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NOTE
LA BILOCATION DE SAINT-RAMBERT D'ALBON A-T-ELLE ÉTÉ
AUTHENTIQUE?
Francis Desramaut
Les bilocations dans la vie de don Bosco
Au mot Bilocazione, Vindice analitico des Memorie biografiche mentionne
trois faits de ce genre dans la vie de don Bosco: le premier à Lanzo et à Borgo
Dora, le deuxième à Turin et en France, le troisième à Turin et à Barcelone. Sur
cette dernière, je me suis permis d'écrire une courte note.1 Quant à la deuxième,
elle me touche de près, pour des raisons qui ne sont pas seulement géographi-
ques.2
L'enquête de 1954
Une lettre, que le P. Eugenio Ceria m'adressait le 10 juin 1953, me disait en-
tre autres: «...L'anno scorso, parlandole di una certa bilocazione di D. Bosco in
Francia (MB XIV, 681), io Le raccomandai di cercare una certa brocca presso la
famiglia che ebbe la fortuna di vedere D. Bosco in quella maniera così singolare.
Mi permetto di rammentarle la cosa». Le 14 octobre 1878, alors qu'il était à Tu-
rin, don Bosco aurait apparu en France, dans la petite ville de Saint-Rambert
d'Albon, entre Lyon et Valence. On l'y aurait vu s'asseoir à table chez une famille
Clément. Il aurait brusquement disparu. Une guérison d'enfant naturellement
inexplicable était liée à ce passage. Au cours de la conversation, le prêtre — qui
ne dévoila pas son nom — avait dit, à propos d'un pot à eau de terre cuite émail-
lée et cerclée d'argent: «Conservez ce pot en souvenir de moi». Ce que les gens
avaient fait d'après le récit des Memorie biografiche.
En juin 1954, après avoir étudié les registres paroissiaux de Saint-Louis
1 «Etudes préalables à une biographie de saint Jean Bosco», VIII: «La vieillesse
(18841888)», Cahiers salésiens, 18-19, 1988, p. 201-208.
2 II y a une cinquantaine d'années, un autre Lyonnais écrivit, à ce propos, une note au
reste purement narrative: A. BARUCQ, «Quand Don Bosco faisait des siennes», Salesiana (Lyon-
Fontanières), juillet 1936, p. 54-57.

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Francis Desramaut
de la Guillotière, à Lyon, qui me mirent sur la piste de la famille concernée, j'ai
fini par découvrir Madeleine Clément, épouse Touvron (43, avenue Gélix Faure,
Lyon), son frère Albert Clément (rencontré à la même adresse) et le mari de la
défunte Marie-Flora Clément: M. Durand, coiffeur à Bougey, près de Saint-
Rambert d'Albon. Marie-Flora, Madeleine et Albert Clément étaient fils et filles
de Mme Adèle Clément, témoin principal de la scène de 1878. Ces personnes et
celles auxquelles elles m'ont adressé ensuite, m'ont confirmé les plus grandes
lignes du récit des Memorie: le passage d'un prêtre inconnu dans la maison de
leurs parents, sa soudaine disparition, la guérison d'un bébé, leur frère ou beau-
frère, décédé depuis une vingtaine d'années... Ils m'apprenaient aussi que le broc,
dont chacun me parlait, était en dépôt chez un M. Barnasson, locataire de Mme
Madeleine Touvron, née Clément, à Saint-Rambert d'Albon. M. et Mme
Barnasson, chez qui je me suis alors rendu et qui m'ont offert à souper, sont allés
quérir le pot à eau dans leur cave et me l'ont remis sur-le-champ. Il était
enveloppé dans un sac de papier. Il s'agissait bien d'un pot de terre cuite, blanc et
cerclé d'argent.
Je fis part de ma découverte à don Ceria et lui expédiai immédiatement une
photographie de l'objet pour les archives du Valdocco. Enfin, après la mort de
don Ceria en 1957, j'ai donné, le 10 juillet 1959, le pot lui-même à l'oratoire de
Turin, au P. Fedele Giraudi, économe général de la congrégation.
Mais, au fait, le prêtre, qui avait demandé de le conserver en souvenir de lui,
était-il bien notre don Bosco, comme les Memorie biografiche XIV (Turin, 1933)
et, à leur suite, la tradition salésienne l'atteste formellement?
Le récit des Memorie biografiche (1933)
Pour en avoir le coeur net, il convient d'abord de relire dans son intégralité
ce récit des Memorie.
«Il 14 ottobre 1878 Don Bosco era certamente a Torino. Quel giorno nella
casa della signora Adèle Clément a Saint Rambert d'Albon, dipartimento della
Drôme, entrò un prete sconosciuto, che parlava francese né volle mai dire il
proprio nome, ma alle reiterate insistenze rispose: — Di qui ad alcuni anni il mio
nome sarà stampato nei libri e quei libri vi capiteranno tra mano. Allora saprete
chi sono io. —
«L'aveva condotto in casa il marito della signora, negoziante di olio e
carbone. Se ne tornava egli da Chañas, paesello distante mezzo chilometro da
Saint-Rambert, dove aveva carrettaio un carico della sua merce, quando di botto
vide un prete, che camminava a grande stento. Avutone compas-

