi assolutamente nel
numero delle favole i detti di coloro, che attribuivano a questi popoli i piedi di belve,
la testa di animali, la fortezza da trasportar case o montagne e simili. Furono questi
sogni di pazze immaginazioni. Anche per certo è da mettersi nel numero delle favole
l'altezza sterminata di quattro, di sei o più metri, data loro da alcuni. Queste cose
non furono mai sostenute da viaggiatori serii, i quali avessero viste le cose sui luo-
ghi; nessuno poi dei viaggiatori moderni, né dei Missionarii che si inoltrarono colà,
fece pur menzione di simili cose. Sarebbe un portar vasi a Corinto o nottole ad
Atene aggiungere altre parole per dimostrare false quelle asserzioni: per confutarle
basta enunciarle.
Nemanco il secondo punto ha bisogno di molte parole per essere provato, per-
chè vi sono mille testimonianze di viaggiatori di tutti i tempi che lo confermano. Chi
da Buenos Aires fa escursioni a Carmen, a Viedma, a Bahia Blanca o in qualunque
altro luogo, dove si possano incontrare Indii, Patagoni e Pamperos, si può accertare
facilmente co' proprii occhi della verità del nostro asserto. D'altronde la Repubblica
Argentina quasi tutti gli anni fa escursioni contro gli Indii per impedire il loro depre-
damento: a migliaia i soldati Argentini si trovano di fronte ai selvaggi: or bene, tutti
sono d'accordo nell'attribuire loro gran forza e statura, superiore generalmente alla
nostra. I nostri Missionari medesimi nelle molte loro esplorazioni si trovarono centi-
naia di volte in faccia ai selvaggi, con loro parlarono, molti ne istruirono e ne bat-
tezzarono, e ci assicurano che la statura piuttosto elevata di varii uomini robusti dei
nostri paesi è tra gli Indii una cosa ordinaria. Molti viaggiatori poi ebbero campo a
misurarne varii con tutta precisione, e si trova la loro statura media a m. 1,72, men-
tre la media degli Europei non è che di m. 1,60 circa; di modo che si può conchiude-
re che certe stature, le quali per noi sono cosa rara, tra loro invece sono cosa ordina-
ria, e quelli che tra loro sono considerati di taglio piccolo tornerebbero tra noi le sta-
ture più ordinarie. Ma anche questo punto pare abbastanza provato, e noi non ag-
giungiamo altre parole, specialmente perchè quanto giova a comprovare il terzo ser-
ve di sempre maggior conferma a questo. Qui invece crediamo bene, dalle più recise
e scrupolose relazioni di viaggiatori, riferire qualche cosa della conformazione spe-
ciale della corporatura dei Patagoni.
Essi hanno generalmente testa grossa, capigliatura nera, spessa, lunga e forte,
che non cade mai e raramente incanutisce; fronte alta, rotonda e prominente; viso
largo, pieno, quadro e piatto. Come tanti altri popoli, eglino ancora si strappano i
peli delle ciglia e della barba appena cominciano a spuntare, cosicché non sono mai
guari barbuti. I zigomi della faccia non sono prominenti, nemmeno in età avanzata:

