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RECENSIONI
ALBERDI Ramón, Don Felipe Rinaldi en Barcelona-Sarrià. Barcellona, Edebé 1990,
120 p.
Inviato a Barcellona dal Rettor Maggiore don Michele Rua l'anno successivo
alla morte di don Bosco, don Filippo Rinaldi ricoprì per tre anni (1889-1892) la carica
di direttore dei Talleres Salesianos di Sarrià, e per nove (1892-1901) quella di «pro-
vinciale» delle case salesiane di Spagna e Portogallo. Durante il suo ispettorato, aprì
sedici case in Spagna e tre in Portogallo. Ovviamente non mancò di dare vigore ed
impulso anche alle Figlie di Maria Ausiliatrice, che all'epoca diedero origine a sei
nuove fondazioni.
A buon diritto dunque la Spagna salesiana considera don Rinaldi come una fi-
gura eminente della propria storia, se non addirittura il fondatore; ed a buon diritto
in occasione della beatificazione di don Filippo Rinaldi, avvenuta esattamente il 29
aprile 1990, il noto studioso basco, Ramón Alberdi, che già aveva scritto nel 1966
un intero volume sulle origini delle opere salesiane in Barcellona, ha dedicato al
triennio di direttorato del nuovo beato un centinaio di pagine.
Una presentazione rapida la sua: nel breve volgere di undici capitoletti si descri-
vono la situazione dei Talleres all'arrivo di don Rinaldi, il suo grande impegno per
rilanciare l'opera che rischiava l'estinzione soprattutto per carenza di personale pre-
parato, la fondazione del collegio del Santo Angelo della Guardia (1891), la costru-
zione della chiesa di Maria Ausiliatrice (1892), l'irraggiamento dei figli di don Bosco
sia in Catalogna (Barcellona e Gerona) che altrove (Santander).
In un volumetto storico-celebrativo di una beatificazione non potevano mancare
espliciti riferimenti all'azione educativa e spirituale condotta da don Rinaldi sia nei
riguardi dei giovani che dei confratelli. Eloquenti anche le paginette dedicate alla sua
feconda amicizia con la munifica cooperatrice doña Dorotea de Chopitea, che re-
centemente Giovanni Paolo II ha dichiarato venerabile. A giudizio dell'Alberdi
umiltà, angustia e audacia caratterizzarono l'opera di don Rinaldi in Spagna; le me-
desime dimensioni ci pare siano state patrimonio di don Rinaldi anche in seguito,
quando assunse prima l'ufficio di Prefetto-Vicario generale, e poi di Rettor Maggio-
re. Pare, abbiamo detto, perché il ricco materiale archivistico è tutto da studiare, la
verifica storica-critica tutta da fare, e le prospettive, viste le forze in campo attual-
mente disponibili, non sono molto rosee al riguardo. Ma la speranza è sempre l'ulti-
ma a morire.
FRANCESCO MOTTO
CAVAGLIA Piera, Educazione e cultura per la donna. La Scuola «Nostra Signora delle
Grazie» di Nizza Monferrato dalle origini alla riforma Gentile (1878-1923). Ro-
ma, LAS [1990] 410 p.
Attualmente le FMA hanno in Italia e all'estero più di due mila scuole, che

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Recensioni
vanno dalla scuola materna alle Facoltà universitarie. Tra tante scuole emerge la
Scuola «Nostra Signora delle Grazie», fondata a Nizza Monferrato (Asti) per espli-
cito intervento di don Bosco. Una delle prime scuole salesiane a ottenere il pareggia-
mento dello Stato, essa ha un significato ben più profondo e vasto di quello di una
semplice presenza educativa limitata a quel centro agricolo monferrino. È la scuola
da cui diramarono tutte le altre scuole dell'Istituto.
Di questa scuola ci parla il libro di Piera Cavaglià, decimo volume della collana
IL PRISMA, a cura della Pontificia Facoltà di Scienze dell'Educazione «Auxilium»
di Roma.
Possiede la scuola in esame una intrinseca rilevanza non solo storica, ma peda-
gogica e tipologica tale da dar origine a una vera e propria tradizione educativa? e se
la possiede, a quali condizioni? Ecco l'oggetto dell'indagine condotta lungo tutto il
presente studio.
