Don Paolo Albera. Favini. SEI 1965


Don Paolo Albera. Favini. SEI 1965

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D. GUIDO PAVINI
DON PAOLO ALBEM
LE PETIT D. BOSCO
Secondo Successore di S. Giovanni Bosco
Primo Visitatore delle Missioni Salesiane in America
nella vita e nella storia della Società Salesiana
SOCIETA EDITRICE INTERNAZIONALE -TORINO

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visto pex la Società Salesiana
Torino, 6 maggio 1975
D. Sante Garelli
Nulla osta alla stampa
Torino, 13 maggio 1975
Sac. Felice Rizzini
Ispettore e Delegato del Rettor Ma&&iore
Imprimatur
Torino, 9 settembre 1975
Sac. Valentino Scarasso, V.G.
- O
by Società
Printed in
ItEadlyitr-icOe ffIinctinerenGazriaofnicahlee
Torino
SEI
i975
- Settembre 1975 M.E. 42183

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Al Rev.mo
Don Luigi Ricceri
Rettor Maggiore della Società Salesiana
per la sua
Messa d'Oro

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Presentazione in anteprima
Una biografia di fondamentale impor
PAOLO ALBERA: «Le ppetit Don B
..
L'uomo
Chi osa dettare quest'umile omaggio ebbe il priviligio di conoscere. per-
sonalmente don Alhera entro un q d r o di spazio e di tempo del tutto ec-
cezionale: a Torino verso il tramonto del secondo successore di don Bosco,,
a piedi dello svelto monumento a Lui inaugurato di fronte al santuario sale-
siano per eccellenm, all'indomani dell'apoteosi che fondeva in un inno di
lode ogni ricordanza sale+na.
...Una figura esile, minuta, fine, resa ancora maggiormente diafana, se.
si può parlare di diofano entro l'esiguo spazio della mortalitd i;sica, ...capi-
gliatura ancor folta, candida come la neve, ritta a spazzola come a voler con-
ferire un candido volo e risalto a tutta quanta la persona composta entro un
involucro minimo di materialità, fe&1e custode dello spirito ~ é t i b gtdli-
co che una cosi lunga adozione di tempo e di animo in Francia aveva pla-
smato nel qumdro delle sue componende. Sembrava volesse elevarsi, quasi
scompmire da ciò che limita, per svettare in regioni di puro spirito.
Luminosità d'animo inconfondibile con quella zigomatica di don Bosco
e con l'altra, eminentemente ascetica, di don Rua. Diceva bene Il corriere'
deUa sera: «Don Alherm P di una speciale jisonomia mistica ». Realismo,
ascetica e mistica convengono certamente nei Tre, ma ognuno ha la propria
voce. Per ciò che si riferisce ad Alhera, questa sua singolare voce trova n e
campi che gli sono persondissimi: l'anima del fanciullo(davanti a Dio siamo
sempre tutti fanciulli d'animo) le esigenze del soldato nel gorgo di quella
<<inutile strage » che in fondo è ogni guerra, e le pagine m e di diario. Spira
su questi tre campi una voce eminente di predilezioneche commuoue l'animo
e lo spinge sempre di nuovo alla speranza.
U n outore contemporaneo assegnava, non molti anni or sono, a un suo
romanzo un titolo che, se ancora non fosse stato scovato, bisognerebbe crea-~
re: Le stdle staano a guardare. Forse è proprio degli ustri: far del bene
guardando, a imitazione di Dio, la scienza del Q d e dà origine alle cose...
a una
opere
dceerl tafigdliisotadni zNa,o,nceo.m..eu npecrlimnoand icopnutraimtài,ndairebloantfàondtie.pCenotdimeemnteorgpeerdfainlole,
anche solo dinuanzi d pensiero di aver potuto offuscare tanti doni, e di 12
un continuo ritorno sopra di sé, mai snupolo, ma sempre adorante oblazione
perché il domani sia pii terso dell'oggi.

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L'iter della Provvidenza
I quadri entro i quali si compose e si svolse quella visione opermfe pa-
ce sono di una semplicità che stupisce, ma sempre irrorati di uno spiritu&-
robusta, rulla q d e non si insisterebbe mai abbastanza.
Uscito dal nido di Valdocco dopo un conveniente periodo qua+ decee
nale di addestramento alla scuola diretta di don Bosco, pure lui a metà con
don Bosco seppure in misura diversa per la giovane età, don Albera è invia-
to a Genova, non per continuare imprese già poste da altri in cammino, ma
per immettere nelle opere salesiane un corso nuovo.
Dopo altri dieci anni drca (i settori della vita di don Albera, cut-ioso,
si aggirano sempe intorno a un decennio), l'ardente sacerdote che erediterà
sempre in misura più copiosa l'ardimento del suo protettore san Paolo, spic-
ca il volo per la Francia come primo Ispettore della Francia, ma anche del
Belgio.
Espletò quest'altro decennio, costituita ormai sulla superficie dei due
Paesi una solida rete di Case che formano una grande regione salesiuna in
tempi durissimi (basti pensare cosa fosse avvenuto in Frmcia ail'inizio del
secolo .con tutta quella valanga di soppressioni di beni ecclexiastici, da Marsi-
glia a Lilla), don Alhera è richiamato alla C m madre giusto giusto per fare
le valigie per lidi ass~ipiù lontani, l'America latina che egli percorrerà in
lungo e in largo con vigore indomito.
Il lettore si sente come impiglioto in quei panorami immensi ed innu-
meri che ancor oggi non hanno nome e misura. Chiedi a un indio delle pam-
pas argentine o del Ilano venezuelano (tanto per megnare i due estremi a
quel mondo turgido di passione e di sole) quale distmza corra tra il pun-
to in cui ti trovi o una determinata località lontana mille chilometri, e con
tanta naturalezza ti sentirai rispondee: << alli mismito u, come a dire « a
due passi ».E vedere quell'Uomo immerso nell'immenso, unicamente ii sogno
te lo può salvare.
Ma lo guida un'idea così potente che ha ragione di ogni asperità, l'idea
madre da' tutto il Vangelo, incarnata con un risalto senza uguali nel Precur-
sore: Rendere testimoninra all'Altro, grazie al Quale si è ciò che si è e si ha
ciò che si ha. L'Altro, ossia don Bosco, sta a2 sommo di ogni suo pensiero,
di ogni parola, di ogni desiderio. Come dirk per l'appunto il precursore: a 2
necessario che l'Altro cresca e che io diminuisca D, anzi che succeda un feno-
meno di osmosi, per cui io addirittura scompaia.
Quando ormai quel continente illimite non ha nulla più d$ inesplorato
dal Visitatore mandato da don Rua, sempre in nome di don Bosco e in virtù
di don Bosco, al grande Reduce da quella più grande avventura può essere
affidatauna sola missione, ciò che nella gerarchia di una C m saleswna vi è
di più delicato: il Catechista. Catechista della Pia Societd vuol dire pratica-
mente moderatore di tutta quanta la sua economia spirituale.
Questa missione eminentemente religiosa sfocerà d a morte di don Rua
nel mandato supremo: suo Successore. Ormai però neanche don Albera non
si appartiene più. L'osmosi è consumata. Don Bosco ritorna. Don Bosco, e
Lui solo è presente tra i giovani. Per questo è assicurata l'unità e, fino a
tanto che non saranno permesse incursioni jormee non vi m ~ àpiù luogo a

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timori. Le pietre miliari del cammino arsegnato n2 nuovo Rettor Maggiore
saranno i Capitoli generoli, le grandi arsisi legali per la custodia della Pia
Socretd sdo per garantire la tradnione, nella sostanza. Poiché se il Padre, il
Fondatore 2 presente, ogni innovazione sostanziale che sr pretendesse znserire
suonerebbe e smebhe pratrcamente rnsulto.
La piramide completa
È il grande segreto, ed B anche il grande merito di don Favini nell'aver-
ci dato, nel darci, questo suo nuovo studio. Come rientrando a casa, la sera,
dopo le fatiche della giornata che ci possono avere stancati; dopo gli in-
contri con tanti uomini, che muovevano il lamento dell'Autore del-
l'Imitazione: «Ogni volta che me ne uscii tra gli uomini, me ne rientri
sempre meno uomo s; dopo tanti esigui trionfi che possono aver posto a
repentaglio la solidità del nostro sentire* o dopo amare disillusioni che re-
stituiscono così fortemente l'animo alla sua giusta misura, così, consumando
la lettura e la riflessione di quel grande andare di don Favini attraverso
gli orti di don Albero, tanto sconclnsionati se visti nel rovescio, un grande
respiro d'unità ci prende e come la reale scoperta di Qualcuno che mancma,
che bisognava mettere sul candelabro, proprio per una esigenza intima del
Sistema.
In effetti, uno stupore grande pende tutta la persona del lettore: che
don Fauini, in fondo, nelle sue irte peregrinazioni al seguito di don Al-
hera, non abbia descritto la storia di una persona singola, per quanto eletta,
ma di un folto gruppo di anime, anzi di vari gruppi, come di moltitudini
apolittiche convenienti nel gioco di un unico moto incontro al trono o, per
Udsotegensnlunicmuodoelopvrvoeoe,.ud.c.'naolem&a eodaadpdiepeusseentrrmtaau-n,tgtiurooon, siunscnifoilcnapoicotvauadtmto'aaelendatiedaPevlsuiiiùclncaiiustnotmiraici.nll.ea.to,murdannaroleln'aaudligalioacdlmoiebiaodd,BiredepciocclhahviiieoudrcteicoiC,apde.I.r.i
protezione.
In questo senso l'attenzione fedele verso k opere di don Favini va ri-
stretta verso il vero sostanziale a una trilogia: «Alle fonti della sita salesia-
na P, dove tutto è don Bosco; « A metà con don Bosco z, dove tutto è don
Rua, la Regola vivente (anche se a metà, i beni spirituoli non diminuiscono,
anzi si moltiplicano per divisione), e «Don Paolo Albera*, di cui è tanto
festoso affrettare col desiderio la pubblicazione. Festa che non va soltanto al
privilegio di poterla presentare in anteprima e neppure unicamente al valo-
re intrinseco del dolce Ispettore di Marsiglia «Le petit don Bosco », al quale
non poteva convenire appellativo più fine e gmbato, ma proprio per la sua
funzione specifica e nuova, completitiva delle pubblicazioni or ora elencate.
A questo riguardo sarebbe fuori del uero parlare di un'epocm delle fon-
ti o di primi passi o di pionieri. Chi parla cosi pone mente a una forma di
azione ed evidenzia piuttosto un valore di carattere storico, ma questa terna
di nomi che ci sono tanto ca~i,nelle vie di Dio, sono come fuori del tempo,
in Dio.
Sulla terra hanno lasciato, nell'ordine dell'essere, un nonolite, una pi-
ramide svelta che suetta in cielo. È per l'appunto un modo di vivere che quei

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tre ?tomi intrecciano, un modo di essere, un'unità vitale, un solo cuore,
un'uilica realtà tributaria delle singole doti, un dbero unico e frondoso, radi-
ci a Torino. Ecco perché la zrande fatica di don Favini era attesa e sarà be-
nedetta: dal punti di vista biografia E piramide era sempre in attesa di un
debito complemento. Or il monolife sta, ed è chiaro.
Un bel proverbio francese (ne facciamo quasi omaggio di predilezione a
don Albera che tanto si prodigò per la F~anciae che tento bene ricevette in
compenso generoso)dice: « Qui peut avoir des perks, ne se charge por de co-
qnilles a.
Il biografo paziente d i don Albere si è voluto in~ericareanche delle con-
chiglie e la sua dev'essere stata una fatica& Sisifo ma del tutto corrispon-
dentt al sacrorosanto dovere di storico coscienzioso e leale... a costo perfino di
annoinre qua e ld il lettore. Ora rifulgono solo le perle come quando cado.
no i ponti do costruzione e pemettono la gandiosa visione unita& della
nnovfl creazione.
Un episodio ubaldiano per terminare, che dice tutto in uno.
Don Paolo Uhaldi insigne salesimo nella virtù e nella scienza il quale,
al pensiero di essere stato trasferito dall'iiniwersità di Catania, come profrs-
sore ordinario di lingua e letteratura greca, alla Cattolica di Milano ( « ACa-
tania - lamentava sempre - potevo far tanto bene! ») quaxi ne piangeva,
.n..aurnebchmeatstainreabtabcdsitlautga.l.i.ol,'useltnimzaachorean, ésamliatoesitnrocnaétteddirsac,epdoetlitepoutnesosedrioqiunediovfai.-
mosi strappi a una fascia d i seta che soleva portare al coJ10, e protestò:
«Oggi non ho voglia di far lezione. Mi sento stanco. In compenso vi raccon-
terò un episodio: Avevo sei anni. Un giorno mia mamma mi disse di prepa-
r~rmi:saremmo andati, a P a m , dal vescovo. (Chissa chi aveva fatto al ve-
scovo il nome di Ubaldi come possibile candidato al seminario). Allora io
frequentavo gin l'oratorio dei Salesiani. Arrivoti dinnanzi al vescovo, questi
cominciò a farmi delle interrogazioni. Il finale: "Ti piacerebbe venire con
noi in seminario? t... Pestai un piede per terra e gli dissi: 'Ocon don Bosco
o nulla" ». Scoppiò, s& cattedra, in pknto. Le lezione era finita. E E vita
quaggiù... Qualche settimana dopo, nel calure estivo di Milano, don Ubaldi
se ne partiva solo, dnll'aitra parte... con don Bosco, coi Tre.
H< RAFFALE FOBNI
« Giornale del Popolo », Lugano, 18 luglio 1975

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Parte I
CON DON BOSCO

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I tre
Gesù amava di un amore di predilezione tre fra i suoi Apo-
stoli: Pietro, Giacomo e Giovanni. Fino alla evidenza, basta
leggere il Vangelo.
E tre dei suoi primi fedelissimi amava Don Bosco fino alla
trasparenza della predilezione: Michele, Giovanni, Paolino: Rua,
Cagliero, Aibera.
Basta leggere con attenzione la storia della Società Salesiana.
È noto com'egli, nella sua pedagogia dell'amore casto sacer-
dotale, sapesse dare a ciascuno dei suoi giovani l'impressione della
predilezione in tante circostanze dei suoi rapporti personali con
loro, specialmente nell'esercizio del santo ministero. Ed è pure
evidente com'egli seppe affidare, a ciascuno di quelli che si lega-
rono a lui per la vita, la missione che, meglio a lui confacendo,
gli permettesse di prestare alla Congregazione, alla Chiesa, alla
società contemporanea, il servizio adeguato d e sue capacità, d e
sue inclinazioni, abilità e competenze. Fu così che strutturò una
Congregazione a giorno, di particolare attualità pei suoi tempi
e per I'awenire, dotata di un dinamismo intelligente e fedele
che le consenta di superare con la Chiesa le bufere più perfide
e violente, e di godere del privilegio della Chiesa di soprawi-
vere, di rifarsi, di prosperare sotto tutti i climi e fra tutti i popoli.
Ma le funzioni di maggior responsabilità a raggio interna-
zionale Don Bosco le riserbò a tre che a distanza di tempo sem-
brano proprio scelti con intelligenza e valutazione carismatica: a
Don Michele Rua, a Don Giovanni Cagliero, a Don Paolo Albera.
A Don Rua la formazione e la tutela dell'osservanza reli-
giosa, lo spirito e lo zelo di apostolato salesiano.
A Don Cagliero l'espansione oltre oceano e l'awio delle
Missioni.
A Don Aibera la prima dermazione europea.
Analizzando il suo tratto personale coi singoli, si può con

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facilità evidenziare la totale assoluta fiducia nel suo amore, quasi
altev ego 6n dalla giovinezza, di colui con cui fece a metà.
La certezza del successo nella mente, nel cuore, nell'esube-
ranza apostolica del Cagliero.
La tenerezza deii'amore per i'angelica pietà, per la finezza
del tatto, la soavità del tratto, in Don Paolo Albera che la Francia
battezzerà e ricorderà poi sempre con tanta simpatia come <<le
petlt Don Bosco ».
Ognuno dei tre, col temperamento proprio e le caratteristiche
della terra natia che <( simili a sé gli abitator produce 2, come
cantava un poeta dei buon tempo andato: Don Rua, della gentii
Torino; Don Cagliero, della forte terra astigiana, come Don Bo-
sco, e Don Albera, della mite piana di None, sulla strada delle
valli per Saluno e Pinerolo.
Nacque il 6 giugno del 1845, mentre la diocesi torinese ce-
lebrava la festa del miracolo eucaristico che meritò a Torino
anche il titolo di Città del SS. Sacramento (1453), da Giovanni
Battista Albera e Margherita Deii'Acqua. Genitori d'oro, che la-
voravano la loro campagna (una quindicina di giornate di ter-
reno) e ne cavavano a sufficienza per allevare già sei figliuoli di
cui il secondo, Lodovico, entrò poi tra i Frati Minori col nome
di Padre Telesforo; il quinto, Luigi, tra i Lanaristi; la sesta,
Francesca, tra le Figlie della Carità col nome di Suor Vincenza,
mentre Giambattista, Gian Francesco e Giuseppe aiutavano i
genitori nei campi.
Paolino, settimo, il più delicato di costituzione, battezzato il
giorno stesso deila nascita, manifestò presto una spiccata ten-
denza alla pietà, mentre prestava nel lavoro i suoi premurosi
servizi.
Tutti abbastanza docili, non diedero preoccupazioni ai geni-
tori. La mamma poteva dire, accogliendo confidenze di tribola-
zioni da altre: - I miei non cercano neppure di uscir di casa.
Io metto un tavolino in un angolo ed essi passano tutta la
sera giocando o facendo i compiti di scuola.
Di giorno, naturalmente, o a scuola o nei campi.
In un ambiente così sereno e laborioso, Paolino fu prepa-
rato alla prima Comunione e ricevette la Cresima dal vescovo
di Pinerolo Mons. Lorenzo Renaldi nei 1853, quarto centenario
del miracolo eucaristico torinese, il lo maggio.
Don Bosco a Torino preparava pei 6 giugno un volumetto

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deile Letture Cattoliche con la descrizione del prodigio e racco-
mandava al ch. Rna di curarne una nuova edizione nell'ottavo
cinquantesimo, 1903.
Dai 1849 era Parroco a None l'intelligente e zelantissimo
teologo Don Matteo Abrate, al quale Paolino serviva spesso vo-
lentieri la S. Messa.
Avuto in parrocchia Don Bosco, che conosceva molto bene
da quando era vicecurato a San Francesco di Assisi in Torino
(dove Don Bosco aveva celebrato la prima Messa nel 1841), e
- udendo che egli andava in cerca di buone vocazioni, gli presentò
il piccolo Albera, dicendogli semplicemente: Prendilo con te.
- E Don Bosco l'aveva passato al ch. Rua che lo accompagnava:
Prenditi questo caro amico e dagli un po' di esame.
- I1 chierico, dopo avergli fatto alcune domande, ritornò con
Paolino: Don Bosco, lo può accettar volentieri all'Oratorio.
Aii'Oratorio di Valdocco
Fu cosi che il18 ottobre il buon parroco poté condurre Paolo
Alhera a Torino ed a5darlo a Don Bosco per sempre. Per sem-
pre, nei disegni di Dio. Perché il teol. Abrate senti presto la ten-
tazione di riprenderselo in parrocchia appena sacerdote.
Ma in quella occasione, visitando l'oratorio con Don Bosco,
ne suhi un fascino cosi forte che, salutando gli allievi esclamò
con entusiasmo: - Un tempo era vanto per molti il poter dire
Io appartenni alla Grande Armata ».Verrà giorno in cui per
ciascuno di voi sarà un vanto ancor più grande poter dire « I o
sono stato allievo di Don Bosco... ».
L'Oratorio nel 1858 era in piena fragrania delie virtù di
Domenico Savio, passato all'eternità il 9 marzo dell'anno prece-
dente 1857. Paolino ne godeva.
Fino ai 21 gennaio 1859 ebbe vicino di camera Michele Ma-
gone con cui strinse fraterna amicizia, e non dimenticò più una
- delle ultime coniidenze fatte a Don Bosco e tosto m u s e fra
i compagni: La cosa che più mi consola in questo momento
è quel poco che ho fatto in onore di Maria SS. Si, questa è la
più grande consolazione.
Un senso deila vita di famiglia e deilo spirito ecclesiale che
vi aleggiava l'ebbe h dai primi mesi quando Don Bosco, com-
mosso per il voltafaccia di non pochi fedeli sobillati dalle sètte,

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a un decennio dall'elevazione di Pio I X al Sommo Pontificato,
preparò un'aifettuosa protesta di amor filiale a l Vicario di Cristo
ed invitò i giovani ad aggiungervi la propria &ma.
Albera lo fece con particolare trasporto perché seguiva atten-
tamente la istruzioni domenicaii del santo educatore che aveva
intrapreso a narrare le vite dei Papi. Depose infatti più tardi al
processo per la beatiticazione e canonizzazione del Fondatore:
<< Ciò che formava l'argomento dei suoi interessantissimi tratte-
nimenti, era per lo più ricavato dai Bollandisti. Nessuna mefavi-
glia perciò che i suoi alunni lo scoltassero così attentamente e
con immenso gusto. Non erano mai sazi di udirlo, benché le sue
prediche durassero quasi un'ora e mezza. Nei dialoghi poi tra i
Martiri e i loro persecutori, il predicatore era veramente insupera-
bile. Conciliava sempre stima e d e t t o verso la Santa Sede, illustra-
ta dai Papi con azioni esimie e santificata col loro sangue. E non
discendeva mai dal pulpito (il pulpitino della cappella di S. Fran-
cesco di Sales donata dal santo Don Cafasso) senza avere interro-
gato qualche giovane, perché da qualche fatto traesse la morale;
per vari anni interrogò specialmente il ch. Roetti. Ordinariamente,
quando Don Bosco aveva finito di raccontare la vita di un Pon-
tefice o d'altro Santo le cui gesta erano un'illustrazione del Pa-
pato, noi lo vedevamo comparire in un fascicolo delle "Letture
Cattoliche", in cui rileggevamo con immenso piacere le cose udite
- - nelle sue prediche » (M. B. V, 579).
Erano gli anni ricordava ancora Don Albera più tardi
in cui Don Bosco spesso schierava centinaia di giovani in cor-
tile durante le ricreazioni su una sola fua, poi moveva con tutti
in direzioni che sembravano bizzarre ma hivano per comporre
quasi a lettere cubitali viventi le parole << Viva Pio IX ».
Non essendo prudente allora lanciare quel grido alle stelle,
egli otteneva lo stesso effetto strappando ai giovani grida di gioia.
Ne aveva in tale esuberanza, rispetto ai locali di cui dispo-
neva, che ogni tanto inviava studenti anche al Cottolengo, alle
scuole dei Tommasini.
Finiva di ritoccare le Regole concordate con Pio I X nel suo
primo viaggio a Roma, l'anno precedente, col cb. Rua e il santo
Teol. Leonardo Mutialdo, e preparava segretamente la costitu-
zione della Società Salesiana. Ma attese fuio alla festa dell'Im-
macolata Concezione del 1859 per rivelare i suoi disegni.
La sera del 18, appena Rua ebbe ricevuto il suddiaconato,

