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STUDI
L’ORATORIO SALESIANO VIVO
IN UN DECENNIO DRAMMATICO (1913-1922)
Pietro Braido *
Ci è già noto dal contributo precedente che dopo il V Congresso degli
Oratori Festivi e delle Scuole di Religione del 1911 non si hanno più Con-
gressi “oratoriani” a livello nazionale fino al 1921 e dopo l’XI Capitolo gene-
rale del 1910, bisognerà attendere il 1922 per la celebrazione del successivo.
Inoltre, le idee di don Albera sull’oratorio, non trovavano altre espressioni
che quelle affidate alle Lettere edificanti del 1913 e 1915. Altri furono i pro-
blemi di governo. Nel 1914 aveva inizio la prima tragica guerra mondiale
(1914-1918), e nel 1915 vi entrava anche l’Italia. Essa segnava il crollo defi-
nitivo dell’Europa-Mondo, l’Europa imperiale, per di più sconvolta successi-
vamente da tre rivoluzioni epocali, sovietica, fascista, nazifascista.
Diversa fu, dunque, la temperie socio-politica nella quale gli oratori con-
tinuarono la loro marcia, segnata anche da due momenti e stili differenti di
governo salesiano, di don Paolo Albera dal 16 agosto 1910 al 29 ottobre
1921, di don Filippo Rinaldi dal 24 aprile 1922 al 5 dicembre 1931: questo
affiancato nel suo “magistero oratoriano” dai due Capitoli generali del 1922 e
del 1929 da talune iniziative congressuali in gran parte di nuovo tipo. Don Fi-
lippo Rinaldi (1856-1931), già massimo responsabile del governo della Con-
gregazione, come prefetto-vicario dal 29 ottobre 1921, era eletto Rettore due
mesi e mezzo dopo l’ascesa al pontificato, il 6 febbraio 1922, del card.
Achille Ratti (1857-1939), che prendeva il nome di Pio XI.
Si arricchiscono qualitativamente anche le fonti a cui attingere. Per gran
parte del primo periodo resta fonte privilegiata il Bollettino Salesiano, prodigo
di informazioni, ovviamente fornite dai responsabili degli oratori stessi, ma an-
zitutto specchio del grado di sensibilità oratoriana esistente al Centro della
* Salesiano, professore emerito Università Pontificia Salesiana di Roma, già direttore
dell’ISS.

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Congregazione, con un direttore particolarmente colto e sempre più familiariz-
zato con la storia di don Bosco e salesiana, don Angelo Amadei (1908-1926).
Dal marzo 1926, gli succedeva, con non minor sintonia col pensiero dei supe-
riori, don Domenico Garneri, che dirigeva il periodico per circa un sessennio.
A livello di autorevolezza, però, hanno la precedenza gli Atti del Capi-
tolo Superiore, organo ufficiale di governo della Società Salesiana, che a ini-
ziare dal primo fascicolo del 24 giugno comunicava le decisioni e gli indirizzi
più rilevanti dei Capitoli Generali e della Direzione centrale sull’autenticità
del loro essere e operare nelle varie istituzioni giovanili, tra cui prima e pri-
maria ovviamente l’oratorio.
Per la comprensione degli eventi relativi agli oratori salesiani negli anni
posteriori al 1912 è da tener presente ancora la nuova importanza che viene
ad assumere il tema catechistico in seguito alla promulgazione del Cate-
chismo della dottrina cristiana pubblicato per ordine di sua santità papa Pio
X, reso obbligatorio per tutte le diocesi italiane. Il catechismo era destinato ai
“giovanetti” e agli adulti e i Primi elementi ai “fanciulletti”1. Esso dava im-
pulso alla preparazione di testi didattici in ambito diocesano adeguati alle
varie età e rispondenti al metodo intuitivo e ciclico. Ad essi si riferisce ogni
discorso catechistico e catechetico dei decenni successivi2.
Quanto allo sviluppo degli oratori e dell’idea oratoriana si doveva fare i
conti con le inevitabili censure prodotte dalla guerra e dal dopoguerra. È, tut-
tavia, interessante notare come proprio durante il sanguinoso conflitto, precisa-
mente nel biennio 1916-1917, si sia innestata al di fuori dei classici luoghi isti-
tuzionali un’inedita riflessione, sollecitata proprio dai problemi creati alle fa-
miglie e alla gioventù dai tanti disastri materiali e morali del conflitto in corso.
1. Da una pace minacciata all’ “immane flagello” (1913-1914/15)
Gli anni che precedono il primo conflitto mondiale appaiono particolar-
mente vitali nel mondo cattolico italiano. Con l’enciclica Il fermo proposito ai
vescovi d’Italia, de actione catholica, “ovvero azione dei cattolici”, dell’11
giugno 1905, Pio X chiamava le varie formazioni associative dei fedeli mili-
tanti a far capo “ad un solo centro comune di dottrina, di propaganda e di or-
ganizzazione”, l’Unione popolare. Ad essi, in una società politica che apriva
a tutti la facoltà di esercizio dei diritti civili, compreso “quello di partecipare
1 Roma, Tip. Poliglotta Vaticana 1912, pp. VIII-136.
2 Cfr. L. NORDERA, Il catechismo di Pio X. Per una storia della catechesi in Italia (1896-
1916). Roma, LAS 1988, pp. 417-451.

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direttamente alla vita politica del paese, rappresentando il popolo nelle aule
legislative”, ricordava il dovere “di prepararsi prudentemente e seriamente
alla vita politica”, estendendo a questa la “stessa attività, già lodevolmente
spiegata dai cattolici per prepararsi con una buona organizzazione elettorale
alla vita amministrativa”3. Ciò significava una loro più franca inserzione nello
Stato nazionale. Di questa storica svolta sembra si possano trovare segnali in
discorsi sul vincolo di Religione e Patria tenuti in più feste oratoriane.
Ciò si collocava in un quadro politico sempre più instabile, in presenza
del liberalismo laico in crisi, destinato verso gli anni ’20 al crollo finale. Era
la conclusione logica della progressiva usura del pragmatico trasformismo di
Giovanni Giolitti, il demiurgo della vita politica italiana dal 1905 al 1914,
teso a mediare tra le rivendicazioni sociali delle masse dei lavoratori, malde-
stramente arginate dai grandi imprenditori dell’industria e dai latifondisti, le
spinte rivoluzionarie dei socialisti massimalisti e le avanzanti frange dei con-
servatori e nazionalisti. La pace formale non occulta in Italia profonde inquie-
tudini, create dalla protratta guerra italo-turca per impossessarsi della Libia,
ma soprattutto dalle crisi economiche del 1907 e del 1913. Più minacciosa si
presentava nell’intera Europa, presunta padrona del Mondo, l’ormai pluri-
decennale politica di supremazia militare tra le grandi potenze con l’inarre-
stabile corsa agli armamenti e la gara per acquisire il maggior quoziente di
signoria coloniale in Africa e in Asia. In questo contesto continuano le loro
vicende gli oratori e i loro protagonisti, ignari come la gran parte dei com-
patrioti del grande incendio che si sarebbe presto sviluppato.
Si è già detto del primo riferimento agli oratori festivi e alle Scuole di
Religione contenuto nella circolare ai Cooperatori di don Paolo Albera, che
ricordava il Congresso ad essi dedicato nel 1911. In essa annunciava pure che
i salesiani avevano iniziato un oratorio a Cagliari4, la seconda opera dopo
quella stabilita a Lanusei nel 1898, posteriore alle altre due iniziate dalle Fi-
glie di Maria Ausiliatrice nel 1902 e 1907 a Sanluri (Cagliari) e Santulus-
surgiu (Cagliari). All’interno del messaggio del Superiore veniva inserito
anche l’autografo del 7 novembre 1911 di Pio X, che, avuta relazione del
Congresso, aveva confortato con la sua benedizione tutti quelli – scriveva –
“si adopreranno per la erezione e pel buon esito degli Oratorî in ogni Parroc-
chia e pel costante insegnamento in essi della dottrina cristiana”5.
3 Cfr. ASS XXXVII (1904-1905) 748, 754-755, 757-758.
4 L’inaugurazione si sarebbe avuta l’11 novembre 1912; l’aveva preannunciata, chie-
dendo aiuti e sostegno, il Direttore Diocesano dei Cooperatori, don Mario Piu: cfr. BS 36
(1912) n. 12, dicembre, p. 378.
5 Cfr. BS 36 (1912) n. 1, gennaio, pp. 3, 4, 7.

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Nel Bollettino sarebbe poi proseguita la serie delle disparate informa-
zioni sugli oratori festivi, generalmente raccolte sotto la rubrica Tra i figli del
popolo, che tenderà a diradarsi con la seconda metà del 1917 fino a scompa-
rire dopo l’aprile del 1921.
Una vera esaltazione del catechismo era stata la festa della premiazione
celebrata al termine dell’anno oratoriano del 1911 a Bologna, con la presenza
di ecclesiastici amici delle opere salesiane e di noti patrizi. La splendida acca-
demia musico-letteraria era stata impreziosita da un discorso del comm. Ce-
sare Zucchini sull’importanza della catechesi e da una relazione del direttore
sulle realizzazioni del 1911: l’impianto di nuovi giochi, l’istituzione della
banda musicale, la fondazione di una biblioteca circolante e la formazione
della Schola cantorum6. Molti erano gli oratori che interessavano il cronista
per le feste che, secondo consolidata tradizione, si erano celebrate alla fine
del 1911 e all’inizio del 1912: premiazioni tra canti e suoni, rappresentazioni
teatrali, declamazioni, proiezioni luminose, distribuzioni di regali, albero di
Natale, inaugurazione di Circoli giovanili. Non era mancata la presenza di
importanti personalità politiche e amministrative, spesso militanti cattolici,
che vi prendevano la parola: così negli oratori di Torino Valdocco, di Torino
Martinetto, Perosa Argentina (Torino), Savona, Alassio, Roma, Catania,
Trieste, Caluso (Torino), Nizza Monferrato, Milano, Figline Valdarno.
A Torino Martinetto, presenti don Rinaldi e don Ricaldone, il Consi-
gliere comunale avv. Carlo Barbero aveva esaltato le “sublimi idealità” di
“Religione, patria e famiglia”, a cui avrebbe dovuto informarsi la gioventù
italiana, “idealità – diceva – che spingono al sacrificio, all’eroismo” e trova-
vano appunto l’inizio e lo sviluppo nelle associazioni giovanili, “dove il gio-
vane cresce moralmente forte e robusto imparando ad amare la Religione e la
Patria”7. Ai “nobili ideali di «Religione e Patria», inseparabilmente uniti nel-
l’Opera di D. Bosco”, inneggiava nel suo discorso ufficiale l’8 dicembre alla
solenne distribuzione dei premi nell’oratorio di Alassio anche il presidente
del circolo S. Filippo Neri della Gioventù Cattolica di Albenga8. Alla festa del
circolo giovanile di Roma Testaccio, Umberto Tupini, segretario dell’Ufficio
Cattolico del Lavoro, “aveva parlato della necessità di una salda organizza-
zione intesa a stringere in un sol fascio le forze dei cattolici operai” e il presi-
dente centrale della Gioventù Cattolica Italiana, Paolo Pericoli, aveva portato
il saluto dell’Associazione, insistendo sull’identico concetto. Il direttore del
Bollettino chiudeva la breve cronaca congratulandosi “colla Direzione del
6 Cfr. Ibid., p. 27.
7 Cfr. BS 36 (1912) n. 2, febbraio, p. 58.
8 Cfr. Ibid., pp. 58-59.

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Circolo per lo sviluppo dato, con apposite sezioni, all’azione sociale”9. Uno
degli oratori più vivaci, circondato da fattiva ammirazione da parte di membri
della Corte austriaca e da tutte le autorità di ogni grado, politiche, civili, mili-
tari ed ecclesiastiche, tra cui in primo piano il vescovo Karlin, era quello di
Trieste, florido per frequentanti ed iniziative, imitato, sempre in territorio
asburgico, da Gorizia10. Di esso era già stato rievocato con dovizia di partico-
lari l’Albero di Natale festeggiato al termine del 1911, una felice occasione
per mettere a contatto i beneficati “figli del popolo” con i benefattori, un folto
stuolo di nobildonne di alto grado e di alti personaggi dell’esercito, della ma-
rina e della burocrazia imperiale11. All’Oratorio faceva una cordiale visita il
25 agosto anche l’arciduchessa reale e imperiale Maria Josepha12. Dell’ora-
torio salesiano di Trieste erano ospiti agli inizi di novembre, con grandi fe-
steggiamenti d’onore, quattro giovani missionari in partenza per l’India e la
Cina dal porto triestino, scelto per la prima volta, dopo Genova, Marsiglia,
Bordeaux, Barcellona, Le Havre, per spedizioni missionarie13.
Ricorrono pure con frequenza feste per la benedizione di bandiere e ga-
gliardetti di Circoli. Particolarmente solenne era stata quella che riesce a
coinvolgere tutta Sampierdarena, dove le pubbliche dimostrazioni furono
concluse da uno smagliante discorso del torinese avv. Saverio Fino che esor-
tava “all’unione dei più santi ideali nell’amore alla Religione e alla Patria”14.
Particolare rilievo è pure dato a tre eventi celebrati a breve distanza all’ora-
torio salesiano di Loreto: le prime comunioni il 12 maggio 1912 nel Santuario
della Vergine Lauretana, la pubblica Gara Catechistica di domenica 19, la so-
lenne distribuzione dei premi il 9 giugno. Non meno applaudito era stato il 2
giugno lo spettacolare saggio ginnico dato nell’oratorio di Napoli15. Ad ana-
logo saggio dell’Ardor dell’oratorio di S. Filippo Neri di Catania erano pre-
senti addirittura il card. Francica Nava, amicissimo dei Salesiani, il Questore,
il Provveditore agli studi, altre autorità e professori dell’università, a nuova
testimonianza di quanto l’oratorio fosse solidamente radicato nel tessuto citta-
dino. Altrettanto avveniva il 15 giugno alla solenne cerimonia di chiusura dei
corsi della Scuola di Religione. Il prof. Pietro Galvagno della R. Università
teneva una elaborata conferenza sulla libertà di insegnamento, felicitato dal
card. Nava, il quale a sua volta riceveva l’omaggio dell’ispettore salesiano
9 Cfr. Ibid., p. 59.
10 Cfr. BS 36 (1912) n. 4, aprile, pp. 122-123.
11 Cfr. Ibid., pp. 59-60.
12 Cfr. Ibid., n. 8, agosto, p. 252; n. 11, novembre, p. 348.
13 Cfr. Ibid., n. 12, dicembre, pp. 379-380.
14 Cfr. Ibid., n. 8, agosto, p. 249.
15 Cfr. Ibid., p. 250.

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don Bartolomeo Fascie. Analoga celebrazione si aveva in quei giorni, pre-
sente l’Ordinario diocesano, alla Scuola Superiore di Religione di Livorno16.
Più avanti venivano rievocate dimostrazioni sportive e celebrazioni religiose
dei mesi di giugno e luglio in oratori piccoli e grandi, nei quali l’educazione
cristiana si trovava strettamente intrecciata con le più diverse opportunità di
educazione umana, individuale e sociale, ecclesiale e civile: Treviglio, Sa-
vona, Novara, Pisa, Napoli; ed ancora Palermo, Foglizzo Canavese (Torino),
Genzano di Roma, La Spezia, Bologna17.
Svariate notizie oratoriane sono registrate dalle cronache del 1913 sotto
la rubrica Tra i figli del popolo, formula adottata dal Rettor Maggiore don Al-
bera nella circolare di gennaio ai Cooperatori: “I nostri Oratorî festivi, perché
possano compiere pienamente e con frutto la loro missione provvidenziale a
pro di tanti figli del popolo, abbisognano di sempre nuovi allettamenti e
perciò di spese continue”18: emblematica motivazione salesiana!; anche se
don Albera sapeva benissimo che negli oratori il fine primario era religioso e
catechistico. Il Bollettino riferisce degli Esercizi spirituali promossi, tra fine
ottobre e inizio novembre, negli oratori del S. Cuore di Roma e di S. Carlo di
Treviglio, conclusi nella cittadina bergamasca con la messa della Comunione
celebrata dal prevosto don A. Portaluppi e, nel pomeriggio, con un’accademia
musico-letteraria ed ardite esibizioni della squadra Trivilium. Celebrazioni
varie si erano avute, ai primi di dicembre, negli oratori di Macerata, Figline
Valdarno, Trieste19. A Trieste – era direttore l’intraprendente don Michelan-
gelo Rubino, futuro cappellano militare e dopo pochi anni ispettore dei cap-
pellani della Milizia Volontaria Fascista – si era festeggiato con un saggio ac-
cademico l’onomastico del vescovo diocesano Andrea Karlin, che concludeva
con un familiare discorso, ricordando che l’indomani avrebbe ricevuto il ber-
retto cardinalizio mons. Nagl, arcivescovo di Vienna, suo predecessore nella
città istriana, amicissimo dell’opera salesiana20. Viene pure data una densa
cronaca dei tre giorni di manifestazioni, 17-19 novembre, tenute nell’oratorio
di Cagliari, la cui nuova sede era stata inaugurata sette giorni prima: una gara
ginnica, a cui avevano preso parte le associazioni giovanili cattoliche del
Campidano, una recita teatrale ed infine un’accademia con la premiazione
degli alunni più assidui e diligenti dell’anno trascorso; seguiti il giorno 21
dalla benedizione della cappella impartita dal vescovo di Ales, essendo va-
16 Cfr. Ibid., n. 8, agosto, p. 251.
17 Cfr. Ibid., n. 9, settembre, pp. 282-286; n. 10, ottobre, pp. 315-316.
18 Cfr. BS 37 (1913) n. 1, gennaio, p. 5.
19 Cfr. Ibid., pp. 28-29.
20 Cfr. Ibid., p. 29.

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cante la sede cagliaritana21. Si erano susseguite, poi, tra il 1912 e il 1913, le
celebrazioni sacre e profane del Natale e dell’Epifania negli oratori di Torino-
Valdocco, Caluso (Torino), Savona, Figline Valdarno, Trieste sempre il più vi-
vace con la presenza di un folto stuolo di personalità ecclesiastiche, a capo
mons. Karlin, e civili: attorno all’albero di Natale una catasta di doni con la
distribuzione ai ragazzi di 735 vestiti, 210 paia di scarpe, 3 dozzine di maglie,
32 berretti, 8 cappotti22. Particolarmente diffusa era la cronaca dell’inaugura-
zione e benedizione, impartita dal vescovo diocesano (Savona) mons. Scatti,
del nuovo oratorio di Varazze, voluto dai cittadini in opposizione alle ca-
lunnie a carico dei salesiani dell’estate 190723. Il 20 aprile un altro presule,
l’arcivescovo di Bologna Giacomo Della Chiesa, due anni dopo papa Bene-
detto XV, benediceva lo stendardo della Compagnia di San Giuseppe dei gio-
vani operai dell’oratorio salesiano della città felsinea24. Solenne era stata pure
l’11 maggio la celebrazione del decennale della Società Concordia dell’ora-
torio di Schio (Vicenza), fondato nel 1901 che, a suo tempo, don Rua diceva
di considerare, per il funzionamento, il numero di giovani, la pietà, uno dei
più belli della Società Salesiana. L’aveva preceduta un ciclo di conferenze re-
ligiose e sociali. Dopo la messa della Comunione, in mattinata un corteo di 12
bandiere di associazioni e parecchie centinaia di giovani aveva percorso le vie
della città e si era portato al duomo, dove l’arciprete, mons. Elia Dalla Costa,
poi arcivescovo di Firenze, aveva celebrato la messa solenne e tenuto un elet-
trizzante discorso. Nel pomeriggio avevano avuto luogo applauditi esercizi
ginnici e una brillante accademia25. Non meno festose erano state, tra maggio
e giugno, le celebrazioni religiose e profane svoltesi negli oratori di Borgo S.
Martino, Milano-Via Commenda, Savona, Catania (commemorazione del
XVI Centenario dell’Editto costantiniano), San Severo, Parma (gara catechi-
stica), Trieste (fiera di beneficenza)26.
Interessanti notizie su taluni tipici aspetti dell’attività oratoriana, non
esclusivi di Torino, erano fornite in connessione con la festa, il 27 luglio,
della fine dell’anno scolastico dell’oratorio di Valdocco, diretto dal leggen-
dario don Pavia. Erano stati premiati 600 giovani, “dando a ciascuno, a se-
conda del merito, un mezzo taglio o un taglio completo di vestito con cra-
vatta, grazie alla generosità del compianto Cav. Anselmo Poma, un industriale
21 Cfr. Ibid., p. 30.
22 Cfr. Ibid., n. 2, febbraio, pp. 55-56.
23 Cfr. Ibid., n. 5, maggio, pp. 157-158.
24 Cfr. Ibid., n. 6, giugno, p. 188.
25 Cfr. Ibid., n. 7, luglio, pp. 221-222.
26 Cfr. Ibid., n. 8, agosto, pp. 251-252.

