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L’APOSTOLATO DEI LAICI TRA OTTO-NOVECENTO
NELLA CHIESA E NEGLI ORIENTAMENTI DIFFUSI
NELLA FAMIGLIA SALESIANA
Giuseppe Biancardi *
Premessa
Lo scopo dell’intervento è duplice: richiamare anzitutto come, tra Otto e
Novecento – più precisamente tra 1880 e 1920 – è concepito e vissuto l’apo-
stolato laicale nella Chiesa, specialmente, ma non esclusivamente, nei paesi eu-
ropei1, per poi mostrare in che modo le indicazioni in merito provenienti dalla
teologia, dal magistero e dalla stessa prassi vengano trasmesse dal vertice alla
«base» della realtà salesiana, filtrandole attraverso la sensibilità tipica del ca-
risma di D. Bosco. Il lavoro, quindi, dovrà necessariamente svolgersi attraverso
due momenti:
Il primo consisterà nell’abbozzare, almeno per sommi capi, il quadro di
fondo dato dalla ecclesiologia sistematica, dalla situazione effettiva della Chiesa
al passaggio dei due secoli, nonché dal tema dell’apostolato dei laici così come
viene pensato e tradotto in pratica all’epoca. Per delineare questo rapido schizzo
sarà sufficiente il riferimento a quanto la storiografia ha già formulato in merito.
Per sviluppare il secondo momento, invece, si tenterà una lettura possibil-
mente critica del Bollettino Salesiano (BS), sempre tra 1880 e 1920, e dei Con-
gressi Internazionali dei Cooperatori Salesiani.
La scelta del BS pare d’obbligo. È il periodico che, per esplicito volere di
D. Bosco, traduce la mens dei Superiori maggiori della Congregazione in inter-
venti che raggiungono direttamente, il più delle volte senza alcuna mediazione, i
laici impegnati nell’orbita salesiana generalmente come Cooperatori. Nelle sue
pagine, dunque, possiamo verosimilmente cogliere, in termini immediati, il «che
cosa» i vertici della Congregazione intendono per «apostolato dei laici».
* Salesiano, docente presso la Pontificia Università Salesiana di Roma.
1 La limitazione ai paesi europei, in particolare quelli compresi nell’area centro occiden-
tale, ha giustificazioni di ordine pratico facilmente intuibili. Non mancano però ragioni di or-
dine più sostanziale. Come osserva giustamente Verucci: «Sono […] quei paesi europei che al-
meno fino a epoca molto recente hanno dato storicamente il maggiore contributo al costituirsi
della fisionomia teologica, dogmatica, morale, culturale, politica del cattolicesimo e della
Chiesa». G. VERUCCI, La Chiesa nella società contemporanea. Dal primo dopoguerra al Con-
cilio Vaticano II, Roma – Bari, Laterza 1988, p. X.

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164 Giuseppe Biancardi
Potrebbe suscitare un problema il fatto che qui si sfoglierà il BS solo nella
sua edizione italiana. Gioverà allora richiamare il pensiero di D. Bosco su questo
strumento di comunicazione per lui privilegiato2. Il 17 settembre 1885, in una
riunione del Capitolo Superiore, sosteneva fortemente che
«il Bollettino non dev’essere un foglio particolare per ciascuna regione,
come Francia, Spagna, Italia ecc., ma dev’essere l’organo generale di tutte
queste regioni, cioè dell’Opera salesiana non in particolare, ma in generale.
Le notizie siano raccolte in modo che tutte le regioni diverse vi abbiano in-
teresse e che tutte le edizioni in varie lingue siano identiche. Per questo fine
in tutte le varie lingue siano stampati nella casa madre, perché così si darà
l’indirizzo uguale a tutti. È un’arma potentissima che non deve sfuggir dalle
mani del Rettor Maggiore»3.
E questo, nonostante il parere discorde di altri Superiori e quando lo stesso
D. Bosco aveva già dato avvio, fin dall’aprile del 1879, all’edizione francese.
Nell’ottobre del 1886 si porrà mano a quella spagnola, ma intanto, nel corso del
IV Capitolo Generale celebrato in quello stesso anno, si era ribadito che il Bol-
lettino fosse «redatto e stampato sotto l’immediata sorveglianza del Capitolo Su-
periore» che ne avrebbe curato la traduzione nelle diverse lingue, lasciando li-
bere le ultime pagine di ogni numero per la pubblicazione di notizie inerenti alle
diverse realtà nazionali4.
Ciò permette di superare, almeno per gli anni che qui ci interessano, la dif-
ficoltà evidenziata, dal momento che si può parlare di una sostanziale uniformità
di vedute e di impostazioni nelle varie edizioni del periodico.
Del resto, è possibile correggere la eventuale prospettiva parziale del BS
italiano grazie all’altra nostra fonte: i Congressi Internazionali dei Cooperatori
Salesiani celebrati, nell’ordine: il I° a Bologna (23-25 aprile 1895), il II°
a Buenos Aires (19-21 novembre 1900), il III° a Torino (14-17 maggio 1903),
il IV° a Lima (in tre sessioni: 25 marzo, 3 maggio e 24 maggio 1906)5, il V° a
Milano (5-6 giugno 1906), il VI° a Santiago del Cile (21-23 novembre 1909),
il VII° a San Paolo del Brasile (28-30 ottobre 1915), l’VIII° ancora a Torino
(20-23 maggio 1920).
2 Per la storia del BS si veda la recente sintesi di P. BRAIDO, Don Bosco prete dei gio-
vani nel secolo delle libertà, 2 voll., Roma, LAS 2002; qui vol. 2, pp. 180-190. Ulteriori indi-
cazioni in V. ORLANDO (ed.), Il Bollettino Salesiano. Progetto di rinnovamento e rilancio,
Roma, Editrice S.D.B. 1998, come pure nel n. 17/1977 del periodico, tutto dedicato a cele-
brarne il centenario.
3 MB XVII, p. 668.
4 MB XVIII, p. 186.
5 A quanto pare, si tratta di un convegno di fatto soltanto nazionale che raccoglie i Coo-
peratori del Perù, ma è da ricordare perché viene conteggiato nella numerazione dei Congressi
Internazionali. Cf Il Congresso Salesiano di Lima, in BS 30 (1906) 6, 166-168 e quanto si dice,
circa l’elenco dei Congressi, a p. 161 dello stesso n. del BS. Altre informazioni sull’incontro di
Lima in BS 30 (1906) 8, 228 e 10, 298-299.

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L’apostolato dei laici nella chiesa tra Otto-Novecento … 165
Di questi convegni il BS stesso offre generalmente ampie relazioni, ripor-
tando in particolare le deliberazioni approvate e dimostrando in tal modo la pro-
pria apertura internazionale. Scorreremo dunque, doverosamente, anche que-
st’altra fonte, sotto la guida del BS6. Di per sé, quasi tutti questi Congressi
hanno gli atti pubblicati in volume7, ma noi, non avendo potuto utilizzare tutti
questi testi, citeremo i documenti prodotti riferendoci, secondo le necessità, o al
BS o agli atti ufficiali reperiti8. E diciamo subito che nelle deliberazioni di tali
Congressi troveremo numerose determinazioni concrete su problemi che, a
volte, nel BS trovano solo enunciazioni di ordine generale.
Poste queste premesse passiamo subito a richiamare la visione che la
Chiesa ha di se stessa e della propria missione nei decenni che seguono il Con-
cilio Vaticano I.
1. L’ecclesiologia sistematica dopo il Vaticano I
Nel tratteggiare i lineamenti della Chiesa di un certo periodo e l’azione
svolta nella storia dalle sue varie componenti, non possiamo prescindere dalla
concezione riflessa che essa ha di sé. Per riprendere il linguaggio utilizzato da
Rahner nelle sue riflessioni di teologia pastorale9, non si può descrivere compiu-
tamente la Chiesa «esistenziale», cioè la Chiesa che «diviene» concretamente
nella storia, senza riferirsi alla Chiesa «essenziale» delineata dalla teologia siste-
6 Ci limitiamo ai riferimenti bibliografici essenziali. Congresso di Bologna: BS 19
(1895) 1, 8-10; 2, 30-35; 3, 57-59; 4, 86-93; 5, 113-137; 7, 169-171; 8, 200-202; 9, 226-228;
10, 262; Buenos Aires: BS 25 (1901) 2, 37-40; Torino: BS 27 (1903) 3, 66-70; 4, 98-101; 5,
125-130, 132-135; 6, 160-178; 8, 231-234; Milano: BS 30 (1906) 6, 161-163; 7, 199-207; 9,
268-271; 10, 292-298; 11, 327-332; 12, 360-364; e ancora: BS 31 (1907) 1, 9-11; 2, 38-41; 4,
104-105; Santiago: 34 (1910) 2, 36-38; 3, 71-73; 4, 105-106; San Paolo del Brasile: BS 40
(1916) 2, 39-42; 4, 102; Torino: BS 44 (1920) 2, 29-31; 3, 57-58; 4, 85-88; 5, 113-120; 6/7,
141-152; 8, 193-195; 9, 221-224; 11, 277-280.
7 Atti del primo Congresso Internazionale dei Cooperatori Salesiani tenutosi in Bologna
ai 23, 24 e 25 aprile 1895, Torino, Tipografia Salesiana 1895; Actas del segundo Congreso de
Cooperadores Salesianos celebrado en Buenos Aires los dias 19-20-21 noviembre de 1900,
Buenos Aires, Escuela Tipografica Salesiana […] 1902; Atti del III Congresso Internazionale
dei Cooperatori Salesiani con appendice sulla incoronazione di Maria Ausiliatrice per cura
del Sac. Felice G. Cane. Torino XIV-XVII Maggio MCMIII, Torino, Tipografia Salesiana 1903;
Actas del VI Congreso de los Cooperadores Salesianos celebrado en Santiago de Chile los
dias 21, 22 y 23 de Noviembre de 1909, Santiago de Chile, Escuela-Talleres de la «Gratitud
Nacional» 1910. Gli atti del Congresso di Milano, non pubblicati in volume (come informa il
BS 30 [1906] 8, 228, nel trafiletto Gli Atti del Congresso di Milano), occupano molte pp. del
BS del 1906.
8 Utilizzeremo l’abbreviazione Atti I per il Congresso di Bologna, Actas II per Beunos
Aires, Atti III per Torino, Actas VI per Santiago. Per gli altri Congressi ci atterremo al BS.
9 Cf M. MIDALI, Teologia pratica, vol. 1: Cammino storico di una riflessione fondante e
scientifica, Roma, LAS 20003, pp. 173-200.

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166 Giuseppe Biancardi
matica, perché il «farsi» storico della comunità credente dipende in larga misura
anche dalla sua autocomprensione.
Dobbiamo allora chiederci anzitutto come la Chiesa vede se stessa negli
anni che qui ci interessano10.
Punto di partenza obbligato per una risposta è il Vaticano I, la cui ecclesio-
logia copre abbondantemente tutto il periodo che andiamo studiando. Ora – come
insegnano i cultori di ecclesiologia – nel Vaticano I confluiscono varie correnti ec-
clesiologiche11: la tradizionalista12, l’antiprotestante e l’ultramontana13, ma pure
una linea innovativa – presente ad esempio nella Scuola di Tubinga e nella Scuo-
la Romana – che evidenzia gli aspetti misterici e sacramentali della Chiesa. Il
Concilio, però, lascia cadere queste ultime suggestioni innovatrici e, riprendendo
invece le posizioni più tradizionali, lascia ai decenni seguenti una visione di Chie-
sa che, ripresa dalla Neoscolastica, possiamo riassumere nei seguenti tratti.
La Chiesa è in pienezza il Regno di Dio14. Dunque è società perfetta, cen-
trata sul principio di autorità. Ne deriva una ecclesiologia «orizzontale» che
mette in primo piano non il mistero e la dimensione sacramentale della Chiesa
stessa ma la sua organizzazione istituzionale.
10 Sull’argomento sono classici gli studi di Y. M. J. CONGAR, L’ecclésiologie, de la Révo-
lution française au Concile du Vatican, sous le signe de l’affirmation de l’autorité, in L’ecclé-
siologie au XIXe siècle, Paris, Cerf 1960, pp. 77-114; ID., L’Église. De saint Augustin à l’é-
poque moderne, Paris, Cerf 1970, pp. 413-472. Inoltre: R. AUBERT, La geografia ecclesiologica
del XIX secolo, in J. DANIÉLOU – H. VORGRIMLER (edd.), Sentire Ecclesiam. La coscienza della
Chiesa come forza plasmatrice della pietà, vol. 2, Roma, Paoline 1964, pp. 47-120 (ed. orig.:
Sentire Ecclesiam. Das Bewusstsein von der Kirche als gestaltende Kraft der Frömmigkeit,
Freiburg – Basel – Wien, Herder 1961); già in L’ecclésiologie au XIXe siècle, pp. 11-55; R. AU-
BERT, L’ecclesiologia nel Concilio Vaticano, in Il concilio e i concili. Contributo alla storia
della vita conciliare della Chiesa, Roma, Paoline 1961, pp. 345-397 (ed. orig.: Le concile et les
conciles, Paris, Cerf – de Chevetogne 1960); FACOLTÀ TEOLOGICA DELL’ITALIA SETTENTRIO-
NALE, L’ecclesiologia dal Vaticano I al Vaticano II, Brescia, La Scuola 1973; ibid., in parti-
colare: G. THILS, L’ecclesiologia del Concilio Vaticano I. Preparazione, risultati, problemi,
pp. 7-25, e A. ANTÒN, Lo sviluppo della dottrina sulla Chiesa nella teologia dal Vaticano I al
Vaticano II, pp. 27-86; G. MARTINA, La coscienza che la Chiesa ha avuto della sua missione
dall’Ottocento al Vaticano II, in ASSOCIAZIONE TEOLOGICA ITALIANA, Coscienza e missione di
Chiesa. Atti del VII Congresso nazionale, Assisi, Cittadella 1977, pp. 15-98.
11 Le illustra Y. M. J. CONGAR, L’ecclésiologie, de la Révolution française au Concile du
Vatican.
12 Emblematico esponente di questa concezione ecclesiologica è – notoriamente – il
de Maistre. Cf Y. M. J. CONGAR, L’ecclésiologie, de la Révolution française au Concile du
Vatican, pp. 77-85.
13 H. J. POTTMEYER, Ultramontanismo ed ecclesiologia, in «Cristianesimo nella Storia»
12 (1991) 527-552.
14 È nota l’evoluzione successiva della teologia cattolica su questo punto cruciale; evolu-
zione che ha trovato la sua consacrazione autorevole nel Vaticano II. L’ultimo Concilio, indi-
cando la Chiesa come «germe», «frutto», «segno» del Regno (cf LG), insinua – lasciando però
ancora spazio alla discussione teologica – che tra essa e il Regno si dà identità parziale, e non
totale. Più recentemente, è tornata sull’argomento la dichiarazione vaticana Dominus Iesus
(6 agosto 2000) al cap. V: Chiesa, Regno di Dio e Regno di Cristo.

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L’apostolato dei laici nella chiesa tra Otto-Novecento … 167
L’autorità, poi, è propria dei ministri ordinati e, ultimamente, del papa15.
Abbiamo quindi una ecclesiologia papalista o, come direbbe Congar, una «ge-
rarchilogia»16. La Chiesa si presenta dunque con un netto carattere gerarchico-
clericale che ne mette decisamente in ombra il carattere comunionale-laicale17.
In questa Chiesa, ai laici – come avremo modo di ripetere più volte – si ri-
chiede sostanzialmente sottomissione e obbedienza. Nella riflessione teologica e
canonistica dell’epoca il laico è definito più per i vincoli morali e giuridici che lo
sottomettono alla gerarchia, che non per il vincolo sacramentale che lo lega a
Cristo e alla Chiesa. Tanto è vero che egli è spesso definito per via negationis
come persona che «non esercita compiti ufficiali di giurisdizione e poteri di or-
dine»18. In altri termini, il criterio per configurare la posizione del credente nella
Chiesa non è il sacramento del Battesimo ma quello dell’Ordine. In quanto non
ordinato, il laico cristiano non ha «una carta dei diritti, ma un codice di doveri» e
non sta «nella Chiesa, ma di fronte e subordinato alla Chiesa nelle cose spirituali
e temporali»19.
La Chiesa, ancora, è strumento assolutamente necessario di salvezza. Il
noto assioma Extra Ecclesiam nulla salus è interpretato alla lettera, in senso
esclusivo. Di qui – per quanto ci riguarda – il vero e proprio assillo pastorale che
deve coinvolgere anzitutto i ministri ordinati. La contingenza storica, però, por-
terà questa teologia ad accettare anche la collaborazione del laico in ordine alla
salvezza dell’uomo e del mondo. Si dirà allora che pure il laico, in atteggia-
mento di obbedienza e concorde sottomissione al clero, è chiamato a collaborare
all’azione pastorale della gerarchia, sviluppando un intenso apostolato20.
L’ultimo aspetto che possiamo evidenziare nella ecclesiologia del Vaticano
II è il suo carattere apologetico, cioè di difesa e giustificazione delle proprie po-
sizioni, in particolare in tema di dimensione gerarchica e di opposizione al
mondo moderno.
15 U. BETTI, La costituzione dommatica «Pastor Aeternus» del Concilio Vaticano I,
Roma, Pont. Ateneo «Antonianum» 1961; G. DEJAIFVE, Primato e collegialità nel concilio Va-
ticano I, in L’episcopato e la chiesa universale, Roma, Paoline 1965, pp. 795-821 (ed. orig.:
L’Épiscopat et l’Église universelle, Paris, Cerf 1962); J. P. TORREL, La théologie de l’épiscopat
au premier Concile du Vatican, Paris, Cerf 1961.
16 Cit. da A. ANTÒN, Lo sviluppo della dottrina sulla Chiesa nella teologia dal Vaticano I
al Vaticano II, p. 39.
17 A. ACERBI, Panorama delle tendenze giuridiste e delle tendenze comunionali nella
ecclesiologia dal Vaticano I al Vaticano II, in ID., Due ecclesiologie. Ecclesiologia giuridica
ed ecclesiologia di comunione nella «Lumen Gentium», Bologna, Dehoniane 1975, pp. 13-48.
Ancora ID., Il diritto nella Chiesa. Tensioni e sviluppi nella storia, Brescia, Queriniana 1977,
pp. 58-62.
18 A. GAMBASIN, Gerarchia e laicato in Italia nel secondo Ottocento, Padova, Antenore
1969, p. 14; ma cf tutta le bella sintesi delle pp. 13-17.
19 Ibid., p. 15.
20 Tra agire pastorale, proprio della Chiesa docente, e apostolato del laico, distinguerà
ancora il Vaticano II.

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168 Giuseppe Biancardi
Ma un tale elemento diventa molto più comprensibile se passiamo ora ad
osservare – sia pure in estrema sintesi – la Chiesa «esistenziale» immersa nella
storia tra 1880 e 1920.
2. La chiesa «esistenziale» tra 1880 e 1920
2.1. Il difficile confronto con il mondo moderno
Cogliamo questa Chiesa impegnata in un guado particolarmente lungo e
tormentato; un guado che da posizioni di variegata opposizione alla modernità21,
o meglio, al mondo moderno22 la porta molto lentamente ad un confronto certo
più pacato con esso, ma i cui esiti sono diversamente valutati dagli storici23.
Per una comprensione di questo momento epocale, senza voler risalire
troppo indietro nel tempo, possiamo prendere le mosse da un periodo chiave
qual è quello della Rivoluzione francese. È ben noto che l’evento rivoluzionario
sconvolge e sovverte alle radici l’ideologia e gli ordinamenti del mondo d’an-
cien régime con cui la Chiesa di fatto si identificava, introducendo nella società
gli «immortali» princìpi dell’89, destinati a divenire la base del vivere civile
contemporaneo. E se è vero che i princìpi sanciti dalla Rivoluzione risultano
soffocati dalla prima Restaurazione e poi da altri momenti reazionari, è altret-
tanto vero che essi non scompaiono e vengono a costituire, invece, l’humus che
nutre i sistemi politici messi in atto dal Liberalismo. Un humus che, per brevità,
possiamo sintetizzare in tre termini: libertà, secolarizzazione e laicità24.
21 G. CAMPANINI, Modernità ed intransigenza. Il dilemma dei cattolici dell’Ottocento, in
«Bollettino dell’Archivio per la Storia del Movimento Sociale Cattolico in Italia» 36 (2001)
383-392; É. POULAT, Le temps de l’intransigeance et l’art du compromis, in A. L. COCCATO
(ed.), Contributi alla storia socio-religiosa. Omaggio di dieci studiosi europei a Gabriele De
Rosa, Vicenza, Istit. per le Ricerche di Storia sociale e religiosa – Roma, Ist. L. Sturzo 1997,
pp. 109-122, parzialmente ripreso in É. POULAT, Sur la nature de l’intransigeance catholique,
in C. BREZZI ET ALII (edd.), Democrazia e cultura religiosa. Studi in onore di Pietro Scoppola,
Bologna, Il Mulino 2002, pp. 67-78.
22 La distinzione è opportunamente suggerita da É. FOUILLOUX, Intransigeance catho-
lique et «monde moderne» (19e – 20e siècles), in «Revue d’Histoire Ecclésiastique» 96 (2001)
71-87; qui p. 73, nota 9.
23 Ibid., pp. 71-72, Fouilloux evidenzia le diverse interpretazioni: per Rémond e Alberigo
la Chiesa avrebbe sostanzialmente accettato il mondo moderno; secondo Poulat e Melloni,
invece, in essa sarebbe rimasto un forte atteggiamento integralista e intransigente; tra le due
interpretazioni estreme, varie poi risultano le posizioni storiografiche intermedie.
24 Studi già classici sull’argomento: O. CHADWICH, Società e pensiero laico. Le radici della
secolarizzazione nella mentalità europea dell’Ottocento, Torino, SEI 1989 (ed. orig.: The Secula-
rization of the European Mind in the Nineteenth Century, Cambridge, Cambridge University
Press 1975); R. RÉMOND, La secolarizzazione. Religione e società nell’Europa contemporanea,
Roma – Bari, Laterza 1999 (ed. orig.: Religion et société en Europe. Essai sur la sécularisation
des sociétés européennes au XIXe et XXe siècles (1789-1998), Paris, Seuil 1998. Cf pure: D. ME-

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L’apostolato dei laici nella chiesa tra Otto-Novecento … 169
Conosciamo la reazione del mondo ecclesiale cattolico di fronte allo svi-
lupparsi di questo processo25 che vede la «dissoluzione del sistema della ‘Chiesa
di stato’»26.
Una corrente notoriamente minoritaria è quella del cattolicesimo liberale
che sostiene l’opportunità, anzi la necessità di una conciliazione della Chiesa
con il Liberalismo27.
Un altro orientamento pensa alla possibilità di chiudere l’esperienza rivolu-
zionaria, intendendola semplicemente come parentesi e momento atipico della
storia.
Sappiamo però che, in àmbito cattolico, risulta dominante una terza presa
di posizione: quella di coloro che giudicano la Rivoluzione non un fatto episo-
dico ma un vero e proprio processo costantemente presente nella storia della
Chiesa e della civiltà, a partire dalla Riforma di Lutero28 che aveva sancito l’au-
tonomia dell’individuo nei confronti del principio di autorità soprattutto eccle-
siale. Dopo la rivolta luterana, la storia non era stato altro che un susseguirsi di
aberrazioni ed errori da essa derivati: Illuminismo, Giansenismo, Rivoluzione
francese, Liberalismo, Socialismo e via dicendo.
Possiamo pertanto asserire che la Chiesa nel suo complesso, salvo signifi-
cative ma relativamente poche eccezioni, condivide un giudizio e un atteggia-
mento sostanzialmente negativi nei confronti del mondo contemporaneo. Si
tratta di una posizione dalle diverse modulazioni che, nelle espressioni più ri-
gide, possiamo così riassumere:
Colpa fondamentale della società è, a partire dall’empia rivolta luterana, il
permanente, progressivo allontanamento da Dio o – che è lo stesso – dalla
Chiesa (dato che essa è il Regno di Dio). Di qui tutti i mali degli stati moderni;
non solo i mali di natura religiosa e morale, ma anche di ordine sociale e civile,
quali gli sconvolgimenti rivoluzionari, le sollevazioni delle classi popolari, gli
attentati alla proprietà privata, i disordini sociali.
NOZZI, La Chiesa cattolica e la secolarizzazione, Torino, Einaudi 1993; E. TORTAROLO, Il lai-
cismo, Roma – Bari, Laterza 1998. J. BAUBÉROT, La laïcisation et les mutations du religieux
chrètien et du politique au XXème siècle, in «Cristianesimo nella Storia» 22 (2001) 633-657.
25 Chiara sintesi, in chiave però eccessivamente politica, in D. MENOZZI, La Chiesa cat-
tolica, in G. FILORAMO – D. MENOZZI (edd.), Storia del Cristianesimo, vol. 3: L’età contempo-
ranea, Roma – Bari, Laterza 1997, pp. 129-257; qui pp. 141-146.
26 A. ACERBI, Chiesa e democrazia. Da Leone XIII al Vaticano II, Milano, Vita e Pen-
siero 1991, p. 5.
27 G. MARTINA, La coscienza che la Chiesa ha avuto della sua missione, pp. 25-26; A.
ACERBI, Chiesa e democrazia, pp. 5 e 7.
28 Il giudizio cattolico su Lutero elaborato nel Sette e Ottocento è analizzato da G. MIC-
COLI, «L’avarizia e l’orgoglio di un frate laido...». Problemi e aspetti dell’interpretazione cat-
tolica di Lutero, nota introduttiva a L. PERRONE (ed.), Lutero in Italia, Casale Monf., Marietti
1983, pp. VII-XXXIII; D. MENOZZI, La figura di Lutero nella cultura italiana del Settecento,
ibid., pp. 139-166; B. DOMPNIER, Le venin de l’héresié. Image du protestantisme et combat
catholique au XVIIe siècle, Paris, Centurion 1985.