Il libro cerca allora di porsi là dove se ne colgono le ragioni di vita, le ispirazio-
ni originarie, il lento e faticoso evolversi della sua storia, il suo progetto educativo, i
suoi protagonisti. Attraverso la ricostruzione delle tappe più rilevanti dell'itinerario
storico e pedagogico della scuola, cerca di farne emergere i protagonisti diretti delle
origini (don Bosco e Madre Mazzarello), dello sviluppo successivo (Madre Emilia
Mosca, Madre Marina Coppa, assistite da don Francesco Cerruti), nonché i con-
flitti, i problemi e le difficoltà di vario genere che ne segnarono profondamente la
storia.
Speciale menzione merita il capitolo sulle fonti. Sono varie: i registri scolastici
che in gran maggioranza sono compilati dall'anno scolastico 1899-1900, anno del
pareggiamento della scuola. Incompleti e imprecisi altri registri in cui si trovano i
nomi delle alunne e delle maestre a partire dal 1886. Quattro voluminosi quaderni
della cronaca della scuola, dei quali il primo (1900-1904) è una ricostruzione retro-
spettiva dei fatti, fatta da Sr. Felicina Fauda, allora Direttrice. Da esso resta voluta-
mente assente l'andamento ordinario della scuola; soltanto vengono trattati fatti e
circostanze particolarmente problematici o di ben definita portata. Gli altri tre qua-
derni hanno il carattere di una cronaca vera e propria della scuola.
Altre due serie di fonti vengono a integrare le precedenti: la corrispondenza epi-
stolare (lettere di Madre Mazzarello, di Madre Emilia Mosca, lettere personali e lette-
re circolari di Madre Marina Coppa), le cronache dell'Istituto delle FMA in generale
e quelle della casa di Nizza Monferrato in particolare. L'autrice del libro fa una luci-
da analisi del valore e dei limiti di queste diverse fonti.
Per una futura edizione, avanziamo alcuni suggerimenti che potrebbero contri-
buire ad accrescere il già notevole valore dell'opera:
— nel capitolo secondo, fare un chiaro riferimento alla situazione scolastica
italiana dell'epoca, in special modo nel campo dell'educazione della donna;
— speciale attenzione meriterebbe il capitolo quinto: il titolo corrisponde a
una teoria pedagogica dei nostri tempi, che poi non corrisponde al contenuto del
capitolo. E tutto il n. 2 di questo capitolo, pp. 309-358, si risente di una insufficiente
teoria organizzativa della scuola, in cui mancano dei concetti fondamentali sul rap-
porto unità scolastica x sistema scolastico.

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Recensioni 175
Ci congratuliamo con Piera Cavaglià per il notevole contributo che ha dato alla
storia della scuola in Italia e in particolare maniera alla storia dell'Istituto delle
FMA.
A.S. FERREIRA
DIAZ Ambrosio, Los salesianos en la barriada de la calle Sagunto, 1898-1990.
Barcelona-Sarria, Escuela Gráfica Salesiana 1990, 486 p.
En ocasión de la conmemoración centenaria de la llegada de los salesianos a
España (1881-1981) nacía la Comisión de Estudios Históricos Ibéricos Salesianos
[CEHIS], la cual, bajo la égida de la Conferencia Ibérica de Inspectores, se proponía
dirigir la publicación de las más significativas presencias salesianas. Aun quedando
tal Comisión en mero proyecto, durante el último decenio ha aparecido un número
considerable de publicaciones, de varios autores, reseñadas en esta RSS.
Entre ellas se cuenta Los salesianos en Campello, 1907-1982 [RSS 6 (1985)
165166], debida a la pluma de Ambrosio Diaz, que ahora brinda —en el presente
estudio— «las realizaciones de la casa [salesiana] en la calle Sagunto [...], la primera en
el orden y la más importante» (p. 25) de la ciudad e inspectoría de Valencia. Y muy
oportunamente aparece incluida en la colección «Publicaciones de la CEHIS».