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La bilocation de Saint-Rambert d'Albon a-t-elle été autentique?
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sione, gli si avvicinò e gli disse: — Signor curato, lei mi ha l'aria di essere molto
stanco. — Oh, sì, brav'uomo, gli rispose il prete; ho fatto un lungo viaggio. —
Signor curato, io le offrirei ben volentieri di accomodarsi qui sopra, se il veicolo
non fosse com'è; ma su d'una carretta simile non oso. — Oh, voi mi fate un gran
piacere. Io accetto: non ne posso proprio più.
«Ciò detto, aiutato da colui, montò. Dimostrava un'età fra i trenta e i quaran-
t'anni, e aveva una bella presenza. Una particolarità, alla quale lì per lì quell'uomo
non aveva badato, ma di cui si rese ben conto in seguito, si fu che, quantunque il
prete seduto sul fondo della carretta spingesse in alto dalle bande con tutta la testa
e col suo bravo tricorno, pure nessuno, anche passando vicino, aveva fatto segno
di accorgersene.
«Giunti alla casa, il signor Clément gli diede la mano e l'aiutò a discendere;
poi corse dalla moglie per avvertirla che aveva condotto un prete stanchissimo e
bisognoso di ristoro. La signora, donna caritatevole e pia, andò subito a offrirgli
di pranzare con loro. Egli accettò e durante la refezione ascoltò amorevolmente il
racconto delle sue disgrazie, la più dolorosa delle quali era quella di un figlio
diventatole per un malore improvviso cieco, sordo e muto. La poverina non sape-
va darsi pace; aveva pregato tutti i Santi, ma nulla veniva a lenire la sua pena. Il
prete le disse: — Pregate, buona signora, e sarete esaudita. — Vuol dire, signor
curato?... Vada a vederlo!
«Il marito durante il pasto gli versava da bere. Sulla tavola accanto alla bot-
tiglia del vino c'era un boccale di cotto, come si costumava allora, per l'acqua,
bianco e cerchiato d'argento. Il prete disse: — Conservate questo boccale per mio
ricordo. — Ciò fecero, come attesta la figlia allora piccina, la quale soggiunse:
"Mio padre, l'anno prima di morire, mi disse: — Questo boccale non deve restare
nelle mani de' tuoi fratelli. Io lo darò a te e tu lo serberai. È una reliquia di quel
santo prete".
«Verso la fine del desinare il signor Clément uscì per abbeverar i cavalli,
dovendo tosto ripartire. In quel mentre il prete si alzò da sedere e disse alla pa-
drona: — Buona signora, una voce mi chiama, e bisogna che io parta. — Aspetti,
signor curato, gli rispose la donna. Il mio marito ritorna subito e la condurrà in
vettura a vedere il mio figlio. — Una voce mi chiama, ripetè egli, e bisogna che
io parta.
«E partì.
«La signora si precipitò dal marito, attaccarono in fretta e gli volarono die-
tro, sicuri di raggiungerlo presto; ma più non lo videro e credettero che fosse
andato fuor di strada. Qual non fu invece il loro stupore, quando, arrivati dalla
balia del piccolo, questa disse loro che era venuto un prete e aveva guarito il fi-
glio! La balia abitava a Coinaud, villaggio distante tre chilometri da Saint-
Rambert, e dai calcoli fatti risultò che il momento in cui il

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Francis Desramaut
prete era entrato là coincideva con quello in cui era uscito da casa Clément.
« Quella brava gente almanaccava da sette anni per indovinare chi fosse
l'essere misterioso, quando una delle persone che avevano visto il prete a guarire
il bimbo e ne ricordava bene la fisionomia, si recò dai coniugi Clément con un
libro che parlava di Don Bosco e ne portava il ritratto: — Ecco, disse, il prete che
vi ha guarito il figlio! — Nessun dubbio, era desso, lo riconobbero all'istante
entrambi.
«Il 10 aprile 1888 la signora, guarita prodigiosamente da un'infermità per
intercessione, com'ella credette, di Don Bosco, spedì una relazione del fatto a
Don Rua; ma che sorte abbia avuto la sua lettera, noi non lo sappiamo. E non lo
dovette sapere nemmeno la donna, perché tornò a scrivergli il 13 aprile 1891,
stimolata quasi da rimorso come se non facesse abbastanza per render noto il
portento al successore di Don Bosco. Gli diceva fra l'altro: "Vivono ancora
testimoni, che si possono interrogare: parecchi sono in grado di darle
informazioni. Non ne chiegga però al curato di SaintRambert, perché alla santità
di Don Bosco egli non crede. Io fo tutto per aiutare l'opera di Don Bosco, ma egli
ha raccomandato di non introdurre qui opere straordinarie, e dice che son tutte
chimere, e che di buone opere ne abbiamo già abbastanza in Francia... Se io
dovessi raccontar tutte le noie avute da questo prete di Saint-Rambert e i segni
della miracolosa protezione accordatami da Dio e da Maria Ausiliatrice per
intercessione di Don Bosco, dovrei scrivere un volume. Incarichi Lei un buon
sacerdote che esamini il fatto e interroghi i testimoni, sia, per esempio, il parroco
di Breuil in quel di Bois-d'Oingt presso Lione o il parroco di Diemaze presso
Vienne"».3
Les sources de don Cerìa (1891 et 1932)
On le voit, le récit de don Ceria est très circonstancié. Il dépend tout entier de
deux lettres françaises, que notre compilateur a démarquées avec soin selon la
méthode habituelle des auteurs des Memorie: une lettre -d'Adèle Clément, datée
du 13 avril 1891 et éditée dans les Documenti per scrivere la storia di D.
Giovanni Bosco...A\\ et une lettre de Flora Clément, épouse Durand et fille d'Adèle,
datée du 18 avril 1932, dont l'original a été conservé.5
Il faut d'abord relever une erreur d'interprétation de don Ceria, qui induirait
à penser que des informations complémentaires pourraient bien ve-
3 MB XIV 681/7 à 683/35.
4 T. XLIII, p. 335-336.
5 ACS 175; voir Fondo Don Bosco, 2009 A11 à B5.