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tessile benefattore dell’Opera di Valdocco già dai tempi di don Bosco”. Pre-
siedeva don Albera ed era presente una gran folla di familiari dei giovani. Gli
iscritti all’oratorio erano stati 2000, gli assidui sempre sugli 800, 500 avevano
frequentato il catechismo quaresimale, tenuto in tre ore diverse, le 13, le 16 e
le 20. Vi erano state anche 143 prime Comunioni. Venivano pure ricordati: il
pellegrinaggio alla tomba di don Bosco a Valsalice, la gara catechistica il
giorno del patrocinio di S. Giuseppe, la festa di S. Luigi con un grande banco
di beneficenza e un brillante saggio ginnico, la gita di 800 giovani a Lanzo
Torinese27. Anche l’oratorio di Varazze, aperto l’8 dicembre 1912 e inaugu-
rato ufficialmente il 23 febbraio 1913, il 10 agosto aveva potuto celebrare una
sontuosa festa per le premiazioni, con la presenza di un “numeroso stuolo di
signori e signore della città e colonia balnearia” e del fior fiore delle autorità
ecclesiastiche e civili locali. I primi e i secondi premi – viene precisato –
“consistevano in libretti di risparmio aperti sul Piccolo Credito Savonese, per
avvezzare i giovani all’economia – una rimarchevole attenzione all’oculato
rapporto ligure col denaro – ed altri premi erano in libri e tagli di stoffa”.
Avevano concluso la festa con parole di elogio e di incoraggiamento a perse-
verare l’on. Giuseppe Astengo e il prevosto, can. Astengo28. Simpatica è pure
la relazione della gita a Venezia della banda musicale di 33 elementi dell’ora-
torio di Ferrara, alla fine di settembre. Lungo il tragitto avevano fatto a loro
un’affettuosa accoglienza a Chioggia il Circolo di S. Giusto e oltre 200 gio-
vani dell’oratorio e “un popolo immenso”. Tra la commozione della gente,
costituita da pescatori e marinai, i giovanissimi suonatori ferraresi avevano
percorso il gran viale della città, eseguendo parecchie marce. Ne era seguito
un generoso convito. Erano, infine, partiti in nave per Venezia. Cordialissima
era stata due settimane prima una nuova visita all’oratorio di Trieste dell’arci-
duchessa Maria Josepha. Gli oratoriani l’avevano accolta con il canto del-
l’inno dell’impero, seguito da un variegato trattenimento accademico, canti e
musiche, un dialogo comico, l’inno dell’oratorio. Alla dimestichezza e affabi-
lità della nobildonna i giovani avevano risposto – riportava il giornale l’Unio-
ne – con “quella confidenza rispettosa che nella gioventù nasce e si dimostra
spontanea per quelle persone dalle quali si sente sinceramente amata”29.
Degli oratori, nei primi mesi del 1914 si hanno notizie più o meno ana-
loghe a quelle degli anni precedenti. Una sensibile diminuzione di informa-
zioni si riscontra a partire dal secondo semestre, che si accentuerà ulterior-
mente con l’inizio della guerra europea dichiarata dall’Austria alla Serbia il
27 Cfr. Ibid., n. 10, ottobre, pp. 315-316.
28 Cfr. Ibid., p. 316.
29 Cfr. Ibid., n. 11, novembre, p. 346.

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28 luglio, in seguito al tragico attentato di Sarajevo del 28 giugno con la
morte dell’arciduca Ferdinando d’Asburgo e della moglie Sofia. In pochi
giorni tra la fine di luglio e gli inizi di agosto il conflitto si estendeva a mac-
chia d’olio coinvolgendo la massima parte dell’Europa. Nei mesi seguenti in
Italia si sarebbero fronteggiate la linea neutralista e la linea interventista, con
il sopravvento di questa e, il 23 maggio 1915, la dichiarazione di guerra al-
l’Austria, voluta fermamente dal governo e dalla monarchia. Molti furono i
giovani salesiani, di leva o richiamati, mandati al fronte.
La prima notizia oratoriana data dal Bollettino col nuovo anno riguarda
l’oratorio di Frascati-Capocroce, che il 30 novembre 1913 aveva celebrato la
festa delle premiazioni presieduta dall’Ordinario tuscolano, card. Francesco
da Paola Cassetta. Analoga era stata la festa il 16 novembre a Pisa, presieduta
anch’essa dall’Ordinario diocesano, il card. Pietro Maffi, circondato da varie
rappresentanze di circoli giovanili della città. Le premiazioni era state solen-
nizzate pure a Caluso. Il 12 ottobre, invece, aveva visto l’inaugurazione del
nuovo oratorio di Rovigno in Istria, rallegrata dalla banda musicale dell’ora-
torio di Trieste, e da un trattenimento musicale-teatrale della filodrammatica
del medesimo oratorio30. Una festa delle premiazioni era stata celebrata anche
a Bologna il 21 dicembre, seguita con maggior splendore, la prima domenica
dell’anno, da quella all’oratorio di Valdocco, presieduta dal Rettor Maggiore
don Albera, che premiava 120 oratoriani, donando a ciascuno un vestito com-
pleto o vari capi di vestiario31. Regali simili e altri erano fatti il giorno del-
l’Epifania negli oratori di Roma-Testaccio, Schio, Taormina, Milano-Via
Copernico32.
Nella serie delle cronache si trova inserita nel Bollettino anche la pasto-
rale di Quaresima del 1914 dell’arcivescovo di Catania, card. Giuseppe Fran-
cica Nava di Bontifè (1846-1928)33, grande ammiratore di don Bosco e dei
suoi successori, vicinissimo ai salesiani e alle loro opere, con identica predile-
zione per l’oratorio e per l’impegno catechistico. Fin dal 1899 egli aveva as-
secondato con entusiasmo l’Opera dei catechismi parrocchiali promossi con
straordinario zelo e non comuni capacità organizzative e metodi innovativi
dalla b. Maddalena Morano, ispettrice delle Figlie di Maria Ausiliatrice della
Sicilia. Ad essa finiva coll’affidare l’incarico di coinvolgere nella campagna
30 Cfr. BS 38 (1914) n. 1, gennaio, pp. 27-28.
31 Cfr. Ibid., n. 2, febbraio, pp. 61-62.
32 Cfr. Ibid., n. 3, marzo, p. 94.
33 Ausiliare di mons. G. B. Guttadauro dal 1883 al 1889, nunzio apostolico in Belgio dal
1889 al 1895, il 18 marzo 1895 fu nominato arcivescovo di Catania. Salvo tre anni passati in
Spagna come nunzio apostolico (1896-1899), resse la diocesi con eccezionale sensibilità pasto-
rale fino alla morte avvenuta il 7 dicembre 1928.

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catechistica il maggior numero possibile di parrocchie. Ne divenne lei l’ani-
matrice e la coordinatrice34. Nella sua lettera pastorale il cardinale parla del
grande sforzo per far comprendere ai genitori “la necessità imperiosa di istra-
dare i figliuoli, appena giunti all’età del discernimento, nella pratica della
nostra Santa Religione, con l’insegnamento dei rudimenti della Fede nella
propria famiglia e con quello più ampio che viene impartito nelle scuole di
Catechismo fondate nelle varie Parrocchie” e per queste non aveva “cessato
di esortare i Revv. Parroci e sacerdoti”. Però purtroppo limitato era l’inse-
gnamento e scarso il profitto. Il rimedio lo trovava negli oratori festivi, dei
quali additava chiaro e moderno promotore “l’immortale D. Bosco” e indi-
cava i modelli nei tanti oratori salesiani disseminati in Italia e nel mondo. Per
la loro realizzazione nella diocesi egli chiedeva a tutti generosità e sacrificio,
trascrivendo infine l’intero fervido messaggio affidato da don Bosco all’Intro-
duzione ad un Piano di Regolamento dell’Oratorio di S. Francesco di Sales
del 185435.
A continuazione delle cronache oratoriane veniva rievocata la festa delle
premiazioni celebrata a Figline Valdarno il 10 marzo, con 95 primi premi
consistenti in un taglio di stoffa per un vestito completo, 78 secondi premi in
un taglio di stoffa per una giubba, 39 terzi premi in un taglio di stoffa per cal-
zoni, libri e giocattoli36. Altre premiazioni in oggetti artistici, una decina di
abiti nuovi, penne stilografiche, sveglie, giocattoli, statuette, medaglie d’ar-
gento e di bronzo si avevano a Sondrio. Non manca l’oratorio di Trieste, di-
retto ancora da don Rubino, con una fiera di beneficenza a contorno dell’i-
naugurazione del nuovo teatro, il 24 maggio37. Particolarmente solenne era
stata il 4 maggio la festa per la benedizione della bandiera dell’oratorio di Bo-
logna, preceduta da tre giorni occupati da un concorso filodrammatico con la
partecipazione di vari circoli della città e della provincia. Compiva la solenne
cerimonia della benedizione il vescovo ausiliare di Ferrara il faentino Dome-
nico Pasi, che conosciamo tra i protagonisti nei Congressi dei Cooperatori a
Milano (1906) e degli oratori festivi e delle Scuole di Religione di Faenza
(1907). Erano presenti anche i conti Cays38. Il mese successivo il Bollettino
34 Cfr. M. COLLINO, Così risplenda la vostra luce. Suor Maddalena Morano FMA. Roma,
FMA 1989, pp. 183-186; M. L. MAZZARELLO, L’azione catechistica di Maddalena Morano nella
diocesi di Catania (1881-1908), in ID. (a cura di), Sulle frontiere dell’educazione. Maddalena
Morano in Sicilia (1881-1908). Roma, LAS 1995, pp. 141-180, in particolare, pp. 164-180.
35 Cfr. BS 38 (1914) n. 4, aprile, pp. 104-106; si può leggere il testo dell’Introduzione in
edizione critica nel volume curato da P. BRAIDO, Don Bosco nella Chiesa a servizio dell’uma-
nità. Roma, LAS 1987, pp. 34-38.
36 Cfr. Ibid., n. 5, maggio, p. 157.
37 Cfr. Ibid., n. 7, luglio, pp. 213-214.
38 Cfr. Ibid. n. 10, ottobre, p. 313.

2 Pages 11-20

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L’oratorio salesiano vivo in un decennio drammatico (1913-1922) 221
riportava pure il testo di un articolo sull’oratorio festivo, scritto dal direttore
dell’oratorio di Cagliari, un salesiano di cultura non comune, don Matteo Ot-
tonello (1851-1926), e uscito nel Monitore Ufficiale dell’Episcopato Sardo.
L’autore si era proposto di chiarire le idee sull’oratorio festivo a quanti, coo-
peratori e sacerdoti, avessero aspirato a fondarne uno, rispondendo a sei do-
mande: “Che cosa si fa all’Oratorio?, Chi può frequentare l’Oratorio?, Che
cosa si richiede per frequentare l’Oratorio?, Vi sono altri vantaggi, oltre i già
detti, che si possono godere nell’Oratorio?, A quanto pare una tal opera ri-
chiede non poche spese: donde si piglieranno siffatti mezzi in tanta premura
nella quale attualmente si vive?, Vi sono persone che hanno un obbligo spe-
ciale di venir in soccorso all’Oratorio?39. Le notizie oratoriane dell’anno si
concludevano con la relazione della festa di premiazione, celebrata l’11 ot-
tobre nell’oratorio di Finale Emilia. Si elencano i premi consueti dati a 80 ra-
gazzi più assidui all’oratorio, alle classi di catechismo e alle sezioni di dram-
matica e di ginnastica: orologi, tagli d’abito, camicie, maglie, libri educativi
ed oggetti artistici40.
Col nuovo anno particolare rilievo era dato alla giornata delle premia-
zioni negli oratori di Alassio e di Frascati-Capocroce. In questo essa era an-
cora presieduta dal card. Cassetta, circondato, come riferiva l’Osservatore
Romano da quanto di meglio Frascati aveva nel clero e nel laicato cattolico
“la prova più palpabile di quanto [sapevano] fare i Salesiani in mezzo ai figli
del popolo”41. Feste delle premiazioni si erano avute anche negli Oratori di
Torino-Valdocco, Roma-Testaccio, Trieste, con il consueto corteggio di alte
personalità ecclesiastiche, militari e civili, Gorizia, Firenze, Catania. Per la
Scuola di Religione, istituita da più anni all’oratorio di San Filippo Neri, il
card. Francica Nava inviava al direttore un messaggio con elogi sinceri, bene-
dicendo insegnanti, giovani studenti e relative famiglie42. Informazioni su at-
tività oratoriane a San Cataldo, Torino-Valsalice, Borgo S. Donnino erano
raccolte sotto la rubrica Notizie varie. A Borgo S. Donnino dal 17 al 25 aprile
si era svolto un Concorso filodrammatico con la partecipazione di più Circoli
della città, di altri di Parma e di Busseto e, fuori programma, anche dell’asso-
ciazione delle Figlie di Maria43. È interessante la notazione relativa all’inse-
gnamento del catechismo nell’oratorio di Trino Vercellese: “L’Oratorio fe-
39 [M. OTTONELLO], L’Oratorio festivo. Brevi riflessioni dedicate agli amanti della gio-
ventù, BS 38 (1914) n. 11, novembre, pp. 323-324.
40 Cfr. Ibid., n. 12, dicembre, p. 374.
41 Cfr. BS 39 (1915) n. 1, gennaio, p. 28.
42 Cfr. Ibid., n. 2, febbraio, pp. 59-60.
43 Cfr. Ibid., n. 7, luglio, pp. 222-223.

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222 Pietro Braido
stivo accoglie nell’inverno circa 300 giovani (tra piccoli e grandi) e circa 250
nelle altre stagioni, e ad essi l’insegnamento della dottrina cristiana è dato in
aule apposite e con metodo scolastico”44. Si sente l’influsso del nuovo corso
avviato nel 1912 da don Pavanelli e, come si vedrà, caldeggiato anche nel
Bollettino dal collaboratore, don Vigna.
A partire dai mesi successivi al maggio 1915 si andava gradatamente
evidenziando la difficoltà di trasmettere notizie tra regioni divise dal fronte di
guerra. È anche da tener presente che nel corso del 1915 il Bollettino Sale-
siano dovette dare grandi spazi alle celebrazioni e manifestazioni per il Cen-
tenario della nascita di don Bosco. Inoltre, in crescendo si poneva l’urgenza
di parlare delle opere dedicate all’assistenza dei figli dei richiamati alle armi,
degli orfani di guerra e degli ospizi che si andavano organizzando per loro, e,
soprattutto dagli ultimi mesi del 1917, dell’accoglienza dei profughi prove-
nienti dalle zone invase del Veneto, dopo la disfatta dell’esercito italiano a
Caporetto a fine ottobre. Non mancavano riferimenti ad analoghe opere ini-
ziate e gestite dalle Figlie di Maria Ausiliatrice. Ma le stesse dolorose condi-
zioni sospingevano anche ad aumentare il numero degli oratori, pur con la
crescente indisponibilità dei tanti giovani salesiani chiamati alle armi, a cui si
invitava a sopperire con un maggior impegno dei Cooperatori. Si insiste sulla
necessità di aprire nuovi Oratori festivi è il titolo di presentazione di una vi-
vace lettera aperta del 25 aprile 1916 al Bollettino del comm. Arturo Poesio,
Capo Sezione al ministero del Tesoro45.
Con la rarefazione della rubrica Tra i figli del popolo il 1915 finiva con
un rapido cenno alla conclusione dell’anno oratoriano 1914-1915 a Napoli
Vomero, con particolare riferimento alla morte esemplare di un diciottenne,
assiduo all’oratorio per sette anni, intelligente e zelante catechista46. Nell’ora-
torio di Biella, invece, si erano tenute aperte per tutta l’estate le scuole ele-
mentari a beneficio principalmente dei figli dei richiamati, coronate da una
brillante gara catechistica alla presenza del vescovo diocesano, Natale Sera-
fino, attorniato da vari canonici e dal parroco della cattedrale. Tagli di vestito
e orologi erano stati i doni ai premiati47. Nel teatrino “gremito delle più spic-
cate personalità cittadine” si era svolta anche la festa annuale dei premi cele-
brata il 14 novembre nell’oratorio di Modica48. Autorità ecclesiastiche, mili-
tari, civiche avevano assistito il 12 dicembre all’accademia musico-letteraria
44 Cfr. Ibid., n. 10, ottobre, p. 319.
45 BS 39 (1915) n. 5, maggio, pp. 133-135; cfr. più avanti cap. 2.
46 Cfr. Ibid., n. 11, novembre, p. 350.
47 Cfr. BS 40 (1916) n. 1, gennaio, p. 31.
48 Cfr. Ibid., n. 2, febbraio, p. 63.

2.3 Page 13

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L’oratorio salesiano vivo in un decennio drammatico (1913-1922) 223
svoltasi ad Alassio per la distribuzione dei premi, presieduta dal vescovo di
Albenga, Angelo Cambiaso. Il 19 dicembre era stata la volta dell’oratorio fe-
stivo di Varazze, con abbondante distribuzione di indumenti. L’Albero di Na-
tale era stato celebrato con generosa disponibilità di doni, provveduti dalle
Dame Patronesse, nel popolato oratorio della Casa Madre. Dopo un discorso
inneggiante all’opera degli Oratori di un certo dottor Baldi – non dimenticava
di fare memoria del grande direttore “oratoriano” don Pavia, scomparso nel
luglio precedente –, don Albera presiedeva alla “distribuzione dei doni – in
gran parte abiti su misura e altri capi di vestiario” – “ai figli dei richiamati e
ai giovani più bisognosi dell’oratorio”, una manna in un tempo di eccezionali
strettezze. Negli stessi giorni l’Osservatore Romano riferiva di identica festa
all’oratorio di Roma-Testaccio alla presenza di eminenti personalità: la presi-
dente Donna Maria Spinola in Cingolani, il parroco Luigi Olivares, il card.
Cagliero, da pochi mesi ornato della sacra Porpora e altri rappresentanti del
mondo politico cattolico e della nobiltà romana; tra essi anche l’ispettore sa-
lesiano don Conelli, don Rubino cappellano militare, don Balzola l’apostolo
dei Bororos del Mato Grosso49. Del Testaccio, parrocchia e oratorio, l’Osser-
vatore Romano tornava a parlare il 1° maggio, riferendo della cresima confe-
rita a 240 fanciulli e fanciulle dal card. Serafini e della prima Comunione ri-
cevuta da 330 giovinetti dal card. Cagliero. “Chi avrebbe sognato dieci anni
or sono – si chiedeva il giornale vaticano –, che saremmo arrivati così presto”
a questo numero. Commentava: “Una prova novella del lavoro immenso
compiuto dai Salesiani al Testaccio”50. Partecipata da tutto il complesso ma-
schile e femminile salesiano del Testaccio era anche la benedizione e inaugu-
razione della cappella della nuova Casa delle Figlie di Maria Ausiliatrice, che
gestivano pure un loro oratorio festivo, il Circolo femminile, il Giardinetto di
Maria. Ovviamente, erano presenti alcuni dei protagonisti dell’opera testac-
cina: Donna Maria A. Cingolani dei marchesi Spinola, mons. Francesco Fa-
beri, don Olivares. L’11 giugno il Circolo femminile e il Giardinetto di Maria
con le sue 150 bambine erano ricevute in udienza dal papa, Benedetto XV51.
A fine maggio c’era stata la gioiosa distribuzione dei premi nell’oratorio di
Loreto e il 4 giugno la solennissima benedizione della bandiera di quello di
Cagliari52. Una diffusa relazione sull’oratorio di Savona veniva fornita al Bol-
lettino da un Cooperatore, che ne elencava alcune principali sezioni: il Dopo-
scuola, il Ritrovo quotidiano serale, il Ritrovo giornaliero per i figli dei ri-
49 Cfr. Ibid., pp. 61-62.
50 Cfr. Ibid., n. 6, giugno, p. 190.
51 Cfr. Ibid., n. 7, luglio, p. 221.
52 Cfr. Ibid., pp. 221-222.

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224 Pietro Braido
chiamati, la Casa del Soldato53. Notevole rilievo era dato pure alla chiusura
dell’anno catechistico nell’oratorio di Lanusei, con la celebrazione della festa
di S. Luigi, la pugnace gara catechistica, le premiazioni, il discorso dell’avv.
Antonio Giua, che esortava a sostenere i salesiani “nell’opera – diceva – più
provvidenziale del nostro secolo: nell’Oratorio festivo”. Tre suoi figli avreb-
bero professato nella Società Salesiana54.
Nel 1917 la rubrica Per i figli del popolo ricorreva soltanto tre volte, di
cui una riguardante La Plata in Argentina, concludendo la sua avventura col
maggio 1917. Diventavano molto più attuali le rubriche Per gli orfani di
guerra o Tra gli orfani di guerra, oppure Negli Istituti delle Figlie di Maria
Ausiliatrice, con manifestazioni legate talvolta alla loro opera negli ospedali
militari, o simili. Tra gli eventi propriamente oratoriani è registrata la con-
sueta festa dell’Albero di Natale nell’oratorio per gli esterni annesso all’Ora-
torio di Valdocco. Anche questa volta era presieduta da don Albera, che distri-
buiva i doni ai giovani più bisognosi: a venticinque un vestito confezionato su
misura, ad altri venticinque un paio di scarpe o di zoccoli, a cento e più altri
capi di vestiario55. Due manifestazioni per le premiazioni si erano avute nel-
l’oratorio di Modica il 18 febbraio e il 25 marzo in quello di Trino Vercellese.
A proposito di quest’ultimo si informa che da più anni ci si impegnava per
“dare all’Oratorio l’impronta di vera scuola di religione, tanto raccomandata
nei più recenti Congressi Catechistici”, evidentemente ispirati al Congresso
bresciano del 1912. È pure citata una circolare con la quale il direttore dell’o-
ratorio festivo di Valdocco informava del suo procedere a pieno regime, no-
nostante i vuoti causati da ragioni di lavoro o di servizio militare. I frequen-
tanti erano sempre più di 800 e molti di essi erano intervenuti assiduamente ai
catechismi quotidiani; di essi 80 erano stati preparati alla prima comunione e
50 alla gara catechistica con “splendido esito tra i più grandicelli”56.
2. La permanente sollecitudine oratoriana dei responsabili della Società
Salesiana nel turbine della “grande guerra” (1914-1918)
La guerra non consentì la riunione di capitoli generali o di altri convegni
salesiani di massa. I dirigenti centrali, però, pur assorbiti dalle realizzazioni
piuttosto che dalle teorizzazioni, non mancarono in varie forme di tener ac-
53 Cfr. Ibid., n. 9, sett., pp. 264-265; similmente per l’Oratorio di Firenze: cfr. Ibid. 285-
286; e dell’Oratorio di Borgo S. Donnino: Cfr. Ibid., pp. 301-302.
54 Cfr. Ibid., n. 11, novembre, pp. 349-350.
55 Cfr. BS 41 (1917) n. 2, febbraio, p. 61.
56 Cfr. Ibid., p. 159.