2.9 Page 19

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La Patagonia e le terre australi del continente americano pel sac. Gio. Bosco
437
gli occhi hanno piccoli, neri, vivaci, orizzontali; il naso corto e piatto colle narici
aperte; la bocca larga e protuberante; le labbra grosse, che quando sono aperte la-
sciano vedere magnifici denti sino alla fine di una tarda età; il mento piuttosto corto
ma un poco sporgente, di modo che il profilo della fronte e del mento appare in mo-
do, che tirando una linea perpendicolare dalla fronte alle labbra, il naso appena arri-
va a toccarla, mai la sorpassa. L'insieme dei loro lineamenti è piuttosto brutto, con
un'aria quasi stupida; ma nel medesimo tempo più dolce che dispiacente, cosicché
uno si sente disposto a contrarre con loro amicizia; mentre per altro canto vi sono
popoli meno brutti, alla cui aria feroce si indietreggia istintivamente. Il collo hanno
muscoloso, spalle assai larghe, membra solidamente impiantate, il tronco sviluppa-
tissimo con torace protuberante. A proporzione del tronco le loro gambe sono
corte,
i piedi piccoli e la loro andatura è grossolana e senza grazia.
Ma veniamo al terzo punto. È da premettere che, come si disse nel capo antece-
dente, i Patagoni vanno divisi in varie tribù, le quali stanno separate e per essere no-
madi e sparse su regioni estesissime non hanno guari relazione le une con le altre, e
conservano ciascuna le proprie abitudini. I Tehuelches popolano specialmente il
sud-est della Patagonia, sebbene, per essere nomadi, se ne trovino anche nelle re-
gioni settentrionali ed occidentali. Di questa tribù particolare intendiamo qui di
parlare.
E prima di tutto è a tenere che una tradizione del Perù, molto più antica della
scoperta dell'America, già diceva esistere verso il sud una schiatta d'uomini di statu-
ra assai più elevata di quella dei Peruviani. Questa tradizione ci fu conservata dallo
storico Garcilaso, il quale la dice antichissima, costante, e tenuta come certa da
tutti
i popoli di quelle terre. Certo questa tradizione così sparsa allude a fatto reale. Ma
dopo la scoperta dell'America primo storico testimonio oculare della straordinaria
statura dei Patagoni è Pigafetta, compagno di viaggio di Magellano. Sebbene questo
autore in molte particolarità del suo racconto sia esagerato per mancanza di cogni-
zione esatte, non mentisce però appositamente, e dove ha dati dice le cose come le
conosce. E a questo riguardo decisivamente si esprime che esso vide molti Patagoni,
e che dai viaggiatori suoi compagni furono giudicati alti dieci palmi spagnuoli (circa
due metri e mezzo). Qui è da notare che i Patagoni da nessuno di quei viaggiatori fu-
rono misurati esattamente: non è a stupire che per fare la misura rotonda siasi esa-
gerato un poco; ma certo dà un argomento credibile, che realmente gli uomini visti
fossero di statura straordinaria, e che da loro non se ne fossero mai veduti dei simili.
Dopo Magellano varii tentarono quelle spiaggie. Il viaggiatore inglese Caven-
dish nel 1592 passò per lo stretto di Magellano e vide molti Patagoni. Riguardo alla
loro statura dice positivamente che vide sulla costa due cadaveri: li misurò e consta-
tò che avevano 14 palmi di lunghezza, il che corrisponde quasi a 3 metri. A malgra-
do delle sue esagerazioni sulle cose, che racconta senza averle viste, pare che dove
dice d'avere egli medesimo misurato questi cadaveri meriti credenza. È poi noto che
corpo morto cresce in lunghezza.
Tutti i viaggiatori del sec. XVI che percorsero il mare del sud parlano della esi-
stenza colà d'uomini di statura straordinaria, come di una verità già nota. Il corsaro