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Don Bosco raccolse tutti gli aderenti nella sua unica cameretta
che gli serviva da studio e da camera da letto, dopo le orazioni
della sera, mentre i compagni erano già nel primo sonno, e in
forma clandestina per l'ostilità dei tempi (si stavano sopprimendo
le Congregazioni che già esistevano), con una semplicissima ceri-
monia da catacombe, i primi diciassette (un prete Don Alaso-
natti, un diacono Don Angelo Savio, il suddiacono Don Michele
Rua, tredici chierici e un giovane studente) si univano ufticial-
mente a lui in «Società o Congregazione religiosa », pregando
lui a fare da Superiore, consentendogli la scelta del Prefetto o
Vicario e del Direttore spirituale o Catechista; poi procedendo
per elezione alla nomina dei Consiglieri del primo Capitolo o
Consiglio direttivo.
I1 1" maggio 1860 fu la volta dell'accettazione del giovane
Paolo Alhera con altri volontari che «Don Bosco aveva formato
a sua immagine e somiglianza pel candore, l'attività e la risolu-
- tezza dei propositi. Gli irresoluti, gli snervati di volontà - nota
il biografo Don Lemoyne non facevano per lui... ».A sette
anni precisi dal giorno della sua Cresima, Paoiino «per inge-
gno, pietà e condotta era tra i primi deli'Oratorio ».
Non era stata davvero indcace la grazia del grande sacra-
mento per l'anima sua. E non fa stupire che Don Bosco gradisse
lui, Paoiino, in ginocchio in atto di confessarsi, quando si riusci
a fare la prima fotografia del Santo. È incantevole, pur nella
semplicità della lastra fotografica.
Ma l'incanto vien dall'anima del piccolo Alhera che traspare
dal volto mentre posa per essere ritratto in atto di far la sua
confessione abituale a Don Bosco, suo confessore ordinario Ti-
ché gli poté vivere a fianco.
Come novizio salesiano (allora si diceva « ascritto »), 1'11 giu-
gno 1860 appose la sua firma, Aibera Paolo, Studente di 1" Re-
torica, insieme con gli altri salesiani, al testo deile Regole ed &a
supplica da inviare all'arcivescovo di Torino, Mons. Luigi Fran-
soni esule a Lione, per ottenerne l'approvazione diocesana e poi
inoltrarle a Roma per quella pontificia. Fece, con gli altri, la so-
lenne promessa che leggiamo in calce al verbale dell'atto memo-
rando « che se per mala ventura a cagion deila tristezza dei tem-
pi »,non avessero potuto fare i voti, « ognuno in qualunque luogo
si troverà, fossero anche tutti i nostri compagni dispersi, non esi-
stessero più che due soli, non ce ne fosse più che uno solo, co-

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stui si sforzerà di promuovere questa pia società e di osservarne
sempre, per quanto possibile, le Regole » (M. B. VI, 630).
L'Oratorio aveva appena subito due invasioni della polizia,
il 26 maggio e il 9 giugno, per perquisizioni domiciliari a Don
Bosco sospettato, come i migliori sacerdoti e laici cattolici, di
meue politiche contro l'unità nazionale. Ci voleva del fegato ad
impegnarsi con tanta abnegazione e decisione.
A testimonianza dei contemporanei - e mi limito a citare
Don Giulio Barberis e Don Francesco Cerruti, coi quali io ebbi
ancora la gioia di trattare - Paolo Albera fu subito « fra i com-
pagni deli'Oratorio un apostolo di bene », non solo uno studente
esemplare: spiegava uno zelo straordinario, fino a correggere una
volta in bel modo un chierico suo compagno il quale non badava
troppo alle parole che gli uscivan di bocca e non rifietteva tutta
la riverenza dovuta a Dio; aborriva in modo speciale la bestem-
mia, non poteva tollerare che si pronunciasse il nome di Dio con
poco rispetto.
Caro a Don Bosco, Paoliio era tanto caro anche ai suoi com-
pagni che usavano per lui lo stesso vezzeggiativo.
Tengo con cura un quadernetto, fatto con ritagli di carta della
tipografia cuciti insieme, su cui uno dei più affezionati ad Al-
bera, Costanzo Rinaudo (che io conobbi poi sul tramonto della
sua vita Ordinario di Stona all'Università di Torino e Consigliere
comunale) descrive la grande passeggiata autunnale del 1861 a
Cbieri, al Colle Don Bosco per la festa del Rosario, poi a Castef-
nuovo, Mondonio, Piéa, Passerano, Cortanze, Montechiaro, Villa
S. Secondo, A1Fian0, Castelletto Merli, Ponzano, Crea, Fornetto,
Ozzano, Casale Monferrato, ospitati dal vescovo Mons. di CaIa-
biana in seminario, S. Germano, Occimiano, Mirabello, San Sal-
vatore, Valenza, a piedi, banda in testa, cantori e filodrammatici
che nelle varie soste allietavano città e paesi con recite e concerti;
finalmente in treno per Alessandria, Asti, Viafranca, Torino.
Passeggiata pittoresca di oltre quindici giorni dal 3 al 19 ot-
tobre. La descrizione di Rinaudo concorda perfettamente, pur
nello stile del tempo, con le pagine di Don Lemoyne nelle Me-
morie Biografiche di Don Bosco e conferma lo spirito di famiglia
che ossigenava l'Oratorio in quegli anni.
Costanzo Rinaudo, con alcuni dei migliori, ebbe il permesso
di anticipare la partenza da Torino, fare insieme a piedi la strada
per Pino Torinese e Chieri, per visitare la città, ospiti di un sa-

2.9 Page 19

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cerdote di nome Don Caiosso. Egli veniva soprannominato il
Cavour della brigata e Alessandro Fabre (&io conobbi poi profes-
sore di lettere ai Liceo Cavour di Torino) passava pel suo fattore;
a Chieri incontrarono Jarach da loro soprannominato Mazzini e
un altro compagno, Domenica, che tennero loro campagnia &o a
sera quando andarono incontro a Don Bosco e al Cav. Oreglia
di Santo Stefano che, lasciata proseguire la carovana, sostarono
a passar la notte con loro da Don Calosso e dai Cav. Gonella,
benefattore deli'Oratorio. Paolino diresse il rosario e le preghiere
serali e diede la sveglia, ai mattino seguente, per proseguire per
Buttigliera e per il coiie di Murialdo dia casetta del Santo.
Graziosissimo il racconto, le awenture e le scampagnate fra
i vigneti, esilaranti i concerti e le rappresentazioni che attiravano
le popolazioni in gara per ospitarli, ristorarli e dar loro riposo
magari sui fienili, edificanti le funzioni, Messe in canto, Comu-
nioni, buone notti di Don Bosco... omaggi ai parroci, ai sindaci,
a benefattori... Don Bosco le continuò per vari anni, quando le
brevi vacanze cominciavano nella seconda metà di agosto e &i-
vano dopo la festa dei Santi per lasciar godere la vendemmia
nei vigneti deli'astigiano e del Monferrato. Parecchi preferivano
passarne gran parte con Don Bosco a Torino, e Don Bosco li
sollevava con questi pittoreschi svaghi.
Albera finì l'ottobre al paese, dove il parroco di None, il 29,
gli benedisse la talare ch'egli indossò fra il giubilo dei familiari
e dei compaesani. Don Bosco i'aveva sognato, come accenne-
remo, con lucerna e chitarra nel campo di messi. In un mo-
mento di confidenza, con gli altri rimasti a far vacanza, l'aveva
- intrattenuto sui primi tempi deU'Oratorio e aveva conchiuso
accennando anche a qudche motivo di amarezza Oh, se alcuni
che non si regolano abbastanza bene, si ricordassero sempre dei
primi tempi dell'Oratorio' si renderebbero certamente degni dei
doni singolarissimi che il Signoue ci ha fatti
Un'aitra sera, ai ritorno dalla città, mentre Albera l'accom-
pagnava in camera e l'aiutava a deporre il cappello e la man-
- tellina: - T u sei giovane - gli disse ma ne vedrai delle
belle. Due rono insieme nella stessa chiesa a fare la meditazione,
due rono in coro uno a fianco dell'altro che cantarzo il bveviario,
dae sono vicini inginocchiati alla stessa balaustra per fare la santa
Comunione: e m110 stesso tempo si aborriscono e non possono

2.10 Page 20

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soffrirsi a uicenda. E sanno conciliaue una cosa con l'altra: odio,
maldicenza, comunione e preghiera... (M. B. VI, 998).
I compagni Luigi Jarach e Costanzo Rinaudo fecero la vesti-
zione all'Oratorio il giorno dell'Immacolata 1861. La sera, Don
Bosco collocava sul frontone dell'ala della sua camera, ch'era stato
colpito da un fulmine, il miglior parafulmine per l'awenire: una
statua in cemento deli'lmmacolata, che spicca tuttora.
... Lucerna e chitarra
Oggi nessuno stupirebbe di vedere un prete suonare una
chitarra.
Le anime apostolice, veramente apostoliche, hanno un loro
esemplare modello, nel mondo salesiano, in Don Antonio Cojazzi,
che portava abitualmente e dignitosamente la sua talare, povera
ma sempre ordinata, ed era un incanto vederlo in mezzo a
masse di giovani, spesso di chierici, religiosi o seminaristi, seduto
sull'erba, fra le rocce, sulla sabbia in riva al mare, trascinando
tutti con la sua chitarra a chiassosa schiettissima allegria, a spas-
sose risate. Un precursore dello stile ecclesiastico del ConciIio
Vaticano 11, in perfetta linea con la sua vocazione ecclesiastica,
con lo spirito conciliare, col buon senso di una personalità ge-
niale ed equilibrata.
Quanti Don Cojazzi abbiamo desiderato &n dalla nostra gio-
vinezza!... Non ci saremmo però mai immaginato il piissimo
Don Albera con la chitarra...
Eppure Don Bosco lo sognò così, la notte tra l'l e il 2 mag-
gio 1861, nell'awenire deil'appena nata Congregazione o So-
cietà Salesiana (M. B. VI, 910).
Lo vide fra coloro che estirpavano il loglio dal campo di
grano ove i giovani dell'Oratorio mietevano, lo raccoglievano a
parte e l'ahbruciavano: « ... e vidi, tra quella moltitudine di gio-
vani, &uni i quali portavano una lucerna in mano - così narrò
la sera del 3 maggio - per far lume anche in pieno mezzo-
giorno... coloro che saranno di esempio agli altri operai del Van-
gelo e con questo devono illuminare il clero. Fra essi era Albera
Paolo il quale, oltre avere la lucerna, suonava eziandio la chi-
tarra; e significa che mostrerà la via ai sacerdoti e farà loro
coraggio per andare avanti nella 1070 missione... ».

3 Pages 21-30

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3.1 Page 21

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Questa interpretazione data da Don Bosco stesso fece pen-
sare anche al giovane Albera, qualche giorno dopo, quando in
intimità di conversazione coi chierici coddò che fra i giovani
visti nel campo di grano sognato ne aveva notato due che sa-
rebbero divenuti vescovi. Dilfusa la notizia anche fra i giovani,
molti concordavano ad individuarli nel ch. Giovanni Cagliero e
nel giovane Paolo Albera. Ma dal 12 febbraio 1858 era già fra
loro &Oratorio il giovane Giacomo Costamagna &e f u in ef-
fetti il secondo vescovo salesiano.
Cura dei sacerdoti in raggio ben più ampio di quello che toc-
chi generalmente ad un vescovo nella sua diocesi, riserbava il
Signore a Don Albera come primo Direttore a Sanpierdarena,
primo Ispettore in Francia, Direttore Spirituale di tutta la So.
cietà Salesiana e poi Rettor Maggiore...
Don Nbera vi si distinse poi infatti per discernimento, par-
ticolare rigore uell'ammissione agli Ordini sacri, pia formazione
e amabile sostegno delle vere vocazioni.
Offrendo anzitutto l'esempio di una spiccata santità sacerd-
tale salesiana.
Santità trasparente fin dall'adolescenza e fatta rilevare da
Don Bosco senza equivoci, tra l'altro, la sera del 3 maggio 1867,
secondo la testimonianza resa dal ch. Costamagna e confermata
ancora per iscritto dopo la sua consacrazione episcopale con jet-
tera a Don Lemoyne nel 1893:
« La sera del 3 maggio 1867, sul treno, ritornando a Torino,
Don Bosco mi apriva i1 suo cuore e giubilava per tante gra-
zie che il Signore gli faceva, specialmente col dono di giovani
cooperatori ornati di esimie virtù. Nominava Durando, France-
sia, Cagliero, Cerruti, Bonetti, Aibera, Ghivarello, ecc. ecc. E
diceva: Questi è valente grammatico, l'altro letterato, uno musi-
cista, l'altro scrittore, uno teologo, un altro santo... » (M. B.
VIII, 773).
~pplic'andoin ordine le qualifiche ai nomi, quella di santo
tocca proprio a Don Albera.
Passando in seguito a Don Rua, il santo Fondatore soggiunse:
« Guarda, Giacomo, se Dio mi dicesse: Preparati, ché devi mo.
rire, e scegli un tuo successore perché non voglio che l'Opera
da te incominciata venga meno; chiedi per questo tuo successore
quante grazie, virtù, doni, carismi credi necessari perch6 possa

3.2 Page 22

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disimpegnar bene il suo ufficio, cbé io tutti glieli darò... ti assi-
curo che non saprei che cosa chiedere al Signore per questo
scopo, perché tutto quanto già lo vedo posseduto da Don Rua ».
Professione religiosa e studi
Nei mese di maggio del 1862 Don Bosco tenne importantis-
sime esortazioni ai giovani ed ai suoi primi salesiani, di cui ab-
biamo documento nella cronaca di Don Bonetti ed in altre.
La sera del 6 parlò con fervore del Papa a tutti e finì di-
cendo: - Vorrei che Pio IX avesse in ciascun giovane deii'ora-
torio uno zelante difensore in qualunque angolo delta terra egli
si trovi.
- Qualche giorno dopo, ai membri della Congregazione: I1
cattolicesimo va via via perdendo ogni giorno i mezzi materiali
per far del bene, i'appoggio delle Potenze e molte anime che le
sono strappate dalla perfidia dei suoi nemici. È tempo ormai che
ci stringiamo sempre più intorno a Pio I X e con lui combattiamo,
se d'uopo, &o alla morte. Diranno gli stolti che certe idee sono
un capriccio ostinato di Pio IX; non importa: ci sarà sempre più
caro andare in Paradiso con Pio I X per un tale capriccio, che
andare all'inferno con tutte le speciosità e le grandezze del mondo.
Frattanto, 1'8 maggio, radunati in camera sua quei preti, chie-
rici e giovani che conosceva disposti a rimanere con lui nePOra-
torio per far parte delta Società Salesiana, dopo aver descritto
quanto fosse nobiie, meritoria, divina, la missione di chi è chia-
mato a salvare anime, aveva dimostrato quanto fosse grande
l'amore di Gesù pei fanciulli, e li aveva animati a lavorare inde-
fessamente per la gioventù, notando che la messe era abbondan-
tissima e che la Prowidenza avrebbe benedetto meravigliosa-
mente le loro fatiche. Quindi aveva proposto loro di fare una
proua uneridosi al Diuin Salvatore con vincoli pik stretti di amore,
cioè di promettere a Dio I'osseruanza delle Regole, facendo voto
di poueut2, castità, obbedienza per tue anni.
Vorrei pregare chi studia la teologia della vita religiosa a so-
stare un momento a valutare Ia perfezione di precisione nella
- semplicità del linguaggio, che era un carisma di Don Bosco.
«Noi per un anno intero ci eravamo preparati continua
la cronaca di Don Bonetti - a questa grande azione e, non
avendo nessuno fatto &coltà ail'iivito di Don Bosco, fu deciso

3.3 Page 23

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... che il mercoleàì seguente avremmo emessi i nostri voti ». Che
beiie anime; senza complessi!
Fu così che i coufrateiii deiia Società di San Francesco di
Sales, convocati dai Rettore, inginocchiati con lui vestito di cotta
davanti ad un modesto Crocifisso fra due candelieri nella sua
stessa cameretta, dopo il canto del Veni Creator e le preghiere
di rito, la sera del 14 maggio 1862, emisero per la prima volta
i voti religiosi triennali. Fra essi il ch. Paolo Albera.
Erano in tutti 22: 7 sacerdoti oltre Don Bosco (D. Alasonatti,
D. Rua, D. Savio, D. Rocchietti, D. Cagliero, D. Francesia, D.
Ruffino Domenica); 13 chierici; 2 laici coadiutori. Dopo la morte
di Don Albera vidi ancora posare insieme per un ricordo foto-
grafico il Card. Cagliero e Don Francesia; in piedi Don Rical-
done, che emise poi i voti ai tempi di Don Rua.
Don Bosco conchiuse la memoranda funzione clandestina con
queste parole: « Mentre voi facevate a me questi voti, io li facevo
pure a questo Crocifisso per tutta la mia vita, offrendomiin sa-
crificio al Signore, pronto ad ogni cosa, afine di procurare la sua
maggior gloria e la salute delle anime, specialmente pel bene della
gioventù. Ci aiuti il Signore a mantener fedelmente le nostre pro-
messe... Miei cari, viviamo in tempi torbidi e par quasi una pre-
sunzione in questi mdaugurati momenti metterci in una nuoua
comunità religiosa, mentre il mondo e l'inferno a tutto potere si
adoprano per schiantare dalla terra quelle che esistono. Ma non
importa: io ho non solo probabili, ma sicuri argomenti, essere
uolontà di Dio che la nostra Società incominci e prosegua... D.
Per il resto del verbaie si può leggere: M. B. VII, 159-164.
Sulla fine deìi'anno Don Bosco faceva altre confidenze al suo
Paolino; la sera di un sabato di dicembre, verso le ore 23, men-
tre il chierico gli teneva compagnia d a magra e fredda cena:
Io ho confessato tarzto e per verità quasi non so che cosa
abbia detto o fatto, tanto mi preoccupava un'idea che, distraen-
domi, mi traeva irresistibilmente fuori di me. Io pensavo: la
nostra chiesa è troppo piccola, non capzsce pih tutti i giovani,
oppure vi stanno addossati l'uno all'altro. Quindi ne fabbriche-
remo un'alna più bella, più grande, che sia magnifica. Le daremo
per titolo: Chiesa di Maria SS. Au~iliatrice.Io non ho un soldo,
non so dove prendere il denaro, ma ciò non importa. Se Dio la
vuole, si farà. Io tenterò la prova; e se non si farà, la vergo-
gna dell'insuccesso sia tutta per Don Bosco. Dica pure la gente:

3.4 Page 24

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Coepit aedificme et non potuit consummaue... ». Fu la prima
rivelazione. Che spirito di Lamiglia, che confidenza!... (ibid.,
334-34).
Prima che iinisse l'anno, Don Bosco contidò ancora a lui ed
ai suoi intimi che aveva sognato le grandi diicoltà che molti
avrebbero trovato a seguirlo e che la maggior fiducia era pro-
prio in loro (ibid., 336).
Neil'anno scolastico 1862-63 il ch. Albera coi suoi compagni
di corso concluse egregiamente il ginnasio awiando i l biennio
aosofico in seminario, mentre Don Francesia e Don Anfossi coi
chierici Cerruti e Durando affrontavano esami alla R. Università
di Torino, nonostante l'oppos one del Rettore Ercole Ricotti
che non voleva riconoscere i titoli di studi del seminario come
equipollenti a quelli di licenza o maturità classica degli esami di
stato. Ma il prof. Priéri, Preside della facoltà di lettere e filaso-
fia, ne ottenne l'autorizzazione dal Ministero della Pubblica Istru-
zione il 3 maggio 1863, e cosi tutti e quattro furono ammessi
a pieni voti assoluti, Don Francesia e il ch. Cerruti anche con
lode; anzi all'nscita dail'aula furono salutati da una calorosa ova-
zione (M. B. VII, 464).
Don Bosco aveva ormai ben capito le mire governative che
tendevano a squaliiicare gli studi dei seminari e delle scuole re&
giose private per sottrarre l'istruzione al clero, secondo la parola
d'ordine di Domenico Berti. Era in corso fin dal 1848 con la
legge che modiScava quelle del 1822.
D'altra parte i1 governo aveva urgenza di insegnanti idonei
per le nuove scuole che doveva apprestare al popolo col processo
di unificazione nazionale. Autorizzava quindi anche sessioni straor-
dinarie di esami presso l'università per l'abilitazione all'insegna-
mento nel ginnasio inferiore e superiore e altri corsi. Don Bosco
non avrebbe potuto sostenere scuole senza titoli nelle sue case
e allora non gli rimaneva che lanciare con coraggio i suoi chie-
rici e giovani sacerdoti a titoli statali, mentre sgobbavano di giorno
fra i giovani allievi e studiavano di notte. Non esitò un istante,
studiando bene i soggetti adatti e secondo le necessità che pre-
mevano. Tentò anche di convincere i vescovi a fare altrettanto
per le loro scuole; ma pochi lo ascoltarono e se ne pentirono
troppo tardi.
Nel settembre del 1863 presentò Don Rua, Don Fusero, Don
Domenico R u h o , i chierici Bonetti e Ballesio.

3.5 Page 25

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A MirabeUo Monferrato
Aperse la prima casa fuori Torino, a Mirabello Monferrato, col
titolo di Piccolo Seminario S. Carlo; d'intesa col vescovo Mons.
di Calabiana, ne &dò la direzione a Don Rua e gli diede in
aiuto il ch. Provera Francesco come prefetto ed economo, e il
ch. Bonetti come catechista; i confratelli elessero come consi-
glieri i chierici Cerruti ed Albera, ai quali Don Bosco aggiunse
come assistenti i chierici Dalmazzo e Cuffia, gli aspiranti Bel-
monte, Nasi, Alessio.
Albera, mentre compiva così bene la sua parte nel nuovo isti-
tuto, nell'ottobre del 1864 si presentò ad Alessandria e conse-
guì la patente magistrale pel corso elementare superiore; poi il
10 dicembre del 1865 all'università di Torino I'abilitazione all'in-
segnamento nel ginnasio inferiore.
Lo stesso giorno, Don Francesia, primo fra i salesiani, si pre-
sentava per la laurea in lettere. Aveva appena fìnito il terzo
corso, ma aveva dato anche tutti gli esami del quarto anno bril-
lantemente perché in precedenza aveva frequentato come uditore.
Non gli si voleva riconoscere il diritto di anticipare così la di-
scussione della tesi; ma egli, informato che altri aveva ottenuto
quella eccezione, ricorse al M i s t e r o e ottenne di discuterla il
13 seguente, riportando uno splendido successo.
L'anno seguente fu la volta del ch. Cerruti, il quale in aprile
del 1866 si presentava per gli esami del quarto anno e in mag-
gio conseguiva la laurea.
Don Durando, ad un esame straordinario indetto dal Mini-
stro Giuseppe Natòli, ma osteggiatissimo dal prof. Coppino che
tenne apposta tutti i suoi voti bassi, respingendo tutti i candi-
dati in filosofia, riportò, unico in tutta Italia, l'idoneità, grazie
ad una quotazione globale che, secondo la circolare Natòli, sup-
pliva alla eventuale deficienza in qualche materia. Taccio di altre
vicende di quei tempi in cui antidericalismo, settarismo e beghe
tra ministri della Pubblica Istruzione e professori di Università
facevano pagare i loro contrasti ai privatisti ed agli ailievi di isti-
tuti ecclesiastici. Ce ne sarebbe da fare un romanzo, anche col
solo materiale documentario raccolto da Don Lemoyne riguardo
ai nostri.
E taccio anche dei rischi che correva Don Bosco nel man-
dare i suoi chierici ail'università statale dove, al dire del prof.