El prologuista apunta ya la tesis del autor: «La fuerza expansiva de la obra
salesiana en Valencia discurre en paralelo con la expansión de la gran obra salesiana
de Don Bosco en el mundo», especialmente en España, donde el hecho de ser
centenaria le da ese carácter «de vigencia, de validez reconocida [...], de
estabilidad que está muy lejos de ser estático, fijo, inmóvil, anquilosado [...] De la
mano del autor, uno puede recorrer los avatares de esta historia, casi centenaria,
de los salesianos en Valencia, que es cualquier cosa menos inmovilista» (pp. 9-
10). Preocupación patente del autor, que ve «claras dos épocas, divididas por la
guerra civil española» (p. 25): cañamazo ideal para estructurar —en partes— la
historia de esta presencia valenciana.
La primera época —«de 1898 a 1930» (pp. 29-220)— se dessarrolla en dos
partes: 1a parte. Antecedentes (pp. 29-64) —Valencia llama a los salesianos,
identificación de tres personajes, San Antonio en la Vega de Valencia (que dará el
nombre, S. Antonio [abad], al colegio y a la iglesia)—; 2a parte, 1898-1930 (pp. 65-
220): desarrollo inicial de la obra, en torno «al decenio decisivo (1910-1920)» de
don Guillermo Viñas, con el que florece ya la Familia salesiana, junto a algún
movimiento juvenil, y despuntan —en el recinto— las «escuelas profesionales».
La 3a parte relata el «intermedio doloroso, 1931-1939» (pp. 221-240) —Segunda
República y guerra civil española—, durante la cual «la comunidad salesiana de
Valencia fue la más probada de toda España. Siete de sus miembros fueron
sacrificados» (p. 25).
La segunda época —«de 1939 hasta nuestros días»— forma la amplísima 4a parte,
1939-1989 (pp. 241-450), perfectamente decantada con la significativa titulación de sus
capítulos: «El colegio internado de bachillerato»... «la parroquia»... y «la

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Recensioni
vida en el externado» (1940-1950); «tiempos de paciente espera. 1951-1960»; «fideli-
dad creativa. 1960-1970»; «tiempos de inclemencia y esperanzas. 1970-1978»; «la
historia sigue y se perfecciona. 1978-1990».
En sentir del autor «la síntesis de los capítulos se hace en torno a los directores»
(p. 27), estructuración que, a veces, origina ese estilo fragmentario, discursivo —por
detallista en demasía—, y repetitivo. En parte ha soslayado este riesgo el ansia de
querer plasmar «período tras período [...] la fuerza expansiva «de la presencia sale-
siana», y, prescindiendo del ritmo cronológico, ubica, en el lugar más oportuno,
cada señal de esta «fuerza expansiva»: «en la realización material de la obra actual
—las escuelas, la parroquia, los talleres de la escuela profesional, el internado, el
teatro, el centro local...—; en la expansión de la obra salesiana [en la ciudad]...; en el
crecimiento de las actividades educativas, religiosas y sociales», mucho más al con-
vertirse, desde 1958, en sede de la nueva Inspectoría de San José (pp. 9-10); en la
constante apertura a la iglesia local, acrecentada con la llegada de «Mons. Marceli-
no Olaechea, arzobispo de Valencia. 1946-1960» (pp. 268-286), hasta existir «en
Valencia la persuasión de que los salesianos han sido los evangelizadores de la calle
Sagunto» (p. 27).
¡Los salesianos, es decir, «el grupo comunitario»! El autor subraya que, en tor-
no a los directores, «más de trescientos salesianos, procedentes de Italia, Polonia y
de todas las regiones españolas, supieron identificarse con la barriada» (p. 26) y,
junto a ellos, se asoman —en concisas semblanzas— cooperadores, antiguos alum-
nos, AMA, bienhechores, profesores, empleados, profesionales, trocándose la histo-
ria, conforme se avecina al presente, en crónica vivida. Limitación aceptada por el
mismo autor —«Con gusto hubiéramos ofrecido al lector una historia más apretada,
prescindiendo de anécdotas que no llevan la categoría de historia» (p. 25)—, y refleja-
da en la diferencia de Fuentes, que han alentado las «dos etapas» (pp. 19-22).