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170 Giuseppe Biancardi
A fronte di questa situazione, è da riscoprire la società cristiana medioe-
vale. Anche per influsso del ricupero della storia medioevale da parte del Ro-
manticismo, si diffondono nel mondo cattolico il mito e il rimpianto per la so-
cietas christiana medioevale29, acriticamente pensata come compagine sociale
in cui hanno trovato attuazione tutti i princìpi cristiani, sotto l’autorità sovrana
della Chiesa.
Sarebbe interesse di tutti – si asserisce – il ritorno a questa situazione ideale
in cui anche la società colloca Dio e la Chiesa al primo posto; la vita degli stati
stessi ne trarrebbe giovamento, in termini di tranquillità sociale e pacificazione
degli animi, particolarmente tra le classi subalterne; queste, infatti, sarebbero
condotte dalla dottrina e dall’autorità della Chiesa all’accettazione dello status
quo e all’obbedienza nella rassegnazione.
Tutto al contrario, è in atto uno scellerato complotto di forze disparate (li-
berali e protestanti prima; ebraiche, massoniche, socialiste poi), perfettamente
concordi, però, nel disegno di combattere la Chiesa, e dunque ultimamente Dio.
Di qui, particolarmente nei documenti pontifici, il giudizio pesantemente
negativo e pessimista sulle moderne società30, e sui postulati che le reggono31.
Di qui il senso di assedio che pervade la Chiesa dell’Ottocento e anche, sia
pure in tono più sfumato, dei primi decenni del Novecento: unico centro di verità
e di luce per l’uomo, essa è come cittadella luminosa sul monte, assediata da
un’orda di nemici che vivono nelle tenebre dell’errore e a null’altro mirano che
ad annientarla32.
Dal senso di assedio deriva il linguaggio battagliero e militaresco della
Chiesa dell’epoca che chiama a raccolta i suoi figli migliori attorno al papa33,
29 Su questa temperie culturale e religiosa, cf: R. MANSELLI, Il Medioevo come «christia-
nitas»: una scoperta romantica, in V. BRANCA (ed.), Concetto, storia, miti e immagini del
Medio Evo, Firenze, Sansoni 1973, pp. 51-89; G. MICCOLI, Chiesa e società in Italia fra Otto-
cento e Novecento. Il mito della cristianità, in Chiese nelle società. Verso un superamento
della cristianità, Casale Monf., Marietti 1980, pp. 153-425, studio riproposto in ID., Fra mito
della cristianità e secolarizzazione. Studi sul rapporto chiesa-società nell’età contemporanea,
Casale Monf., Marietti 1985, pp. 21-92; D. MENOZZI, Intorno alle origini del mito della cristia-
nità, in «Cristianesimo nella Storia» 5 (1984) 523-562, ora anche in ID., La Chiesa cattolica e
la secolarizzazione, pp. 15-71; ID., Tra riforma e restaurazione. Dalla crisi della società cri-
stiana al mito della cristianità medievale (1758-1848), in Annali della Storia d’Italia, vol. 9:
La Chiesa e il potere politico dal Medioevo all’età contemporanea, Torino, Einaudi 1986, pp.
767-806; ID., La Chiesa cattolica, pp. 131-182; A.H. BREDERO, Le Moyen Âge chrétien ou le
Moyen Âge christianisé. Utopie versus realité historique, in L. VAN YPERSELE – A.-D. MAR-
CELIS (edd.), Rêves de Chrétienté réalités du monde. Imaginaires catholiques. Actes du col-
loque, Louvain-la-Neuve, 4-6 novembre 1999, Paris, Cerf – Louvain-la-Neuve, Université
catholique de Louvain 2001, pp. 83-95.
30 G. MARTINA, La coscienza che la Chiesa ha avuto della sua missione, pp. 24-25.
31 A. ACERBI, Chiesa e democrazia, pp. 4-5; 38.
32 G. MARTINA, La coscienza che la Chiesa ha avuto della sua missione, p. 25.
33 A. ZAMBARBIERI, La devozione al papa, in Storia della Chiesa, vol. XXII/2: La Chiesa
e la società industriale (1878-1922), a cura di E. Guerriero e A. Zambarbieri, Cinisello B.,

1.9 Page 9

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L’apostolato dei laici nella chiesa tra Otto-Novecento … 171
per una guerra che è decisiva e che impone una scelta di campo netta: o con Dio
e la Chiesa o nella trincea avversa34. A volte il gergo guerresco si colora di toni
apocalittici35, proprio perché è in gioco una lotta definitiva che non potrà non
vedere, anche per intervento della Vergine, il trionfo della Chiesa, l’annienta-
mento dei suoi nemici e la dissoluzione degli ordinamenti statali che si saranno
rifiutati di lasciarsi guidare dal magistero della Chiesa.
Nel frattempo la Chiesa deve lottare, forte della certezza di essere nella ve-
rità e nella convinzione profonda della sua inconciliabilità con i tempi moderni,
accompagnata dalla negazione altrettanto recisa della sua reformabilità e dalla
affermazione che – semmai – è il mondo moderno a dover convertirsi alla
Chiesa, invece di attaccarla continuamente36.
Il tutto per ricostruire una società il più possibile ispirata ai valori cristiani,
Paoline 1990, pp. 9-81; J.M.R., Théologies et «dévotions» au pape depuis le Moyen-Âge. De
Jean XXIII à… Jean XXIII, in «Cristianesimo nella Storia» 22 (2001) 191-211. Per l’apporto
specifico della catechesi spicciola a questa devozione: G. SICARD, L’image de la papauté
d’après les catéchismes français du XVIIe au XXe siècle, in «Revue de Droit Canonique»
26 (1976) 425-450.
34 Tra gli infiniti esempi possibili, cf le espressioni indirizzate dal gesuita p. Luigi Tapa-
relli d’Azeglio ai suoi giovani studenti del Collegio Massimo di Palermo (1846): «A voi
dunque, giovani valorosi, io pur mi rivolgo, e v’invito a mirare dall’alto qual vasto campo di
battaglia la agitata Europa armata o pel suo Dio o contro il suo Dio […]; e v’accorgerete tan-
tosto governatrici di tutta la discussione […] due grandi Idee, o riverenza o ribellione a Dio
[…]». «Ecco, o giovani amatissimi, lo stato d’Europa; ecco la guerra a cui viene educato il se-
colo XIX; ecco i cimenti in cui, voglia o non voglia, più presto o più tardi, deve prender parte
ognun che vive fra noi: si può scegliere il partito, ma non la neutralità». Neutralità e vigliac-
cheria non si addicono certamente ai giovani. Ad essi non resta che gettarsi nella mischia: e
«vedano se sperar possano alcuna palma in quella lotta morale che, dividendo quasi in due e-
serciti cozzanti le nazioni e gli interessi europei, ad ogni animo, che tentar voglia giuste e ge-
nerose imprese, promette anche nel mondo la gloria dei Montalembert, degli O’Connel, dei
Droste, dei Boré, dei Balmes». Cit. da G. BIANCARDI, Aspetti dell’apologetica ottocentesca
nelle inedite Lezioni filosofiche sulla Religione del p. Luigi Taparelli d’Azeglio (1793-1862),
in «Annali di Storia Moderna e Contemporanea» 8 (2002) 111-169; qui pp. 151-152. Questo
tipo di linguaggio è di lunga durata, andando ben oltre il periodo che qui ci interessa. Cf F. DE
GIORGI, Linguaggi totalitari e retorica dell’intransigenza: Chiesa, metafora militare e strategie
educative, in L. PAZZAGLIA (ed.), Chiesa, cultura e educazione in Italia tra le due guerre, Bre-
scia, La Scuola 2003, pp. 55-103.
35 G. MARTINA, La coscienza che la Chiesa ha avuto della sua missione, pp. 24-25; D.
MENOZZI, La Chiesa cattolica, pp. 143 e 149. Più ampi ragguagli in: P. G. CAMAIANI, Il dia-
volo, Roma e la rivoluzione, in «Rivista di Storia e Letteratura Religiosa» 4 (1968) 485-489;
ID., Castighi di Dio e trionfo della Chiesa. Mentalità e polemiche dei cattolici temporalisti nel-
l’età di Pio IX, in «Rivista Storica Italiana» 88 (1976) 708-744; P. STELLA, Per una storia del
profetismo apocalittico cattolico ottocentesco, in «Rivista di Storia e Letteratura Religiosa» 4
(1968) 448-469, ed ora: P. AIRIAU, L’Église et l’Apocalypse du XIXe siècle à nos jours, Paris,
Berg International 2000 e H. HULTON, Catholicisme intransigeant et culture prophétique: l’ap-
port des archives du St-Office et de l’Index, in «Revue Historique» 127 (2002) 109-137.
36 Il riferimento corre spontaneo all’ultima proposizione condannata dal Sillabo (1864):
«Il romano pontefice può e deve col progresso, col liberalismo e con la moderna civiltà venire
a patti e a conciliazione» (prop. LXXX).

1.10 Page 10

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172 Giuseppe Biancardi
in cui non solo i singoli ma anche la collettività si ispirano ai dettami della fede
cristiana-cattolica 37.
Per l’economia del nostro discorso, a questo punto dobbiamo aggiungere
una sottolineatura: data la particolare contingenza storica, alla battaglia per la di-
fesa della Chiesa e della fede è convocato anche il cristiano laico. Di per sé il
ruolo attivo nella comunità credente è dei pastori. Ma le situazioni sono tali per
cui la Chiesa rischia la diaspora o il ghetto. La Chiesa, in effetti, per l’esercizio
del suo ministero non può più contare sul «principe cattolico», cioè sull’ap-
poggio dell’autorità civile che, anzi, le è spesso ostile. Di qui, pur tra svariate
perplessità che avremo modo di evidenziare, il coinvolgimento del laicato nella
santa impresa, principalmente a livello delle strutture temporali della società38.
È questa, nella sostanza, la posizione del cattolicesimo detto comunemente
reazionario e intransigente.
È però da rimarcare – come si è già accennato – che un tale pensiero pre-
senta svariate sfumature e conosce una innegabile evoluzione proprio nei de-
cenni che ci interessano. Pertanto, se alcuni punti rimangono fermi, altri ven-
gono ripensati, ridimensionati e anche superati. Il fatto è ben evidente anche nel
magistero, che, stante l’ecclesiologia del tempo pienamente condivisa da D.
Bosco e dal suo BS, è quanto ci interessa qui più direttamente.
Daremo dunque uno sguardo sommario alla Chiesa di Leone XIII, Pio X e
Benedetto XV con particolare riferimento ai loro orientamenti e alle ricadute,
teoriche e pratiche, in tema di apostolato laicale.
2.2. Leone XIII (1878-1903)39
a) Linee di pensiero e orientamenti
Papa Pecci, a giudizio di qualche contemporaneo, eredita da Pio IX una
Chiesa più unita e più attiva che mai, ma anche altrettanto estranea al mondo, dal
momento che l’atteggiamento intransigente sopra delineato era stato quanto mai
forte e condiviso nell’età di papa Mastai.
37 Alcuni AA. come Menozzi e Verucci, sembrano accentuare fino all’eccesso questa tesi.
Cf tutto il cit. contributo di D. MENOZZI, La Chiesa cattolica, e G. VERUCCI, La Chiesa nella
società contemporanea, p. IX. Sull’opportunità di un giudizio più temperato interviene, tra gli
altri, A. ACERBI, L’insegnamento di Pio XI sull’educazione cristiana, in L. PAZZAGLIA (ed.)
Chiesa, cultura e educazione in Italia tra le due guerre, pp. 27-53; qui p. 50, nota 3.
38 G. GAMBASIN, Gerarchia e laicato in Italia nel secondo Ottocento, pp. 14-15.
39 Oltre che i classici manuali di storia della Chiesa, cf D. MENOZZI, La Chiesa cattolica
e G. MARTINA, La coscienza che la Chiesa ha avuto della sua missione, ma soprattutto le
ampie analisi di A. ACERBI, Chiesa e società civile nel magistero di Leone XIII, in ID., La
Chiesa nel tempo. Sguardi sui progetti di relazioni tra Chiesa e società civile negli ultimi cento
anni, Milano, Vita e Pensiero 1979, pp. 10-93; ID., Chiesa cultura società. Momenti e figure
dal Vaticano I a Paolo VI, Milano, Vita e Pensiero 1988, pp. 11-80; ID., Leone XIII: la Chiesa
madre dei popoli, in ID., Chiesa e democrazia, pp. 3-83.

2 Pages 11-20

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2.1 Page 11

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L’apostolato dei laici nella chiesa tra Otto-Novecento … 173
A partire da questa situazione, Leone XIII, pur non liberale come forma-
zione, si pone in atteggiamento più positivo verso il mondo a lui contemporaneo.
Nel suo pontificato è dato cogliere un «colpo d’ala»40 rispetto ai suoi predeces-
sori nell’accostamento ai processi storici in atto: intransigente nei princìpi, so-
prattutto nel difendere la fede e l’ordine soprannaturale, non lo è nei toni. Alieno
da uno spirito di inimicizia preconcetta, vuole aprire un’epoca nuova nei rapporti
tra Chiesa e mondo.
Egli è realisticamente convinto che il mondo dell’ancien régime e l’assolu-
tismo che vi è inerente sono ormai definitivamente tramontati, perciò guarda con
attenzione non preconcetta ai sistemi politici che si sono andati instaurando nel
secolo che volge al termine. Non rifiuta, dunque, per principio il sistema libe-
rale. Tra i due estremi dell’assolutismo (ormai fuori della storia) e dei nuovi sog-
getti politici di matrice liberale egli vede la possibilità di uno spazio di inseri-
mento per la Chiesa. Del resto, da una parte, l’esperienza vissuta come nunzio in
Belgio, gli confermava che una collaborazione con le nuove istituzioni liberali
era possibile; dall’altra, su un piano più teorico, il Tomismo cui egli aderiva gli
mostrava l’indifferenza dei sistemi politici.
Leone XIII è dunque persuaso di dover venire a confronto con una situa-
zione politica irreversibile, e però correggibile, in quanto presenta sì aspetti posi-
tivi, ma anche elementi negativi. Questi ultimi sono dovuti alla colpa maggiore
della moderna società, che è l’aver voluto abbandonare Dio, Gesù Cristo e la sua
Chiesa.
Anche da papa Pecci l’«infelicissima apostasia» è fatta risalire, secondo i
quadri mentali sopra evocati, alla ribellione luterana che ha infranto la società
cristiana medioevale41. E pure per lui, tale rivolta ha generato tutti i mali pre-
senti nelle moderne società42.
Per il pontefice, gli agenti storici della crescente separazione tra Chiesa e
società non sono state le istituzioni politiche, ma le sette, emblematicamente rap-
presentate e riassunte dalla massoneria. Sono esse a complottare, non i popoli
che, di per sé, non sono anticristiani.
In ogni caso, le conseguenze nella società senza Dio risultano terribili. Il
disordine sociale intacca e sovverte tutto: dalla vita personale e familiare a
quella collettiva, le classi sociali e l’organizzazione della cosa pubblica.
40 G. MARTINA, La coscienza che la Chiesa ha avuto della sua missione, p. 26; S. TRIN-
CHESE, Linee di tendenza. La chiesa, lo stato e la società tra Pio IX e l’avvio del pontificato di
Leone XIII, in C. BREZZI ET ALII (edd.), Democrazia e cultura religiosa. Studi in onore di
Pietro Scoppola, pp. 79-92.
41 Le tesi sono riproposte nelle encicliche Diuturnum illud, sull’origine della potestà
civile (1881) e Immortale Dei, sulla costituzione cristiane degli stati (1885).
42 Individualismo e rottura ideologica nelle moderne società sono sottolineati da Leone
XIII nella lettera apostolica Annum ingressi (1902) per il venticinquesimo anniversario del suo
pontificato.

2.2 Page 12

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174 Giuseppe Biancardi
La società è dunque al bivio tra dissoluzione e ricomposizione. Ed essa
tenta, di per sé, l’opera di ricostituzione. L’immane sforzo, però, è destinato al
fallimento, perché compiuto senza riferimento alla Chiesa che sola, invece, può
offrire i princìpi e i valori indispensabili al risanamento del vivere civile.
L’economia del nostro discorso non ci permette di specificare ulteriormente
le indicazioni di papa Pecci. Se abbiamo illustrato almeno per cenni alcuni punti
nodali del suo pensiero è perché lo ritroveremo sostanzialmente nei suoi succes-
sori e divulgato in ben ventitré delle annate del BS oggetto del nostro studio.
Vogliamo invece evidenziare alcune conseguenze che derivano dalle enun-
ciazioni papali, per meglio comprendere le problematiche pastorali che qui ci
interessano.
Posto il principio che le nuove istituzioni del mondo liberale non sono un
male in sé, ma il male è la loro separazione dalla Chiesa, Leone XIII prospetta
un ideale di composizione fra autorità religiosa e politica. Ciò lo porta ad accet-
tare, in linea di principio, le nuove forme di vita politica, purché non in contrasto
con i princìpi da lui stesso evidenziati.
Una annotazione specifica merita il tema dei partiti. Il pontefice condanna
certamente il Liberalismo nei suoi contenuti anticristiani, ma non condanna, per
sé, i partiti cosiddetti liberali. I cattolici, dunque, possono costituire o aderire ad
un partito liberale, purché con collida con la dottrina insegnata dalla Chiesa. Per-
tanto né, da una parte, i cattolici devono sentirsi menomati, né, dall’altra, gli stati
devono temere: i cattolici sono i primi ad essere leali verso i legittimi governi.
Ciò spiega, tra l’altro, la presa di posizione dell’enciclica Au milieu des sollici-
tudes (1892) indirizzata ai cattolici francesi in un periodo (1891-1893) in cui il
papa cerca di ricomporre i rapporti della Chiesa con la Terza Repubblica: i cre-
denti più refrattari sono invitati ad accettare l’assetto repubblicano. Ciò spiega,
ancora, in Italia, le posizioni più sfumate rispetto a Pio IX, in merito al punto
nevralgico della questione romana43.
Un intervento decisivo, poi, Leone XIII lo compie – com’è ben noto – in
tema di questione operaia, con la Rerum novarum (1891).
Mosso dalle divisioni interne al mondo cattolico su un problema sempre più
acuto e lacerante, in via negativa il pontefice critica le opposte soluzioni alla que-
stione, avanzate da Liberalismo e Socialismo, in quanto contrarie all’ordine natu-
rale. Contro il Socialismo il documento pontificio difende la proprietà privata, ma
afferma anche la necessità del correttivo della carità cristiana alle sperequazioni
esistenti. Contro il Liberalismo si invoca l’intervento dello stato per una legisla-
zione che tuteli i più deboli e assicuri almeno un minimo salariale. La reazione
degli operai alla situazione in cui si trovano è, infatti, giustificata e ad essa occorre
dare una risposta, perché lo stato ha il dovere di provvedere a tutti i cittadini.
43 A. ACERBI, Leone XIII: la Chiesa madre dei popoli, p. 69.

2.3 Page 13

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L’apostolato dei laici nella chiesa tra Otto-Novecento … 175
La soluzione al problema, allora, ancora una volta è da ricercare alla luce
del messaggio cristiano. Questo insegna che l’uguaglianza spirituale che acco-
muna tutti gli uomini, non annulla la stratificazione sociale. Lo stesso mes-
saggio, però, introduce come elemento risolutore del conflitto sociale il principio
di fraternità44. Pertanto, anche in un’ottica cristiana è possibile pensare all’asso-
ciazionismo tra operai e padroni (soluzione preferita dal papa, ma che storica-
mente si mostrerà di fatto impraticabile) o anche tra soli operai (ed è la soluzione
che risulterà vincente). Notevole è il fatto che il papa non chieda all’organizza-
zione sindacale la confessionalità 45. Una tale apertura porterà in seguito il
mondo cattolico ad accettare anche le forme di lotta del sindacato, ivi compreso
lo sciopero che l’enciclica definisce ancora uno «sconcio».
Lo stesso pontefice, però, mosso anche in questo caso dalle tensioni interne
al movimento cattolico, prenderà posizione sul possibile sbocco politico e parti-
tico della democrazia cristiana, stabilendo che essa dovrà limitarsi ad «una
benefica azione cristiana a favore del popolo»46.
b) L’eredità di Pio IX in tema di apostolato laicale
Ma è giunto il momento di scandagliare la concreta azione laicale sotto il
pontificato di papa Pecci. Una tale attività non prende certo le mosse allora, dal
momento che la storia della Chiesa ha da sempre – si può dire – conosciuto
forme di aggregazione laicale, sia per scopi spirituali che per scopi caritativi,
così come ha conosciuto l’impegno di singole figure operanti sul versante della
testimonianza spirituale o della solidarietà verso il prossimo47.
Qui – per necessità di cose – ci limitiamo a registrare il fatto che il laicato
mostra i segni di una certa vivacità già con Pio IX, anche attraverso forme asso-
ciative, alcune delle quali promosse dalla stessa gerarchia48.
Il tutto, però, in specie nei primi anni di papa Mastai, tra resistenze e paure
che hanno antiche radici e svariate ragioni. Tra queste: l’ecclesiologia in auge
all’epoca, che enfatizzava il ruolo della gerarchia; l’abbondanza del clero; la sfi-
ducia nelle capacità del laicato; il timore che il laicato fosse portatore di istanze
di riforma e desse ulteriore vigore ai movimenti centrifughi da Roma nelle
44 Segnaliamo subito che questi enunciati troveranno una eco fedele e frequente sulle
pp. del BS.
45 A. ACERBI, Leone XIII: la Chiesa madre dei popoli, p. 72.
46 Enciclica Graves de communi (18.1.1901). Cit. in A. ACERBI, Leone XIII: la Chiesa
madre dei popoli, p. 74; ma cf pure le pp. 74-76.
47 Ci limitiamo a rinviare a P. SINISCALCO, Laici e laicità. Un profilo storico, Roma, AVE
1986, e a M.T. FATTORI, Il tema dei laici dagli anni trenta al concilio Vaticano II. Rassegna
delle fonti e dei percorsi (1930-1965), in «Cristianesimo nella Storia» 20 (1999) 325-381, che
offre svariate segnalazioni bibliografiche anche sul laicato in epoca precedente agli anni og-
getto della ricerca (pp. 325-326).
48 D. MENOZZI, La Chiesa cattolica, pp. 153-155.

2.4 Page 14

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176 Giuseppe Biancardi
Chiese nazionali, contro il centralismo vaticano dominante; la considerazione so-
spettosa di un laicato inteso come longa manus del potere civile e magari favore-
vole alla separazione tra stato e Chiesa; la volontà di evitare estremismi, presenti
forse in qualche laico o in qualche iniziativa pur zelante nata dal basso49.
In ogni caso – va ripetuto – se il laico può intervenire nella vita della
Chiesa specie in rapporto con il secolo, lo deve fare in assoluta dipendenza dalla
gerarchia. È la tendenza vincente al celebre Congresso di Malines che, nel 1863,
raduna rappresentanti dell’apostolato di vari paesi europei. Per l’occasione si
confrontano due scuole: l’una, liberaleggiante, vorrebbe il laico «fuori della sa-
crestia», inserito nella società moderna in forme autonome e responsabili; l’altra,
clericalizzante, lo vede impegnato sì, ma sotto la diretta responsabilità e gestione
della Chiesa docente50.
In questo contesto e a queste condizioni, si può segnalare, appunto già con
il pontificato di Pio IX, una multiforme attività laicale.
Accenniamo soltanto, per brevità, all’azione più propriamente spirituale o
devozionale, che a volte assume tonalità e significati politici: devozione anche
collettiva al papa non soltanto con la preghiera ma anche con l’Obolo di S.
Pietro, lanciato nel 1849 e riproposto con insistenza dopo la presa di Roma; par-
tecipazione corale ai riti in onore della Vergine Ausiliatrice51 e al Sacro Cuore,
come espressione della volontà di lottare con la Chiesa e riconoscere la sovranità
di Cristo non solo sui singoli ma anche sulla collettività, e così via52.
Evidenziamo, invece, il fiorire di un’azione cattolica – qui intesa natural-
mente in senso generalissimo – che si muove su vari fronti. Basterà ricordare
l’impegno specificamente politico e parlamentare dei cattolici di Francia, Paesi
Bassi e Germania in tema, ad esempio, di libertà di insegnamento. L’attività
49 G. MARTINA, L’atteggiamento della gerarchia di fronte alle prime iniziative organiz-
zate di apostolato dei laici alla metà dell’Ottocento, in Italia, in Spiritualità e azione del lai-
cato cattolico italiano, vol. 1, Padova, Antenore 1969, pp. 311-349. Il Martina che nella sua
analisi non si limita all’Italia ma si riferisce spesso all’Europa in genere, pone argutamente in
capo al suo contributo una inequivocabile espressione di mons. R. Fornari, Incaricato d’Affari
in Belgio (1839): «Siamo disgraziatamente ad un’epoca in cui tutti credonsi chiamati all’apo-
stolato» (p. 311) e, poco oltre (p. 319), riporta un’espressione dello stesso Mastai vescovo di
Imola (1845): «Il secolo vuole le mani in pasta, e le mani in pasta non bisogna fargliele met-
tere». L’A. riprende queste indicazioni nel suo La coscienza che la Chiesa ha avuto della sua
missione, pp. 50-51.
50 A. ACERBI, Il diritto nella Chiesa, pp. 58-62; G. GAMBASIN, Gerarchia e laicato in
Italia nel secondo Ottocento, pp. 16-17.
51 P. STELLA, Don Bosco e il titolo mariano «Auxilium Christianorum» tra politica e reli-
giosità popolare, in PONTIFICIA ACADEMIA MARIANA INTERNATIONALIS, De cultu mariano sae-
culis XIX-XX. Acta Congressus Mariologici-Mariani Internationalis [] anno 1987 celebrati,
vol. 3, Roma, Pontificia Accademia Mariana Internazionale 1991, pp. 379-398.
52 Cf A. ZAMBARBIERI, Per la storia della devozione al Sacro Cuore in Italia tra 800 e
900, in «Rivista di Storia della Chiesa in Italia» 41 (1987) 361-432; D. MENOZZI, Sacro
Cuore. Un culto tra devozione interiore e restaurazione cristiana della società, Roma, Viella
2001 (con una lettura accentuatamente politica).