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La bilocation de Saint-Rambert d'Albon a-t-elle été autentique?
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nir au jour. Le 13 avril 1891, Adèle Clément décrivait pour la première fois au
successeur de don Bosco à Turin l'événement qu'elle jugeait merveilleux. Il n'est
pas exact d'avancer, comme le fit le biographe dans le récit recopié ci-dessus,6
qu'il avait été narré précédemment dans une correspondance du 10 avril 1888. Ce
jour-là, Adèle Clément, pleine de reconnaissance envers don Bosco, qui, jugeait-
elle, venait de la guérir miraculeusement, avait seulement interrogé les salésiens
«au nom du ciel» sur la présence de don Bosco en France le 14 octobre 1878,
quand elle avait reçu la visite du prêtre. Quant à l'événement lui-même, elle en
avait gardé le «secret», comme on le lira à la première ligne de son texte de 1891.
La lettre de 1888, que don Ceria fit vainement rechercher dans les archives salé-
siennes, ne nous apporterait donc rien de particulier sur le fait lui-même, si elle
devait être retrouvée un jour.
Adèle Clément écrivait:7
«Mon très Révérend Père Don Rua.
«Je ne puis garder plus longtemps le secret dont je vous avais déjà parlé en
1888 le 10 Avril, jour où je fus guérie miraculeusement par l'intercession de notre
bon Père Don Bosco, qui était déjà bienheureux dans l'éternité et qui m'avait déjà
rendu de grand service pendant son vivant.
«Vous devez vous souvenir qu'à pareille époque, je vous écrivis en vous
demandant au Nom du Ciel de vouloir bien me dire si Don Bosco était en France
le 14 Octobre 1878 cet à dire dix ans auparavant. Car il s'était accomplis un grand
miracle chez moi, par un prêtre inconnu, et qui n'avait jamais voulu nous dire son
nom, mais qui nous avait promis que d'ici à quelques années son nom serait sur
les livres et que les livres nous parviendraient; alors nous saurions qui il serait en
effet. Ce n'est que sept années après que par vouloir de Dieu qu'une personne vint
chez moi me dire qu'elle m'apportait les livres du saint Prêtre qui avait guérit mon
enfant.
«Cette personne avait vu le Prêtre qui avait guéri mon enfant qui était en
nourrice dans un petit Village nommé Coinaud et elle lui a même parlée et l'a très
bien reconnu sur sa photographie. Chose surnaturelle c'est que le Prêtre qui avait
dînée avec moi et mon mari chez nous à St Rambert pouvait avoir de 30 à 34 ans
et peut-être une demie heure après il était au berceau de mon enfant et avait l'âge
directe du Bon Père Dom Bosco. Les témoins sont encore vivants et l'on peut les
questionner. Ils y en a plusieurs
6 MB XIV 683/14-18.
7 Nous recopions la version des Documenti avec ses fantaisies orthographiques, qu'il ne
faut pas attribuer trop facilement au typographe italien: voyez à la suite la lettre de la fille...

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Francis Desramaiit
qui pourront vous renseigner à ce sujet. Mais je vous en prie ne vous adressez pas
à M. le Curé de St Rambert car il ne croit pas du tout à la Sainteté de Don Bosco.
Je fais mon possible pour pouvoir faire agrandir l'oeuvre, mais lui a recomman-
dée qu'il ne fallait pas se mettre à toutes ces sortes d'Oeuvres étrangères que
s'était chimères, que nous avions assez de bonnes oeuvres en France. On peut
vous fournir des témoins à ce sujet.
«Mon très Révérend Père Don Rua, s'il fallait queje vous raconte les misères
que j'ai eut au sujet du Prêtre de St Rambert et les protections toutes miraculeuses
que j'ai eut de Dieu et de Notre Dame Auxiliatrice par l'intercession de Don Bos-
co ce serait tout un volume, pour expliquer tout ce que l'on sait à ce sujet de Dom
Bosco. Vouliez vous {comprendre: Voudriezvous) bien nommer un prêtre brave
titulaire de la chose en question {comprendre: un prêtre enquêteur officiel sur
l'affaire) afin de pouvoir faire parler les témoins. Je vous citerai par exemple M.
le Curé de Breuil {comprendre: du Breuil; Le Breuil est en effet une localité pro-
che du Bois d'Oingt, dans le Rhône) dans le Boidoingt {comprendre: Le Bois
d'Oingt), près Lyon; M. le Curé de Diemaze {comprendre: Diémoz, localité si-
tuée entre Heyrieux et Saint-Jean de Bournay) près de Vienne. Alors je crois que
là on pourrait aller à la bonne source. Je vous donne un abrégé de ce queje sais et
j'aurai {comprendre: j'aurais) cru manquer à mon devoir si je ne l'avais pas fait. A
vous donc de faire le reste.
«Je vous envois ci-joint un mandat Poste de quinze francs: cinq francs qui
sont donnés par Mme Veuve Fleury de Chateauneuf de Casalaure {comprendre
probablement: Chateauneuf de Galaure, petite ville de la Drôme), qu'elle offre
pour ses parents défunts, pour l'église de Notre-Dame à Rome, et dix francs que
j'offre pour vos orphelins, pour une grâce obtenue...
«St Rambert d'Albon (Drôme), le 13 avril 1891
Adèle Clément».8
Retenons le couplet symptomatique sur le curé de Saint-Rambert, à qui il
était vivement conseillé de préférer les curés compréhensifs du Breuil et de Dié-
moz. A lire une note ajoutée à l'édition des Documenti, il semblerait qu'à Turin
l'un ou l'autre ait penché de son côté. Don Ceria trouvait là en effet cet avertisse-
ment entre parenthèses: «Scriviamo questa lettera per esaminare a suo tempo se
sia conforme a verità».9 Il l'invitait à mener une
8 Documenti XLIII 335-336. On y lit entre parenthèses à la suite de la signature: «Era
negoziante di Houilles et cokes», probablement d'après l'en-tête imprimé de la lettre.
9 Documenti XLIII 336.