Mas, por otra parte, eso mismo patentiza la riqueza y variedad de Fuentes utiliza-
das, que van desde el documento archivistico hasta los de crónica; desde «la abundan-
te bibliografía» hasta las no menos abundantes relaciones de los salesianos entrevis-
tados o consultados; desde el artículo de las «revistas salesianas» hasta los aparecidos
en los diarios provinciales o locales. Tal riqueza de fuentes y documentación, garan-
te de la objetividad y del rigor científico, viene avalada con oportunas estadísticas,
profusión fotográfica y dos apéndices, en los que «por primera vez aparece esta
síntesis de terrenos y [proceso de] construcciones [...], suelo y edificios o el instru-
mento material de la acción salesiana en calle Sagunto» (pp. 451-480).
Puede sentirse el autor satisfecho de haber cumplido con creces su objetivo de
ofrecer una «síntesis de datos con una primera reflexión sobre personas y realizacio-
nes de un grupo humano animado por la tradición viva del espíritu de Don Bosco».
Su obra, además, resulta una aportación apreciable, no solo —como se lo augu-
ra el autor— para «editar los anales de la institución salesiana en Valencia» (p. 25),
sino «los anales» de la presencia salesiana en España. Tal género de estudios marcan
el único camino a seguir para que, a largo plazo, puedan ver la luz los auténticos
«Anales de la Sociedad Salesiana».
JESÚS BORREGO

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Recensioni 177
LE CARRÉRÈS Yves, Les Salésiens de Don Bosco à Dinan 1891-1903. Roma, LAS
[1990], 217 p.
La collana STUDI dell'Istituto Storico Salesiano si arricchisce di questo volu-
me scritto dal Salesiano francese Yves Le Carrérès, nato in Bretagna e che fu Ispet-
tore di Parigi. Come una sinfonia, il libro ha un tema e un controtema. Il tema ci
narra gli inizi e lo sviluppo dell'Oratoire de Jésus-Ouvrier a Dinan, in Bretagna.
L'autore ci fa vedere l'interesse e la pertinacia con cui il clero e i cattolici della par-
rocchia di S. Salvatore di quella città perseguirono la creazione di quell'opera sale-
siana, mentre don Bosco, e poi don Rua, prudentemente credevano meglio aspettare
ancora per vedere come andava a finire la politica ecclesiastica del governo francese.
Descrive la fondazione e la vita del circolo cattolico operaio preesistente all'arrivo
dei salesiani. Mostra il fiorire dell'Oratorio festivo nei primordi dell'attività dei figli
di don Bosco. Parla dei successivi sviluppi dell'internato e dei laboratori, sviluppi
che portano all'abbandono delle due prime attività. Poco a poco si consolida anche
la sessione agli studenti, per quelli che si preparavano all'ingresso nell'Università.
Una breve analisi dei rapporti di quella comunità salesiana con la società di Di-
nan e delle città vicine e con la Congregazione salesiana in generale, la descrizione
della visita del Vescovo diocesano e di quella successiva di don Rua, servono a indi-
care l'importanza che assunse quell'opera. Già dal 1893 si ebbero vocazioni native
dalla Bretagna; il libro presenta i profili di ventidue dei circa trenta allievi che entra-
rono nel noviziato dei salesiani.
Nel contro tema, il quadro si oscura con la legge del 1901 sulle associazioni, il
rifiuto del Senato francese di riconoscere ai salesiani la qualità di Congregazione reli-
giosa autorizzata in Francia e, di conseguenza, il trasferimento dell'opera di Dinan
alla vicina isola di Guernesey, sotto sovranità britannica. L'autore rende chiara l'im-
portanza che gli avvenimenti che riguardavano la vita dell'Oratorio di Dinan ebbero
in tutto il processo che culminò nell'esilio di tanti salesiani dalla loro patria.
Gli otto capitoli del libro vengono seguiti da una abbondante documentazione
che costituisce i cinque allegati. La prefazione è di Gérard Cholvy dell'Università
Paul Valéry, di Montpellier.