2.5 Page 15

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L’apostolato dei laici nella chiesa tra Otto-Novecento … 177
trova coesione grazie al pullulare, nella seconda metà dell’Ottocento, di svariate
organizzazioni i cui obiettivi paiono riconducibili fondamentalmente a tre filoni:
la difesa della libertà della Chiesa e del potere papale, la conservazione di una
societas christiana e la formazione delle coscienze53.
Le finalità specifiche, poi, delle singole associazioni sono assai disparate
ed assumono tratti diversi nei vari paesi54, ma tutte attestano l’attività del laicato
cattolico: dal Deutsche Katholikenverein della Germania (1848), al Piusverein
in Svizzera (1857, che diventerà Schweizerischer Katholikenverein nel 1899),
all’Opera dei Congressi in Italia (1874).
Un campo di azione che coinvolge sempre più il mondo cattolico già con
Pio IX e assumerà un rilievo del tutto particolare con Leone XIII è poi quello
della questione sociale ed operaia. Con papa Mastai siamo alla prima fase della
risposta data dal mondo cattolico al problema. A livello pratico ci si muove so-
stanzialmente su un piano caritativo-assistenziale, ad esempio con le Conferenze
di S. Vincenzo (Parigi, 1833), o con la fondazione di istituzioni caritative in cui il
laicato è attivamente coinvolto in termini di sostegno e aiuto. A livello teorico si
avvia invece una discussione che coinvolge laicato e clero, giungendo ad esiti
diversi: c’è chi suggerisce come soluzione al problema sociale la ricostituzione
delle antiche corporazioni di origine medioevale (da costituire dall’alto o come
frutto dello spontaneo movimento associativo di padroni ed operai) e chi già si
apre all’idea di un vero e proprio sindacato55.
Prima di passare a papa Pecci dobbiamo evocare ancora una dimensione
della pastorale coinvolgente anche il laico credente e che attirerà costantemente
l’attenzione del BS: le missioni ad gentes.
Rilanciate già da Pio VII, le missioni cattoliche trovano fin dalla prima
metà dell’Ottocento una partecipe attenzione nel mondo cattolico. E ciò per un
insieme di concause che – con il Martina56 – possiamo così elencare: l’esalta-
zione della Chiesa come faro di civiltà tra i popoli, operata dal Romanticismo57;
la teologia dell’epoca, portata a considerare esclusi dalla salvezza coloro che non
fossero entrati nella Chiesa e a misconoscere i valori presenti nelle altre reli-
53 G. MARTINA, L’atteggiamento della gerarchia, pp. 311-312; D. MENOZZI, La Chiesa
cattolica, pp. 154-155.
54 D. MENOZZI, La Chiesa cattolica, p. 155.
55 Data la vastità del tema ci accontentiamo di riferirci a G. MARTINA, Storia della
Chiesa da Lutero ai nostri giorni, vol. 4: L’età contemporanea, Brescia, Morcelliana 19959,
pp. 38-46. Segnaliamo però almeno un «classico» sull’argomento: J. B. DUROSELLE, Le origini
del cattolicesimo sociale in Francia 1822-1870, Roma, Ed. Cinque Lune 1974 (ed. orig.: Les
débuts du catholicisme social en France, Paris, Presses Universitiares de France 1949); per
studi più settoriali: P. DROULERS, Cattolicesimo sociale nei secoli XIX e XX. Saggi di storia e
sociologia, Roma, Edizioni di Storia e Letteratura 1982.
56 G. MARTINA, La coscienza che la Chiesa ha avuto della sua missione, pp. 32-33; D.
MENOZZI, La Chiesa cattolica, pp. 177-180.
57 Basterà ricordare il cap. IV del Génie du christianisme dello Chateaubriand.

2.6 Page 16

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178 Giuseppe Biancardi
gioni; la concorrenza con le similari iniziative protestanti; le nuove esplorazioni
e la nascita dei nuovi imperi coloniali; l’opera dei pontefici58; l’appoggio dei go-
verni, interessati ad ottenere l’aiuto della Chiesa nelle loro imprese coloniali; il
rifiorire dello slancio missionario di vecchi istituiti religiosi e l’analogo orienta-
mento nelle nuove famiglie religiose come quelle fondate dal Comboni (1866) o
dallo stesso D. Bosco.
Il laicato si muove in questa temperie, a partire dalla Jaricot (1799-1862)
che fin dal 1822, a Lione, dà vita alla Opera della Propagazione della fede, allo
scopo di sostenere le missioni con la preghiera e la raccolta di offerte. Il perio-
dico dell’associazione, le Annales de la propagation de la foi, nato nel 1825, co-
nosce ben presto una diffusione internazionale. Del 1843 è l’Opera missionaria
della Santa infanzia, anch’essa destinata ad alimentare a lungo lo zelo missio-
nario di tanti buoni cattolici.
c) L’apostolato laicale nella Chiesa di Leone XIII
Il quadro appena delineato per l’epoca di papa Mastai può essere ripro-
posto, ma con tratti anche notevolmente diversi, per il pontificato di Leone XIII.
Non emergono particolari novità sul piano delle devozioni suggerite al cat-
tolico. Semmai si accentua l’esigenza di celebrarle insieme, anche a testimo-
nianza della forza che il cattolicesimo ha in sé, e a ricordare che l’ideale è pur
sempre non una collettività laica e lontana da Dio, ma invece una società che
riconosce il valore della religione cattolica.
Va ricordato – del resto – come nell’età leonina si registra un forte incre-
mento dell’anticlericalismo, che muta espressione: mentre negli anni precedenti
si esprime particolarmente nelle aule parlamentari attraverso una variegata legi-
slazione anticlericale, ora, soprattutto in Roma centro della cattolicità, si esibisce
in chiassose manifestazioni di piazza anticattoliche ed antipapali, lasciate indi-
sturbate dalle pubbliche autorità (assalto alla salma di Pio IX, nel 1881; chias-
sate massoniche in occasione dell’erezione del monumento a Giordano Bruno,
nel 1889)59. Appare naturale, in questo contesto, una risposta «corale» del lai-
cato cattolico, attraverso pubbliche e grandiose manifestazioni della propria
fede. Non stupisce quindi la ripresa dei pellegrinaggi: molti hanno come meta la
sede di Pietro, e il papa stesso li incoraggia moltiplicando i giubilei. Nella stessa
ottica possiamo comprendere la realizzazione dei congressi eucaristici interna-
zionali: il primo, tenuto a Lille, sarà seguito da tanti altri, anche a livello locale.
Non manca l’incentivazione del culto alla Madonna attraverso il rosario. Sono
ben 12, sia pur brevi, le encicliche mariane di Leone XIII ispirate dalla devo-
58 Già nel 1840 abbiamo la Probe nostis di Gregorio XVI, prima enciclica dedicata alle
missioni. Per più ampi ragguagli: J. METZLER, La Santa Sede e le missioni. La politica missio-
naria della Chiesa nei secoli XIX e XX, Cinisello B., San Paolo 2002.
59 G. MARTINA, Storia della Chiesa da Lutero ai nostri giorni, vol. 4, pp. 13-14.

2.7 Page 17

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L’apostolato dei laici nella chiesa tra Otto-Novecento … 179
zione del rosario: dalla Madonna si invoca il bene per sé e per la società che va
in rovina. Altrettanto enfatizzato è il culto al Sacro Cuore: periodicamente ripro-
posto ai fedeli, assume particolare rilievo al passaggio del secolo, quando Leone
XIII chiede di iniziare il secolo XX consacrando al Cuore divino non solo le sin-
gole persone ma l’umanità intera60.
Persiste l’interesse per le missioni. La costituzione dell’Opera di S. Pietro
apostolo per il clero indigeno (1889), sollecita i fedeli al sostegno spirituale e
materiale del clero dei paesi di missione, mentre la campagna antischiavista del-
l’arcivescovo di Algeri, Lavigerie (1825-1892), e l’abolizione della schiavitù nel
cattolico Brasile (1888) pienamente appoggiate dal papa, mostrano ai cattolici
la forza civilizzatrice della loro fede e tengono alto il loro impegno in campo
missionario.
Data l’attenzione che vi presterà il BS, è opportuno soffermarsi qui su due
fenomeni che sollecitano l’iniziativa pastorale dei laici durante il pontificato del
Pecci. Vogliamo dire: l’abolizione dell’insegnamento religioso dalle scuole pub-
bliche e – fatto per certi aspetti collegato al precedente – la nascita del movi-
mento catechistico, con il conseguente rilancio del dovere di «fare catechismo».
Negli anni di Leone XIII assistiamo all’attuazione di una scelta politica che
interessa vari stati, a partire da Italia e Francia per giungere fino al Sudamerica:
la soppressione, appunto, in nome della laicità della scuola, di ogni insegna-
mento religioso impartito nelle aule scolastiche.
In Italia61 le prime avvisaglie di questa politica le possiamo cogliere fin dal
1865. Le prime ad essere private dell’istruzione religiosa sono le scuole che noi
oggi diciamo medie e superiori, perché esse sono statali. Durerà più a lungo, in-
vece, nelle scuole elementari. A dire il vero, la nota legge Coppino che nel 1877
statuisce la obbligatorietà e la gratuità dell’istruzione elementare, ne proclama
anche la laicità, abolendo di conseguenza il catechismo scolastico e sostituen-
60 R. F. ESPOSITO, L’enciclica «Tametsi futura» e la notte eucaristica del secolo. Nel cen-
tenario, Roma, Casa San Paolo 2000. Attinente al tema del Sacro Cuore risulta quello di Cristo
Re. Una rassegna degli studi sulla regalità di Cristo anche in prospettiva ideologico-poltica è
curata da D. MENOZZI, Rinnovamento dottrinale e storiografia: gli studi storici sulla regalità
sociale di Cristo, in G. MARTINA – U. DOVERE (edd.), I grandi problemi della storiografia ci-
vile e religiosa. Atti dell’XI Convegno di Studio dell’Associazione Italiana dei Professori di
Storia della Chiesa. Roma 2-5 settembre 1997, Roma, Dehoniane 1999, pp. 263-298; D. ME-
NOZZI, Un rêve de chrétienté à la fin du XIXe siècle: le règne social di Christ dans les congrès
eucharistiques internationaux, in L. VAN YPERSELE – A.-D. MARCELIS (edd.), Rêves de Chré-
tienté réalités du monde, pp. 141-158. Ulteriori indicazioni bibliografiche sull’argomento in
A. ACERBI, L’insegnamento di Pio XI sull’educazione cristiana, p. 50, nota 2.
61 La bibliografia è ricchissima. Si segnalano soltanto alcuni studi complessivi più re-
centi: E. BUTTURINI, La religione a scuola. Dall’Unità ad oggi, Brescia, Queriniana 1987; N.
PAGANO, Religione e libertà nella scuola. L’insegnamento della religione cattolica dallo Sta-
tuto albertino ai giorni nostri, Torino, Claudiana 1990; C. BETTI, La religione a scuola tra ob-
bligo e facoltatività, vol. 1: (1859-1923), Firenze, Manzuoli 1989; ID., Sapienza e timor di Dio.
La religione a scuola nel nostro secolo, Firenze, La Nuova Italia 1992.

2.8 Page 18

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180 Giuseppe Biancardi
dolo con lo studio delle «prime nozioni dei doveri dell’uomo e del cittadino»
(art. 2). Tuttavia, fino alla legge Daneo-Credaro (1911), la gestione della scuola
elementare è affidata ai comuni ove, specie nei piccoli centri, la presenza catto-
lica è forte a livello amministrativo. In questi particolari contesti, anche per l’in-
tervento determinante del clero locale, l’istruzione religiosa è sostanzialmente
garantita nonostante la legislazione nazionale contraria; e ciò almeno fino al
1911, quando lo stato avoca a sé anche la gestione della scuola elementare62.
Vedremo in dettaglio come il BS italiano – ma anche i Congressi – suggeri-
ranno precisi comportamenti per combattere la situazione. Qui vogliamo subito
evidenziare il fatto che si chiederà ai Cooperatori di tenere sotto particolare con-
trollo i testi illustranti i diritti e doveri dei cittadini. Si tratta, in effetti, di veri e
propri catechismi «laici» che vengono a sostituire il testo religioso. Pensati come
strumenti essenziali per formare i cittadini nella nuova nazione, liberale e laica,
nata dal Risorgimento63, essi inculcano i valori funzionali alla borghesia liberale
al potere (patria, famiglia, virtù militare, lavoro, laboriosità, ecc.), contribuendo
non poco alla elaborazione di una religione «civile» che, se non ignora del tutto
una generica idea di divinità, è però molto lontana dalla dottrina veicolata dai ca-
techismi cattolici64.
Un processo per molti aspetti simile avviene nella Francia della Terza Re-
pubblica, a partire dal 187065. Nel settore scolastico, la Terza Repubblica eredita
62 Il contesto scolastico che vede la definitiva espulsione dell’insegnamento religioso
dalla scuola italiana è illustrato da C. BETTI, La prodiga mano dello Stato. Genesi e contenuto
della legge Daneo-Credaro (1911), Firenze, Centro Editoriale Toscano 1998; S. Q. ANGELINI,
La scuola tra Comune e Stato. Il passaggio storico della legge Daneo-Credaro, Firenze, Casa
Editrice Le Lettere 1998.
63 La scuola come strumento privilegiato per la formazione degli Italiani alla nuova na-
zione è studiata in: S. SOLDANI – G. TURI (edd.), Fare gli Italiani. Scuola e cultura nell’Italia
contemporanea, vol. 1: La nascita dello Stato nazionale, Bologna, Il Mulino 1993; G. VE-
RUCCI, L’Italia laica prima e dopo l’Unità 1848-1876. Anticlericalismo, libero pensiero e
ateismo nella società italiana, Roma – Bari, Laterza 19962, pp. 138-178; M. BAGICALUPI – P.
FOSSATI, Da plebe a popolo. L’educazione popolare nei libri di scuola dall’Unità d’Italia alla
Repubblica, Firenze, La Nuova Italia 1986 (rist. anastatica a cura dell’I.S.U. – Univ. Cattolica,
Milano 2000).
64 Sul formarsi di questa religione «civile» in Italia rinviamo solo alla felice sintesi di F.
TRANIELLO, Nazione e storia nelle proposte educative degli ambienti laici di fine Ottocento, in
L. PAZZAGLIA (ed.), Cattolici, educazione e trasformazioni socio-culturali tra Otto e Nove-
cento, Brescia, La Scuola 1999, pp. 61-91.
65 Tra i vari studi sulla scuola francese tra XIX e XX sec., nei suoi rapporti con la
Chiesa, si possono utilmente consultare: M. OZOUF, L’école l’Église et la République 1871-
1914, Paris, Colin 1963; M. LAUNAY, L’Église et l’École en France XIXe – XXe siècles, Paris,
Desclée 1988; J. LALOUETTE, La libre pensée en France 1848-1940, Paris, Albin 1997, pp.
282-295; ID., L’instruction laïque: un idéal pour les francs-maçons et les libres penseurs
(France, 1860-1890), in «Annali di Storia dell’Educazione e delle Istituzioni Scolastiche» 8
(2001) 269-289. Trattano inoltre anche di laicizzazione scolastica gli studi che affrontano più
in generale il tema della laicità francese, come É. POULAT, Liberté, laïcité. La guerre des deux
France et le principe de la modernité, Paris, Cerf – Cujas 1987, pp. 227-282. Questi testi si

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L’apostolato dei laici nella chiesa tra Otto-Novecento … 181
una regolamentazione derivante dalla celebre legge Falloux del 1850 che aveva
ottenuto l’approvazione di buona parte del mondo cattolico, sia perché aveva co-
dificato il principio della libertà d’insegnamento in senso favorevole alla Chiesa,
sia perché aveva conservato «Dio nella scuola»66 pubblica, prevedendo l’inse-
gnamento morale e religioso incentrato sul catechismo diocesano.
Ma, appunto, l’orientamento cambia con l’avvento dei governi della Terza
Repubblica. Emblematica, a questo riguardo, è la legge del 1882, voluta tenace-
mente da Jules Ferry67, che sancisce l’obbligatorietà della scuola elementare.
Una generica «istruzione morale e civica» viene ad occupare il posto dell’inse-
gnamento religioso tradizionale. Per quest’ultimo, l’art. 2 specifica:
«Le scuole pubbliche faranno vacanza un giorno alla settimana, oltre la do-
menica, al fine di permettere ai genitori di far impartire, se lo desiderano,
l’istruzione religiosa ai loro figli, al di fuori degli edifici scolastici».
La legge secondo i cattolici crea «la scuola senza Dio»68. Di qui la loro
contestazione, che si rivolge anche contro i nuovi testi redatti in sostituzione di
quelli religiosi. Testi che, secondo il Ferry, dovrebbero proporre, insieme ad una
visione della realtà e della storia ispirata alle idealità del 1789, «la vera morale,
la grande morale, la morale eterna, una morale senza epiteti, la morale del do-
vere, la nostra, la vostra, la morale di Kant e quella del cristianesimo»69. Quando
il processo di laicizzazione dello stato francese giungerà al culmine, nel 1905, la
scelta della proibizione di ogni insegnamento religioso nella scuola troverà la
sua sanzione definitiva70.
Negli stessi anni, analoghe scelte vengono compiute in altri paesi, tra cui
Paraguay (1903) e Uruguay (1909).
Il movimento catechistico71, che rilancia l’interesse per la catechesi e un
sono andati moltiplicando nell’ultima decade del XX sec., a partire dal bicentenario della Rivo-
luzione (1989). Se ne può vedere una loro accurata recensione in F. PAJER, Laicità, educazione
morale, cultura religiosa in Francia, in «Pedagogia e Vita» 57 (1999) 79-115 e in F. CHAM-
PION, La laïcité n’est plus ce qu’elle était, in «Archives de Sciences Sociales des Religions» 46
(2001) 116, 41-52.
66 É. POULAT, Liberté, laïcité, p. 241.
67 P. CHEVALLIER, La Séparation de l’Église et de l’école. Jules Ferry et Léon XIII, Paris,
Fayard 1981; J. M. GAILLARD, Jules Ferry, Paris, Fayard 1989. Più brevemente: J.-M. GAIL-
LARD, Jules Ferry instaure l’école laïque, in «Lumière et Vie» (1988) 190, 33-39; Y. POUTET,
La législation scolaire relative à l’instruction religieuse catholique (de Jules Ferry à Pierre
Chevènemont), in «Catéchèse» 16 (1986) 103, 55-65
68 É. POULAT, Liberté, laïcité, pp. 241-242. Per la reazione delle chiese protestanti, cf A.
ENCREVÉ, Le protestants réformés face à la laïcisation de l’école au début des années 1880, in
«Revue d’Histoire de l’Église de France» 84 (1998) 71-96.
69 Cit. da J. M. GAILLARD, Jules Ferry instaure l’école laïque, p. 37.
70 Cf M. LAUNAY, L’Église et l’École en France, pp. 82-90.
71 U. GIANETTO, Movimento catechistico, in IST. DI CATECHETICA (FAC. DI SCIENZE DEL-
L’EDUC.) DELL’UNIV. PONT. SALESIANA DI ROMA, Dizionario di Catechetica, a cura di J. Ge-
vaert, Torino-Leumann, Elledici 1986, pp. 448-450. Inquadrano il movimento e ne trattano con

2.10 Page 20

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182 Giuseppe Biancardi
catechismo rinnovati, si sviluppa anche, ma non solo, come reazione alle scelte
politiche sopra richiamate. Ma, se si tiene doverosamente conto di un certo or-
dine cronologico, la nascita del movimento va attribuita ad operatori pastorali
operanti nella Germania del Sud e in Austria.
Data emblematica di questa nascita è considerata il 1887, quando a Mo-
naco di Baviera è costituito il Münchener Katecheten Verein (poi Deutscher Ka-
techeten Verein) 72, che raccoglie parroci e insegnanti di religione-catechisti.
Dieci anni dopo (1897), a Vienna si sviluppa un’iniziativa analoga. Per impulso
degli associati nasce precisamente un movimento che porta a rinnovare anzitutto
la catechesi sul piano metodologico, attraverso il celebre metodo di Monaco (o
di Vienna)73.
È questo il primo, notevole sforzo del movimento catechistico tedesco e
austriaco. Tale evoluzione si sviluppa proprio sotto il pontificato di Leone XIII,
con il coinvolgimento dei molti laici incaricati della catechesi scolastica.
In Francia ed Italia, il moto di rinnovamento catechistico prende invece le
mosse prevalentemente, anche non esclusivamente, come reazione alla soppres-
sione di catechismo e storia sacra nella scuola.
In Francia74 il primo a muoversi per rispondere ai dispositivi di legge della
Terza Repubblica e valorizzare la catechesi extrascolastica coinvolgendo il lai-
cato è un uomo di cultura, mons. M. d’Hulst (1841-1896), rettore dell’Institut
attenzione diversa gli studi globali sulla storia della catechesi: É. GERMAIN, Langages de la foi
à travers l’histoire. Mentalités et catéchèse. Approche d’une étude des mentalités, Paris,
Fayard-Mame 1972; J. H. WESTERHOFF III – O. C. EDWARDS JR. (edd.), A Faithful Church. Is-
sues in the History of Catechesis, Wilton (Connecticut), Morehouse-Barlow Co., Inc. 1981; A.
ETCHEGARAY CRUZ, Storia della catechesi, Roma, Paoline 19832 (ed. orig.: Historia de la ca-
tecquesis, Santiago, Ediciones Paulinas 1962); É. GERMAIN, 2000 ans d’éducation de la foi,
Paris, Desclée 1983; A. LÄPPLE, Breve storia della catechesi, Brescia, Queriniana 1985, pp.
173-191 (ed. orig.: Kleine Geschichte der Katechese, München, Kösel Verlag 1982); C.
WACKENHEIM, Breve storia della catechesi, Bologna, Dehoniane 1985 (ed. orig.: La catéchèse,
Paris, Presses Universitaires de France 1983).
72 Cf il n. doppio monografico (5-6/1987) della rivista Katechetische Blätter che celebra
il centenario dell’istituzione ricostruendone la storia; inoltre: A. EXELER, Die Geschichte des
Deutschen Katecheten-Vereins im Spiegel der Katechetischen Blätter, in «Katechetische
Blätter» 100 (1975) 765-775; V. HERTLE, Deutscher Katecheten Verein, in Dizionario di Cate-
chetica, pp. 202-203; G. MILLER, Deutscher Katecheten-Verein (DKV), in Lexikon der Reli-
gionspädagogik, a cura di N. Mette – F. Rickers, 2 voll., Neukirchen-Vluyn, Neukirchener
2001, coll. 318-320.
73 H.W. OFFELE, Geschichte und Grundanliegen der sogenannten Münchener katecheti-
schen Methode. Die methodische Erneuerung in katechetischen Unterricht, München, Deut-
scher Katecheten Verein 1961; U. GIANETTO, Monaco (Metodo di), in Dizionario di Cateche-
tica, pp. 440-441; E. PAUL, Die Münchener Methode: Intention – Realisierung – Grenzen, in
«Katechetische Blätter» 113 (1988) 186-192; A. GLEIßNER, Münchener katechetische Methode,
in Lexikon der Religionspädagogik, coll. 1356-1358.
74 Si vedano: G. ADLER – G. VOGELEISEN, Un siècle de catéchèse en France 1893-1980.
Histoire – Déplacements – Enjeux, Paris, Beauchesne 1981; M. COKE, Le mouvement catéché-
tique. De Jules Ferry à Vatican II, Paris, Centurion 1988.

3 Pages 21-30

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3.1 Page 21

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L’apostolato dei laici nella chiesa tra Otto-Novecento … 183
Catholique di Parigi. Questi fin dal 1884 indirizza alcune zelanti signorine a
prestare la loro opera nelle parrocchie parigine. L’iniziativa si allarga ben presto,
coinvolgendo numerose altre volontarie e parrocchie. Nel 1885 le catechiste vo-
lontarie fondano un’associazione che, con l’intervento dell’autorità ecclesiastica,
diventa l’Œuvre de la Doctrine Chrétienne. Nel 1887 anche gli uomini entrano a
far parte del sodalizio in qualità di catechisti. Pochi anni dopo (1893), con appo-
sito breve, Leone XIII erige l’Opera in Arciconfraternita per tutta la Francia75.
Grazie anche alla promozione pontificia, l’istituzione si diffonde rapidamente:
nel 1911 conterà già circa 40.000 catechiste e 200.000 catechizzandi.
Se lo zelo delle catechiste è notevole, lo spirito che regola il loro impegno è
debitore del momento storico. Esse devono considerarsi solo come le «umili au-
siliarie del clero» dal quale dipendono totalmente. Infatti, lo scopo precipuo
della loro attività è far recitare ai ragazzi loro assegnati – cinque o sei al mas-
simo – le risposte del catechismo. Pertanto è raccomandata loro la metodologia
più tradizionale: spiegare chiaramente, ma soprattutto brevemente, il senso delle
parole da studiare a memoria, evitando accuratamente di dilungarsi nelle chiari-
ficazioni dottrinali che sono tassativamente riservate ai sacerdoti, i soli deputati
a «formare i ragazzi alla pietà» in senso pieno.
Solo durante il pontificato di Pio X e Benedetto XV si avranno i primi ten-
tativi di rinnovamento della catechesi francese, e il laicato impegnato in questo
campo sarà introdotto alle innovazioni da una nutrita serie di riviste di indole
catechistica.
In Italia76 il via al moto di rinnovamento non viene, come sarebbe forse lo-
gico attendersi, dall’Opera dei Congressi, ma dall’iniziativa di un vescovo, il
beato mons. G. B. Scalabrini (1839-1905)77, che fa della catechesi una delle
componenti più curate del proprio ministero. Tra l’altro, fonda la prima rivista
catechetica italiana, Il Catechista Cattolico, spesso citata dal BS. Lo Scalabrini,
però, non si limita alla teoria: riorganizza capillarmente la catechesi nella sua
diocesi, arrivando a disporre di circa 4000 catechisti, per lo più laici. A lui si
deve pure l’organizzazione del primo Congresso Catechistico Nazionale (1889)
in Piacenza78, cui chiama a collaborare altri due vescovi tra i più aperti dell’e-
75 G. ADLER – G. VOGELEISEN, Un siècle de catéchèse en France, p. 150.
76 Per un approccio iniziale all’argomento: U. GIANETTO – G. GIANOLIO, Il movimento
catechistico in Italia dal 1870, in CENTRO CATECHISTICO SALESIANO, Linee per un Direttorio di
Pastorale catechistica, Torino-Leumann, Elledici 19723, pp. 7-51
77 Fondamentale sullo Scalabrini è il lavoro di M. FRANCESCONI, Giovanni Battista Sca-
labrini vescovo di Piacenza e degli emigrati, Roma, Città Nuova 1985. Gli aspetti catechistici
del suo ministero sono ampiamente illustrati anche da U. GIANETTO, Mons. G. B. Scalabrini
precursore del movimento catechistico, in GF. ROSOLI (ed.), Scalabrini tra vecchio e nuovo
mondo. Atti del Convegno Storico Internazionale (Piacenza, 3-5 dicembre 1987), Roma,
Centro Studi Emigrazione 1989, pp. 173-202.
78 Sul Congresso, oltre ai testi già cit. sullo Scalabrini, cf l’analisi specifica di U. GIA-
NETTO, Il I° Congresso catechistico nazionale in Italia. Piacenza 24-26 settembre 1889, in
«Catechesi» 38 (1969) 440, 4-13; 445, 7-18; 450, 20-29; 455, 15-25.

