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RECENSIONI
CASTELLANOS HURTADO Francisco, Los salesianos en México, Tomo Io. México,
D.F., Ediciones Don Bosco 1992, 384 p.
«Se trata de un proyecto monumental de investigación histórica, el primero cier-
tamente en su género —escribe el Presentador— que pretende recoger cien años de
historia» (p. VIII). La conmemoración centenaria, sin duda, es ya una fecha apta
para la puesta en marcha de tal investigación histórica, que pretende abarcar la entera
red inspectorial en el tiempo y en el espacio. El autor, a su vez, confiesa sin ambajes
pretender con estos ensayos únicamente ofrecer una base segura para historiar la
Inspectoría: «No se trata de una historia en sentido estricto [...] Es, más que todo,
un mosaico de documentos, ordenados cronológicamente y con algo de lógica. Trato
de que no se pierda nada de lo que he encontrado» (p. XI). Se trata, pues, de esa
fase esencial de recopilación —-a ser posible exhaustiva— de fuentes escritas, inédi-
tas o impresas, fotográficas o artísticas, instrumento prioritario para «hacer histo-
ria».
«El nacimiento y los primeros pasos (1889-1911) de la obra salesiana en México
se sitúan en la época del porfiriato (1876-1911) —es decir, de la época dominada
por el general Porfirio Díaz— asegura E. Olmos en su preciso «Marco histórico»,
indispensable para comprender el «mosaico documental». Este era el espacio tempo-
ral, intencionalmente otorgado a este tomo inicial, pero, debido a lo voluminoso del
mismo, el autor se ha «visto obligado a publicarlo en dos partes: la primera, de 1889
a 1899 —[que ahora ve la luz]— y la segunda, de 1900 a 1912» (p. XII).
Analizado el lineal guión del ÍNDICE, su contenido prefigura «los años en que
se fundan las Obras de Santa Julia, en la ciudad de México (1893), y la de Puebla
(1894)». Y, junto a ellas, las de las salesianas: el Asilo Colón (1894), en la capital
mexicana, para a los cuatro años instalarse definitivamente en el colegio María
Auxiliadora, edificado de nueva planta. Y desde 1889 a 1892, llegada de «los pione-
ros de la Obra salesiana en México», ¿qué sucede?. Lo radiografía el título del capí-
tulo Io: «La obra de los Cooperadores Salesianos en México». Pocas obras salesianas
habrán tenido prologómenos tan maravillosos —de cooperación— como la mexicana.
Todo preparado, todo asegurado, todo proyectado en espíritu y estilo salesiano, tele-
dirigido desde Turin, no sólo por gracia y vida del Boletín Salesiano, sino por la
impresionante correspondencia cruzada entre los responsables de los Cooperadores
—seglares y eclesiásticos— de México y el Rector Mayor, don Miguel Rua. Una
experiencia irrepetible en su conjunto, que se prosigue en Puebla, en donde lo prime-
ro es formar la Junta de Cooperadores, que desbrozan el terreno en sintonía con los
salesianos, ya «mexicanos», Piccono, Piperni...
Lo demás, al tratarse de «recopilación de documentos», está superdetallado,
ya que aprovecha, como fuente primordial, la crónica que, conservando su ritmo de
vida colegial —aún tratada con «cierta lógica»— no deja de ser repetitiva en la es-
pecificación de la actividad escolástica, religiosa, deportiva, musical, estadística de

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alumnos y ayuda constante, en los perpetuos apuros económicos, de los Cooperado-
res, que siguen siendo la Providencia. Y todo ello por la preocupación, más que
razonable, «de que no se pierda casi nada de lo que he encontrado» (p. XI). Tal
preocupación brinda la posibilidad de estudiar aspectos particulares interesantes en
lo relativo a los Cooperadores, a las vocaciones, devoción a María Auxiliadora;
praxis educativa con los elementos pedagógicos del sistema preventivo. No abunda
la aportación fotográfica, aunque es significativa la remitida.