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La bilocation de Saint-Rambert d'Albon a-t-elle été autentique?
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enquête, précaution extrêmement rare demandée au futur historiographe par le
compilateur des Documenti.
Don Ceria buta sur le fait en 1931, quand il préparait le tome XIII des
Memorie biografiche, tout entier consacré à l'année 1878 dans la vie de don
Bosco. Il renonça à l'y faire figurer et entama des recherches en France. Il y
intéressa au moins le salésien Frédéric Rivière (1875-1934), résidant alors à
Marseille. Le P. Rivière questionna certainement M.G. Brun, directeur de l'école
libre de garçons de St Rambert, qui lui répondit par lettre le 14 mars 193210 et le
curé de la paroisse de Saint-Rambert, lequel transmit à la famille Durand de Lyon
une lettre de ce père datée du 4 novembre 1931. La réponse utile arriva de ce côté
au bout de cinq mois, avec une très longue lettre de la fille aînée d'Adèle
Clément, Marie-Flora (E. Durand, 136, avenue de Saxe, Lyon), lettre datée du 18
avril 1932.u Cette lettre, qui allait décider de l'entrée de la bilocation de 1878
dans l'histoire salésienne officielle, disait:
«Lyon, le 18 avril 1932
«Monsieur l'Abbé.
«Monsieur le Curé de St Rambert d'Albon nous a fait parvenir votre lettre
du 4 Novembre 1931. Vous nous excuserez, si nous avons mis beaucoup de
temps pour vous répondre.
«D'abord nous voulions avoir des précisions près des personnes du Hameau
de Coinaud, nous n'avons pu en obtenir, toutes ces Personnes sont disparues.
Mais, Monsieur le Curé, je suis la fille Aînée de Madame Clément, je pourrais
donc vous redire ce que j'ai entendu dire par maman et notre Papa. Nous avons
entendu répéter ce miracle du B. Don Bosco toute notre jeunesse, c'est-à-dire de
la vie de Maman (qui est décédée en 1914), (manque ici: pas un) jour ne se
passait sans qu'une prière soit adressée à ce St Prêtre, et le jour que votre lettre
m'a été transmise, j'ai passé une triste et heureuse journée, triste journée car nos
Parents n'existant plus cela me rappelait beaucoup de ces beaux souvenirs. Si
mon Pauvre Père était encore là, il vous aurait lui-même raconté ce miracle, mais
depuis 1925, nous l'avons perdu.
«Maintenant, mon frère, que R.P. Don Bosco avait guérit, il est mort en
1928, d'une tumeur dans la tête. Et nous avons toujours dit que Don
10 Cette lettre est conservée en ACS 175.
11 Il me semble en effet certain que le «M. l'Abbé», à qui s'adressait Mme Durand,
désignait le P. Rivière, dont les archives salésiennes conservent la lettre d'accompagnement de la
réponse du directeur d'école de St-Rambert. Il ne s'agit toutefois que d'une hypothèse.