3.2 Page 22

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184 Giuseppe Biancardi
poca: mons. Geremia Bonomelli (1831-1914)79 e il card. Alfonso Capecelatro
(1824 -1912) 80.
Del Congresso81, vogliamo evidenziare – anche per un più puntuale raf-
fronto con quanto ci dirà il BS in tema di catechismo – i seguenti contributi:
Al primo punto, significativamente, è messo a tema il catechismo degli
adulti, poi – nell’ordine – quello per le altre varie età e categorie82.
A proposito di metodo, non mancano interventi che richiamano le modalità
tradizionali del «fare catechismo»83, così come viene illustrata la metodologia di
St-Sulpice (nella versione del Dupanloup)84 e quella degli oratori, con frequenti
richiami a D. Bosco, morto appena l’anno prima85. Ma, nella stessa occasione,
già si colgono gli echi del rinnovamento metodologico in atto sia in Germania-
Austria e sia nella scuola pubblica, tanto che c’è chi parla di metodo intuitivo, in-
duttivo e, addirittura, visivo86.
Nell’assise piacentina ci si interessa anche di scuole di religione: un tema
che vogliamo porre in rilievo perché pure il BS vi darà grande risalto. A fronte
della laicizzazione della scuola, si fa sempre più sentire l’esigenza di garantire la
formazione catechistica agli studenti fuori delle aule scolastiche. Il problema,
trattato nel Congresso piacentino, negli anni successivi attirerà sempre più l’at-
tenzione. Nascerà nella catechesi italiana – ma non solo – l’esigenza di organiz-
zare vere e proprie scuole di religione. E si giungerà a proporre una vera e pro-
pria organizzazione scolastica anche al catechismo tradizionale. Negli anni del
pontificato di Pio X, e ancora oltre, si arriverà ad una sorta di motto: «Il cate-
chismo in forma di vera scuola!» per indicare che la catechesi deve essere svolta
con la stessa ampiezza, regolarità, metodologia di una materia scolastica, con
tanto di anno catechistico, registri ed esami, ma soprattutto ricalcando il metodo
globale-ciclico della didattica scolastica profana.
79 FONDAZIONE CIVILTÀ BRESCIANA ET ALII, Geremia Bonomelli e il suo tempo. Atti del
convegno storico 16-19 ottobre 1996. Brescia – Cremona – Corte Franca, a cura di GF. Ro-
soli, Brescia, Fondazione Civiltà Bresciana 1999.
80 Cf ARCHIDIOCESI DI CAPUA – IST. SUPERIORE DI SCIENZE RELIGIOSE (edd.), Alfonso Ca-
pecelatro arcivescovo di Capua nella storia e nella Chiesa. Atti del Convegno nazionale di
studi Capua – S. Maria C.V. – Caserta 14-16 novembre 1983, [Capua], Società di Storia Patria
di Terra di Lavoro 1985.
81 Atti e documenti del primo Congresso Catechistico tenutosi in Piacenza nei giorni 24,
25, 26 settembre 1889, Piacenza, Tipografia Vescovile G. Tedeschi 1890.
82 Ibid., pp. 165-186.
83 Ibid., pp. 310-311.
84 Ibid., pp. 346-349. Sul celebre metodo, sviluppatosi a metà Seicento grazie allo zelo
pastorale del can. Olier, parroco a St-Sulpice in Parigi, e rilanciato nell’Ottocento particolar-
mente ad opera di mons. Dupanloup, cf P. BRAIDO, Lineamenti di storia della catechesi e dei
catechismi. Dal «tempo delle riforme» all’età degli imperialismi (1450-1870), Torino-Leu-
mann, Elledici 1991, pp. 173-174 e 372-374.
85 Cf, ad es., in Atti e documenti, pp. 91, 144-146, 149, 355.
86 Ibid., pp. 224-236; 328-340; 351-352.

3.3 Page 23

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L’apostolato dei laici nella chiesa tra Otto-Novecento … 185
Altro argomento che raccoglie l’interesse dei convenuti a Piacenza è quello
del testo di catechismo. Quanto ai contenuti, c’è chi lo vorrebbe nuovo: non più
un testo a sole e domande-risposte ma come intreccio di dottrina e di storia87.
Quanto, invece, al numero dei formulari da avere a disposizione, i pareri sono
diversi, ma uno dei voti conclusivi del Congresso chiederà a Leone XIII la reda-
zione di un formulario unico88. Negli anni successivi al Congresso di Piacenza,
quest’ultimo orientamento continuerà ad agitare la catechesi italiana – ma non
solo essa – trovando una qualche eco anche sulle pagine del BS. Vi diamo quindi
un breve cenno.
Nell’Ottocento, di fronte alla presenza di una abnorme moltiplicazione dei
formulari catechisti registratasi per varie cause in età precedenti, è tutto un cre-
scendo della tendenza alla maggiore uniformità. Sotto il governo di Leone XIII
molti episcopati di diversi paesi si pongono all’opera per addivenire alla unifica-
zione dei catechismi almeno a livello regionale, se non nazionale89. Nell’impresa
sono impegnati anche vari episcopati delle regioni ecclesiastiche italiane, tra cui
i presuli piemontesi e lombardi90. La loro azione, però, subisce un serio intoppo
per l’azione di mons. Ludovico Schüller (1852-1924). Questi, figura di rilievo
nella pastorale catechistica di Roma, nel 1893 ottiene dallo stesso pontefice un
breve auspicante, almeno indirettamente, l’unificazione dei catechismi italiani
intorno ad alcuni suoi formulari molto tradizionali. L’intervento papale trova ac-
coglienza entusiastica nei giornali intransigenti dell’epoca, e proprio questo fatto
mette in difficoltà i vescovi, già impegnati per altra via a ricercare l’unità nella
formulazione catechistica.
Vedremo come il BS si porrà di fronte al problema. Per ora, volendo con-
cludere su questo punto, diciamo soltanto che le unificazioni catechistiche av-
verranno, in Italia, a livello regionale, finché si diffonderà quasi ovunque il cate-
chismo di Pio X del 1905.
Sino ad ora, i nostri richiami hanno riguardato essenzialmente attività di
apostolato intraecclesiali. Ma il laicato cattolico in età leonina è coinvolto
sempre più nell’azione extraecclesiale, particolarmente a motivo della questione
sociale e operaia, cui è necessariamente correlata quella politica.
Cresce sotto Leone XIII l’attenzione al problema sociale in genere e ope-
raio in specie91, sia per ragioni ideali dettate dalla fede, sia per più prosaiche
87 Ibid., pp. 259-260.
88 Ibid., pp. 74, 159-160.
89 Ampia documentazione al riguardo in: J. M. GIMÉNEZ, Un catecismo para la Iglesia
universal. Historia de la iniciativa desde su origen hasta el Sínodo Extraordinario del 1985,
Pamplona, Ediciones Universidad de Navarra 1987; M. SIMON, Un catéchisme universel pour
l’Église catholique. Du Concile de Trente à nos jours, Leuven, Leuven University Press 1992
90 Una minuziosa ricostruzione di quanto andremo dicendo è in: L. NORDERA, Il cate-
chismo di Pio X. Per una storia della catechesi in Italia (1896-1916), Roma, LAS 1988.
91 Nella sovrabbondante bibliografia sull’argomento, citiamo soltanto per ora: E. PAS-
SERIN D’ENTRÈVES – K. REPGEN (edd.), IL cattolicesimo politico e sociale in Italia e Germania

3.4 Page 24

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186 Giuseppe Biancardi
paure derivate dagli sconvolgimenti della Comune parigina (1870) e dallo svi-
luppo del Socialismo.
Quali che siano le motivazioni, è un fatto che il mondo cattolico muta at-
teggiamento di fronte al problema, aprendo così una seconda fase nel modo di
affrontarlo. Prendendo coscienza dell’inadeguatezza della sola assistenza carita-
tiva della classe operaia – tipica della prima fase sviluppatasi sotto Pio IX – i
cattolici si muovono alla ricerca di più efficaci soluzioni. Così, in Austria ci si
orienta al corporativismo, mentre in Francia si assumono posizioni diverse: ac-
canto ai conservatori (scuola di Angers guidata dal vescovo della città, Freppel)
abbiamo cattolici ben più aperti come La Tour du Pin (teorico e pensatore), Al-
bert de Mun (impegnato a livello parlamentare per una legislazione sociale effi-
cace) e Léon Harmel (l’industriale che organizza la propria industria secondo i
dettami della dottrina cristiana)92. E se in Belgio prevale ancora una linea con-
servatrice, in Italia l’Opera dei Congressi trasforma significativamente la sua se-
zione caritativa in sezione di economia sociale cristiana, mentre nel 1889 prende
il via l’autonoma Unione cattolica per gli studi sociali.
Fino alla Rerum novarum i punti di maggior discussione sono riconducibili
a tre: la possibilità e le forme dell’associazionismo operaio, l’intervento statale e
il giusto salario. Per quanto concerne l’associazionismo, mentre a livello teorico
le preferenze sembrano orientate al corporativismo, sul piano pratico si avviano
le prime esperienze di sindacato operaio modernamente inteso: in Belgio nel
1886, in Francia l’anno seguente, mentre del 1888 è l’approvazione romana
degli statunitensi Cavalieri del lavoro, nati fin dal 1869.
E mentre si discute, parimenti, di intervento statale e di giusto salario, nelle
realtà locali fioriscono svariate iniziative a favore dei lavoratori: cooperative,
casse rurali, società assicurative e di mutuo soccorso (particolarmente nell’Italia
del Nord-Est, intorno all’Opera dei Congressi)93, Œuvre des Circles (animata dai
citati La Tour du Pin e de Mun).
dal 1870 al 1914, Bologna, Il Mulino 1977; P. DROULERS, Il cattolicesimo e la questione so-
ciale contemporanea, in ID., Cattolicesimo sociale nei secoli XIX e XX, pp. 405-432; K.-E.
LÖNNE, Il cattolicesimo politico nel XIX e XX secolo, Bologna, Il Mulino 1991 (ed. orig.: Poli-
tischer Katholizismus im 19. und 20. Jahrhundert, Frankfurt am Main, Suhrkamp Verlag
1986), che tratta di Germania, Francia, Italia; E. FATTORINI, I cattolici tedeschi. Dall’intransi-
genza alla modernità (1870-1953), Brescia, Morcelliana 1997; per l’Italia, in particolare: F.
TRANIELLO – G. CAMPANINI (edd.), Dizionario storico del movimento cattolico in Italia, 3 voll.
e 5 tomi, Casale Monf., Marietti 1981-1984, che gli stessi curatori hanno completato con il
vol.: Aggiornamento 1980-1995, Genova, Marietti 1820, 1997.
92 Di quest’ultimo il BS parlerà più volte con accenti elogiativi. Su di lui cf il recente
studio di J.L. COFFEY, Léon Harmel. Entrepreneur as Catholic Social Referomer, Notre Dame,
University of Notre Dame Press 2003.
93 A. GAMBASIN, Il movimento sociale nell’Opera dei congressi (1874-1904). Contributo
per la storia del cattolicesimo sociale in Italia, Roma, Editrice Università Gregoriana 1958; C.
BREZZI, Cristiano sociali e intransigenti. L’opera di Medolago Albani fino alla «Rerum No-
varum», Roma, Edizioni Cinque Lune 1971.

3.5 Page 25

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L’apostolato dei laici nella chiesa tra Otto-Novecento … 187
Sappiamo che sulle diverse teorie ed esperienze giunge la parola chiarifica-
trice della Rerum novarum che abbiamo richiamato più sopra.
Dopo la celebre enciclica si apre un terzo periodo nella storia dei rapporti
fra cattolicesimo e mondo operaio94. Permangono le differenti posizioni intorno
alle forme dell’associazionismo dei lavoratori: in mancanza di una chiara presa
di posizione pontificia fra corporativismo e sindacalismo, sull’argomento i catto-
lici continuano ad essere divisi. La situazione, aggravata in certi contesti dalla
insubordinazione nei confronti dei vescovi, induce Leone XIII a promulgare
l’enciclica Graves de communi (1901) nei termini gia più sopra evocati che riso-
spingono, almeno tendenzialmente, il laicato cattolico ad un’azione di stampo
assistenziale e paternalistico, rendendo difficoltoso un loro più diretto intervento
in campo politico95.
È soprattutto a questo livello, cioè nel campo dell’attività sociale e politica,
che il laico continua a mantenere anche nella Chiesa di Leone XIII, almeno teo-
ricamente, una netta subordinazione alla gerarchia, che gli chiede fondamental-
mente ubbidienza e compattezza. Emblematiche, al riguardo, le parole di Leone
XIII al cardinale di Parigi, Guibert (1885):
«Per certi indizi che si osservano non è difficile raccogliere che tra i catto-
lici, forse per vizio dei tempi, vi sono di quelli che non contenti della parte
di sudditi che loro spetta nella Chiesa, credono di poterne avere alcuna
anche nel governo di essa […]»96.
La stessa posizione è richiesta sotto il pontificato di Pio X.
94 G. MARTINA, Storia della Chiesa da Lutero ai nostri giorni, vol. 4, pp. 55-62.
95 Cf, in G. MARTINA, La coscienza che la Chiesa ha avuto della sua missione, il para-
grafo Rifiuto di un’azione politica diretta, pp. 40-50; A. ACERBI. «Laicità politica» e «auto-
nomia dei laici» nel magistero ecclesiastico degli ultimi cento anni, in DIPARTIMENTO DI
SCIENZE RELIGIOSE DELL’UNIVERSITÀ CATTOLICA, Laicità nella Chiesa, Milano, Vita e Pensiero
1977, pp. 67-106; qui pp. 67-82; G. FELPATO, «La Civiltà Cattolica» e il laicato cattolico
(1896-1904), in L. OSBAT – F. PIVA (edd.), La «Gioventù cattolica» dopo l’Unità 1868-1968,
Roma, Edizioni di Storia e Letteratura 1972, pp. 513-529. E come molto laicato vedesse la pro-
pria posizione all’interno della Chiesa è ben testimoniato da questo scritto del conte G. Nasalli-
Rocca, indirizzato al primo Congresso Catechistico Italiano, ove, presentando se stesso in terza
persona, il nobiluomo dice: «A lui ripugnò poi sempre lo intromettersi in quanto riguarda la
Chiesa, parendogli ritrarre della temerità di quel personaggio biblico che si arrogò di stendere
le mani in sostegno dell’Arca Santa», in Atti e documenti del primo Congresso Catechistico
tenutosi in Piacenza, pp. 71-72; qui p. 71.
96 Cit. da A. ACERBI. «Laicità politica» e «autonomia dei laici» nel magistero ecclesia-
stico, p. 72, con rimando ad ASS 18 (1895) 3-6; corsivo nostro. E nel 1894 il card. Monescillo
y Viso, arcivescovo di Toledo, condanna il periodico El movimiento católico colpevole di chie-
dere una maggiore autonomia nei confronti dell’episcopato: cf G. MARTINA, La coscienza che
la Chiesa ha avuto della sua missione, p. 51, nota 53.

3.6 Page 26

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188 Giuseppe Biancardi
2.3. Pio X (1903-1914) e Benedetto XV (1914-1922)
Eletto all’inizio di un secolo che vedrà accentuarsi la sfida alla Chiesa da
parte dei processi sempre più massicci di secolarizzazione e laicizzazione, papa
Sarto imposta il suo governo con la volontà di Instaurare omnia in Christo97.
Il suo pontificato costituisce un «punto chiave nella storia della chiesa mo-
derna»98, per i problemi che si accavallano e per le soluzioni date ad essi che
variano da atteggiamenti di apertura a posizioni di evidente involuzione.
Innovazioni le troviamo, ad esempio, nella legislazione ecclesiastica e nel
rinnovamento in campo liturgico ed eucaristico. Basterà citare il decreto Quam
singulari (1910) che abbassa l’età della prima Comunione, e l’opera svolta nel
settore della musica liturgica.
Mosso dalla preoccupazione assillante di mantenere integro il deposito
della fede, il papa assume invece una posizione di netta condanna del Moder-
nismo. Il fenomeno è troppo complesso e, oltre tutto, esula dai nostri interessi
per dovervi prestare attenzione.
Ci interessa però porre in rilievo una conseguenza che tocca il nostro tema.
Nel contesto di cui sopra abbiamo un irrigidimento dell’intrasigentismo e la
forte riproposizione di un ideale di vita cristiana che abbraccia l’esistenza del
singolo credente ma anche della società umana che, appunto, va «instaurata» in
Cristo. Particolarmente forte risulta l’orientamento a «rinserrare le fila» nella
Chiesa, minacciata da quella sintesi di tutte le eresie che è, appunto, il Moder-
nismo.
Vanno chiaramente nella direzione suddetta diverse scelte pastorali e prese
di posizione di Pio X, come la riforma in senso verticistico della Curia romana
(che rinforza il modello ecclesiologico ereditato dal Vaticano I)99, e l’avvio dei
lavori per la stesura del Codice di Diritto Canonico100.
Lo stesso significato presentano, in campo sociale, vari interventi che glo-
balmente considerati assumono un significato di condanna di ogni tentativo di
un impegno nel sociale e nel politico sviluppato in autonomia dagli orientamenti
della gerarchia cattolica. Tra questi, nel 1907 la sospensione a divinis del Murri;
nel 1910, la condanna del gruppo del Sillon di M. Sangier. Non per questo i laici
sono impediti dal partecipare alla vita sociale; anzi, ne sono incoraggiati. Tanto è
vero che con Il fermo proposito del 1905, all’indomani della soppressione dell’i-
taliana Opera dei Congressi, Pio X riorganizza di fatto il movimento cattolico,
sollecitandolo ad una azione che, oltre a favorire la santificazione personale,
contribuisca a dilatare il Regno di Dio nei singoli, nelle famiglie e nella società
97 G. LA BELLA (ed.), Pio X e il suo tempo, Bologna, Il Mulino 2003.
98 G. MARTINA, La coscienza che la Chiesa ha avuto della sua missione, p. 61.
99 Costituzione apostolica Sapienti consilio, del 1908.
100 Motu proprio Arduum sane munus, del 1904.

3.7 Page 27

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L’apostolato dei laici nella chiesa tra Otto-Novecento … 189
tutta101. E in sintonia con questi convincimenti, egli lascia cadere di fatto il non
expedit per i cattolici italiani, favorendo quel patto tra cattolici e liberali mode-
rati che porterà il laicato cattolico italiano a riaffacciarsi sulla scena parlamen-
tare. In sintesi, anche per papa Sarto il laico può e deve essere attivo nella
Chiesa, però fedelmente unito e obbediente ai suoi pastori102.
Ma di Pio X vogliamo sottolineare a parte le scelte catechistiche, anche
perché troveranno sollecito riscontro sul BS. Del 1905 è la sua enciclica Acerbo
nimis, dedicata specificamente alla catechesi, ove per combattere il tempo
«acerbo» si invoca un rinnovato impegno nell’insegnamento della dottrina, la-
sciando spazio anche ai laici103. Nello stesso 1905, e poi nel 1912, papa Sarto
promulga col suo nome due diversi catechismi104. Si tratta di testi ad imposta-
zione assolutamente tradizionale, tanto che possono essere considerati il culmine
di un modo di concepire in termini tradizionali il catechismo e non l’inizio di un
rinnovamento della catechesi105. Un inizio che invece registra significativi passi
avanti in diversi paesi, ma – diciamolo subito – non segnalati dal BS. In Italia, il
movimento di rinnovamento si manifesta in modo evidente nell’opera di mons.
Luigi Vigna e mons. Lorenzo Pavanelli, i quali si fanno protagonisti della pro-
posta di un catechismo «in forma di vera scuola», attento alle indicazioni della
psico-pedagogia106. In Germania ed Austria, continuano le discussioni e speri-
mentazioni intorno al metodo di Monaco, che viene ufficialmente accolto in un
convegno tenutosi a Vienna nel 1912; intanto, sempre con l’intento di rinnovare
l’insegnamento della dottrina, ci si apre alle suggestioni offerte dall’Attivismo
pedagogico107. In Francia, mentre continua a svilupparsi l’Œuvre des Catéchi-
smes, si moltiplicano le riviste per quanti, donne e uomini, sono dediti all’apo-
stolato catechistico, e si incominciano ad accogliere le indicazioni del metodo di
Monaco. Non solo, ma anche a livello di catechiste laiche si pensa ad una cate-
chesi nuova addirittura nei contenuti, costruita a partire dal Vangelo108.
101 Del 1908 è il suo invito a tutti i cattolici a voler intronizzare nella famiglia, cellula
fondamentale della società, il Cuore divino di Gesù.
102 Cf G. VIAN, Fra modernità e restaurazione: il laicato, in ID., La riforma della Chiesa
per la restaurazione della società, 2 voll., Roma, Herder 1998; qui vol. 2, pp. 851-922.
103 Su questa importante enciclica: S. RIVA, Insegnamenti catechistici del Beato Pio X,
Rovigo, Ist. Padano Arti Grafiche 1953; FR. ANSELMO [A. BALOCCO], Un memorabile trentennio
nella storia della catechesi (1905-1935), in «Rivista Lasalliana» 36 (1962) 3-27; S. TRAMONTIN,
Dal catechista di Tombolo al papa catechista, in ID. (ed.), Le radici venete di San Pio X. Atti del
Convegno di Castelfranco Veneto 16-17 maggio 1986, Brescia, Morcelliana 1987, pp. 72-104.
104 Lo studio più esauriente è il già cit. L. NORDERA, Il catechismo di Pio X.
105 U. GIANETTO, Catechismo di Pio X, in Dizionario di Catechesi, pp. 121-122.
106 M. CARMINATI, Un trentennio di storia della catechesi italiana (1900-1930). Loren-
zo Pavanelli e Luigi Vigna e il «Catechismo in forma di vera scuola», Torino-Leumann, Elle-
dici 1995.
107 Cf ancora H.W. OFFELE, Geschichte und Grundanliegen der sogenannten Münchener
katechetischen Methode.
108 Cf M. COKE, Le mouvement catéchétique, pp. 25-46.

3.8 Page 28

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190 Giuseppe Biancardi
Agli inizi del primo conflitto mondiale sale al soglio papale Benedetto
XV109. Pertanto, il tema dei suoi primi interventi magisteriali è obbligato: la
guerra. Nella lettura del papa – ma non solo – essa viene considerata come fla-
gello divino, segno del fallimento di una società che ha voluto costruirsi su va-
lori e miti laici e secolarizzati. Il superamento del tragico momento non può che
essere – ancora una volta – il riconoscimento dell’autorità di Dio non soltanto
sui singoli ma anche sulla collettività110.
Il magistero papale, però, se sembra ottenere una qualche eco positiva di
fronte ai pericoli degli eventi bellici, non pare altrettanto ascoltato negli anni
seguenti che registrano: calo della pratica religiosa, secolarizzazione delle men-
talità (rivendicazioni di diritti quali il divorzio e il controllo delle nascite; crisi
dell’istituto familiare; scoperta del tempo libero, dello sport, del cinema; crisi
del principio di autorità), rivendicazioni socio-politiche anche violente da parte
dei reduci.
La risposta della Chiesa di Benedetto XV alla situazione si manifesta nello
sforzo di ricristianizzazione del singolo e dell’ambiente. Allo scopo, il pontefice
ribadisce il ruolo pubblico della Chiesa, impegnandola anzitutto nella costru-
zione di una pace duratura; di quella pace di cui la Chiesa stessa era già stata ar-
tefice ai tempi della societas christiana medioevale111. Un ulteriore strumento di
ricristianizzazione della società è dato da partiti e sindacati di ispirazione cri-
stiana; questi vengono incoraggiati a rafforzarsi o a costituirsi, ove mancanti112.
E a questo proposito si ripropone – anche sotto il pontificato di Benedetto XV –
il problema del rapporto tra laicato e gerarchia in ambito socio-politico113.
Concludiamo questa prima parte della nostra riflessione con un cenno spe-
cifico ai laici e alla loro collocazione nella Chiesa, così come è concepita negli
ultimi anni che dobbiamo esaminare. Il Codice, varato sotto Benedetto XV nel
1917, dedica al laico in sé ben poca attenzione, mentre enumera con precisione i
suoi doveri nei confronti del clero114. Sulla falsariga del Codice, molti Sinodi
diocesani spesso trattano dei laici solo per ricordare la loro sottomissione o per
enumerare i peccati in cui possono incorrere, tanto che, negli atti sinodali, il ca-
pitolo De laicis pare diventare un testo De peccatis. E tuttavia, anche in questi
interventi, cominciano ad apparire tracce della volontà di una maggiore valoriz-
zazione della figura del laico, che troverà però il suo pieno ed ufficiale ricono-
scimento solo con il Vaticano II115.
109 Una utile sintesi su questo papato può essere G. VERUCCI, La Chiesa nella società
contemporanea, pp. 3-32.
110 È il tema della prima enciclica di Benedetto XV, Ad Beatissimi, del 1° novembre 1914.
111 Enciclica Pacem Dei munus del 22 maggio 1920.
112 G. VERUCCI, La Chiesa nella società contemporanea, pp. 12; 17-23.
113 Per l’Italia, cf D. VENERUSO, Benedetto XV e il laicato cattolico italiano, in Spiritua-
lità e azione del laicato cattolico italiano, pp. 403-445.
114 Can. 119, 682-684, 948, 1263, 1342/2, 1521, 1529.
115 S. FERRARI, Sinodi e Concili dalla grande guerra al Vaticano II, in Storia della

3.9 Page 29

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L’apostolato dei laici nella chiesa tra Otto-Novecento … 191
3. Le indicazioni del Bollettino Salesiano e dei Congressi Internazionali dei
Cooperatori
Su questo sfondo collochiamo il BS, i Congressi Internazionali dei Coope-
ratori e i loro interventi in tema di apostolato laicale. Punto di partenza obbli-
gato, anche per semplici ragioni cronologiche è il BS.
3.1. Il contesto e il perché dell’impegno laicale secondo il BS. Tra reminiscenze
reazionarie e intransigenti e indicazioni positive
Nelle pagine del BS vediamo delineati, anzitutto, il contesto e la motiva-
zione di fondo che devono spingere il laicato cattolico ad impegnarsi nell’apo-
stolato. In questi richiami, più volte reiterati, troviamo – e non può essere altri-
menti – il riflesso delle tematiche proprie del pensiero cattolico del momento.
Non stupisce, quindi, il cogliere nel periodico frequenti riferimenti ad alcuni
classici temi dell’argomentare reazionario e intransigente che abbiamo richia-
mato più sopra. Va subito annotato, però, che la dipendenza da tali quadri men-
tali risulta particolarmente evidente nelle prime annate della rivista, ma tende ab-
bastanza presto a farsi più tenue, prima ancora che l’intransigentismo si affievo-
lisca del tutto. È pure da aggiungere che il riferimento del BS all’universo con-
cettuale intransigente potrebbe dirsi sempre sorvegliato criticamente.
Così, non si hanno riproposizioni significative della concezione storiogra-
fica che imputa alla ribellione luterana tutti i mali dell’evo moderno. Ad essa si
accenna il più delle volte en passant, recensendo ad esempio un testo che pre-
senta in ottica cattolica il Socialismo, là ove si ricorda che esso ha derivazione
dal «razionalismo protestantico e dal filosofismo francese»116. Oppure quando si
presentano documenti dell’autorità ecclesiastica. È il caso di un testo del card.
Alimonda117 che affronta «il nemico direttamente», cioè «Lutero, questa perso-
nificazione viva e vera della ragione prima abbrutita, poi ribelle». Parimenti è
Chiesa, vol. XXIII: I cattolici nel mondo contemporaneo (1922-1958), a cura di M. Guasco, E.
Guerriero, F. Traniello, Cinisello B., Paoline 1991, pp. 203-229; qui pp. 221-227. Ma come sia
stata dura a morire la mentalità tradizionale nei riguardi del laico, lo dimostra molto bene una
disposizione dell’arcivescovo di Sens che, ancora nel 1939, scriverà: «In sintesi, ci si deve ser-
vire delle catechiste per: La sorveglianza e la recitazione parola per parola, sempre. Alcune
spiegazioni sommarie, sovente. La formazione alla pietà, sovente. Lasciando loro una indipen-
denza completa, mai. Lasciando loro una indipendenza relativa, talvolta». Cit. da M. COKE,
Le mouvement catéchétique, p. 25.
116 Recensione alla terza ed. del Saggio intorno al Socialismo ed alle dottrine e tendenze
socialistiche del conte E. Avogadro della Motta, pubblicata nel 1880 (1a ed. 1851): BS 4
(1880) 6, 15-16; qui p. 15.
117 Lutero e l’Italia e un nuovo libro del Cardinale G. Alimonda, in BS 12 (1888) 8,
101-102; qui p. 102.

