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RECENSIONI
Bosco Giovanni, Opere edite, voi. XXXVIII L'Armonia (1849-1863) - L'Unità
Cattolica (1864-1888) - L'Amico della Gioventù (1848). Roma, LAS 1987,
343 p.
Nell'Introduzione al volume Scritti a stampa di S. Giovanni Bosco (Roma,
LAS 1977) Pietro Stella classifica in tre serie gli scritti stampati di don Bosco,
assegnando alla seconda « lettere circolari, appelli alla beneficenza, pagelline,
programmi, cartelloni, inserti su giornali » (p. 20). Nella seconda parte del volu-
me, poi, vengono elencati 969 titoli riferiti a tale materiale; tra essi circa settanta
indicano inserti de L'Armonia e più di un centinaio de L'Unità Cattolica.
Il volume XXXVIII (unico della seconda serie) risponde solo in parte —
seppure in misura altamente apprezzabile — al piano originario, con la ristampa
di quanto è stato pubblicato nei due giornali cattolici torinesi e dell'intero primo
numero de L'Amico della Gioventù (1848).
Per ragioni tecniche non è stato possibile ricorrere alla produzione anastatica,
rendendosi necessaria la ricomposizione tipografica, del resto pressoché perfetta.
E' superfluo sottolineare l'importanza dell'eterogeneo materiale per la com-
prensione dal vivo dell'esperienza benefica e educativa di don Bosco. Ne facilita
la documentazione degli aspetti più notevoli il diligente indice alfabetico delle
materie.
P. BRAIDO
BROWN M. Eugene (ed.), Dreams, visions and prophecies of Don Bosco, fore-
word by Morton T. Kelsey, introductory essay by Arthur J. Lenti s.d.b. New
Rochelle, N.Y., Don Bosco Publications 1986, III, 286 p.
A una brevissima presentazione (p. III) del card. T. Manning e all'indice ge-
nerale (p. V-VII) seguono: una dissertazione di M. T. Kelsey dal titolo cattivante
« I sogni come esperienza religiosa » (p. IX-XL); un capitoletto di critica storica
e letteraria del salesiano A. J. Lenti (p. XLI-LII); due brevi paragrafi circa le fonti
(p. LIII) e un rapido capitolo (p. 1-6) circa il « significato » dei sogni in Don
Bosco facenti capo al curatore del volume, il sac. E. M. Brown. Fin qui la parte
introduttiva. I 51 testi onirici, provvisti di sobrie puntualizzazioni e nessi, ovvia-
mente del curatore, sono raccolti sotto quattro tematiche generali: a) la missione
di Don Bosco e il futuro della Congregazione (p. 7-95); b) lo spirito profetico (p.
96-124); c) l'assillo educativo (p. 125-209); d) Paradiso e Inferno (p. 211-277).
L'indice dei nomi e delle materie (p. 279-286) chiude opportunamente il volume.
M. T. Kelsey offre nelle trenta pagine da lui riempite un'utile guida onirolo-
gica generale a chi è digiuno in materia. Non aiutano abbastanza — ragiona Kel-
sey — in questa materia i biblisti e i teologi, lasciando almeno sottinteso che,
alfine, il tema non è... serio. Eppure nella vita e nell'attività di don Bosco i sogni
emergono prepotenti e in numero e in influsso. La cultura occidentale, satura di
illuminismo e di positivismo, vede nel sogno un fenomeno frivolo, prodotto mec-
canico di fatti consci, sulla scia degli antichi Aristotele e Cicerone. Con tutto ciò
mai sono mancati nella storia

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222 Recensioni
coloro che cercarono di mettere a frutto l'istintiva curiosità e il fascino delle espe-
rienze oniriche. Da un secolo a questa parte la psicologia clinica e la psichiatria
hanno iniziato un serio approccio al tema: S. Freud e, meglio, C. G. Jung fanno
scuola. Alcuni risultati delle loro analisi possono venire accettate anche dal cri-
stiano. I Padri non seppero darci molto. Neppure i teologi del passato. Neppure
quelli odierni, nonostante l'interesse per i vari «carismi ». Sogni religiosi nei due
secoli a noi vicini non mancarono: A. J. Gordon, battista, e J. H. Newman ancora
anglicano ne sperimentarono; T. Martin o s. Teresa del Bambin Gesù pure; un
giovane dell'Indiana (U.S.A.) ritornò alla fede religiosa in seguito a sogni... Senza
confronti la quantità e la serietà del materiale onirico di don Bosco.