2.10 Page 20

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438
Jesús Borrego
spagnuolo Larmiento 5 vide molti Patagoni, e ne potè arrestare e condurre con sè
uno, e lo dice un gigante alto tre vera,6 misura spagnuola che equivale circa il metro.
L'inglese Haw-Kiny,7 il quale viaggiò molto tempo in quelle acque, ne parla in una
maniera assai moderata e persuasiva; non li misurò, perciò non ne dà l'altezza pre-
cisa, ma li dice di così alta statura, che paiono giganti.
Venendo al secolo scorso Harrington e Carman capitani di due vascelli francesi
videro più centinaia di Patagoni, e descrivendoli li chiamano giganti.
Il giudizioso Freger8 li dice di statura straordinaria, e per confermare la sua as-
serzione riferisce la testimonianza di una moltitudine di navigatori anteriori a lui, e
termina le sue citazioni con questa semplice e naturale riflessione: « Si può conchiu-
dere senza leggerezza, che vi ha in questa parte d'America una nazione d'uomini di
statura superiore alla nostra: varii viaggiatori esagerarono, ma se si riflette che le
loro misure furono prese più per approssimazione che con rigore, si vedrà che esse
hanno vera base di credibilità nell'accordarsi tutti sull'asserire assai superiore alla
nostra l'altezza dei Patagoni ».
Nella relazione del viaggio del celebre ammiraglio Bayron,9 citato dal Malte-
Brun, uomo tutt'altro che credulo, si dice che videro uomini di prodigiosa statura,
che seduti erano ancora quasi alti come il loro ammiraglio.
Il luogotenente di fregata Duelos Guyot; il capitano della Girandais e molti al-
tri viaggiatori francesi, inglesi, spagnuoli e danesi del secolo scorso danno varii rag-
guagli dei Patagoni, e tutti confermano da più a meno le cose sopra dette. Nel no-
stro secolo poi i viaggiatori del mar del sud presero altra direzione, lasciandosi dai
più lo stretto di Magellano pel capo Horn; e per altra parte essendosi dai più antichi
pressochè esaurito l'argomento, minori relazioni ci giunsero; ma queste sono più
precise e confermano le antiche. Per non accrescere il numero delle citazioni a noi
basta portare l'irrefragabile testimonianza del generale Moreno, che nel 1874 fece
una prima esplorazione e nel 1877 una seconda. Nella Patagonia egli visitò accurata-
mente quei luoghi, per espressa commissione del Governo Argentino. In questa se-
conda volta vi si fermò circa 6 mesi. Era munito di tutti quegli strumenti e aiuti ne-
cessarii somministrati dalla scienza moderna per fare ogni osservazione opportuna,
ed era accompagnato da varii scienziati. Visitò molti punti della Patagonia e si fer-
mò specialmente al Rio Santa Cruz, che perlustrò in tutta la sua lunghezza con la
permanenza di più mesi: potè stringere relazione coi veri Tehuelches e trattenersi
con loro famigliarmente, e tra gli altri con certo Kaikokelteish, vecchio di oltre cen-
to anni. Ebbene, il general Moreno nella particolareggiata relazione del suo viaggio,
in due grossi volumi, attesta d'averne veduti varii alti circa due metri; e misuratine
con scrupolosa precisione quattro, stabilisce la statura media dei Tehuelches a m.
1,86, e dà in questa precisa esclamazione: « Costoro davvero meritano il titolo di gi-
5 [Sarmiento].
0 [vara].
7 [Hawkins].
8 [Frezier].
" [Byron].

3 Pages 21-30

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3.1 Page 21

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La Patagonia e le terre australi del continente americano pel sac. Gio. Bosco
439
ganti » (l).10 Egli medesimo passa poi a confutare le opinioni di Musters, che pone
l'altezza media dei Patagoni a m. 1,78, e quelle del celebre D'Orbigny che la pone
a
m. 1,73, facendo vedere come questi accreditatissimi scrittori, i quali non asserivano
mai niente senza aver viste le cose coi loro occhi, e calcolato con le loro misure
alla mano, avevano confuso i Pamperos e gli altri Patagoni con la vera tribù dei
Tehuelches.
Neppure è da supporre che sotto gli occhi del general Moreno siano capitati i
Tehuelches più alti; di modo che non meritano disprezzo le asserzioni di quei viag-
giatori, che asserirono d'averne veduti degli alti quasi tre metri, sebbene in questi
ultimi viaggi di quell'altezza non se ne sia misurato alcuno.
8 (1884) n. 1, gennaio, p. 17: PARTE III-CAPO IV - Indole dei Patagoni. Loro crudeltà.
...Il solo Missionario colla sua condotta di pace potrebbe a poco a poco far de-
porre l'odio, che si ha contro quanto sa d'europeo, ed insieme colla religione intro-
durre in quei paesi la civiltà: ma il crudele strazio, che ripetute volte fecero del Mis-
sionario, il quale a loro se ne veniva per evangelizzarli, spaventò talmente ogni cor-
porazione religiosa, che da oltre un secolo più nessuno, per quanto consta, s'incaricò
della evangelizzazione di quei selvaggi.
Così il Lacroix; ma per divina disposizione da alcuni anni i Missionarii Salesia-
ni si mossero in loro favore. Forse il sangue e le preghiere di altri Missionarii scan-
nati in quei luoghi medesimi placarono l'ira di Dio ed avvicinarono il momento del-
la loro redenzione. Le molte crudeltà e barbarie summentovate non li spaventano. Si
sa bensì che in varie circostanze i Patagoni sono cannibali ed antropofagi, cioè man-
giatori di carne umana; si sa certo di molti viaggiatori e Missionarii, che dalla loro
rabbia furono barbaramente uccisi, tagliati a pezzi e mangiati. Tuttavia pare che a
questi eccessi non vengano, se non quando sono fortemente sdegnati, e il general
Moreno, che in questi ultimi anni viaggiò per molti mesi sia lungo il fiume Chubut,
sia al Rio Santa Cruz, cioè nei punti più centrali della Patagonia, parla della mitezza
dei Patagoni, della loro ospitalità verso gli stranieri, assicurando che non havvi a te-
mere offesa per parte loro, salvo che si trovino in istato di ubriachezza; e nota che se
avviene talora che Europei od altra gente civile siano bistrattati, ciò è sempre a ca-
gione di qualche atto, per cui furono giudicati meritevoli di pena. Egli stesso però
avverte di non confondere i Patagoni puri coi selvaggi ammaliziati e pervertiti, che
devastano i confini; di quelli accerta che inclinano ad apprendere quelle cognizioni
pratiche, che possono riuscire utili alla loro esistenza, ed a rendere più comoda la
loro vita, e rispettano le persone che in qualche modo si occupano di loro.
Pare che di queste disposizioni potrà valersi molto il Missionario cattolico, che
assecondandole troverà agevolata la via per condurre quelle tribù ad una vita civile
10 (1) Viaje á la Patagonia austral emprendido bajo los auspicios del gobierno nacional, por
Francisco
P. Moreno ecc. Buenos Aires 1880, tomo primero, p. 376.