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L’oratorio salesiano vivo in un decennio drammatico (1913-1922) 225
cesa e trasmettere ai collaboratori salesiani la fiaccola dell’oratorio e del-
l’istruzione catechistica.
La successione degli interventi vede protagonista don Albera, vicino con
cuore paterno e profonda comprensione sia per i salesiani sotto le armi sia per
quelli che per l’assenza della generazione giovane, pur sopraffatti dal lavoro
erano invitati a non sospendere o ridurre opera alcuna, anzi semmai a dilatarle
per il numero crescente di orfani e nel 1917 ai profughi dalle zone di guerra.
Egli insisteva, pure, perché anche nelle case totalmente o parzialmente requi-
site ad uso di ospedali militari e caserme, si esponesse “alle autorità militari il
vivo desiderio di avere qual cappellano militare qualcuno dei […] sacerdoti
richiamati alle armi”57. Più avanti si rallegrava perché nell’anno 1915-1916 si
fosse potuto tener aperte quasi tutte le case e svolgere azione salesiana in
quelle poche “requisite pei bisogni della patria”58. Due settimane prima aveva
raccomandato lo stesso impegno particolarmente ai responsabili degli oratori
festivi nel periodo delle imminenti vacanze. I direttori avrebbero dovuto cer-
care – scriveva – di “trattenere nelle loro Case tutti quei giovani che potranno
ed estenderanno la loro azione a quanti più giovani del popolo, specie figli di
richiamati o orfani di guerra sarà possibile, in modo particolare con l’Oratorio
festivo o diurno, con ripetizioni di scuola popolare e con quanto altro la carità
di Don Bosco per la gioventù saprà suggerire sì che le nostre Case abbiano ad
essere occupate dai giovani anche durante le vacanze”59.
All’inizio del 1917 nella consueta circolare ai Cooperatori il Superiore
esprimeva la sofferenza per il prolungarsi della guerra e l’incertezza della sua
fine. Ma ciò non gli impediva di formulare previsioni e programmi “di reden-
zione e preservazione giovanile” per “educare alla Religione e alla Patria il
maggior numero di giovani, moltiplicando gli Istituti educativi, particolar-
mente gli Oratorî festivi, provvisti di quei Circoli ed Associazioni giovanili
reclamati soprattutto nei grandi centri dai tempi che cambiano e che cambie-
ranno ancor più in avvenire”. Nell’immediato, tra le proposte per il 1917
c’era quella di prestarsi “con buon volere e puntualità, ad aiutare i Direttori
degli Oratorî festivi e i revv. Parroci, e gli stessi Comitati di assistenza civile
o religiosa, sia per l’insegnamento del Catechismo sia per tutte quelle altre
57 Cfr. Motivi di conforto nelle attuali strettezze, lett. edif., N. 2, ALBERA, LC 157-158.;
Disposizioni varie per i chiamati sotto le armi, lett. circ., 1° giugno 1915, ibid., p. 173; Effetti e
ammaestramenti della guerra, lett. circ. N. 7, 21 nov. 1915, ibid., pp. 182 e 184-186; “Fac-
ciamo di tutto per tener aperte le nostre Case anche nel nuovo anno scolastico”, lett. del 10
luglio 1916, ibid., p. 212.
58 Cfr. “Facciamo di tutto per tener aperte le nostre Case…”, lett. circ., 10 luglio 1916,
ALBERA, LC 211.
59 Lett. mensile, 24 giugno 1916.

2.6 Page 16

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226 Pietro Braido
mansioni che facilmente [avrebbero potuto] disimpegnare negli Oratorî, o in
seno alle altre opere”60. La consegna trovava particolare eco in un programma
di azione pratica, da illustrare ai Cooperatori nelle loro consuete adunanze
mensili dei Cooperatori, elaborato da un folto e qualificato gruppo di essi
sotto la guida di don Filippo Rinaldi, inviato espressamente da don Albera,
nell’ambito di un corso di esercizi spirituali, animato da don Stefano Trione,
al Santuario di Piova (Colleretto Castelnuovo, Torino) dal 5 al 12 agosto
1917. Vi avevano partecipato una cinquantina di Associati alla Pia Unione:
insegnanti elementari, professori di scuole medie e superiori, ragionieri, inge-
gneri e avvocati, industriali ed operai. In riunioni parallele essi avevano te-
nuto ben presente il binomio oratorio e catechesi. Tra gli argomenti che si sa-
rebbero dovuti proporre per un’animazione permanente dei Cooperatori com-
parivano i seguenti: “Come aiutare i parroci nei Catechismi parrocchiali –
Come favorire la vita e lo sviluppo degli Oratori festivi già esistenti e la fon-
dazione di nuovi – Come favorire e sostenere a lato delle Scuole medie e su-
periori, acconce Scuole di Religione”61. Per facilitare la riflessione nelle riu-
nioni mensili il Bollettino avrebbe ripubblicato più avanti, in forma abbre-
viata, ma completa, i voti e le deliberazioni formulate nello storico III Con-
gresso dei Cooperatori del 190362.
Nella lettera ai Cooperatori all’inizio del 1918, con un fervido “Grazie,
o Signore!”, don Albera poteva annunciare: “Anche nelle circostanze anor-
mali in cui ci troviamo, tanto gli Oratori festivi, quanto gli Ospizi, i Collegi e
gli altri Istituti Salesiani, fioriscono e rigurgitano di giovanetti”. D’altra parte
– faceva notare – “se si vuole una santa rinnovazione della società, senza cui
non sarà mai assicurata la pace né la prosperità delle nazioni, è necessario la-
vorare attorno la gioventù”. L’Opera Salesiana era tutta consacrata a questo
ed era benvista da tutti, “perché – spiegava con dichiarata fedeltà agli inse-
gnamenti e agli esempi di Don Bosco – senza far della politica, mira unica-
mente a far del bene alla gioventù”, lasciando “sempre i pensieri della politica
a chi governa”. In stretta connessione poneva il problema della promozione
delle vocazioni. Erano facili le previsioni per il dopoguerra. “Chi non scorge
fin d’ora il bisogno – scriveva – di aprire dappertutto oratori festivi e scuole
di religione, e di moltiplicare scuole professionali e collegi cristiani? (…). Ma
per aprire nuovi Oratori e nuove Scuole e Collegi, e in essi educare i figli del
popolo col paterno sistema preventivo di Don Bosco, bisogna aumentare il
60 Cfr. BS 41 (1917) n. 1, gennaio, pp. 1-2 e 6.
61 Cfr. Ibid., n. 9, settembre, pp. 229-230.
62 Cfr. Ibid., n. 11, novembre, p. 280; n. 12, dicembre, pp. 306-307; 42 (1918) n. 1, gen-
naio, pp. 7-8; n. 2, febbraio, pp. 22-23.

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L’oratorio salesiano vivo in un decennio drammatico (1913-1922) 227
numero dei Salesiani e delle Figlie di Maria Ausiliatrice. E voi, o cari Coope-
ratori, potete darci un grande aiuto”63.
Qualche settimana appresso credeva doveroso informare anche i sale-
siani dello stato degli Oratori festivi. Si rallegrava con loro, che non avevano
disatteso le sue esortazioni “a curar lo sviluppo e la conveniente direzione”
dell’opera prediletta e attestava di aver trovato cresciuto il numero dei fre-
quentanti. Gli era stato gradito vedere come vari direttori avessero saputo
supplire la mancanza di personale salesiano, col “moltiplicare i Circoli e col-
l’addestrarne i soci a fare da catechisti e da assistenti in ricreazione, in chiesa,
in teatro”. Era pure contento che i direttori degli oratori e i circoli mantenes-
sero fraterne relazioni con gli oratoriani sotto le armi. Uno speciale elogio e
ringraziamento riservava ai sacerdoti, chierici e coadiutori che durante il ser-
vizio militare, con autentico spirito salesiano, si erano adoprati per metter in
piedi oratori nei luoghi nei quali si erano trovati dislocati64.
Tra la fine di ottobre e i primi di novembre cessavano le ostilità su tutti i
fronti e gli eserciti deponevano le armi. Era ovvio che nella circolare di inizio
1919 don Albera, ricordato il morbo contagioso e letale, detto la spagnola,
ancora in corso65, volgesse il pensiero dei suoi interlocutori alle “imminenti
trattative per una pace giusta e duratura” e con Benedetto XV esortasse a in-
vocare la divina assistenza per quanti avrebbero partecipato alla Conferenza
destinata a elaborare i diversi Trattati. Era altrettanto ovvio che il resoconto
del 1918 e le proposte per il 1919 mirassero al capitale obiettivo della “re-
staurazione cristiana della società” mediante “l’educazione cristiana della
gioventù”. “Qual maggior bene alla Religione e alla Patria” avrebbero potuto
recare i più di centomila Cooperatori salesiani in Italia se non facendo proprio
questo apostolato? Anzitutto nelle rispettive famiglie e insieme col fattivo so-
stegno alle opere salesiane, tra cui evidentemente i tanti oratori nati da poche
settimane, da lui segnalati nel consuntivo del 1916: quelli torinesi sorti nel
Borgo S. Paolo e nella Borgata Monterosa e l’oratorio rivitalizzato a Fiume66.
Quasi a far eco al Superiore il Bollettino ne avrebbe presentati un buon nu-
mero, prestando attenzione anche a quello iniziato nella contesa città istriana.
63 Cfr. BS 42 (1918) n. 1, gennaio, pp. 5-6.
64 Cfr. Un mazzetto di notizie care, lett. edific., N. 3, 22 febbr. 1918, ALBERA, LC, pp.
253-254.
65 Era l’epidemia di febbre o peste spagnola (ritenuta allora proveniente dalla Spagna,
ma ancor’oggi di origine ignota), causata da un virus influenzale diffuso nell’intero pianeta
negli anni 1918-1919, che contagiò un miliardo di persone, uccidendone circa ventun milioni,
di cui tre milioni in Europa e circa 400.000 in Italia.
66 Cfr. BS 43 (1919) n. 1, gennaio, pp. 1-7.

2.8 Page 18

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228 Pietro Braido
3. Riflessioni e discussioni sull’identità dell’oratorio in anni di sconcerti
materiali e morali (1916-1917)
Anche al di fuori dell’ambito delle dirette responsabilità dei dirigenti
della Società salesiana, gli eventi bellici, con le tante tragiche ripercussioni
sulla vita delle famiglie e in particolare sulla condizione morale e religiosa
dei giovani, anziché affievolire, resero più sentito e urgente l’impegno di
essere al loro fianco con le più idonee forme di assistenza e di aiuto.
Per questo, non solo si è continuato a operare con la massima sollecitu-
dine per rendere adeguati alle nuove più urgenti necessità gli oratori e l’inse-
gnamento religioso, ma su di essi si è anche intensamente riflettuto sia per
preservarne l’identità sia per aggiornarne le strutture e le funzioni. Ne erano,
anzitutto, protagonisti gli organi centrali della Società Salesiana, di cui era,
spesso, fedele portavoce il Bollettino Salesiano, diretto da un direttore
esperto, colto e aperto ai “segni dei tempi”, don Angelo Amadei.
Si segnalano le più significative espressioni:
1) Il contributo dato da Convegni particolari di matrice non salesiana,
ma non senza valide collaborazioni salesiane e costante riferimento a don
Bosco; 2) un dibattito promosso dal Bollettino Salesiano sull’operatività del-
l’oratorio in tempi di emergenza, anche al di là del mondo salesiano, da “con-
gressisti” virtuali, concentrati soprattutto su un tema unico: “Come si può
avere personale idoneo cui affidare le opere giovanili?” e in particolare l’ora-
torio e la catechesi; 3) seppure in modesta misura il “ritorno” o il cambio
della voce di Don Simplicio; 4) sporadici interventi sugli oratori e sull’inse-
gnamento della religione in un Supplemento per i Sacerdoti del Bollettino Sa-
lesiano, uscito con scadenza quadrimestrale nei mesi di gennaio, maggio e
settembre del 1916 e 1917.
Non sono, quindi, discussioni accademiche fuori della storia. Del resto
la lettura del Bollettino di quegli anni offre una larga messe di riferimenti alla
tragedia in corso, sia che il periodico documenti l’intenso e indomabile lavoro
di Benedetto XV per propiziarne la fine e medicarne le tante ferite, sia che
informi sulle tante iniziative di preghiera per il sospirato avvento della pace e
sulle tante opere che sorgono per far fronte alle urgenze presenti: gli ospizi
per i figli dei richiamati, gli orfanotrofi, le assistenze negli ospedali militari,
l’accoglienza ai profughi. La cronaca delle attività oratoriane, pur in cre-
scente inevitabile contrazione, e le riflessioni sull’oratorio e, in esso, sulla
catechesi non risultano mai avulse dai concomitanti eventi politici, sociali,
ecclesiali.

2.9 Page 19

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L’oratorio salesiano vivo in un decennio drammatico (1913-1922) 229
3.1 Due Convegni piemontesi
In questa linea sembra utile soffermarsi su quanto il Bollettino riferiva
circa due importanti eventi piemontesi di diretto interesse oratoriano: il Con-
vegno diocesano di Biella tenuto a fine agosto del 1916 e Il Congresso Regio-
nale Piemontese delle Presidenze dei Circoli giovanili, tenuto a Valsalice con
il coinvolgimento anche di tre salesiani d’avanguardia.
Il primo, con larga partecipazione dei parroci della diocesi, aveva avuto
come presidenti onorari, insieme al vescovo diocesano, ai vescovi di Casale
Monferrato e di Volterra e a don Paolo Albera, il card. Cagliero, che aveva
aperto tutte le adunanze, e come presidente effettivo don Stefano Trione. Esso
aveva trattato, con senso di grande apertura ai bisogni dei tempi, dell’azione
da svolgersi in tutte le parrocchie a vantaggio della gioventù. Ne era risultata
un’ampia rassegna delle più importanti iniziative idonee a risolvere il pro-
blema giovani. Occupavano il primo posto i Ricreatori Parrocchiali, “opera
provvidenziale dei nostri tempi, perché la più adatta per avvicinare ed edu-
care cristianamente la gioventù”: era dovere di ogni parrocchia stabilire sia
l’oratorio maschile che femminile. Circa la denominazione di Ricreatorio il
redattore-direttore del Bollettino osservava: “In più luoghi si crede conve-
niente sostituire alla parola Oratorio quella di Ricreatorio. Né l’una né l’altra,
in verità, dicono tutto quello che dovrebbero: noi però preferiamo la prima: I)
perché più espressiva e per noi tradizionale; II) perché, conosciuto ciò che è
l’Oratorio, questo nome è accolto ovunque con immancabile simpatia”. Non
meno importanti erano le altre istituzioni e risorse sottolineate nel Convegno
biellese: i Circoli Giovanili, i Ricreatori Femminili, La musica nell’azione
giovanile, la Federazione delle Istituzioni Giovanili, La Devozione Eucari-
stica e le Istituzioni Giovanili. Il redattore del Bollettino riteneva le delibera-
zioni “un po’ troppo schematiche”. Si può parlare piuttosto per ogni tema di
una ricca serie di motivazioni e di proposte, la gran parte decisamente corag-
giose e concrete. Evidentemente richiedevano un massiccio coinvolgimento
di operatori e un cospicuo investimento di mezzi67. Comunque, il progetto ri-
spondeva a ciò che il mondo giovanile richiedeva in misura crescente.
Il Congresso Regionale Piemontese delle Presidenze dei Circoli giova-
nili della Gioventù Cattolica, convocato dal presidente regionale della Fede-
razione, Carlo Torriani (1889-1958), era stato tenuto nella terza decade di lu-
glio 1917 nell’Istituto salesiano di Valsalice. Dopo due giorni di discussioni,
svoltesi alla presenza del Segretario nazionale Augusto Ciriaci (1889-1936),
67 Cfr. BS 41 (1917) n. 11, novembre, pp. 285-288; gruppo fotografico e breve notizia,
BS 40 (1916) n. 10, ottobre, pp. 297 e 317.

2.10 Page 20

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230 Pietro Braido
approdava a tre importanti deliberazioni: 1) Le Presidenze si impegnavano a
“coadiuvare le residenze federali e la presidenza regionale in una azione ten-
dente ad aggregare alla Gioventù Cattolica Italiana tutti i circoli giovanili e le
sezioni aspiranti istituite o istituende in Piemonte e ad ottenere l’adesione alla
Gioventù Cattolica Italiana di tutte le altre istituzioni giovanili”; 2) Riguardo
al programma d’azione sociale ogni Federazione giovanile Diocesana doveva
prendere “parte attiva al movimento cattolico nazionale, regionale, locale,
con una soda istruzione a base religiosa, con la costante formazione del carat-
tere di ciascuno dei soci, con la pubblica sociale professione della Fede, con
un lavoro adatto alla gioventù, ardente, esemplare, obbediente”; 3) Infine, per
la formazione dei soci all’azione sociale fu decisa la preparazione di un “testo
di educazione giovanile”, un vero Manuale di pedagogia cristiana, ad uso
specialmente dei Seminari, redatto dai salesiani Garelli, Cimatti e Cojazzi con
la collaborazione del teol. Pittarelli e del Vicario Migliola68.
3.2 Un “Congresso per corrispondenza” sugli oratori e la catechesi (1916)
In relazione al problema degli orfani e all’assistenza dei giovani abban-
donati, per più mesi del 1916 si sviluppava in un “congresso virtuale” il
sempre appassionante dibattito sull’assoluta necessità di aprire nuovi oratori e
sull’esigenza dell’adeguata preparazione di personale idoneo tanto per la loro
gestione quanto per l’efficacia dell’insegnamento catechistico.
La ”convocazione virtuale” era preceduta nel 1915 da una lunga cam-
pagna, che il redattore-direttore, ispirandosi alla lettera d’inizio anno di don
Albera ai Cooperatori, conduceva in quasi tutti i numeri del Bollettino sulla
loro identità, l’azione specifica, l’organizzazione e la vita spirituale. Più pre-
cisi e pressanti erano visti i loro impegni dopo la lettera di gennaio 1916,
nella quale il Superiore esprimeva le proprie angosce e interpretava quelle dei
destinatari dinanzi alla “guerra europea, il suo avvampare in tante nazioni e le
sanguinose vicende dell’immane conflitto”, “il numero delle vite falciate
dalla morte”. Insieme egli dava voce alle ambasce della Famiglia Salesiana e
allo “strazio di un gran numero di desolati genitori”. Ma le opere non si fer-
mavano e, perciò, intendeva suscitare nei Cooperatori sia per il tempo pre-
sente sia per il futuro agognato tempo di pace il “proposito d’un lavoro più
intenso di restaurazione cristiana secondo lo spirito di Don Bosco”69. Gli fa-
ceva eco immediata il redattore-direttore del Bollettino dando luogo ad una
68 Cfr. Il Congresso Regionale Piemontese delle Presidenze dei Circoli giovanili, BS 41
(1917) n. 8, agosto, pp. 225-226.
69 Cfr. BS 40 (1916) n. 1, gennaio, pp. 2-3.

3 Pages 21-30

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3.1 Page 21

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L’oratorio salesiano vivo in un decennio drammatico (1913-1922) 231
nuova serie di articoli sui Cooperatori e sui modi e i mezzi della Coopera-
zione Salesiana. Gli era naturale partire dal tema oratoriano e catechistico. In
principio della Quaresima egli assegnava ad essi come compito: “Coadiuvare
i Parroci e i Direttori degli Oratori festivi, facendo in modo che sieno fre-
quentati e ben assistiti e ben fatti i catechismi quaresimali70. A riscontro di
questa indicazione pratica, “di favorire direttamente e indirettamente i Cate-
chismi quaresimali”, giungevano senz’indugio “autorevoli rallegramenti col
«consiglio di continuare ogni mese a proporre e a suggerire ai lettori del Bol-
lettino, qualche opera buona, la quale tanto più facilmente sarà abbracciata,
quanto meglio se ne metterà in luce la necessità e la convenienza»”71.
Nel mese di aprile il periodico poteva già pubblicare le proposte di due
personaggi qualificati: il notissimo cultore di pedagogia catechistica, don
Luigi Vigna di Trigolo (Cremona), e il comm. Arturo Poesio, presidente del-
l’Unione Exallievi del Sacro Cuore di Roma, destinato a diventarlo in seguito
della Federazione internazionale.
Il sacerdote cremonese, convinto discepolo di don Bosco e cooperatore
salesiano, riteneva particolarmente urgenti due provvidenze. La prima era
l’assistenza dei fanciulli abbandonati, a cui contribuire praticamente, anzi-
tutto promuovendo sottoscrizioni anche nei paesi più piccoli e segnalando ai
Comitati cattolici competenti i fanciulli orfani onde potessero essere raccolti
in istituti affidabili, in attesa di essere collocati in buone famiglie. Non meno
urgente era prestare la propria opera in qualcuno dei tanti luoghi di raccolta
sorti fin dall’estate 1915, particolarmente in parrocchie povere, “dove – scri-
veva – ancora non si conoscono né l’insegnamento del catechismo in forma
di vera scuola, né l’oratorio festivo, sia pure in piccolo formato, né altre
opere di vigilanza e di aiuto per la salvezza di tante giovani anime!”. “Potrò
essere un sognatore – proseguiva –, ma mi pare di dover pensare anche a
questo frutto di rinascita cristiana, in mezzo a tante rovine e distruzioni: un
maggiore e intenso interessamento per l’educazione religiosa della gioventù:
il sorgere di valide istituzioni relative”72.
Da parte sua il dinamico comm. Poesio riteneva poco redditizio affac-
cendarsi a compilare un inventario delle opere speciali richieste dalle attuali
“dolorose condizioni dei figli del popolo”. Era più utile e immediatamente
70 Cfr. I Cooperatori salesiani e i catechismi quaresimali, BS 40 (1916) n. 3, marzo,
p. 65. L’appello era seguito da Alcune avvertenze desunte dal Catechismo di Pio X, ibid., p. 66.
71 Cfr. Proposte e suggerimenti, BS 40 (1916) n. 4, aprile, pp. 97-98.
72 Cfr. Ibid., n. 5, maggio, pp. 132-133. La sollecitudine per la gioventù abbandonata era
propugnata anche dal cooperatore di Rovigo, can. Uberto Cattaneo, che ne riponeva la concreta
attuazione nel buon volere del parroco locale (ibid., p. 133).