3.6 Page 26

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Vallauri, spirava un'aria pestilenziale. Qualcuno, anche fra gli in-
gegni migliori, perdette la vocazione.
Don Bosco non si scoraggiò e i suoi seppero dare ancbe delle
buone lezioni al settarismo volgare dei docenti. Cermti, per ci-
tarne uno, immortalatosi poi anche col suo Dizionavio della
lingua ztaliarta adottato in tutta Italia, agli esami del quarto
anno superò un insidioso tema datogli dal prof. Levriero, sup-
plente di Coppiuo, sulla « Lirica amorosa nei tempi antichi di
Roma e di Atene », agli orali poi al prof. Danna, che disprez-
zava i suoi sentimenti cristiani, volse semplicemente le spalle.
Nel 1876 il Municipio di Torino troncò un sussidio per corsi
elementari durante le vacanze negli Oratori di Valdocco, S. Luigi
e S. Giuseppe frequentati da circa seicento ragazzi. Alle prote-
ste di Don Bosco, il sindaco lo mandò dal Prefetto Conte Radi-
cati, e questi gli confidò che il Municipio, formato in maggioranza
da framassoni, non voleva favorire un prete.
Don Bosco lo ringraziò del chiarimento: « Capisco anche trop-
po e non voglio altro. Per altra via conoscevo già questo mo-
tivo, ma desideravo di udirlo da bocca dciale. Ciò mi servirà
di regola. Tuttavia, mi fa stupire che un Municipio il quale nella
maggior parte è composto di cattolici ed amministra il denaro
di una popolazione cattolica, non si diporti con un cattolico al-
meno come si diporta coi Valdesi e con gli Ebrei. Giacché danno
sussidi a costoro, non posso intendere come rifiutino di darli ad
un concittadino cattolico u. Ma non ottenne nulla (M. B. XII, 360).
Contemporaneamente un ecclesiastico di Torino accusava a
Roma i salesiani come ignoranti. « Si prese allora in mano il regi-
stro - confidò ai suoi Don Bosco senza fare il nome del calun-
niatore - e con documenti autentici e bollati si fece constare
che su circa 200 membri dell'Istituto, 180 avevano subito rigo-
rosi esami in seminario, all'università di Torino, in licei e collegi
governativi ed avevano ottenuto diplomi di teologia e hlosofia,
bene Iettere; erano professori o maestri. Quando Roma notificò
all'accusatore questi documenti, l'accusatore rispose che non era da
stupire, percbé Don Bosco sceglieva e teneva per i giovani
d'ingegno, lasciando gli altri in disparte. I1 mondo è tutto mali-
pnità e non tacerebbe nemmeno se gli mettessimo gnocchi in
- bocca. Del resto - conchiuse io non voglio che i miei figli
siano enciclopedici; non voglio che i miei falegnami, fabbri, cal-
zolai siano avvocati, né che i miei tipografi, legatori, librai si

3.7 Page 27

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mettano a farla da filosofi e da teologi; tanto meno intendo che
i miei professori e maestri studino De Arte Politica, come se
avessero a diventare ministri o ambasciatori. A me basta che
ognuno sappia bene quello che lo riguarda, e quando un artigiano
possiede le cognizioni utili ed opportune per bene esercitare la
sua arte; quando un professore è fornito della scienza che gli
appartiene per istruire adeguatamente i suoi allievi; quando un
sacerdote, mediante i dovuti esami, è giudicato idoneo per eser-
citare il sacro ministero e lo esercita di fatto con vantaggio delle
anime. costoro, dico, sono dotti quanto è necessario per ren-
demi benemeriti della società e della religione ed han diuitto
quanto gli altri di essere rispettati Regoliamoci dunque bene e
non curiamoci né delle male lingue, né delle cattive penne n
( M . B. XV, 179).
A Mirabello Albera mise tutta la sua bell'anima a servizio
dei giovani, prodigandosi nell'assistenza e nell'insegnamento, nel
far vivere loro il dima di Torino e far respirare l'aria dell'ora-
torio, specie durante le ricreazioni, felice anche lui quando vedeva
apparire Don Bosco che, potendo anche più di una volta all'anno,
passava ad allietare i salesiani, ad infervorare i giovani.
Gelosia d'amore
Mi si lasci usare questa espressione. La usò Don Bosco. Ve-
dremo in che delicata circostanza. La bonarietà del suo tratto, la
sua castità trasparente gli consentivano di usare in tutta la loro
innocenza termini che il mondo abitualmente profana, e neppur
tutti i sacerdoti sanno sempre usare senza turbar qualamo.
Un bel quinquennio trascorse il ch. Albera a Mirabelio, brac-
cio destro del ch. Cerruti Francesco nella cura degli studi e della
disciplina scolastica generale, e compiendo nello stesso tempo i
suoi corsi di filosofia e teologia, grazie d a vicinanza del semi-
nario di Casale Monferrato.
Pei titoli di insegnamento, oltre alla patente di maestro nelle
elementari superiori, si accontentò dell'abilitazione ali'insegua-
mento nel ginnasio inferiore e pregò Don Bosco di dispensarlo
dal continuare i'università. All'Università di Torino spirava pur-
troppo un'aria pessima e Albera rimase toccato quando uno
dei suoi compagni tra i migliori d'ingegno lasciò la via intrapresa.

3.8 Page 28

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3.9 Page 29

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Don Rua prende il suo breviario e parte senz'altro per Torino
ove prende il posto di Prefetto, o Vicario di Don Bosco, che
terrà fino alla morte del Santo. In ottobre, ecco Don Bosco stesso
a Mirabello a presentare il nuovo Direttore nella persona di Don
Giovanni Bonetti.
- Quando passò a salutar Don Rua, questi gli disse: Dun-
que tu vai a Mirabello? Salutami i giovani. Amali anche per
me: son buoni, sai! Verso i confratelli régolati come un fra-
tello maggiore.
Gli occhi gli luccicavano di lagrime.
Nel 1866 Don Bosco non andò a Mirabello solo per la pre-
miazione dei sei migliori designati dai compagni. Vi ritornò il
21 giugno per la festa di San Luigi preparata accuratamente dal
ch. Albera. Vi trovò un giovane moribondo e si atirettò a bene-
dirlo e a confortarlo.
Siccome la camera in cui avrebbe dovuto dormire Don Bosco
era presso quella del moribondo, la famiglia Provera si fece pre-
mura di ospitare il Santo. E quando tutti salirono pel riposo, fu
chiusa a chiave anche la sua camera e la porta d'uscita sulla via.
L'indomani la signora Provera si alzò per tempissimo per aprire
le porte, in punta di piedi per non disturbare Don Bosco. Ma
verso le ore 6 ecco uno del collegio passare ad awertire che
... Don Bosco era già all'altare in collegio e stava celebrando la
S. Messa: se volessero assistere
Dopo Messa il Santo salì dall'infermo, il giovane Francesco
- Rapetti, il migliore di V ginnasiale. Prima di benedirlo, gli chiese
se desiderasse guarire sull'istante: - No - rispose Rapetti
desidero di fare la volontà di Dio.
Don 'Bosco lo benedisse e lo lasciò volare in Paradiso il giorno
stesso.
Prodigi riservati alla retta applicmione del sistema educativo
di Don Bosco (M. B. VIII, 410-12). Ve n'erano altri che pote-
vano attirare le compiacenze del santo educatore. Uno partico-
larmente coltivato dal ch. Albera, il giovane Lnigi Lasagna, man-
dato da Don Bosco a Muabello nel 1864 perché fosse più vicino
alla sua famiglia e beneficiasse dell'aria dei paesi suoi. Di lui, ter-
zo vescovo salesiano e martire dell'apostolato missionario, Albera
avrebbe avuto, da direttore spirituale della Congregazione, la con-
solazione di scrivere la biografia, dopo aver visitato il campo del
suo lavoro tra le missioni di America.

3.10 Page 30

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Prima che Don Rua lasciasse blirabello, Albera aveva h o -
vato nella sue mani i suoi voti temporanei; ormai si preparava
per gli O r d i i sacri.
E maturava cosi bene spiritualmente che, il 3 maggio 1867,
Don Bosco, intrattenendosi col ch. Costamagna sulle virtù dei
suoi migliori collaboratori, qualificava Albera - ricordiamo -
come « santo » (M. B. VIII, 773).
Dal gennaio 1867 Don Bosco aveva incominciato a trattare
a Roma interessi virali della Chiesa nei rapporti col nuovo regno
d'Italia, dietro preghiera del presidente del Consiglio dei Mini-
stri, il barone Bettino Ricasoli.
I1 più vitale era quello delle scelte e delle nomine dei Ve-
scovi alle sedi vacanti d'Italia, circa un centinaio. La fiducia del
Papa Pio IX giunse a1 punto da valutare le proposte di Don
Bosco e nominarne un bel numero su sua designazione, graditi
anche al governo. Fra i tanti, i nuovi arcivescovi di Milano,
Torino, Genova, il Vescovo di Casale Monferrato, quello di Sa-
luzzo, ecc.
Recatosi a Mirabello, il 9 luglio 1867, mentre giocava fami-
liarmente coi giovani che gli presentavano il palmo deiia mano
- per farsi predire I'awenire, sopraggiunse Mons. di Calabiana,
preconizzato arcivescovo a Milano e lo affrontò esclamando:
Oh! è lei Don Bosco che mi manda a Miano... Eppure stavo
cosi bene a Casale!...
Dopo pranzo si avvicinò anche lui al Santo che scherzava con
gli alunni e gli presentò la mano aperra. Don Bosco gli prese
la mano, vi stampò un bel bacio, poi salirono insieme in camera.
I1 nuovo vescovo di Casale, Mons. Ferré, amava altrettanto
Don Bosco. Il nuovo Arcivescovo di Torino, Mons. Alessandro
Ottaviano Riccardi dei Conti di Netro, contava sul suo valido
aiuto ancbe per sistemare la povera archidiocesi priva di vescovo
dal 1862 e coi seminari desolati. Dali'Oratorio uscivano già buo-
ne vocazioni anche per la diocesi. A Casale, quando si aperse il
collegio di Mirabello, il seminario diocesano contava una ven-
tina di chierici tra filosofi e teologi, ed erano aumentati a circa
120, col concorso dei giovani di Don Bosco.
Conferì quindi volentieri ai chierici Albera, Costamagna e
Dalmazzo, il 25 marzo, la Tonsura e i quattro Ordini Minori, il
28 il Suddiaconato, e il 6 giugno 1868 il Diaconato.
I1 9 giugno, consacrò personalmente ii tempio di Maria Au-

4 Pages 31-40

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4.1 Page 31

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siliatrice e l'altare maggiore a cui subito Don Bosco celebrò la
prima Messa servita da Don Francesia e da Don Lemoyne. Ma
quando si trattò del Sacerdozio, tentò di tutto perché questi pas-
sassero d a diocesi. Poiché Don Nhera « era di Don Bosco più
di Don Bosco stesso », come diceva, ci sofferse tanto da non
sentirsi di ordinarlo per Don Bosco.
La consacrazione del tempio di Maria Ausiliatrice tuttavia
suscitò tale gioia ed entusiasmo nei Mirabellesi che vi parteci-
parono, superiori e giovani, con quelli del collegio di Lanzo, pre-
stando servizio di clero e di canto ancbe per vari giorni d&ot-
tavario, che il piccolo mondo salesiano d'allora era tutto in festa
e molte e molte pene rimanevano quasi solo a provare il cuore
di Don Bosco.
I1 Diacono Albera tornò a Mirabello a continuare il suo uffi-
cio, con l'invito di Don Bosco a prepararsi all'ordinazione sacer-
dotale, che ricevette a Casale dal Vescovo Mons. Ferré il 2 ago-
sto seguente.
Recatosi a Torino, la vigilia, a chiedere un ricordo particolare,
Don Bosco gli disse: - Quando avrai la felicità di dire la prima
- Messa, chiedi a Dio la gvazia di non scoraggiarti mai.
«Solo più tardi lasciò scritto Don Albera - ne com-
presi tutto il valore ».
Si può immaginare la festa di Mirabello d a sua Ordinazione
e poi alla celebrazione della prima Messa. Festa deiia casa e fe-
sta del paese; poi festa di Torino, quando egli poté recarsi ad
effondere ai piedi di Maria Ausiliatrice la piena del suo cuore e
rivivere accanto a Don Bosco la storia della sua vocazione. Non
ho particolari a portata di mano. Don Garneri riporta appunti
da alcuni quadernetti, ma riguardano gli Esercizi spirituali pel
suddiaconato e pel diaconato. Piissime sono le preghiere che egli
rivolse al Signore per far bene il sacro ritixo e per essere sem-
pre fedele alla santa volontà di Dio, e le invocazioni al SS. Cuore
... di Gesù, in italiano ed in francese. Che Don Bosco lo avesse già
esortato ad esercitarsi in questa lingua?
N diaconato Don Bosco gli raccomandò: la meditazione al
mattino, la visita al SS. Sacramento lungo il giorno, la lettura
spirituale verso sera anche brevissima ma costante.
... Tanto il parroco quanto l'arcivescovo stentarono a rassegnarsi
a lasciarlo a Don Bosco
I1 primo si quietò solo quando il vicario generale Can. Mons.

4.2 Page 32

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- Zappata, in termini non tanto eleganti ma in buon piemontese
gli pose la domanda: Chi ha mantenuto Aibera nei suoi col-
legi?... Orbene, se Don Bosco ha dato il fieno alla capra, è giu-
sto che ne goda il latte.
L'Arcivescovo non seppe celare quanto contasse su di lui, an-
cora sul hnir di aprile recandosi a None per amministrare la
Cresima. Fra i sacerdoti, il parroco Teol. Abrate aveva invitato
anche Don Aibera, il quale, per far piacere ai priore, lesse una
poesia a Mons. Riccardi. Questi non gli volse neppur lo sguardo.
Alla fine del pranzo, alla presentazione ufficiale, lo prese per ma-
- no, lo attrasse a sé e awolgendogli il braccio attorno al collo
si strinse il suo capo al petto e si sfogò: Voi non sapete chi
sia il vostro Arcivescovo, voi non lo amate, voi amate solamente
Don Bosco: per voi Don Bosco è tutto e non pensate che a lui...
- Don Albera si sfonò di dominare l'emozione e rispose: Io
... amo il mio Arcivescovo, ma se io sono prete, lo debbo
- - Tacete, tacete! rispose Mons. Riccardi - Non so spie-
garmi come abbiate tanta dezione a Don Bosco...
- E continuò concitato su questo tono, troncando ogni tenta-
tivo di giustificazione: Tacete, tacete! Seppi da Roma che han-
no approvata la vostra, cosiddetta, Congregazione; ma che cos'è
questa vostra Congregazione? è una miseria ed io sono certo
che di qui a dieci anni non se ne parlerà più: non può essere
altrimenti! Vedremo, vedremo!...
Lo tenne in queste strette, finché, giunta la vettura, non ri-
partì, salutando tutti, mentre il cuore di Don Albera stava per
scoppiare.
Tornato a Torino, corse da Don Bosco piangendo a raccon-
targli tutto.
E il santo, senza turbarsi: - Mons. Riccardi non ha malanimo
contro Don Bosco e i suoi: ciò che lo muove talvolta a parlare
è, direi, gelosia d'amore troppo spinto alla sua diocesi o effetto
di un rapporto maievolo di qualcuno che ci osteggia.
E qui è anche la vera chiave del decennio di sofferenze che
segui con Mons. Gastaldi, il quale, per di più, era coetaneo di
Don Bosco, in libera coddenza di parole, e conoscendo bene
l'oratorio ne notava anche le ddcienze che egli era convinto di
poter superare più facilmente se avesse avuto aiie sue dipendenze
la Congregazione, come l'Opera del santo Cottolengo. Ma la So-
cietà Salesiana era già di diritto pontificio quando egli fu fatto

4.3 Page 33

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arcivescovo di Torino. E Don Bosco era un pmdente temporeg-
giatore nelle esigenze disciplinari. I1 tempo gli diede ragione.
Tutti e due però si trovavano di fronte alla necessità di rior-
ganizzare l'e5cienza della Archidiocesi che aveva tanto sofferto
durante i più che tre lustri dell'assenza dell'Arcivescovo. Non
si dimentichi che Mons. Franzoni passò un decennio in depor-
tazione e in esilio. E d a sua morte la sede rimase vacante per
... un buon quinquennio.
Seminari chiusi e depredati di risorse per la vita
Quanto bisogno di sacerdoti! E di riordinamento!
Mons. Riccardi fu una prima benedizione per la ripresa. E
Mons. Gastaldi, una provvidenza per il riassetto di tutta l'Archi-
diocesi fino all'e5cienza...
I1 resto ha carattere puramente umano, servì a san&care
Don Bosco ed a portare la Società Salesiana a mirabile incremento.
Nella trama del tempo bisogna saper rintracciare i disegni
di Dio.
A metà con Don Rua
Quando ebbe questa prova, ben forte pel suo cuore sensibi-
lissimo, Don Albera era già a Torino da quasi sette mesi, richia-
matovi da Don Bosco nell'ottobre 1868 a fianco di Don Rua,
per condividerne il peso della responsabilità. La salute di Don
Rua era molto deperita dopo le fatiche per la consacrazione e
le feste del tempio di Maria Ausiliatrice: era andato in fin di
vita e parve a tutti un miracolo la sua ripresa. Don Bosco pensò
genialmente ad deviarlo costituendo la Prefettura esterna e
preponendovi Don Albera per le accettazioni degli alunni, i rap-
porti coi loro genitori e parenti, e tante pratiche con le persone
di fuori. A Don Rua, suo vicario per la nascente Congregazione
e Prefetto interno della casa di Valdocco, restavano la cura della
disciplina religiosa, della formazione in gran parte dei salesiani
e di tutti i rapporti legali e canonici con le autorità civili ed ec-
clesiastiche, più tutta la responsabilità amministrativa, senza con-
tare le incombenze occasionali che Don Bosco gli addossava.
Alla partenza di Don Francesia per la casa di Cherasco, di
cui Don Bosco l'aveva fatto direttore, Don Albera fu aggregato
al Capitolo Superiore in sua sostituzione.
Ebbe d o r a agio di comprendere anche meglio le preoccupa-

4.4 Page 34

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zioni dei Vescovi che raggiungevano le diocesi desolate dalle de-
vastazioni economiche, &anziarie e morali, dalle dispersioni dei
chierici e dalle depredazioni dei seminari... E poté apprezzare
ancor di più gli sforzi di Don Bosco per coltivare nelle sue case
anche tante vocazioni che poi alimentavano il clero diocesano.
A Torino egli aveva piena comodità di godere deiia direzione
spirituale personale del santo fondatore e deli'esempio eroico della
perfezione di vita di Don Rua: la Regola vivente. Quando si
preparava agli Ordini maggiori, Don Bosco gli aveva solo racco-
mandato: la cura delle piccole cose. Ne prese impegno scritto nei
quadernetti degli esercizi pel diaconato:
«Incomincierò i miei esercizi mn l'imprimae bene neiia mente quanto
mi venne detto in confessione dal mio spirituale direttore. È necessario
che mi guardi ben bene daiie piccole cose, come quelle che sono già gra-
vissime mancanze rispetto alla bontà di Dio e ci privano di grandi grazie; e
poi anche perché sogliono condurre a gravi falli. Ciò, con l'aiuto del Si-
gnore, osserverò sempre e in tutto; ma diora specialnente che trattasi d d a
modestia. Fuggirò ogni relazione troppo smetta, ogni sguardo, scritto, tratto
di mano che possa offendere quesra bel!iissima virtù. Cuor del mio Gesù, il
p. ,puro di rutti i cuori, rendetemi simile a voi. Vergine ~urissUna,Re-
g n a dei vergini, che tanto faceste e più avreste fatto per wnservarvi casta,
eccovi ai piedi uno sciagurato che desidererebbe d'imitami ma no1
può: aiutatemi voi in tutto. Auxiiium Christianorum, ora pro nobis ».
Al suo ritorno a Torino scrisse con esultanza: « L'anno della
consacrazione del Santuario di Maria Ausiliatrice ritornai qui e
per altri quattro anni potei godere dell'intimità di Don Bosco e
attingere dal suo gran cuore quei preziosi ammaestramenti che
erano tanto più efficaci su di noi, quanto meglio li vedevamo
già messi in pratica da lui nella sua condotta giornaliera ».
Naturalmente Don Albera fu subito a suo agio. Faceva a metà
con Don Rua per i rapporti coi giovani e con gli esterni, e con-
divideva con lui anche i servizi più coddenziali a Don Bosco.
Senza dire del sacro ministero.
Venne subito impegnato a prepararsi per predicare la novena
della Madonna del Rosario ai Becchi, presso la casetta del colle
che ora si chiama « Colle Don Bosco », pel 1870.
Festa senza banda e con pochi cantori. Don Bosco volle con-
tenerla in limiti di intimità devozionale, dati i tempi diflicili che
stava attraversando la Chiesa. Poi per altre predicazioni in casa
... e fuori, per confessioni ai giovani, servizi in santuario e in case
religiose

4.5 Page 35

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Per l'apertura del I Concilio Ecumenico Vaticano, 8 dicem-
bre, festeggiata con filiale tripudio in tutte quelle prime case
salesiane, Don Albera compose l'inno ufFciale, musicato da Don
Giovanni Cagliero e cantato dai giovani per tutta la durata del
Concilio. Si ricantò all'oratorio di Valdocco nel 1916 quando
Mons. Cagliero giunse da Roma Cardinale accompagnato da Don
Albera Rettor Maggiore. Lo dirigeva 2 caro M.' Cav. Giuseppe
Dogliani, succeduto al Cagliero come maestro della corale della
basilica di Maria Ausiliahice, direttore della Banda di Valdocco,
della scuola di canto degli artigiani e degli studenti; più tardi
insegnante di musica nel Seminario Metropolitano di Torino, nelle
Scuole Normali di Valsalice ed in vari istituti religiosi: un vero
e grande maestro nel pieno senso della parola; e squisita anima
sacerdotale sotto i modesti abiti laici dei Coadiutori salesiani.
Al Concilio Ecumenico Vaticano I non poterono intervenire
i Vescovi cattolici russi per divieto del Governo zarista... Ma
l'oratorio, all'apertura, diede una consolazione alla Chiesa: la
leale e decisa conversione di un povero sacerdote sbandato &-
dato a Don Bosco dal Vescovo di Cremona. Egli stesso descrisse
la sua crisi e pubblicò la sua ritrattazione in un opuscolo delle Let-
ture Cattolicbe del 1870 col titolo Un ritorno nell'arca santa.
Particolarmente apprezzata nel 1869-70 la parte di Don Al-
bera in una delle missioni più delicate del Santo, che nel gen-
naio del 1870 volle scendere a Roma a incoraggiare vescovi e
padri conciliari, e lo stesso Pio IX, alla proclamazione dogma-
tica dell'InfaEbilità pontificia.
Don Bosco seguiva con zelo pastorale in quegli anni le vicende
dei cattolici del Canton Ticino e di altre regioni della Svizzera
dove i dissidenti premevano con la persecuzione diradando le
61e del dero. Don Albera con la sua nitida calligrafia e col suo
tatto garbato mava la corrispondenza specialmente col cappuc-
cino P. hrnaboldi del convento di Locarno e con Don Modini
parroco di Losone per l'aiuto di buoni sacerdoti italiani special-
mente lombardi e piemontesi che accettavano volentieri di au-
dare a sostituire il clero che veniva a mancare a quelle popolazioni.
Messo ad uno dei posti chiave per la cura del buon anda-
mento della Casa-Madre della Congregazione e condividendo tan-
ta responsabilità con Don Bosco stesso e con gli altri superiori
maggiori, Don Albera visse con loro le vicende del Concilio, del-
i'unificazione del Regno d'Italia, delle guerre che misero a ferro

4.6 Page 36

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e fuoco tanta parte d'Europa nel 1870 ed i fermenti delle rivo-
luzioni che tentavano di esplodere anche fuori d'Europa, pur
nella limitazione dei mezzi di comunicazione di cui disponeva la
civiltà del tempo.
Godette per un buon biennio anche delle confidenze dei gran-
di ideali che fermentavano nella mente di Don Bosco, palpita-
vano nel suo cuore e si chiarivano e decidevano nella preghiera.
I n particolare, l'attività di Don Bosco per salvare il prestigio in-
ternazionale d'Italia di fronte al mondo cattolico concorrendo a
trattenere il Papa in Roma all'occupazione della città eterna, nel
prowedere alle urgenze delle diocesi italiane, alle sorti dei ve-
scovi e di tanti sacerdoti, nella ripresa della vita religiosa n d e
parrocchie, nella riapertura e riorganizzazione dei seminari. Quanti
prowedimenti poté mitigare! Per poco non ci lasciò la salute, che
fece trepidare tutti sul del 1871 fin oltre l'inverno del '72.
Don Albera partecipò quindi con la preghiera e il voto aila
fondazione dell'Istituto delle Figlie di Maria Ausiliatrice, decisa
nel mese della Madonna del 1871 e concretata poi nel 1872. Sic-
ché venne preparato ddla Divina Prowidenza anche a sostenere
più tardi le Suore quando la Santa Sede regolò con nuove norme
i rapporti canonici fra le congregazioni femminili e quelle ma-
schili da cui erano emanate, e poi ad assumerne l'alta direzione
spirituale quando il Rettor Maggiore dei Salesiani <( pro ternpore »
venne fatto Delegato Apostolico della Santa Sede per la seconda
famiglia salesiana.
Primo direttore dell'Opera Salesiana a Genova
Sul finire di agosto del 1871 Don Rua ricevette da Roma una
lettera di Don Bosco datata al 27, in cui tra l'altro si leggeva:
Fu conchiusa la Casa per Genova, perciò Don Albera facciasi
il fagotto ».
Come si dava l'obbedienza in quei primi anni di vita salesiana!
E com'erano disponibili i primi salesiani! Proprio come alle-
gramente scriveva Don Lemoyne ai suoi di famiglia nella sua
prima lettera, appena entrato, giovane sacerdote, all'oratorio di
Valdocco nel tardo ottobre 1864: <( La nostra volontà l'ha in
tasca Don Bosco D che già ai primi giovani invitati amabilmente
a « star con lui e ad aiutarlo nelle imprese dell'Oratorio D chie-

4.7 Page 37

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deva una sola cosa che valeva tutto: «Avrei bisogno di disporre
di voi come di questo mio fazzoletto »...
Con questo spirito e con questo stile %li formò la Congrega-
zione e riuscì a lanciarla a grandi imprese. Soleva invero dire che
senza ubbidienza ilare e generosa era impossible abbracciare gran-
di opere.
A Don Bosco premeva molto di avere un piede a terra a
Genova perché vi contava già tanti amici, benefattori e Coopera-
tori; poi perché pensava alla comodità che ne avrebbe avuto se
avesse potuto intraprendere le Missioni, come infatti awenne.
Aveva preso contatti personali sul M r e del 1856, approfit-
tando di un miglioramento del fratello Giuseppe che, venuto al-
l'oratorio pochi giorni prima ad aiutarlo, si era buscata una vio-
lenta polmonite da cui, per grazia di Dio, poi guarì.
Accolto ed ospitato nel palazzo del marchese Antonio Bri-
gnole-Sale, aveva fatto visita all'Arcivescovo e si era afirettato
a recarsi da Don Montebruno che teneva un modesto ma prowi-
denziale istituto per Artigianelìi e ne aveva allora una quarantina,
ad udire e vedere le sue esperienze fra quella gioventù che anche
a lui stava molto a cuore.
Visitava poi l'Economo del seminario arcivescovile Don An-
gelo Fulle il quale con Don Bartolomeo Moriconi curava la dif-
fusione delle Lettave Cattolzcbe, e i1 Priore di Santa Sabina,
Don Giuseppe Frassinetti, dotto, santo ed equilibrato moralista,
per pregarlo a comporgli alcuni fascicoli delle Letture Cattoliche,
stringendo con lui cordiale amicizia. Poi passava anche dal sig.
Giuseppe Canale, sostegno di tante opere buone e ossequiava il
fratello Don Giovan Battista, Canonico delta collegiata di N. S.
delle Vigne; s'intratteneva col Can. Melchiorre Fantini, con Don
Gerolamo Campanella parroco del Carmine e con altri ecclesia-
srici e laici distinti della nobiltà e della borghesia benefica, che
lo aiutavano con soccorsi per le sue opere e con la diffusione
delle care sue pubblicazioni mensili. Venne invitato anche da un
amico ed ammiratore Lazzarista, il sig. Pirotti, al loro seminario
per le vocazioni a Fassolo, ma, non pratico della città, si perdette
e vi giunse solo all'ora di pranzo. Non ci fu verso che il portiere
lo annunciasse, e Don Bosco, che aveva il tempo misurato, per-
dette l'incontro ed il pranzo. Quando il sig. Pirotti lo seppe, ne
provò immensa pena, ma non ci fu verso di far capire al con-
fratello portiere il suo torto.