A questo punto l'A., riassumendo studi da lui precedentemente pubblicati,
propone una scala di nove gradini a cominciare da fatti fisio-psicologici, passan-
do a quelli extra sensoriali per terminare con quelli che aprono orizzonti escato-
logici. In piccola misura soltanto i sogni di don Bosco cadono nelle categorie
inferiori. Riempie di meraviglia l'insistenza di queste esperienze, la loro efficacia
e la consistenza documentaria per entrambi i fatti or ora menzionati. Iddio parla
ancora... ancora ci parla con frequenza nel sogno...
L'attesa che le premesse fin qui delineate portino frutti ossia vengano appli-
cate effettivamente nei quattro capitoli che raccontano i sogni resta del tutto fru-
strata, come ancora diremo.
Passiamo all'introduzione critica del Lenti.
Muta l'atmosfera, anzitutto. Il Kelsey sembra entusiasta della ricchezza oni-
rica donboschiana. Il Lenti ci fa guardinghi, distaccati, timorosi. Non è tutto oro
colato.
Son circa 150 i sogni appuntati nelle MB e altri ancora ci sono noti da altre
fonti. Sono veri sogni? Sì, in gran parte. Quei racconti, però, che si dilungano
circa lo stato spirituale di educandi dell'Oratorio potrebbero essere stati costruiti a
tavolino(...). Il « sogno » delle due colonne, d'altra parte, nei monumenti destinati
a confluire nelle MB è chiamato « apologo o parabola »(...). Sorge un nuovo in-
terrogativo: Il testo delle MB i nquale misura riporta l'effettiva esperienza del
Sognatore? Si è finora prodotta l'edizione critica di dieci sogni(...).
Interrompiamo l'analisi. Per importante che possa sembrare, la critica lettera-
ria dei documenti donboschiani ci pare poca cosa di fronte alla critica dei conte-
nuti. Dobbiamo completare la prima e la seconda domanda del Lenti: è ipotizza-
bile che don Bosco stesso abbia ordinato, modificato, corretto... da sveglio una
sua esperienza onirica; che l'abbia lui stesso scritta o raccontata in tempi e luoghi
diversi, con finalità differenti e, comunque, con mutevoli particolari.
Un terzo quesito ci propone il Lenti. Di quale natura sono le esperienze oni-
riche donboschiane? D. E. Ceria proponeva tre classi. Se prendiamo come punto
di riferimento il contenuto, proponiamo quattro classi — quelle del Lenti non
coincidono esattamente con quelle del Brown —. Ma se guardiamo all'autorità
del testo letterario, suddividiamo in tre classi: sogni autenticati da don Bosco,
sogni noti per tramite di testimoni immediati o, infine, di testimoni mediati.
In pratica: a) presumeremo si tratti di sogno vero e proprio: l'onere della prova pas-
sa a chi nega; b) per comprendere un sogno occorre conoscerne il contesto letterario e
storico: linguaggio, simboli, società, don Bosco e le persone che nel sogno agiscono...;
c) speciali difficoltà investono predizioni e profezie...
Non si fa cenno a stati o poteri parapsicologici in queste pagine del Kelsey e del
Lenti. Ma non è che una costatazione, suggerita da recenti pubblicazioni. Piuttosto,

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Recensioni
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come ha recepito l'editore queste due premesse o introduzioni? Le ignora affatto.
I problemi ermeneutici e critici fin qui sollevati si dileguano come la nebbia mat-
tutina davanti al sole. Senza informarci dei criteri di scelta e di catalogazione,
cucisce insieme i 51 pezzi della sua antologia estraendoli dalla versione inglese
delle MB iniziata da Diego Borgatello s.d.b. (1911- ) e dalla raccolta inedita di
Hugh McGlinchey s.d.b. (1916-1983).
Ne risulta un libro ridondante di approcci successivi (ben 5) e carente d'unità.
Troppo è lasciato all'iniziativa del lettore: la critica letteraria, quella storica e
quella teologica... Fu stampato per stimolo alla ricerca? O è espressione della
fretta?
Va detto che il testo è correttissimo. Due i tipi grafici: godibile quello delle
introduzioni e delle « cuciture », forse troppo marcato quello dei testi tradotti.
Abbisogniamo di lunga e stretta consociazione interdisciplinare per scoprire
l'anima di don Bosco in questo suo cattivante momento onirico.