3.2 Page 22

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232 Pietro Braido
fattibile dedicarsi alla “più facile ed insieme la più giovevole delle istituzioni
per la salvezza della gioventù”, l’Oratorio festivo, da quello più elementare,
con l’istruzione religiosa e i mezzi di attrazione, a quello “che comporta una
fioritura infinita di opere”: di pietà più progredita, di cultura, di ricreazione e
di sport, di previdenza, di assistenza benefica, di preparazione sociale, ecc.
Quindi, senza perdersi in considerazioni astratte, i Cooperatori e le Coope-
ratrici avrebbero dovuto decidere “di tentare la fondazione di un Oratorio
festivo, sia pure nella forma più semplice, accingendosi subito al lavoro, sia
con il concorso di un comitato, sia, se sacerdoti, con la sola opera propria i
ndividuale, e con i mezzi che sono immediatamente a disposizione, anche
modestissimi”73.
La questione dell’oratorio festivo e dell’insegnamento della religione
veniva, invece, riportata ad un livello più profondo, in una lettera del 24
maggio 1916, da mons. Angelo Brugnoli, arciprete di Asolo (Treviso), nei se-
guenti termini: “Come si può avere personale idoneo cui affidare le opere
giovanili?”. Il Bollettino la pubblicava sotto il titolo: Per la salvezza della
gioventù: Occorre un provvedimento radicale. Per il Brugnoli era cosa sem-
plice individuare le opere più opportune: “gli Oratori festivi, i Patronati, i
Dopo-scuola, ecc.”. Ma le difficoltà si facevano gravi se ci si chiedeva come
gestirle con profitto. Ad esempio, era in totale disaccordo con chi affermava,
– come il Poesio – che qualunque sacerdote bastava a far andar avanti un
Oratorio. Era l’illusione coltivata per lungo tempo riguardo ai Catechismi, per
cui si credeva che “ogni terziario e ogni figlia di Maria fossero maestri ideali
di Dottrina”. Invece, ciò che mancava alle opere giovanili era la parte essen-
ziale: il “personale idoneo”. La conclusione era lapalissiana: “Se si vuol sal-
vare la nostra gioventù, occorre far qualche cosa per avere un personale
idoneo a cui affidare le opere giovanili”. Ma ciò supponeva la soluzione di
un problema previo: “È possibile creare questo personale per un’opera così
urgente, così utile, così doverosa, la salvezza della gioventù maschile?
Come si può avere personale idoneo, cui affidare le opere giovanili?”74.
Al dire del redattore del Bollettino, agli interrogativi avevano dato una
risposta più Cooperatori e Cooperatrici. Incominciava col pubblicare quella di
“un caro amico torinese”, un sacerdote firmato D. G. S.75. D. G. S., mentre si
dichiarava d’accordo con mons. Brugnoli, per sua parte riteneva “possibilis-
simo” preparare il personale idoneo all’educazione della gioventù. Si dove-
vano addestrare i seminaristi, futuri sacerdoti, mediante la “cattedra di teo-
73 Cfr. lett. del 25 aprile 1916: BS 40 (1916) n. 5, maggio, pp. 133-135.
74 Cfr. 40 (1916) n. 6, giugno, pp. 165-166.
75 Cfr. Ibid., n. 7, luglio, p. 195.

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L’oratorio salesiano vivo in un decennio drammatico (1913-1922) 233
logia pastorale” o, se inesistente, con una scuola apposita che insegnasse “ai
chierici l’arte ardua e penosa d’educare gli uomini di domani”. E siccome per
“un serio e pratico insegnamento pedagogico” agli studenti di teologia e ai
giovani preti erano necessari un libro di testo e un tirocinio appropriato, oc-
correva: 1° che un salesiano o un cooperatore componesse un trattato teorico-
pratico sull’educazione cristiana della gioventù, e 2° che si smettessero le
paure e si mandassero i chierici negli Oratori festivi ad imparare a tradurre in
pratica gli apprendimenti scolastici, naturalmente dedicandosi insieme ad in-
tensa preghiera per ottenere da Dio l’energia morale e lo spirito di sacrificio
richiesti per un ministero tanto impegnativo. Esortava insieme i seminaristi a
leggere le vite dei santi educatori (S. Filippo Neri, S. Giuseppe Calasanzio, il
Ven. Giovanni Bosco, ecc.) “per sentire emulazione e per imparare con
quanta carità cristiana è necessario trattare i giovanetti: l’essenza della no-
stra pedagogia – scriveva – deriva dalla carità di Gesù Cristo: ad essa riman-
dava Don Bosco chi si rivolgeva a lui per conoscere il suo sistema educa-
tivo”. Intanto, in attesa di tale personale idoneo per gli oratori da istituire con
urgenza, D. G. S. suggeriva di fare come don Bosco, il quale a don Cafasso
che gli diceva: “il bene va fatto bene”, rispondeva: “il bene va fatto come si
può”: in pratica, con il personale e le risorse disponibili, per un oratorio e un
programma ridotto all’essenziale: pratica e istruzione cristiana e “molta ri-
creazione in cortile o a un nostro cinematografo”76.
L’interessamento al problema si era notevolmente ampliato. Venivano
segnalate parecchie adesioni, in particolare quelle del vescovo di Treviso, il
cappuccino Andrea Giacinto Longhin (proclamato beato il 20 ottobre 2002) e
della Giunta direttiva dell’Azione Cattolica Italiana, pubblicata nel suo or-
gano, la Settimana Sociale. Di sette veniva dato il testo. Erano divise in tre
serie: due centrate su situazioni locali o aspetti secondari della questione, due
riguardanti istituzioni piuttosto complesse per la preparazione dei Catechisti,
tra cui una nuova Congregazione religiosa o Istituti nazionali specifici, tre
aderenti strettamente al quesito77. Molto concrete, come si addiceva a un sale-
siano impegnato in un oratorio, erano le proposte di don Edoardo Fracchia,
direttore a Trino Vercellese. In attesa di una Scuola speciale per la formazione
dei Catechisti, egli indicava come luoghi adatti per qualificarli, le Scuole di
Religione e i Circoli giovanili. Per i Soci egli suggeriva che il direttore prov-
vedesse almeno una copia in comune del periodico Il Catechista Cattolico.
Nell’immediato ricordava, inoltre, che non era “difficile trovare maestre ed
76 Cfr. Ibid., pp. 195-196.
77 Cfr. Ibid., n. 8, agosto, pp. 230-234.

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234 Pietro Braido
anche qualche maestro di buona indole e con attitudine didattica” da orientare
all’insegnamento del Catechismo negli oratori, impartito con metodo ciclico e
possibilmente intuitivo.
In sostanziale sintonia con D. G. S. – e per una parte anche con don
Fracchia – si trovava don Luigi Vigna. Per la formazione dei catechisti egli
suggeriva una formula che l’amico don Pavanelli era riuscito a far approvare
per il seminario di Brescia nel Congresso diocesano del 1912. Per il Clero la
preparazione doveva avvenire in Seminario. “La pastorale e la catechetica
precisava il cooperatore cremonese – dovrebbero occuparsi in modo specia-
lissimo per far conoscere ai candidati al sacerdozio tutto ciò che riguarda l’a-
zione e la pastorale giovanile, il funzionamento, la tecnica, lo spirito degli
oratorii e almeno i principii più elementari e pratici della pedagogia sia per
l’insegnamento religioso, come per l’educazione propriamente detta”. Tale
formazione doveva essere integrata sul piano pratico dal tirocinio compiuto in
qualche oratorio ben organizzato e ben condotto. Tante altre occasioni di ini-
ziazione e di perfezionamento a profitto di un idoneo lavoro oratoriano veni-
vano segnalate anche per i sacerdoti già immessi nell’azione pastorale. In-
vece, per avere buoni assistenti e catechisti laici era sufficiente utilizzare le
opportunità che si offrivano al direttore nell’oratorio stesso: riunioni settima-
nali con scambio di vedute e di esperienze sulle attività educative in atto, pe-
riodiche conferenze o lezioni didattiche, settimane religiose nelle quali alla
cultura spirituale si aggiungesse la parte tecnica e pratica, esercizi spirituali
catechistici78.
Infine, un cooperatore del Monferrato, d’accordo su tutto con D.G.S., ri-
poneva in più iniziative di facile attuazione la qualificazione di giovani dispo-
nibili all’apostolato oratoriano: Convegni diocesani per studiare i migliori
modi per far progredire gli Oratori e i Circoli, promuovere la lettura di riviste
e periodici che ne trattavano, coinvolgervi il giornale cattolico diocesano o
provinciale, porre le opere giovanili sotto la protezione delle Società cat-
toliche degli adulti, ispirarsi per gli Oratori alle regole e norme di quelli
salesiani e per i Circoli giovanili alle direttive e agli Statuti della Gioventù
Cattolica79.
Seguivano altri sei interventi, tre di laici e tre di sacerdoti, tra cui mons.
Brugnoli. Un Exallievo di Bologna esortava a far sommo conto dei laici, irro-
bustendo le organizzazioni cattoliche esistenti. Un cooperatore aquilano, piut-
tosto verboso, scriveva di una società fatalmente trasformata dalla scienza ed
esortava a superare il tradizionale insegnamento intellettualistico e mnemo-
78 Cfr. Ibid., p. 233.
79 Cfr. Ibid., n. 8, agosto, pp. 233-234.

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L’oratorio salesiano vivo in un decennio drammatico (1913-1922) 235
nico del Catechismo e a farlo diventare trasmissione di vita, integrando
amore, conoscenza e volontà, e quindi a preparare insegnanti ed educatori
adeguati a tale compito. Delle proposte di un parroco veneto, riguardanti la
formazione di personale ecclesiastico con una vocazione speciale a coltivare
ex professo opere giovanili, sembra più originale quella di aprire alcuni semi-
nari regionali per quei chierici dei vari seminari diocesani che si fossero sen-
titi chiamati a detto apostolato e che, finito il corso, il loro Vescovo poteva
assegnare alle opere giovanili almeno dei centri più importanti80.
Coerente con l’intervento iniziale, il comm. Poesio, si dichiarava in to-
tale disaccordo con tutti coloro che avevano proposto forme di preparazione
di personale idoneo che erano inevitabilmente a lungo termine. Egli vi con-
trapponeva il metodo seguito da don Bosco, il metodo dell’apprendimento ar-
tigianale. Anzitutto egli era fermamente convinto che l’Oratorio era l’unica
opera che rispondeva “subito efficacemente ai bisogni del tempo” e costituiva
“il germe ed il compendio di tutte le altre opere giovanili”. In secondo luogo,
pensava che per la formazione del personale degli Oratorii festivi conveniva
escogitare “un metodo di immediata applicazione e di pronto effetto”. “Ora –
concludeva – di metodi che rispondano a tali condizioni non ne è che uno
solo, e cioè il metodo sperimentale-pratico, il metodo dell’«apprendisaggio e
del tirocinio del lavoro»; insomma quel metodo che tende a creare le attitu-
dini per mezzo della esperienza acquistata nell’esercizio dell’attività, espli-
cata dapprima nelle attribuzioni più facili e poi progressivamente nelle man-
sioni più importanti e delicate”. Previo a ciò, tuttavia, in colui che avesse
aspirato “al lavoro direttivo o sussidiario negli Oratorî” doveva trovarsi un
“requisito fondamentale, veramente essenziale”: “il desiderio ed il proposito
di adoperarsi con buona volontà, in favore della gioventù per spirito di fede e
di carità cristiana”. Ciò posto, egli riteneva che non mancava personale che
sapeva “vivere in mezzo ai giovani per infondere in essi i principî della vita
religiosa e morale”. Era possibile averlo subito idoneo, formandolo “colla
pratica e coll’esperienza”. Enunciava lapidario: “Si creino gli Oratorî e gli
Oratorî creeranno essi stessi il personale idoneo”81.
Il curato di S. Teresa in Torino, mons. Domenico Muriana, un protago-
nista nei Congressi d’inizio secolo, si limitava ad alcune notazioni pratiche
per la formazione di buoni catechisti. Bastava ispirarsi all’enciclica Acerbo
nimis di Pio X: Il catechista 1° abbia zelo, 2° si prepari (per il laico anche
preparazione remota), 3° tenga la disciplina 82.
80 Cfr. Ibid., n. 9, settembre, pp. 267-268.
81 Cfr. Ibid., pp. 268-270.
82 Cfr. Ibid., pp. 270-271.

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236 Pietro Braido
Seguiva una lettera di mons. Brugnoli, scritta su invito del direttore del
Bollettino. Anzitutto, constatava, in genere, l’accordo su due punti: 1) L’edu-
cazione cristiana della gioventù si rendeva sempre più difficile e si doveva
“provvedervi con mezzi moderni ed efficaci”; 2) In molti luoghi le opere gio-
vanili languivano per mancanza di personale idoneo e bisognava porvi ri-
medio. Per la sua preparazione faceva tre osservazioni: 1) Era evidente che si
dovesse fare ciò che si poteva in attesa del meglio; ma, “rassegnati al poco”,
non si dovevano chiudere gli occhi al molto che si sarebbe potuto e, quindi,
dovuto fare; 2) Era ottima la proposta di dare in seminario una speciale prepa-
razione all’educazione della gioventù; ma questo personale non avrebbe do-
vuto poi essere onerato da altre occupazioni: come programma massimo si
doveva “volere per le opere giovanili un personale proprio, stabile ed
idoneo”; 3) Le Congregazioni religiose rappresentavano l’ideale, ma non
erano più sufficienti per l’accresciuto lavoro. Occorreva, perciò “un Istituto
speciale, nazionale, che [avesse] l’unico scopo di preparare il personale per le
opere giovanili” e questo Istituto non poteva “che essere un ramo di quel
grande e provvidenziale albero che [era] l’Opera Salesiana”83.
Nel mese seguente erano resi noti altri quattro interventi, tra cui uno
conclusivo di mons. Brugnoli. Due toccavano il tema della utilizzazione dei
laici in prospettive differenti. Un signor Minelli di Brescia proponeva come
vivaio di personale oratoriano l’istituzione di una Conferenza di S. Vincenzo
de’Paoli. Nel contatto coi poveri e nello svolgimento delle diverse attività si
sarebbe plasmato “quell’elemento laico bastante a formare le colonne sulle
quali erigere l’Oratorio festivo”. Propugnava da Feltre (Belluno) l’utilizza-
zione dei laici mons.Bortolon. Non c’era da illudersi – osservava – che gli
Istituti religiosi e il Clero diocesano potessero dirigere da soli, a lungo e con
frutto un Oratorio o un Patronato. Insisteva: “Bisogna ricorrere all’opera del
personale laico”. Per la sua formazione sarebbe stato sufficiente mandarne
qualcuno per due o tre mesi ad acquisire le capacità richieste presso un Ora-
torio o Patronato. Gli sarebbe giovato “più che cento conferenze, più che la
lettura di molti libri”. Salesiani, Giuseppini, Fratelli delle scuole Cristiane, i
Padri Cavanis, ecc., di certo sarebbero stati “lieti ed onorati” di accoglierlo e
abilitarlo al futuro compito84. Mons. Francesco Masetti, canonico prevosto
della cattedrale di Fano e fondatore di un Oratorio e di un Istituto di artigiani,
dichiarava di trovarsi d’accordo con il comm. Poesio quanto all’Oratorio fe-
stivo e anche con D. G. S. quanto all’avviamento pratico a operarvi con frutto
83 Cfr. Ibid., pp. 271-272.
84 Cfr. Ibid., pp. 296-297.

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L’oratorio salesiano vivo in un decennio drammatico (1913-1922) 237
dei giovani più grandicelli dell’Oratorio. Ricordava, però, che l’Apostolato
tra i giovani richiedeva “vera e propria vocazione divina” come per andare
nelle Missioni estere. Spettava al parroco o al direttore dell’Oratorio indivi-
duarle e impegnare i candidati nelle varie mansioni. Un problema delicato si
poneva quando qualcuno di essi avesse avuto l’intenzione di entrare in Semi-
nario. Ma anche in questo caso era possibile concordare con i superiori che il
candidato non interrompesse i contatti con l’Oratorio. Ricordava, soprattutto,
che la “vocazione all’Opera degli Oratori è vocazione di gran sacrificio”, che
esige, anche senza voti, “un vero distacco da onori e vantaggi terreni” durante
l’intera esistenza. “Il giovane sacerdote – asseriva – che dedicandosi a questa
santa opera, tenesse d’occhio la parrocchia A, il canonicato B, non sarebbe
certo animato da vera vocazione”85.
Infine, mons. Brugnoli faceva notare che alcuni interventi si erano limi-
tati solo a far proposte sull’istruzione catechistica. Egli, invece, intendeva
parlare più ampiamente di “Opere dirette a salvare la gioventù maschile”, in-
tendendo per Opera “qualche cosa di completo, di organico, con finalità e
scopi estesi a tutto ciò che la vita giovanile” richiedeva. “Quindi istruzione
religiosa, ma inoltre giuochi, canto, teatro, passeggiate, assistenza nel far i
compiti di scuola, custodia nei giorni di vacanza, ritrovi serali, nei giorni fe-
stivi pratiche religiose in comune, ecc.”. I nomi potevano essere diversi: Ora-
torii festivi, Patronati, Dopo-scuola, ma la sostanza era quella. Urgenti per la
salvezza della gioventù, per essi era stato posto il problema del necessario
personale proprio, stabile, idoneo. Per la sua formazione aveva proposto
un ”Istituto aperto e diretto dall’Opera Salesiana”. Concludeva con due osser-
vazioni: 1) Il personale poteva essere costituito non solo da religiosi, ma
anche da laici che in questo modo e con queste idealità avessero potuto for-
marsi una conveniente posizione sociale; 2) Per non disanimare gli aspiranti a
tale missione conveniva elaborare un programma formativo a due livelli, un
grado superiore e un grado inferiore. Si poteva sperare che qualche iniziativa
venisse tentata. “Questo solo a Torino [poteva] essere detto”86.
Al di fuori della dialettica della discussione restava la lettera di un sacer-
dote, che per il contenuto il direttore del Bollettino riteneva più opportuno
pubblicare sul Supplemento per i Sacerdoti. Lo scrivente partiva da due sue
certezze: 1) Per lui era Oratorio ogni opera giovanile; 2) Il sacerdote ne era il
magnete, per cui un Oratorio, impiantato e diretto da un sacerdote ben prepa-
rato alla sua missione nel giro di pochi anni avrebbe dato il migliore e più
85 Cfr. Ibid., n. 10, ottobre, pp. 296-299.
86 Cfr. Ibid., pp. 299-300.

3.8 Page 28

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238 Pietro Braido
idoneo personale, scelto tra i membri stessi dell’Oratorio. Per avere direttori
di questo tipo erano necessarie due cose: l’educazione e l’aiuto finanziario.
L’educazione si attuava con due mezzi: una vera scuola pedagogica e una
scuola pratica. Valeva “più un mese di esperienza in un Oratorio modello che
dieci anni di studio”: donde “la necessità di mettere i seminaristi, special-
mente gli studenti di teologia, a contatto con gli Oratorii festivi più fiorenti”.
Come si procurava ai seminaristi la villeggiatura, si poteva predisporre a loro
profitto anche una scuola pratica nei migliori Oratori. Quanto alla questione
finanziaria non si poteva pensare che il magro stipendio di un direttore d’Ora-
torio fosse sufficiente per la sua sussistenza e per le spese che porta con sé un
Oratorio. Il direttore d’Oratorio, ultimo nella gerarchia ecclesiastica locale,
avrebbe finito con l’abbandonarlo per trovare altrove una condizione meno
precaria e l’Oratorio sarebbe stato soggetto a frequenti cambiamenti di per-
sone e di metodi fino a causarne l’abbandono anche da parte dei ragazzi87.
Concludeva il Simposio o Congresso virtuale il direttore del Bollettino
con proposte, che avrebbero dovuto costituire la soluzione salesiana dei pro-
blemi discussi. Precedeva una rapida ricostruzione dell’iter percorso dalla vi-
vace discussione, facendola seguire, anzitutto, da un’osservazione piuttosto
sbrigativa su quanto mons. Brugnoli aveva proposto circa l’Istituto speciale
nazionale, che la Società Salesiana avrebbe dovuto aprire. L’eventuale Istituto
né altri avrebbero potuto provvedere il personale per tutte le parrocchie d’I-
talia. Sarebbe rimasto sempre a tutti – sacerdoti, religiosi e laici – l’obbligo di
cooperare a cercarlo e a formarlo. Detto questo, la risposta era riassunta in tre
asserti, che il redattore illustrava per parti, praticamente raccogliendo i sugge-
rimenti presenti nei vari interventi, soprattutto per la formazione del clero
diocesano e dei laici, presenti nei vari interventi: I. Si deve distinguere tra
“ottimo” e “buon” personale: ma l’uno e l’altro è da ritenersi “idoneo”,
cioè tale cui si possono affidare, con sicurezza di riuscita, opere giovanili; II.
Dappertutto – con un po’ di buona volontà e con un po’ di lavoro – si può for-
mare “buono” ed anche “ottimo” personale tra i laici, per la più semplice
delle opere giovanili, l’Oratorio festivo; III. In conclusione, sorga in ogni
città ed in ogni paese qualcuno che metta in pratica quanto si è detto, e si ve-
dranno sorgere e fiorire dappertutto gli Oratori festivi88. Infine, veniva fatta
la promessa che in tutti i numeri del Bollettino, a ricordo, stimolo e incorag-
giamento, si sarebbe continuato, direttamente o indirettamente, a trattare
dell’Oratorio. Per prima cosa si sarebbero illustrati tre temi: “1) Come si atti-
87 BS, 4° Supplemento per i sacerdoti, 1 gennaio 1917, pp. 117-118.
88 Cfr. La nostra proposta al quesito: “Come si può avere personale idoneo cui affidare
le opere giovanili”, BS 40 (1916) n. 11, novembre, pp. 324-327.

3.9 Page 29

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L’oratorio salesiano vivo in un decennio drammatico (1913-1922) 239
rino i giovani all’Oratorio; 2) Come vi debbano essere trattenuti; 3) Come vi
debbano essere educati. E tutto ciò secondo gli insegnamenti e gli esempi di
Don Bosco”89.
3.3 Ritorna Don Simplicio (1917)
La promessa era mantenuta da Don Simplicio – almeno in questa fase,
con tutta probabilità, il responsabile del periodico – con un’“incompiuta”:
cinque articoli dai titoli solo alquanto variati rispetto a quelli delle antiche
Lettere agli amanti della gioventù: Come attirare i giovani all’Oratorio?(tre
puntate), Come trattare i giovani all’Oratorio? (due puntate). Lo stile è bio-
grafico più che epistolare, notevolmente diverso da quello del Don Simplicio
del primo decennio del secolo. Non si formulano enunciati, ma si raccontano
episodi della vita di don Bosco, presentato ai votati a questo genere di aposto-
lato, come modello nell’attuazione del suo storico progetto oratoriano.
Nella prima puntata don Bosco era proposto come “modello nella carità,
nelle buone maniere”, che in tutti i discorsi sugli Oratori furono sempre pre-
sentate come il “mezzo” principale di attrazione dei giovani all’Oratorio e di
perseverante frequenza90. Nella seconda lo si vedeva, non all’Oratorio ad
aspettare, ma “recarsi, quasi tutti i giorni (…) o sulla piazza del mercato a
Porta Palazzo, o lungo i viali, in cerca di crocchi di giovinetti” e con “grande
amorevolezza” attirarli all’Oratorio. L’articolista concludeva: “Andiamo in
cerca dei giovani, trattiamoli con carità cristiana, interessiamoci di loro, dei
loro affari spirituali e temporali, e li vedremo divenire – con l’irresistibile elo-
quenza dei fatti – i migliori propagandisti dell’Oratorio91. Venivano, pure,
messi in luce, sempre con parole e l’esempio di don Bosco, i comportamenti
di tutti gli addetti all’Oratorio, specialmente del direttore, idonei a infondere
nei giovani la persuasione di essere veramente amati. Essi si compendiavano
sia in quell’“attraente aureola di bontà, di famigliarità, di amore” che attira,
sia nell’”amore costante e tangibile”, che segue “i giovani anche fuori dell’O-
ratorio e in tutta la settimana”. “Dunque – era la lezione che ne conseguiva –,
famigliarità coi giovani, e sempre, anche fuori dell’Oratorio. Gesù Cristo si
faceva piccolo coi piccoli, e i piccoli correvano a lui. Egli, diceva Don Bosco,
anche in questo dev’essere il nostro Maestro” 92.
89 Cfr. Ibid., p. 327.
90 Cfr. BS 41 (1917) n. 1, gennaio, p. 13.
91 Cfr. Ibid., n. 2, febbraio, p. 45.
92 Cfr. Ibid., n. 3, marzo, p. 79.