4.8 Page 38

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I1 sig Pirotti sfogò la sua pena, anni dopo, con Don Al-
bera, che giunto &a nuova sua destinazione ebbe cura di pren-
dere contatto con le conoscenze di Don Bosco e dei benefattori e
Cooperatori (M. B. V, 604-606).
Don Bosco aveva sostato a Genova anche nell'andare a Roma
nel 1858 col ch. Rua, e aveva trovato ospitalità dal Padre Tom-
maso Cottolengo, fratello di S. Giuseppe Benedetto, a Santa Ma-
ria di Castello. Aveva fatto un'altra cara visita agli Artigianelii
di Don h$ontehruno venendo a conoscere Don Luigi Sturla, l'apo-
stolo della redenzione degli schiavi in Africa: due dei suoi gio-
vani accompagnarono Don Bosco e il ch. Rua in barca &o al
piroscafo per Civitavecchia, remando con tanta abilità da rassi-
curarli anche sulle acque poco quiete.
Vi era ripassato con tutta la brigata dei suoi giovani migliori,
cantori e filodrammatici nella lunga passeggiata autunnale del
1864, durata più di due settimane, ospiti del seminario con tutto
l'affetto dali'Arcivescovo Mons. Charvaz e la cordialità del Ret-
tore Don G. B. De Bernardis, passando nel ritorno da Mornese
dopo aver incontrato a Gavi il Can. Alimonda che doveva dive-
nire Cardinale e poi Arcivescovo di Torino nel 1883 e conso-
larlo con affettuosa amicizia fino &a morte. A Mornese ebbe col-
loqui con Don Lemoyne che affascinò fino ad averlo pochi giorni
dopo ali'Oratorio, affezionatissirno salesiano, secondo direttore
del collegio di Lanzo Torinese, direttore delle Figlie di Maria
Ausiliatrice e nel 1884 suo segretario particolare, poi segretario
del Capitolo o Consiglio Superiore, direttore del Bollettino Sa-
lesiano e suo primo grande biografo. Altra vocazione da Mornese:
il maestro Bodrato che fu poi il primo ispettore delle case e mis-
sioni salesiane in Argentina. Passeggiata romantica colmata di be-
nedizioni da Dio (M. B. V, 809-923; VII, 752; VIII, 853).
Altri preziosi e cordiali rapporti aveva stretto in diversi tempi
con le famiglie dei marchesi Cattaneo, Spinola, Doria, Pailavi-
chi, Negrotto, Durano... che gli erano legati come benefattori.
Nel 1870 aveva ricevuto preghiera, da Don Giacomo Grilio
da Varazze, di far visita, passando da Genova, alla marchesa Giu-
lia Centurione nata Doria-Sforza, ed invito a gradire qualche sog-
giorno di vacanza nella villeggiatura dei Marchesi d'Invrea in
quel di Varazze. Contemporaneamente il prevosto di Varazze Can.
Cav. Paolo Bonora gli aveva fatto invito, a nome del Municipio,
di accettare la direzione del Collegio Municipale della città e Don

4.9 Page 39

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Bosco l'aveva accettata appena in tempo per trasferirvi Don Fran-
cesia con vari allievi dal collegio di Cherasco e passarvi poi egli
stesso un paio di mesi e più, durante la grave sua malattia del-
l'inverno 1871-72.
Proprio in queli'anno 1871 era riuscito ad ottenere dalla San-
ta Sede la nomina di Mons. Magnasco a successore del defunto
arcivescovo Mons. Charvaz, ed aveva in lui il più grande bene-
fattore che lo favorì per l'approvazione delle Costituzioni della
Società Salesiana, la stampa del Bollettino Salesiano, l'organizza-
zione dei Cooperatori Salesiani, la fondazione canonica della Pia
Unione e la sua diffusione, la fondazione e la diisioue deli'opera
dei Figli di Maria nella cura delle vocazioni adulte, come vedre-
mo negli anni del trasferimento dell'Istituto d d a sede provvi-
soria di Marassi a Genova-Sampierdarena.
Alui cordiali benefattori contava a Genova, come la nobile
famiglia dell'architetto Maurizio Dufour e nel 1869 con la gene-
rosa nobile famiglia Cataldi che gli offerse come prima r rd' denza
la sua villa di Marassi a qualche chilometro da Genova. Don Al-
bera con la mitezza del suo animo e l'amabilità del suo tratto,
con la sua pietà trasparente ed ii suo zelo intelligente e gene-
roso seppe conservarsi amici tutti i benefattori e farsene ancora
tanti altri.
Don Albera partiva da Torino il 26 ottobre 1871 in compa-
gnia dei chierici Branda e Colli, di tre capi laboratorio: coad. Bro-
via Carlo, Lanteri Antonio e Fasani Cesare, e il cuoco.
Mentre faceva il suo fagotto con quel po' di biancheria, ii
breviario e qualche libro e consegnava il suo ufficio a Don Rua,
era arrivato Don Bosco ed essi salirono d a sua cameretta a pren-
- derne la benedizione avidi di un'ultimit buona parola.
Don Bosco li accolse affettuosamente: Dunque andate a
Genova ad aprire un ospizio per i giovanetti più poveri ed ab-
bandonati!...
- Ma con quali mezzi? - domandò uno dei partenti.
- Non datevi pensiero di niente, ii Santo Padre vi manda
la sua benedizione, ponete tutta la vostra fiducia nel Signore: Egli
prowederà. Al vostro arrivo troverete chi vi ha cercato l'allog-
gio, dove comincerete la vostra missione.
Don Albera, che era prefetto esterno nell'oratorio, si era
messo da parte
Bosco gli chiese
un
se
apvoes' sedibidseonganroodpi eqrulaelchpericmoesa.nec'essità.
Don

4.10 Page 40

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- No, signor Don Bosco, la ringrazio: ho già con me cin-
- quecento lire.
Oh, mio caro! non è mica necessario tanto denaro. Non
vi sarà la Divina Prowidenza a Genova? Va' tranquillo, la Prov-
videnza penserà a te, non temere.
E tratte da un cassetto poche lire, il puro necessario per il
viaggio, gliele diede ritirando le cinquecento.
Don Albera partì coi compagni recando in una sacca il suo
e il loro corredo.
A Genova li attendevano allo scalo alcnni signori deila Con-
ferenza di San Vincenzo de' Paoli che erano stati a Torino a
trattare con Don Bosco offrendogli la villa del Sen. Cataldi a Ma-
rassi, che gliela cedeva per lire cinquecento di afiitto finché non
trovasse di meglio. I1 presidente Prefumo Giuseppe e Varetti
Domenico della parrocchia dei Diecimila Crocifissi vollero che
prendessero subito un po' di ristoro, poi li condussero alla villa
Cataldi. Così nelle Memorie Biografiche, vol. X, 190. Ma il nu-
mero unico stampato a Sampierdarena pel centenario 1971 afferma
che non c'era nessuno, neppure il sig. Prefnmo. Ad una guardia
che domandò loro chi fossero, risposero che erano di Don Bo-
sco. E la guardia li lasciò andare per conto loro. Che fossero
stati indicati alla guardia come a salesiani » e che la guardia
non li abbia identiticati?..?
Fatto sta che i primi giorni furono assai duri. Sprowisti di
tutto, passarono più di una notte sn una sedia di legno, non tro-
vandovi neppure un letto. I1 contadino, udito chi fossero, esclamò:
- Ah, siete voi quelli dei discoli? Bene, bene, venite pure.
E li introdusse. Don Albera con i coraggiosi suoi compagni
non si smarrì. Mandò Carlo Brovio a provvedere pane e com-
panatico. Per istrada, Brovio incontrò il sig. Varetti con una
colonna di muli carichi di suppellettili diverse, diretti all'ospizio.
Nei giorni seguenti la colonna continuò a portate, sinché quei
primi salesiani furono prowisti del necessario.
Per quindici giorni anche i primi giovani non ebbero che pa-
gliericci sprovvisti per& di guanciale, mentre i salesiani si aggin-
stavano con sedie.
' I1 contrasto fra &edue relazioni si spiega con la deitcatezza di don Al-
bera che nella cronaca della casa eorvolò sni disagi dei confratelli e suoi, do-
wti a qualdie equivoco, non a Cctscuratezza dei promotori deli'opera.

5 Pages 41-50

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5.1 Page 41

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Dopo poche settimane giunse da Torino Don Francesco Cer-
ruti, direttore generale delle scuole salesiane, a fare una visita.
Non disponendo neppure di un cuscino, gliene improvvisarono
uno col sedile di una sedia di paglia awolto in un po' di bian-
cheria. Al mattino seguente Don Cerxuti aveva tutto il capo e il
collo indolenziti.
Quanto al vitto, frugalità assoluta. Pane solo neile feste e
scarso. Polenta e patate con un po' di minestra supplivano a tutto.
La Conferenza si sforzava di trovare e prowedere il neces-
sario, ma disponeva di pochi mezzi. I benefattori stavano a guar-
dare ancora con un po' di difMenza, anche quelli che avevano
promesso-molto.
Ma nella seconda metà di novembre i giovani ebbero vitto
regolare, vestiti, letti. Funzionavano, sia pur molto modestamente,
i primi laboratori.
Da Marassi a Sampierdarena
A Marassi Don Albera sostò poco più di un anno, come aveva
predetto Don Bosco nella sua prima visita il 2 dicembre ai soa
deila Conferenza di S. Vincenzo: la mèta doveva essere la grande
Genova, secondo una raccomandazione fattagli da Pio I X di non
aprir case in piccoli centri con pericolo di suscitare invidie e
gelosie, ma in grandi centri dove c'è posto per tutti.
In quell'anno, con l'aiuto dei cari Coadiutori datigli da Don
Bosco a Torino insieme ai cuoco, Don Albera allestì i primi la-
boratori per sarti, calzolai, falegnami e vi awiò quella prima
quarantina di allievi.
I1 ch. Branda faceva da economo e il ch. Coli da catechista.
Egli poi, unico sacerdote, svolgeva tutto il sacro ministero, con-
fessava, predicava, celebrava la S. Messa, ecc., prestandosi quan-
do poteva anche in paese e in Genova, a richiesta.
La popolazione aveva appioppato ai ragazzi la q u a c a di di-
scoli, perché poco distante c'era già un piccolo riformatorio per
minorenni; ma i suoi eran tutt'altro che discoli.
Un ragazzo che lavorava un terreno accanto alla casa Cataldo
in servizio a uno zio, lasciò scritte le sue impressioni: << Ri-
cordo quando Don Albera e i suoi compagni giunsero a Marassi.
Noi guardavamo con una certa diidenza i nuovi venuti. Forse
a cagione del vicino Istituto dei dircolt nella vaiiata del Bisagno,

5.2 Page 42

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si appioppò tale qualifica anche a loro che venivano raccoman-
dati dalla Coderenza: ciascuno però si convinse ben presto che
tale nomignolo non conveniva punto. Con viva meraviglia e con
piacere si osservava la familiarità che correva fra superiori ed
alunni: conversavano, giocavano insieme, e alla sera s d a ter-
razza cantavano bellissime lodi dia Madonna, che piacevano im-
mensamente agli abitanti del vicinato; l'eco saliva gradita h o
al santuario della Madonna del Monte che sorgeva quasi in fac-
cia all'Ospizio. La nostra meraviglia più grande era specialmente
veder quei giovani giocare o passeggiare in mezzo ai filari, senza
che provassero la tentazione di staccare qualcuno dei magnifid
grappoli di uva; per quante osservazioni facessimo non riuscim-
mo mai a coglierli in questa debolezza » (Don Domenico Canepa,
lettera 25-VI-1925).
Gli ortolani dei dintorni vedendoli così educati, andavano a
gara nel regalar loro il necessario pel sostentamento.
I1 giovinetto, caro orfanello, verso la fin dell'anno, quando
il direttore riuscì a trovare la prowidenza per Sampierdarena,
una sera che stava scalzo, in maniche di camicia, appoggiato alla
porta dell'ospizio, si senti improwisamente prendere da Don Al-
bera che gli disse: - Vuoi venire con me?
- Sissignore! - rispose. E senz'altro seguì Don Albera, che
poi trattò con lo zio, se lo condusse a Sampierdarena e ne fece
un ottimo salesiano: Don Domenico Canepa, uno dei sacerdoti
cari a Don Bosco negli ultimi anni della sua vita e zlante Mae-
stro di Noviziato in Italia e in Francia. Io l'ebbi maestro a Fo-
glizzo Canavese nel 1915-16 e ricordo che il Card. Cagliero quan-
do ci fece visita accompagnato da Don Albera, appena lo vide,
esclamò: « Ecce canis fidelir ». Era la sua caratteristica: la fe-
deltà a Don Bosco, alla sua Regola, al suo spirito. Lo ricordo
con venerazione.
Don Bosco nella sua prima visita si fermò a Marassi tutto il
3 dicembre; il 4 prosegui per Varazze, accolto con tanto affetto
da Don Francesia, direttore, coi confratelli e i giovani. La mat-
tina del 6 si recava con Don Ftancesia al castello d'Invrea ad
ossequiare la marchesa Giulia Centurione, sua benefattrice e, di-
sceso al collegio, proseguiva nel pomeriggio per Albissola a rin-
graziate la signora Susanna Prato ved. Saettone, grande apostolo
delle Letture Cattoliche, che aveva attirato fra le Cooperatrici Sa-
lesiane anche la Beata Maria Giuseppa Rossello, fondauice deile

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Figlie di N. S. della Misericordia. Nel ritorno, alla stazione di
Varazze aveva appena tempo per scendere, che colto da un tra-
vaso di sangue al cuore, veniva portato di peso al collegio ove,
messo a letto, ne aveva per quasi tre mesi. Tra i primi, accorse
Don Albera. Quando guarì, il 15 febbraio 1872, fu ancora Don
Albera ad accorrere a Varazze e ad accompagnarlo col buon infer-
miere Enria a Torino, ove si cantò il Te Deum di ringraziamento.
Un altro Te Deam si cantava a Genova e in tutta la diocesi
qualche mese dopo per l'ingresso del nuovo arcivescovo Mons.
Salvatore Magnasco, al quale il Santo si affrettò a rendere ossequio.
Mons. Magnasco, che gli voleva un gran bene, lo eaortò a
riscattare la chiesa di S. Giovanni Battista con l'annesso convento
dei Teatini confiscato durante la soppressione dei religiosi dal Go-
verno durante il periodo del Risorgimento.
I1 convento e la chiesa, che il popolo chiamava di S. Gae-
tano, per riconoscenza ai Teatini, sorgeva in Sampierdarena, a
poca distanza dallo scalo ferroviario.
Don Bosco non solo s'drettò ad acquistarlo, ma con l'aiuto di
persone generose acquistò anche una proprietà attigua perché ci
fosse spazio per cortile di ricreazione ai giovani. si trasferì
Don Albera con il collegio di Marassi nel mese di novembre 1872.
Egli ebbe subito di mira di svilupparlo sul modello della Casa-
madre di Torino: tutto il fascino alla chiesa con i debiti restauri e
miglioramenti, comodità per la S. Messa e la frequenza dei Sa-
cramenti, solennità delle funzioni, abbondante dispensazione della
parola di Dio con attraenti istruzioni religiose...; pieno program-
ma alle scuole professionali per tutte le arti e mestieri; &an-
camento delle scuole classiche e cura delle vocazioni; massima
... efficienza all'Oratorio festivo con le associazioni giovanili; cura
dei Cooperatori e, col tempo, anche degli Exallievi Don Bosco
gli &dò pure appena poté il Bollettino Salesiano e l'Opera dei
Figli di Maria per le vocazioni adulte, che a Torino non trovava
adeguata comprensione.
L'acquisto della cbiesa fatiscente e del convento in condizioni
poco più allegre non fu senza interventi straordiiari della Prov-
videnza di Dio. Don Bosco, awertito del desiderio del proprie-
tario di venderla all'Atuvescovo e da questi, che non aveva i
mezzi disponihii, consigliato ad acquistarlo lui, era partito per
Genova con trenta lire in tasca. Dietro altri buoni consigli dello
stesso Arcivescovo, era quindi corso a Sestri dalla baronessa

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Cataldi-Parodi, la quale aveva subito autorizzato suo figlio a ver-
sargli ?O mila k e . Delle sette che mancavano al contratto, cin-
que gliele diede Mons. Magnasco e due le raccolse da benefattori,
sicché l'ebbe tosto a disposizione. E tutto si aifrettò. Ma Don
Albera aveva appena messo in moto il trasloco, quando si sca-
tenò uno spaventoso nubifragio: solo un salesiano con cinque
giovani osarono avventurarsi e vi giunsero, si può immaginare
in che stato, a consumare quel po' di pane e compauatico por-
tato da Marassi. Verso sera gli stimoli della fame non si cal-
mavano certo perlustrando quello stabiie che era in una desola-
zione. Se ne accorse un bravo vicino di casa che portò loro al-
cune provviste; e fu il primo benefattore ricordato nella cro-
naca dell'Istituto col vezzeggiativo di « Barba Stefanino ». Era
l'l1 novembre 1872, tre anni avanti la prima spedizione mis-
sionaria.
Rasserenatosi il tempo, il 15 si mosse Don Albera col resto
della carovana e quel po' di mobilio di cui disponevano.
Mobiii tutt'altro che sufficienti, perché quei pochi che ave-
vano a Marassi, d t t a t i o presi a prestito, li avevano restituiti.
Duri furono anche a Sampierdarena i primi giorni. Qualche
volta venne a mancare perfino il pane. Don Aibera, sensibilissimo,
non poteva sopportare quello strazio; ed allora egli usciva per
Genova in cerca di aiuto mentre i giovani si alternavano sttorno
al SS. Sacramento a pregare, come avevano visto fare da Don Bo-
sco a Torino. I buoni genovesi all'aspetto cosi angosciato di Don
Albera non resistevano e, udendo trattarsi di poveri fanciulli,
quasi tutti i primi raccomandati perché derelitti, s'intenerivano
e davano. Fecero presto ad aumentare anche i benefattori che
il buon «Barba Stefanino » ed altri si facevano premura di in-
dicare al direttore.
E quando Don Bosco fece la prima visita, a cose avviate, si
- sentì incoraggiato a far intraprendere i lavori anche per i re-
stauri della chiesa con piano conveniente. - Ecché? - disse
lavoriamo tanto per costruire chiese nuove e non dovremmo ni-
rarci di conservare al culto quelle già fabbricate?
Gli alunni superarono presto la cinquantina. Tornato a Tori-
no pel Natale del 1872 Don Bosco diede una buona notte memo-
randa: «Cari ragazzi - tra l'altro disse - la settimana passata
fui a Sampierdarena. Ho visitato il nuovo coiiegio che abbiamo
stabiuto. Vi si vedono cose meravigliose ».