A.M. PAPES
GUERRA Jesús, El concepto de pecado a la luz de Don Bosco. Análisis de las
principales biografías juveniles escritas por el Santo ( = Quaderni di «
SALESIANUM » 14). Roma, LAS 1987, 130 p.
Il lavoro da noi recensito è parte di una opera più vasta, intitolata Don Bosco
y el problema moral del pecado en el proceso de maduración cristiana del joven.
Trattandosi di una tesi di dottorato, per motivo di chiarezza chiameremo sempre
l'autore della tesi con vocabolo tesi, per non confonderlo con l'autore delle biogra-
fie, che chiameremo don Bosco.
La tesi si serve del metodo del Content analysis, applicandolo all'esame delle
biografie di Luigi Comollo, Domenico Savio, Michele Magone e Francesco Be-
succo, nelle loro varie edizioni venute alla luce dal 1844 al 1886. Attraverso l'ap-
plicazione di quel metodo si vuole far emergere quale concetto di peccato espri-
meva don Bosco in esse. Forse manca nella tesi la visione dell'evoluzione del
pensiero di don Bosco in questo lungo periodo della sua esistenza.
Sono cinque i capitoli di questa pubblicazione. Il primo, di natura piuttosto
metodologica, presenta le forme letterarie usate da don Bosco per riferirsi al pec-
cato, spiega il cammino fatto dalla tesi per arrivare a delle descrizioni — più che
definizioni — sulla natura del peccato quale lo vedeva don Bosco, e indica i crite-
ri che hanno fatto da guida in questo cammino. Termina con una enumerazione di
note caratteristiche tratte dall'analisi del peccato nei testi presi in esame.
Il secondo capitolo presenta il peccato come espressione del male che è vin-
colato a un comportamento umano colpevole e alla trasgressione di un imperativo
morale. Sette gruppi di temi descrivono il peccato quale frutto di un comporta-
mento umano libero. Altre tre temi trovano svariate espressioni quando si passa
all'analisi del peccato quale trasgressione di un imperativo morale.
Nel terzo capitolo la tesi vuol presentare la dimensione religiosa del peccato.
Essendo il peccato opposizione a Dio, si incomincia coi temi relativi a tale oppo-
sizione. Subito dopo si passa a una lunga analisi dell'immagine di Dio in don
Bosco. I nomi di Dio, quello che si dice su Dio nelle biografie, i suoi attributi, le
prerogative, i diritti di Dio, le manifestazioni del suo agire, concludendosi questa
analisi con

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224 Recensioni
un quadro riassuntivo. Alcune pochissime righe sul senso teologico del peccato
concludono il capitolo.
La dignità dell'uomo è una realtà non consentanea col peccato. E' quanto
viene presentato nel quarto capitolo: i temi della non conformità, le istanze morali
che ne nascono, le azioni significative con le quali l'uomo reagisce al peccato:
astensione, opposizione, precauzione, pentimento, riparazione.
Il capitolo conclusivo, il quinto, tenta una visione globale di quanto detto sul
concetto di peccato in don Bosco e poi presenta un giudizio valorativo sui limiti e
l'originalità del lavoro fatto, accompagnandolo con una presentazione di piste per
ulteriori ricerche. A noi è sembrato il capitolo più maturo della tesi.
Questa si impone alla nostra considerazione e rispetto per l'arduo lavoro che
è costato a chi l'ha fatta. Il desiderio che, al momento della pubblicazione
dell'opera integrale oppure di una seconda edizione di questa opera parziale,
riesca davvero un buon lavoro, ci porta a presentare non delle critiche, ma dei
suggerimenti.
Incominciamo dalla bibliografia. In primo luogo bisognerebbe lasciare ben
chiaro da quale edizione delle vite utilizzate nella tesi si prendano le citazioni.
Domandiamo poi scusa se, vedendo che lungo il lavoro ci sono delle vistose
carenze nel campo dei fondamenti della linguistica, della semantica, della
stilistica, della filosofia del linguaggio e della logica matematica, richiesti per
approdare a una corretta applicazione del metodo del Content analysis, ci viene
spontanea la domanda se qualche indicazione bibliografica in questo senso non
sarebbe di utilità ai lettori.