3.10 Page 30

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240 Pietro Braido
All’interrogativo Come trattare i giovani all’Oratorio? la prima risposta
era: Come son trattati in famiglia, in quelle nelle quali ci siano “un buon papà
e una buona mamma”. La seconda indicazione coincideva con la risposta data
al Come attirare? “Carità e belle maniere devon essere le caratteristiche di
chi vuol affezionare i giovani all’Oratorio”, così come insegnava don Bosco
con la parola e coll’esempio. L’articolista portava a prova della tesi l’espe-
rienza vissuta in un fiorente Oratorio salesiano, “ricco fin dai principii, non di
mezzi e di comodità, ma di una somma cordialità familiare”. Lo spirito di fa-
miglia favoriva il formarsi in esso di un Circolo dei più grandicelli, denomi-
nato Unione Don Bosco, con l’impulso di un direttore, che aveva saputo
creare un clima di assoluta confidenza e di pari impegno. Si costituiva grada-
tamente una solida scuola di cultura religiosa, tale da prendere in seguito”
forma scientifica”. L’Unione finiva così per diventare una vera fucina di va-
lidi collaboratori nelle attività oratoriane e abili catechisti per l’istruzione reli-
giosa domenicale93. Ma per quanto principale, non era questo l’unico fine del-
l’Oratorio. Al “Come trattare i giovani all’Oratorio?” veniva data più avanti
un’ulteriore risposta: Bisogna farli star allegri. Proponendosi di dire altra
volta delle attrattive necessarie per mantenere assidua la frequenza dei gio-
vani più grandicelli – proposito rimasto puro desiderio –, l’autore insisteva
per ora “sulla necessità dei divertimenti per la gioventù in genere e pel mag-
gior contingente dei giovani che frequentano la maggior parte degli Oratori”.
Però, a proposito del gioco faceva un’importantissima precisazione: “Il gioco
– scriveva – non è solo un mezzo, ma è anche il secondo scopo di un Ora-
torio”, e se questo è vero, gli sforzi per raggiungerlo saranno molto maggiori.
“I nostri giovani – proseguiva – hanno diritto di divertirsi, è proprio della loro
età”. Tuttavia, ordinariamente i loro giochi si svolgevano in situazioni e con
modalità che costituivano un pericolo per la salvezza delle loro anime. Ne
seguiva che, se gli ”Oratori non avessero altro scopo che di far giocare inno-
centemente” i fanciulli, non si sarebbe perduto il proprio tempo. Oltre che
urgenza morale – scriveva –, “divertire, ricreare, occupare i giovani nei loro
ozi è una grave necessità sociale”94.
3.4 Riflessioni catechistiche e oratoriane di sacerdoti pastori (1916-1917)
Presentando il primo numero del “Supplemento per i Sacerdoti”, don
Paolo Albera attribuiva ad “un’ispirazione del cielo” l’idea del costoso lancio
93 Cfr. Ibid., n. 5, maggio, pp. 137-138.
94 Cfr. Ibid., n. 6, giugno, p. 169.

4 Pages 31-40

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4.1 Page 31

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L’oratorio salesiano vivo in un decennio drammatico (1913-1922) 241
del nuovo periodico. Essa era stata occasionata dall’unanime plebiscito di am-
mirazione reso a don Bosco, nell’anno Centenario della nascita, da tutti gli
oratori che avevano tenuto i discorsi commemorativi. Un pensiero gli era ba-
lenato alla mente: perché non comunicare ai numerosi sacerdoti suoi Coopera-
tori lo stesso fuoco di zelo che era avvampato nel cuore del Ven. Don Bosco?
Il responsabile del Bollettino e del Supplemento ne illustrava il programma:
“Non sarà, e non dev’essere, un Bollettino di ascetica o d’istruzione e di cul-
tura sacerdotale; ma un umile e ardente propagandista dello spirito sacerdotale
del Ven. Bosco, col semplice e costante ricordo de’ suoi esempi, delle sue pa-
role, delle sue sante raccomandazioni” con la presentazione delle “più spic-
cate figure sacerdotali che si [erano studiate] di calcar le orme del Venera-
bile”95. Effettivamente don Bosco sarebbe apparso in tutti i numeri del Supple-
mento modello a cui ispirarsi: nello spirito sacerdotale (tema capitale), nella
missione educativa, nel lavoro tra i giovani, nei discorsi e svariati “ammae-
stramenti”, nella predicazione fruttuosa, nell’ascesi del lavoro e della tempe-
ranza, nel ministero della Penitenza, nella cura delle vocazioni ecclesiastiche,
nello stile epistolare, in sintesi nel suo “Da mihi animas, cetera tolle”96.
Il primo intervento sul tema catechistico era di don Luigi Vigna, come
sappiamo, fautore di un tipo di organizzazione e didattica catechistica già re-
cepito in talune cerchie salesiane più avanzate, ma che troverà riconfermata
accoglienza e attuazione ufficiale al tempo della Crociata Catechistica pro-
mossa da don Ricaldone alle soglie degli anni ’40. Il prete cremonese espo-
neva le sue idee in un denso saggio intitolato Il vero concetto della scuola po-
polare di religione. Essa non avrebbe più mirato all’apprendimento mnemo-
nico di formule, “senza tener conto della psicologia del fanciullo, dei metodi
e dei mezzi con i quali riceve le altre istruzioni”. “La scuola di religione [do-
veva] essere invece il processo pedagogico didattico cristiano che conduce
alla conoscenza, all’amore, alla pratica delle verità, compendiate nei cate-
chismi, i nuovi cristiani, distribuendoli gradatamente per età e per coltura, né
più né meno come si fa per ogni altro insegnamento”. Ciò comportava che si
presentasse “la religione ai fanciulli divisi in classi secondo criteri psicologici
e didattici, raccolti in ambienti belli, igienici, veramente scolastici; nelle mi-
gliori circostanze di personale insegnante, di sussidii didattici”; più in detta-
95 Cfr. Ai Cooperatori Salesiani “Sacerdoti”, 1° Supplemento per i sacerdoti, 1 gennaio
1916, pp. 1-2.
96 Cfr. i tre numeri del 1916: gennaio (La missione educativa), maggio (Lo spirito sacer-
dotale), settembre (Lavoro e temperanza, mortificazione; Don Bosco confessore); i tre numeri
del 1917: gennaio (Lo spirito sacerdotale, Carità verso Dio), maggio (Carità verso il pros-
simo), settembre (La fede di Don Bosco).

4.2 Page 32

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242 Pietro Braido
glio, “attraverso ad un indispensabile programma d’insegnamento, compilato
secondo i criterii di psicologia della prima età, distribuito classe per classe
con cicli concentrici, estensivamente ed intensivamente, man mano che il
fanciullo progredisce negli anni, nelle facoltà, nella cultura e nei bisogni mo-
rali e spirituali, col sussidio continuo dell’intuizione, mediata ed immediata,
destando sempre più l’interessamento, portando il neofito cristiano alla matu-
rità religiosa, secondo le esigenze attuali 97.
Nel numero successivo si avevano due interventi sull’insegnamento reli-
gioso nella scuola pubblica. Il primo, dal titolo L’insegnamento religioso
nelle scuole elementari (Stato attuale della questione – Doveri del Clero), rie-
vocava in precisi termini giuridici il tormentato percorso subito dall’insegna-
mento della religione nella scuola primaria, dalla legge liberale di Gabrio Ca-
sati del 1859 ai successivi Regolamenti ministeriali sempre più restrittivi e
penalizzanti. L’articolista, mons. Angelo Brugnoli indicava gli spazi legali
entro cui il Clero poteva ancora muoversi, ma in definitiva sollecitava a sup-
plire, in altre forme, a costo di qualsiasi sacrificio, all’istruzione religiosa, che
la scuola pubblica non dava più o dava insufficientemente. “Se il codice della
vita – ammoniva – non informerà più i cuori della nuova generazione (…),
non saranno più le scuole senza religione, saranno senza religione le famiglie!
Pensiamoci seriamente e per tempo”98. Seguiva, sotto il titolo Progetto di un
Corso di Religione per le Scuole medie inferiori, l’indicazione dei criteri a cui
l’articolista, don Giovanni Ravaglia, parroco della cattedrale di Cesena, si sa-
rebbe attenuto nel comporre i testi per l’insegnamento della religione nelle
scuole medie inferiori, commissionatigli dalla S. A. I. D. Buona Stampa di To-
rino, capostipite della S. E. I. Per le prime due classi avrebbe adottato il me-
todo ciclico, mentre per le altre tre del ginnasio avrebbe scelto la divisione
per materia o trattati, ma redigendoli in modo che, insieme, formassero il
terzo ciclo. Prima di iniziare il suo lavoro, ne avrebbe sottoposto il disegno a
quanti avevano competenza di studio e autorità di magistero; chiedeva sugge-
rimenti anche ai lettori, promettendo che ne avrebbe tenuto il debito conto:
“tutto a gloria di Dio e a bene delle anime della gioventù”99.
L’instancabile mons. Brugnoli avrebbe presto ripreso il tema del Cate-
chismo impartito in forma di vera scuola nella catechesi festiva. Riconduceva
a quattro le cose necessarie e sufficienti: 1) Divisione dei fanciulli per classi:
97 Cfr. Il vero concetto della scuola popolare di religione, 2° Supplemento per i sacer-
doti, 1 maggio 1916, p. 47. Le sottolineature sono nostre.
98 Cfr. L’insegnamento religioso nelle scuole elementari (Stato attuale della questione –
Doveri del Clero), 3° Supplemento per i sacerdoti, 1 settembre 1916, pp. 73-74.
99 Cfr. Progetto di un Corso di Religione per le Scuole medie inferiori, ibid., pp. 75-76.

4.3 Page 33

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L’oratorio salesiano vivo in un decennio drammatico (1913-1922) 243
in via ordinaria sei classi per alunni dai 6 ai 12 anni; 2) Locali separati e con-
venienti: 6 per i fanciulli e 6 per le fanciulle, con il grosso problema, nelle
parrocchie popolose, di disponibilità di locali per le classi, necessariamente
divise in sezioni; 3) Maestri sufficientemente idonei sia per la cultura religiosa
che per la competenza didattica: 4) Testi col programma per ciascuna classe:
per la loro compilazione il Brugnoli proponeva un Concorso nazionale100.
Nel Supplemento di maggio si pubblicizzava a profitto dei parroci e dei
direttori degli Oratori festivi il ricchissimo materiale illustrativo – al mo-
mento, 50.000 diapositive in tre serie, il più spesso corredate di un testo o
schema di conferenza – disponibile presso il Consorzio Nazionale per Biblio-
teche e Proiezioni luminose, presieduto fin dalle origini dal ministro Paolo
Boselli (1838-1932), simpatizzante per i salesiani. Il materiale poteva tornare
utile per l’insegnamento e per conferenze, sia istruttive, sia dilettevoli, e in
ogni forma di buona propaganda101. A proposito del Concorso Nazionale sug-
gerito da mons. Brugnoli interveniva un anonimo sacerdote, d. t. a., che pro-
poneva un modo, a suo dire, semplice per la divisione in classi della scuola di
Catechismo nelle parrocchie non provviste di catechisti. Sulla stessa linea ri-
solveva i problemi dei testi, della distribuzione nel tempo delle lezioni feriali
e domenicali, delle dispute e delle gare catechistiche e dell’insegnamento
della Storia sacra102.
4. Gli oratori in tenace ripresa in un mondo inquieto (1918-1922)
L’Italia – il luogo degli oratori, di cui si intende rievocare la tenace ri-
presa – era uscita dal conflitto mondiale con profonde ferite, foriere di nuove
lotte non meno inquietanti. Oltre l’alto numero di perdite umane – più di
500.000 caduti e un elevato numero di invalidi –, restavano a suo carico il pe-
sante indebitamento con gli Alleati, l’inflazione e il forte aumento del costo
della vita, le frustrazioni dei reduci dai fronti di guerra, la difficile riconver-
sione industriale, la disoccupazione, l’instabilità politica: dall’ottobre 1917
all’ottobre 1922 si succedettero al governo del paese ben sette diverse compa-
gini ministeriali, impossibilitate a risolvere i tanti problemi. Ne derivarono
crescenti inquietudini e agitazioni sociali sia nel mondo industriale che
agrario, fomentate in forme quasi parossistiche nel corso del “biennio rosso”
100 Cfr. Scuole parrocchiali di catechismo ovvero la Dottrina in forma di vera Scuola,
4° Supplemento per i sacerdoti, 1 gennaio 1917, pp. 112-116.
101 Cfr. 5° Supplemento per i sacerdoti, 1 maggio 1917, p. 144.
102 Cfr. Sul metodo e sul testo per l’insegnamento del Catechismo, 6° Supplemento per
i sacerdoti, 1 settembre 1917, pp. 170-171.

4.4 Page 34

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244 Pietro Braido
(1919-1920), ma continuate anche in quello successivo. Gravissima era nel
settembre 1920, al culmine delle ripetute agitazioni sindacali, l’occupazione
delle fabbriche a Torino, Milano, Genova, condotte sia pure per breve tempo
col metodo dei soviet. Era il terreno di coltura nel quale si andava rapida-
mente affermando il movimento fascista, decisamente antisocialista, ma non
alieno anch’esso, con le “spedizioni punitive” delle “squadre d’azione fa-
sciste”, a produrre analoghe violenze, che sarebbero continuate anche dopo il
1922. Ne erano obiettivo privilegiato i socialisti, ma spesso venivano presi di
mira anche ecclesiastici e laici cattolici e le loro associazioni: le leghe
bianche, le cooperative cattoliche, i circoli della Gioventù Cattolica Italiana, i
sindacati bianchi, gli stessi cortei cattolici e le processioni e altre espressioni
pubbliche della fede. Non erano immotivate le due encicliche, che nel giro di
pochi mesi del 1922 Pio XII dirigeva ai vescovi d’Italia dopo I disordini che
funestarono l’Italia nelle passate settimane – era l’inizio della prima del 6
agosto – e Or son pochi mesi solamente, dinanzi ai mali ed alle lotte fratri-
cide che funestavano il nostro diletto Paese del 28 ottobre103. Di ambedue fa-
ceva esplicita relazione il Bollettino Salesiano, citandone i punti salienti e
commentandoli104. Riportava anche intero il testo della lettera inviata dal papa
a don Rinaldi, presidente del I Congresso Nazionale del S. Cuore di Gesù a
Casale Monferrato, in data 10 ottobre. Vi era espressa la convinzione che
“ispirandosi gli uomini a questo divino esemplare, cesseranno ben presto le
cause delle presenti ostilità che tingono le città di sangue fraterno, e si ini-
zierà la sospirata era di tranquillità e di pace universale”105.
Ma i disordini troppo ripetuti avevano anche fatto emergere in misura
crescente il bisogno di ordine, di stabilità, di un governo forte, particolar-
mente sentito dalle classi imprenditoriali, conservatrici, nazionaliste, sempre
più radicato nella grande borghesia agraria e industriale e nello stesso strato
medio e piccolo borghese, come pure negli organi dello Stato: esercito, buro-
crazia, magistratura. Se ne faceva dichiarato garante precisamente il movi-
mento fascista, diventato nel novembre 1921 Partito Nazionale Fascista. Af-
fiancato da proprie formazioni paramilitari esso trovava agevole l’accesso al
potere, inaugurato con l’incarico di formare il nuovo governo, prima offerto,
poi conferito a Benito Mussolini dal re il 29 e il 30 ottobre 1922. Sarebbe
stato l’inizio di una nuova storia d’Italia e, in essa, anche degli oratori.
103 AAS 14 (1922) 481-484 e 537-538.
104 Cfr. Predichiamo l’amore fraterno, BS 46 (1922) n. 9, settembre, p. 225; Il Papa
“al diletto popolo d’Italia”, ibid, n. 12, dicembre, p. 313.
105 “Torni l’umanità traviata al Cuore dolcissimo di Gesù!”, BS 46 (1922) n. 11, no-
vembre, p. 290; cfr. AAS 14 (1922) 637-638.

4.5 Page 35

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L’oratorio salesiano vivo in un decennio drammatico (1913-1922) 245
4.1 L’oratorio ideale e l’insegnamento catechistico nella pastorale d’insieme
Forse stimolata dall’interessante e riuscito dibattito a distanza sugli Ora-
tori e i Catechismi della seconda metà del 1916, nel settembre dell’anno se-
guente La Redazione del Bollettino Salesiano dichiarava: “Il ‘Bollettino Sale-
siano’ nel desiderio di rendere sempre più vive le sue pagine, le apre ben vo-
lentieri alla collaborazione dei suoi lettori, a condizione che questa sia rivolta
a illustrare e diffondere gli ideali e le Opere del Ven. Don Giovanni Bosco.
Accoglie quindi colla più viva riconoscenza ogni scritto in proposito, consigli
e proposte dei benevoli Cooperatori”106. Più avanti venivano esplicitate le
motivazioni della decisione e le forme di intervento preferite. Chi operava nel
sociale – scriveva il redattore – “vede come oggi vadano delineandosi nuovi
orientamenti e nuovi bisogni sociali, intorno ai quali sarebbe utile uno
scambio d’idee per opportuni provvedimenti: E se ora non è possibile indire
adunanze generali di Cooperatori, non v’è altra via per giovarci dei consigli
degli amici nostri più autorevoli, a norma e indirizzo comune”?107.
Non sono segnalate particolari reazioni e le stesse informazioni sulla
vita degli oratori appaiono diradate. Invece, tutta centrata sugli oratori era la
traccia di conferenza ai Cooperatori pubblicata nel primo numero del Bollet-
tino di gennaio 1918. Era articolata in due punti: “I Cooperatori Salesiani pro-
curino: A) di aiutare e sostenere nel miglior modo gli Oratorii esistenti; B) di
promuoverne la fondazione di nuovi”. Sulla loro necessità era invocata an-
cora una volta l’autorità di don Bosco: “Il Catechismo cattolico – si ripeteva –
cogli Oratori festivi è l’unica tavola di salvezza per la povera gioventù nel
pervertimento della società”. I “bisogni sempre nuovi dei tempi” conferma-
vano la necessità di favorirne con ogni mezzo morale e materiale la perma-
nenza e le potenzialità. Insieme, però, rendevano evidente che specialmente
nella città e nei centri operai essi non potevano limitarsi al tradizionale pro-
gramma religioso e ricreativo, ma svolgere “anche un programma sociale, che
[mirasse] direttamente alla formazione e preparazione dei giovani alla vita, e
ad impedirne l’esodo dall’Oratorio negli ultimi anni più importanti”. Ciò do-
veva indurre gli addetti agli Oratori “a rinnovarsi nello studio quotidiano
delle questioni di attualità” in modo da conoscere i mezzi che la sociologia
cristiana offriva per la salvezza della società. Seguiva l’elenco delle opere di
indirizzo economico-sociale e culturale suggerite a integrazione della con-
sueta azione oratoriana, analoghe a quelle attivate da “Circoli ed Istituzioni
anticristiane”: “1) Circoli di coltura; 2) conversazioni sociali; 3) scuole pro-
106 Cfr. BS 41 (1917) n. 9, settembre, p. 229.
107 Cfr. Per una pratica collaborazione, ibid., n. 11, novembre, pp. 278-279.

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246 Pietro Braido
fessionali; 4) segretariati del lavoro; l’ufficio d’iscrizione alle casse di previ-
denza; 6) assicurazioni operaie popolari; 7) conferenze d’igiene professio-
nale; 8) istruzioni sulla legislazione del lavoro; 9) iniziazione alle Conferenze
di S. Vincenzo; 10) preparazione a inserirsi nei Circoli militari; 11) assistenza
dei giovani operai emigranti”. “Si curi nel tempo stesso – si aggiungeva – il
completamento della parte ricreativa ed istruttiva con le attrattive della didat-
tica moderna”. Più semplici e di minuta praticità erano le indicazioni date ai
Cooperatori che si fossero impegnati a lavorare negli oratori esistenti o ado-
perati a promuovere la fondazione di nuovi108.
In quei mesi il Bollettino era più che mai assorbito dai problemi creati
dalla guerra e limitava i riferimenti agli Oratori. Dava, però notevole spazio,
dedicandovi anche un numero unico, 9 giugno 1918, alla commemorazione
del Cinquantesimo della consacrazione del Santuario di Maria Ausiliatrice e
dell’ordinazione sacerdotale di don Albera. Non mancava, quindi, di dedicare
più pagine a due pellegrinaggi: il 26 maggio quello dei soci degli Oratori, dei
Circoli degli Oratori e della Gioventù Cattolica, dei reparti degli Esploratori,
quattromila giovani, provenienti da tutto il Piemonte; don Albera offriva la
colazione a tutti; poi, dalle 10 alle 12 e dalle 14 alle 16,30, sotto la presidenza
del comm. Pericoli, Presidente della Gioventù Cattolica Italiana, si riunivano
a Congresso incentrato su problemi organizzativi. Il 2 giugno era la volta
delle alunne degli oratori festivi gestiti dalle Figlie di Maria Ausiliatrice. Nel
pomeriggio erano presentate le squadre ginniche e le oratoriane di Torino of-
frivano un festoso trattenimento musico-letterario. È interessante notare che il
settenario di preparazione alla data giubilare del 9 giugno era stato predicato
da due vescovi di singolare sensibilità per l’apostolato oratoriano: il salesiano
mons. Luigi Olivares, già parroco a Roma-Testaccio, ora vescovo di Nepi e
Sutri, e il cooperatore mons. Domenico Pasi, vescovo ausiliare a Ferrara109.
Nel mese di agosto il Bollettino riportava parte del discorso sull’Ora-
torio festivo che il card. Francica, arcivescovo di Catania, aveva tenuto nel
corso del Sinodo diocesano celebrato, dopo 250 anni dal precedente, dal 14 al
16 aprile. Dopo aver citato San Filippo, egli si soffermava a lungo su don
Bosco e la sua Opera benefica, in particolare l’Oratorio. Descriveva la condi-
zione di abbandono e di degrado in cui crescevano molti giovanissimi cata-
nesi, mancando loro “la cura dei genitori, l’assistenza di anime pietose, di
maestri zelanti che li istruissero nella pietà e nel santo timor di Dio”. Spettava
ai sacerdoti sostituirli – affermava – e aggiungeva: Se “avessimo lo zelo di
108 Cfr. Per le adunanze mensili. Sosteniamo e moltiplichiamo gli Oratori Festivi, BS 42
(1918) n. 1, gennaio, pp. 22-23.
109 Cfr. BS 42 (1918) nn. 6-7, giugno-luglio, pp. 99-103.