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Ma le più meravigliose forse i giovani neppur le pensavano:
erano l'eroismo dei confrateiii e degli alunni che affrontavano con
fede e allegria tanti disagi, superandoli coraggiosamente uno dopo
i'altro, e la bontà del caro direttore che si legava i cuori, la sua
santità che conquistava benefattori ed amici fra il popolo e nel-
l'ambiente agiato e benefico di cui Genova abbondava in tempi
di fervido cristianesimo.
Umanamente parlando, poi, dire che la casa di Sampierda-
rena diventava sempre più la casa del cuore » di Don Bosco,
mentre nella sua mente apostolica fervevano disegni grandiosi,
come le prime fondazioni in Francia e le Missioni, non sarebbe
&atto esagerare.
Sampierdarena allora era in promettente ordinato sviluppo.
Da un buon ventenni0 le Officine Ansaldo facevano uscire loco-
motive ed altro materiale ferroviario. Verso ponente, nella lingua
di terra ristretta tra la collina e il mare, sorgevano, quasi conten-
dendosi lo scarso spazio, stabilimenti meccanici, metallurgici e
chimici.
Donde, naturalmente, l'incremento del movimento demogra-
fico segnato dai censimenti neiie seguenti cifre: 14.008 nel 1862;
22.028 nel 1881; 34.000 nel 1901; 58.176 nel 1931...
Col crescere del numero degli abitanti anche l'edilizia faceva
i suoi progressi iino a cambiare il volto della zona. S'imponeva
pure la forte immigrazione operaia da altre regioni: gli operai
duivano numerosi in cerca di lavoro per la famiglia e tendevano
anche a una comoda sistemazione il più presto possibile.
Portavano con sé la loro buona volontà di lavorare, la forza
dei loro muscoli, la loro varia intelligenza, generalmente mode-
sta cultura elementare, suppure; talvolta anche abilitazioni e doti
speciali; ma, ordinariamente, ben poca istruzione religiosa e molta
miseria morale. Tutt'altro che rari i poveri analfabeti. Per istrada
già si incontrava tanta propaganda, apparentemente antielericale,
ma sostanzialmente antireligiosa ed immorale.
Unico centro religioso la parrocchia; dero zelantissimo, ma
insdliciente.
In tale ambiente e in tali condizioni sociali si pensi quale
prowidenza una buona autentica casa salesiana con Oratorio e
Scuole Professionali in primo piano, col metodo educativo di
Don Bosco!
Don Paolo Albera la impostò con questo spirito su basi ge-

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nuinamente salesiane, e le impresse il suo dinamismo proprio,
a somiglianza della casa-madre di Torino, in evidente graduale
progresso.
Confratelli buoni e generosi, disposti come lui anche ai saz-
fici, collaboravano alacremente.
L'Istituto era sorto sotto gli auspici della Madonna, come
desiderava Don Bosco: acquistato con regolare contratto il 16 lu-
glio, festa della Madonna del Carmine e inaugurato dcialmente
1'8 dicembre 1872 nella festa di Maria SS. Immacolata, con la
S. Messa celebrata dal1'Arcivescovo Mons. Magnasco, il quale ave-
va raccomandato caldamente alla folla che gremiva la chiesa di
S. Gaetano di sostenere i Salesiani con cuore genovese.
I1 numero unico, a cui attingiamo, corre subito al 1876 per
citare una profezia di Don Bosco che noi poi seguiremo un po'
più lentamente.
I n un giorno del mese di luglio di quell'anno Don Bosco
sedeva a mensa con vari benefattori che gli alunni artigiani al-
lietavano dall'esterno con una allegra marcia della loro banda or-
mai in buona fama. Un sacerdote diocesano ad un tratto esclamò:
- Oh, Don Bosco, chi avrebbe mai immaginato che l'ospizio
avrebbe preso tanto incremento? I quaranta giovani si son mol-
tiplica~.Ora è una vita: saranno un duecento.
E Don Bosco: - Sono esattamente duecento, ma cresceranno
- ancora.
- Eppure mi par già un numero assai riievante rispose
- il sacerdote.
Cresceranno, e un giorno se ne conteranno trecento, quat-
trocento e più ancora. Questa casa di Sampierdarena per numero
e per importanza non sarà inferiore a quella dell'oratorio di To-
rino! - concluse Don Bosco.
E noi abbiamo visto Paweramento progressivo oltre ogni
aspettativa.
Per fissar subito qualche dato, nel 1873 Don Albera, con
l'arrivo di altro personale, inaugurò anche le Scuole Ginnasiali,
prendendo tra gli stessi artigiani i primi allievi che promette-
vano buona riuscita.
Nel 1874 presero ad afnuire più numerose le domande di am-
missione e Don Bosco incoraggiò Don Albera ad iniziare nel-
l'amo seguente un piano di ampliamento che venne condotto

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innanzi rapidamente insieme ai restauri della chiesa curati diret-
tamente dall'architetto Maurizio Dufour.
L'aiutò pure nella questua pel fuianziamento, chiedendo egli
stesso soccorsi a Pio IX e a varie personalità, mentre Don Albera
mendicava fra gli abbienti della città di Genova. L'Arcivescovo
Mons. Magnasco benedisse e pose la pietra angolare includendovi
una pergamena ritoccata da Don Bosco che affermava: Si pose
mano a questi lavori senza alcuna 7.isorsa, confidando unicamente
nella Divina Provvidenza e nella carità delle pie persone. Si
hanno tutn i motivi di credeye che quest'opera sarà da Dio bene-
detta e condotta a fine, avendola benedetta il suo Vicario in terra ».
Pio IX infatti, con la sua offerta, aveva inviato un'atfettuosa
benediiione.
L'ampliamento permise di completare tutto ii ginnasio e ag-
giungervi le classi elementari superiori con sezioni anche per
esterni.
I1 Can. Alimonda, dopo aver predicato una missione per le
Società Operaie Cattoliche in San Gaetano, disse a Don Dome-
nica Canepa, ormai salesiano e sacerdote: « V o i salesiani siete
fortunati di aver questa pevla dt sacerdote D. Alludeva al diret-
tore Don Albera, di cui il citato numero unico centenario narra:
I1 Direttole era sempre Don Paolo Albera, uomo che edificava
tutti per la sua semplicità di modi e santità di vita, a tutti
di esempio per il lavoro e la dedizione di se stesso agli altri.
Nemmen l'ombra dell'esagerazione; possiamo subito aggiungere.
Dietro al suo esempio, i salesiani 4avoravano da veri salesiani
e i Cooperatori, da buoni genovesi, apprezzavano e gareggiavano
nell'aiutarli. Don Bosco fece ben assegnamento su questa situa-
zione quando, di fronte alle difficoltà di Torino, affidò a Sam-
pierdarena anche le due grandi sue geniali iniziative dei Coope-
ratori Salesiani e dell'opera dei Figli di Maria per le vocazioni
ecclesiastiche di adulti che trovarono la loro più adeguata for-
mazione, anche per l'apostolato deile Missioni, nella perizia del
direttore, nella comprensione e i'affettuosa collaborazione dei
confratelli, un'autentica comunità educativa col vero spirito di
famiglia salesiano.
Tant'è che Don Rua, dandone relazione ai ditettori nella cou-
ferenza annuale del febbraio 1877, esordì quasi con enfasi: « Io
debbo parlare con un poco di invidia di quest'ospizio, perché,

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grazie al suo direttore, minaccia di sopraffare l'oratorio di
Valdocco ».
Don Albera, dal canto suo, attribuiva tutto il merito a Don
Bosco, di cui il 16 novembre 1912 in un'accademia a Sam-
pierdarena, ormai Rettor Maggiore, &amava: « I1 fondatore
di quest'ospizio non sono io, ma è Don Bosco. Quando, qua-
rant'anni fa, Don Bosco mi &dava la direzione di questa casa,
si mancava di tutto... Furono le preghiere di lui che fecero pio-
vere le benedizioni della divina Provvidenza su questa casa e
su tutti i benefattori ».
Verissimo, anzi qualche cosa di più, come vedremo. Ma si sa
anche che i genovesi sono positivi; e, se non avessero visto di-
rettore e salesiani cosi virtuosi e laboriosi, non avrebbero lar-
gheggiato tanto.
Don Bosco, dal canto suo, s'era tanto affezionato che (oltre
per la comodità di soste nei suoi viaggi a Roma e in Francia) vi
soggiornò quarantasei volte tra il 1871 e il 1887, talora di pas-
saggio, spesso per vari giorni.
Durante la direzione di Don Albera, l'ultima volta fu nel 1881.
E come lo assisteva anche di lontano! Ci sono tante lettere
a Don Rua in cui Don Bosco, magari in tono di celia, racco-
mandava: Hai danaro?... Don Albera e Rossi (il proweditore
generale) ne attendono... Sè non sai dove mettere i soldi, mandaii
a Don Albera, mandali a Rossi... ».
Continuò a fare di queste raccomandazioni anche quando
mandò Don Albera a Marsiglia.
Non parliamo nelle lettere a benefattori... I1 Santo tenne due
volte a Sampierdarena il suo Capitolo Superiore, convocandovi
tutto il suo Consiglio di Torino. Tre volte presiedette gli Eser-
cizi spirituali dei salesiani; di congedò personalmente varie spe-
dizioni missionarie a cominciare dalla prima nel 1875. In com-
plesso la cronaca registra ben ceutosessantanove giorni di sosta
nella casa di Sampierdarena, nel corso deiia sua vita.
L'Istituto conserva tuttora la cameretta che Don Albera gli ri-
servava, con l'altarino a cui celebrava quando non poteva più
scendere in chiesa; dove dava udienze, benediceva, confortava
tanta gente che si &oHava come a Torino quando sapeva che
c'era Don Bosco. In quella cameretta cadde infermo di febbri
maligne nel 1878 e tenne più giorni in pena direttore, confra-
teili, giovani e benefattori: più d'uno offrì in quella prova la

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propria vita al Signore per ottenere che egli riprendesse tutta
la sua salute.
Quelle pareti ricordano anche prodigi: prodigi di carità da
parte di tanti benefattori, prodigi di celesti interventi a pro di
sogerenti e bisognosi.
Salendo le scale, un giorno egli coddava ad uno di quei più af-
fezionati benefattori: « Per me, io vivrei anche di un po' di me-
liga; ma ho tanti figli (piemontesismo faciie sulle sue labbra, per
ragazzi) sicché ho bisogno di tutti P.
E Don Albera bussava come lui d a porta di tutti. Una la-
pide ricorda i soggiorni del Padre con questa scritta: « In que-
st'umile stanza il Beato Don Bosco pitì volte soggiornò, alter-
nando al breue riposo l'assiduo lavoro e la fevvida prece ». Se un
giorno tacessero gli uomini, parlerebbero anche di lui le pietre.
Un decennio di direzione
Nell'ottohre del 1873 era giunto a Don Albera da Roma, in
data 12, un diploma che gli recava la nomina fra i membri del-
l'Accademia delllArcadia col titolo di Vatilio Diotréo. Sorrise bo-
nariamente e continuò il suo lavoro. Qualche poesiola la com-
poneva ancora in occasione di qualche festa di famiglia e la
dava a leggere ai giovani. Ma la miglior sua composizione è la
struttura deli'Istituto.
Alla conferenza generale annuale, che concludeva quelie dei
singoli direttori con l'assistenza anche dei confratelli e degli ascritti
(novizi), alla fine di gennaio del 1875 Don Bosco, dolente di
non aver potuto presiedere quelle dei soli direttori, p& dei
privilegi che si stavano chiedendo a Roma, sull'esempio delle al-
tre famiglie religiose, secondo le disposizioni del diritto cano-
nico. Poi comunicò una letterina del Cardinale Antonelli giunta-
gli quel mattino con un vaglia di lire mule del Santo Padre
Pio IX per la casa di Sampierdarena. E fece notare che era rile-
vante, perché in casi simili il Papa riusciva a far pervenire, a
quei tempi, al massimo cinquecento lire. Raccomandava ai col-
legi che potevano, di ricambiare col promuovere l'Obolo di
San Pietro.
Don Albera, prendendo la parola al suo turno per la rela-
zione che faceva ogni casa da un decennio in quella occasione,

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fece notare che alla casa di Sampierdarena erano già giunte poco
tempo prima altre duemile lire dal Santo Padre. Motivo di
grande riconoscenza.
Poi diede consolanti notizie della nuova costruzione che era
per finire ed avrebbe permesso di raddoppiare il numero degli
allievi. Gli attuali erano una settantina fra artigiani e studenti,
tutti di buona condotta: non potersi proprio desiderare di più,
la frequenza ai Sacramenti grandissima. 1 confrateili si occupa-
vano anche moltissimo degli esterni, specialmente con l'Oratorio
festivo; i giovani frequentavano in buon numero le scuole elemen-
tari, molti l'Oratorio. La città vedeva tanto bene l'istituto.
Un'unica pena ebbe Don Albera nel corso dell'anno: la morte
del babbo, che spirava cristianamente a None 1'8 agosto. Egli ebbe
appena il tempo di giungere ai funerali, ma recò gran conforto
alla mamma, che lo aveva carissimo, e a tutti i familiari.
Per l'l1 novembre preparò le accoglienze a Don Bosco ed ai
primi missionari che s'imbarcarono a Genova. Coi confrateili si
prodigò fraternamente, mentre i giovani, cooperatori e benefat-
tori li circondavano affettuosamente, ammirati e commossi, fa-
cendo loro festa e soccorrendoli anche pel viaggio.
Don Albera sentì con Don Bosco e condivise le emozioni di
quelle ore e soprattutto dell'addio sul piroscafo. Adorava, col
Padre, i disegni di Dio e misurava la generosità e i'eroismo dei
missionari, abbracciandoli uno per uno.
Ai missionari Don Bosco legava se stesso paternamente con-
segnando copia delle Costituzioni della Società Salesiana andate
in stampa dopo la festa dell'hssunta di quell'anno ed uscite a
tempo per assicurare il fervore della vita salesiana anche nelle
terre lontane.
M a stampa tempestiva aveva concorso tanto Don Albera in-
sistendo con Don Bosco per la prima edizione.
Don Bosco l'aveva assecondato, vegliando di notte a stendere
il proemio, perché voleva che non uscissero senza quella presen-
tazione e paterne raccomandazioni. Gli premeva troppo assicu-
rare anche ai posteri la precisazione del suo ideale. Sapeva txoppo
bene che, col passar degli anni, avrebbero subito delle modifica-
zioni da parte della Santa Sede e dei Capitoli Generali: che al-
meno i salesiani non perdessero la bussola e non uscissero fuor
di strada. Perciò dispose che anche nelle edizioni successive si
riportasse sempre il suo proemio.

6 Pages 51-60

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6.1 Page 51

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Don Albera, in giugno, erasi recato a Mornese accompagnato
da Don Luigi Guanella (oggi Beato) a far conoscenza delle Figlie
di Maria Ausiliatrice e della loro santa confondatrice, Santa Ma-
ria Domenica Mazzarello. Con Don GuaneUa si era alternato per
parecchi giorni a predicare sul Cuore SS. di Gesù e ad impartire
la benedizione durante il corso degli Esercizi spirituali, predi-
cati da un Padre Carmelitano, da Don Cagliero Giov. e da Don
Costamagna, allietati poi dalla comparsa di Don Rua mandato
da Don Bosco per seguire il corso e rendersi conto dell'anda-
mento della casa. Egli giunse per la vestizione e le prime pro-
fessioni perpetue di otto suore, con la santa Madre.
Quanti santi nella casa, tutti in una volta!... Don Albera
stava bene fra loro...
Alle conferenze annuali torinesi del gennaio 1876 Don AI-
bera poté dare altre notizie consolanti a Don Bosco ed ai con-
fratelli: i giovani erano ormai 120; i Figli di Maria una tren-
tina, e alcuni confratelli andavano già a fare il Catechismo do-
menicale in parrocchie della città.
Don Bosco non aveva atteso il Concilio Ecumenico Vaticano I1
per lanciare i suoi salesiani a servizio delle chiese locali. L'aveva
infuso loro nel sangue h dall'inizio della Società Salesiana.
Con l'ampliamento deil'edificio, l'ospizio di Sampierdarena
avrebbe potuto raddoppiare per i'anno seguente anche i 120 al-
lievi. Molti esterni accorrevano all'oratorio: ogni domenica ave-
vano catechismo nelle aule dell'Istituto e benedizione col SS. Sa-
cramento in chiesa.
Don Bosco ripassò per Sampierdarena nel ritorno da un suo
viaggio a Roma, il 15 maggio 1876, atteso a Genova da Don Al-
bera, i'avv. Scala direttore del quotidiano cattolico « I1 Cittadino »
e dal sig. Varetto che condusse tutti a pranzo a casa sua. A sera
era all'Istituto ove i giovani se lo disputavano e cominciava fra
loro la novena per la festa di Maria SS. Ausiliatrice fermandosi
&o al 17.
Gli si fece un po' di festicciola con lettura di poesie e di un
dialoghetto nel quale i giovani presentarono le croci da cavaliere
a due benefattori, sigg. Conte e Borgo appositamente invitati.
Don Bosco stesso, commosso dall'affetto dei giovani, raccontò poi
a Torino: «Non potevo distaccarmi da loro. Andavo in chiesa,
ed eccoli in chiesa a pregare con me. Andavo a far colazione, ed
eccoli dietro a me in refettorio; andavo in camera, ed essi in

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camera con me: non facevo un passo, che essi non mi seguis-
sero. Ma anch'io devo dirvi che non potevo star diviso da loro,
e che se essi non fossero venuti a cercar me, sarei andato io in
cerca di loro. Avevo molte cose da dir loro, ma anch'essl ave-
vano tanto desiderio di ascoltarne e di dirne a me. Sembrava
proprio che dovesse riuscire impossibile la separazione ».
Era quello che succedeva ancora ai miei tempi all'oratorio di
Torino tra noi giovani e Don Albera e gli altri superiori maggiori.
In luglio Don Bosco ritornò per sollecitare l'impianto della
tipografia e vi si trattenne quattro giorni che furono una hene-
dizione per la casa e un gran conforto per Don Albera, carico
di debiti.
Alle conferenze torinesi annuali del 5 febbraio 1877 Don Rua,
che suppliva Don Bosco per la prima, mise in evidenza l'ottima
stoffa dei chierici che si formavano in casa: riflessivi, studiosi,
ferventi nelle pratiche di pietà e pronti a far di tutto appena
indovinassero un desiderio dei superiori. I direttori fecero voti
che se ne potesse perpetuare la generazione.
Don Albera prospettò l'idea che per non intralciare l'anda-
mento delle scuole, le accettazioni si chiudessero dopo le prime
settimane. Ma Don Rua fece notare che Don Bosco era di altro
parere e voleva che nessun giovane venisse respinto in nessun
tempo dell'anno purché avesse le qualità richieste. E allora i di-
rettori convennero di chieder loro l'adattamento a un program-
ma preparatorio &o d a &e dell'anno e l'applicazione anche a
lavori manuali domestici.
Cosi si avrebbe avuto modo di valutarli per l'ammissione ai
corsi regolari per I'anno seguente. Tutti poi si impegnarono a
cominciare da quell'anno il corso scolastico professionale con un
triduo di introduzione, buona predicazione per ben disporre l'ani-
mo al compimento del proprio dovere (M. B. XIII, 65-66).
Don Bosco passò ancora da Sampierdarena neli'andare e tor-
nare dalla Francia, sul finir di febbraio e il 23 mano; poi ai pri-
mi di giugno per andarvi a incontrare l'Arcivescovo di Buenos
Aires Mons. Federico Aneyros e Mons. Ceccarelli che erano ve-
nuti in Italia con un pellegrinaggio argentino per il giubileo epi-
scopale di Pio IX. S'incontrarono la mattina del 3 giugno nella
chiesa di S. Gaetano, e Don Albera che era andato a incontrare
l'Arcivescovo e l'aveva condotto all'istituto, fece per andar su-
bito ad awertire Don Bosco che aveva da poco termuiato di

6.3 Page 53

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celebrare. Ma Mons. Aneyros lo trattenne: «Non disturbiamo
un Santo mentre sta con Dio dopo la Santa Messa ».
Attese in chiesa che finisse il suo ringraziamento e, quando
Don Bosco apparve daUa sagrestia, gli si fece incontro proten-
dendo le braccia e si abbracciarono con le lagrime agli occhi.
Poi si guardarono un istante in silenzio e hirono ancor uno nelle
braccia dell'altro. Quante cose rivivevano in queii'abbraccio do-
po due anni dalla realizzazione deiia prima spedizione missiona-
ria tanto desiderata da ambedue!
Mons. Aneyros fu ancora ospite deu'istituto il 30 giugno,
al termine del pellegrinaggio, e Don Albera lo accompagnò ad
Alassio. Quivi attese Don Bosco con Mons. Ceccareili; indi in-
sieme proseguirono fino a Marsiglia dove si lasciarono con vivis-
sima emozione.
I1 22 luglio Don Bosco era di ritorno a Sampierdarena, ma
in pessime condizioni di salute. Le cure di tutti lo aiutarono a
riprendersi, ma soprattutto il conforto di veder ormai in h-
zione la tipogrda che fece uscire anzitutto un volurnetto delle
Letture Czttoliche. I1 10 agosto, pubblicava il primo numero del
Bollettino Salesiano.
Quest'attività della tipografia coinvolse anche Don Albera in
una lunga controversia fra Don Bosco e l'ordinario di Torino.
Noie ebbe anche l'Arcivescovo di Genova, per le sue condi-
scendenze.
Don Albera seppe condividere in silenzio le pene del Padre,
chiarire a Mons. Magnasco le varie situazioni e appianare di5-
colta. Nel frattempo conduceva a termine una lotteria che Don
Bosco aveva lanciato col permesso del Prefetto di Genova per
sostenere le spese dei migiioramenti ediiizi e deii'impianto della
tipografia.
11 5 settembre era a Lanzo Torinese ove Don Bosco aveva
convocato il I Capitolo Generale canonico, richiesto dalle Costi-
tuzioni: la massima assemblea legislativa di una Congregazione
religiosa.
I1 Capitolo Generale durò un mese preciso. Don Bosco aveva
raccomandato che non si avesse fretta: desiderava che il Capi-
tolo facesse epoca nella storia deila Congregazione e valesse di
esempio ai successivi.
Oltre ai membri del Capitolo Superiore e ai direttori delle
case, di cui alcuni si condussero insieme un confratello, vi assi-

6.4 Page 54

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stettero il Prefetto del Collegio di Borgo San Martino, Don Giu-
seppe Leveratto, il Direttore spirituale del Seminario di Ma-
gliano Sabino, il Proweditore generale delle varie case Coad. Giu-
seppe Rossi, il conte Carlo Cays ormai salesiano e awiato al sa-
cerdozio, dottore in ambo le leggi e già Presidente del Consiglio
Superiore delle Conferenze di S. Vincenzo de' Paoli della pro-
vincia di Torino, già Deputato al Parlamento Subalpino, ed al-
cuni altri.
Don Albera faceva parte di tre Commissioni: della I11 (Vita
comune) sotto la presidenza di Don Rua; VI, Ispettorie e uffici
dell'Ispettore; VII, per le Figlie di Maria Ausiliatrice, con Don
Costamagna, Don Bonetti e Don Cermti.
Don Ceria nel vol. XIII delle Memorie Biografiche di Don
Bosco non riporta alcun intervento particolare di Don Albera,
ed anche noi ce ne dispenseremo. Ma notiamo che nel mese di
novembre ebbe i'occasione di rivedere ed accogliere la santa Ma-
dre Matia Domenica Mazzarello che accompagnava le sue prime
suore missionarie dirette all'Argentina e all'uruguay con la terza
spedizione dei missionari salesiani, che salparono da Genova il
14 novembre, lasciando Don Bosco in preda a vivissima emozione.
Nel ritorno a Torino 3 Santo sostò a Borgo San Martino ove
si era ritardata la festa di San Carlo proprio per avere il buon
Padre. Vi intervenne anche il Vescovo di Casale MonferratoMons.
Ferré e il direttore vi aveva invitato il giovane ventenne F i p p o
RinaSdi che stava studiando la sua vocazione.
Fu in questa circostanza che egli, sedendo a tavola a poca
distanza da Don Bosco, ebbe occasione di seguire una conversa-
zione ira il Vescovo e Don Bosco sulle virtù di Don Albera e
sulle difficoltà che aveva avuto dal clero della sua parrocchia e
dall'Arcivescovo di Torino Mons. Riccardi per la sua vocazione.
AUn domanda del Vescovo, se Don Albera avesse vinto quelle dif-
ficoltà, Don Bosco aveva risposto con vivacità: «Certamente!
Egli è il mio secondo... », e non era andato più in là, come preoc-
cupato di non & troppo.
Rinaldi, colpito, ci ragionò poi sopra, riflettendo che non era
stato il secondo ad entrare in congregazione, non era il secondo
in dignità perché non era neppur ancora membro del Capitolo
Superiore, neppure ii secondo ad essere nominato direttore; pen-
sò che potesse essere il secondo successore di Don Bosco.
Tenne per sé il suo segreto, Tidié ii 27 febbraio 1910 ve-

6.5 Page 55

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dendo Don Rua in pericolo di vita, lo &dò ad uno scritto in
busta sigillata che aperse solo quando si giunse all'elezione del
successore di Don Rua, quasi a conferma d d a buona scelta.
Partito Don Bosco per Torino, Don Albera aveva ripreso le
pratiche presso 1'Arcivescovo di Genova per un doaimento che
dichiarasse canonicamente e per iscritto quanto egli aveva già fatto
a voce appena saputo dell'organizzazione della Pza Unione dei
Coperatoui Salesiani e della benedizione e commendatizia che il
Papa Pio IX aveva accordato con apposito <( Breve del 9 mag-
gio 1876.
Mons. Magnasco consolò Don Bosco col decreto formale di
erezione canonica diocesana della Pia Unione fissandone come
sede ?Istituto salesiano di Sampierdarena. Il che favorì la diffu-
sione in altre diocesi e le consenti di propagarsi rapidamente
nelle varie parti del mondo. il decreto arcivescovile porta la data
del 15 dicembre 1877.
Gran parte del mese di gennaio, tutto febbraio e buona parte
di mano del 1878 Don Bosco lo passò a Roma trepidaute con
tutti i cattolici per la salute del Santo Padre Pio IX e la dolo-
rosa sorpresa della rapida malattia e morte del re Vittorio Ema-
nuele I1 che il Papa aveva raccomandato alle sue attenzioni per-
ché non morisse senza i santi sacramenti, ma riconciliato con la
Chiesa, dandogli tutte le facoltà. Don Bosco non riuscì ad awi-
cinare il Re, ma il Signore prowide perché morisse cristiana-
mente coine egli stesso insistentemene aveva richiesto negli ultimi
momenti. Non fu neppur possibile a Don Bosco awicinarsi al
Papa, che lo attendeva ansiosamente, quando egli venne da Dio
chiamato all'eternità. E fu una gran pena da ambo le parti. Sfogò
tutto il suo dolore baciandone la salma nella basilica di S. Pietro
e accompagnandone i solenni suffragi.
Incaricato poi di chiedere al Governo la sicurezza neces-
saria per i1 normale svolgimento del Conclave per l'elezione del
nuovo Papa, i'ottenne direttamente da Francesco Crispi. Poté
partecipare alle feste per l'elezione del nuovo Papa Card. Gioa-
chino Pecci, che prese il nome di Leone XIII, e n'ebbe un'det-
tuosa udienza.
Nel ritorno si fermò a Sampierdarena dove convocò tutti i
superiori del suo Capitolo per alcune adunanze, deiderando pro-
seguire per la Francia.
Don Albera fece onore a tutte le esigenze di ospitalità e di