3.10 Page 30

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192 Giuseppe Biancardi
solo ripresa qua e là, senza indugiarvi, l’etichettatura di Rivoluzione per desi-
gnare il momento storico nel quale i redattori del BS scrivono118.
Decisamente più frequente è la segnalazione della presenza delle sette unite
contro la Chiesa cattolica. Esse continuamente congiurano contro la Chiesa e i
suoi ministri119: e se in Francia arrivano ad imporre il laicismo più sfrenato120, in
Italia sono all’opera contro un campione del giornalismo cattolico come l’Alber-
tario121. Il loro lavorio nascosto non dimentica i giovani, che risultano così con-
tesi tra due madri: la Chiesa e, appunto, la Rivoluzione; quest’ultima favorisce
precisamente la cospirazione delle sette segrete che mirano a combattere l’istru-
zione religiosa122. Circa la loro identità non vi sono dubbi: globalmente conside-
rate possono essere qualificate come il regno di Lucifero in lotta con il Regno
di Dio123. Più specificamente, appartengono al novero delle sette sataniche la
Massoneria124, il Liberalismo125 e il Protestantesimo126. Ovviamente, in piena
sintonia con il sentire cattolico più diffuso, il BS, avvalorando ove possibile le
proprie indicazioni con il peso dell’autorità ecclesiastica, invita alla vigilanza e
alla lotta127.
Siamo così portati a prendere in considerazione un terzo aspetto del pen-
siero cattolico intransigente che risulta particolarmente presente nel BS: il riferi-
mento alla tristezza dei tempi e il linguaggio guerresco. Anche per il nostro pe-
riodico, il cattolico impegnato deve essere consapevole della situazione di diu-
turna guerra guerreggiata in cui vive la Chiesa; conseguentemente sta all’erta e
combatte la buona battaglia della fede.
118 Il senatore Augusto Vera e la libertà di morire cristianamente, in BS 9 (1895) 9, 136-
137: i «giornali della rivoluzione» sono dispiaciuti perché il Vera, filosofo hegeliano e senatore
del Regno, lontano dalla Chiesa, muore ritornando alla fede. E con questo atteggiamento «la
Rivoluzione fa opera disumana e crudele» (p. 137).
119 Il quarto anniversario della elezione del Santo Padre Leone XIII, in BS 6 (1882) 2, 24.
120 La visita dei pellegrini francesi all’Oratorio di S. Francesco di Sales in Torino, in BS
6 (1882) 1, 17-20; qui p. 18.
121 L’innocenza vendicata, in BS 6 (1882) 1, 10.
122 Il giudizio di Salomone rinnovato nella educazione della gioventù, in BS 5 (1881) 9,
1-2; qui p. 2.
123 I mentitori antichi e i mentitori moderni, in BS 7 (1883) 9, 137-141.
124 La Framassoneria nel vero suo aspetto, in BS 8 (1884) 6, 94-95: «la Framassoneria è
una congiura cosmopolita, avente per iscopo la distruzione della religione, delle monarchie,
delle istituzioni esistenti» (p. 94).
125 Un piano di guerra, in BS 9 (1885) 11, 169. Il piano in questione è ordito da massoni
e liberali genovesi che mal sopportano «il primo porto del Mediterraneo infeudato […] al cle-
ricalismo».
126 Lettera apostolica del SS. Signor Nostro Leone per Divina Provvidenza Papa XIII,
in BS 26 (1902) 5, 135-144; qui p. 137. Lettera del pontefice per il venticinquesimo del suo
pontificato.
127 Il cuore paterno del Santo Padre verso gli Italiani, in BS 25 (1901) 3, 64-65: lettera
di Leone XIII al cardinale vicario Respighi sul problema del proselitismo delle sette eretiche,
«emanazione multiforme del protestantesimo» (p. 64).

4 Pages 31-40

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4.1 Page 31

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L’apostolato dei laici nella chiesa tra Otto-Novecento … 193
«Il cattolico nel secolo»128 ha da convincersi che «Militia est vita hominis
super terram» e che Cristo dice «Non veni pacem mittere, sed gladium»129. Egli
non deve illudersi: per la sua fede è deriso e odiato dal mondo130. L’odio del
mondo, dalle mille sfaccettature131, si concentra in particolare contro la Chiesa
istituzionale, continuamente attaccata da un esercito nemico che combatte sotto
un vessillo «sul quale sta scritto: Guerra a Dio, guerra alla religione, guerra
alla Chiesa»132. Bersaglio preferito è naturalmente il papa133.
«Quando mai più che in questi ultimi tempi fu necessario di combattere i
nemici del nome cristiano […]? Quando mai come ai nostri giorni i nemici
del Cristo e della sua Chiesa hanno con tanto accanimento mosso atroce
guerra a quanto possediamo di più sacro e prezioso? […] Noi abbiamo
molti nemici a combattere […]»134.
Una tale situazione vieta ogni disimpegno; chiede, al contrario, un costante
stato di all’erta135, e di schierarsi con il partito di Dio136, nella certezza che le
forze avversarie non vinceranno, e la Chiesa, sorretta dall’aiuto di Maria, trion-
ferà necessariamente137.
Pagato, in termini di linguaggio guerresco, il debito al momento storico-re-
ligioso in cui è immerso, il BS ben più frequentemente lancia appelli positivi e
pressanti all’impegno del laicato.
128 Il cattolico nel secolo, in BS 7 (1883) 4, 53-55. Presentazione dell’omonimo volu-
metto di D. Bosco, edito nella collana Letture cattoliche.
129 Ibid., p. 53.
130 La Donna e il Serpente, in BS 8 (1884) 9, 121-127.
131 Ne Il Venerabile D. Bosco, in BS 32 (1908) 7, 193-195, si denuncia come nemico
particolarmente tenace il naturalismo. Nelle pp. del BS l’argomento torna frequentemente.
132 Nell’Ottobre del 1900, in BS 24 (1900) 10, 269-272; qui p. 271.
133 Cf ancora La Donna e il Serpente, p. 123; inoltre: I dolori del Sommo Pontefice
in questi giorni e i doveri dei Cooperatori Salesiani, in BS 13 (1889) 7, 85-87: occasione dei
dolori del papa è l’erezione della statua di Giordano Bruno a Campo de’ Fiori in Roma.
134 Nell’Ottobre del 1900, in BS 24 (1900) 10, 269-272; qui p. 269.
135 Il giudizio di Salomone rinnovato nella educazione della gioventù, p. 2; Operai Cat-
tolici, in guardia!, in BS 9 (1885) 12, 184.
136 Cf la presentazione dell’enciclica di Leone XIII Graves de communi, premessa a
Leone XIII e la democrazia cristiana, in BS 25 (1901) 4, 93-95; qui pp. 93-94; Lettera Enci-
clica del Santissimo Signor Nostro Pio per divina Provvidenza Papa X, in BS 27 (1903) 11,
317-322; qui p. 319; è l’enciclica programmatica di Pio X.
137 I mali presenti e Maria SS. Ausiliatrice, in BS 9 (1885) 5, 61-63; Lotte e Trionfi, in
BS 22 (1898) 2, 29-31; Nel Natale di Gesù!, in BS 36 (1912) 12, 353-355: «I denti più velenosi
e più duri si sperpereranno sul bronzo non intaccabile della divinità di Gesù Cristo […]. Egli
stesso l’ha detto; Egli stesso ha profetizzato e la lotta e il trionfo: Non prevarranno!». (p. 355).
«La Madonna […] illuminerà […] tutti coloro che accecati dall’egoismo con furore demoniaco
muovono guerra alla verità e alla giustizia»: Nell’Ottobre del 1900, p. 269.

4.2 Page 32

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194 Giuseppe Biancardi
3.2. L’appello al laicato: lavorare tutti e insieme, cioè cooperare
Nelle pagine del periodico si susseguono gli imperativi, a partire da: labo-
remus138! «Laboremus!»: è il grido di D. Bosco, «la chiave del suo segreto»139.
E poi: «Cooperiamo!»140, «Cooperiamo» alla restaurazione della società cri-
stiana 141.
L’imperativo, insomma, è anzitutto lavorare: «È tempo di operare»142. E
dunque: «Lavoro! Lavoro! Lavoro!»143; «Lavoriamo, lavoriamo, lavoriamo!»144.
L’obbligo del lavoro apostolico tocca tutti, anche i laici, uomini, donne. È
stretto dovere «la cooperazione dei laici a vantaggio della religione e della civile
società»145. Il coinvolgimento laicale è immediatamente esigito da un motivo di
ordine contingente, quale la mancanza di sacerdoti146, ma risulta perfettamente
fondato anche sotto il profilo biblico: il dato della Scrittura, sia vetero che neote-
stamentaria, giustifica pienamente l’impegno laicale, ivi compreso l’apporto
femminile147. Dalla presenza attiva nella comunità credente non sono esclusi
neppure i giovani: anche ad essi si apre un vasto campo d’azione nella Chiesa148.
Ma il lavorare non basta; è necessario lavorare insieme, cooperare. È il leit-
motiv che percorre periodicamente le annate del BS. A più riprese, infatti, vi tro-
viamo espresso il seguente pensiero: un tempo al cattolico bastava pregare; ora
ciò non è più sufficiente; alla preghiera – pur sempre necessaria – occorre unire
l’azione, ma un’azione condotta concordemente, insieme. Il convincimento,
espresso in prima persona dallo stesso D. Bosco, è fatto proprio dai redattori del
138 Laboremus, in BS 15 (1891) 2, 24-25.
139 G. B. CIPANI, Don Bosco l’uomo del suo secolo, in BS 15 (1891) 12, 222-223; qui
p. 223.
140 Cooperiamo!, in BS 21 (1897) 2, 29-31.
141 Cooperiamo, in BS 27 (1903) 11, 323-324: cooperare col il papa ad instaurare omnia
in Christo.
142 È tempo di operare, in BS 7 (1883) 11, 173-174.
143 Lavoro! lavoro! lavoro!, in BS 40 (1916) 5, 129-130.
144 Lavoriamo, lavoriamo, lavoriamo!, in BS 40 (1916) 7, 193-194. Similmente, nel BS
del mese successivo troviamo: Lavoriamo, lavoriamo! (p. 229) e nel n. di novembre dello
stesso anno: Lavoro! Lavoro! (p. 327).
145 La cooperazione dei laici a vantaggio della religione e della civile società, in BS 17
(1893) 8, 147-148.
146 «I preti novellamente scarseggiano: l’educazione femminiera e scredente [sic] spegne
le vocazioni ecclesiastiche; ed i pochi, incamminati al sacerdozio, s’intoppano in barriere cru-
deli che li trattengono: Dio chiama costoro al santuario, e i Governi li spingono alla caserma.
Ecco che la Chiesa, già depauperata de’ suoi ministri, da inconsolabile vedova si lamenta.
Venite, o laici, ascendete sin dove è permesso entrare, supplite al vuoto dei leviti, consolate la
vedovanza della nostra comune Madre»: Il cardinale Gaetano Alimonda e la cooperazione
dei laici, in BS 4 (1890) 7, 6-7; qui p. 7.
147 La cooperazione dei laici a vantaggio della religione e della civile società.
148 Il cardinale Gaetano Alimonda e la cooperazione dei laici: il BS riferisce plaudente
di una lettera del card. Alimonda ai giovani cattolici genovesi.

4.3 Page 33

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L’apostolato dei laici nella chiesa tra Otto-Novecento … 195
Bollettino, i quali lo riprendono spesso, sollecitati forse anche dalle divisioni di
tanto mondo cattolico dell’epoca149.
3.3. I Cooperatori: cattolici di ogni categoria che lavorano insieme per il bene
spirituale proprio e la salvezza dei giovani
D. Bosco non fa che ripetere, sulle pagine del BS150, quanto già da lui
espresso nel testo costitutivo dell’Associazione dei Cooperatori nella edizione
definitiva del 1877151, in particolare nella parte normativa152. Il Regolamento, in-
fatti, si apre precisamente con lo sviluppo del tema: È necessario che i cristiani
si uniscano nel bene operare153. L’Associazione è, per l’appunto, lo strumento
ideale offerto a tutti i cattolici, ivi compresi i laici, che vogliono impegnarsi a la-
vorare insieme, secondo lo spirito salesiano, per fare del bene a se stessi e alla
gioventù 154. Pertanto, nella pia unione è costante l’invito all’impegno nella
Chiesa, ed è altrettanto sottolineata la dimensione «comunitaria» del lavoro, resa
palpabile dalla sua stessa strutturazione che prevede direttori locali e diocesani,
o decurioni per piccoli gruppi, tutti uniti in profonda sintonia con la gerarchia
locale e il Superiore della Congregazione155.
Il BS, allora, indirizzato soprattutto ai Cooperatori, ricorda periodicamente
ad essi la loro identità e missione apostolica, sempre riproponendo i contenuti
della carta costitutiva. Fino al 1888 il compito di garantire questa periodica
«memoria» è naturalmente cura particolare dello stesso D. Bosco156.
149 Significativamente, nel 1900, quando, ad es., l’Opera dei Congressi italiana presenta
notevoli divisioni al suo interno, il BS scrive: «Come va che davanti allo strepito dei miscre-
denti, rimangono i cattolici molte volte, anzi quasi sempre, attoniti e disarmati? Il motivo si è,
perché i cattolici non sempre sanno mostrarsi compatti ed uniti nell’usare i molti mezzi che
hanno per affermare al cospetto degli empii la loro esistenza, la loro grande maggioranza e la
loro vitalità sempre forte e rigogliosa. […] La Madonna del Rosario farà cessare le discordie
che snervano le forze dei cattolici»: Nell’Ottobre del 1900, pp. 269-270.
150 Una memoranda giornata nel collegio di Borgo S. Martino, in BS 4 (1880) 8, 7-12;
qui p. 8, ove si riporta sinteticamente una conferenza di D. Bosco ai Cooperatori del luogo. Ma
fin dal primo numero del BS, che reca ancora come primo titolo principale Bibliofilo cattolico,
D. Bosco aveva sostenuto (p. 2) che «vis unita fortior».
151 Cooperatori salesiani ossia un modo pratico per giovar al buon costume ed alla
civile società, San Pier d’Arena, Tip. e Lib. di S. Vincenzo de’ Paoli 1877; sarà cit. da OE
XXVIII, pp. 339-378.
152 Ibid., pp. 365-374.
153 Ibid., pp. 365-366.
154 Ibid., pp. 367-368.
155 Ibid., pp. 369-371. A dare concretezza ad un impegno a dimensione comunitaria prov-
vedono i periodici incontri dei direttori diocesani dei Cooperatori. Il BS, da parte sua, ne dà
puntuale informazione. A titolo d’es., cf, per il primo incontro: Primo Congresso dei Benemeriti
Direttori Diocesani dei Cooperatori della Pia Società salesiana, in BS 17 (1893) 10, 187-190.
156 Per questi anni si rinvia semplicemente alle abbondanti indicazioni di P. BRAIDO, Don
Bosco prete dei giovani nel secolo delle libertà, vol. 2, pp. 180-190.

4.4 Page 34

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196 Giuseppe Biancardi
Per gli anni successivi alla morte del santo, tralasciando per ora i Congressi
Internazionali che costituiscono momenti di indubbia riappropriazione del pro-
prio essere da parte dell’Associazione, una prima, breve ma significativa tema-
tizzazione dell’identità del cooperatore e sui suoi compiti la possiamo trovare
nel 1890: «Che s’intende per Cooperatori salesiani e che cosa debbono fare»157,
come pure nel 1905, ove, con ampie citazioni testuali del Regolamento si di-
scorre de «L’esercizio della carità verso il prossimo ed i nostri Cooperatori»158.
Ma è soprattutto tra il 1915 e il 1921 che l’argomento ritorna. Nel 1915, le cele-
brazioni centenarie della nascita di D. Bosco costituiscono l’occasione per il BS
di dedicare ben cinque interventi alla figura ideale del Cooperatore159. Due anni
dopo, la proposta di un apostolato anche laicale, in stile salesiano, viene presen-
tata a chi eventualmente non la conoscesse ancora160. Infine – per gli anni che
qui ci interessano – possiamo ancora ricordare il 1921 perché in quell’anno ven-
gono fatte conoscere, con varie esemplificazioni, le Norme direttive dell’orga-
nizzazione e azione dei Cooperatori Salesiani, stabilite nel corso dell’VIII° Con-
gresso Internazionale celebrato nel maggio 1920, e approvate da D. Albera161.
Una considerazione a parte meritano i Congressi internazionali, occasione
forte di autoconsapevolezza: durante i lavori si ha una cura tutta particolare di ri-
cordare ai convegnisti la loro identità. Un tale compito tocca a D. Trione nel I°
Congresso162, a D. Vespignani nel II°163, D. Urzúa nel VI°164, e così via.
4. La multiforme azione di apostolato religioso e caritativo suggerita dal BS
al laicato
Consapevole della propria identità, il laico che si impegna a combattere la
buona battaglia della fede come cooperatore degli istituti religiosi fondati da D.
Bosco, ha avanti a sé un vastissimo campo d’azione suggeritogli, ancora una
157 Che s’intende per Cooperatori salesiani e che cosa debbono fare, in BS 14 (1890)
11, 192.
158 L’esercizio della carità verso il prossimo ed i nostri Cooperatori, in BS 29 (1905)
2, 33-35.
159 I Cooperatori salesiani, in BS 39 (1915) 2, 34-35; 3, 66-68; 5, 133-134; 7, 194-196;
10, 289-291. Gli interventi sviluppano sistematicamente i seguenti temi: chi sono i Coope-
ratori, che cosa fanno, come sono organizzati
160 Un po’ di propaganda nostra. Il programma dei Cooperatori Salesiani, in BS 41
(1917) 7, 184-185.
161 Dopo l’8° Congresso Internazionale. Per l’azione locale dei Cooperatori, in BS 45
(1921) 1, 8; Dopo l’8° Congresso Internazionale. Dell’aiuto che i Cooperatori devono prestare
ai Parroci, in BS 45 (1921) 2, 30-34; Comitati d’azione salesiana, in BS 45 (1921) 3, 57-59.
162 Sull’argomento, il BS presenta solo dei cenni. Cf, pertanto, S. TRIONE, Origine e Mis-
sione dei Cooperatori Salesiani, in Atti I, pp. 125-129.
163 J. VESPIGNANI, La cooperación salesiana, in Actas II, pp. 78-87.
164 D. URZÚA, Concepto de la Cooperación, in Actas VI, pp. 137-144.

4.5 Page 35

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L’apostolato dei laici nella chiesa tra Otto-Novecento … 197
volta, dal Regolamento165. Il BS, da parte sua, esortando, suggerendo, segna-
lando, non fa che specificare nel corso degli anni le prescrizioni regolamentari.
a) Le indicazioni del Rettor Maggiore
Una prima, autorevole indicazione al riguardo viene, attraverso le pagine
del periodico, direttamente dal Rettor Maggiore. Sul numero iniziale di ogni
anno, la parola del superiore (da D. Bosco a D. Albera, passando per D. Rua) in-
variabilmente illustra le realizzazioni attuate dalla Congregazione salesiana e
dalle Figlie di Maria Ausiliatrice nell’anno passato, segnala i progetti per l’anno
avvenire e chiede preghiere e «limosine», con una evidenziazione tutta partico-
lare data all’opera delle missioni166. Queste ultime, in tutta evidenza, occupano
gran parte delle pagine del BS e sono oggetto di specifiche relazioni nei Con-
gressi Internazionali167.
b) La cura della propria vita spirituale
Conformemente al primo scopo dell’Associazione, il BS ricorda poi co-
stantemente l’impegno spirituale a livello personale, al fine giungere alla perfe-
zione cristiana168. La riflessione su questo punto trova uno specifico approfondi-
mento in occasione del Congresso di Torino del 1903, ove un intervento illustra
lo «spirito di pietà nella cooperazione salesiana»169 e richiede un Manuale di
pietà adatto ai Cooperatori170. Ma, a prescindere dallo specifico Congresso, è in-
cessante nel periodico il richiamo ai sacramenti171 e alle altre abituali espressioni
165 Cooperatori salesiani [] Regolamento, OE XXVIII, pp. 366-367.
166 Sottolinea questa forma di comunicazione, ponendo l’accento sulla insistenza per l’e-
lemosina, suggerita peraltro anche in altri momenti dell’anno, P. BRAIDO, Don Bosco prete dei
giovani nel secolo delle libertà, vol. 2, pp. 183; 188-192. A semplice titolo d’esempio, cf Tre
mezzi di preparazione alla festa di Maria Ausiliatrice, in BS 4 (1880) 5, 5-6; Prima conferenza
dei Cooperatori tenuta in Sampierdarena, in BS 4 (1880) 6, 10-11; Vantaggi della limosina, in
BS 5 (1881) 12, 5-7. Di elemosina tratta espressamente anche il I° Congresso Internazionale
dei Cooperatori: G. B. BARONI, L’Elemosina per le Opere salesiane, in Atti I, pp. 210-214.
Sulle missioni: I Cooperatori nelle missioni salesiane (Discorso letto da D. Rabagliati nell’a-
dunanza dei nostri Direttori Diocesani e Decurioni nel settembre 1898), in BS 23 (1899) 3, 59-
65; il discorso fa notare che D. Bosco fonda i Cooperatori (1876) l’anno successivo alla prima
spedizione missionaria (1875) e definisce le missioni l’«opera del suo cuore» (p. 59).
167 Cf, ad. es., G. BARBERIS, Resoconto delle Missioni Salesiane, in Atti I, pp. 196-207; J.
ZORILLA DE SAN MARTIN, La misiones salesianas, in Actas II, pp. 119-122; in Atti III, il rias-
sunto delle parole di mons. Cagliero alle pp. 153-155, e i voti sul tema a p. 238.
168 Poiché questi richiami si rincorrono pressoché in ogni pagina del periodico, sia con-
sentita, in sede di segnalazione bibliografica, solo qualche sommaria indicazione esemplifi-
cativa delle pagine più notevoli.
169 P. MORANTI, Discorso intorno allo spirito di pietà nella cooperazione salesiana, in
Atti III, pp. 142-144.
170 La proposta è in Atti III, pp. 144-145.
171 È uno dei classici temi delle periodiche conferenze ai Cooperatori. Cf ad es.: Cenni
sulla 3a conferenza dei Cooperatori della città di Roma, in BS 4 (1880) 6, 8-9.