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Francis Desramaut
Bosco veillait sur Lui, car dans ces derniers jours de maladie il n'a pas trop souf-
fert et il est partit heureux.
«Le Docteur nous avait dit qu'il fallait s'attendre à une mort terrible, ménin-
gite et beaucoup de souffrances, et lorsqu'il est venu constater le décès il dit à
mon Mari M. Durand s'est homme est mort heureux, donc nous avons attribué cet
apaisement de souffrance au R.P. D. Bosco.
«Je vois sur votre lettre Monsieur le Curé que Maman avait écrit à son St
Prêtre le 14 octobre 1875 {sic). Voilà comme nous avons toujours entendu parler
de ce miracle.
«Papa revenait de mener un tombereau de Charbon à un petit village tout
prêt de chez nous (Chañas). Il se trouve à 500 mètres de chez Nous, il voit tout
d'un coup un Prêtre qui marchait bien péniblement. Papa s'approche et lui dit Mr
le Curé, vous avez l'air bien fatigué. Celui-ci lui répond: ah oui, mon brave, je
viens de faire un grand voyage! Papa lui dit: Mr le Curé, je vous offrirais bien à
monter, si j'avais une autre voiture, mais dans ce tombereau je n'ose. Et le Prêtre
lui répond: Vous me faites trop plaisir j'accepte, je n'en peux plus. Cela dit, Papa
aide à faire monter. Il avait une trentaine d'années et bel homme. Papa disait. Je
n'y comprends toujours rien, sa tête dépassait bien du véhicule et Personne ne l'a
vu, même pas les Voisins.
«En arrivant à la maison, Papa l'a aidé à descendre, il va prévenir la Maman
qu'il a amenés un Prêtre, qui a vraiment l'air fatigué. Maman, très bonne et très
pieuse, va vite au devant de ce Prêtre et lui offre à déjeuner. Il accepte, et au
cours du repas, la Maman lui raconte ses misères, qu'elle avait un enfant sourd-
muet et aveugle d'un accident et qu'ils étaient désolés, qu'elle priait tous les
Saints et que point n'améliorait ses souffrances. Et il lui répond. Priez ma bonne
et vous serez exaucé, et elle lui ajoute, vous devriez, Monsieur le Curé, aller le
voir. Pendant le repas, Papa versait à boire du vin, et sur table il y avait un pot à
eau blanc cerclé d'argent (en terre d'autre fois). Ce Prêtre ne faisait que le pren-
dre, et il dit à mes Parents. Gardez ce pot à eau en souvenir de Moi, c'est ce qu'ils
ont fait, et Papa, l'an avant de mourir, me dit, ce Pot à eau ne peut rester entre les
mains de tes Frères, je vais te le donner et tu le garderas s'est une relique de ce St
Prêtre, et depuis le jour que j'ai su que l'on voulait béatifier ce Prêtre, il me sem-
ble que la vie est moins pénible et que dans ma maison, cela va nous porter bon-
heur et ce pot à eau que ce Don Bosco a touché, je le garderai, comme une pré-
cieuse relique, du reste s'est un précieux devoir.
«Au milieu du repas, Papa avait été faire boire ses Chevaux pour repartir.
Pendant ce temps, ce Prêtre se lève et dit. Ma bonne une essieu (mot incompré-
hensible, correspondant peut-être à «les deux») m'appelle, il faut que je parte.
Attendez, Mr le Curé, mon Mari va monter et vous mènera en

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La bilocation de Saint-Rambert d'Albon a-t-elle été autentique?
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voiture voir mon fils, et il répond. Une voix m'appelle, il faut que je parte. Vite
Maman va trouver le Papa, attelle vite la voiture, nous le rattraperons, ce qui fut
fait desuite. Ils partent tous les Deux, et vite. Ils ne trouvent pas ce Prêtre et ils
disent il s'est trompé de route. Et qu'elle ne fut pas la surprise, en arrivant chez la
Nourrice, que celle-ci leur dit qu'un Prêtre était venu, et qu'il avait guérit leur
enfant. Chez la Nourrice s'était à 3 kilomètres de St R. et il y était la même heure
qu'il était sorti de la maison.
«Ceci Monsieur le Curé, j'en ai parlé dans notre famille, et Tous se rappel-
lent ce miracle. J'ai un Cousin qui a une soixantaine d'années il se rappelle que
son Père l'avait mené voir mon frère guérit.
«Monsieur le Curé, je vous parle tel que j'ai entendu raconter par les Pa-
rents.
«Maman avait reçue ses Bulletins du R.P. Don Bosco par une Amie de Coi-
naud, qui lui avait dit tenez voilà le nom de ce S. Prêtre qui a guérit votre fils, et
depuis Maman recevait toujours ses bulletins.
«En 1914 que Maman est décédée, on les recevaient toujours et Papa avait
même écrit de ne plus les envoyer. On avait continués à les envoyer à mon nom
Mlle Flora Clément, puis je me suis mariée à Lyon. Papa les a reçus encore quel-
ques années, puis j'en ai plus entendu parler. Est-ce mon frère le plus jeune qui
les recevaient, je ne le sais.
«En tout cas, Monsieur le Curé, je puis vous dire que cela a été, tel que je
vous l'écrit. Pour mes Parents ce St Prêtre était Don Bosco, puisqu'ils l'ont recon-
nu sur les bulletins, donc II peut être mis au rang des Heureux {lecture probable).
«Je suis heureuse d'avoir le Souvenir de Don Bosco, il me semble que ma
Vie sera allégée en pensant que mes Parents ont eu un Saint à leur côté, et que
dans ma maison elle sera bénie, puisque ce qu'il a voulu qu'on garde en souvenir
de Lui est sous notre toit.
«Recevez, Monsieur le Curé
Notre dévouée reconnaissance
Mad. Durand
«P.S. Monsieur le Curé, il doit toujours exister les Bulletins de Don Bosco.
Si oui, envoyer nous les tous les mois. Je crois que Maman les recevait toutes les
fins de mois. Cela me ferait plaisir de les lire.
«Voici notre adresse: M. Durand, 136, avenue de Saxe, Lyon».12
12 Original, ACS 175; voir Fondo Don Bosco 2009 Ail à B5. Je note ici que le mélange
de «Monsieur le Curé» et de «Monsieur l'Abbé» à l'adresse d'un correspondant sans responsa-
bilités paroissiales est habituel parmi les gens du peuple. Il s'agissait toujours, je crois, du
même P. Rivière.