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cure del caso. Pei confratelli e giovani, giornate di gioia di
famiglia.
Don Bosco si fermò anche al ritorno il 17 aprile, ma in uno
stato di salute da gettar tutti in allarme, con febbre e vomiti per
vari giorni. Prowidenzialmente a Sampierdarena era infermiere il
caro Coadiutore Pietro Enria che lo aveva curato con tanto af-
fetto a Varazze sei anni prima. Erano i giorni della settimana
santa. Accorse anche Don Lemoyne che vegliò accanto a lui pa-
recchie ore la notte del venerdì santo poi si ritirò a riposare in
una stanza attigua lasciando il posto a Enria e così udì le grida
di Don Bosco al sogno angustiante suile sorti di un ragazzo del-
l'oratorio di Torino. Glielo confidò, ancor tutto affannato, l'in-
domani mattina. Don Rua era venuto subito da La Spezia dove
era andato per la Pasqua. Appena superata la crisi volle ripartire
per Torino contro il parere di tutti e le insistenze di Enria: << Sta'
tranquillo - gli aveva risposto - mi sento forte abbastanza:
io sono di bosco (legno) e di quel duro. Il Signore e la Beata
Vergine mi aiuteranno. Ti ringrazio delle tue affettuose cure: io
non ti dimenticherò mai ».
Awiatosi alla stazione con Don Rua e Don Albera, mentre
Enria l'aveva preceduto per i biglietti, ecco il treno arrivare, che
essi erano ancora per istrada. Enria supplicò il capostazione a
trattenere il treno qualche minuto di più. Ed il capo seppe ot-
tenere il consenso anche dei viaggiatori i quali, udendo che si
trattava di Don Bosco in quelle condizioni, si affacciarono com-
mossi ai hesuini, mentre il Santo arrivava qualche minuto do-
po scortato dal capostazione e dai suoi figli.
Giunse a Torino la sera di quel giorno 23 apriie. Confrateiii
e giovani erano alla portieria con la banda, in preda tutti a viva
emozione; il cortile appariva graziosamente illuminato. Reso omag-
gio al SS. Sacramento e ringraziata anche la Madonna, fu subito
accompagnato in camera, mentre con gesti affettuosi e lagrime
agli occhi esprimeva la sua riconoscenza a tutti.
Don Aibera al ritorno poté tranqiiillizzare anche la sua casa.
La prova dolorosa non era stata senza benedizioni. Durante
la degenza erano infatti accorsi molti benefattori e non con le
mani vuote. E il Santo diceva al buon Enria: Come ci vuol bene
la Madonna! Eravamo in gravi strettezze, era difficile aver denaro
a sufficienza, e a poco a poco la Ptowidenza provvide a tutto...».
Belle pagine ci sarebbero da scrivere sulla vita intima del-

6.7 Page 57

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l'Istituto che imitava con cura q u d a deli'Oratorio di Torino. Ma
basta sostituire il nome di Don Aibera a quello di Don Bosco
per comprenderne lo spirito.
Aveva in suo aiuto ottimi salesiani, e i giovani vi si sentivano
in famiglia. Tutti avevano in lui tanta confidenza, ed egli era di
un'amabilità soavissima pur neii'osservanza fedele delle Costitu-
zioni, del Regolamento e delle tradizioni, che otteneva senza &-
coltà anche pel suo costante esempio.
Un giorno, vedendolo stanchissimo e giù di salute, il con-
fratello incaricato ritatdò a bussare dia sua camera per la sve-
glia. Appena se ne accorse, se ne lagnò con tanto accoramento
che il confratello rimase imbarazzato a ripetere il delicato ri-
guardo, pur vedendone spesso la necessità.
Fu cosi fino all'ultimo, e lo vidi ancor io cascar dal sonno dia
prima meditazione alle cinque antimeridiane, quando era gih sul
declino e soffriva di vari incomodi.
Altre pagine di valore, se si potesse disporre della corrispon-
denza con cui egli dirigeva anime anche privilegiate sulla via della
perfezione, mentre era assiduo al confessionale a servizio della
popolazione, di istituti religiosi e di educazione giovanile, come
dei confratelli e degli allievi; erano ancor lontane le limitazioni
fissate poi dal Diritto Canonico.
Sceglieremo qualcosa di quanto abbiamo a portata di mano,
per darne almeno qualche saggio.
Il salesiano Don Raffaele Crippa (che divenne poi un grande
apostolo dei lebbrosi nei lazzaretti di Agua de Dios, di Contra-
taci& e Caiio de Loro), lasciò care testimonianze, oltre a quella
della sveglia al mattino cui abbiamo accennato sopra. Egli era
- entrato nell'Ospizio di Sampierdarena il 16 marzo 1879.
s Fin dal primo giorno mi colpì - lasciò scritto il tratto
nobile, la parola dolce e persuasiva del Direttore. I o ero fale-
gname di professione e gli manifestai perciò il desiderio di con-
tinuare nel mio mestiere: egli mi disse in bel modo che in cu-
cina vi era bisogno di un aiutante, che vi sarei rimasto per poco
tempo e poi m i avrebbe fatto riprendere il mio mestiere. Li per
non mi andò a genio la sua decisione ma, riflettendo ai tratto
paterno ed d a bontà dimostratami, accondiscesi. Venute poco
dopo le Suore di Maria Ausiiiatrice a dirigere la cucina, egli mi
avviò agli studi; e se oggi sono prete, lo debbo a lui P. Come
faceva Don Bosco, in quella breve prova Don Albera aveva stu-

6.8 Page 58

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diato i'indole e la capacità di Crippa e non si sbagliò: ordinato
sacerdote a 38 anni, il buon giovane nel 1892 partì per la Co-
lombia e si prodigò fino all'ultimo respiro pei suoi cari lebbrosi.
Lo stesso Don Crippa segnalò un intervento singolare della
Prowidenza, non isolato nella vita di Don Albera. Un giorno, al
termine del pranzo egli usciva dal refettorio, ed ecco alla porta
un chierico in attesa del Direttore per consegnargli una lettera
lasciata in portineria da uno sconosciuto.
- Se vuole - disse Ctippa - gliela porto io.
Sapeva che il chierico aveva giovani da assistere in cortile,
già impegnati nel gioco a cui gli assistenti partecipavano sem-
pre, come voleva Don Bosco.
- No - rispose garbatamente il chierico - desidero con-
segnargliela io stesso, perché ho la speranza di procurargli una
consolazione: benché il latore non abbia detto nulla e sulla bu-
sta non vi sia indicazione speciale, credo che contenga denari.
So che Don Albera stamane è andato a visitare vari benefattori,
ma non è riuscito a mettere insieme più di 300 lire di offerte, e
ha da pagare in giornata 1300 lire (com'erano al corrente anche
i chiericbetti, in quel tempo, delle cose di casa. Sistema di Don
Bosco!). Ho già veduto altre volte, in casi urgenti come que-
sto, che la Prowidenza non lascia Don Albera negli imbrogli.
In quel momento usciva Don Albera e il chierico gli porse
la lettera, poi lo seguì nel suo ufficio. Poco dopo ne usciva e
riferiva a Crippa: - Vedi? non mi sono ingannato. La lettera
conteneva un bel biglietto da mille lire.
Faceva così la cifra preeisa. Don Albera aveva tanta fede!
E sapeva meritarsi la Prowidenza vivendo con naturalezza,
ma concretamente, lo spirito della vera povertà salesiana fondato
sull'amore al lavoro e sulla massima economia.
Ecco un episodio di cui fu testimone lo stesso Crippa:
Una mattina venne a colazione prima degli altri e, non es-
sendovi ancora il refettoriere, mi disposi a servirlo io (ero aiu-
tante di cucina). Mentre gli apparecchiavo il posto, sbadatamente
feci cadere per terra un pezzettino di pane; egli me ne avvertì
e, quando l'ebbi raccolto, mi pregò di darglielo. Io esitavo, ma
egli insistette dicendomi che mangiava più volentieri i pezzet-
tini perché gli risparmiavano un po' di fatica; e con un bel sor-
riso soggiunse: - E poi... siamo poveri e non dobbiamo disde-
gnare nulla! Queste ultime parole mi persuasero; una conferenza

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spirituaie non mi avrebbe fatto più impressione di quella che esse
mi fecero, e non ho mai dimenticato quella piccola lezione ».
Così si educavano allora nelle case di Don Bosco salesiani e gio-
vani. E i miracoli della Prowidenza si toccavano con mano.
Per questo fiorivano le vocazioni. Nel periodo della sua dire-
zione fiorirono numerose e splendide vocazioni a Sampierdarena,
che gareggiava anche in questo con Torino, e portava innami
magniiicamente quelle degli adulti tanto per la Congregazione,
quanto per le diocesi.
L'Arcivescovo Mons. Magnasco diceva il 10 giugno 1880 al
ch. Canepa: Ossequiate tanto Don Albera da parte mia e di-
tegli che mi mandi molti salesiani da ordinare: sarebbe per me
una grande consolazione poterne ordinare un gran numero... La
mia maggior consolazione è sempre quando posso fare un piacere
ai vostro santo Fondatore e a Don Albera ». Mons. Magnasco
riteneva santo Don Bosco &I d'allora. Del cesto, Vittorio Ema-
nuele I1 diceva la stessa cosa ai suo predecessore Mons. Charvaz,
già suo precettore: <( Credetelo, Monsignore: Don Bosco è ve-
ramente un santo >. Eppure Don Bosco era stato franco anche
nel predirgli i tragici funerali a corte, quando egli lasciò varare
la legge di soppressione degli Ordini religiosi, 1854-55.
<( Lo zelo di Don Albera - scrive, a sua volta, Don Garneri
nella biografia da cui attingiamo - era tutto diretto a far vi-
vere le anime dei suoi dipendenti nella santa grazia di Dio; a
questo fine mirava col ministero pastorale, con la predicazione
intonata a serietà e a praticità; con le esortazioni quotidiane e
specialmente coi sermoncini efficaci della sera che andavano di-
ritti al cuore di tutti ed erano il suo segreto, il mezzo per reg-
gere la casa nella via dell'osservanza e della disciplina. Aveva poi
il dono di saper infervorare alle divozioni che erano tanto care
a Don Bosco: la divozione a Maria Ausiliarrice, a Gesù Sacra-
mentato e ai suo Sacro Cuore ».
A lui anzi si deve l'awio dei salesiani alla pratica della divo-
zione ai Sacro Cuore di Gesù: lo afiermò un giorno il grande
propagatore dott. Don Francesco Cermti, direttore generale delle
scuole salesiane, complimentato come promotore: «Non è a me
che va data questa lode, avendo io imparato da altri ad ono-
rare il Sacro Cuore di Gesù. Prima ancora che si cominciasse a
festeggiare solennemente questo Cuore divino nel nostro colle-
gio di Alassio, giungendo io una notte a Sampierdarena, trovai

6.10 Page 60

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il nuovo fabbricato dell'Ospizio tutto in silenzio, ma ancora illu-
minato da cento e cento fiammelle. Naturalmente ne restai me-
ravigliato non sapendo quale fosse la cagione dell'insolita gioia
e seppi che Don Albera in quel giorno aveva solennemente festeg-
giato con i suoi alunni il Sacro Cuore di Gesù. Poiché da Don
Aibera io appresi ad amare e a zelare questa divozione, a lui
e non a me spetta il vanto di averla promossa D.
Audace nelle intraprese, sull'esempio di Don Bosco, Don Al-
bera condivideva la sua fede anche mentre si caricava di debiti;
e come lui poteva giustiiicarsi a chi lo giudicasse temerario, con
la risposta che il Santo diede un giorno ad un caro amico har-
nabita, P. Luigi Zoja: « I o non faccio mai debiti, se non son
sicuro di poterli pagare: i debiti non lasciano dormire P.
Spesso il buon direttore fu sorpreso nel silenzio della notte
inginocchiato davanti d'immagine di Maria Ausiliatrice, in atto
di supplicare la Madre celeste a ottenergli la grazia e la forza
di provvedere ai suoi ragazzi il pane per l'indomani. E la Prov-
videnza gli veniva incontro, come a Don Rua.
Dobbiamo aggiungere che egli aveva anche tanta fiducia nella
bontà degli uomini. Sapeva poi conquistarsi i cuori col suo can-
dore, con la sua semplicità e con quel coraggio che viene dalla
coscienza che non stendeva mai la mano per si, sempre per gli
altri e proprio per i giovani più poveri e pericolanti che l'isti-
tuto di Sampierdarena continuò a beneficare anche dopo di lui
largamente. Continuava quindi a mendicare, come Don Bosco e
come Don Rua, mortiiicando se stesso e ritenendo per sé le umi-
liazioni che qualche volta anch'egli riceveva. Meno forse che Don
Bosco e Don Rua, perché veramente i genovesi si sentivano per
lo più commossi d&a modestia ed amabilità del suo tratto e
dalla ben nota povertà della sua vita e dei confratelli della casa
e facevano quanto potevano, dalle buone famiglie del popolo
&e autorità e all'alta nobiltà.
facile così immaginare quanto gli si venissero aflaionando
e quanto auch'egli legasse loro il suo cuore sensibilissimo e tur-
gido di riconoscenza.
Tanto era anche amato in casa, per le delicatezze che aveva
per confratelli e giovani, che collaboravano volentieri con lui.
Egli era, come voleva Don Bosco e come ha richiesto con
particolare insistenza anche il più recente Capitolo Generale Spe-
ciale dei Salesiani, il XX, l'anima della casa. L'animava con la sua

7 Pages 61-70

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7.1 Page 61

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fede, Ia sua pietà, la sua dedizione al lavoro ed il suo spirito di
sacrificio, e fasunava tutti a vivere secondo il cuore di Dio e le
difettive del Fondatore.
Non parliamo delle hezze coi missionari, con gli ospiti, coi
confratelli di passaggio, con gli idermi e i sofferenti. Ma cogliamo
la testimonianza di un salesiano tanto caro, direttore modello
degli Oratori festivi dei quartieri più poveri e popolani: Don Na-
tale Brusasca, la semplicità in persona.
Nel 1878 egli, studente all'oratorio di Torino, dotato di una
voce argentina era stato scelto ad accompagnare Don Lazzero,
il M" Dogliani e il Coad. Pelana, prima ad Alassio e poi a San
Remo, solista ai funerali di suffragio che quelle città liguri face-
vano per l'anima santa di Papa Pio IX.
In viaggio ebbe comodità di udire gli elogi che i salesiani face-
vano del direttore di Sampierdarena, la casa che li avrebbe ospi-
tati nel passaggio.
Vi giunsero ad ora assai tarda: gli alunni già riposavano, ma
ad attenderli rimase il direttore, il quale, con gesto largo, affet-
tuoso, umile, berretta in mano, accolse cordialmente i suoi con-
fratelli e « diede un benevolo sguardo anche a me domandando
se ancUo andavo a cantare. Ci condusse quindi in refettorio, e
a me che ero peritoso ad entrarvi: - Non hai viaggiato con
loro? - E mi fece sedere alla stessa tavola dei superiori ». Ri-
portiamo alla lettera la deposizione delio stesso ragazzo, Brusasca,
stupito di vedere un alunno trattato come i superiori, cosa che
d o r a non si usava in altri istituti.
Fa meraviglia che di fronte a un uomo cosi stimato e cosi
amato in casa e fuori, si manifestasse tanta pena quando si dif-
fuse per Genova la notizia che Don Bosco lo destinava ad altro
&cio e fuori patria, in Francia, primo Ispettore, cioè superiore
di tutte le case salesiane di quella nazione?
Nessuno se ?aspettava. Don Albera conosceva da tempo le
intenzioni di Don Bosco, che lo andò preparando con delicatezza
perché conosceva h o in fondo la sensibilità dell'animo suo e lo
sapeva umanamente &ezionatissimo alla casa di Sampierdarena
ed a Genova. Naturalmente piowero lamenti e lettere anche a
Torino con la speranza di scongiurare il cambiamento. Ma Don
Bosco faceva il sordo. Non valsero le intercessioni di autorità,
personalità e insigni benefattori. A i primi di ottobre del 1881
arrivò a Sampierdarena il suo successore Don Beùnonte, e Don

7.2 Page 62

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Albera fece le consegne sorridendo dal volto, ma soffrendo in cuo-
re. Poi cedette aila pressioni di personaggi influenti e delle pa-
tronesse e si recò a Torino, a tentare personalmente con Don
Bosco, se fosse ancora possibile, un cambiamento. Incontrò il
- buon Padre in cortile, che non gli lasciò neppure aprir bocca:
- Come? - gli domandò stupito Non sei ancora a Mar-
siglia? Parti subito!
A Don Albera venne meno il fiato. Baciò la mano a Don Bo-
sco, andò in chiesa a piangere le sue lagrime ai piedi della Ma-
donna, tornò a Genova a prendere la sua sacca da viaggio... e partì.
Primo Ispettore delle case salesiane di Francia e Belgio
Se Don Albera soffriva a lasciare Sampierdarena, i Coopera-
tori di Marsiglia l'accoglievano con qualche trepidazione pel ti-
more di perdere il Direttore Don Giuseppe Bologna. Ma Don
Bologna si fece invece subito premura di interpretare la rico-
noscenza dei salesiani, scrivendo l'l1 ottobre 1881 a Don Bosco:
« L a sua esperienza, la sua bontà e la sua virtù ci fanno deside-
rare il momento di averlo tra noi n.
Don Bosco, d'altra parte, non sognava neppure di privare
la Francia di un uomo come Don Bologna che aveva awiato
così bene la casa di Marsiglia e che ne poteva awiare altre di
grande awenire. Tant'è che poi Don Rua, quando Don Albera
f u eletto dal Capitolo Generale del 1892 a succedere a Don Bo-
netti come Direttore Spirituale di tutta la Società Salesiana, la-
sciando la Francia in tale fioritura da potervi dividere le Case
salesiane in due Ispettorie, &db a Don Bologna YIspettoria del
Sud, e poi, al cambiamento di turno degli ispettori, quella del
Nord.
Prima che finisse il mese della Madonna del Rosario, Don
Albera era già a Marsiglia in piena attività, suscitando di giorno
in giorno sempre maggior credito e religioso apprezzamento nel
clero e tra i Cooperatori e le Patronesse. L'amabilità del suo
aspetto dolcemente sorridente e la finezza del suo tratto gli cat-
tiverono subito il cuore dei giovani, la fiducia e l'affetto dei Sale-
siani e delle Figlie di Mai-ia Ausiliatrice, che si trovavano dai
1877, a Nizza Mare, dal 1880 a St. Cyr, a Marsiglia d i qual-
che mese.

7.3 Page 63

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Se vi arrivò con qualche trepidazione, oltre alla pena di la-
sciare Sampierdarena, anch'egli non tardò a rassicurarsi che vi
trovava un ambiente turgido di venerazione per Don Bosco e così
carico di simpatia per l'Opera salesiana che faceva presto ad &e-
zionarsi anche a lui. Ne fece tosto esperienza e si sentì incorag-
giare ogni giorno di più.
Lo stesso abate Guiol, che aveva chiesto a Don Bosco la fon-
dazione di Marsiglia e che seguiva personalmente la sistemazione
e lo sviluppo nella sua parrocchia, si riservò la presentazione al
Comitato delle Patronesse, il 28 ottobre. I1 4 novembre, ne pre-
cisò la qualifica di Ispettore, mentre Don Bologna continuava
ad essere il direttore della Casa, che portava il titolo di Orato-
rio S. Leone ed aveva carattere popolare, con missione partico-
lare di bendcenza per giovani orfani ed abbandonati, come l'Ora-
torio S. Francesco di Sales, casa-madre, di Torino Valdocco.
Spiegò anche come i Salesiani, analogamente agli Ordini ed
alle altre Congregazioni religiose, ma con senso unitario molto
moderno, dal 1878 avessero circoscritte le loro Case in Ispet-
torie, esprimendo col termine laicale la di8erma dalle Province
monastiche, perché gli Ispettori hanno come funzione propria
quella di rappresentare il Rettor Maggiore nelle singole circoscri-
zioni e l'ufficio di coordinarvi l'unità di spirito, di direzione, di
amministrazione, considerandosi nel loro ambito altrettanti padri,
tra i confratelli, che aiutano i loro figlioli a far andar bene le cose,
consigliandoli, aiutandoli e guidandoli a trarsi d'imbarazzo nelle
circostanze critiche e complicate (v. Conferenza 17 al I Capitolo
Generale del 1877).
Così in forma semplice e linguaggio familiare e domestico, il
santo Fondatore aveva dato la prima idea di quello che egli in-
tendeva con la suddivisione delle zone di giurisdiiione e la costi-
tuzione deile Ispettorie. Precisò poi in termini canonici la loro
missione in edizioni posteriori delle Costituzioni, secondo i sug-
gerimenti dei Capitoli Generali successivi; il resto lo fecero i suoi
successori. Ma, ben prevedendo le evoluzioni di concetti e conse-
guenti variazioni della disciplina canonica, precisò la sua inten-
zione e il suo ideale in varie conferenze ai Salesiani lungo il
decennio che ancor visse fra loro dopo il I Capitolo Generale.
Quando staccò le case di Francia da1l'Ispettoria Ligure per
costituire la prima in Francia, la Società Salesiana aveva già quat-
tro Ispettorie: quelia del Piemonte, quelia della Liguria, quella

7.4 Page 64

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di Roma e quella d'America. L'esperienza del 1878 era stata po-
sitiva e quindi incoraggiante, consigliando graduali perfeziona-
menti di confine e di funzionamento. Tutto procedeva senza la
minima scossa alla compagine unitaria costituzionale voluta da
Dio proprio per il suo servizio nella primavera marxista dell'800
che univa le forze del lavoro in lotta di classe e con programma
di scristianizzazione di masse, mentre Don Bosco aveva da Dio
la chiara provvidenziale missione, vorrei dire il cmisma speci-
fico, di unire le masse popolari per la collaborazione di classe in
pieno fervore di fermento cristiano. Non per nulla Don Bosco
nacque tre anni prima e morì tre anni dopo Marx.
L'abate Guiol fu quanto mai felice nella presentazione di
Don Bosco.
Ma fu Don Albera stesso a cattivarsi subito la stima delie
Patronesse con la mitezza del suo tratto e la finezza dei suoi modi,
la sua amabiiità così aperta e cordiale, la sua elevata spiritualità.
Don Albera si trovò subito a suo agio anche nelle altre case:
di Nizza Nare, aperta per prima nel 1875 proprio a favore dei
giovani poveri, dei figli del popolo, con Oratorio, Scuole Profes-
sionali, chiesa pubblica, servizio agli emigrati; di La Navawe,
Orfanotrofio aperto come l'Oratorio S. Leone di Marsiglia nel
1878.
Nel decennio di servizio in Francia come primo Ispettore, egli
non poté lanciarsi a grandi imprese, anche perché l'Opera sale-
siana era agli inizi; ma quelle che reaiizzò hanno tutte impronta
e finalità squisitamente salesiana, per gioventù povera o abban-
donata o pericolante.
Possiamo indicarle subito: nel 1883, ottenuta dal III Capi-
tolo Generale dell'anno precedente l'approvazione di u n novi-
ziato proprio per gli aspiranti francesi nella loro patria, vi de-
stinò la villa che una grande benefattrice gli donava nei din-
torni di Marsiglia, a Santa Margherita; nel 1884 piantò le ten-
de a Parigi, con l'avvio deli'Oratorio a Ménilmontant, assumendo
il Patronage Si. Pierre che l'abate Pisani aveva aperto quando
era ancora seminarista e che nel 1883 lasciava nelle sue mani
per entrare nella Congregazione dei Lmaristi di S. Vincenzo de'
Paoli; nel 1888 l'oratorio di Géuigney; nel 1889 l'orfanotrofio
di Le Rossignol; nel 1890, trasferiva il noviziato a Saint Pierre
de Canon e lasciava la viiia di Santa Margherita alle Figlie di