4.6 Page 36

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198 Giuseppe Biancardi
della devozione tradizionale: preghiera, tridui e novene, esercizi spirituali172,
culto della Vergine Immacolata ed Ausiliatrice173, rosario174, venerazione per i
santi, in particolare S. Giuseppe175, preghiera per i defunti, attaccamento al papa,
devozione al Sacro Cuore176 e a Cristo Re177.
Naturalmente, queste devozioni ricevono un rilievo particolare in relazione
all’evolversi dei tempi, delle esigenze e sensibilità. Così, è ovvio che la devo-
zione al Sacro Cuore sia enfatizzata quando D. Bosco è impegnato nella costru-
zione della basilica al Castro Pretorio in Roma. Ed è altrettanto ovvio che torni
in primo piano, sul finire del secolo, quando Leone XIII indice l’anno santo e in-
vita ad inaugurare il nuovo secolo con la consacrazione dell’umanità al Cuore di
Cristo178. In questa specifica occasione, poi, è evidentemente sottolineata anche
la dimensione pubblica, sociale della devozione. In altri termini, i lettori del BS
sono invitati a prendere coscienza che la consacrazione proposta non è un fatto
puramente personale e intimistico, ma ha una chiara valenza collettiva, per non
dire sociale: ciò che si vuole consacrare, oltre il singolo fedele, sono le nazioni e
le pubbliche istituzioni. Di qui, conseguentemente, un ulteriore incoraggiamento
alla testimonianza laicale nella società del nuovo secolo; un secolo che i Coope-
ratori propizieranno, appunto, «con le opere della carità», dopo aver riparato
«con la fede e con la pietà le grandi ruine apportate alla società dal secolo mo-
rente»179. Del resto, D. Bosco stesso aveva mai mancato di sottolineare la di-
172 Il bell’esempio d’un gruppo di Cooperatori e i loro voti per un’intensa cooperazione,
in BS 41 (1917) 9, 229-231.
173 In proposito, ancora per il Congresso di Torino, cf Atti III, p. 242.
174 Il BS riporta fedelmente tutti i numerosi interventi di Leone XIII volti a inculcare la
devozione mariana e la recita del rosario. Si veda, ad es., l’enciclica riportata in BS 22 (1898)
10, 246-247.
175 Per una contestualizzazione: A. DORDONI, San Giuseppe modello dei lavoratori. La
figura del santo artigiano di Nazaret in Italia dall’Unità Nazionale alla fine dell’Ottocento,
in Annali di Scienze Religiose 7 (2002) 275-298.
176 Per vari anni, ogni numero del BS di giugno si apre ricordando la devozione del
Sacro Cuore. Così in: BS 9 (1885) 6, 77-80; BS 15 (1891) 6, 98-99; BS 16 (1892) 6, 105-107;
BS 17 (1893) 6, 106-107. La devozione è però inculcata anche in altri mesi: BS 10 (1886) 11,
125-126; 12, 116-117.
177 Gesù Cristo nostro Dio e nostro Re, in BS 7 (1883) 2, 21-25: violenta polemica
contro un «lurido fogliaccio» torinese che bestemmia, fin nel titolo, il nome di Gesù Cristo.
Contro tale bestemmia si suggeriscono: giaculatorie, adorazione, catechesi sulla Messa e Co-
munione. Come informa il numero seguente del BS (p. 39), l’articolo viene stampato a parte e
distribuito in centomila copie; alla loro diffusione sono caldamente invitati i Cooperatori. Si
veda inoltre: Il regno di Gesù Cristo, in BS 23 (1899) 8, 195-198.
178 Così, il BS del 1899 è insistente sull’argomento: Il Sacro Cuore di Gesù all’alba del
Novecento, in BS 23 (1889) 6, 138-140; Enciclica del Santo Padre Leone XIII sulla consacra-
zione degli uomini al SS. Cuore di Gesù, in BS 23 (1889) 7, 169-172; Il regno di Gesù Cristo
(già cit.); Un altro prezioso documento sulla divozione al Sacro Cuore di Gesù, in BS 23
(1889) 9, 223-225; Il Cuor di Gesù nell’Anno Santo, in BS 24 (1900) 6, 151-153.
179 Il Sacro Cuore di Gesù all’alba del Novecento, pp. 138-139.

4.7 Page 37

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L’apostolato dei laici nella chiesa tra Otto-Novecento … 199
mensione pubblica del culto al Sacro Cuore, come ricorda il BS informando
sulla donazione del Tibi dabo (1886), per la costruzione di un tempio allo stesso
Sacro Cuore180.
L’accento su questo culto torna a farsi sentire nel 1916 quando Benedetto
XV invita le famiglie a consacrarvisi181, mentre D. Albera proporrà, poco dopo,
analogo atto devoto nei confronti della Sacra Famiglia182, a riprova dell’atten-
zione con cui i Cooperatori sono sollecitati ad una vita di pietà in sintonia con
l’evolversi della sensibilità ecclesiale.
c) Un ampio ventaglio di impegni
Sulla base di una solida vita cristiana personale, al laico impegnato il BS
prospetta, nel corso degli anni, una serie notevole di possibili apostolati.
Alcuni fanno parte della tradizione ecclesiale, ma assumono una particolare
caratterizzazione in àmbito salesiano. È il caso dell’aiuto spirituale e materiale
alle vocazioni183, che nella Famiglia salesiana si orienta anche all’appoggio delle
vocazioni in età adulta attraverso l’Opera di Maria Ausiliatrice voluta dalla
stesso D. Bosco184.
Altre proposte di impegno non risultano necessariamente sbocciate nel-
l’alveo salesiano, ma trovano ugualmente il totale sostegno della testata: dalla par-
tecipazione alle leghe contro la pornografia185, contro bestemmia e turpiloquio186,
180 Don Bosco nella Spagna e il monte «Tibi dabo», in BS 10 (1886) 7, 77-78.
181 Benedetto XV e la divozione al S. Cuore di Gesù, in BS 40 (1916) 6, 161-162; Ai
Cooperatori salesiani. Opere raccomandate. I. La Consacrazione delle famiglie al S. Cuore di
Gesù, in BS 41 (1917) 2, 33-35.
182 Il sac. Paolo Albera ai Cooperatori e alle Cooperatrici di Don Bosco, in BS 43 (1919)
1, 1-7; qui p. 7; nell’anno, segue poi una sorta di rubrica dal titolo Omaggio internazionale dei
Cooperatori alla Sacra Famiglia, in BS 43 (1919) 2, 29; 3, 57-58; BS 43 (1919) 4, 86-8.
Inoltre: Cooperatori e Cooperatrici, consacratevi alla Sacra Famiglia, in BS 43 (1919) 5, 113.
183 Cooperazione salesiana. Una parola alle madri cristiane, in BS 40 (1916) 8, 225-
226; Cooperazione salesiana. Promuoviamo tutti nuove vocazioni sacerdotali e Una vocazione
impedita, in BS 40 (1916) 9, 257-262. Quanto ai Congressi: Deliberazioni del Congresso di
Bologna, in BS 19 (1895) 7, 169-191; qui p. 169.
184 Il gemito d’una madre. Appello ai Direttori e Decurioni dei Cooperatori Salesiani in
favore dell’Opera di Maria Ausiliatrice per le vocazioni degli adulti allo stato ecclesiastico, in
BS 21 (1897) 3, 57-59 (cui segue, tra le pp. 68 e 69, un inserto non numerato che presenta lo
statuto dell’Opera e un modulo per le offerte); Il paradiso dell’anima, in BS 21 (1897) 4, 81-
83; L’opera più cara al cuor di Don Bosco, in BS 23 (1899) 3, 65-66; Vasto campo di azione
salesiana ossia l’Opera di Maria Ausiliatrice per le vocazioni degli adulti allo stato ecclesia-
stico, in BS 23 (1899) 4, 87-92.
185 Per la moralità pubblica, in BS 23 (1899) 5, 119-120: lega fondata in Torino nel 1894.
186 Un bell’esempio. Lega Nazionale contro la bestemmia e il turpiloquio, in BS 40
(1916) 5, 130; La Lega Nazionale contro la bestemmia e il turpiloquio, in BS 40 (1916) 8, 228-
229; Lega Nazionale contro la bestemmia e il turpiloquio, in BS 40 (1916) 11, 323; Contro il
turpiloquio, in BS 41 (1917) 10, 263-264; Combattiamo la bestemmia e il turpiloquio, in BS
42 (1918) 8, 137-138

4.8 Page 38

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200 Giuseppe Biancardi
contro la moda indecorosa187, alla lotta all’alcolismo188, e al malcostume189, al so-
stegno della crociata spirituale per i moribondi suggerita dal Guanella190.
d) La stampa
Martellante è poi l’esortazione ad impegnarsi contro la stampa cattiva e a
favore dei buoni libri191. Per una più efficace attuazione di questo «nobile ed im-
portante apostolato»192, il BS non esita a specificare i consigli ai Cooperatori.
Essi dovrebbero: consigliare buoni libri, preparando anche schede bibliografiche
e inviandole alle riviste perché le divulghino; parlare della buona stampa e rac-
comandarla; comperare i testi presso le librerie cattoliche per sostenerle econo-
micamente; impiantare biblioteche circolanti; abbonarsi alla stampa periodica
veramente cattolica; se persone facoltose, aiutare questo settore dell’impegno
apostolico, ad esempio acquistando libri per le biblioteche degli oratori ed istitu-
zioni affini193.
Sulla stessa lunghezza d’onda si pongono i voti dei Congressi Internazio-
nali, che raccomandano: la stampa salesiana, in particolare le Letture Cattoliche
e lo stesso BS; la vigilanza sui testi scolastici per le scuole di ogni ordine e grado
(di cui si dirà più ampiamente tra breve); il controllo a che non entrino nelle case
libri contrari alla fede e alla morale194.
e) Il catechismo
Altrettanto insistente e naturale, per i collaboratori laici di una famiglia re-
ligiosa nata da «un semplice catechismo»195, è la sottolineatura della pastorale
catechistica cui anche i laici possono collaborare attivamente. Favorire il cate-
chismo, «fare il catechismo», dovrebbe essere il compito di ogni cooperatore:
187 Per una crociata contro la moda indecorosa, in BS 44 (1920) 3, 79.
188 Un abuso deplorevole, in BS 39 (1915) 5, 138-139.
189 Battaglia santa!, in BS 39 (1915) 12, 361-362.
190 Una santa crociata pei moribondi, in BS 41 (1917) 5, 136.
191 Diamo, al riguardo, solo i riferimenti essenziali: BS 4 (1880) 6, 9; 12, 3; BS 5 (1881)
12, 2; BS 6 (1882) 4, 75-76; 12, 194-199; BS 7 (1883) 11, 173-174; 12, 199-200; BS 9 (1885)
7, 106-107; BS 10 (1886) 7, 83; BS 11 (1887) 2, 13-14; BS 12 (1888) 1, 11-12; BS 15 (1891)
3, 47; BS 16 (1892) 7, 125-128; 11, 229-230; BS 17 (1893) 3, 48-50; 3, 60; BS 22 (1898) 1,
27; BS 24 (1900) 10, 269-272; BS 32 (1908) 11, 322-323 e 351; BS 35 (1911) 1, 1; 2, 34-36;
BS 40 (1916) 3, 91; 12, 354-355; BS 42 (1918) 11, 213-215; BS 43 (1919) 2, 30-32.
192 Nobile ed importante apostolato, in BS 21 (1897) 2, 33-34.
193 Ibid.
194 Deliberazioni del Congresso di Bologna, in BS 19 (1895) 9, 226-228; qui 227-228; F.
DURÁ, Prensa popular y escolar, in Actas II, pp. 128-135, con i voti relativi alle pp. 153-154;
Atti III, pp. 239-240.
195 La nota espressione di D. Bosco è in E. CERIA, Annali della Società Salesiana dalle
origini alla morte di S. Giovanni Bosco (1841-1888), vol. 1, Torino, SEI 1941, p. 103.

4.9 Page 39

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L’apostolato dei laici nella chiesa tra Otto-Novecento … 201
«Il Catechismo! L’insegnamento della dottrina Cristiana! Ecco il gran bi-
sogno del giorno! Il secolo XIX va incontro a terribili catastrofi, special-
mente perché nelle masse del popolo si è illanguidita la fiaccola delle eterne
verità […]. Noi vorremmo che ogni Cooperatore fosse un catechista, che o
per suo mezzo, o per mezzo di altri cercasse di esercitare questo nobilis-
simo fra tutti gli ufficii, e così inerente al carattere di Cristiano»196.
Consapevoli dell’importanza del catechismo nel pensiero e nell’azione di
D. Bosco, i redattori del BS non si limitano all’esortazione generica, pur fre-
quentissima197, ma articolano il loro discorso, presentando questa urgenza pasto-
rale sotto diversi aspetti.
Intanto, è presente nelle pagine del periodico una informazione puntuale su
quanto avviene in campo catechistico nel contesto ecclesiale.
Fin dal 1880 si informano i lettori che il Comitato Piemontese dell’Opera
dei Congressi, negli Atti del suo primo raduno (Torino, dicembre del 1878) ha
dato ampio rilievo al catechismo, assegnando ai propri comitati locali un triplice
campo d’azione: la parrocchia (in cui il laico può aiutare il parroco), la famiglia
(stimolando con tatto la catechesi anche nelle famiglie altrui), la scuola (favo-
rendo le scuole private che garantiscono l’insegnamento religioso e sostenendo,
nelle elezioni municipali, i candidati cattolici, per avere ancora assicurato il cate-
chismo nelle aule scolastiche)198.
Sul finire del 1889, un ampio articolo ragguaglia in merito al primo Con-
gresso Catechistico Nazionale italiano; in questo contesto, ad edificazione ed
incoraggiamento, si fa pure riferimento allo spirito di iniziativa catechistica
dei cattolici belgi, facendo notare che a Bruxelles, fin dal 1851 è attiva un’Opera
dei catechismi fondata dalle Dame dell’Adorazione199.
Significativo per la storia della catechesi nell’àmbito della Famiglia Sale-
siana è l’intervento di D. Rua, segnalato dal BS nel gennaio del 1894. Il Rettor
Maggiore, all’inizio dell’anno scolastico 1893-1894, invita i responsabili delle
comunità locali ad adottare i testi catechistici redatti dal can. Schüller; l’invito è
da evidenziare, perché – come abbiamo ricordato più sopra – si tratta di formu-
196 L’opera dei catechismi, in BS 13 (1889) 9, 113-115; qui pp. 113 e 114.
197 Riferimenti basilari: BS 4 (1880) 7, 12; BS 5 (1881) 10, 3-4; BS 6 (1882) 3, 45-46;
11, 185; BS 12 (1888) 7, 86-87; BS 14 (1890) 11, 187-188; 12, 231; BS 15 (1891) 6, 110-111;
BS 16 (1892) 3, 50-52; 7, 139; BS 17 (1893) 8, 161; 10, 201; BS 18 (1894) 2, 25-28; 4, 71-73;
11, 252; BS 19 (1895) 9, 229-230; BS 21 (1897) 4, 83; BS 23 (1889) 5, 133; BS 35 (1911) 6,
163-165; BS 39 (1915) 3, 79-81; BS 40 (1916) 5, 136; 5, 157; BS 41 (1917) 11, 288; BS 42
(1918) 12, 241-245; BS 43 (1919) 2, 33-35; BS 44 (1920) 11, 279-280. Varie delle pp. segna-
late si limitano ad informare su gare catechistiche. Ma anche questa ripetitività è indice del-
l’importanza attribuita dal BS al catechismo e diventa stimolo alla imitazione nei Cooperatori
volenterosi.
198 Norme per promuovere il catechismo, in BS 4 (1880) 11, 3-4.
199 È il già cit.: L’opera dei catechismi.

4.10 Page 40

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202 Giuseppe Biancardi
lari che nelle vicende catechistiche dell’epoca suscitano non poco scompiglio200.
Di respiro più internazionale risultano altri due successivi interventi sul no-
stro tema: nel 1905 abbiamo una presentazione della enciclica di Pio X Acerbo
nimis201, con l’elencazione di tutta la parte normativa del documento papale,
mentre sul finire del 1914 è proposto in sintesi il magistero catechistico del card.
Della Chiesa, eletto da poco al soglio pontificio come Benedetto XV202.
Accanto a quelle riservate ad una informazione abbastanza puntuale, come
già si è notato, si susseguono nel BS le pagine esortative. Anche in questo caso
non mancano indicazioni che vanno oltre il generico invito. Così, il ministero
catechistico è suggerito specificamente ai giovani volenterosi203, mentre ai Coo-
peratori si prospetta l’impegno in prima persona nei catechismi quaresimali.
L’indicazione è, certo, ad aiutare il parroco ma anche a fare direttamente il cate-
chismo, in casa e fuori, o almeno ad incentivare la partecipazione alla dottrina
e a offrire regali per le gare catechistiche204.
A quanti intendano applicarsi in questo campo il BS offre pure suggeri-
menti di ordine metodologico. Questi, nel corso dei quattro decenni che qui ci in-
teressano, risultano sostanzialmente di tipo tradizionale: al catechista si chiede
cioè di far imparare a memoria il testo, offrire brevi e semplici spiegazioni, in-
terrogare molto, trarre la morale dalla dottrina, concludere la lezione con un rac-
conto, lodare e premiare con discrezione 205. Manca, insomma, una effettiva
apertura alle indicazioni emergenti dal movimento catechistico che fin dagli anni
Settanta dell’Ottocento era andato proponendo innovazioni significative prima a
livello metodologico e poi addirittura contenutistico. Semmai si incoraggiano i
200 Il Compendio e la Spiegazione della Dottrina Cristiana per Mons. Ludovico Schüller,
in BS 18 (1894) 1, 16-17.
201 L’insegnamento del catechismo, in BS 29 (1905) 6, 162-164.
202 Benedetto XV e il Catechismo, in BS 38 (1914) 12, 355-356.
203 DON SIMPLICIO, Agli amanti della gioventù. Lettere sugli Oratori festivi. Per i giovani
catechisti, in BS 34 (1910) 1, 13-14. D. Simplicio è probabilmente lo pseudonimo di D. Ste-
fano Trione (1856–1935), sul quale cf il Dizionario biografico dei Salesiani, a cura dell’Uf-
ficio Stampa Salesiano, Torino, Scuola Grafica Salesiana 1969, pp. 275-276, ad vocem.
204 I Cooperatori Salesiani e i Catechismi quaresimali, in BS 40 (1916) 3, 65-66. Cf pure
L’insegnamento del catechismo. Cf inoltre Atti III, 225, e nelle Deliberazioni del Congresso di
Bologna, in BS 19 (1895) 7, 170, la proposta che il Cooperatore datore di lavoro faccia il cate-
chismo ai suoi dipendenti.
205 Il Catechismo!, in BS 16 (1892) 3, 50-52. Anche negli anni seguenti non si registrano
significative evoluzioni, come ben dimostrano l’esortazione di D. Rua ad adottare i catechismi
dello Schüller e l’intervento Per l’insegnamento del Catechismo. Consigli e norme ai cate-
chisti, in BS 35 (1911) 5, 132-134. Più tardi ancora, ormai nel 1916, si cita incidentalmente
mons. Luigi Vigna, come «zelantissimo sostenitore e propagatore dell’insegnamento del Cate-
chismo in forma di vera scuola, col metodo ciclico-intuitivo», senza poi riprendere questa me-
todologia veramente innovativa. Troviamo solo, a inizio secolo, la segnalazione di un cate-
chismo illustrato che offre al periodico l’occasione per evidenziare l’importanza dell’immagine
nella catechesi: Il Catechismo illustrato, in BS 25 (1901) 7, 199-201.

5 Pages 41-50

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5.1 Page 41

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L’apostolato dei laici nella chiesa tra Otto-Novecento … 203
catechisti volenterosi, indicando figure esemplari di laici impegnati nel far cate-
chismo 206.
f) Contro la scuola laica che ha abolito l’insegnamento religioso
L’analisi della proposta del BS quanto ad impegno catechistico laicale con-
duce quasi necessariamente ad accennare all’atteggiamento del periodico sul
tema dell’eliminazione dell’insegnamento religioso dalla scuola. Sappiamo che,
nel periodo oggetto del nostro studio, è fenomeno comune a vari paesi, non solo
europei ma anche – ad esempio – latinoamericani.
Ancora una volta, la posizione del Bollettino non può che essere batta-
gliera.
Oggetto dei suoi strali risulta, ovviamente, la scuola laica, mostruoso pro-
dotto delle moderne società. Con la scuola laica, cioè la scuola senza Dio, esse
portano alla rovina le giovani generazioni e, in ultima analisi, fanno male pure a
se stesse perché formano uomini senza idealità morali, solo capaci di soddisfare
i propri istinti che spesso collidono con quelli della civile convivenza.
In positivo, la lotta è a favore della catechesi scolastica. Anche per questo
tema dobbiamo registrare nella testata una attenzione costante207, come pure,
con il superamento della generica invettiva, l’indicazione abbastanza dettagliata
sul come i Cooperatori dovrebbero affrontare la situazione: evitare il pessi-
mismo; chiedere l’insegnamento religioso per le classi elementari; nei livelli su-
periori di istruzione, iscriversi alle scuole che garantiscono l’insegnamento reli-
206 Uno studio di suprema importanza, in BS 14 (1890) 11, 187-188. Si porta a modello
di catechista laico impegnato Alessandro Volta che, secondo un’antica tradizione – peraltro non
perfettamente controllata storicamente – si impegnava assiduamente nel fare catechismo ai
ragazzi delle classi popolari di Como.
207 Il Sacro Cuore di Gesù, in BS 8 (1884) 11, 162-165: polemica contro la scuola che ha
estromesso Gesù Cristo dalle aule; L’insegnamento religioso nelle scuole, in BS 20 (1896) 10,
257-259: si raccomanda come testo di religione l’opera in 2 voll. del teologo F. PAGLIA, La ra-
gione guida alla fede, o almeno un suo compendio; questo sussidio, più volte pubblicizzato dal
BS, avrà una certa diffusione e sarà proposto anche nel Congressi degli oratori italiani; O. MO-
RANTI, Scuola, religione e patria (Pensieri), in BS 21 (1897) 9, 217-219; articolo ripreso dal
periodico Fede e Scuola, organo della Pia Opera per la conservazione della Fede nelle scuole
d’Italia; Il cuore di D. Bosco e la gioventù, in BS 24 (1900) 6, 154-158; Il dovere dei cattolici
nell’ora presente, in BS 24 (1900) 9, 239-241: l’assassinio di Umberto I, mostra all’evidenza la
necessità di tornare all’insegnamento religioso nella scuola perché simili barbarie non abbiano
più a ripetersi; Le scuole salesiane e le scuole laiche, in BS 24 (1900) 10, 273-275, ove si af-
ferma icasticamente, riprendendo una espressione del Tommaseo, che «la scuola se non è
tempio è tana» (p. 274; ma la formula ritorna varie volte in altri interventi); Il fondamento del-
l’educazione salesiana, in BS 25 (1901) 7, 174-176; Alla vigilia dell’apertura delle scuole.
Considerazioni dedicate ai genitori, in BS 26 (1902) 9, 259-261; La religione nell’educazione,
in BS 26 (1902) 12, 355-357; Riaprendosi le scuole, in BS 27 (1903) 10, 286-288; L’insegna-
mento religioso nelle scuole, in BS 32 (1908) 2, 33-35; «Salviamo la gioventù!», in BS 36
(1912) 12, 359-360.

5.2 Page 42

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204 Giuseppe Biancardi
gioso208 o alle scuole di religione extrascolastiche209; ricorrere a tutti i possibili
appigli legali per reintrodurre la religione nelle aule210.
I Congressi, da parte loro, aggiungono la richiesta di: controllo sui testi
scolastici e, in particolare, sul libro di scuola che illustra i diritti e doveri del cit-
tadino211; segnalazione sul BS dei testi adottati nelle scuole salesiane, che serva
da orientamento per tutti; reclami presso le competenti autorità di fronte alla pre-
senza, nelle aule scolastiche, di testi inadatti; denunce alla stampa nel caso non
si ottenga soddisfazione212.
g) Per una educazione ed una scuola cristiane
Strettamente correlato al tema dell’istruzione religiosa scolastica è quello
più generale della educazione e della scuola, strumento di per sé privilegiato per
una autentica formazione. Il compito educativo appartiene a pieno titolo al ca-
risma salesiano, ed è dunque logico attendersi e trovare nel BS varie pagine ri-
servate all’argomento.
La tesi di fondo ivi espressa può essere così modulata: a) necessità delle
educazione213, b) di una educazione cristiana214, c) da dare quanto prima al mi-
nore che cresce215, d) in una scuola e in una famiglia cristiane, d) nell’ottica del
metodo educativo di D. Bosco, che è metodo ideale.
Volendo approfondire lo sviluppo di questi enunciati basilari, si dovrebbero
riproporre qui molti elementi del quadro concettuale già evocato a proposito
208 La scuola ed i genitori, in BS 19 (1895) 8, 202-205.
209 Scuole di religione, in BS 20 (1896) 4, 87-88; Scuole di religione, in BS 41 (1917) 12,
306-307: la scuola di religione è un tema da conferenza mensile ai Cooperatori; Per le Scuole
di Religione, in BS 42 (1918) 8, 139-141. L’attenzione alle scuole di religione è costante anche
nei Congressi Internazionali: Deliberazioni del Congresso di Bologna, in BS 19 (1895) 7, 171:
favorirle e costituirle negli Oratori; L. A. PONS, Escuelas de religión, in Actas II, pp. 93-100,
con i voti relativi alle p. 143; Atti III, pp. 226-227.
210 Salviamo la fede nelle scuole, in BS 25 (1901) 9, 242-244; Deliberazioni del Con-
gresso di Bologna, in BS 19 (1895) 8, 200-202; qui p. 200 (con esplicito riferimento a far ri-
corso alla legge, se il caso). Le indicazioni sopra elencate diventano più comprensibili se lette
alla luce delle vicende dell’insegnamento religioso nella scuola italiana, cui s’è fatto cenno in
precedenza.
211 Anche per la comprensione di questo suggerimento si rimanda alle pp. precedenti.
212 Deliberazioni del Congresso di Bologna, in BS 19 (1895) 9, 227-228; Actas II,
pp. 153-154; Atti III, pp. 240-241
213 Perché dobbiamo prenderci cura della gioventù, in BS 20 (1896) 2, 29-31; Forza
della buona educazione, in BS 20 (1896) 8, 198-199; Tristi effetti della cattiva educazione,
in BS 20 (1896) 9, 225-226; Il Fondamento della ristorazione sociale, in BS 23 (1899) 6,
141-142; La lotta per la vita, in BS 25 (1901) 10, 271-273.
214 G. MARENCO, I fanciulli e della necessità di educarli cristianamente, in BS 37 (1913)
3, 80-81 e BS 37 (1913) 5, 146-147.
215 Un errore da evitarsi nell’educazione dei figli, in BS 20 (1896) 3, 57-60: l’errore cui
allude il titolo è precisamente quello di rinviare l’intervento educativo.