È un libro ben scritto e che si legge con facilità. Nel realizzarlo, Le Carrérès di-
mostra chiarezza di intelligenza, precisione di metodo storiografico e lascia traspari-
re i sentimenti del suo cuore di Salesiano.
A.S. FERREIRA
TASSINARI Vasco, Don Braga, L'uomo che ebbe tre patrie; appunti storiografici per la
vicenda esistenziale di don Carlo Braga in Italia, in Cina, in Filippine. [Bologna]
GESP [1990] 871 p., tav. anche color.
Privatamente stampato, il ponderoso volume offre 24 tavole in bianco e nero e
otto tavole policrome. Tondi ed eleganti i caratteri del testo, leggibili benché minuti
quelli delle note. Frequenti i rifusi tipografici.
A p. 2 abbiamo una nota circa i due principali sistemi di trascrizione dei nomi
propri cinesi (entrambi ammessi, con scapito della perspicuità) e i ringraziamenti di

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Recensioni
rito. A una breve dedica, seguono premessa e introduzione del Tassinari stesso, del
Rettor Maggiore dei Salesiani e di un confratello cinese. Al termine del lavoro il
Tassinari accosta una postilla e l'elenco dei salesiani presenti in Cina «al primo
giugno 1939» nelle forme italiana e cinese (p. 863-867) e chiude con l'indice generale
(p. 869-871). In un così folto volume vedremmo bene un indice dei nomi propri
nonché una bibliografia delle fonti stampate e manoscritte.
Passiamo a considerare le cinque parti o articolazioni principali. La prima e la
quinta si caratterizzano per la sinteticità; le rimanenti sono invece analitiche.
Sotto il titolo «Don Braga si racconta» il Tassinari informa circa la genesi del
testo autobiografico, lo stampa come 'Memorie' (p. 29-50), lo illustra con poche
annotazioni. «Hanno detto di lui» è una silloge di 56 testimonianze (p. 807-862).
Le tre parti centrali (p. 55-806) sono «il tentativo di un profilo, sorretto da una
sana e corretta visione storiografica» (p. 8): disuguali per ampiezza (e lo si capisce
senza difficoltà, poiché mettono a fuoco ciascuna una 'patria' diversa) ma anche
per metodo.
«Il periodo italiano» (p. 55-162) è la parte meno unitaria. Sembra che dovrebbe
occuparsi dei fatti vissuti sino all'anno 1919, allorché il Braga salpava alla volta
della Cina. Comincia invece tracciando, sulla scorta di molteplici testimonianze,
a grandi linee la personalità di d. C. Braga: «un uomo simpatico» (p. 57-67) egli si
presentava soprattutto nelle visite, anche prolungate, alla natia Valtellina. Ma di
queste visite si occupa anche l'ultimo articolo di questa seconda parte (p. 150-160).
Sono le pagine (seguite da quelle della quarta parte) dove spesseggiano gli appelli alle
esperienze personali dello scrivente: fatto questo non frequente in storiografia.
Ancora un articolo 'episodico' è quello relativo all'amicizia che legò il Braga con d.
V. Cimatti (p. 127-138).
Prodromo alla narrazione della vicenda biografica può considerarsi la
descrizione della Valtellina e di Tirano (p. 57-67): ma perché Sondrio è trattata
autonomamente a p. 102-104? Nell'infanzia il Braga fu segnato dal dramma:
l'abbandono del padre e lo strappo dalla madre, inferma. Il Tassinari ha saputo far
ricerche esaurienti circa gli antefatti familiari e in particolare circa la malattia e la
morte della madre. Purtroppo non sembra si sia occupato del padre fuggitivo. Anche
le fasi della prima formazione salesiana del Braga possono richiedere ulteriori
approfondimenti.
La parte terza («la patria cinese») consta di tre capitoli suddivisi in articoli.