4.7 Page 37

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L’oratorio salesiano vivo in un decennio drammatico (1913-1922) 247
Don Bosco e se fossimo persuasi dell’importanza degli Oratorii festivi, noi
faremmo scomparire o almeno sapremmo superare tanti ostacoli e le difficoltà
che la nostra debolezza ci fa credere insormontabili”, senza esagerare l’entità
delle somme necessarie110.
4.2 Oratori modello e nella quotidianità (dic. 1918-1921)
Col dicembre del 1918 la fertile fantasia portava il direttore del Bollet-
tino a introdurre nel periodico una nuova rubrica oratoriana dal titolo Per l’e-
ducazione dei figli del popolo. Riferiva su sei Oratori di diversa fisionomia,
ma la chiudeva, dopo parecchi mesi di silenzio, nel dicembre 1919. È una ru-
brica di grande interesse, che evidenzia a quale ricchezza fosse arrivato l’ora-
torio salesiano, vera “casa della gioventù”, che offriva tutti i possibili impulsi
e mezzi per una crescita umana e cristiana integrale di quanti, a differenti età,
lo frequentavano.
Ne era privilegiata dimostrazione la relazione sul primo oratorio festivo
di don Bosco, con cui il direttore dava “un ragguaglio dell’azione di bene
svoltasi durante l’anno scolastico 1917-18”, “a soddisfare il desiderio di
quelli che [bramavano] conoscer sempre meglio il metodo seguito dai Sale-
siani negli Oratori festivi per ricopiarlo localmente”. Però, nonostante ciò, nel
dopo guerra si voleva dargli un assetto completo, perché diventasse, com’era
nel benevolo concetto di molti, un Oratorio modello, proponibile ai Coopera-
tori che operavano per l’educazione cristiana della gioventù. I dati venivano
raggruppati sotto le seguenti voci: I. Orario; II. Numero dei giovani iscritti
(gli oratoriani, infatti, nella prassi di Valdocco, non dappertutto, venivano mu-
niti di un’apposita tessera); III. Classi [Categorie] e Sezioni: Il Circolo Auxi-
lium, Le sei classi [scolastiche] elementari (con almeno due sezioni cia-
scuna), le Tre classi dette complementari, la Scuola di musica strumentale,
L’Associazione degli Ex Allievi; IV. La Classe [categoria] dei nuovi; V. L’a-
zione dell’Oratorio per la massa fino ai 13/14 anni, diversificata in due livelli
secondo le età: per i più piccoli l’allontanamento dalle occasioni cattive, l’i-
struzione religiosa e la formazione cristiana; per i più grandi l’iniziazione alla
vita cristiana attiva e all’apostolato religioso-sociale; VI. Durata [decorrenza]
dell’anno catechistico, da agosto a luglio; VII. Apertura [inaugurazione so-
lenne] dell’anno catechistico; VIII. La vita religiosa dell’Oratorio; IX. Le
Compagnie di S. Giuseppe e di S. Luigi, e per gli ottimi tra essi la Compagnia
del Piccolo Clero o del SS. Sacramento; X. I Catechismi quaresimali; XI. Le
110 Cfr. Un Sinodo diocesano e l’Opera degli Oratori festivi, ibid., p. 143.

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248 Pietro Braido
Gare Catechistiche; XII. Il Circolo Auxilium, “l’anima e il centro della vita
dell’Oratorio”, con più sezioni: la più numerosa, del Foot Ball, la Mandolini-
stica, la Filodrammatica, la Bibliotechina Circolante; XIII. L’azione del Cir-
colo Auxilium: Collaborazione con il direttore dell’Oratorio nell’assistenza e
nell’istruzione catechistica, diffusione della buona stampa, gestione di un di-
stributorio di generi alimentari sostenuto dal municipio, l’Ora mensile di ado-
razione, la sezione Caritas o Conferenza giovanile della San Vincenzo de’
Paoli; XIV. Altre cose degne di nota, tra cui un torneo di Foot Ball, l’Albero
di Natale con la distribuzione di oltre 200 capi di vestiario ai giovani più bi-
sognosi, un’Adunanza del 14 aprile in preparazione al XIII Congresso della
Gioventù Cattolica del Piemonte, promosso dal Circolo Auxilium in omaggio
ai due Giubilei salesiani e celebrato il 26 maggio nell’Oratorio di Valdocco111.
Discreto spazio il Bollettino lo dedicava all’appello che don Rubino, di-
rettore per dieci anni dell’oratorio di Trieste ed ora cappellano militare, rivol-
geva a tutte le persone di buona volontà perché venissero incontro allo stato
miserevole dei giovani che frequentavano di nuovo il dissestato oratorio della
città giuliana. Segnalava, insieme, la generosa somma di 5.000 corone, che il
nuovo Governatore italiano, il generale piemontese Carlo Petitti di Roreto,
aveva elargito per sopperire alle prime necessità112.
Diverso da ambedue era, per l’ubicazione, le dimensioni, il personale di-
sponibile, l’oratorio stabilito nel Seminario per le Missioni estere o Studen-
tato filosofico salesiano di Torino-Valsalice. Il locale era costituito da due
modeste stanze, ma gli oratoriani condividevano con lo studentato la cap-
pella, il cortile, il teatro. In funzione da dieci anni, aveva già dato parecchie
vocazioni e insieme fungeva da palestra di vita salesiana per i chierici che
non andavano negli altri oratori della città. I catechizzandi erano distribuiti in
otto classi. La settima era per la sezione Aspiranti, dagli 11 e i 14 anni, che
passavano poi all’ottava, l’Unione “Domenico Savio”, i cui soci erano rego-
larmente iscritti, con tessera della Gioventù Cattolica, al Circolo Giovane
Piemonte della città, assidui alle riunioni e ai ritrovi della Federazione Giova-
nile Cattolica Piemontese. Per evitare dannose dicotomie il Consiglio Diret-
tivo dell’Unione aveva sei consiglieri di cui tre eletti dai soci e tre dal diret-
tore dell’Oratorio, in generale tenendo conto dei voti dispersi113.
Rilevante attenzione era riservata all’oratorio fondato da don Bosco a
poco più di un anno di distanza dall’insediamento del primo a Valdocco: l’O-
111 Cfr. L’anno catechistico 1917-18 nel 1° Oratorio festivo di D. Bosco, ibid., n. 12, di-
cembre, pp. 241-245.
112 Cfr. Ibid., p. 256.
113 Cfr. Il primo decennio dell’Oratorio festivo “Ven. D. Bosco” in Valsalice-Torino, BS
43 (1919) n. 1, gennaio, pp. 10-12.

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L’oratorio salesiano vivo in un decennio drammatico (1913-1922) 249
ratorio di S. Luigi a Porta Nuova. Le informazioni sono raccolte intorno a
quattro titoli: I. Orario ed iscrizioni; II. Associazioni, sezioni, iniziative: 1)
l’Associazione degli Ex-allievi; 2) il Circolo “Michele Rua” per i giovani
oltre ai 16 anni, “la massima Associazione dell’Oratorio”, che nel 1918 aveva
aperto un Distributorio di generi alimentari e istituito una Cassa di previ-
denza; 3) l’Associazione caratteristica di questo oratorio, l’AGES, Giovani
Escursionisti Salesiani, inaugurata il 24 maggio 1915 e federata alla Gioventù
Cattolica Italiana, con pellegrinaggio annuale alla Madonna del Rocciame-
lone (3537 m. s. m.); 4) l’Associazione dei Giovani Esploratori (A. S. C. I.),
con Adunanza mensile dei parenti, regolare Istruzione religiosa domenicale,
conferenze morali al sabato sera; 5) Compagnia di S. Luigi; 6) Compagnia
Drammatica “Michele Rua”; 7) Cassa di Risparmio e Biblioteca circolante;
III. Durante la guerra, Ospitalità al Circolo XV Maggio dell’Oratorio di S.
Giuseppe; IV. Vita religiosa: per l’istruzione catechistica era seguita la divi-
sione dei giovani in classi secondo il grado d’istruzione scolastica e profes-
sionale, ma la strettezza dei locali non permetteva “l’istruzione catechistica
ideale (di vera scuola)”114.
Il 1° dicembre 1918 i Salesiani accettavano di assumere un ritrovo o Ri-
creatorio, stabilito mesi prima, nella borgata Monterosa a Torino Nord, da un
Consigliere comunale, comm. Grassi, accanto all’Asilo d’Infanzia e l’annesso
Oratorio femminile, da lui stesso fondati e affidati alle Figlie di Maria Ausi-
liatrice. Al Ricreatorio era stata data la denominazione “Margherita Bosco”.
L’8 dicembre 1918 con l’entrata dei salesiani veniva ufficialmente inaugurato
e don Rinaldi ne benediceva la cappella nella stessa ora in cui Don Albera ne
inaugurava un altro a Borgo San Paolo a Torino Sud. Essendo recente l’assun-
zione da parte dei salesiani e con locali abbondantemente insufficienti, del Ri-
creatorio di Monterosa, il Bollettino non poteva che dare informazioni som-
marie. Le raggruppava intorno a cinque eloquenti titoli: I.Come è sorto il Ri-
creatorio; II. Inconvenienti del momento; III. La giornata al Ricreatorio: gli
iscritti erano più di 300, però non era stato ancora possibile, per mancanza di
locale, distribuirli in classi; IV. Occorrono e si preparano nuovi locali; V.
Campo vergine115.
Più avanti il periodico poteva informare su realizzazioni già consolidate
nell’oratorio festivo e feriale di S. Paolo: il buon numero di giovani già inse-
riti nel suo ritmo di vita; l’organizzazione dell’istruzione religiosa nelle classi
114 Cfr. L’anno catechistico 1917-1918 nel 2° Oratorio festivo fondato da Don Bosco,
in Torino, cioè nell’“Oratorio S. Luigi”, ibid., n. 2, febbraio, pp. 33-35.
115 Cfr. Il ricreatorio “Margherita Bosco” nella borgata Monterosa, Torino, ibid., n. 3,
marzo, pp. 63-64.

4.10 Page 40

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250 Pietro Braido
elementari, per la classe degli operai e per i soci del Circolo, le Attrattive, il
Circolo S. Paolo con le sezioni sportiva e del foot-ball, drammatica, musi-
cale, il progetto di un Corso settimanale di Conferenze religioso-sociali, l’Uf-
ficio di collocamento al lavoro, la cui opera era favorita dalla “gentile e bene-
vola accoglienza di Direttori e Capi-Reparto di alcune Ditte Industriali”116. A
favore dell’Oratorio S. Paolo si tenevano in città due Conferenze: la prima,
per iniziativa del Comitato Torinese delle “Dame Patronesse Opere Ven. Don
Bosco” l’8 maggio nel teatrino della Casa madre a Oratorio dal salesiano don
Antonio Fasulo con proiezioni luminose, la seconda da p. Giovanni Semeria
nella chiesa di S. Dalmazzo, coronata dalla fine esecuzione di due composi-
zioni musicali, una del M° Pagella, l’altra del M° Mondo117.
Raccogliamo ancora dal Bollettino sotto la rediviva rubrica Tra i figli del
popolo rapide informazioni sull’Albero di Natale, con il tradizionale rito dei
doni celebrato a Roma-Testaccio nel gennaio, con la presenza di un folto
stuolo di benefiche nobildonne, religiose, funzionari dell’amministrazione ci-
vica; e sul risorto Circolo giovanile San Giovanni Bosco dell’oratorio di An-
cona118. Da Isola d’Istria erano pervenute anche notizie sulla lenta rinascita
dell’Oratorio locale già in funzione dal febbraio 1914 al maggio 1915: tale
presenza salesiana era tanto più incisiva in quanto la cittadina aveva un ri-
creatorio laico e vari circoli acattolici119. Anche il ricongiungimento di Trieste
all’Italia – informava il Bollettino – aveva segnato “una vera risurrezione per
l’Oratorio Salesiano”, con il risveglio della pubblica simpatia e beneficenza.
L’Albero di Natale del 1918 era stato il più ricco dall’esistenza dell’opera gio-
vanile, grazie alla generosità della regina d’Italia, della duchessa d’Aosta, che
l’aveva anche visitata, del governatore di Trieste, gen. Carlo Petitti di Roreto
e di molti benefattori della città. Alla festa erano stati presenti il duca
d’Aosta, il governatore e mons. Bartolomasi. Si erano distribuiti regali a più
di 500 giovani: vestiti, biancheria, calzature. L’oratorio, intanto, stava ricosti-
tuendo le strutture disciolte dalla guerra: Il Circolo “Michele Rua”, la sezione
filodrammatica per adulti, un’altra per i piccoli, la banda musicale con 40 ef-
fettivi e 20 allievi, la Schola cantorum, una sezione ginnica per i piccoli120.
116 Il nuovo Oratorio S. Paolo a Torino, ibid., n. 5, maggio, pp. 117-119. Sui progressi
degli oratori dei due borghi torinesi sarebbero seguite presto ulteriori notizie: cfr. ibid., p. 137;
ancora BS 43 (1919) n. 7, luglio, p. 193; ibid., n. 11, novembre, p. 304.
117 Cfr. Ibid., n. 6, giugno, p. 166.
118 Cfr. BS 43 (1919) n. 3, marzo, pp. 80-81.
119 Cfr. Ibid., n. 6, giugno, p. 167.
120 Cfr. Ibid., n. 7, luglio, pp. 192-193. Al benefico gen. Petitti di Roreto veniva offerta in
seguito, quale omaggio di riconoscenza, una rappresentazione teatrale: BS 45 (1921) n. 5,
maggio, p. 138.

5 Pages 41-50

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L’oratorio salesiano vivo in un decennio drammatico (1913-1922) 251
Altre visite di personalità ecclesiastiche (in particolare il vescovo castrense
mons. Bartolomasi) e civili italiane, con immancabile trattenimento musicale
e teatrale si erano succedute il 1° e il 2 novembre121.
La rassegna sui principali oratori salesiani di Torino si chiudeva con
quello del Martinetto, fondato con altri sacerdoti dal teol. Agostino Richelmy,
poi arcivescovo di Torino, e da lui affidato nel 1894 ai salesiani. Esso aveva
una duplice sfera d’azione: l’Oratorio propriamente detto e il Circolo giova-
nile “Martinetto”. Anche di questo si descrivevano vari aspetti: I. l’orario, le
iscrizioni e la frequenza, la vita religiosa nei giorni festivi: le funzioni reli-
giose del mattino e del pomeriggio, il Catechismo diviso per sei classi, alcune
con più sezioni, mezzi per promuovere la frequenza: buone maniere, lotterie,
colazioni, rappresentazioni teatrali, la passeggiata annuale, la premiazione an-
nuale, nel 1919 di 70 giovani con tagli di vestito, maglie, libri, ecc. Il Circolo
“Martinetto”, per i giovani dai 15 anni in su, aveva come scopo: a) Informare
praticamente e progressivamente i soci alla professione della Religione Catto-
lica; b) dar loro una sana cultura religioso-sociale; c) procurare un onesto di-
vertimento nelle sale del Circolo e nell’Oratorio. I soci fin dal sorgere erano
divisi in tre sezioni: Ginnastica, Filodrammatica e Foot-ball; decadute du-
rante la guerra, dall’ottobre 1918 si erano ricostituite le sezioni Drammatica,
Football e Fanfara. In rapporto alle diverse valutazioni che sarebbero spesso
echeggiate anni dopo, è interessante ciò che si dice del foot-ball: “ha per
iscopo di fornire ai giovani una forte attrattiva all’Oratorio, oltre a promuo-
verne l’educazione fisica, e impedire che diano il nome ad altre società spor-
tive, non conformi allo spirito, cui il Circolo tende essenzialmente”. Il Cir-
colo curava anche una piccola Biblioteca122.
Degli oratori e dei circoli si parlava, più o meno direttamente negli anni
1920-1921 in segnalazioni, riflessioni e appelli sotto la rubrica (documentata
solo negli indici annuali), Salviamo la gioventù. La prima occasione era data
dal Congresso della Gioventù Italiana celebrato a Roma dal 4 al 6 gennaio.
Verteva su tre temi, che in sostanza erano comuni a tutte le opere giovanili:
l’azione nel tempo presente, nel campo religioso, morale e sociale, l’organiz-
zazione interna e in rapporto al presente movimento generale dei cattolici ita-
liani. Il Bollettino, che aveva già scritto della necessità dei circoli come me-
diatori tra l’educazione dei collegi e l’avvenire sociale dei giovani, riportava
letteralmente, evidentemente condivise, le deliberazioni dell’assise romana,
formulate sotto la presidenza del comm. Pericoli. Per raggiungere i propri
scopi, la G. C. I. doveva: I. “Intensificare maggiormente la formazione di una
121 Cfr. Ibid., n. 12, dicembre, p. 330.
122 Cfr. L’Oratorio Sant’Agostino al Martinetto-Torino, ibid., n. 12 dic., pp. 313-314.

5.2 Page 42

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252 Pietro Braido
salda coscienza e cultura religiosa dei giovani”; II. “Intensificare l’opera di
difesa della coscienza morale dei giovani e promuovere una più energica
lotta contro il mal costume”; III. “Provvedere ad una accurata preparazione
dei giovani alla vita professionale, in modo che ciascuno, secondo la propria
condizione sociale, entri a far parte delle nostre organizzazioni professio-
nali”; IV. “Interessare i giovani allo studio di quei problemi che saranno og-
getto di esame e di discussione da parte dei competenti organismi politici,
perché contribuiscano ad indirizzare la legislazione del nostro paese verso un
contenuto cristiano e perché essi stessi si preparino a partecipare degna-
mente alla vita pubblica”. Per una più efficace azione il Congresso riteneva,
che la G. C. I. si desse un’organizzazione più solida e articolata, a partire
dalla base parrocchiale e diocesana, sensibilizzando il Clero e gli Ordini e
Congregazioni Religiose. Ciò comportava che “vinta ogni diffidenza e ogni
difficoltà, [fossero] istituite sezioni aspiranti presso i Circoli e presso qual-
siasi istituzione destinata alla prima formazione dei fanciulli, e che per inizia-
tiva dei dirigenti dei Ricreatori e Oratori festivi tutti i giovani a essi apparte-
nenti, appena ne [avessero raggiunta] l’età [fossero] invitati ad entrare nei
Circoli della G. C. I.”. Il Bollettino riportava di seguito le parole di consenso
pronunciate, a proposito del Congresso, da Benedetto XV e finiva col pregare
i Sacerdoti, i presidenti di opere o associazioni giovani e i direttori di perio-
dici analoghi di inviare alla redazione del mensile salesiano “ogni delibera-
zione, ogni norma, ogni consiglio, ogni nuova idea, che [potesse] intensifi-
care l’azione giovanile negli Oratori, nei Circoli, nel Collegi cattolici, e nelle
singole diocesi e parrocchie”123.
Accenti differenti, con l’insistenza sulla formazione spirituale e la pro-
fessione di apoliticità, si troveranno nel magistero di Pio XI. Dopo un anno
dalla riforma della Gioventù Cattolica da lui effettuata, egli ne sottolineava
con forza l’interiorizzazione degli scopi e della vita, con la netta esclusione
della diretta militanza sociale e politica. “Noi non facciamo della politica –
dichiarava alla gioventù cattolica romana nel settembre del 1923 –. No. Noi
vogliamo innanzi tutto fare quello che devesi, fare cioè la formazione e la
preparazione religiosa innanzi tutto e poi morale, intellettuale, culturale e so-
ciale (…). Se qualcuno dicesse: ma noi non siamo anche cittadini, non ab-
biamo anche noi dei diritti e dei doveri pubblici, politici? Noi risponderemo:
certissimo. Ma è appunto per questo che noi vogliamo la formazione e la pre-
parazione spirituale. È appunto per questo che questa formazione e prepara-
123 Cfr. Il Congresso della Gioventù Cattolica Italiana, BS 44 (1920) n. 2, febbraio, pp.
34-36; I Circoli giovanili nei Convitti cattolici, ibid., n. 1, genn., pp. 8-9; Circoli di cultura nei
Convitti, n. 5, maggio, p. 125.