3.2 Page 22

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440
Jesús Borrego
e soprattutto ad abbracciare la nostra Santa Religione, fonte di ogni bene temporale
ed eterno. Conviene adunque trattarli con la dolcezza, prendersi a cuore il loro be-
nessere, e specialmente occuparsi con sollecitudine dei loro figliuoli. È con questi
mezzi che la pia Società Salesiana si pose all'opera, e con essi spera di riuscire a
guadagnarli a Dio, e farne un popolo di conquista per la Chiesa e per la civile re-
pubblica.
8 (1884) n. 10, ottobre, pp. 149-150: PARTE III-CAPO VII - Governo...
Gli abitanti delle Pampas e della Patagonia propriamente detta hanno un go-
verno poco ben determinato. Sono divisi in tribù più o meno numerose; ognuna è
indipendente dall'altra. Varie tribù furono già assoggettate alla Repubblica Argenti-
na od al Chili, e questi prendono il nome di Indios mansos, cioè Indiani già assogget-
tati e mansuefatti, e sono le più vicine ai popoli assog[g]ettatori, alle cui leggi devo-
no obbedire. Tra di essi incomincia a penetrare la civiltà e la religione; ma pochi e
quasi nessun sono i sacerdoti che di loro si possano curare, non si trovano che di
paese in paese a gran distanza e sebbene abbiano il nome di Indios mansos sono per
lo più ancora selvaggi ed idolatri.
La Repubblica Argentina si riserva il diritto di pressoché tutte le Pampas e della
Patagonia, ed in nuova recente demarcazione dei confini assegnò alla provincia di
Buenos Aires tutta la parte orientale fino a Carmen. Stabilì fortini sul Rio Negro ed
agisce vigorosamente affinchè dentro i limiti stabiliti i selvaggi stiano a freno intiera-
mente. Si aggiunse poi alla Confederazione Argentina la nuova Provincia di Patago-
nia e per essa fondò una piccola città col nome di Viedma sulla sponda destra del
Rio Negro in faccia a Carmen; la costituì capitale della Provincia e la fece sede di un
governatore. Tuttavia l'influenza di questo governatore sui Patagoni è nulla, fuori
che su quelli i quali o per bisogni o per ragione di commercio si lasciano sotto-
mettere.
Poca diversità vi è fra i Patagoni veri ed i Pamperos non assoggettati, poichè
tutti come migratori vivono parte del tempo in un luogo e parte in un altro.
Apéndice 3:
I FUEGIANI
I FUEGUANI
N. DALLY, o.c., pp. 159-160
I FUEGIANI o abitante della Terra di
Fuoco sono creduti i più miserabili del-
l'umana specie. Hanno la testa grossa,
le gote prominenti, il naso stiacciato.
Sono più piccoli, più deformi e più suci-
di dei Patagoni, ma hanno maggior dol-
III 847-872
Si chiamano FUEGUANI gli abitatori
della Terra del Fuoco [...] Sono tenuti
pei più miserabili uomini che esistono
sulla terra. Sono più piccoli, più defor-
mi, più sucidi dei Patagoni, ma hanno
maggior dolcezza nella fisonomia. Una