5.3 Page 43

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L’apostolato dei laici nella chiesa tra Otto-Novecento … 205
della formazione religiosa nella scuola. Cioè, anche a riguardo dell’azione edu-
cativa in genere troviamo la denuncia dell’educazione naturalistica e laica del
momento, per cui se ad un cattolico l’impegno educativo è richiesto dalla fede216,
lo è anche dalla necessità di contrastare l’educazione dei «settari»:
«Ad accudire la gioventù devono esserci di valido eccitamento gli sforzi al-
tresì che fanno i settari di ogni colore per corromperla nella mente e nel
cuore, imbeverla di false massime, infiammarla alle ree passioni, incammi-
narla nella via del disordine, per strapparle la fede ed il buon costume, e
perderla nel corpo e nell’anima»217.
Con tinte fosche218 il BS descrive le conseguenze dell’educazione «set-
taria» e, per contrasto, fa emergere – e siamo all’aspetto propositivo del discorso
– l’importanza e l’urgenza di un intervento educativo in chiave cattolica che,
solo, può portare il giovane alla piena realizzazione di sé sul piano umano e cri-
stiano, nonché arrecare i veri vantaggi alla società219. Non v’è dubbio, infatti,
che la vera educazione è quella religiosa, in quanto forma anzitutto l’uomo ai
suoi doveri spirituali e morali.
Strumento privilegiato per una tale educazione, insieme alla famiglia, do-
vrebbe essere la scuola. Tutti i Cooperatori sono allora chiamati a lottare contro
la scuola laica e a favore di quella cristianamente ispirata. Di qui l’opera capil-
lare che possono svolgere, sollecitata soprattutto attraverso i Congressi: rivendi-
care la libertà di insegnamento, specie a livello elementare; scegliere – ancora
una volta – la scuola confacente ai propri ideali di fede; favorire la creazione di
scuole della Famiglia Salesiana; creare pensionati per studenti delle scuole supe-
riori e università, dotando queste strutture di biblioteche, sale di lettura, luoghi di
ritrovo e palestre; collocare presso famiglie moralmente sicure i giovani studenti
che si recano in città per studio; creare negli oratori centri di interesse per questi
giovani; favorire la stampa che tratta questioni scolastiche in ottica cristiana; in-
coraggiare lo studente universitario a iscriversi in circoli universitari cattolici;
parimenti, suggerire agli insegnanti l’iscrizione ad associazioni di categoria di
ispirazione cattolica220.
216 Perché dobbiamo prenderci cura della gioventù, p. 30.
217 Ibid., p. 31: «Son cessati, è vero, i barbari sacrifici degli antichi Druidi, i quali di
tratto in tratto offerivano alle false loro divinità un’ecatombe di fanciulli bruciandoli vivi; sono
tra noi passati i tempi nei quali, come ci racconta la Sacra Scrittura, crudeli genitori portavano
i loro figliuoli nelle braccia infuocate della statua di bronzo dell’idolo Moloc; ma pur troppo
presero voga altri sacrifici non meno barbari di quelli, sacrifici che si compiono impunemente
nelle scuole, nei collegi, nei teatri, nei ricreatori, nelle officine, nelle fabbriche, e in cento e in
mille altri luoghi di empietà e di mal costume».
218 Tristi effetti della cattiva educazione.
219 Il Fondamento della ristorazione sociale.
220 Deliberazioni del Congresso di Bologna, in BS 19 (1895) 7, 169-170; Atti III,
pp. 227-229; Echi del V° Congresso, in BS 30 (1906) 11, 327-328; Actas VI, p. 163.

5.4 Page 44

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206 Giuseppe Biancardi
Un ruolo di primo piano, in campo educativo, è riservato alla donna e alla
madre 221, perché il suo intervento, particolarmente a livello religioso 222, ha
un’efficacia unica. È così aperto un nuovo campo di apostolato per il laicato che
si ispira al carisma salesiano: l’aiuto alle giovani e la preparazione al loro com-
pito di spose e madri223, specialmente attraverso la collaborazione con le Figlie
di Maria Ausiliatrice, la cui opera è costantemente descritta in ogni numero del
periodico.
I Congressi Internazionali si incaricano di specificare ai Cooperatori i pos-
sibili interventi anche su questo particolare settore di attività: affidare le ragazze
solo a quelle scuole che garantiscano l’insegnamento e le pratiche religiose, fa-
cendone propaganda adeguata; favorire in tutti i modi la catechesi femminile; in-
tervenire nei municipi perché siano assunte maestre professionalmente preparate
ma soprattutto atte a garantire la formazione cristiana degli scolari loro affidati;
fondare oratori festivi, scuole domenicali e scuole di lavoro femminili e affi-
darne la direzione alle suore; sostenere queste strutture ove già esistano; pro-
muovere l’introduzione di personale religioso femminile negli stabilimenti indu-
striali, come assistenti delle ragazze ivi impiegate e, naturalmente, far conoscere
e aiutare le opere delle Figlie di Maria Ausiliatrice 224.
h) L’oratorio
Affermata la necessità e l’urgenza di una autentica educazione umana e cri-
stiana per ragazzi e ragazze, il BS non può non evocare in ogni sua pagina l’im-
pegno educativo di D. Bosco, di Salesiani e Figlie di Maria Ausiliatrice: educare
è il loro carisma. Di pari passo la testata pone in continua evidenza le concrete
realizzazioni educative del carisma salesiano, prime fra tutte l’oratorio e le
scuole, perché siano incrementate o almeno imitate ovunque.
Al tema dell’oratorio il BS, oltre a saltuari articoli, dedica una trattazione
sistematica divisa in due parti, a firma di Don Simplicio. La prima prende il via
con il gennaio 1903. Sotto il titolo generale: Gli oratori festivi. Lettera aperta
agli amanti della gioventù, per vari numeri del periodico225, l’Autore offre ai
Cooperatori un piccolo trattatello sull’oratorio ideale, evidentemente ispirato a
221 Efficacia dell’educazione materna, in BS 26 (1902) 4, 98-100, e BS 26 (1902) 6,
164-166; La missione della donna cattolica, in BS 36 (1912) 2, 33-35.
222 Alle madri cristiane, in BS 20 (1896) 5, 115-116. Alle madri cristiane si ricorda
l’importanza della educazione alla preghiera da parte loro.
223 L’opera di protezione della giovane, in BS 26 (1902) 10, 290-291; Dell’educazione
della donna, in BS 28 (1904) 8, 226-227; più in generale: Comitati femminili di azione sale-
siana, in BS 29 (1905) 3, 70-71.
224 Deliberazioni del Congresso di Bologna, in BS 19 (1895) 8, 201; Atti III, pp. 234-235.
225 BS 27 (1903) 1, 12-13; 2, 50-51; 4, 107-108; 10, 293-294; 12, 355-356; BS 28 (1904)
2, 40-42; 3, 74-75.

5.5 Page 45

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L’apostolato dei laici nella chiesa tra Otto-Novecento … 207
quello di Valdocco226. Nell’ordine, si illustrano i seguenti temi: Che cos’è un
Oratorio festivo; Origine degli Oratori festivi (indicata in S. Carlo Borromeo, S.
Filippo Neri e D. Bosco); Come si fonda un Oratorio festivo; Come si popola un
Oratorio festivo; Dell’istruzione da impartirsi nell’Oratorio; Dell’utilità degli
Oratori; Della necessità degli Oratori. Seguono nella seconda parte che, con lo
stesso titolo della precedente, appare a partire dall’ottobre del 1904227: Due pa-
role d’introduzione, con Un appello ai RR. Sacerdoti; Due parole a tutti i geni-
tori ed una specialissima ai genitori facoltosi; Come funziona un Oratorio sale-
siano; Del compimento necessario di un Oratorio; Una parentesi228; Delle spe-
ciali attrattive dell’Oratorio; Oratorî e ricreatorî; Gli sports negli Oratorî. La
serie – a quanto pare – si chiude nel dicembre del 1906 con queste paginette de-
dicate allo sport, anche se in calce allo scritto troviamo l’abituale «continua».
L’interruzione si giustifica forse con il fatto che le riflessioni dell’anonimo au-
tore vengono a coincidere sia contenutisticamente che cronologicamente con
quanto il Congresso Internazionale di Milano, tenutosi solo pochi mesi prima,
aveva espresso in materia e veniva fatto conoscere con grande enfasi sul BS.
Infatti, il tema «oratorio» lo troviamo nell’agenda dei lavori di tutti i vari
Congressi dei Cooperatori, con una attenzione che determina voti sempre più
precisi. Fin dai primi, infatti, possiamo registrare le determinazioni che spin-
gono i Cooperatori a prendere a cuore gli oratori, a sostenerli, a farsene collabo-
ratori, a mandarvi i propri figli, a fondarli ed aiutarli coinvolgendo anche gli ex-
allievi229. Ma queste indicazioni di ordine ancora piuttosto generale trovano suc-
cessivamente più precise specificazioni. Già nel Convegno di Torino, il terzo,
accanto al tradizionale suggerimento della valorizzazione del teatro e della mu-
sica, cogliamo l’idea di «una speciale sezione per i più adulti, allo scopo di inte-
grare l’educazione religiosa con una buona educazione sociale quale è richiesta
dai tempi, affinché fattosi il giovane buon cristiano nell’Oratorio, si manifesti
poi buon cattolico nella vita pubblica»230. Quanto mai dettagliati, poi, ci risul-
tano i voti milanesi che prospettano: comitati di sacerdoti e laici per fondare e
sostenere oratori; costituzione, negli oratori, di circoli sportivi; organizzazione di
gite ricreative ed istruttive insieme, scholae cantorum e di musica strumentale,
bande musicali, sezioni filodrammatiche e istituzioni utili alla «perseveranza»,
come le sezioni ex-allievi e le Conferenze della S. Vincenzo231.
226 BS 27 (1903) 1, 13.
227 BS 28 (1904) 10, 298-301; 11, 331-332; 12, 360-361; BS 29 (1905) 4, 103-104; 10,
287-289; 11, 323-325; BS 30 (1906) 2, 37-38; 12, 364-366.
228 La «parentesi» è in seguito alla pubblicazione della Acerbo nimis di Pio X e serve a
D. Simplicio per presentare l’oratorio come luogo ideale in cui attuare le direttive pontificie sul
catechismo.
229 Atti I, p. 144; Actas II, p. 143.
230 Atti III, pp. 225-226. Cogliamo qui un abbozzo della preoccupazione per l’impegno
sociale di cui diremo più ampiamente fra breve.
231 BS 30 (1906) 10, 296-298. Queste pagine registrano anche le titubanze emerse al

5.6 Page 46

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208 Giuseppe Biancardi
i) Il livello del coinvolgimento laicale (nell’oratorio)
In margine al sin qui detto sull’oratorio merita soffermarsi su alcune pagine
inusuali nel BS: pagine che raccolgono un dibattito tra lettori sul livello del coin-
volgimento laicale nelle opere a favore dell’educazione dei giovani. Nelle sue
fasi iniziali il confronto sembra comprendere varie istituzioni educative, ma in
concreto il punto di riferimento è sostanzialmente l’oratorio.
Possiamo pertanto riassumere qui i termini della discussione che prende
avvio nel BS del giugno 1916 con una lettera di mons. A. Brugnoli, parroco di
Asolo (Treviso)232. Il sacerdote, segnalata in apertura del suo scritto come «più
che mai urgente la necessità di provvedere, con opere opportune, alla salvezza
della nostra gioventù», indica tali opere: «Oratori festivi, i Patronati, i Dopo-
scuola, ecc.». Subito dopo, però, si chiede «come si può dar vita a una di tali
opere e farla fiorire» e, tra le difficoltà che possono emergere, coglie «prima fra
tutte, la mancanza di personale idoneo»233. E dopo aver osservato che non basta
del personale qualsiasi, anche a livello di clero, conclude icasticamente: «Se si
vuol salvare la nostra gioventù, occorre fare qualche cosa per avere un personale
idoneo a cui affidare le opere giovanili!»234.
In calce alla lettera, il BS fa proprio il problema del sacerdote trevigiano e
sollecita dai Cooperatori la risposta alla domanda: «Come si può avere personale
idoneo, cui affidare le opere giovanili?» 235, annunciando, nel contempo, una
successiva presa di posizione.
I restanti numeri del BS del 1916 registrano le risposte dei lettori 236.
Muovendosi in un’ottica tradizionale, vari interventi identificano ancora
nei sacerdoti o nei membri di qualche congregazione religiosa le sole persone
adatte cui affidare le opere giovanili. Conseguentemente, al quesito intorno al
come è possibile avere personale adatto, si risponde sottolineando la necessità
di una formazione specifica per i candidati al presbiterato237. Altri interventi, pur
ribadendo che responsabile primo di un’opera giovanile come l’oratorio deve
Congresso per l’accettazione negli oratori degli «sports» moderni, quali la bicicletta, allargati
per di più agli oratori femminili. Ma le perplessità vengono superate, così come si accetta
l’idea di dare alle nuove organizzazioni sportive nomi non «chiesastici», per superare l’even-
tuale rispetto umano dei giovani: «È una sconfortante necessità questa, ma, pel momento, fu
giudicata degna di essere presa in considerazione» (p. 297).
232 Per la salvezza della Gioventù: Occorre un provvedimento radicale, in BS 40 (1916)
6, 165-166.
233 Ibid., p. 165.
234 Ibid., p. 166.
235 Ibid.
236 Sotto lo stesso titolo: Il nostro quesito. «Come si può avere personale idoneo cui
affidare le opere giovanili?», troviamo le risposte dei lettori in BS 40 (1916) 7, 195-196; 8,
230-234; 9, 267-272; 10, 296-300.
237 Cf BS 40 (1916) 7, 195-196; 9, 268: si suggerisce la formazione dei seminaristi; BS
40 (1916) 8, 230-232: si pensa alle congregazioni religiose, tradizionali e nuove.

5.7 Page 47

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L’apostolato dei laici nella chiesa tra Otto-Novecento … 209
essere il sacerdote «preparato, formato, vivente in questo ministero», concedono
largo spazio agli stessi giovani che frequentano l’ambiente oratoriano con mag-
gior disponibilità: opportunamente formati attraverso un adeguato tirocinio, essi
possono contribuire benissimo alla conduzione dell’oratorio stesso. È la proposta
di mons. Luigi Vigna, figura di spicco nel movimento catechistico italiano238.
Qualche altra lettera, inoltre, invoca il coinvolgimento delle figure laicali già da
tempo valorizzate nell’abituale azione pastorale: i catechisti239 e i membri della
S. Vincenzo240.
Ma, frammiste alle precedenti, altre risposte allargano ancor più significati-
vamente gli orizzonti. Abbiamo così la proposta della creazione di istituti na-
zionali nei quali i vescovi potrebbero mandare persone qualificate a prepararsi,
«cui in seguito sarebbero affidate le molteplici opere giovanili da far sorgere in
diocesi…»241. Più espliciti ancora altri interventi:
«I buoni cattolici non mancano. I cattolici tutti d’un pezzo esistono ancora.
Reclutiamo questi. Si facciano conoscere ad essi le norme principali colle
quali si vogliono educati i giovani d’oggi, e si lasci ad essi piena e completa
la responsabilità»,
ma con il controllo ultimo dell’autorità diocesana242. E ancora: «bisogna ricor-
rere all’opera di personale laico», da formare preliminarmente «presso un Ora-
torio od un patronato ben diretto da qualche famiglia religiosa»243. In tema di
formazione, un altro lettore, pensando ad educatori laici veramente cattolici,
giunge a proporre questi articolati passaggi: preparazione teorica di base in
scuole ad hoc; successiva autoformazione del candidato educatore; giudizio di
idoneità da parte di un comitato di controllo, che sarebbe poi incaricato di in-
viare ove necessario l’educatore ormai pronto al suo servizio244.
A conclusione del dibattito, la posizione del BS è illustrata sul numero di
novembre del 1916245. Richiamati l’origine del quesito e i termini del problema,
il periodico, rifacendosi implicitamente ad un classico convincimento di D.
Bosco, sostiene la tesi che: «Si deve distinguere tra “ottimo” e “buon” personale:
ma l’uno e l’altro è da ritenersi “idoneo”, cioè tale cui si possano affidare, con
sicurezza di riuscita, opere giovanili»246. E, per fortuna, personale ottimo e
238 BS 40 (1916) 8, 233.
239 Ibid., p. 232; BS 40 (1916) 9, 270-271.
240 BS 40 (1916) 10, 296.
241 Ibid. 8, 231.
242 Ibid. 9, 267.
243 Ibid. 10, 296.
244 Ibid. 9, 268.
245 La nostra risposta al quesito: «Come si può avere personale idoneo cui affidare le
opere giovanili?», in BS 40 (1916) 11, 324-327.
246 Ibid., p. 325.

5.8 Page 48

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210 Giuseppe Biancardi
buono già esiste o può essere preparato, sia tra i sacerdoti che tra i laici247. Su-
bito dopo, la testata passa ad offrire alcune indicazioni sulla base della pre-com-
prensione manifestata anche da diversi interlocutori: le istituzioni di formazione
giovanile cui occorre provvedere personale adatto sono sostanzialmente di in-
dole catechistica e si identificano, in ultima analisi, con gli oratori festivi248.
Posta questa scelta di campo, il BS mostra di condividere gli orientamenti espli-
citamente indicati da mons. Riva e dallo stesso mons. Brugnoli che, con il suo
interrogativo, aveva dato il via a tutta la discussione: «L’anima, la testa direttiva,
il cuore degli Oratorî e delle opere giovanili dev’essere il sacerdote, il quale una
volta preparato, formato, vivente in questo ministero, sarà suscitatore, propul-
sore, guida di cooperatori nel campo laicale»249. Posta questa premessa, «dap-
pertutto – con un po’ di buona volontà e con un po’ di lavoro – si può formare
“buono” ed anche “ottimo” personale tra i laici, per la più semplice delle opere
giovanili, l’Oratorio festivo»250. Gli ultimi paragrafi della risposta sono volti ad
illustrare come il sacerdote può formare ottimi giovani collaboratori laici e a sol-
lecitare la costituzione capillare di oratori festivi251.
In conclusione, il BS non pare concedere al laicato, almeno per una tipica
istituzione salesiana come l’oratorio, un ruolo dirigenziale. È però corretto asse-
rire che ad esso, anche a quello giovanile, è offerto almeno un alto livello di
responsabilizzazione.
l) L’azione sociale nel mondo del lavoro
Sino ad ora la nostra attenzione si è concentrata sui suggerimenti offerti da
BS e Congressi per un coinvolgimento laicale a livello di attività religiose, cari-
tative ed educative, per la crescita spirituale e morale propria ed altrui.
A completamento del discorso sin qui fatto, dobbiamo chiederci ora se e in
che misura la testata tocca le tematiche più schiettamente sociali, quali lo svilup-
parsi del Socialismo e della questione operaia tra Otto e Novecento.
Per una risposta corretta al quesito occorre probabilmente distinguere tra
un livello teorico ed uno più operativo.
Quanto al primo livello osserviamo che, conformemente all’indole del pe-
riodico, manca nel BS una sistematica trattazione teoretica dei problemi. Cenni
di indole teorica sono rintracciabili qua e là, ad esempio nella presentazione di
testi che affrontano in ottica cattolica il Socialismo e la questione operaia252. Già
247 Ibid.
248 Ibid., pp. 325-326.
249 Ibid., p. 326.
250 Ibid.
251 Ibid., pp. 326-327.
252 Oltre alla già cit. recensione del Saggio intorno al Socialismo ed alle dottrine e ten-
denze socialistiche del conte E. Avogadro della Motta, cf le analoghe recensioni dei voll. di G.
A. TERRENO, La Questione Sociale ed il Clero, in BS 15 (1891) 12, 241 (ma con testo tratto da

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L’apostolato dei laici nella chiesa tra Otto-Novecento … 211
da queste poche e sommarie indicazioni risulta indubbio che, su un piano teore-
tico, la posizione del BS nei confronti dei problemi sociali prende le mosse dalle
affermazioni del cattolicesimo conservatore.
Risulta pertanto chiara una sommaria condanna del Socialismo, global-
mente considerato. Tra le colpe principali ad esso imputate: l’ateismo, l’egualita-
rismo e il rifiuto della proprietà privata. Consapevole della pericolosità di questa
ideologia, il BS segnala soltanto la necessità di combatterla teoricamente con più
approfonditi argomenti e giunge ad auspicarne una condanna definitiva attra-
verso la parola infallibile del papa253.
Rifiutata l’ideologia socialista, si guarda con sospetto al movimento ope-
raio da esso ispirato, in quanto tale moto si sviluppa lontano dai principi della
religione cristiana.
Così, con gli accenti tipici delle posizioni più conservatrici, le crescenti
rivendicazioni operaie sono considerate
«un rombo cupo, come di vicino terremoto […]. Questo rombo va facen-
dosi ogni dì più intenso e pauroso, e minaccia ormai di scoppiare e scagliar
in rottami tutto quanto l’edifizio sociale. Son le passioni de’ nullatenenti,
che bollono, son le smodate aspirazioni dei diseredati della fortuna, che
gonfiano, è in una parola la guerra del povero che freme contro il ricco che
gode, o, come dicesi del socialismo contro il capitale […]»254.
Le richieste della classe lavoratrice sono, insomma, «uno de’ più tremendi
malori sociali»; la questione operaia si presenta «sotto un aspetto ogni dì più pau-
roso»255, e minaccia – ancora una volta – di deflagrare256. L’officina è un «covo»
ove il giovane operaio trova «uomini corrotti, maestri di cinismo, discepoli del
vizio, apostoli d’ogni empietà e d’ogni sistema di insubordinazione […]»257.
A una tale situazione si è giunti per una causa precisa, indicata peraltro e a
più riprese anche dal magistero papale258: la società moderna, figlia della Rivo-
l’Unità Cattolica); E. LODI, La questione sociale e la questione religiosa, in BS 20 (1896) 8,
223. Ai fini di una indagine più approfondita, per cogliere la mens con cui i redattori del BS ac-
costano le tematiche in oggetto si potrebbe far riferimento anche ai libri di cui la testata fa solo
pubblicità, generalmente nelle ultime pagine di ogni numero.
253 Cf ancora la recensione del Saggio intorno al Socialismo ed alle dottrine e tendenze
socialistiche.
254 Il Cuor di Gesù ed il rimedio ad uno de’ più tremendi malori sociali, in BS 10 (1886)
9, 105-106.
255 Don Bosco e la Questione Operaia, in BS 15 (1891) 3, 48-50; qui p. 49.
256 Così ripete l’intervento Nell’ora presente, in BS 31 (1907) 11, 322-323, riprendendo,
spesso alla lettera, espressioni di Il Cuor di Gesù ed il rimedio ad uno de’ più tremendi malori
sociali.
257 Il merito premiato all’Oratorio di S. Francesco di Sales in Torino, in BS 13 (1889) 9,
123-124; qui p. 123.
258 Cf il discorso di Leone XIII agli operai francesi del 20.10.1889, riportato in BS 13
(1889) 12, 154-156, introdotto da un intervento redazionale: Il santo Padre e la questione ope-
raia (pp. 153-154) e seguito dai commenti della stampa d’oltralpe (pp. 156-157).

5.10 Page 50

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212 Giuseppe Biancardi
luzione, ha voluto eliminare Dio e la sua Chiesa dall’orizzonte della vita del sin-
golo e della collettività. Più specificamente, Dio e la sua Chiesa sono stati
espunti dalla educazione in genere, improntata ormai a semplice naturalismo;
dalla famiglia259, ove si è attentato al principio di autorità dei genitori; dalla
scuola, che si è voluta laica260; dalla società in genere, condotta dalle sette e dai
poteri politici a distaccarsi sempre più dalla religione. Sarebbe interesse della so-
cietà stessa e dei governi tornare a riconoscere l’essenziale apporto della reli-
gione e della Chiesa nella formazione dell’uomo, ivi compreso l’operaio; ma la
tendenza dei pubblici poteri continua a muoversi in tutt’altra direzione, e vo-
lendo formare l’uomo senza Dio, la società finisce con il danneggiare se stessa:
«il lavoro, separato dalla fede, asservisce, disonora, imbestia; l’operaio che
più non guarda il cielo, né più ha in faccia il sorriso confortatore dell’eter-
nità, cade stanco, infrunito [sic], schiavo della materia, delirante nella voluttà
del gioco, del vino, della sensualità, vittima quindi anima e corpo del dema-
gogo e del socialista, che lo sfrutta pe’ suoi luridi ideali. […] Che dipen-
denza, che gerarchia, grida all’operaio il secolo socialista; siam tutti uguali,
liberissimi, indipendenti. E l’operaio, tradito alla voce del serpente, s’inal-
bera contro il padrone, fa lo sciopero, insanisce alle declamazioni de’ tribuni,
spreca quel poco, che con tanti stenti ha sparagnato, nel sensualismo il più
ributtante, piantando moglie e figli nella desolazione e nella miseria»261.
La soluzione dei problemi sociali, allora, non può che essere un ritorno alla
fede, specialmente della gioventù; un ritorno inculcato attraverso una educazione
profondamente religiosa, data in tutti i modi possibili, specialmente in fami-
glia262 e in istituzioni educative non più laiche ma chiaramente confessionali.
La fede, infatti, inculcata nell’animo dell’operaio fin dalla prima giovi-
nezza, gli insegna che: a) è secondo l’ordine naturale che esistano classi sociali
diverse263; b) vi è però uguaglianza degli uomini innanzi a Dio: tutti sono da lui
dipendenti264; c) il lavoro non è una maledizione, ma dovere265; d) l’operaio è
chiamato a svolgere il proprio lavoro in obbedienza rispettosa del padrone, senza
ribellioni e senza montare in superbia, tenendo conto che la povertà è realtà posi-
tiva agli occhi di Dio266; e) il padrone, da parte sua, ha il dovere di non essere
259 Lo spirito religioso nelle famiglie cristiane, in BS 23 (1889) 10, 250-254.
260 Cf le indicazioni già date circa l’impegno dei Cooperatori per una reintroduzione
dell’insegnamento religioso nella scuola.
261 Don Bosco e la Questione Operaia, p. 49. Concetti ripresi quasi alla lettera in
Nell’ora presente, p. 322.
262 Lo spirito religioso nelle famiglie cristiane, in BS 23 (1899) 12, 306-310.
263 Di «inevitabile ineguaglianza delle condizioni umane» parla esplicitamente Leone
XIII nel cit. discorso agli operai francesi, in BS 13 (1889) 12, 155.
264 Nell’ora presente, p. 322.
265 Il cuore di D. Bosco e la gioventù, pp. 157-158.
266 «Ma dunque non vi sarà rimedio alcuno a questo tremendo malore? Dovrà la società

6 Pages 51-60

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6.1 Page 51

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L’apostolato dei laici nella chiesa tra Otto-Novecento … 213
inumano e di prendersi cura dell’operaio267; f) in tal modo, alla luce del prin-
cipio della carità cristiana si possono comporre le divergenze tra classe lavora-
trice e padronale268.
Illuminato da questa fede, l’operaio vive nella tranquillità la sua vita di la-
voro, coniugando doveri sociali e doveri civili, senza abbandonarsi alle allettanti
ideologie socialiste che rischiano di rovinarlo moralmente e spiritualmente e re-
care quegli sconvolgimenti che minacciano le basi stesse del vivere civile:
«Ma voi, insieme con D. Bosco, predicate ad un tempo ai giovani operai
l’uguaglianza innanzi a Dio e il dovere della sottomissione alle podestà
della terra; in questo mondo vi son ricchi e poveri, padroni e servi; gli uni e
gli altri hanno la loro parte di doveri e di diritti; guai al padrone inumano,
guai all’operaio superbo!… Ed essi cresceranno docili, modesti, ubbidienti
al capo dell’officina, che alla sua volta sarà tratto irresistibilmente ad amarli
come suoi figli. […] E i vostri figliuoli, mossi da questo parlare, si daranno
volenterosi al lavoro, come avendo presente che Dio impiegò sei giorni
nella creazione del mondo e nel settimo si riposò, sospireranno di riposare
anch’essi in questo giorno, procureranno di santificare la festa, alzando gli
occhi al cielo, frequentando i sacramenti, ritemprando la loro dignità perso-
nale nella preghiera»269.
La citazione or ora riportata, con il suo riferimento a D. Bosco, ci fa av-
vertiti che, per la nostra testata, questa soluzione ideale alla questione operaia
non è ipotesti utopistica ma realtà, particolarmente nell’opera salesiana, imita-
bile da tutti.
Ed ecco allora che il BS, passando dalla teorizzazione ad un livello più pra-
tico, si premura di mostrare come D. Bosco e, più in generale, la Chiesa, acco-
stano praticamente il problema. E ciò per sollecitare dal laicato cattolico, anche
in questo caso, collaborazione e imitazione. Il risultato – diciamolo subito – è
una sorta di dicotomia: mentre sul piano teorico il discorso del periodico procede
ancorato a schemi del pensiero reazionario e conservatore, recensendo la prassi
di D. Bosco, della Congregazione e di varie componenti ecclesiali finisce di fatto
irremissibilmente sfasciarsi e perire? […] Viva il Cuor di Gesù che ce ne offre esso solo il
rimedio saturare, infallibile […]. È Gesù infatti che disse […] Beati i poveri di spirito, poiché
di essi è il regno de’ cieli »: Il Cuor di Gesù ed il rimedio ad uno de’ più tremendi malori
sociali, pp. 105-106; per più ampi sviluppi, cf Il Cuore di Gesù e la beatitudine del dolore, in
BS 10 (1886) 12, 146-147.
267 Particolarmente eloquenti al riguardo risultano: Il Cuor di Gesù ed il rimedio ad uno
de’ più tremendi malori sociali; Don Bosco e la Questione Operaia; Nell’ora presente, ove
questi enunciati si rincorrono quasi con le stesse parole.
268 È il pensiero chiaramente enunciato nel cit. discorso di Leone XIII, in BS 13 (1889)
12, 155, continuamente ripreso dai redattori del periodico.
269 Nell’ora presente, p. 322. Cf pure A. CARMAGNOLA, Don Bosco e gli operai, in BS 28
(1904) 9, 261-265. Una sintesi molto chiara del quadro concettuale esposto sino ad ora è in
Il 3° Congresso generale dei Cooperatori Salesiani e il momento sociale, in BS 27 (1903) 5,
132-135.