Se trata, sin duda, de un primer paso importante, que reclama la continuación
investigadora de fuentes: El Archivo Salesiano Central (ASC) si parece reconocido
exhaustivamente, no así los archivos nacional o municipales, episcopales, inspecto-
riales y de cada una de las presencias salesianas. Sin olvidar la prensa, —con la que
se ha contado, aunque, casi siempre, a través del Boletín Salesiano—, que es fuente
clave para la historia de cualquier obra.
Por tanto, bienvenida sea esta primicia, «como un homenaje a los cien años de
la llegada de los primeros salesianos a México», ya que con ella se ha emprendido el
camino justo para, paso a paso, «hacer su plena historia».
J. BORREGO
GIRAUDO Aldo, Clero, seminario e società. Aspetti della Restaurazione religiosa a
Torino. Roma, LAS 1993, 501 p.
È un lavoro esemplare per il significato storiografico, il rigore del metodo, l'at-
tendibilità dei risultati: tra questi, importante e convincente, la rivalutazione di un
arcivescovo che senza clamori ha operato in profondità in una diocesi provata da
rivolgimenti politici e rilevanti trasformazioni sociali e culturali.
I cinque capitoli offrono un insieme ben strutturato, coerente e denso di dati e
di interpretazioni, sorrette da una copiosa documentazione archivistica, per la prima
volta esplorata con tanta puntigliosità e perspicacia: lo testimoniano le precise note
a pié pagina e l'abbondante materiale inedito allegato (pp. 293-457: tabelle e grafici
sul movimento del clero diocesano tra il 1820 e il 1859; testi dei regolamenti dei se-
minari dell'archidiocesi, in particolare le Costituzioni pel Seminario Metropolitano di
Torino. 1819; trattati e libri adottati nell'insegnamento; gestione economica del se-
minario di Chieri; attività religiose nella chiesa di S. Filippo a Chieri e l'elenco dei
predicatori degli esercizi spirituali ai chierici).
IIprimo capitolo, La diocesi di Torino agli albori della restaurazione, descrive la
situazione sociale e pastorale ecclesiastica, a partire dall'eredità repubblicanonapo-
leonica, in cui si trova a operare il camaldolese Colombano Chiaveroti (17541831;
arcivescovo a Torino dal 1818). Egli si rivela personaggio di rilievo, ispiratore di
orientamenti pastorali che non sono semplicemente restaurativi. Nel secondo capito-
lo, La situazione del clero (1818-1830), il Giraudo utilizza una rilevante documenta-
zione custodita nell'archivio arcivescovile e due censimenti del 1820-1821 e 1833,
sottolineando nella situazione che precede quella successiva all'unità italiana ele-
menti di continuità e di novità: si veda in particolare le pp. 115-135, Tra pastorale
tradizionale e primi sintomi di transizione, e 138-153, La necessità di una riforma, me-
todicamente intrapresa dall'arcivescovo. Tematizzano questa sollecitudine, che avrà
positive ripercussioni nelle svariate iniziative del clero piemontese dei decenni suc-

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Recensioni 255
cessivi, i capitoli fondamentali del lavoro: il terzo, Preoccupazioni formative e fonda-
zione del seminario di Chierì (1829); il quarto, L'organizzazione del seminario; il
quinto, II modello formativo. La fondazione del seminario di Chieri evidenzia la vo-
lontà riformatrice e insieme conservatrice del Chiaveroti, che guarda ora ai mali e
alle inadempienze di parte del suo clero ora a un ideale di pastore più rispondente ai
tempi. Invece, la diligente ricostruzione della vita interna dei seminari torinesi e in
particolare di quello di Chieri getta una luce significativa su taluni aspetti della for-
mazione di don Bosco, studente di filosofia e di teologia. Ancor più illuminante
risulta l'ultimo capitolo, in base al quale si potrebbe forse intrawedere la possibi-
lità di un qualche conflitto in don Bosco tra l'accentuazione «repressiva» e quella
«preventiva» del modello formativo. Ma soprattutto è dato intravedere negli orien-
tamenti dati dal Chiaveroti lo sforzo di integrare la severa «disciplina» seminaristica
con motivazioni ideali, che caratterizzano il clero torinese nei decenni seguenti:
robusta pietà, generatrice di zelo e ansia per la salvezza delle anime, che fanno del
pastore d'anime una «victima caritatis».