7.5 Page 65

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Maria Ausiliatrice pel loro noviziato; nel 1891, una Colonia
Scuola Agraria a Ruitz poco lontano da Lilla.
Don Bosco lo seguiva passo passo da Torino. Ma fin dal mese
di gennaio del 1882 lo confortò con visite e soggiorni quasi an-
nualmente, sostando con piacere nella casa ispettoriale di Marsi-
glia per aiutarlo a compiere la sua missione, a superare le d i -
coltà e ad animare salesiani e alunni a corrispondere alle sue cute
ed alle grazie del Signore.
Gliene scrisse il 7 gennaio: ... Spero trovarmi con voi a
fare S. Francesco di Sales, purché questo nostro protettore possa
rompere le corna a una schiera di diavoli che non ci lasciano
pace: pregate e fate pregare. Ne ho veramente bisogno... ».
Partì infatti da Torino il 16 gennaio e fece una prima tappa
a Lione, atteso e ospitato cordialmente dal fratello dell'abate
Guiol, Mons. Luigi, rettore della locale Università Cattolica, il
quale lo presentò alla direzione devopera della Propagazione
della Fede con cui trattò per avere qualche aiuto per le Mis-
sioni di Argentina e tenne tre conferenze, una anche all'opera
Apostolica, ed una ai dirigenti di varie opere cattoliche cittadine.
I1 21 proseguì per Valenza ove si trattenne quattro giorni
parlando in cattedrale a una folla di fedeli ansiosi di cono-
scerlo, e poi si diresse a Marsiglia sostando a Tain e Tournon
per conferenze e raccolta di offerte.
Giunse a Marsiglia la sera del 27 gennaio. Don Albera col
direttore Don Bologna, superiori, giovani e Cooperatori l'accol-
sero con affettuosa venerazione. Si trattenne a Marsiglia fuio al
20 febbraio e Don Albera non lo abbandonò un istante, ansioso
che non si stancasse troppo e la sua salute non ne avesse a sof-
frire. Ogni giorno infatti era un affollarsi di persone desiderose
di un colloquio, di una benedizione. Così fu testimonio di straor-
dinari interventi deiia Divina Provvidenza e di guarigioni pro-
digiose, di cui mandò anche relazione a Roma, al Card. Nina,
Protettore della Società Salesiana. Grazie alla presenza di Don
Bosco, egli poté conchiudere la compera di due stabili per l'am-
pliamento dell'istituto. La parola di Don Bosco poi recava tanto
conforto ai salesiani e scendeva tanto al cuore dei giovani che ne
traevano luce pel loro avvenire, incoraggiamento al bene e sempre
maggior orrore al peccato. Le Patronesse poterono averlo fra
loro alla seduta del 3 febbraio, dopo una lunga attesa perché la
ressa dei visitatori pei corridoi e per le scale gli contendeva il

7.6 Page 66

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passaggio. Ma la sua sosta fu una benedizione, non solo per le
ispirate parole che egli ditesse al Comitato suli'unione con Dio
e fra loro nel fare il bene, ma anche per l'ahettamento della
sistemazione della residenza delle Figlie di Maria Ausiliatrice,
giunte la vigilia della festa d'Ognissanti. Occorreva salvare le
cautele canoniche vigenti allora per gli istituti religiosi nei rap-
porti con persone di altro sesso. Fu in questa occasione che Don
Bosco, esigente nei riguardi fra le duc comunità e con le colla-
boratrici esterne, pronunciò « auec l'expression d'un sentiment
projond », nota il verbale, il forte scongiuro: a Se le case sale-
siane non dovesero essere quali bisogna che siano, io amerei me-
glio che cessassero di esistere » ( M . B. XV, 487). Dando le indi-
cazioni opportune, Don Bosco citò come modello la casa di To-
rino, dove le Suore avevano la loro abitazione al di della via
Cottolengo, sulla stessa piazza, con una sala per le signore e signo-
rine &e andavano a prestare gratuitamente aiuto per la cura della
biancheria e degli indumenti dei giovani più poveri.
Viveva a Marsiglia l'esemplare famiglia Olive in cui fiorivano
splendide vocazioni, e la signora chiese a Don Bosco chi potesse
scegliere per suo direttore spirituale, essendole mancato il sa-
- cerdote che la dirigeva. Don Bosco, dopo essersi raccolto qualche
istante in preghiera, le rispose: Prendete per direttore Don
Albera: è un uomo che nella direzione delle anime fa miracoli.
Effettivamente, sembrava un suo carisma l'arte di5cile della
direzione delle anime secondo lo spirito di San Francesco di Sales.
Molte anime, anche di vocazione a perfezione elevata, ne appro-
fittarono in Francia e a Torino, e la loro corrispondenza consen-
tirebbe di valutare la tempra e il tatto di Don Albera. La sua
cultura ascetica e una sensibile assistenza dall'alto ne fecero un
vero specialista. Il Signore lo in Francia per fame un grande
direttore spirituale della Congregazione e poi un ottimo Rettor
Maggiore.
Provvidenziale fu il soggiorno di Don Bosco a Marsiglia an-
che per un conforto particolare a Don Albera: l'l1 febbraio
moriva sua sorella suor Vicenza, delle Figlie della Carità. Gli
comunicò la notizia il fratello P. Telesforo, dei Frati Minori,
descrivendogli il pio transito &cantissimo: era un'anima tutta
di =o cbe aveva speso la sua vita servendo i malati negli ospedali.
Don Bosco celebrò con la comunità la festa di San France-
sco di Sales, ritardata apposta perché egli potesse dire la sua

7.7 Page 67

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buona parola anche alla conferenza dei Cooperatori, che fu pre-
sieduta dal Vescovo. Molto prima deli'ora, in cappella non c'era
più un palmo libero. I1 Santo mise in rilievo lo sviluppo del-
i'Opera salesiana al 1881, chiedendo la carith dei Cooperatori
con la semplicità di cui « i santi hanno il segreto » e che il Ve-
scovo mise in evidenza aggiungendo la sua raccomandazione al
termine deil'adunanza. L'istituto ebbe tosto un'altra prova della
generosità dei marsigliesi.
Don Albera non segui Don Bosco nelle tappe che fece per
la Francia meridionale, ma lo raggiunse a La Navarre dove, il
lo marzo, il Santo benedisse e pose la pietra angolare di un altro
fabbricato nell'Orfauotrofio salesiano.
A Tolone, ove la sosta del Santo era stata messa in mag-
gior rilievo per la conferenza tenuta in cattedrale a una folla
enorme, scusandosi perché gli mancava il tempo per tenere una
adunanza speciale ai Cooperatori, precisò che: «Bisogna ben
comprendere lo scopo della P. Unione: I Cooperatori Salesiani
non debbono solamente raccogliere limosine per i nostri ospizi,
ma anche adoperarsi con ogni mezzo possibile per cooperare alla
salvezza dei loro fratelli e in particolar modo della gioventù. Cer-
chino pertanto di mandare i ragazzi al catechismo, aiutino perso-
nalmente i parroci a farlo, preparino i fanciulli alla comunione
e vedano che abbiano anche gli abiti convenienti, diffondanobuoni
libri e si oppongano energicamente alla lettura della stampa irre-
ligiosa e immorale... » (M. B. XV, 500).
Proseguendo pel ritorno in Italia, Don Bosco sostò ancora
a Xlizza Mare, donde il giorno della festa di San Giuseppe inviò
a Don Bologna una lettera per speuficargli i rapporti fra l'Ispet-
tore, che allora era anche Direttore della casa ispettoriale, e il
Vicedirettore che sostituiva l'ispettore nella funzione di direttore
quando l'ispettore si assentava. I n quei primi tempi di o r g d
zazione delle ispettorie egli aveva creduto bene che si facesse
così, non disponendo di personale sufficiente e non dando an-
cora le ispettorie tanto lavoro all'ispettore da non consentirgli di
essere nella casa ispettoriale ispettore e direttore. Salvava il cri-
terio unitario che Don Bosco riteneva indispensabile nella Con-
gregazione. La riponiamo integralmente perché è un segno dei
tempi di transizione:
dopoxdCuaer.mmoesid..o.nNBonoloagbnbai,amsoonopoletutporimpaerlparaerodledcehecomsei
riesce di
deUa casa
scrivere
e deUa

7.8 Page 68

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Congregazione. Pazienza! Ti dirò qui in breve alcune cose cbe tu puoi an-
&e comunicare a Don Albera: 1) L'Ispettore, quando dimora in una casa,
ha l'autorità di Direttore che può esercitare quando non è assente. (Si noti
il può, percbé 'lascia bene intendere &e, se crede, può invece lasciare al
Vicedirettore). I1 vicedirettore ne fa le veci, come ad Alassio; anzi farà tutto
(praticamente) ma sempre d2;nteiiigenza con l'Ispettore. 2) La cura mode,
religiosa, scientifica, scolastica, sanitaria dei confratelli S a l d è in modo
sp4ale confidata all'Ispettore. Perciò egii deve tenere k conferenze morali,
ricevere i rendiconti mensili, ascoltasli in confessione, e simili. 3) La cura
delle Suore è pure &data &Ispettore. 4) Ridotte le cose n' questo senso,
riuscirà più f a d e al Direttore ordinario (pur col tiroio di vice Direttore)
disimpegnare la gestione complicata delle &e cose appartenenti aii'orato-
rio S. Leone. 5) La base di ogni cosa è che il Direttore con pazienza e ca-
rità parli sovente con l'Ispettore e riferisca suile cose da farsi. Non ho tem-
po di scrivere a Don Albera; ma tu puoi dargli comunicazione di quanto ti
scrivo, e dopo cbe avrete esaminate bene le cose, mi scriverai notandomi
tutte le osservazioni &e convengono o &e vi sembrano opportune pd buon
andamento di codesta casa che deve divenire un modello delle altre case
salesiane... Dio benedica te, D. Albera, i nostri confratelli, Borghi e tutti gli
allievi. Amen... ».
Don Bosco procedeva allora con tanta bonarietà, perché i sale-
siani si amavano fraternamente ed ogni desiderio del Padre era
accolto con venerazione, anche perché egli rimetteva poi alla loro
esperienza e alle loro osservazioni la regolazione duratura.
Comica è la chiusa di un'altra lettera a Don Bologna, del
16 luglio 1882:
«... Mi dicono che D. AJbera ha una somma che non sa come spendere.
Don Rua ne gode assai e ci spera. Dio ci benedica tutti... ».
Molta altra corrispondenza di Don Bosco a Don Albera non
si trova negli archivi capitolari della direzione generale dei Sale-
siani. Don Ceria lo deplora amaramente. Forse i confratelli, o
i cooperatori che tenevano con loro maggior contatto, se la dispu-
tarono alla partenza di Don Albera dalla Francia, perché egli
deve averla lasciata neil'archivio dell'ispettoria, interessando di-
rettamente, come era abitudine di Don Bosco, la casa di Marsi-
glia e l'ispettoria stessa.
Ce n'è una del 26 novembre 1882 che può dare l'idea, con
incombenze e direttive:
«Ti mando lettere da leggere e poi distribuire a ciascun indirizzo; rice
verai tutte le altre usque ad complementum. Un saluto cordialissimo a Don
Bologna, a tutti i confratelli, a tutti i nostri cari figliuoli e a tutti i nostri
benefattori. Da D. Ca&ero avrai norme come regolarti riguardo a quattro o

7.9 Page 69

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sei salesiani viaggianti per la Spagna. (D. Cagiiero li accompagnava ad Utrera
per rinforzare il personale della casa). Dio ci benedica tutti, e credetemi sem-
pre in G. C. &.m0 amico Sac. Gio. Bosco*.
B singolare come la chiusa passi dal singolare al plurale. Co-
me teneva Don Bosco al contatto con tutti! Vero Padre di tutti.
Ed eccone un'altra, documento del suo stile, del 4 dicembre:
« T i do facoltà di ritenere i 1000 fs di Madame Fabre a condizione cbe
tu su buono e che tu su sempre un grande amico di D. Bosco. Farai però
bene dire, data occasione, che di qui, nelle nostre gravissime strettezze, ve-
niamo anck in aiuto pecuniario d e case di Marsiglia. Tu poi, quanto ti è
possbile, aiuta la casa di St. Cyr. Ho seritto e ricevuto risposta da Mad.
Jacques. Procura di vederia, ringraziarla, assicurarla che preghiamo tanto per
lei e che D. Cagiiero nei partire spera di farle una visita. Punito bigliet-
to a Mad.iie Dugaz. Ringrazia M.me R w a Fabre e dirai loro che qui pre-
ghiamo a loro intenzione e che al giorno deiia Immacolata Concezione dire-
mo per loro una Messa &altare di Maria Ausiiiamce. Dio ci benedica, por-
ta i nostri rispetti, saluti e preghiere al sig. Curato e a tntti i confratelii,
etc. etc. M.mo amica S. G. Bosco ».
Si legge tra le righe che doveva intercorrere altra corrispon-
denza. E si vede come i salesiani coddavano tutto a Don Bosco
e come questi rispondeva alla loro fiducia, seguendoli passo passo
in quei primi tempi, finché poté.
In febbraio del 1883 Don Bosco era già in viaggio per il
suo gran soggiorno in Francia. I1 5 febbraio del 1883 scriveva
a Don Bologna da Varazze:
... «Va bene quanto mi scrivi... dirai a Don Aibera che prepari visite e
danari; io gli porterò un sacco di complimenti di tanti suoi amiu ».
La sera del 16 marzo era a Marsiglia, accolto a gran festa
d d a casa e dai Cooperatori.
Fu subito un andirivieni di gente. Si portavano ammalati, si
chiedevano benedizioni e preghiere, si coddavano problemi di
coscienza e di interessi familiari. Don Bosco vi celebrò la festa
di S. Giuseppe, e il 29 fu la giornata dei Cooperatori. Dopo la
Messa, in cui tenne un fervorino elogiando la fede che trovava
in Francia anche negli uomini e la frequenza esemplare ai Sacra-
menti, benedisse una bella statua di Maria Ausiliatrice dello scul-
tore Gallard, alta 2 metri.
Nel pomeriggio tenne la Confexenza ai Cooperatori, presie-
duta dal Vescovo, raccomandando l'Oratorio che aveva quasi
duecentomila franchi di debiti, somma ben grave &ora. Le of-

7.10 Page 70

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ferte raccolte da Don Bosco nelle due settimane che passò a
Marsiglia recarono sollievo a Don Albera. Ma non bastarono.
D'altra parte Marsiglia attraversava in quell'anno un periodo di
depressione economica e finanziaria, sicché anche le famiglie più
caritatevoli stentavano ad aver margine per donare alle opere
benefiche. Don Bosco fu pure in Seminario per far visita ad
uno dei figli del sig. Olive, accompagnato dal padre; ma, in as-
senza del Rettore, il vicerettore, che non lo conosceva, non
voleva saperne di chiamare il chierico in parlatorio fuori orario.
Quando però il sig. Olive pronunciò il nome di Don Bosco, si
buttò in ginocchio a chiedere scusa, poi si attaccò alla campana
e fece uscire tutti i chierici. Rientrò in quel mentre il rettore, il
quale volle che Don Bosco rivolgesse loro una parola e il Santo
parlò: V o i tutti un giorno non molto lontano sarete preti; ora
non dimenticate mai quello che sto per dirvi. U n prete, o in pa-
radiso o all'inferno, non va mai solo: vanno sempre con lui in
gran numero anime o salvate col suo santo ministero e col suo
buon esempio, o perdute con la negligenza nell'adempimento dei
propri doveri e col suo cattivo esempto. Ricordatevelo bene ».
Questa famiglia Olive, non è quella del salesiano Don Lodo-
vico, morto poi nel 1919 missionario in Cina.
Dalia famiglia del futuro missionario Don Bosco accettò l'in-
vito a pranzo e fu proprio dopo il pranzo che, passando in r ~ -
sta i tredici figliuoli disse a ciascuno una buona parola e arri-
vato a Lodovico esclamò: Questo sarà per Don Bosco ». Fu
profeta. Don Albera stesso lo accompagnò, tre anni dopo, a To-
rino perché facesse il suo noviziato nella povera incipiente casa
di San Benigno Canavese.
La cronaca specifica che, quando Don Bosco era a Marsiglia,
Don Albera scompariva con la sua personalità e si preoccupava
solo che il buon Padre fosse tutto a tutti. I1 2 apdle lo accom-
pagnò alla stazione, donde il Santo partì con Don De Barruel per
Parigi sostando ad Avignone e a Lione. Quasi trecento pagine
del volume XVI delle Memorie Biografiche (57-281) sono dedi-
cate a questo viaggio veramente trionfale. Nuiia di trionfalistico:
tutto vero trionfo.
Da Lione, il 16 aprile, scriveva a Don Albera:
Parhamo per Parigi, ma con la fermata di un giorno a Mouiius. Rice-
verai da4 sig. Duros di Avignone f. cinqueda di cui metà per voi, metà
per S. Isidoro (titolo deU'Orfanomofio agraio) o St. Cyr. Nostro indirizzo

8 Pages 71-80

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8.1 Page 71

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a Parigi: Contessa de Combaud, Avenue de Messine 34. Continuate a pre-
gare. Mari vanno bene. Salutate e ringraziate amici e benefattori. Dio vi
benedica mtti... ».
L'iiustre famiglia De Combaud aveva messo a disposizione
di Don Bosco un appartamento del suo palazzo.
Noi torniamo a Don Albera.
L'aiuto della Madonna
Pur così disputato dal pubblico da non lasciargli quasi tempo
pei salesiani e giovani della casa, Don Bosco aveva capito che
Don Albera a Marsiglia edificava, come lasciò scritto di lui uno
zelante salesiano, allora alunno al S. Leone:
«Fui grandemente edificato dal contegno modesto ed u d e del no-
suo Superiore, del suo costante sorriso che incoraggiava, e delle sue ma-
niere dolci, amabili che attiravano. Non vi era ricreazione in cui non com-
parisse fra noi; ma anche negli altri luoghi veniva a visitarci, specialmente
in refettorio e in cappella. Parlava poco, ma la sua presenza bastava a ren-
derci rispettosi. Don Albera fu mio confessore per tutto il tempo in cui
stetti aiioramrio S. Leone: egli mi condusse innanzi nella via religiosa e
sacerdotale con buoni consigli, con patemi incoraggiamenti, aiutandomi a
superare k inevitabili d8ìcolth. I membri della Compagnia di S. Luigi e
del SS. Sacramento io ebbero frequentemente alle loro riunioni settimanali
e dalla sua parola trassero incitamento alla pietà ed alla virtù» (Garneri,
p%. 80-81).
Un altro venerando confratello, il P. Siméon, ci scrive da
Marsiglia che egli era alunno aiilOratorio S. Leone nel 1898...
e che ebbe occasione di veder Don Albera quando, g"ia come
Direttore spirituale di tutta la Congregazione tornava in Francia
e prendeva qualche giorno di riposo per la sua salute cagione-
vole presso le Suore Figlie di Maria Ausiliatrice a villa Pastré,
Santa Margherita.
I superiori conducevano volentieri i giovani in passeggiata a
villa Pastré, quando lo desideravano, nei giorni settimanali di
vacanza.
Don Albera, quando era là, li accoglieva affettuosamente a
squadre ed anche individualmente; diceva loro qualche buona
parola, ascoltava le loro confidenze e dava loro i consigli oppor-
tuni, li congedava con qualche immaginetta o qualche altro ricordo.
Proprio secondo la tradizione vigente ancora ai miei tempi, come
facevano tutti i superiori del Capitolo quando passavano per le

8.2 Page 72

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case salesiane. Ed era pei giovani un regalo avvicinarli perso-
nalmente, scambiare qualche parola, ascoltare quakhe conferenza,
assistere alla loro Messa... Caratteristica di uno stile, dello spi-
rito di famiglia salesiano.
La statua di Maria Ausiliatrice, ricordando in forma gra-
ziosa la cara immagine della Madre celeste, aiutò a celebrare il
mese mariano mentre Don Albera infervorava i cuori, sera per
sera, con la sua calda pietà. Ma egli desiderava anche una sta-
tua del Sacro Cuore di Gesù, ed una buona cooperatrice pensò
a provvederla. La benedisse egli stesso il 22 luglio.
Nel periodo delle v a c m Don Albera curò lo svolgimento
degli Esercizi spirituali dei Salesiani e delie Figlie di Maria Ausi-
liatrice, favorendo la partecipazione ai corsi che si tenevano a
Torino e a Nizza Mouferrato a quanti vi andavano volentieri;
poi si recò egli personalmente a Torino pel III Capitolo Gene-
rale che si tenne a Valsalice dal 1' al 7 settembre sotto la presi-
denza di Don Bosco.
In Capitolo Don Albera seppe esporre così bene le difficoltà
che trovavano i francesi a venire a fare il noviziato in Italia, un
po' per la diversità di lingua, un po' per altre ragioni, che
il Capitolo approvò la proposta di un noviziato in Francia e
Don Bosco aggiunse che si sarebbe aperto nelle vicinanze di Mar-
siglia, con un altro per le Figlie di Maria Ausiliatrice.
Egli aveva già previsto in sogno la villa Pastré, offerta a
Don Albera. Al suo ritorno dalla visita da una pia cooperatrice,
a Santa Margherita, ne autorizzò infatti l'accettazione quando si
fu assicurato che la villa Pastré corrispondeva proprio a quella
da lui vista in sogno (M. B. XVI, 414).
Le Figlie di Maria Ausiliatrice furono sempre tanto grate a
Don Albera per le sollecitudini che egli ebbe per loro durante
il suo periodo di ispettorato in Francia e, per parte loro, furono
a d e tanto sollecite deile cure di cui aveva bisogno la sua salute;
e gli usavano mille riguardi quando poteva recarsi a riposare un
poco, come ci ha confidato il P. Siméon, a villa Pastré.
Marsiglia era porto d'imbarco per spedizioni missionarie che
ottenevano posto su navi in partenza di là. Sicché quasi ogni anno
I'Oratorio S. Leone aveva anche questa bella incombenza: di
offrire o procurare ospitalità di transito a missionari salesiani e
Figlie di Maria Ausiliatrice. Don Albera amava dar loro un affet-
tuoso omaggio, non solo accogliendoli a festa, ma indicendo una

8.3 Page 73

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8.4 Page 74

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un'opera salesiana nella grande città industriale, il 5 maggio del
1883, mentre era di passaggio, ospite del barone di Montigny,
per i buoni uffici dell'aw. Michei di Niza Mare.
Appena convalescente da una bronchite da cui era guarito
inaspettatamente, il 3 febbraio (mentre un buon chierico, Luigi
Gamerro, che aveva offerto la sua vita per queila del Santo, ren-
deva la sua bell'anima a Dio), Don Bosco decideva di partire
per la Francia in cerca di soccorsi neli'urgenza di saldar debiti,
che si accumulavano specialmente a Roma per la costruzione della
chiesa del Sacro Cuore.
il medico curante, né i salesiani, né il Card. Alimonda,
arcivescovo di Torino, riuscirono a dissuaderlo. Umanamente par-
lando, giocava la vita. Fece testamento, consegnò a Don Cagliero
in una scatoletta l'ultimo ricordo di famiglia che conservava,
l'anello nuziale di suo papà, e il 1' marzo partì, accompagnato
da Don Giulio Barberis. I1 5, giunse a Nizza, e dal 15 al 25
marzo si trattenne a Marsiglia, dove Don Albera aveva predi-
sposto tutte le attenzioni perché riposasse agevolmente a Santa
Margherita fra i cari novizi. Le Patronesse si prodigarono nelle
cure e nel promuovere offerte. Don Alhera invitò addirittura una
celebrità medica, il prof. Combal dell'università di Montpellier,
a fargli una visita minutissima. I1 dottore accorse e si trovò di
fronte ad un organismo dranto dal lavoro: era come un abito
logoro perché portato tutti i giorni; I'unico e più urgente rime-
dio sarebbe stato il riposo. Ma Don Bosco, ringraziando di gran
cuore, si scusò dicendo che era l'unico rimedio a cui non poteva
assoggettarsi. I1 dottore non accettò nuila pel suo grave disturbo;
gli lasciò anzi un'offerta generosa per le opere salesiane, dichia-
rando che doveva a lui Ia guarigione della propria figlia !M. B.
XVII, 56-58).
I1 26, Don Bosco partì per Tolone e fu sequestrato dai conti
Coile, i suoi grandi benefattori, i quali lo accompagnarono poi
a La Navarre, dove il giorno dopo benedisse la nuova chiesa di
Maria Ausiliatrice. Quivi lo raggiunse Don Albera. Rientrando
in Italia, per tappe, a Nizza, ad Alassio e a Sampierdarena, Don
Bosco confidò che i debiti deile case di Francia erano saldati. La
Prowidenza divina aveva benedetto largamente i sacrifici e le
sofferenze di quei suo viaggio. Da Sampierdarena prosegui per
Roma accompagnato da Don Lemoyne e di spedì la celebre let-