6.2 Page 52

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214 Giuseppe Biancardi
con il porsi su posizioni molto più avanzate che incoraggiano una variegata
gamma di interventi.
L’affermazione pare facilmente dimostrabile, anche ad una rapida scorsa
delle pagine della testata, e trova piena conferma nelle deliberazioni dei Con-
gressi in esame.
Rimanendo nell’ambito delle realizzazioni salesiane, il BS ci tiene a evi-
denziare che le scuole ma anche gli oratori di D. Bosco contribuiscano efficace-
mente alla soluzione del problema operaio, in quanto al giovane avviato al la-
voro si offrono le uniche due cose di cui ha assoluto bisogno: l’apprendimento di
un mestiere e l’educazione religiosa270. Il servizio reso al giovane apprendista è
poi completo quando, a conclusione del ciclo scolastico, gli si può offrire una
istituzione, come ad esempio un circolo, che lo accompagna dalla soglia della
scuola a quella dell’officina e della vita lavorativa271.
Già dagli inizi, però, la testata intende dimostrare che i Salesiani, a partire
da D. Bosco, si aprono alle vaste problematiche operaistiche che si sviluppano
fuori della loro cerchia, con ciò insinuando, implicitamente od esplicitamente, la
necessità di una analoga apertura nel lettore del BS. Il periodico, pertanto, fin
dall’ ’81 ricorda il compiacimento di D. Bosco per l’iniziativa di un exallievo
che in Nizza Monferrato aveva fondato una Società di giovani operai cattolici272,
da lui visitata con ammirazione273. Sulle pagine della nostra testata, l’attenzione
del Fondatore per il mondo operaio è segnalata ancora nel novembre del 1887,
sottolineando come D. Bosco, nonostante la sua declinante salute aveva voluto
incontrare un pellegrinaggio di operai francesi in viaggio verso Roma per incon-
trare Leone XIII274. Fedele a questo gesto, D. Rua ripeterà analogo incontro nel
novembre del 1889275, e, più ancora nel 1891: nell’anno della Rerum novarum,
quando i pellegrini francesi di numerosi treni renderanno omaggio, guidati dal-
l’Harmel, alla tomba di D. Bosco in Valsalice, egli vorrà coinvolgere nell’in-
270 Le Scuole Professionali di Don Bosco, in BS 27 (1903) 12, 350-351; Dell’indirizzo
religioso-morale nelle scuole Professionali di Don Bosco, in BS 28 (1904) 1, 9-11; Don Bosco
e gli operai. Ma quanto è qui detto della specifiche scuole professionali, il BS lo estende
spesso agli oratori in genere; cf, ad es., Un’utile passeggiata, in BS 14 (1890) 6, 86-87: ai gio-
vani oratoriani di Valdocco quasi tutti operai, in gita a S. Benigno, si ricorda il messaggio di
D. Bosco: Lavoro e preghiera.
271 È quanto si prefigge, ad es., il Circolo «Giovanni Bosco» di Torino, inaugurato il
7.4.1907 in Torino: Il Circolo «Giovanni Bosco» di Torino, in BS 31 (1907) 5, 133-136.
272 Il giorno dell’Assunta e il 66° natalizio di Don Bosco, in BS 5 (1881) 9, 8-9.
273 Don Bosco e l’unione cattolica operaia di Nizza Monferrato, in BS 5 (1881) 9, 10-11.
Analogo compiacimento sarà espresso dal BS nel ’91 alla costituzione di una Società operaia
cattolica sotto il patronato di S. Giuseppe in Bordighera: Inaugurazione della Società operaia
cattolica sotto il Patronato di S. Giuseppe in Bordighera-Torrione, in BS 14 (1890) 5, 71-72.
274 Pellegrinaggio degli operai francesi a Roma, in BS 11 (1887) 11, 137-138.
275 I pellegrini operai e Don Rua, in BS 14 (1890) 1, 9-10 (cronaca riportata dal BS in
ed. francese).

6.3 Page 53

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L’apostolato dei laici nella chiesa tra Otto-Novecento … 215
contro tutta la Famiglia salesiana di Torino insieme al movimento cattolico ope-
raio della città276.
L’interesse registrato dal BS per il mondo operaio non si limita, però, ad in-
contri di tipo formale, pur profondamente partecipati. Periodicamente vengono
descritti in questo settore ampi campi di intervento, aperti ai Salesiani e ai loro
collaboratori laici. È il caso, ad esempio, degli emigrati. Se il problema – com’è
noto – è oggetto di attenzione fin dalle prime spedizioni missionarie in America
Latina, diventandone una componente quasi naturale277, esso torna in primo
piano, anche sul BS, sia quando la presenza salesiana tra gli emigrati si allarga
nel continente americano278, sia quando ai Salesiani viene chiesto di interessarsi
delle migrazioni interne all’Europa, a partire da quelle degli Italiani verso la
Svizzera (Sempione279 e Zurigo280), la Germania281, il Belgio282, il Sud-Africa283.
I Congressi dei Cooperatori, da parte loro, riflettono e rilanciano la mede-
sima sensibilità, tanto più che alcuni hanno luogo proprio in terre ove il pro-
blema è fenomeno quotidiano. Anche per questa ragione le deliberazioni con-
gressuali escono dai toni generici e giungono ad auspicare: l’interessamento dei
Cooperatori ai migranti in transito in qualche porto; la cura perché questi ab-
biamo – prima della partenza o del ritorno – la documentazione opportuna per
poter celebrare i sacramenti che necessitano di certificati parrocchiali284; l’assi-
stenza al momento dell’arrivo del migrante nella nuova terra e in occasione della
sua sosta nelle strutture di accoglienza; il coordinamento tra Cooperatori europei
276 La Francia del lavoro in Roma. Il pellegrinaggio operaio sulla tomba di Don Bosco,
in BS 15 (1891) 10, 190-197; Gli operai cattolici di Torino e il Sig. Léon Harmel, in BS 15
(1891) 11, 215-216.
277 A puro titolo d’es., cf la lettera di D. Francesco Bodratto riportata in: Lettera del
Superiore de’ Salesiani d’America, in BS 3 (1879) 2, 4-5.
278 Lettera del R.mo D. Michele Rua ai Cooperatori ed alle Cooperatrici Salesiane, in
BS 26 (1902) 1, 3-7; qui pp. 5-6; Per gli emigrati italiani, in BS 26 (1902) 3, 74-75; BS 26
(1902) 4, 105-106; BS 26 (1902) 5, 155-146; BS 27 (1903) 7, 198-200; BS 28 (1904) 6, 168-
173; Soccorriamo i nostri emigrati, in BS 29 (1905) 5, 134-135; in BS 29 (1905) 8, 225-227;
Tra i nostri emigrati, in BS 30 (1906) 4, 110-112.
279 Un grido di dolore ed i fasti della carità cattolica a favore degli operai italiani al
Sempione, in BS 24 (1900) 5, 136-140; Per gli emigrati italiani. Al Sempione, in BS 28 (1904)
5, 148-149.
280 La Missione Salesiana per gli Italiani emigrati a Zurigo, in BS 25 (1901) 1, 18-23;
Per gli emigrati italiani. A Zurigo, in BS 28 (1904) 4, 102-104. Cf L. TRINCIA, Per la fede, per
la patria. I Salesiani e l’emigrazione italiana in Svizzera fino alla prima guerra mondiale,
Roma, LAS 2002.
281 Il cuore paterno del Santo Padre verso gli Italiani: si riferisce un appello di Leone
XIII perché si provvedano sacerdoti per gli emigrati italiani specialmente nel Nord Europa.
In chiusura il BS esorta i suoi lettori ad interessarsi della questione.
282 Per gli Italiani emigrati nel Belgio, in BS 25 (1901) 10, 274-276; Per gli emigrati
italiani, in BS 26 (1902) 7, 203-204.
283 Per gli emigrati italiani. A Smirne e nel Sud-Africa, in BS 28 (1904) 7, 197-199.
284 Deliberazioni del Congresso di Bologna, in BS 19 (1895) 9, 226-227

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216 Giuseppe Biancardi
quelli dei paesi di destinazione dei partenti; il sostegno ai sacerdoti che devono
visitare gli immigrati; la cura particolare per i loro figli285; l’adesione e collabo-
razione con sodalizi già impegnati al servizio dell’emigrazione; l’avviamento dei
figli degli emigrati alle scuole salesiane286.
Altrettanto specifici sono i voti congressuali che riguardano il mondo del
lavoro, specie giovanile. Particolarmente istruttivo, in merito, è quanto risulta
dai Congressi di Milano (1906), di Santiago (1910) e Torino (1920).
Dai lavori milanesi emerge la richiesta di impegno per: costituire o collabo-
rare a società di mutuo soccorso; uffici di collocamento; sezioni professionali
giovanili 287; scuole-laboratorio (da preferirsi alle scuole-officine), in collega-
mento con organismi pubblici, anche governativi; convitti economici per operai
ed operaie nei centri industriali. Similmente, il Cooperatore impegnato aiuterà
l’operaio, specialmente se giovane, a iscriversi ai patronati; alle casse di mutua
previdenza sociale per invalidità, vecchia, infortuni; ai sindacati cattolici. Favo-
rirà pure quanto i patronati metteranno in atto per il riposo, la lettura, il diverti-
mento del lavoratore288.
A Milano riecheggia anche, come già nel Congresso di Torino, il tema del
lavoro agricolo. Abbiamo, cioè, il riverbero nei lavori congressuali, di una forte
sensibilità del momento, soprattutto in àmbito cattolico: quella per un «ritorno
alla terra»; ritorno considerato come fattore di moralizzazione e di pacificazione
sociale in una società considerata guasta e sulla via della rovina a causa dei mali
arrecati dall’industrializzazione e dai rivolgimenti connessi con la questione
operaia. In àmbito salesiano italiano, fin dal 1892 si era fatto portavoce di questa
sensibilità D. Baratta, attivo in Parma, che aveva fatto sue le teorie neofisiocra-
tiche dell’agricoltore e agronomo Stanislao Solari, ottenendo udienza anche
presso esponenti di prestigio dell’Opera dei Congressi289. Nell’assise milanese,
allora, risuonano voti per un coinvolgimento dei Cooperatori pure nel movi-
285 G. GARRASCO, Los immigrantes, in Actas II, 122-128, e ibid., pp. 149-150 i voti rela-
tivi, sopra sintetizzati.
286 Atti III, pp. 236-237. GF. ROSOLI, Alfabetizzazione e iniziative educative per gli emi-
granti tra Otto e Novecento, in L. PAZZAGLIA (ed.), Cattolici, educazione e trasformazioni
socio-culturali in Italia tra Otto e Novecento, pp. 119-144; specialmente pp. 132-137 (con
bibliografia).
287 BS 30 (1906) 10, 297.
288 Ibid. 11, 328-330.
289 Questo episodio che accompagna per alcuni anni la storia del movimento cattolico
italiano è analizzato da S. ROGARI, Ruralismo e anti-industrialismo di fine secolo. Neofisio-
crazia e movimento cooperativo cattolico, Firenze, Le Monnier 1984. Su D. Baratta e questa
sua attività: P STELLA, I Salesiani e il movimento cattolico in Italia fino alla prima guerra mon-
diale, in RSS 2 (1983) 223-251; qui pp. 236-240; L. TREZZI, Don Carlo Maria Baratta e la
neo-fisiocrazia a Parma, in F. MOTTO (ed.), Parma e Don Carlo Maria Baratta, salesiano,
Roma, LAS 2000. L’azione di D. Baratta spinge i Superiori maggiori ad interessarsi delle
scuole agricole salesiane che, di riflesso, acquistano rilievo anche sul BS e nei Congressi dei
Cooperatori.

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L’apostolato dei laici nella chiesa tra Otto-Novecento … 217
mento agrario. Essi avrebbero dovuto favorire l’istruzione agraria; assecondare il
«movimento agrario iniziato dai Salesiani colle loro colonie agricole e colle
varie pubblicazioni da essi dirette in varie parti del mondo»; favorire scuole
invernali d’agraria; moltiplicare conferenze sul tema; sperimentare il metodo
Solari 290.
Vanno decisamente nella direzione della concretezza anche i voti espressi
dal Congresso di Santiago del Cile che vuole i Cooperatori impegnati, oltre che
nelle attività già indicate a Milano, anche nella difesa degli operai in tribunale,
nel campo dell’edilizia popolare, nelle cooperative e in ogni altra opera econo-
mica che possa essere messa in atto a favore del popolo291.
Non dissimili – per concludere questi riferimenti – gli orientamenti emersi
dal Congresso torinese del 1920, ove si prospetta ai Cooperatori volenterosi la
conduzione di corsi d’istruzione sulla legislazione del lavoro, o di igiene pro-
fessionale 292.
Se a quanto elencato fino ad ora aggiungiamo le puntuali segnalazioni per
interventi assistenziali di fronte alle emergenze contingenti (aiuti ai figli dei ri-
chiamati alla Grande guerra e agli sfollati293, ai ragazzi abbandonati294 e agli or-
fani di guerra295), pare lecito concludere che, al di là delle reticenze e insuffi-
cienze teoriche sulle questioni sociali, il BS e i Congressi dei Cooperatori, sul
piano operativo, mostrano convinta partecipazione all’attività sociale del movi-
mento cattolico.
Può meravigliare, a questo punto, il silenzio pressoché totale del BS su un
testo capitale come l’enciclica Rerum novarum del 1891. Il celebre documento
risulta citato, solo per inciso, una prima volta quando il nostro periodico riferisce
dei pellegrinaggi degli operai francesi a Roma296. Per una seconda citazione bi-
sognerà attendere il 1919, quando è ricordata l’esortazione di Benedetto XV ad
interessarsi dei lavoratori alla luce dell’enciclica leonina297.
Il silenzio è già stato segnalato e studiato ampiamente da J. M. Prellezo298,
290 BS 30 (1906) 11, 330.
291 Actas VI, pp. 162-164, dedicate alla Acción Social Católica.
292 BS 44 (1920) 6/7, 150.
293 A puro titolo d’es.: Assistenza ai figli dei richiamati – Scuola serale – Refezione sco-
lastica, in BS 41 (1917) 11, 282-284.
294 Il problema della gioventù abbandonata e i Cooperatori Salesiani, in BS 43 (1919) 9,
225-226; 10, 253-254.
295 L’angelo della pace, in BS 40 (1916) 4, 99-100. Si riporta un lettera di Leone XIII
che esorta, tra l’altro, a pensare ai figli dei caduti. Il BS informerà poi sempre puntualmente
sulle iniziative messe in atto dai Salesiani per accogliere questi orfani, chiedendo aiuto e col-
laborazione.
296 La Francia del lavoro a Roma, p. 190: «In quest’anno dell’Enciclica Sulla condizione
degli operai […]».
297 Per la scuola cristiana e l’elevazione delle classi lavoratrici, in BS 43 (1919) 4, 85.
298 J. M. PRELLEZO, La risposta salesiana alla «Rerum Novarum». Approccio a docu-
menti e iniziative (1891-1910), in A. MARTINELLI - G. CHERUBIN (edd.), Educazione alla fede e

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218 Giuseppe Biancardi
il quale, per contro, fa notare la notevole attenzione riservata all’enciclica in
questione dal BS in edizione spagnola299. Come giudicare questa posizione del
BS italiano di fronte ad un testo che pure D. Rua aveva segnalato come docu-
mento da leggere «con affetto e direi quasi con avidità»300?
La risposta è probabilmente da ricercare nella natura stesso del pronuncia-
mento pontificio e nella temperie socio-politica in cui viene promulgato, più
sopra illustrata. Si tratta di un intervento che cade in un momento ancora segnato
da troppe divisioni in campo cattolico e spinge la discussione su un terreno poli-
tico. Che è quanto il BS vuole evitare. Prova ne sia il fatto che il BS nel 1901
pubblicherà invece con grande risalto «l’importantissima Enciclica Pontificia
sulla Democrazia Cristiana»301, cioè la Graves de communi, ove il pontefice,
per le ragioni che abbiamo già richiamato, sollecitava i cattolici ad una azione
sociale non caratterizzata in senso politico. Enciclica, quest’ultima, certamente
più comprensibile ed accettabile da un redattore salesiano, portato per fedeltà
all’insegnamento di D. Bosco a non intervenire nella politica302.
m) L’azione politica
Dopo quanto sì detto or ora, sembrerebbe superflua un’ultima domanda cui
vogliamo rispondere. Il BS – e con esso i Congressi dei Cooperatori – propon-
gono al laicato che coopera con la Famiglia Salesiana un chiaro coinvolgimento
politico?
La risposta negativa è persino ovvia per chiunque abbia familiarità con
l’insegnamento di D. Bosco. Non troviamo, pertanto, nel BS nessuna indica-
zione specifica in merito all’impegno politico del laico cattolico, nemmeno
quando – anche in Italia, con i primi anni del Novecento – la partecipazione dei
cattolici alla vita politica attraverso le competizioni elettorali si fa più pacifica.
Vietavano una tale presa di posizione sia le pur sempre perduranti divisioni
dell’area cattolica sull’argomento, sia – appunto – la consolidata tradizione sa-
lesiana.
Abbiamo al riguardo, proprio sul BS, un netto pronunciamento, redatto –
da notare – vivente ancora D. Bosco, che costituisce una precisa indicazione nor-
mativa cui il nostro periodico si atterrà sempre mordicus.
dottrina sociale della Chiesa. Atti della XV Settimana di Spiritualità per la Famiglia Sale-
siana, Roma, Dicastero per la Famiglia Salesiana, 1992, pp. 39-91; qui pp. 52-60.
299 Ibid., pp. 58-60.
300 Cit. ibid., p. 52.
301 Leone XIII e la democrazia cristiana, in BS 25 (1901) 4, 93-95; 6, 144-148.
302 Il silenzio sulla Rerum novarum, insomma, pare dovuto sostanzialmente a «criteri di
scelta e di “sensibilità” da parte del responsabile della pubblicazione salesiana, che, in quegli
anni (1883-1896) era don G. B. Lemoyne (1839-1916)»: J. M. PRELLEZO, La risposta salesiana
alla «Rerum Novarum», p. 55.

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L’apostolato dei laici nella chiesa tra Otto-Novecento … 219
Ne è occasione una polemica giornalistica nata dalla decisione del governo
francese di far controllare D. Bosco durante il suo viaggio in Francia del 1882
per timore dei suoi abboccamenti «coi capi del partito reazionario per iscopi po-
litici»303. Intervenendo nella polemica, il BS enuncia a chiare lettere la posizione
dei Salesiani in tema di politica. Sotto il titolo Un’eccezione alla regola e la
politica dei Salesiani abbiamo alcuni paragrafi che merita riportare per la loro
chiarezza:
«L’indole e lo scopo del nostro periodico non ci consente di trattare argo-
menti politici. Tuttavia domandiamo venia ai nostri Cooperatori e Coopera-
trici, se per questa volta facciamo una eccezione alla regola, riportando
nelle nostre colonne un articolo della benemerita Unità Cattolica di Torino,
del 26 aprile passato.
Quantunque non occorra per chi ci conosce, premettiamo solo che tanto D.
Bosco, quanto i suoi alunni ad altro non mirano che a far del bene a chi
possono, specialmente alla gioventù più bisognosa; ma del male a nessuno.
E perciò essi non furono, né sono, né saranno mai reazionarii politici né in
Italia, né in Francia, né in qualsiasi Stato del mondo, come falsamente fu te-
legrafato da Parigi alla Gazzetta del popolo di Torino, La politica dei Sale-
siani è semplice e schietta. Essa consiste nell’agire contro il diavolo, in gua-
dagnare anime a Dio, e per mezzo della religione, della educazione e della
istruzione giovare agli individui, alla famiglia, alla società. La loro politica
consiste nell’adoperarsi, secondo le proprie forze, per attuare in sulla terra
le sette domande del Pater Noster e l’osservanza dei dieci comandamenti;
consiste in una parola nello sbarrare agli uomini, nell’altra vita, le porte del-
l’inferno, e in questa, quelle della prigione. Salesiani lavorano oggidì in ben
cinque Stati: Italia, Francia, Spagna, Repubblica Argentina e Repubblica
Orientale; e finora niuno di questi Governi ebbe a levar lamenti che i Sale-
siani siansi condotti da reazionarii; imperocché essi possono bensì in loro
privato dissentire da certi Governi, ma in pubblico, e persino nei loro Isti-
tuti, sanno congiungere la semplicità con la prudenza, e attenersi alla infal-
libile sentenza del Re dei re: Date a Cesare quello che è di Cesare, e a Dio
quello che è di Dio. Così fa D. Bosco, così fanno i suoi figli. Sfidiamo tutti
i nostri avversarii a darci una mentita, senza ricorrere alle menzogne»304.
5. Conclusione
L’analisi fin qui condotta ci permette di formulare queste prime conclusioni
e linee di lavoro per ulteriori approfondimenti.
303 I pericoli della Repubblica Francese minacciata da….. D. Bosco!!!!, in BS 6 (1882)
5, 82-84.
304 Un’eccezione alla regola e la politica dei Salesiani, in BS 6 (1882) 5, 82. Possiamo
così spiegarci anche altri significativi silenzi del BS, come quelli sui moti operai milanesi del
1898; o come quello sulla questione romana. Soltanto per inciso, nel contesto di una esorta-
zione pastorale di Leone XIII, il periodico ricorda che questi parla «dalla sua prigione in Vati-
cano»: Il cuore paterno del Santo Padre verso gli Italiani, p. 35.

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220 Giuseppe Biancardi
Tramite il BS e i Congressi Internazionali dei Cooperatori, i Superiori mag-
giori si mostrano non soltanto desiderosi di informare il laicato che gravita at-
torno alla Famiglia Salesiana, ma si rivelano anche fortemente propositivi. E la
proposta di impegno laicale non rimane sulle generali ma, particolarmente attra-
verso i Congressi, si fa dettagliata e minuziosa.
Le linee di azione proposte sono sempre in sintonia, oltre naturalmente che
con D. Bosco, con il Magistero e con la gerarchia. E tuttavia, in certi casi, come
nel caso del silenzio sulla Rerum novarum, le autorevoli direttive del Magistero
sono lette e filtrate attraverso la sensibilità salesiana. Sarebbe da approfondire
l’indagine in merito ad altri pronunciamenti magisteriali.
Le indicazioni operative, pur movendo a volte da premesse concettuali di
carattere tradizionale o addirittura reazionario-intransigente, di fatto si staccano
da tali pre-comprensioni e si rivelano aperte e in sintonia con i fermenti più vivi
della compagine ecclesiale. Sintomatico è quanto è proposto nel variegato
campo dell’impegno sociale.
Altri orientamenti non si staccano invece da linee di azione stereotipate. È
il caso delle indicazioni per una tipica azione pastorale salesiana come il mini-
stero catechistico. Andrebbe approfondito il perché di questo immobilismo, in
una Congregazione nata da «un catechismo», in un’epoca, per di più, in cui era
in atto una vasta azione di rinnovamento. La stessa osservazione potrebbe essere
fatta per l’àmbito liturgico.
Ampi campi di indagine si aprono nelle realtà locali, a partire dallo studio
sull’esito e l’accoglienza effettiva del torrente di suggerimenti che dai «vertici»
della Congregazione giungevano alla «base» dei Cooperatori. Sarebbe interes-
sante chiedersi, ad esempio, quali esiti ha avuto l’indicazione ad impegnarsi nel
sindacalismo cristiano e – all’opposto – il silenzio in tema di impegno politico-
partitico.
È poi da verificare l’eventuale, specifica proposta delle diverse edizioni
nazionali del BS.