Il lavoro fa emergere un filone di ricerche sulParchidiocesi torinese, che portate
avanti con altrettanta accuratezza per i decenni successivi illustrerebbero con profit-
to il mondo religioso entro il quale si sono collocate la vita e le opere dei cosiddetti
«santi sociali» o della carità e di tanti altri sacerdoti impegnati in Piemonte in singola-
ri iniziative caritative, assistenziali, educative.
P. BRAIDO
GIULIANI-BALESTRINO Maria Clotilde, L'Argentina degli Italiani. Roma, Istituto
della Enciclopedia Italiana fondata da G. Treccani 1989, 2 vol.
L'autrice dedica «a tutti gli Italiani d'Argentina di ieri e di oggi che con il loro
lavoro e il loro sacrificio hanno onorato l'Italia in modo esemplare» il frutto di un
minuzioso lavoro di ricerca negli archivi e nelle biblioteche di Genova, Torino e
Roma oltre che di Buenos Aires e di altre città dell'interno dell'Argentina.
Con straordinaria freschezza si delinea un grande quadro «su cui si muove una
folla senza numero di figure maggiori e minori, che dall'agricoltura all'industria,
dall'allevamento alla pesca, dal commercio all'attività bancaria, dall'opera missiona-
ria alla docenza, dall'esplorazione alle arti è stata ed è colonna portante della società
argentina».
Non deve essere stato facile raccogliere e ordinare un materiale così eterogeneo
e allo stesso tempo non fare noiosi elenchi di nomi, ma riuscire a costruire un rac-
conto vivace e abbastanza verace.
Dopo una ben fatta descrizione delle regioni geografiche in cui si divide l'Ar-
gentina, l'autrice ne divide la storia in periodi che parlano della faticosa penetrazione
nei tempi della colonia, della formazione della società porteña dall'indipendenza alla
fine del governo di Rosas, della grande immigrazione italiana fino al primo dopo-
guerra. Due ulteriori sezioni del primo volume ci descrivono l'attività degli italiani
nel mondo agricolo e in quello urbano.
Di carattere abbastanza diverso da questa prima immigrazione italiana in Ar-
gentina è quella venuta nel secondo dopoguerra. Gran parte ne ebbero i grandi

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gruppi industriali e il terziario avanzato. Il volume si chiude con un'analisi dell'ap-
porto dato dagli italiani alla cultura e alla religione in Argentina. Purtroppo le fonti,
di cui si serve l'autrice, generalmente bene informata, per elogiare i salesiani, forni-
scono dei dati non esatti o non attendibili.
Il secondo volume si occupa del periodo tra le due guerre mondiali: parla di po-
polazione, di economia e della presenza degli italiani nelle diverse professioni. In
questo volume i dati sui salesiani vengono corretti in grande parte dall'uso di fonti
più attendibili che non quelle del primo volume.
Crediamo che il volume sia molto utile a quanti vogliano fare storia dell'opera
salesiana in Argentina, a causa della ricostruzione che fa delle condizioni socioeco-
nomiche e culturali in cui vissero quelle comunità italiane e dei tanti personaggi che
presenta, direttamente o indirettamente legati alle opere salesiane.
A.S. FERREIRA
PRZYBYLSKI Tadeusz, Ks. Antoni Hlond - Chlondowski. Salezjanin. Kompozytor
(Don Antoni Hlond - Chlondowski. Salesiano. Compositore). Kraków, Wydaw-
ca: Redakcja Dwutygodnika Miejskiego «Zycie Myslowic» w Myslowicach,
1993, 79 p., 12 tav.
A trenta anni dalla morte del salesiano don Antoni Hlond, in arte «Chlondo-
wski» (1884-1963), fratello del primate di Polonia cardinale August Hlond, è appar-
so un volume che ripresenta la sua persona ai lettori. Grazie allo stile scientifico-
popolare, può essere letto dal vasto pubblico, non solo dal mondo salesiano.