5.3 Page 43

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L’oratorio salesiano vivo in un decennio drammatico (1913-1922) 253
zione deve precedere tutte le altre attività e in essa deve essere contenuto il
programma della Gioventù Cattolica”124. Evidentemente tale impostazione
comportava favorevoli ripercussioni sugli indirizzi dominanti nei circoli sale-
siani e nel sistema delle Compagnie religiose, con analoghe modulazioni ri-
volti, secondo il manifesto educativo di don Bosco, alla formazione del “buon
cristiano e onesto cittadino”. Era, tuttavia “dominanti”, ma non esclusivi,
poiché si è visto che ripetuti voti di Congressi, le voci autorevoli dei Supe-
riori, l’effettiva realtà di non pochi circoli prevedessero anche una loro espli-
cita qualificazione nel sociale nel senso più ampio, così come Benedetto XV
aveva inteso la Società della Gioventù Cattolica.
Era lo spirito che animava ancora non pochi oratori postbellici, di cui ri-
feriva, seppure in misura ridotta rispetto agli anni dell’anteguerra, il Bollet-
tino Salesiano. Vengono alla ribalta anzitutto gli oratori dei borghi torinesi di
S. Paolo e Monterosa, verso il termine del 1920 ambedue in festa per le pre-
miazioni. Del primo si riferisce anche la coraggiosa gita-pellegrinaggio a Val-
salice proprio in un giorno di disordini scoppiati in città in segno di protesta
per il caro-vita. Mentre su otto carrozze tramviarie l’affollata comitiva dei
giovani – 400, di cui 80 del Circolo; i più piccoli erano stati tenuti pruden-
zialmente a casa – attraversava le vie principali di Torino, mentre in alcuni
punti della città si svaligiavano botteghe e negozi. Li scortavano alcuni ci-
clisti, capi di famiglia, che, ammirati delle sollecitudini dei salesiani per i loro
figli, si decisero di costituirsi in Unione padri di famiglia125. Analoghe feste
di premiazione si erano svolte a Bologna, con la partecipazione dell’arcive-
scovo, card. Giorgio Gusmini, e nei redivivi e sempre più fiorenti oratori di
Trieste, alla presenza di alte personalità civili, tra cui il Commissario generale
civile, Antonio Mosconi (1866-1955), e militari, e di Fiume126. Questo, nono-
stante le gravi condizioni economiche, l’incerta situazione politica127 e la di-
sagevole posizione geografica, cresceva – aveva pure un fiorente Circolo gio-
vanile fregiato del nome di Don Michele Rua – anche perché i salesiani oltre
124 Il testo è citato, attingendo dalla raccolta Pio XI e l’Azione Cattolica (Roma 1929, p.
84) curato da A. M. CAVAGNA, da G. VECCHIO, Pio XI e l’Azione Cattolica, in AA.VV., Il ponti-
ficato di Pio XI a cinquant’anni di distanza. Milano, Vita e Pensiero 1991, pp. 95-129.
125 Cfr. BS 44 (1920) n. 2, febbraio, pp. 53-54.
126 Cfr. Ibid., pp. 53-55. Di Trieste si daranno più avanti notizie in occasione della visita
del nuovo vescovo dal cuore “salesiano”, Angelo Bartolomasi: cfr. Ibid., n. 3, marzo, p. 80.
127 Fiume, negata all’Italia, in base al Trattato di Londra del 1915, dalla Conferenza di
Versailles, il 12 settembre 1919 era stata occupata da reparti militari ribelli e da volontari ca-
peggiati da Gabriele d’Annunzio, che ne proclamava l’annessione all’Italia. Con il trattato di
Rapallo del 12 novembre 1920 Fiume era dichiarata stato indipendente e nel Natale D’An-
nunzio e i suoi dovettero piegarsi dinanzi all’esercito regolare italiano; sarebbe stata ricono-
sciuta ufficialmente all’Italia dal Patto di Roma del 27 gennaio 1924.

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254 Pietro Braido
che attirare i giovani con gli insostituibili divertimenti andavano incontro al
grave disagio economico con qualche distribuzione di viveri e di vestiario,
sorretti dal Comitato Civile e Militare, dai diversi Comitati di beneficenza e
dalla Croce Rossa Italiana128. Sull’opposta costa istriana rifioriva l’oratorio di
Rovigno: un cronista locale informava sulla festa, il 29 febbraio, in onore di
S. Francesco di Sales, riferendo della messa cantata, del panegirico del Santo,
tessuto dal parroco, che, nel corso dell’accademia musico-letteraria di spic-
cato sapore patriottico, aveva anche tenuto una conferenza sull’Opera sale-
siana. Alla presenza del fior fiore della cittadinanza aveva detto come i Sale-
siani sapevano “educare i figli del popolo ai più alti ideali che l’uomo deve
avere, cioè: Religione, Patria e famiglia”. “A buon diritto – osservava il cro-
nista – si può dire che l’Oratorio con le sue festicciuole è diventato il ritrovo
più gradito di tutta la cittadinanza, perché è l’unico luogo ove i nostri giovani
vengono educati italianamente e cattolicamente”129.
Più avanti il Bollettino riportava il testo della parte della Lettera pasto-
rale, che il neo-eletto vescovo di Macerata e Tolentino, il faentino Domenico
Pasi, dedicava con parole di straordinaria amicizia ai salesiani, già operanti
nella città, li invitava a continuare nella loro azione a favore della gioventù e
domandava “con insistenza amorosa e paterna, perché l’Oratorio Festivo [po-
tesse] essere molto frequentato” e fosse tanto vitale da attirare tutta la gio-
ventù maceratese130.
Grande rilievo veniva pure dato alla presenza e alla vita del Reparto
Esploratori Cattolici negli oratori di Torino-Valdocco, Sampierdarena e Ca-
gliari. In quest’ultimo, circondato da straordinari consensi, era stato istituito
nel maggio 1919 il I Reparto Savoia, nel quale – si sottolinea – erano rap-
presentate “Tutte le gradazioni sociali dallo studente di liceo allo scolaretto
elementare, dal figlio del nobile aristocratico all’umile operaio, tutti uniti in
un solo vincolo di fraterna carità”. Il papa vi aveva inviato il suo ritratto con
un messaggio autografo, altrettanto avevano fatto i Reali d’Italia e il gen. sir
Robert Boden Powell. Il ministero della guerra aveva fornito l’equipaggia-
mento completo e molti cimeli di guerra. Alle feste dell’Opera di don Bosco
erano sempre intervenute tutte le massime Autorità ecclesiastiche, militari
e civili131.
Il Bollettino si soffermava pure a sottolineare l’importanza nelle parroc-
chie e negli oratori delle “Dispute” o Gare di catechismo e dava norme pre-
128 Cfr. Ibid., n. 3, marzo, pp. 79-80.
129 Cfr. Ibid., n. 5, maggio, pp. 136-137.
130 Cfr. Ibid., n. 9, settembre, p. 245.
131 Cfr. Ibid., n. 10, ottobre, p. 272.

5.5 Page 45

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L’oratorio salesiano vivo in un decennio drammatico (1913-1922) 255
cise per il loro svolgimento, distinguendo le gare mnemoniche di recitazione
e quelle d’intelligenza, nelle quali, oltre la recita letterale del Catechismo
c’era anche lo sviluppo di qualche sua parte e la narrazione di un punto deter-
minato della Storia Sacra132. Sotto la rubrica “Salviamo la gioventù” in gen-
naio veniva fatta ai Circoli giovanili una proposta singolare in favore delle
vocazioni ecclesiastiche, di cui si sentiva il bisogno: quella di diramare tra le
popolazioni larghi inviti alla partecipazione a trattenimenti e conferenze apo-
logetiche, tra cui una “destinata ad illustrare la missione sublime del sacer-
dozio” in tempi, in cui “per la propaganda di odio e di anticlericalismo [era]
così spesso oggetto di odio, di disprezzo e di persecuzione”. In ognuna di
queste conferenze si sarebbe dovuto fare una questua, destinando il ricavo al
mantenimento di un candidato in formazione133.
Intanto si succedevano cronache di oratori noti e meno noti. In partico-
lare evidenza erano messe le opere a vantaggio della gioventù sviluppate nel-
l’oratorio San Paolo di Torino in due anni di vita, frequentato assiduamente da
500 a 600 giovani: il Dopo scuola con la presenza quotidiana di oltre 100 sco-
lari o studenti, la numerosa Unione dei Padri di famiglia, il Circolo giovanile
con le sezioni di ginnastica, sport e drammatica, arricchitosi della Sezione di
cultura, intenta all’istruzione religioso-sociale degli iscritti, l’attivissimo Uf-
ficio di Collocamento, promotore anche di passeggiate collettive e di rappre-
sentazioni teatrali e cinematografiche. Nell’oratorio di Rovigno, cittadina sui
10.000 abitanti, nel dicembre si erano inaugurati due Circoli, “Savio Dome-
nico” per i ragazzi dai 12 ai 16 anni, e “San Vito” per i giovani oltre i 16 anni.
All’accademia musico-letteraria erano stati presenti sui 1000 spettatori, in
prima fila il parroco, il sindaco e il colonnello dell’esercito, Bianchi, con tutti
gli ufficiali, i direttori delle scuole, ecc.134. Il 12 dicembre si erano festeggiate
le premiazioni all’Oratorio di Macerata, con la presenza e la parola dell’affe-
zionato vescovo diocesano, mons. Pasi135. Più oratori, in occasione di Natale,
avevano celebrato la festa dell’Albero di Natale: Valdocco e Monterosa a To-
rino, il Testaccio a Roma, il Patronato Leone XIII a Venezia, Iseo, Trieste,
Fiume con le solite generose distribuzioni di tagli e capi di vestiario, scarpe,
ecc., del tutto provvidenziali in generalizzate strettezze economiche136. Veniva
pure fatta una diffusa relazione sullo sviluppo edilizio e delle crescenti attività
dell’Oratorio nel borgo Monterosa, a Torino. Oltre che delle iniziative con-
132 Cfr. Ibid., n. 11, novembre, pp. 279-280.
133 Cfr. BS 45 (1921) n. 1, gennaio, p. 9.
134 Cfr. Ibid., pp. 24-25.
135 Cfr. Ibid., p. 55.
136 Cfr. Ibid., n. 2, febbraio, pp. 51-52.

5.6 Page 46

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256 Pietro Braido
suete si parla della Biblioteca circolante, dell’Ufficio Collocamento, di una
squadra di foot-ball’, del cinema parrocchiale e di una Cassa Depositi137. Era
poi la volta delle premiazioni all’oratorio di Frascati-Capocroce, nelle quali
agli effetti di vestiario erano stati aggiunti libretti postali138.
Il 22 maggio 1921 era stata giornata storica per l’oratorio di Cagliari e,
in esso, specialmente per il Reparto Esploratori Savoia istituito. Lo visitava il
re Vittorio Emanuele III, accompagnato dai sardi ammiraglio Giovanni Sechi,
ministro della Marina, e dall’ on. Francesco Cocco Ortu, e da altre molte per-
sonalità, militari e civili. Due giorni dopo su invito del comandante della co-
razzata Caio Duilio, conte Gambardella, gli Esploratori in numero di 300 sali-
rono sulla nave ammiraglia, oggetto di un cordiale ricevimento con parole di
alta stima e di lode del comandante139. Agli inizi di luglio l’oratorio San Paolo
festeggiava il titolare, fin dalla vigilia con musiche, luminarie e fuochi artifi-
ciali. Il giorno seguente arrivava don Albera e don Ricaldone celebrava la
messa solenne. Si alternavano poi il banco di beneficenza, le gare sportive e,
dinanzi a non meno di 12 mila spettatori, un applauditissimo saggio ginnico.
“Festa di popolo, festa del cuore, festa di fratellanza gioconda”, commenta il
cronista140. Il 5 giugno, all’oratorio di Pedara in occasione della benedizione
della bandiera del Circolo giovanile S. Giuseppe erano accorse varie rappre-
sentanze di oratori e circoli circonvicini. Nel pomeriggio, dopo la benedi-
zione, nell’affollatissimo cortile dell’oratorio un ex-allievo, l’avv. Barbagallo,
teneva un brillante discorso sul tema Fede e Lavoro141.
Infine, sotto la rubrica “Salviamo la gioventù” il Bollettino riportava le
parole rivolte da papa Benedetto XV all’imponente adunata dei Giovani Cat-
tolici accorsi a Roma per celebrare, dal 3 all’8 settembre, il Cinquantenario
della Gioventù Cattolica Italiana. Il 3 settembre essi si erano concentrati, nel
cortile dell’Oratorio e Ospizio S. Cuore, accanto alla stazione Termini, per la
prova d’insieme dell’inno nazionale accompagnato dalla banda dell’Ospizio:
un infiammato discorso del direttore, don Stile, su don Bosco e la sua Opera,
era stato accolto con scroscianti applausi142. Non si può dimenticare che a
Roma era anche andato per la seconda volta il ventenne b. Pier Giorgio Fras-
sati (6 aprile 1901-4 luglio 1925) e che la domenica 4 i cinquantamila con-
gressisti, mentre si recavano in corteo alla tomba del Milite Ignoto, venivano
coinvolti in tafferugli cagionati da un gruppo di provocatori con intervento
137 Cfr. Ibid., pp. 54-55.
138 Cfr. Ibid., n. 4, aprile, pp. 110-111.
139 Cfr. Ibid., n. 7, luglio, pp. 193-194.
140 Cfr. Ibid., p. 221.
141 Cfr. Ibid., n. 11, novembre, p. 304.
142 Cfr. Ibid., n. 9, settembre, pp. 248-249.

5.7 Page 47

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L’oratorio salesiano vivo in un decennio drammatico (1913-1922) 257
delle guardie regie che, invece di ristabilire l’ordine, si erano messe a strap-
pare le bandiere e i vessilli delle associazioni e dei circoli cattolici, tra cui il
“Cesare Balbo” di Torino. Pier Giorgio ricuperava il drappo strappato e finiva
tra il centinaio dei giovani cattolici arrestati. Il giorno successivo il papa cele-
brava in S. Pietro la messa per i convenuti: Frassati vi si era recato con la
bandiera che aveva difeso e vi aveva apposto sull’asta un cartello con la
scritta: “Tricolore sfregiato per ordine del Governo”. Nel suo significativo di-
scorso, papa Benedetto XV aveva confermato il suo pensiero circa il fine di
formazione personale anche in funzione di un’incisiva azione sociale della
Gioventù Cattolica. “L’augurio che proprio Ci esce dall’animo – aveva detto
– in questo inizio della nuova epoca della Società della Gioventù Cattolica
Italiana, è questo, che quanti sono gli ascritti alla benemerita Associazione al-
trettanti sieno, ora e poi, gli individui praticanti la religione cattolica in tutte
le sue manifestazioni private e pubbliche”; “perché poco o nulla varrebbe al-
l’onore della Società che li ha formati, se domani continuassero a praticare la
religione cattolica fra le domestiche pareti, ma nei pubblici convegni non
ardissero levare la voce per propugnare la dottrina cattolica, o per difendere
i diritti di Dio e della Chiesa contro gli assalti dei tristi”143.
5. Convegni e Congressi (1920-1921)
Non solo il motivo occasionale dell’inaugurazione del monumento a don
Bosco, dilazionata dal 1915, ma soprattutto la consapevolezza che, finita la
terribile guerra, ci si trovava “in un momento storico, in cui i popoli si
trova[va]no sbalzati d’un tratto in una vita nuova, nella quale [correvano] il
rischio d sentire più grave il disagio di un miglioramento agognato e ancor
lontano”, aveva indotto a far coincidere l’evento celebrativo con tre Congressi
internazionali, tenuti in contemporanea dal 20 al 23 maggio 1920: L’VIII
Congresso dei Cooperatori Salesiani, il II Congresso Internazionale sia degli
Ex-Allievi che delle Ex-Allieve. Oltre le sessioni proprie ad ognuno, vi furono
tre adunanze generali: alle ore 17,30 del 20, 21, 22.
Il tema dell’oratorio, pur non avendo avuto il rilievo dei Congressi dei
Cooperatori celebrati dal 1895 al 1906, trova un certo spazio anche in questo,
che ha presenti tutte le opere salesiane, ugualmente sviluppate per numero e
importanza. Ci si riferirà, perciò, ad esso, essendosi gli altri occupati preva-
lentemente di problemi organizzativi interni. Si riferirà pure di altri, di minore
143 Cfr. Ibid., n. 10, ottobre, p. 257.

5.8 Page 48

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258 Pietro Braido
ampiezza e risonanza, che ebbero come tema esclusivo l’oratorio e l’insegna-
mento religioso.
5.1 L’VIII Congresso Internazionale dei Cooperatori Salesiani (1920)
Anche l’VIII Congresso dei Cooperatori Salesiani aveva come primo
tema l’organizzazione dell’Unione, ma un impegno molto maggiore era pre-
visto dal secondo: Cooperazione Salesiana o norme direttive per intensificare
l’azione dei Cooperatori secondo lo spirito di Don Bosco e i bisogni dell’ora
presente. Lo stile delle formule ricorrenti sembra evidenziare la mano di don
Rinaldi e di don Ricaldone oltre che di don Albera: “Le norme direttive per
intensificare il vasto programma della Cooperazione salesiana” si sarebbero
dovute “determinare con giustezza di vedute e praticità di consigli”. Esso
avrebbe dovuto comportare due campi d’azione: l’appoggio materiale e mo-
rale ai salesiani al lavoro nelle opere istituzionali e iniziative da realizzare dai
Cooperatori in ambito proprio. Nell’elenco delle istituzioni salesiane occupa-
vano il primo posto gli Oratori festivi, seguiti dalle Scuole Professionali, i
Collegi e Pensionati, le Missioni Estere, l’assistenza agli Emigranti, la diffu-
sione della buona stampa. Tra le cinque Commissioni che i Cooperatori
avrebbero dovuto formare per svolgere attività proprie richieste dai bisogni
locali, la quinta, per l’assistenza alla gioventù, avrebbe potuto suddividersi in
tre sezioni per lo studio di altrettanti temi: l’istruzione religiosa nelle parroc-
chie, negli Oratori festivi, nelle Scuole di Religione, la formazione morale,
con la fondazione di Circoli, Casse deposito, Biblioteche, Dopo-scuola,
Dopo-officina, Segretariati del popolo, ecc., l’assistenza materiale, soccor-
rendo i fanciulli più abbandonati, curandone il collocamento in istituti catto-
lici, ecc.144. Più avanti, sui due temi generali si proponevano al Congresso
disegni di schemi già confezionati, con i rituali “Considerando” e i “Si pro-
pongono” o i “Si approvano”, da discutere ed eventualmente da adottare.
Però, insieme, i Cooperatori erano pregati di inviare, “relativamente agli
schemi”, osservazioni, correzioni, aggiunte. Comunque, la Cooperazione Sa-
lesiana nel settore Per l’assistenza della gioventù era chiamata ad impegnarsi
in primo piano negli Oratori festivi, con i tanti mezzi per riuscire efficaci:
“Circoli di cultura, conversazioni sociali, scuole professionali, segretariati del
lavoro e uffici di collocamento, uffici d’iscrizione alle casse di previdenza,
istruzione sulla legislazione del lavoro, conferenze d’igiene professionale,
144 Cfr. BS 44 (1920) n. 2, febbraio, pp. 29-31; ancora, ibid., n. 3, marzo, pp. 57-58; n. 4,
aprile, pp. 85-88.

5.9 Page 49

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L’oratorio salesiano vivo in un decennio drammatico (1913-1922) 259
assicurazioni operaie popolari ecc.” Seguiva l’elenco degli atteggiamenti e
comportamenti chiesti per lunga tradizione a quei Cooperatori che avessero
voluto promuovere la fondazione di Scuole di Religione e di Oratori festivi e
lavorare in essi145.
Il testo, però, usciva dal Congresso drasticamente amputato. Dell’ora-
torio si diceva semplicemente: “Favoriscano dappertutto la frequenza dei ca-
techismi parrocchiali e il funzionamento e l’impianto di Oratorii festivi e di
Scuole di Religione”. I mezzi efficaci per la riuscita degli Oratori erano rac-
comandati alla promozione dei Cooperatori come “altre opere per giovani
studenti e operai”146. Il Congresso, infatti, non privilegiava una o l’altra
opera, ma raccomandava la Cooperazione a tutti e in quest’ottica aveva dibat-
tuto e deliberato, ufficializzandola, la costituzione tra i Cooperatori di Comi-
tati d’azione, Comitati femminili di azione, e Comitati di Patronesse147.
Con lo sviluppo della Congregazione, infatti, non tanto la gerarchia qua-
litativa delle opere, ma il loro obiettivo accrescimento quantitativo stava cau-
sando un sensibile spostamento di attenzione dall’oratorio ad altre opere: gli
ospizi e i collegi, alcuni eredi degli orfanotrofi di guerra, le scuole professio-
nali, le Missioni, gli istituti per la prima accoglienza delle vocazioni – aspi-
rantati –, e per la loro formazione: noviziati, studentati filosofici e teologici. Il
“Salviamo la gioventù” si riferiva anche per i vari Comitati dei Cooperatori
all’intera gamma dei giovani da educare cristianamente e, quindi, alla più
ampia cerchia di opere, tra cui anche l’oratorio, e di operatori. Se ne rendeva
interprete, insieme al rettor maggiore, anzitutto don Rinaldi, prima prefetto
generale e Presidente dell’Ufficio Centrale della Pia Unione dei Cooperatori,
poi rettor maggiore, che con ininterrotta tenacia, sotto l’egida del Congresso,
avrebbe sviluppato un’energica azione per metterli in opera e potenziarne
l’efficienza. È quanto lo vediamo fare fin dal 16 settembre 1920, presiedendo
come sostituto del rettor maggiore un numeroso stuolo di Direttori Diocesani
e Decurioni, convenuti da tutto il Piemonte per “uno scambio di idee sul
modo di tradurre in pratica i Deliberati dell’8° Congresso Internazionale ri-
guardante l’azione locale dei Cooperatori”. Si era rilevata “la necessità di
moltiplicare i mezzi per istruire cristianamente la gioventù” e si era conve-
nuto di “procedere, senz’indugio, alla formazione di piccoli Comitati di ze-
lanti Cooperatori e Cooperatrici, che sotto la guida dei Direttori Diocesani e
dei Decurioni si [assumessero] l’impegno di svolgere, tutto o in parte, il pro-
145 Cfr. Ibid., n. 5, maggio, pp. 116-120.
146 Cfr. Ibid., nn. 6-7, giugno-luglio, pp. 149-150.
147 Cfr. Ibid., pp. 148-149; n. 5, maggio, pp. 117-118.

5.10 Page 50

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260 Pietro Braido
gramma della Cooperazione Salesiana”148. Confortante era poi ritenuto un
Convegno di azione salesiana tenuto a Valdocco il 27 novembre, nel quale si
era constata la realizzazione a Torino di “ben 63 gruppi o piccoli Comitati
d’azione fiorenti presso i vari Istituti ed Oratori”149. All’azione organizzatrice
di don Rinaldi si affiancava l’autorevole sostegno del rettor maggiore, che il
1° ottobre aveva ufficialmente approvato le Norme pratiche per l’organizza-
zione dei Cooperatori e l’azione loro locale150 e nella circolare di inizio 1921
rivolgeva un caldo invito agli Ex-Allievi e alle Ex-allieve ad associarsi
ai Cooperatori e alle Cooperatrici per far sorgere “molti e alacri” Comitati
d’Azione Salesiana; invito energicamente echeggiato due mesi dopo in un
franco editoriale del Bollettino151.
L’istituzione di un Comitato di azione salesiana locale per l’intera valle,
veniva deliberata il 18 luglio 1921 nel 1° Convegno dei Cooperatori della Val-
tellina, il primo Convegno regionale dei Cooperatori, svoltosi sotto la presi-
denza onoraria di mons. Olivares ed effettiva di don Rinaldi. Al Comitato
della regione avrebbero fatto capo gli istituendi Comitati parrocchiali. Essi
erano deputati: 1° a dare un appoggio morale e materiale all’insegnamento del
catechismo, quando possibile con ordinamento e forma di vera scuola; 2° fa-
vorire l’istituzione e lo sviluppo di Circoli o Unioni giovanili da allineare nei
quadri dell’Unione Cattolici Valtellinesi; 3° curare il funzionamento o l’incre-
mento di una o l’altra delle svariate opere di carattere ricreativo, culturale, re-
ligioso-sociale che il parroco avesse giudicato conducente allo sviluppo della
vita cristiana nel popolo, particolarmente nella gioventù. In una frase del di-
scorso di don Rinaldi introduttivo al Congresso era tutto il suo carattere: “Non
a parlare ci siamo radunati, ma ad agire”, “salvare la gioventù”152.
Don Rinaldi preludeva a quanto avrebbe continuato a fare e a sollecitare
anche come rettor maggiore per l’Azione Salesiana, gettandone i fondamenti
e prefigurandone gli strumenti nella circolare ai Cooperatori e alle Coopera-
trici di inizio 1922, redatta quale Prefetto generale-Vicario nell’interregno tra
la morte di don Albera (29 ottobre 1921) e l’elezione a Rettor maggiore (24
aprile 1922). Egli aveva sintetizzato le sue Proposte per il 1922 in tre parole:
1) Preghiere perché dal prossimo Capitolo generale la Società salesiana po-
tesse trarre “nuova luce e nuove energie” per essere in grado, “pur in mezzo
148 Comitati d’azione salesiana, cfr. Ibid., n. 10, ottobre, p. 252.
149 Cfr. BS 46 (1922) n. 1, gennaio, p. 5.
150 Cfr. Ibid., n. 11, novembre, pp. 277-278: “Il primo lavoro che ora s’impone è formare
i Comitati” (p. 278). Il testo delle norme è riportato da BS 45 (1921) n. 2, febbraio, pp. 31-33.
151 Cfr. BS 45 (1921) n. 1, gennaio, pp. 2-3, 8, 25; n. 3, marzo, pp. 57-58; n. 8, agosto,
pp. 197-198.
152 Cfr. Ibid., n. 9, settembre, pp. 230-232.