Quanto alla possibilità di fare un lavoro sul pensiero di don Bosco basandosi
soltanto su di alcuni dei suoi scritti, la tesi è felice nel tentativo di risposta che dà
a pp. 100-101. Tale tentativo di risposta può essere arricchito da alcune
condizioni preliminari a un simile lavoro:
— saper distinguere nettamente tra quanto è espressione del pensiero di don
Bosco e quanto è una lettura fatta dalla tesi;
— essere per quanto possibile attaccati alla terminologia impiegata da don
Bosco, per non introdurre nel suo pensiero concetti propri della cultura di oggi;
— nel fare l'analisi di contenuto dei testi di don Bosco, rimanere
strenuamente fedeli alla materialità dei significanti del testo, evitando di fare
delle analisi in base a dei significanti che in esso non si trovano;
— se la sostituzione di significanti per semplice sinonimia è un
procedimento che generalmente non presenta gravi rischi, nel ricorrere alla
sostituzione mediante procedimenti di deduzione, con facilità si rischia di falsare
il pensiero di don Bosco;
— come bene fa notare la risposta della tesi, si devono considerare i risultati
a cui si può arrivare semplicemente come ipotesi di lavoro, da verificarsi
ulteriormente in un confronto con altri scritti e con la prassi di don Bosco.
Ora, sono questi i punti in cui, sembra, si manifesta più urgente il bisogno di
revisione del lavoro che recensiamo. Ne diamo qualche esempio:
A pp. 27’4 e 29'2, l'inganno è usato da don Bosco con due significati ben
diversi: se la denotazione può essere la stessa, la connotazione ne è del tutto
diversa. Eppure la tesi li classifica alla stessa maniera. E' solo un esempio della
maniera in cui si è letto don Bosco, ma ci fa sospettare che in tutti i quadri
statistici si trovino equivoci di questo genere, fatto che, se si verificasse,
falserebbe il loro valore probante.

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Recensioni
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A p. 56'26-38, la lettura fatta dalla tesi impoverisce l'analisi di contenuto che
si potrebbe fare del testo di don Bosco.
A p. 38'1-11, la lettura della tesi ignora le figure stilistiche impiegate da don
Bosco a p. 37'33-40.
Trattandosi di un lavoro sul concetto di peccato in don Bosco, era da
aspettarsi una presentazione del concetto di peccato nei catechismi studiati da
Giovanni Bosco fanciullo e giovane, nei testi utilizzati in Seminario e nel
Convitto ecclesiastico. Invece il quadro dottrinale che serve da riferimento è
evidentemente post-conciliare, e la tesi fa l'analisi dei contenuti alla luce di tale
quadro dottrinale.
Il testo di don Bosco non si adatta alla lettura fatta dalla tesi. Si introducono
allora dei significanti che non esistono nel testo per rendere possibile quella
lettura. E' il caso di p. 27’1-28, dove i significanti volontà divina e bene del
prossimo non si trovano materialmente nel testo di don Bosco.
Le pagine 49-53 meritano una accurata revisione. In esse si ricercano i nomi
con cui Dio viene designato nelle biografie.
Però invece di ricorrere alla sinonimia, la tesi ricorre a processi di deduzione
condotti così maldestramente da arrivare a conclusioni veramente inaccettabili sia
dal punto di vista semantico che da quello teologico.
Il quadro n. 8 a p. 52 è fatto con un punto di vista più accettabile e da p.
57’19-24 in poi ci troviamo davanti a un approccio più adeguato dell'argomento.
A p. 86 si dà finalmente inizio alla trattazione del tema centrale del capitolo:
Senso teologico del peccato. Eppure sono soltanto pochissime righe che
praticamente hanno poco da vedere con la lunghissima premessa di trenta e più
pagine sul concetto di Dio in don Bosco. E mentre la tesi, in nota, rimanda al
quadro n. 6 di p. 46, il lettore forse va sussurrando fra sé e sé: parturiunt montes...
Il capitolo quarto è rapido, affrettato direi, con gli stessi vizi e le stesse
qualità dei capitoli primo e secondo.
Concludendo, lodiamo l'autore sia per lo sforzo compiuto, sia per i risultati
già ottenuti con l'applicazione del metodo del Content analysis e ci auguriamo
che non rimanga a metà strada, ma una volta completato il terzo capitolo e
corretti i difetti segnalati sopra dia una visione provvisoria, ma attendibile del
pensiero di don Bosco su questo argomento.
A.S. FERREIRA
KUZMANICH BUVINIC Simón, Presencia salesiana. 100 años en Chile. Los inicios:
1887. Santiago, Editorial Salesiana 1987, 401 p.
La tradizione storica del secolo XIX giunta fino a noi, come pure le più
moderne teorie epistemologiche della storia non fanno che ribadire l'importanza
dell'indagine delle fonti. Per ogni ricostruzione che voglia fregiarsi del titolo di
«storica» rimane fondamentale l'approfondito studio dei particolari, prima di
procedere alla sintesi conclusiva. Troppo spesso invece ci si dimentica che questa
non si dà senza previa analisi.