T. Przybylski, professore di musicologia all'Università Jagellonica di Cracovia,
è conosciuto come autore di numerosi studi su eminenti compositori e musicisti
dell'epoca moderna.
Questo fatto, ci sembra, impone al suo studio un'opzione diversa da quelle che
incontriamo di solito nelle biografie. L'A., infatti, dedica oltre due terzi dell'opera
all'attività musicale di Antoni Hlond, trascurando le altre, p.e. il quinquennio da
ispettore della provincia polacca come se non fosse rilevante.
Però tale scelta pare attuata di proposito. Infatti su Antoni Hlond, come musi-
co e compositore, furono dati giudizi generici e affrettati, se si eccettua qualche serio
studio scientifico, irraggiungibile però dal largo pubblico. Per cui si desiderava da
lungo tempo uno studio approfondito della sua opera musicale offerto con uno stile
adatto al gran pubblico.
L'A. risponde a questo bisogno. Non solo valuta l'opera musicale «hlondiana»,
ma la mette a confronto con tutto ciò che nel campo della musica sacra fu composto
a livello nazionale nell'epoca in cui operò Antoni Hlond, con riferimenti a quanto
era stato prodotto fuori della Polonia. Per tale scopo l'A. si avvale dell'abbondante
materiale archivistico, soprattutto della fonte principale lasciata da Pawel Gola nel
dattiloscritto: «Ks. dr Antoni Hlond SDB. Salezjanin - kompozytor. Dokumenty Ko-
respondencja (Dott, don Antoni Hlond SDB. Salesiano - compositore. Documenti cor-
rispondenza)», Zebral ks. Pawel Gola SDB. (Maszynopis). Tom I-XXV, Lad 1969-
1976.
Antoni Hlond, oltre a essere stato discepolo del musicista salesiano don R. An-

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Recensioni 257
tolisei, fu allievo della «Kirchen-Musikschule» di Ratisbona. E infatti T. Przybylski
sottolinea più volte la sua fedeltà alle idee care a questa scuola di musica. Ma, pur
rimanendo fedele alle indicazioni ricevute dai suoi maestri, Antoni Hlond si lasciò
guidare, nello scrivere le innumerevoli composizioni (circa quattromila), dalla geniali-
tà e dalle intuizioni della propria musicalità.
Viene puntualizzato che Antoni Hlond rinunziò consapevolmente alla possibile
carriera di grande compositore, per dedicarsi alla semplice musica liturgica, così da
riempire l'enorme vuoto nel campo della musica sacra in tutte le regioni polacche.
Con tale tipo di lavoro fu tra i pionieri del rinnovamento della musica organistica in
Polonia, specie da quando fu nominato preside (1916) della prima Scuola di Musica
per Organisti a Przemysì. A questa Scuola sin dall'inizio diede, quanto al sistema
educativo, un indirizzo decisamente salesiano e, quanto allo studio, una competenza
professionale che in breve procurò ad essa un generale riconoscimento, non solo da
parte ecclesiastica. È stato anche uno dei principali fautori di altre iniziative molto
apprezzate nel promuovere la musica liturgica: fondazione di riviste, pubblicazione
di un manuale di «Harmonia» per organisti in fieri, istituzione di una «Associazione
di Sacerdoti Musicisti», ecc.
Il volume ricupera di lui in prevalenza l'immagine di compositore e di promoto-
re del rinnovamento della musica liturgica, un po' dimenticata o non ben presentata
per scarsa preparazione degli autori. Ora, grazie a T. Przybylski, viene riproposta
questa figura di insigne figlio di don Bosco, che seppe servirsi ottimamente delle sue
doti musicali per rispondere alle esigenze dei tempi. Questa sensibilità ai segni di
tempi, coniugata con una grande laboriosità, come pure con una sincera preoccupa-
zione per la gioventù, cui dedicò un numero rilevante di opere, sarebbe secondo l'A.
la caratteristica più eminente della personalità di Antoni Hlond.
S. ZIMNIAK
SILVA Antenor de ANDRADE, Padre Cicero sacerdote mèdico e conselheiro. Salvador-
Bahia, Livraria Salesiana [1992], 101 p.