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Francis Desramaut
La construction du récit dans les Memorie biografiche
N'ayant pu faire figurer le récit de cette étrange bilocation à sa place nor-
male, en MB XIII, sur l'année 1878, don Ceria le prépara pour la finale du vo-
lume suivant, publié en 1933 sur les années 1879 et 1880 de la vie de don Bosco.
Les deux documents que nous venons de reproduire, et eux seuls, lui servi-
rent à composer cette histoire. Il l'encadra d'une introduction sur les sources dont
il disposait13 et d'un épilogue sur le sort des témoins de la famille Clément.14 La
véritable portée de cette documentation ne lui a pas posé de problème. En bon
«substantialiste»,15 il en a recueilli tous les détails par l'amalgame de leurs conte-
nus. Il a d'abord adapté un fragment de la lettre de 1891, qui synthétisait la scène
et en disait le sens.16 Puis, pour la rencontre sur la route de Chañas, le repas chez
les Clément, le pot du souvenir, la visite à Coinaud près de l'enfant malade, la
guérison de celui-ci et la disparition définitive du prêtre, il a repris le corps de la
lettre de 1932.17 Enfin, il est revenu à la lettre d'Adèle Clément en 1891 pour
l'identification du prêtre «sept ans après» et pour une liste des témoins du pro-
dige.18 Comme le plus souvent dans les Memorie biografiche, l'adaptation des
sources a été scrupuleuse, les erreurs d'interprétation très rares. Toutefois, Marie-
Flora Clément n'étant pas encore née en 1878 — elle mourut à quarante-neuf ans
en 1933 —, elle ne peut être dite «allora piccina»19 le jour de la rencontre. En
outre, la description du prêtre, sur laquelle nous allons bientôt revenir, diffère
quelque peu de l'original. La phrase de Marie-Flora: «Il avait une trentaine d'an-
nées et bel homme», est devenue dans les Memorie: «Dimostrava un'età fra i
trenta e i quarantanni e aveva una bella presenza».20 Or, en français, «avoir la
trentaine» signifie être âgé d'environ trente ans; «de trente à trente-quatre ans»,
avait écrit madame Clément en 1891. Les chiffres en trente («de trente à qua-
rante») n'entrent pas en considération. Mais les conversations sur la route et à
table ont été reproduites mot à mot et dans les termes des lettres de la mère et de
la fille.
Cette fidélité naïve de don Ceria à ses sources d'information ne suffit
13 MB XIV 680/20 à 681/6.
14 MB XIV 684/1-9, avec la note 1 sur la mort de Flora Durand le 23 janvier 1933.
15 Terminologie de Gaston Bachelard, dans La formation de l'esprit scientifique, Vrin,
1938.
16 MB XIV 681/7-13.
17 MB XIV 681/14 à 683/5.
18 MB XIV 683/6-35.
19 MB XIV 682/18.
20 MB XIV 681/28-29.

2 Pages 11-20

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2.1 Page 11

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La bilocation de Saint-Rambert d'Albori a-t-elle été autentique?
211
cependant pas à garantir pour nous la vérité de la bilocation de don Bosco en ce
mois d'octobre 1878.
Les faits de Saint-Rambert et leur lecture
Il convient en effet de distinguer dans les récits des deux témoins de Saint-
Rambert, l'un — Adèle Clément — direct, l'autre — Flora Durand, née Clément
— indirect, les faits relatés et leur lecture interprétative, auxquels don Ceria a
prêté foi indistinctement.
Il n'y a pas de raison suffisante pour douter de l'authenticité de la trame des
faits rapportés, à savoir: la rencontre d'un prêtre sur la route de Chañas à Saint-
Rambert le 14 octobre 1878, le repas à Saint-Rambert, l'évocation de l'enfant
malade pendant la conversation à table, la visite consécutive du prêtre à l'enfant
en nourrice à Coinaud, sa «guérison» et, vers 1885 (sept ans après), la «recon-
naissance» du prêtre sur une illustration d'origine salésienne par une personne
présente à Coinaud d'abord, par les époux Clément ensuite. Guérison mise à part,
des faits de même genre étaient alors incessants sur les routes de campagne fran-
çaise. Les prêtres cheminaient à pied, les gens pourvus de voiture leur épar-
gnaient volontiers quelque peine, ces prêtres trouvaient partout table ouverte et,
comme Adèle Clément, les femmes ne manquaient pas de leur conter leurs «mi-
sères», c'est-à-dire, le plus souvent, les maladies de leurs proches et l'évolution
plus ou moins régulière de leurs enfants. J'ai appris par ailleurs, en 1954, que
l'enfant du miracle, dénommé Louis, avait six mois lors de sa «guérison» en oc-
tobre 1878.
A l'inverse, la lecture des faits par les témoins de la famille pose de gros
problèmes. Elle tend à échapper au rationnel et à la normalité. Le prêtre a quelque
chose de merveilleux. Il participe de l'invisible, apparaît et disparaît en un clin
d'oeil; et surtout il guérit. Il n'est pas vu par les passants sur la route de Chañas, il
quitte une maison pour entrer presque aussitôt dans une autre trois kilomètres
plus loin, un bébé guérit après son passage. Fidèle à ce schéma d'interprétation,
une autre fille d'Adèle Clément, Madeleine, me soutint, en 1954, que le prêtre
n'avait pas mangé à table en 1878: il était devenu un peu plus immatériel.
Cette lecture nous amène à réfléchir sur les lecteurs principaux, auxquels,
par sa présentation des faits, le biographe salésien nous invite à nous soumettre
les yeux fermés. Flora Durand semble avoir hérité de divers traits du caractère de
sa mère Adèle. L'une et l'autre étaient probablement «très pieuses», mais certai-
nement portées au mysticisme. Aux déterminations naturelles, de tels esprits
préfèrent automatiquement les explications extraña-