Tale dimenticanza o, per meglio dire, tale rischio non dovrebbe correrlo lo
studioso che prima o poi dovrà cimentarsi con la storia delle origini delle missioni
salesiane in Cile. Il volume che stiamo presentando gli offre infatti in ordine
cronologico e tradotti in lingua castigliana centinaia di documenti, editi ed inediti
(lettere, articoli di giornale, pagine delle « Memorie Biografiche » e del «
Bollettino Salesiano »

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226 Recensioni
ecc.), pazientemente rintracciati dall'autore in archivi e biblioteche italiane, argen-
tine, uruguayane ed, ovviamente, cilene.
Pubblicato in occasione del centenario della presenza dei salesiani in Cile,
come suggerisce lo stesso titolo, l'opera di S. Kuzmanich presenta un'abbondan-
tissima base documentaria per ricostruire i rapporti avuti da don Bosco con per-
sonaggi cileni, la cornice storica in cui si verificò l'andata dei salesiani in quel
paese, l'inizio dell'Opera salesiana, i suoi primi destinatari, il suo stile di azione,
la fisionomia spirituale ed apostolica di alcuni missionari. Brevi commenti del-
l'autore ed alcune sue spiegazioni fanno da filo conduttore alla collezione delle
fonti presentate, le quali, una volta vagliate con tenace metodo critico ed interpre-
tate in orizzonti e risonanze ancor più ampie — cosa che S. Kuzmanich non ha
fatto ma di cui ha posto imprescindibili premesse — potranno garantire la preisto-
ria e la storia delle prime fondazioni salesiane in terra cilena.
Quattro le parti del volume: gli antecedenti nello spazio e nel tempo (pp.
2346); la chiamata dei salesiani (pp. 49-208); il loro arrivo (pp. 211-324); il pri-
mo salesiano cileno, la morte di don Bosco e la presenza salesiana in Cile ad un
anno dall'inizio (327-362). Seguono le 394 note (pp. 363-384), le fonti e le bi-
bliografie consultate ed una sintesi cronologica dei principali avvenimenti relativi
alla vicenda Don Bosco-Cile nel ventennio considerato, 1869-1889. Una breve
presentazione dell'ispettore salesiano, P. Ricardo Ezzati Andrello, precede l'intro-
duzione giustificativa dell'opera da parte dell'autore. Il volume è poi impreziosito
da una quindicina di pagine fuori testo con la riproduzione di fotografie di perso-
naggi e di ambienti dell'epoca.
Forse è troppo tardi per suggerire che negli altri due volumi previsti (« La
expansion » e « La consolidación ») i caratteri tipografici dei documenti vengano
diversificati da quelli del commento-spiegazione dello studioso; molto probabil-
mente siamo ancor in tempo per chiedere di aggiungere al terzo volume un indice
dei nomi di persona, in modo tale da favorire le ricerche di chi è interessato ai
moltissimi personaggi qui citati ma che avevano operato ed opereranno anche in
nazioni ed in contesti diversi; certamente possiamo cogliere l'occasione per lan-
ciare un appello affinché mentre, sull'esempio di S. Kuzmanich, si raccolgono e si
riordinano le testimonianze del passato, non si trascuri di documentare adeguata-
mente il presente. Si eviterà così sia di favorire la poco lodevole smania di suppli-
re con notizie inventate la mancanza di informazioni vere, sia di rendere diffici-
lissima, se non impossibile, per carenza di fonti, la ricostruzione di quel passato
che pure ha una parola da dire al nostro presente ed al nostro futuro.
F. MOTTO
PALUMBIERI Sabino, Don Bosco e l'uomo nell'orizzonte del personalismo. Prefa-
zione di Pietro Prini. Due parole dell'Editore. Torino, Piero Gribaudi Editore
1987, 205 p.