Il primo capitolo è una digressione (p. 163-304) sulla storia politico-militare
cinese di buona parte del sec. XIX e del presente secolo sino al 1951 sulla scorta di
buone fonti contemporanee. La storia civile anteriore come la cultura, la filosofia, la
religione, l'arte e la letteratura sono trattate in forma piuttosto disorganica e
insufficiente. Le missioni cristiane, — che sembrano svolte in funzione del Ricci —
sono trattate nel capitolo secondo nelle pagine 344-355 (ma non solo in esse); gli
antecedenti, poi, della presenza salesiana vengono riassunti nelle pagine 394-406. Né
va taciuto che nel terzo capitolo, soprattutto nelle pagine 490-573, si riprendono o
continuano molti dei temi svolti nel primo capitolo.
Oggetto specifico del secondo capitolo è il decennio speso dal Braga nel Vicariato
Apostolico di Shiu chow. Lo studio condotto da d. Guido Bosio su mons. L.

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Recensioni 179
Versiglia è la fonte principale del quadro generale nelle pagine 332-343. Degli otto
articoli, cinque vertono direttamente sul Braga. Il primo verte circa le incertezze
interiori seguite al ritardo della partenza (p. 307-319). L'inculturazione e la conco-
mitante pastorale oratoriana (realizzata quasi per istinto connaturato di salesiani-
tà) sono descritte nelle pagine 320-331 e 381-393. I due restanti articoli non sono
che una sintesi di contributi inviati in quel decennio al Bollettino Salesiano (p. 356-
380).
I 22 anni abbondanti durante i quali il Braga fu alla testa dei religiosi salesiani
in Cina costituiscono l'oggetto del terzo capitolo. «Desideriamo non ripetere quanto
don Rassiga ha già detto nella sua attendibile e meritevole cronistoria degli anni
1906-1945, circa lo sviluppo ispettoriale» (p. 409). Di conseguenza il Tassinari limite-
rà «la biografia a quelle scelte e alle soluzioni di problemi che coinvolgono diretta-
mente la persona di don Braga» (ibidem) senza trascurare il contesto generale. Eppure
egli sa che della lodata cronistoria «esiste solo qualche irreperibile copia ciclostilata»
(ibidem). Ha riassunto il Rassiga nelle pagine 394-406, che svolgono gli antecedenti,
come li abbiamo chiamati. Ora cerca di ridurne l'apporto: col risultato di mortifica-
re la personalità del longevo superiore. «Non è storico attribuire tutto all'ispettore»
afferma giustamente il Tassinari (ibidem). Non lo è nemmeno separare biografia e
«la complessa vicenda dello sviluppo dell'ispettoria stessa» (ibidem) che ebbe nel
Braga il massimo responsabile. Meno storia ambientale, insomma, e maggior impe-
gno a mostrarlo 'animatore' in consiglio e nelle visite alle comunità, a mostrarlo anche
mediatore delle esigenze e direttive inculcate dal Superiore generale di Torino come
di quelle del Vicario Apostolico di Shiu chow o del Delegato Apostolico.
Uno sguardo agli articoli di questo capitolo precisano le apprensioni generali.
Due articoli s'intitolano a «El conquistador»: narrano della presenza del Braga a
Shanghai nel periodo bellico (p. 453-468) e dell'effimera presenza dei salesiani a Pechino nel
dopoguerra (p. 554-573). Nel primo risuscita il responsabile locale che avevamo avuto a
Shiu chow; ma ora accanto a lui brilla d. E. Fontana. Nel secondo il protagonista è d. M.