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212
Francis Desramaut
turelles, qu'ils disent «surnaturelles». Ont-ils toujours raison? Il faut savoir qu'au-
tour de la famille Clément et dans son sein (les garçons), des gens, parfois respec-
tables, jugeaient Adèle et Flora, personnes et témoignages, sans aménité et même
avec sévérité.
En 1954, des témoins liés à la famille Clément me disaient que le bébé du
miracle, donné comme sourd-muet et aveugle, n'avait que des convulsions,
consécutives à un accident. La voiture du bébé avait été placée dans le tombereau
familial, sur un petit pont, à Coinaud. On avait oublié de «barrer» le chariot, il
bascule et l'enfant tombe sur les cailloux... Flora Clément passait pour «folle»,
m'a-t-on prétendu en 1954 en alléguant de son testament.21 L'adversaire le plus
redouté des interprétations d'Adèle Clément semble bien avoir été son propre
curé, celui de Saint-Rambert d'Albon, dont, dans sa lettre à don Rua, elle récusait
à l'avance tous les témoignages sur les faits merveilleux qu'elle-même attestait.
Ce curé de Saint-Rambert me semble avoir été un authentique Dauphinois, intel-
ligent, homme de raison, méfiant par principe, peut-être anticlérical, de la race de
ceux qui, un siècle plus tôt, avaient préparé la Révolution de 1789. Comment ne
pas l'entendre nous-mêmes dans le débat? Des faits ne peuvent être donnés pour
merveilleux que s'ils sortent de l'ordinaire. Ce caractère doit être démontré dans le
cas du «miracle». Lui disait sans fard à Adèle Clément que ses visions et ses mi-
racles étaient des «chimères». Qu'en penser nous-mêmes?
Vraie ou fausse bilocation de don Bosco à Saint-Rambert?
Il est peu utile de s'attarder ici sur les «prodiges» secondaires de cette his-
toire: invisibilité du prêtre sur la route de Chañas, ses déplacements instantanés,
sa guérison de l'enfant Clément. Seule, son identification avec notre don Bosco
mérite de nous intéresser.
Il est absolument certain que, le 14 octobre 1878, don Bosco résidait à Tu-
rin. La veille, le 13, dimanche et fête de la Maternité de Marie, il avait revêtu de
l'habit ecclésiastique le fils du marquis Burlamacchi de Lucca et trois autres jeu-
nes. Le marquis s'était rendu à Turin pour la cérémonie.22 Il est à croire que don
Bosco avait passé la journée en sa compagnie. S'il était alors parti pour la France,
la chronique de la maison n'aurait pas manqué
21 Je ne sais s'il faut faire état d'une «légende» hostile à la bilocation, telle queje l'ai aussi
recueillie en 1954 dans le camp des adversaires. La maison de Saint-Rambert où le prêtre avait
abouti était en réalité celle de Madame Romanet, mère d'Adèle Clément, qui passait pour femme
de mauvaise vie. «Le prêtre aurait dû savoir qu'il tombait dans un lieu de prostitution», m'a dit
textuellement l'une des personnes que j'interrogeais.
22 Voir MB XIII 818/14-18.

2.3 Page 13

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La bilocation de Saint-Rambert d'Albon a-t-elle été autentique?
213
de le signaler. Le 15 octobre, don Bosco écrivit de Turin deux lettres à Nice, l'une
au directeur don Giuseppe Ronchail, l'autre à un ami de la maison, l'abbé Antoine
Cauvin.23 Il est invraisemblable qu'il se soit échappé le 14. Dès lors, le fait qu'il
ait simultanément circulé à plusieurs centaines de kilomètres de là, de l'autre côté
des Alpes, sur les routes du Dauphine, qu'il ait été embarqué dans le tombereau
d'un marchand de charbon, qu'il ait déjeuné dans une famille de Saint-Rambert
d'Albon et qu'il ait guéri un bébé à Coinaud, sort tout à fait de l'ordinaire. C'est le
moins que l'on puisse dire.
Puisqu'il faut prendre parti, examinons les arguments des uns et des autres,
les arguments positifs et les arguments négatifs.
Le seul argument favorable à l'identité des deux prêtres, celui de Turin et
celui de Saint-Rambert, est la similitude que deux personnes ont cru découvrir
entre eux, sept ans après la rencontre, à partir d'une image de don Bosco. Pendant
leur vie, ces gens ne virent jamais le don Bosco de Turin. L'image ne semble pas
avoir figuré dans un numéro du Bulletin salésien français, c'était plus
probablement une photographie insérée dans les biographies de don Bosco par
Charles d'Espiney. Peu importe d'ailleurs!
A l'inverse, les arguments contraires à la présence de don Bosco à Saint-
Rambert le 14 octobre 1878 sont multiples. J'en vois quatre de plus en plus
graves.
Don Ceria aurait dû s'inquiéter, non seulement de l'information, mais de
l'objectivité de ses témoins. Il écrivait en 1933: «Oggi anche buon numero di quei
particolari ci sono esposti da persona ben informata, cioè dalla figlia maggiore di
detta persona», c'est-à-dire d'Adèle Clément.24 Or, la faiblesse de leur
argumentation sur l'identité du prêtre est le premier des arguments négatifs à
opposer aux partisans de la bilocation. La «reconnaissance» a été le fait de gens,
dont le mysticisme confinait assurément à la mythomanie. Elle était fondée sur le
pressentiment que le prêtre de la guérison n'avait pu être qu'un saint vivant. Et, à
partir de 1883, don Bosco, nouveau Vincent de Paul, comme la presse nationale
se plaisait à le dénommer, était devenu un thaumaturge réputé en France. En
1885, quand il fut présenté en effigie à une femme, qui, en 1878, avait vu le
prêtre du miracle à Coinaud, le rapprochement fut établi; et Adèle Clément
s'empressa de suivre cette femme. Or, rien d'autre, absolument rien d'autre, n'a
illustré l'identification des deux personnages en un seul, celui de Saint-Rambert et
celui de Turin, donnés comme étant notre don Bosco. C'est peu!
23 Voir Epistolario III p. 392-393.
24 MB XIV 680/27-29.