« L'archeologo scava dal cielo »: è il titolo della recensione, letta qualche
tempo fa, di un Manuale di fotografia aerea: uso archeologico, e che spontanea-
mente è riemerso durante la lettura di questo inedito profilo di don Bosco e del
suo messaggio educativo. Non so se Palumbieri conosca quella branca della ricer-
ca archeologica (e non) che è l'aerofotografia. Ma è, indubbiamente riuscito dal-
l'alto dell'intuizione

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Recensioni
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personalistica, sorretta da eccezionale familiarità con la letteratura relativa, a
comprendere attraverso le tracce e i segni di superficie (gli scritti, le esperienze
vissute di don Bosco; le testimonianze, le ricerche su di lui) ciò che esiste in
profondità e che va svelato e interpretato, storicamente e, in certo senso,
metastoricamente. Del resto, è stato più volte ripetuto che il « significato » di don
Bosco va ricercato sia nello storico reale, concreto, sia nel potenziale
(disponibilità a sviluppi) e nel virtuale (e cioè le intrinseche esigenze, le
necessità, i poteri di crescita). Lo storico non resta emarginato; non riuscirà
superflua la sua « interpretazione » critica, la valutazione rigorosa degli eventi,
dei documenti, delle ricostruzioni, tenendo presenti i « tempi » e le situazioni, i
condizionamenti culturali, i messaggi datati. Ma anche il modo di comprensione
globale tentato dall'Autore perviene a una sua « verità », non arbitraria, come si
può ricavare anche solo da alcuni titoli: Un'antropologia datata da rivisitare Un
terzo assunto: il cuore - L'educazione: una passione, una missione - Don Bosco
l'esperto dell'intersoggettività - La fioritura dell'intersoggettività: la famiglia -
Un trinomio come stile. I valori come sfondo - Homo ludens: la festa come clima
della vita. Tuttavia, Palumbieri non insiste sull'« anticipazione » e sul «
precorrimento » in un intento di facile « attualizzazione »; e propone
risolutamente due capitoli, quelli conclusivi, carichi di responsabilità, si direbbe,
personalistica e comunitaria: Un messaggio da tradurre sempre - Memoria e
speranza. Don Bosco e il futuro. E', sembra, il miglior coronamento di una sintesi
brillante e vigorosa.
P. BRAIDO
SOLDÀ Giuseppe, Don Bosco nella fotografia dell'800. 1861-1888. Torino, SEI
1987, 282 p.
Non credo che si possa scambiare per il solito luogo comune l'affermare che
di un simile volume si sentiva la mancanza e che pertanto lo studio del Soldà
viene a riempire un vuoto nella vasta letteratura su don Bosco. Parafrasando
l'espressione del Verdi « Senza il 'Tu scendi dalle stelle' Natale non sarebbe più
Natale », si potrebbe dire che senza la sua immagine fotografica don Bosco non
sarebbe più tale.
Uno splendido volume quello nato quasi per caso nella mente dell'Autore, — un
salesiano impegnato come preside al « Don Bosco » di Verona — ma che la S.E.I. ha
giustamente privilegiato fra le molte possibilità che le si aprivano dinanzi per
degnamente celebrare l'anno centenario della morte del santo da cui ha avuto origine.
Non che a tutt'oggi non si conoscesse il volto di don Bosco; tutt'altro; i salesiani ne
hanno riempito le loro case, le loro chiese pubbliche e private, lo hanno diffuso per tutto
il mondo su milioni di immaginette. Molti scritti poi sono corredati da ritratti fotografici
o pittorici del santo, spesso con didascalie più funzionali all'idea che si voleva
comunicare che non con riferimenti storici. Pochi sono però gli autori che nell'allegare
illustrazioni del volto o dell'intera figura di don Bosco si sono posti il problema della
ricerca storica sulle illustrazioni stesse, della verifica dei dati precisi circa il luogo e il
tempo della fotografia, nel tentativo di chiarire quelle ambiguità e quelle contraddizioni
che il medesimo documento fotografico di per se stesso manifesta.
Proprio qui sta la « ratio explicativa » del lavoro del Soldà: quante fotografie sono
state fatte a don Bosco? Quante ce ne sono rimaste? Quali ci tramandano più

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228 Recensioni
fedelmente le sue sembianze? Esistono ancora negativi? Quanto, perché e come
nel tramandarcele sono state alterate? Domande che se poste da chi ha una qual-
che cognizione dell'« ars histórica » trasformano una fonte « debole », come tal-
volta a torto viene considerata quella non scritta, in documento di primaria impor-
tanza per la conoscenza di un personaggio.
Obiettivi, quelli del Soldà, che hanno potuto essere raggiunti solo mediante
una paziente ricerca del materiale iconografico, con un laborioso raffronto di
notizie disperse in varie decine di volumi, grazie alla consulenza di esperti di
fotografia ottocentesca e delle relative tecniche di ritocchi e montaggi.