È il quarto di una serie di volumi destinata alla divulgazione del materiale ma-
noscritto e inedito trovato nell'archivio del collegio salesiano di Juazeiro do Norte
(Ceará). Non vi si trovano le lettere scritte tra il 1900 e 1908 e già pubblicate nel pri-
mo volume de Os Arquivos do Padre Cicero.
Il presente volumetto offre a quanti si interessano della figura di Padre Cicero
Romão Baptista 266 lettere e biglietti, scritti tra il 1893 e il 1913. In essi si domanda-
no a quel sacerdote preghiere per i più svariati bisogni materiali e spirituali, medici-
ne per malattie le più diverse, oppure consigli. Abbondanti i biglietti in cui si invita
Padre Cicero ad essere padrino di battesimo. Parecchi domandano di finire la loro
vita a Juazeiro do Norte.
Sono documenti eloquenti del suo influsso carismatico e messianico sulla gente
semplice del nordest del Brasile. Costituiscono una fonte di prima mano per gli studi
filologici, antropologici, psicologici, sociologici su quelle popolazioni e per la cono-
scenza della religiosità popolare in quella regione.
Si fa desiderare un'introduzione più sostanziale, che espliciti il contesto in cui

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nacque questa corrispondenza con Padre Cícero, non bastando le liste di richieste e
di medicine che ci sono a pp. 4-5.
A.S. FERREIRA
SILVA Antenor de ANDRADE, Padre Cícero mais documentos para sua história. Salva-
dor-Bahia, Escolas Profissionais Salesianas 1989, 237 p.
Antenor de Andrade Silva fu direttore del collegio salesiano de Juazeiro do
Norte e prese su di sé la responsabilità di pubblicare l'abbondante documentazione
esistente nell'archivio di quel collegio sulle vicende di Padre Cícero Romão Baptista
(1844-1934).
Nato a Crato (Ceará) Padre Cícero, dopo un sogno in cui il Sacro Cuore di Gesù
gli affidava la cura della povera gente dell'interno del nordest brasiliano, passò a
risiedere a Juazeiro do Norte, che in quei tempi era un paesello del comune del Cra-
to. Presto si diffuse la fama della sua bontà e, sapendo dell'interesse che prendeva ai
problemi di quanti a lui ricorrevano, la gente incominciò ad accorrere a Juazeiro,
anche perché il sacerdote otteneva qualche appezzamento di terreno da coltivare per
quanti ne avessero bisogno. La città incominciò a svilupparsi.
Ma a trasformarla in un grande centro di spiritualità fu il miracolo del Juazeiro.
A quanto si affermava, durante la messa l'ostia consacrata diventava sangue quan-
do Maria Araújo, una delle beate (associazione di donne nubili addette alla cura dei
bisogni materiali del clero), faceva la comunione. Padre Cícero fu sempre prudente
nel trattare dell'argomento. Però alcuni sacerdoti, che non avevano buona formazio-
ne teologica, non solo gridarono al miracolo, ma arrivarono ad affermazioni poco
accettabili dal punto di vista della dottrina cattolica. L'entusiasmo popolare fece
traboccare il calice e il miracolo del Juazeiro assunse delle connotazioni non solo reli-
giose, ma anche economiche e politiche che incisero notevolmente sulla storia della
regione.
Dal punto di vista religioso mons. Joaquim José Vieira, vescovo di Fortaleza,
paulista, intervenne inviando una commissione che investigasse il fatto in loco. Non
contento dei risultati ne nominò un'altra e poi sospese Padre Cícero e altri sacerdoti
dall'esercizio del ministero in diocesi. Padre Cícero inoltre doveva abbandonare Jua-
zeiro. Lo fece per andare a Roma e difendere la propria causa davanti alla Congre-
gazione del Santo Ufficio. Ma la questione ormai divideva l'opinione pubblica e la
politica non solo nel Ceará ma anche in altri Stati del Nordest. Soprattutto si apriva
una rivalità politica, che dura ancora, tra Crato e Juazeiro, entrambi aspirando alla
egemonia nella-vallata del Cariri.