3.3 Page 23

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La Patagonia e le terre australi del continente americano pel sac. Gio. Bosco
441
cezza nella fisonomia. Una mistura di
carbone, d'ocra rossa e d'olio di foca, di
cui ungono talvolta i loro corpi, esala un
odore talmente insopportabile che si
può appena avvicinarli.
mistura di carbone pesto, d'ocra rossa e
d'olio di foca di cui ungono talvolta il
loro corpo per ripararsi dal freddo, esala
un odore talmente insopportabile che si
può appena avvicinarli.
I loro vestito consiste in pelli di gua-
nache o di foche; tutti si dipingono la
faccia e le altre parti del corpo in guisa
grottesca. Le donne copronsi in parte di
pelli, e si adornano il collo di collane
fatte di denti di pesce. Gli indigeni della
Terra di Fuoco abitano capanne coniche
ricoperte o di pelli, o di scorze, o di fo-
glie d'albero. Coloro che il capitano
Weddel ha visitati, avevano l'aspetto
dolce e timido, e vivevano in uno stato
di abbrutimento profondo, non occu-
pandosi che di pescare quando lo per-
mette la stagione. A quest'uso hanno
certe barche le quali dirigono con de-
strezza grande, ma che non sono altret-
tanto ben lavorate quanto quelle dei Sa-
moiedi. Gli abitanti della costa meridio-
nale sono selvaggi, traditori e crudeli.
Tutti vanno armati d'arco, di fionda e
d'una specie di lancia, munita di un osso
a punta. Eglino non sembrano avere
nessun capo né alcuna specie di creden-
za religiosa.
Il loro vestito consiste in pelli di gua-
nachi o di foche; tutti si dipingono la
faccia e le altre parti del corpo in guisa
grottesca. Le donne copronsi in parte di
pelli e si adornano il collo di collane fat-
te di denti di pesci. Gl'indigeni della
Terra del Fuoco abitano capanne coni-
che ricoperte o di pelli, o di scorze, o di
foglie d'alberi. - Coloro che il capitano
Weddel ha visitati, avevano l'aspetto
dolce e timido e vivevano in uno stato
d'abbrutimento profondo, non occupan-
dosi che di pescare quando lo permette-
va la stagione. A quest'uso hanno certe
barche le quali dirigono con destrezza
grande, ma che non sono neppure ben
lavorate come quelle dei Samojedi. - Gli
abitanti della costa meridionale sono
selvaggi, traditori, crudeli. Tutti vanno
armati d'arco, di fonda e d'una specie di
lancia munita di un osso a punta. Eglino
non sembrano avere nessun capo, né al-
cuna specie di credenza religiosa.
Oltre alle occupazioni domestiche le
quali sono loro intieramente devolute, le
donne hanno la penosa incumbenza di
remigare sulle onde, e gli uomini non
sottentrano se non quando la troppa fa-
tica le costringe al riposo.
Si dividono i Fuegiani in parecchie
tribù: i YACANA-KUNNY, che abitano il
nord-est del gruppo, e che sono cono-
sciuti assai poco; i TEKINICA, piccoli,
mal fatti, e la cui tinta varia tra il colore
del rame e quello del bronzo; gli ALIK-
HOULIP, i quali, dopo i YACANA-KUNNY,
Si dividono i Fueguani in varie tribù: i
Yacana-Kumy che abitano il Nord-Est
del gruppo, e che sono conosciuti assai
poco. I Tekinica, piccoli, mal fatti e la
cui tinta varia tra il colore del rame e
quello del bronzo. Gli Alikoulip che sono
meno ributtanti; i Pécherais poveri e

3.4 Page 24

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442 Jesús Borrego
sono i meno ributtanti; i PECHERAIS, po-
veri e malvagi; finalmente i Fuegiani del
porto Merie, la cui fisonomia non ha
espressione.
Pretendesi che i Fuegiani siano antro-
pofagi; eglino mangiano le loro donne
più vecchie quando temono di mancare
di provvigioni. Malgrado ciò, il senti-
mento della famiglia è sviluppato fra lo-
ro ad un alto grado, e accolgono bene
il viaggiatore che li visita.
malvagi. Finalmente quei del Porto Me-
rie, la cui fisonomia non ha espressione.
I Fueguani in generale sono antropo-
fagi; eglino mangiano le loro dorme più
vecchie quando temono di mancare di
provvigioni. Malgrado ciò il sentimento
della famiglia è sviluppato tra loro ad
un alto grado e accolgono bene il viag-
giatore che li visita.