6 Pages 51-60

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6.1 Page 51

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L’oratorio salesiano vivo in un decennio drammatico (1913-1922) 261
alle difficoltà presenti”, di realizzare “il suo scopo precipuo, che è l’educa-
zione cristiana della gioventù”; 2) Un po’ di zelo soprattutto “per suscitare
nuove vocazioni”, necessarie “man mano che si delineano i nuovi bisogni dei
tempi” a rispondere alla crescente “urgenza di moltiplicare tante opere che
mirano direttamente all’educazione cristiana delle nuove generazioni”; 3)
Azione: “Lasciatevi che vi dica – scriveva senza mezzi termini –: «Voi potete
e dovete fare di più»”. Riportava come esempio il Convegno torinese dello
scorso 27 novembre e ribadiva l’opportunità che accanto ad ogni Istituto, ad
ogni Oratorio, ad ogni Unione di Ex-allievi e di Ex-allieve ci fosse almeno un
gruppo di giovani dai sedici anni in su da iniziare al lavoro salesiano “se-
condo il programma della Cooperazione Salesiana”. “Oh, se si pensasse dav-
vero alla costituzione dei Comitati!”, esclamava153. Era un “manifesto” di
quella che sarebbe stata la successione organizzata delle indissolubili Coope-
razione salesiana, Animazione Salesiana, Propaganda Salesiana, che
avrebbe caratterizzato il suo rettorato e sarebbe proseguita in quello immedia-
tamente successivo di don Pietro Ricaldone: la Propaganda Salesiana, so-
prattutto a carico dei due protagonisti, don Trione e don Fasulo, il coinvolgi-
mento nell’Animazione Salesiana dei Direttori Salesiani e Decurioni dei Coo-
peratori e dei loro Convegni, l’Animazione Salesiana per l’immediata e di-
retta Cooperazione Salesiana all’Azione Salesiana di Cooperatori, Benefat-
tori, Amici, uomini e donne di buona volontà. Strumento realizzatore effet-
tivo, ultimo della catena dell’intero dinamismo, erano i Comitati d’Azione.
5.2 Due Congressi catechistico-oratoriani di differente dimensione e qualità
(1920-1921)
Questo periodo vede anche la celebrazione di due Congressi: uno Ispet-
toriale-Regionale, l’altro Nazionale, particolarmente marcato dal tema cate-
chistico.
Il Congresso regionale siculo fu celebrato a Catania il 2 e 3 settembre
1920. L’aveva promosso l’ispettore salesiano in Sicilia, don Giovanni Min-
guzzi, con il plauso del vescovo diocesano, il card. Giuseppe Francica Nava.
È singolare che nelle pagine di presentazione degli Atti si parli di Congresso
Catechistico. Di fatto dei cinque temi tre riguardano l’istruzione ed educa-
zione morale e religiosa, due i Circoli e gli Oratori: 1° L’istruzione catechi-
stica fonte di formazione religiosa dei giovani: 2° L’educazione morale, se-
condo elemento di formazione religiosa dei giovani; 3° I Circoli giovanili,
153 Cfr. BS 46 (1922) n. 1, gennaio, pp. 3-6.

6.2 Page 52

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262 Pietro Braido
considerati come fattori di formazione religiosa e sociale; 4° Mezzi per popo-
lare e sostenere un Oratorio; 5° I Catechisti. Come averne, come formarli. Le
puntuali e ordinate Relazioni furono tenute da Salesiani dell’Ispettoria Sicula
particolarmente addentro, per cultura ed esperienza, nel rispettivo argomento.
È interessante vedere elencate dall’esperto in Oratori festivi più risorse sug-
gerite per popolare l’Oratorio: Buona cera, Giuochi, Il libretto d’intervento,
Lotterie, Passeggiate e gite, Teatrino, Proiezioni luminose, Musica istrumen-
tale, Sport, Scuole serali – Ritrovi serali, Dopo scuola, Cassa di risparmio,
Buffet, Feste Religiose154. Sembra, però, si sia trattato di un Congresso intra-
salesiano, da cui furono assenti le componenti della Famiglia, sia le Figlie di
Maria Ausiliatrice, i Cooperatori, gli Ex allievi e altri toccati da una qualche
“cultura” oratoriana.
“Dal 21 al 23 prossimo aprile – si annunciava nel fascicolo del Bollet-
tino di marzo 1921 – si terrà a Cagliari il VI Congresso Catechistico e degli
Oratori Festivi”, su proposta di don Albera e per opera dell’arcivescovo di
Cagliari, mons. Ernesto Piovella, partecipazione attiva della diocesi e delle
altre della Sardegna. Ma già in febbraio, il can. Giuseppe Miglior, presidente
del Comitato centrale, formato da ecclesiastici e laici, aveva inviato ai parroci
delle diocesi sardi una circolare, colla quale li mobilitava alla collaborazione,
anche per la soluzione dei problemi finanziari e logistici, e alla loro massiccia
e attiva presenza. Il Bollettino ne indicava i temi, come si vedrà, riducendo e
frammentando il programma effettivo, che peraltro sarebbe poi stato ricupe-
rato in sede di consuntivo: I) Opere catechistiche – Scuole di Religione – In-
segnamento religioso nei convitti ed educandati. II) Oratori festivi maschili e
femminili – Organizzazione – Locali – Personale – Comitati di Azionisti e
Patronesse – Parte religiosa – Parte ricreativa – Dopo-scuola – Dopo-offi-
cina – Scuole serali – Associazioni e Circoli155. Molte furono le adesioni di
cardinali e vescovi e, particolarmente significativo fu un Breve di plauso del
9 aprile di Benedetto XV. Fatto caratteristico è che esso fu anche preparato da
importanti Congressi e Convegni locali – a Roma a Torino, a Milano, Aversa
–, che ne inviarono a Cagliari gli Atti e i Voti, come fecero anche la Federa-
zione degli Oratori di Milano, la Commissione catechistica diocesana di Ge-
nova, di Camerino, di Salerno156. Nei lavori congressuali si alternarono adu-
154 Cfr. Atti del primo Convegno per gli Oratori festivi salesiani tenutosi in Catania sotto
la Presidenza del Rev.mo Signor Don Giovanni Minguzzi Ispettore delle Case Salesiane di
Sicilia nei giorni 2-3 Settembre 1920. Catania, Scuola Tipografica Salesiana 1920, pp. 107.
155 Cfr. BS 45 (1921) n. 3, marzo, p. 80.
156 Cfr. VI Congresso Nazionale degli Oratori festivi e Scuole di Religione in Cagliari,
“Il Monitore Ufficiale dell’Episcopato Sardo”, 13 (1921) N. 6-7, giugno-luglio, pp. 39-40; BS
45 (1921) n. 4, aprile, p. 109.

6.3 Page 53

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L’oratorio salesiano vivo in un decennio drammatico (1913-1922) 263
nanze di Sezione e adunanze generali su dodici di temi: di essi due terzi ri-
guardavano l’insegnamento del Catechismo, visto nell’ottica della pastorale
diocesana e parrocchiale, centrata sui due luoghi primari costituiti dalla fami-
glia e dalla parrocchia, di cui gli Oratori e le Scuole speciali di Religione
erano considerati “luoghi” sussidiari e integrativi. Vi erano perciò fortemente
interpellati i genitori e i parroci con i collaboratori laici. Partendo poi dal-
l’idea del Catechismo impartito in forma di vera scuola, era naturale che l’at-
tenzione fosse riservata alla sua organizzazione, al testo e ai Maestri della
Dottrina Cristiana. Nell’ambito parrocchiale erano, quindi, approfonditi i pro-
blemi relativi ai Circoli Giovanili e alle associazioni dell’Unione Donne Cat-
toliche. Non poteva mancare, insieme, la riflessione sulle possibilità di inter-
vento pastorale nell’insegnamento della Religione nelle Scuole pubbliche, al-
lora negato od osteggiato da parte del laicismo imperante. Soltanto quattro
temi furono dedicati agli oratori. Due ebbero relatori i salesiani don Trione,
su Gli Oratori festivi nei centri minori, e don Fasulo sulle Opere sussidiarie
per l’incremento dell’Oratorio. Il teol. nuorese don Sanna riferì sulle Pra-
tiche di pietà nell’Oratorio e due nobildonne cagliaritane, Bonaria Amat e Ci-
cita Falqui intervennero sugli Oratori femminili. Presidente effettivo delle
sessioni generali fu mons. Francesco Pascucci, Segretario del Vicariato di
Roma; don Trione vice-presidente. Mentre il Congresso ebbe enormi riper-
cussioni a Cagliari e nelle diocesi della Sardegna, non sembra aver avuto par-
ticolare impatto nel mondo salesiano, attento piuttosto all’oratorio in quanto
luogo catechistico alternativo alla famiglia, alla parrocchia e alla scuola. Lo
stesso Bollettino Salesiano gli dedicava una cronaca piuttosto frettolosa e non
dava corso alla promessa pubblicazione dei “Deliberati”157. Dei Voti del Con-
gresso su ciascuno dei dodici punti dava, invece, un preciso resoconto l’Or-
gano delle Curie Ecclesiastiche della Sardegna. Ne emerge grande passione
pastorale, ardimento negli obiettivi, idealità e concretezza di propositi e di
programmi, una chiara testimonianza della vitalità della Chiesa nell’isola158.
“Dal 21 al 23 prossimo aprile – si annunciava nel fascicolo del Bollet-
tino di marzo 1921 – si terrà a Cagliari il VI Congresso Catechistico e degli
Oratori Festivi”, su proposta di don Albera e, per opera dell’arcivescovo di
Cagliari, mons. Ernesto Piovella, con la partecipazione attiva della diocesi e
delle altre della Sardegna. Ma già in febbraio, il can. Giuseppe Miglior, presi-
dente del Comitato centrale, formato da ecclesiastici e laici, aveva inviato ai
parroci delle diocesi sardi una circolare, colla quale li mobilitava alla collabo-
157 Cfr. Ibid., n. 6, giugno, pp. 150-151.
158 Cfr. “Il Monitore Ufficiale dell’Episcopato Sardo”, 13 (1921) N. 6-7, giugno-luglio,
pp. 47-52.

6.4 Page 54

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264 Pietro Braido
razione, anche per la soluzione dei problemi finanziari e logistici, e alla loro
massiccia e attiva presenza. Il Bollettino ne indicava i temi, come si vedrà, ri-
ducendo e frammentando il programma effettivo, che peraltro sarebbe poi
stato ricuperato in sede di consuntivo: I) Opere catechistiche – Scuole di Reli-
gione – Insegnamento religioso nei convitti ed educandati. II) Oratori festivi
maschili e femminili – Organizzazione – Locali – Personale – Comitati di
Azionisti e Patronesse – Parte religiosa – Parte ricreativa – Dopo-scuola –
Dopo-officina – Scuole serali – Associazioni e Circoli159. Molte furono le
adesioni di cardinali e vescovi. Particolarmente significativo fu un Breve di
plauso del 9 aprile di Benedetto XV. Fatto caratteristico è che esso fu anche
preparato da importanti Congressi e Convegni locali – a Roma a Torino, a
Milano, Aversa –, che ne inviarono a Cagliari gli Atti e i Voti, come fecero
anche la Federazione degli Oratori di Milano, la Commissione catechistica
diocesana di Genova, di Camerino, di Salerno160. Nei lavori congressuali si
alternarono adunanze di Sezione e adunanze generali su dodici temi: di essi
due terzi riguardavano l’insegnamento del Catechismo, visto nell’ottica della
pastorale diocesana e parrocchiale, centrata sui due luoghi primari costituiti
dalla famiglia e dalla parrocchia, di cui gli Oratori e le Scuole speciali di Re-
ligione erano considerati “luoghi” sussidiari e integrativi. Vi erano perciò for-
temente interpellati i genitori e i parroci con i collaboratori laici. Partendo poi
dall’idea del Catechismo impartito in forma di vera scuola, era naturale che
l’attenzione fosse riservata alla sua organizzazione, al testo e ai Maestri della
Dottrina Cristiana. Nell’ambito parrocchiale erano, quindi, approfonditi i pro-
blemi relativi ai Circoli Giovanili e alle associazioni dell’Unione Donne Cat-
toliche. Non poteva mancare, insieme, la riflessione sulle possibilità di inter-
vento pastorale nell’insegnamento della Religione nelle Scuole pubbliche, al-
lora negato od osteggiato da parte del laicismo imperante. Soltanto quattro
temi furono dedicati agli oratori. Due ebbero relatori i salesiani don Trione,
su Gli Oratori festivi nei centri minori, e don Fasulo sulle Opere sussidiarie
per l’incremento dell’Oratorio. Il teol. nuorese don Sanna riferì sulle Pra-
tiche di pietà nell’Oratorio e due nobildonne cagliaritane, Bonaria Amat e Ci-
cita Falqui intervennero sugli Oratori femminili. Presidente effettivo delle
sessioni generali fu mons. Francesco Pascucci, Segretario del Vicariato di
Roma; don Trione vice-presidente. Mentre il Congresso ebbe enormi riper-
cussioni a Cagliari e nelle diocesi della Sardegna, non sembra aver avuto par-
ticolare impatto nel mondo salesiano, attento piuttosto all’oratorio in quanto
159 Cfr. BS 45 (1921), n. 3, marzo, p. 80.
160 Cfr. Ibid., n. 4, aprile, p. 109.

6.5 Page 55

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L’oratorio salesiano vivo in un decennio drammatico (1913-1922) 265
luogo catechistico alternativo alla famiglia, alla parrocchia e alla scuola. Lo
stesso Bollettino Salesiano gli dedicava una cronaca piuttosto frettolosa e non
dava corso alla promessa pubblicazione dei “Deliberati”161. Dei Voti del Con-
gresso su ciascuno dei dodici punti dava, invece, un diffuso resoconto l’Or-
gano delle Curie Ecclesiastiche della Sardegna162. Ne emerge grande passione
pastorale, ardimento negli obiettivi, idealità e concretezza di propositi e di
programmi, una chiara testimonianza della vitalità della Chiesa nell’isola.
Dalla fine del 1922 gli oratori erano inseriti in una nuova storia in un
Regime che stabiliva e imponeva nuovi rapporti con il mondo giovanile e con
le relative istituzioni.
6. Il Capitolo generale XII e l’approvazione definitiva del Regolamento
dell’oratorio (aprile-maggio 1922)
Dopo più di vent’anni di ripetute dilazioni, il Capitolo generale XII del
1922 riusciva ad approvare in via definitiva i Regolamenti della Società Sale-
siana – tra essi il Regolamento per gli Oratorii – fino allora proposti ad expe-
rimentum. Sarebbero rimasti in vigore fino al 1972. Durato 17 giorni, con 24
sedute, dal 24 aprile al 10 maggio, il Capitolo si era assegnato il compito di
uniformare le Costituzioni salesiane al nuovo Codice di Diritto Canonico pro-
mulgato nel 1917 e formularne i regolamenti applicativi. In base alle scelte
fatte già dal Capitolo precedente i testi dovevano risultare molto più stringati
di quelli del 1906. Di fatto, dalla massa degli articoli pubblicati nel 1806, si
passava a meno di un terzo, esattamente 416. Venivano promulgati il giorno
dell’Epifania del 1924163.
Il Regolamento per gli Oratorii, rimandava anzitutto a tre articoli delle
Costituzioni che si riferivano istituzionalmente agli Oratori: 3, 4, 111. Nell’e-
lenco delle “opere di carità verso i giovani” a cui si dovevano applicare i soci,
il terzo articolo includeva gli “Oratorii festivi e possibilmente anche quoti-
diani”. Il quarto, che ne era l’esplicitazione, prescriveva “La prima opera di
carità sarà quella di raccogliere i giovanetti più poveri ed abbandonati, per
161 Cfr. Ibid., n. 6, giugno, pp. 150-151.
162 Cfr. “Il Monitore Ufficiale dell’Episcopato Sardo”, 13 (1921) N. 6-7, giugno-luglio,
pp. 47-52. Un più puntuale resoconto sulla successione dei lavori e sui contenuti e le tematiche
trattate si trova in un volume pubblicato a parte a cura del Comitato Promotore: Atti e Voti del
VI Congresso Nazionale degli oratorii festivi e delle Scuole di Religione tenutosi nei giorni 21
– 22 – 23 aprile 1921 a Cagliari. Cagliari, Tip. Commerciale 1921, 62 p.
163 ACS 5 (1924) n. 23, 24 gennaio, pp. 205-243; gli articoli per l’Oratorio, pp. 240-241.

6.6 Page 56

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266 Pietro Braido
istruirli nella santa Religione particolarmente nei giorni festivi. A tal fine si
procuri con sempre maggior impegno l’apertura e lo sviluppo degli Oratorii
ovunque le circostanze locali e l’approvazione dell’autorità ecclesiastica lo
consentono”. Infine, nell’art. 111, che fissava la composizione del Capitolo
della Casa, era prevista la possibilità che di esso potesse far parte anche “il
parroco o il rettore della chiesa annessa e l’incaricato dell’Oratorio festivo”.
Il testo del Regolamento era ridotto a 29 articoli (art. 377-405), una falcidia
rispetto a quello base del 1906 (art. 1082-1368). Se ne chiariva lo scopo: “At-
trarre i giovani con piacevoli ed oneste ricreazioni, per impartir loro una soda
istruzione religiosa e far sì che adempiano i doveri del buon cristiano” (art.
377). Ribadito in più articoli lo stile fondamentale di vita dell’Oratorio – le
scuole di religione e i catechismi, con le gare e i premi, e le Compagnie reli-
giose (art. 382-387) – nel Regolamento si nota una notevole larghezza nei
mezzi di attrazione e di coinvolgimento dei giovani frequentanti: l’ammis-
sione senza particolari condizioni e vincoli (art. 379), la pratica del sistema
preventivo (art. 381), l’istituzione di sezioni per i giovani dai 15 anni in su
(art. 288), i doposcuola, le scuole serali e di musica, le casse di risparmio, le
sezioni sportive e ricreative (art. 392), però, con “fogge di vestire rigorosa-
mente decenti” (art. 393), il teatrino (art. 394). Si raccomanda anche la for-
mazione di una sezione padri di famiglia e dell’associazione ex-allievi sale-
siani (art. 389 e 391). Parlando delle sezioni giovani più grandi se ne preci-
sava lo scopo, che era “di compiere meglio la loro formazione religiosa-mo-
rale e di farne dei cristiani ferventi e attivi”, ed era tassativa la prescrizione:
“Esse debbono sempre mantenersi estranee alla politica” (art. 398); nulla era
detto su eventuali collegamenti o relazioni con Associazioni consimili. Si sta-
biliva, ancora, che fosse “preposto a ciascuna sezione ricreativa e sportiva un
Assistente responsabile” (art. 402); ed infine, quanto ai collaboratori era sta-
bilito: “Sia impegno del Direttore di formarsi tra gli stessi giovani, soprattutto
tra gli Ex-Allievi e i Cooperatori, un personale atto a coadiuvarlo nell’opera
dell’Oratorio” (art. 403); “Abbia un Comitato di Patronesse per procurarsi i
mezzi necessarii allo sviluppo dell’Oratorio” (art. 404). Sarebbe stato il docu-
mento di riferimento per tutte le iniziative oratoriane fino al 1972.
Evidentemente, il tono precettistico non riusciva a rispecchiare la ric-
chezza di esperienze oratoriane già consolidate. Ad esse, più che ad aride
norme, avrebbero continuato ad ispirarsi gli operatori sul campo.

6.7 Page 57

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L’oratorio salesiano vivo in un decennio drammatico (1913-1922) 267
L’ORATORIO SALESIANO VIVO
IN UN DECENNIO DRAMMATICO (1913-1922)
1. Da una pace minacciata all’ “immane flagello” (1913-1914/15)
2. La permanente sollecitudine oratoriana dei responsabili della Società Salesiana
nel turbine della “grande guerra” (1914-1918)
3. Riflessioni e discussioni sull’identità dell’oratorio in anni di sconcerti materiali e
morali (1916-1917)
3.1 Due Convegni piemontesi
3.2 Un “Congresso per corrispondenza” sugli oratori e la catechesi (1916)
3.3 Ritorna Don Simplicio (1917)
3.4 Riflessioni catechistiche e oratoriane di sacerdoti pastori (1916-1917)
4. Gli oratori in tenace ripresa in un mondo inquieto (1918-1922)
4.1 L’oratorio ideale e l’insegnamento catechistico nella pastorale d’insieme
4.2 Oratori modello e nella quotidianità (dic. 1918-1921)
5. Convegni e Congressi (1920-1921)
5.1 L’VIII Congresso Internazionale dei Cooperatori Salesiani (1920)
5.2 Due Congressi catechistico-oratoriani di differenti dimensioni e qualità
(1920-1921)
6. Il Capitolo generale XII e l’approvazione definitiva del Regolamento dell’ora-
torio (apr.-maggio 1922)