Acquistapace, mentre l'ispettore salesiano s'accontenta di sbozzare alla meglio le intese
previe con le autorità religiose, di guidare sul posto i tre eroi e di lasciarli in balia delle
insormontabili difficoltà... Di tono ancor minore i restanti articoli. «Il problema delle reclu-
te» (p. 410-429) vorrebbe documentare la lotta sostenuta nel primo decennio d'ispettorato
per avere dall'Europa nuove leve missionarie. In realtà risulta che non gli fu difficile rice-
vere annualmente un buon numero di novizi. Mai risolto invece il problema dei formatori e
quello dei programmi formativi: ma di questi aspetti poco o nulla si cura il Tassinari. Con
mons. I. Canazei di Shiu chow risultò, nel decennio prima del conflitto mondiale, «diffici-
le» la «convivenza» (p. 410-429): anzi diventò rilassata al punto da costringere d. P. Berruti,
visitatore straordinario, a richiamarlo all'osservanza del suo dovere precipuo verso i confra-
telli dispersi nella missione (p. 604-605): don Braga si sapeva tra l'incudine del Vicario
Apostolico e il martello del Rettor Maggiore... e stava alla larga. Gli articoli 5-6 e 8-9 ver-
tono sull'azione politico-militare del ventennio e, di riflesso sul correre ai ripari che caratte-
rizza, e non poteva essere diversamente, la presenza del Braga. Essi confluiscono nel pezzo
intitolato «Dalla 'banana' a Caporetto» (p. 594618) dove si lamenta che le serie difficoltà
finanziarie create da un subalterno e l'in-

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Recensioni
sofferenza della sua gestione (insorta dentro lo studentato teologico) abbia portato
alla sua sostituzione nel mese d'agosto 1952.
Non troviamo in questo lungo capitolo una chiave plausibile di lettura degli
anni centrali della vita del Braga. Più che attivo, lo vediamo remissivo o impotente o
fuggitivo. Non si spiega così la fama e l'ammirazione di quanti gli furono vicini. Il
Tassinari accenna occasionalmente alla santità come al fattore principale e alle sue
qualità umane simili a quelle di Don Bosco. Potrebbero spiegarci il fascino. Ma la
scarsa attenzione ai momenti di preghiera, alle direttive pastorali e spirituali emanate
dall'ispettore, da una parte, la congerie di riferimenti alle vicende esteriori, dall'altra,
soffocano o comprimono questa dimensione. Chi fu d. Braga in Cina? La domanda
resta aperta.
Nella quarta parte («Il periodo filippino») giocano appena i libri stampati. La
corrispondenza e un viaggio recente dell'Autore (1985) insieme con le testimonianze
di numerosi salesiani offrono garanzie di chiarezza e di oggettività. È la migliore delle
sezioni del volume, pur non esente da facili rilievi.
Sufficiente nella sua brevità l'introduzione sulla 'Perla dell'Oriente' (p.
621634). Due temi distinti vengono sotto «'El conquistador' guarda alle Filippine».
Nelle pp. 635-638 espone come sia avvenuto che, nominato direttore a Tapei (Tai-
wan) nel 1952, sia stato dirottato l'anno seguente nelle Filippine, senza aver toccato
la terra formosana, a motivo d'un confratello che riuscì a persuadere i superiori di
Torino circa l'inopportunità della permanenza del Braga su terre cinesi (evitabili a p.
637 gli strali di vieto nazionalismo, che aggravano quelli emergenti già a p. 424 e
altrove). Gli fu allora ingiunto di andare a Negros (Filippine), «insomma, fuori dai
piedi» (p. 637). Il Braga si era recato a Manila per il congresso eucaristico del 1937 e
dal 1950 aveva aperto trattative per aprire su quelle isole una valvola a chi veniva
espulso dal continente cinese. Da p. 638 a p. 649 si evocano le laboriose trattative
che maturano con l'arrivo a Luzon dei «due consoli», d. L. Ferrari e d. P.A. Qua-
ranta (p. 656667). Tra l'estate 1953 e il 1965 riprende a dirigere delle comunità o a
rappresentare il Rettor Maggiore su tutte le isole (p. 668-784; si potevano omettere
senza danno le p. 752-767 riproducenti due apporti del Braga per il Bollettino Sale-
siano). «Tramonto filippino» (p. 785-806) chiude serenamente seppur inaspettata-
mente la vicenda terrena il 3 gennaio 1971. Si era iniziata il 23 maggio 1889.
È il primo tentativo di presentare, per la via del suo protagonista, in modo glo-
bale l'apice e il declino della presenza salesiana in Cina continentale come pure l'af-
fermarsi della stessa sull'arcipelago filippino. Molto resta da fare. Vorremmo che le
critiche mosse al volume servissero a convincerci della necessità di conservare, rac-
cogliere e studiare ulteriormente memorie e documentazione circa gli attori, le case
e le vicende di questi nobili decenni del nostro travagliato secolo.
A.M. PAPES