Lasciamo ai lettori del volume, unico nel suo genere, la gioia di gustare la
bellezza delle fotografie riprodotte e di pervenire personalmente alla piacevole
scoperta di tante sorprese ivi contenute. Ci basti qui indicare che la prima parte
(pp. 23-68) dopo aver presentato il materiale iconografico conservato e le princi-
pali pubblicazioni ricche di notizie circa lo stesso, offre un breve profilo profes-
sionale dei fotografi. Segue una trattazione sulla fotografia nell'ottocento ed una
riflessione teorica sul problema dell'immagine oggettiva-soggettiva nell'arte foto-
grafica.
La seconda parte, quella principale (pp. 71-213), ha come oggetto la presen-
tazione analitica delle singole fotografie (41 per la precisione, di cui 27 sono
originali, le altre riproduzioni fedeli o alterate oppure fotomontaggi). Qui il di-
scorso si fa complesso e si articola in tre tipi di analisi. Una prima: quella storica,
volta a collocare ciascuna fotografia in un preciso momento della vita di don
Bosco, indicandone, dove è possibile, — ma più d'una volta non lo è — le moda-
lità di esecuzione ed il livello di veridicità a seconda dell'abilità tecnico-artistica
del fotografo; una seconda: l'analisi oggettiva della fotografia, che focalizza «
soprattutto l'immagine quale appare della fotografia stessa, evidenziando i ritoc-
chi eseguiti ed utilizzando questi come documenti storici, sociologici, artistici
capaci di aumentare le conoscenze che su don Bosco si hanno »; « infine l'analisi
soggettiva dell'immagine, utilizzando canoni ufficiali di oggi che appartengono al
campo della comunicazione visiva e che si fondano su settori di conoscenza di-
versa ».
Il volume, o, se si vuole, l'album fotografico che si apre con la presentazione del
Rettor Maggiore della Società Salesiana, si conclude con una scheda riassuntiva delle
singole foto divise per decenni, con l'esame di alcuni ritratti ricavati dalle fotografie
stesse e con un'interessante dimostrazione grafica del metodo di ritocco della fotografia
di Marsiglia del 1881.
Non abbiamo la necessaria competenza per dare una valutazione squisitamente tec-
nica delle riproduzioni fotografiche, che per altro a noi sembrano incantevoli, grazie
anche alla stampa effettuata su carta patinata avoriata, tenuto ovviamente conto delle
condizioni quasi mai ottimali dei materiali su cui si è lavorato. (A tal proposito ci è
grato poter rispondere positivamente alla richiesta dell'autore di p. 70, comunicando che
proprio ultimamente sono state rintracciate nell'AFC due copie originali della fotografia
di don Bosco con gli ex allievi del 1885 di p. 179). Così pure non crediamo si debba
entrare nel merito della comunicazione personale, affettiva dell'autore circa le singole
riproduzioni, stante il fatto dell'insopprimibile soggettività della lettura di un'immagine.
Ci limitiamo invece a qualche precisazione, per così dire, « oggettiva », soprattutto
in vista dell'augurabile seconda edizione dell'opera stessa.
Anzitutto ci pare un po' azzardato sostenere — comunque è da dimostrare — che «
la Torino bene, la Torino che conta, in tutte le categorie (Stato, nobili, Chiesa),

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per lo più non lo [don Bosco] approva, non lo ama. Don Bosco è un santo sociale
che non trova un suo spazio adeguato in una cultura laica e chiusa. Chi ha interes-
si e potere non lo sostiene nelle sue opere che non sono ideologicamente condivi-
se e comunque vengono ritenute di competenza d'altri. Ne è prova la mancanza di
appoggio economico: non si ha notizia di nessun nobile in particolare che lo aiu-
tasse... » (pp. 45-46). A nostro giudizio la famiglia reale, le autorità cittadine
civili e religiose, vari nobili e ricchi borghesi di Torino e dell'hinterland (Fassati,
Cays, Cotta, De Maistre, tanto per fare qualche esempio) non hanno mancato di
sostenere in varie forme e non solo sotto il profilo finanziario le opere di don
Bosco.