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214
Francis Desraman!
Deuxième argument négatif, la description du prêtre de Saint-Rambert, qui
était jeune et vigoureux, ne correspond pas du tout avec le don Bosco de 1878.
Ce prêtre avait la trentaine, c'était un «bel homme» et il parlait un français ordi-
naire. Quant à don Bosco, il avait soixante-trois ans, ne mesurait qu'un mètre
soixante-deux, portait sur soi les stigmates de sa maladie de Varazze de 1871-
1872 et, quand il s'avisait de parler français, ses formules et son accent surpre-
naient aussitôt ses auditeurs de l'hexagone. Ce n'était pas encore le vieillard cour-
bé et pitoyable de Paris en 1883, mais il ne paraissait assurément pas la trentaine
et ne pouvait être qualifié de «bel homme». Du reste, «bel homme» il ne le fut
jamais. Aurait-on vu à SaintRambert son double embelli et rajeuni par une bilo-
cation miraculeuse?
Nous tombons ainsi sur le troisième argument contraire à ce miracle. En
1878, le prêtre de Saint-Rambert marche, boit et mange. Il s'agit donc d'une per-
sonne réelle, alors que, dans les multi locations avérées, il y a présence d'un côté,
représentation de l'autre.25 La représentation donne lieu à des visions. Si don
Bosco, qui était à Turin, était intervenu à distance, ce n'aurait pu être qu'à travers
une représentation. La vraie présence matérielle à Saint-Rambert exclurait la
vraie présence à Turin. Inversement, la vraie présence à Turin exclut la vraie
présence à Saint-Rambert.
Enfin, l'argument qui aurait dû suffire à décourager dès le principe nos ha-
giographes salésiens et à leur faire refuser l'insertion de cette histoire dans la
biographie de don Bosco, c'était que celui-ci était à Turin le 14 octobre 1878.
Puisqu'il était à Turin, un autre personnage, prêtre selon toute probabilité, mais
prêtre de nationalité française, la trentaine, parlant le français du pays, échoua
vers midi au logis de M. et Mme Clément à Saint-Rambert d'Albon et prit à coeur
leurs affaires domestiques. Le pot blanc cerclé d'argent, que M. et Mme Barnas-
son me remirent en 1954, était un souvenir de lui, nullement de don Bosco. Un
enfant fut guéri lors de son passage. S'il le dut à un prêtre, ce fut à cet «innom-
mé», non pas à don Bosco.
Adèle Clément, son mari Henri, et sa fille Flora avaient des sentiments reli-
gieux respectables, encore qu'on puisse les trouver teints de superstition. Leur
dévotion envers don Bosco nous touche, nous pouvons être sensibles à l'admira-
tion qu'ils éprouvaient à son endroit. Mais, au moment de conclure sur cette bilo-
cation, comment ne pas pencher pour le curé de Saint-Rambert et même lui don-
ner tout à fait raison? Cette prétendue bilocation ne fut qu'une «chimère», née de
cerveaux fertiles en inventions imaginatives pieuses et autres. N'était-ce pas le
sentiment de don Rua, qui, en 1891, évita de
25 Voir A. SOLIGNAC, «Multilocation», Dictionnaire de spiritualité, t. X, 1980. col.
1837-1840.

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La bilocation de Saint-Rambert d'Albon a-t-elle été autentique?
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donner suite à la demande formelle d'enquête présentée par Adèle Clément? «J'ai
fait mon devoir, à vous de faire le vôtre», lui écrivait-elle. Il ne bougea pas. Et il
inspira certainement la mise en garde rarissime dans notre documentation: «Scri-
viamo questa lettera per esaminare a suo tempo se sia conforme a verità», ajoutée
dans les Documenti après l'édition de la lettre d'Adèle Clément.
Le vrai problème est plutôt pour nous aujourd'hui que cette «chimère» se
soit imposée sans contestation à l'historiographie salésienne depuis maintenant
plus d'un demi-siècle; et que, depuis 1933, on ait pu penser qu'en 1878 une fa-
mille de Saint-Rambert d'Albon avait eu, selon les termes mêmes du trop bon
père Ceria en 1953, «la fortuna di vedere D. Bosco in quella maniera così singo-
lare».