Roma non accettò il miracolo del Juazeiro, ma reintegrò Padre Cícero nell'eser-
cizio del sacerdozio e ordinò al vescovo di Fortaleza di provvedere un parroco per
Juazeiro. Il vescovo non solo destinò un parroco a quella città, ma agendo in forma
amministrativa, differì l'accettazione della sentenza di Roma e nuovamente sospese
Padre Cícero dalle sue funzioni sacerdotali. Questi preferì restare a Juazeiro affinché
il popolo avesse chi lo curasse spiritualmente.
Uomo semplice e devoto, facilmente si sarebbe lasciato coinvolgere da gente
senza scrupoli — e di questo si parla nelle lettere pubblicate — se non fosse stato al
suo fianco il medico baiano Floro Bartholomeu, che in diverse occasioni intervenne

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Recensioni 259
a stroncare superstizioni e a risolvere altre questioni riguardanti la politica e l'ammi-
nistrazione.
Nel 1911 Padre Cicero ottenne che i diversi capi politici della regione si accor-
dassero nel patto dei colonnelli, che tentava di riportare la pace nel sud del Ceará.
Ma la politica di «salvezza nazionale» del maresciallo Hermes da Fonseca, presidente
del Brasile, portò al governo del Ceará Marcos Franco Rabelo, che subito ebbe
contrasti con quelli di Juazeiro. La città fu assediata per un mese da truppe regolari
e da cangaceiros venuti da tutto lo Stato per combattere. Ma anche da tutto il nord-
est accorsero- i devoti in aiuto al padrino Padre Cícero. Il governo di Rabelo fu vinto.
Il Generale Fernando Setembrino de Carvalho, inviato dal governo centrale per
riportare l'ordine nella regione, preferì appoggiarsi a Padre Cícero e così con poco
sforzo ottenne quanto voleva.
Uno spiraglio di pace sembrò aprirsi per Padre Cícero quando fu creata la dio-
cesi del Crato e ne fu nominato vescovo mons. Quintino Rodrigues de Oliveira e
Silva, la cui vita era stata salvata dal santo sacerdote Juazeiro. Padre Cícero poté
rincominciare a dire la messa e a esercitare il suo sacerdozio. La morte di Floro fece
sì che sorgessero di nuovo coloro che, a insaputa del padrino, approfittavano del suo
nome per affari non chiari. Di questo si servì la politica del Crato per coinvolgere il
vescovo nella loro lotta. Col pretesto di alcune accuse che si presentarono davanti al
vescovo, questi sospese nuovamente Padre Cícero dal sacerdozio. L'intervento di
Roma non riuscì a sbloccare la situazione e chiarire la questione, in cui si mescola-
vano religione, politica, commercio, superstizione, scuola, insomma tutta la vita di
un intero popolo.
Il governo di Getulio Vargas riuscì a sottrarre a Padre Cícero la forza politica
che aveva nel Ceará. Il padrino riuscì ancora a farsi eleggere deputato al Congresso
Nazionale, ma, arrivato a Bahia in viaggio per Rio de Janeiro, rinunciò alla carica e
tornò a Juazeiro, dove morì circondato dalla venerazione del suo popolo.
Non sappiamo quando Padre Cícero conobbe i salesiani. Forse quando passò
da Recife per recarsi a Roma. Li fece però suoi eredi e volle che andassero a stabilir-
si a Juazeiro do Norte.
Un po' di tutto questo si trova nelle lettere pubblicate nel presente volume che
si divide in cinque parti: la questione del miracolo del Juazeiro; i salesiani a Juazeiro
do Norte; lettere riguardanti la politica; argomenti diversi; la miniera di Coxá e altre
miniere, la famiglia Van den Brule.
Oggi è ancora vivace la polemica su Padre Cícero e sui fatti di Juazeiro. Molto
si è pubblicato sull'argomento. Ma poco si è fatto nel campo della documentazione.
Per questo sia benvenuto anche questo libro di Antenor de Andrade e Silva.
A.S. FERREIRA