In secondo luogo, la breve sintesi cronologica delle pp. 73-76 andrebbe cor-
retta in alcune parti; così ad esempio la data dell'inizio del lavoro di Giovanni
Bosco presso la cascina Moglia parrebbe meglio collocarla nel 1828; il giorno di
Pasqua del 1846 (data della celebrazione della prima messa nella cappella Pinar-
di) era il 12 aprile e non il 13; inoltre nelle stesse pagine sarebbe meglio espri-
mersi in termini di « laboratori per artigiani » o per lo meno « scuole di arti e
mestieri » più che di « scuole professionali »; a p. 93 correggerei la data della
compilazione delle regole salesiane: 1858, o se si vuole, 1857, non certo 1855.
Ricordiamo poi che la nuova sigla dell'Archivio Salesiano Centrale è ASC, e non
più AS.
Tutte minime mende, come si vede, facilmente perdonabili a chi si è sobbar-
cato a tanto lavoro, senza interrompere la sua normale attività educativa coi gio-
vani. Ciò che invece non ci sentiremmo di facilmente perdonare all'editore, data
la eccezionalità del volume, l'alto livello di perfezione tipografica raggiunto nelle
riproduzioni, il lusso della confezione cartonata in piena tela (il che ha ovviamen-
te reso non facilmente disponibile il volume per tutte le tasche) è la presenza di
vari, troppi errori di stampa e di refusi tipografici. Forse le inderogabili esigenze
dei tempi e soprattutto del mercato hanno accelerato i lavori di correzione delle
bozze. Un volume tanto prestigioso richiede un'edizione impeccabile da questo
punto di vista. Ma il rimedio c'è, e facile per giunta.
L'importante comunque è che gli appassionati, gli studiosi di don Bosco
hanno acquisito un nuovo territorio ai loro interessi: quello fotografico. Dopo il
volume del Solda, il campo delle supposizioni iconografiche non appare più peri-
colosamente aperto come è stato fin ora, anche se tante ipotesi e suggestioni at-
tendono ancora di essere verificate con ulteriori raffinate tecniche e con l'auspica-
to ritrovamento di inedite fonti archivistiche.
F. MOTTO
TRANIELLO Francesco (a cura di), Don Bosco nella storia della cultura popolare.
Torino, SEI 1987, 391 p.
Il centenario della morte di don Bosco (31 gennaio 1988) è al centro di rie-
vocazioni e studi, diretti a illustrare l'uno o l'altro aspetto dell'azione dell'educato-
re subalpino. I dieci studi del presente volume convergono a esplorare uno degli
spazi privilegiati del suo impegno di vita: il mondo del « popolo », soprattutto
giovane, raggiunto attraverso l'avviamento al lavoro e alla cultura, scolastica ed
extrascolastica (stampa educativa, « letture cattoliche », assistenza religiosa e
morale agli emigranti) oppure ne sottolineano dimensioni e significati particolari
(le ripercussioni nella stampa del suo tempo, il confronto con la società industria-
le, l'impatto politico in Italia

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230 Recensioni
e la proiezione universale, l'immagine della donna). Vi collaborano con saggi di
ineguale estensione studiosi appartenenti a diverse aree della ricerca storica: F.
Traniello, L. Pazzaglia, P. Zolli, G. Proverbio, M. T. Trebiliani, G. Tuninetti, S.
Pivato, G. Rosoli, P. Bairati, P. Stella. Tutti sollecitano a ulteriori
approfondimenti, generalmente senza forzare il mito di don Bosco, per il
conseguimento di una visione storica globale, che rispetti le proporzioni e non
penalizzi gli « assenti ». Particolarmente ricchi di relativa « novità » di apporti
sembrano risultare alcuni: ad esempio, di L. Pazzaglia sull'istruzione
professionale e il problematico passaggio, vivente don Bosco (ma, si ritiene,
ormai con una sua limitata presenza « attiva »), dall'artigianato alla « scuola
professionale » (si possono confrontare le sue conclusioni con quelle di P. Bairati,
pp. 343-344); e di G. Rosoli su Impegno missionario e assistenza religiosa agli
emigranti nella visione e nell'opera di don Bosco e dei Salesiani, in particolare a
Buenos Aires nell'ultimo venticinquennio del secolo scorso.
« E' un avvio e in un certo modo una proposta », avverte il coordinatore del
suggestivo volume, il professor Traniello; ma anche un ragguardevole traguardo
raggiunto, con tale varietà di temi e di suggestioni da sollecitare analoghi impegni
di ricerca nelle medesime e in altre direzioni, con la preoccupazione, del tutto
condivisa, di « situare le tematiche affrontate sullo sfondo di più ampi fenomeni
socio-culturali ».
P. BRAIDO