8.5 Page 75

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tera, richiamo aila pedagogia salesiana, dopo il sogno sul cam-
biamento di metodo ali'Oratorio, casa madre, di Torino.
Da Roma, via Firenze, riusci a giungere a Torino, dopo d e
peripezie, il 17 maggio. Non tardarono a scoppiare altri allarmi
per uu'epidemia di colèra, manifestatasi anche in Francia: a To-
Ione, il 4 giugno; verso la metà di luglio a Marsiglia. Don Bosco
ai primi di luglio rassicurava Don Ronchail e Don Albera:
«Antidoto sicuro contro Q colèra: fa mettere in colo ai suoi giovani
una medagiietta di Maia Ausiuatrice con la giacuiatoria Maria Auxilium
Christianarum, ora pro nobis. Frequente Comunione. Comunica questa ri-
... cetta a chi t u giudichi opportuno Noi preghiamo. Pregate anche voi per
... noi P.
Cessata l'epidemia, Don Albera poté assicurare Don Bosco:
«Nel nastro Oratorio, grazie alla protezione di Maria Ausiliatrice che
lei ci ha promesso e grazie aiie precauzioni prese in tempo per evitare il
contagio, noi non abbiamo avuto neppure un caso. Dirò meglio: quattro
volte ci è accaduto di vedere uu qudche giovane tutti i sintomi d d colèra,
ma per nostra consolazione questi sintomi sono scomparsi completamente
nel giro di qualche ora... E4 un miracolo della Madonna. In casa abbiamo
oltre 150 giova^ che non saranno ritirati, sia perché sono d d a città stessa
di Marsiglia, sia perché i parenti non possono ritirarli. M e di quelli
che partitono ?>er le loro case, lo stato di sanità è ottimo e nessuno f u an-
cora colpito dai terribile morbo... Un'altra consolante notizia: nessuno dei
nostri bendanoti ed amici, finora cadde ammalato ».
E dire che in città ne morivano un centinaio al giorno; più
di centomila abitanti erano sfollati. I1 morbo lasciò molti orfani,
e Don Albera ne accettò in casa un buon numero ricorrendo alla
pubblica beneficenza con un appello sul Bollettino francese. La
Provvidenza intervenne sensibilmente. Un solo esempio: aveva
appena spedito una lettera a Don Bosco dicendogli che non po-
teva più andare avanti (gli urgevano 1000 franchi) e nello stesso
giorno una signora, che aveva ottenuto una grazia per un figlio
religioso, gli mandava 1000 franchi.
Prese quindi coraggio e sul Tiir delì'anno stabiliva I'Opera
salesiana in Parigi, assumendo il Patronage S t Pterre a Ménil-
montant, fondato dall'abate Pisani quand'era ancora solo semi-
narista, poi da lui incrementato quando fu fatto vicario della
parrocchia, ma che, volendosi far Vincenzino, egli - come ahbia-
mo già notato - non poteva più accudire. Don Bologna, dal
canto suo, destiva altri sei laboratori nella casa di LiUa e aveva

8.6 Page 76

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già in piena funzione la banda di musica strumentale. Eppure
nella seconda metà di novembre Don Albera aveva ricevuto una
lettera di Don Bosco, datata al 15, che ammoniva:
n ... Mi farai eiacere di salutare caramente i nomi confratelli e in mo-
do particolare i nostri giovanetti. Dirai a tutti che quest'amo lo abbiamo
passato bene e dobbiamo ben di cuore &graziare il Signore. Io temo che
Panno venturo siamo di nuovo visitati ddio stesso flageiio; ma io non mi
sento di promettere che il col&ranon venga a nioleitarii, salvo che voi mi
veniate in aiuto. Ma come? ,Mi veniate in aiuto con la buona condotta, con
... la frequente comunione e particolarmente col fuggire rigorosamente le cose
che sono contro la modestia ».
Sulla Sne di febbraio poi del 1885, ecco correre la triste no-
tizia che Don Bosco era morto. Figurarsi l'angoscia anche in Fran-
cia!... Ma Don Albera poté presto tranquillizzare tutti: l'inco-
scienza della frettolosa informazione dei giornalisti si era pre-
stata, come al solito, a qualche voce incontrollata.
Don Bosco stesso, a dissipare la dolorosa impressione, dopo
aver letto la notizia nei giornali italiani, si era drettato a pro-
testare che era ancora in vita e si sarebbe presto rimesso in viag-
gio per la Francia.
I1 24 marzo infatti si rimetteva in viaggio e Don Aibera l'ebbe
a Marsiglia dal 2 al 20 aprile. Fu doppio conforto, anche fisico;
perché si era appena rimesso di un forte attacco di grippe.
La Pasqua, con Don Bosco in casa, fu la più cara Pasqua pas-
sata dalla casa di Marsiglia.
Don Albera l'accompagnò al noviziato, dov'egli confermò che
anche nel 1885 sarebbe scoppiata una nuova ondata di colèra e
ripeté ai chierici la sua ricetta di preservazione.
A pranzo in casa Oiive, 1'8 aprile, Don Bosco si vide sparire
il suo vecchio cappello e sostituirlo con uno nuovo, dando colpa
a Don Albera che era uscito poco prima. Ma era stata una con-
giura di Madame Olive.
I1 13, Don Albera andò incontro ad un desiderio del Santo
invitando a pranzo in casa i più insigni benefattori. Uno di que-
sti, il sig. Bergasse, fece l'elogio di quelia casa modello: « Que-
sti giovani - disse - questi cari giovani, sono amati ed ammi-
rati da tutti. I1 Parroco di S. Giuseppe li loda pubblicamente
dal pulpito... E ben si meritano di essere amati!... hanno in gran
pregio il canto gregoriano che preferiscono perfino alla musica.

8.7 Page 77

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... Basta sentirli cantare come cantano, basta vederli in chiesa per
... dire: Ecco i figli di Don Bosco ».
Don Albera infatti, fervido asceta e finissimo liturgista, fa-
ceva di tutto per educarli alla vera pietà. I1 più autentico mae-
stro salesiano di canto gregoriano, Don G. B. Grosso, lasciò scritto
di lui: «Uno dei contrassegni del suo spirito di pietà era il
grande impegno che egli si faceva di promuovere il decoro delle
sacre funzioni; godeva quando, accnratamente prepatate, queste
riuscivano solenni e devote. Assisteva volentieri nelle solennità
agli &ci della parrocchia di S. Giuseppe, nella quale i giovani
dell'oratorio di Marsiglia prestavano servizio pel canto e per
le sacre cerimonie; ed era largo di incoraggiamenti e di lodi ad
allievi e a insegnanti. Mostrava tutto il suo entusiasmo e la
sua soddisfazione nell'ndire le melodie gregoriane che, proprio
in quegli anni, venivano richiamate alla loro antica purezza ed
espressione dal benedettino Dom Pothier e dai suoi confratelii
di Solesmes... » (Garneri, p. 91).
I1 conte Colle si trattenne anche a cena con la comunità,
ma disgrazia volle che, servendogE uova, quattro eran andate
a male, il quinto appena passabile. A Don Albera mortificatis-
simo, il mattino seguente, il conte, invitandolo a casa sua, mise
in mano cento franchi, dicendo: «Questi sono per il p h o
uovo... E questi per il secondo - dandogliene altre cento -,
questi per il terzo... questi per il quarto... questi per il quinto... ».
Don Alhera, commosso, come si può immaginare, li portò a Don
Bosco, cbe glieli fece tenere per la casa...
Don Bosco fu anche tanto confortato all'ndire che Mons. Ca-
gliero (consacrato vescovo nel santuario di Maria Ausiliatrice il
7 dicembre del 1884), nel passare da Marsiglia in febbraio coi
missionari dell'annata, aveva lasciato tanto caro ricordo e susci-
tato tanto fervore per le missioni con la sua calda parola piena
di entusiasmo.
Ii 20 aprile scoccò l'ora della partenza, e tutti i giovani si
prostrarono in cortile coi salesiani a chiedere la benedizione. Don
Albera piangeva come un bambimo.
Forse presentiva che non avrebbe più potuto godere del Santo
in casa con tanto agio. Ma questi gli disse che desiderava una
sua visita a Torino almeno ogni due mesi. Purtroppo nell'estate
la casa fu funestata da nn'epidemia di vaiolo che colpi una tren-
tina di ragazzi. Però tutti guarirono appena Don Bosco ebbe in-

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viato da Torino una benedizione che arrestò il morbo. Poco dopo,
ecco il colèra. E Don Atbera si affrettò a ricorrere di nuovo a
Don Bosco, mentre scriveva a Don Bonetti: « Ti assicuro che io
non ne posso più... Non mi sento di continuare h o a settem-
bre di questo passo... Ma sia fatta la volontà di Dio! ».
Ad aggravare la situazione si scoperse che uno scroccone, tra-
vestitosi da prete, passava per le case dei benefattori spacciandosi
per economo deil'Oratorio col nome di P. Lorette e intascava
le offerte che questi credevano di a5dargli pei bisogni della casa.
Fu una patrouessa a scoprirlo e a consegnarlo alla polizia. Don
Bosco lo consolò con una lunga lettera il 9 agosto:
«Caro Don Albera, pare non manchino le tribolazioni ,nemmeno per
queste nostre case di Marsiglia quelie dei Salesiani e quelle deUc Suore. Dio
però quando passa fa certamente giustizia; ma dopo di lascia sempre la
sua misericordia e la sua benedizione. La prima fu il vaiuolo; ora comincia
il choléra. Confidiamo in tusuiD, io, che è nostro Padre, preghiamoio, ma te-
n i m o la &a retta: buona condotta e frequente comunione; e la Santa Ver-
gine compirà I'u6cio di madre e non ne abbiamo .timore. Non so se negii
... esercizi spirituali potremo padara; ma intanto comincia a mandare a D.
Rna una nota di quanto ti occorre e poi fra tutti prowederemo a iutto
OBnti a ricevere gli orfani dei choléra come l'anno scorso: Dio ci aiuterà.
La mia sanità da qualche tempo andava peggiorando o&, giorno, ma ora
mentre scrivo mi pare di essere perfettamente in salute. Credo che questo
sia effetto del gran piacere con cui ti scrivo. Dirai ai nostri amici e bene-
fattori che O ~ Ngiorno facciamo per aloro preghiere spedaii neUa Messa e
negli esexizi di pietà che facciamo mattino e sera ali'altare di Maria. Mi
farai gran piacere di darmene particolari notizie e raccomandarmi die
particolari loro preghiere. Dio benedica te, la tua famigiia, i novizi, suore
e vi conseni tutti neUa sua santa graia. Tutti ti salutano in GC. e ti sono
aff.mo amico Sac. G. Bosco ».
Gli accennava anche alla buona offerta a La Navarre perché
curasse il trasferimento del noviziato per dare la casa di Santa
Margherita alla suore. E chiedeva notizie di Don Barruel col-
pito da un forte esaurimento che purtroppo si aggravò e lo rese
inabile ai ministero. In nota gli accennava al desiderio di molti
saiesiani di andare a Torino per gli esercizi, ma gli dava facoltà
di provvedere in Francia, se la situazione non lo permettesse.
Al tramonto della vita di Don Bosco
Quanto trepidare a Torino negli ultimi due anni della vita
di Don Bosco! Si pensi che cosa dovesse soffrire Don Aibera lon-

8.9 Page 79

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tano. L'epistolario non registra più lettere persondi a lui. Saluti,
in altre corrispondenze a salesiani e benefattori, redatte perso-
nalmente o dettate a Don Rua e segretari. Lettere di Don Rua,
stile telegrafico, dopo la sua nomina a
generale di Don
Bosco.
È naturale quindi che Don Albera si facesse premura ci2 an-
dare a Torino ad ogni possibile occasione.
Forse in una di queste scappate a Torino egli domandò a
Don Bosco che ne pensasse del frequente intervento della Ma-
donna nel corso della sua vita e delle sue opere. Don Bosco ri-
spose: «Tutti erano contro Don Bosco, bisognava bene che la
Madonna lo aiutasse » (M. B. XVI, 101).
Don Albera non aveva awersari personali, ma venne a tro-
varsi in situazioni complesse. E la Madonna aiutò sempre sensi-
bilmente anche lui, specialmente a Sampierdarena e in Francia;
più tardi nei pericolosi viaggi per la visita alle case e alle Mis-
sioni salesiane di America, e poi come Rettor Maggiore fra le
bufere delie guerre libica e mondiale.
L'anno 1886 si annunciò con nuove angustie per Don Albera.
Dovette scrivere a Don Bosco per saldare un debito urgente di
tremila lire. Don Bosco cercò subito di mettere insieme tutto
quelio che aveva pel suo caro Don Albera, come raccontò poi
nelia sua visita a Marsiglia; ma arrivava appena a meta della
somma necessaria. Gli giunse la posta con corrispondenza ed of-
ferte dall'Austria, dalla Russia e p e r h o dalla Tartaria. Mise in-
sime le offerte e si trovò precisa la somma mancante, 1500 lire,
che si aiirettò a spedire con le altre a Don Albera. Da notare
che tutte erano in ringraziamento a Maria Ausiliatrice per gra-
zie ricevute.
Appena sollevato dall'angustia finanziaria, ecco un'altra tri-
bolazione: voci maligne misero in allarme tutta Marsiglia, denun-
ciando uno scoppio di vaiolo nell'Istituto S. Leone e molti col-
piti per le deplorevoli condizioni sanitarie. Tutto inventato. I1
Can. Guiol s'drettò a smentire le calunnie confermando invece,
grazie a Dio, l'ottimo stato di salute e l'accurata situazione igie-
Nco-sanitaria.
A consolazione di tutti apparve Don Bosco in persona a tra-
scorrere alcuni giorni a Marsiglia e nelle altre case francesi pri-
ma di proseguire per la Spagna, come narreremo.
Nel 1885 la Società Geografica di Roma, ricordando una

8.10 Page 80

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conferenza sulla Patagonia tenuta da Don Bosco nel 1883, aveva
deciso di conferirgli una medaglia di argento per le sue bene-
merenze nel campo della scienza geografica « quale la si intende
ai nosui giorni », cioè come contributo &o studio degli uo-
mini e delle cose nei paesi stranieri >>. Aveva fissato anche la data
solenne di conferimento il 19 dicembre 1885, nell'aula deli'uni-
versità, e aveva invitato il Santo a riceverla ufficialmente. Da
Torino venne mandato Don Barberis che accompagnò Don Al-
bera a far le parti di Don Bosco. La medaglia si conserva tut-
tora nel museo delle camerette di Don Bosco a Torino.
Don Bosco invece riprese il viaggio per Francia e Spagna il
12 marzo del 1886 col suo segretario Don Viglietti, Don Cer-
ruti e Don Sala, con soste a Sampierdarena e ad Aiassio. I1 20
era a Nizza Mare col segretario e Don Cerruti; quivi andò ad
incontrarlo Don Albera; ma il Santo non riuscì a giungere al-
l'oratorio S. Leone che d a &e di marzo, costretto a sostare a
Cannes e a Tolone presso insigni benefattori e la famiglia del
conte Colle. Quando finalmente fu in casa, fra un tripudio di
cuori, i giovani gli fecero una graziosa accademia e presentarono
un'offerta di mille fr. raccolti fra loro e i loro compagni di Pa-
rigi, Lilla e La Navarre per la chiesa del Sacro Cuore a Roma.
I1 Santo ricambiò poi il 13 maggio, ddla Spagna, con diecimila
a Don Albera per l'Ispettoria.
A Marsiglia Don Bosco attese Don Rua, che arrivò il 2 aprile
e fissò con lui il proseguimento per la Spagna al 7 seguente. Nel
frattempo Don Rua studiava spagnuolo e il Santo dava udienze.
Celebrò con la casa la festa di San Giuseppe ritardata anche
per avere il Vescovo della diocesi, e ricevette le Patronesse invi-
- tandole a Torino per la Messa d'Oro nel 1891: << Si prevedono
per quella festa - disse loro cose deli'altro mondo. Ci sa-
ranno duemila cantori, verrà Mons. Cagliero, primo vescovo sa-
lesiano, a capo di un coro di Patagoni ». Ma i verbali precisano
che Don Bosco lasciò capire che aveva forti dubbi di potersi no-
vare ancora quaggiù. Era infatti in uno stato da far pietà e quan-
do riprese il treno per Barcellona, Don Albera non poté tratte-
nere più la pena. Grosse lagrime gli scorrevano dagli occhi. L'ul-
tima parola che Don Bosco disse ai salesiani fu: «Rammenta-
tevi che siete fratelli ». E le disse in italiano. Tutd allora lo
intendevano. Don Bosco non ritornò più in Francia.
Ma la sua benedizione fu feconda e la cronaca registra I'inau-

9 Pages 81-90

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9.1 Page 81

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gurazione dei laboratori a Parigi (prima quelio dei falegnami,
poi quelli dei sarti e dei calzolai) e quella di nuovi ed&i a
L i a benedetti il 5 luglio dali'iircivescovo di Cambrai. I1 17 ago-
sto Don Albera invitava cooperatori, benefattori ed amici alla
premiazione degli alunni e i cari giovani artigiani offrivano una
esposizione dei loro lavori che dimostrava l'aggiornamento di
quei primi laboratori artigiani al progresso tecnico dei tempi.
Poi Don Albera si recava a Torino per gli esercizi spirituali
e la partecipazione al IV Capitolo Generale delia Congregazione,
l'ultimo presenziato da Don Bosco. Praticamente si svolse sotto
la presidenza di Don Rua, suo vicario generale. Don Bosco ne
ebbe grande consolazione, non solo per la pratica trattazione dei
temi proposti, ma per il commovente spettacolo di cordiale fra-
ternità offertogli dai giorni degli esercizi, quando tutti circon-
davano il buon Padre nei brevi momenti di ricreazione che po-
-teva passare con loro: « In questo vi riconosco tutti miei figli
esclamò un giorno -. Siate sempre serzza gare di preferenze.
Qui vedo direttori, predicatori degli esercizi, membri del Capi-
tolo: ma tutti riunzti come in una sola famiglia. Vorrei dirvi tante
cose, ma i miei polmoni non vogliono più soffiare. Le dirò a
Don Rua ed egli ve le ripeterà. Intanto pregate per Don Bosco...
Se mi volete parlare dell'anima, venite (a colloquio, oppure in
confessione) e troverete sempre Don Bosco pronto ad ascoltarvi.
Ho più poco fiato e lo adopero volentieri a benelizio dei miei
figli » (M. B. XVIII, 177). Fu il Capitolo più numeroso, vivente
il santo: tre ispettori, ventinove direttori, con egual numero di
soci eletti nelle singole case, più alcuni sacerdoti estranei al Ca-
pitolo Generale invitati per competenze specid. Predicarono Don
BerteUo che teneva meditazioni « veramente classiche » (Don Al-
hera ne conservò appunti) e Don Lasagna, il futuro vescovo mar-
tire, che teneva le istruzioni « con zelo missionario e spirito ve-
ramente salesiano ». M a scarna cronaca redatta nei verbali da
Don Marenco (il futuro arcivescovo) e da Don Lemoyne, sup-
plisce Don Albera con questo rilievo: Czascuno esponeva con
calma e delzcatezza zl proprio modo di vedere e, finita la discus-
sione, si aspeftava che Don Bosco sciogliesse le digcoltà, deci-
desse le qaestzoni e con sicurezza e pueczsione indicasse la via da
tenere. Quelle assemblee erano altrettante scuole, oue il vene-
rato Maestro, sentendo vicino il gzorno zn cui avrebbe dovuto
lasciare i suoi amati dzscepoli, pareva volesse condensare in po-

9.2 Page 82

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che parole i suoi insegnamenti e tutta la sua lunga esper~: enza...
Fin dall'inizio Don Bosco aveva raccomandato: «Non si cer-
chi di rendere troppo prolissi e specilfcati i nostri Regolamenti,
quand'anche sembrino un po' concisi. Ove non sia necessità di
regola, si proceda con bontà paterna e i sudditi aiutino il supe-
riore pel buon andamento della casa ». Aurea norma di vero spi-
rito salesiano, di famiglia, che sottrae a tante logorree di esi-
bizionisti.
Di ritorno da Torino, Don Albera si prendeva a cuore la vo-
cazione del giovane Lodovico Olive, assicurava la mamma sulla
discreta salute di Don Bosco e la incoraggiava a fare l'offerta
del figlio ai Signore:
«...la salute di Don BOSCOnon metterà alcm impedimento alla voca-
zione di Lodovico. So che forse questa parola vi darà assai pena, ma so pu-
re che la vostra virtù trionferà suli'atietto matemo. La mia salute, grazie
a Dio, è molto buona. V i h o al buon padre Don Bosco non vi è atfamo e
... ci si riposa: perab son tornato a Marsigiia con la salute migliore di quella
che avevo nel partire 9.
La buona signora aveva già dato il suo consenso rispon-
dendo ad una lettera di Don Bosco, e Don Albera stesso condusse
Lodovico a Torino, poi al noviziato di Foglizzo, scrivendo subito
al papà, il 24 ottobre da Torino:
«Ieri ho lasciato a San Benigno (la stazione da cui si procedeva a
piedi per Foglizzo, allora) e
ci siamo separati, ha pianto
sono tornato
un pom ma
a Torino. Hel
poi si è subito
mnaonmqeunitlokzinatom...i
Egli dovrà fare cenamente dei sacrifici assai gravi ma, con l'aiuto di Dio,
supererà ogni diiticolrà. Don Bosco, nostro venerato superiore, I'ha accolto
con gran gioia: ha racmmandato a tutto iI personale di aver g~mcura della
salute del caro novizio. Dio benedirà il sacrjfcio di Lodovico e farà sceude-
re ogni benedizione sui genitori tanto cristiani che han fatto così gene-
rosamente il sacri6cio di un sì caro figliuolo... a.
Purtroppo la povertà e i disagi che abbondavano in queila
casa incipiente (oggi inimmaginabui) influirono subito suila sua
delicata salute e Don Albera doveva accorrere già in dicembre ad
accertarsi della gravità e a prowedere. Lo fece traspoxtare a To-
rino perché fosse meglio curato, e Don Bosco tratteme lui fui-
ché potesse portare in Francia notkie più confortanti, dando con
varie lettere notizie d a famiglia, deciso a rimndurlo in Fran-
cia qualora si rendesse necessario. Ma neila notte dal 4 al 5 gen-
naio 1887 Don Bosco ebbe un sogno in cui gli parve di vedere

9.3 Page 83

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la SS. Vergine che gli disse in latino: « Io sono I'umile Anceiia,
mandata dal Signore a sanare ii tuo Lodovico infermo. Egli era
già chiamato a morue ed ora, perché si manifesti in lui la glo-
ria di Dio, continuerà ad aver cura dell'anima sua e di quelia dei
suoi. Io sono I'Ancella a cui fece cose grandi l'onnipotente di
cui santo è il nome... ». Al buon chierico poi, una notte in cui
stava malissimo, parve di vedere Don Bosco e di udire da lui:
«Non ti inquietare, ft'a dieci giorni verrd tu stesso a trovarmi
in camera. .. ». E fu così. Lodovico %uad bene, divenne sacer-
dote, partì missionario in .Cina con il futuro vescovo martire
Mons. Luigi Versiglia e visse fino a l 1919.
In febbraio Don Aibera, pur trovandosi in estreme strettezze
hnanziarie, accolse in casa un povero orfanello che correva peri-
colo di &re fra i protestanti; la Provvidenza lo premiò subito
offrendogli la possibilità dell'acquisto di un terreno su cui co-
struire e trasportarvi i laboratori dei falegnami e dei fabbri che
tiravano avanti in due baracche cadenti.
I n ottobre poi ebbe la grazia tanto desiderata di poter alle-
stire la tipografia. Nel frattempo era andato a Parigi ad assistere
d a benedizione e al collocamento di una statua di Maria Ausi-
liatrice sun'altare della cappella dell'Orfanotrofio: era stata bene-
detta da Don Bosco a Torino e compiva la funzione Mons. Gay,
vescovo di Anthédon (Boll. Sai. fr. nov. 1877).
Ma il precipitare della salute di Don Bosco lo fece accorrere
al suo capezzale subito dopo le feste natalizie. Credette di con-
fortare il Santo facendosi forte e ricordandogli: la terza volta
che lei giunge alle porte dell'eternità, e poi torna indietro per le
preghiere dei suoi figli. Sono certo che accadrà cosi anche questa
volta. I1 Santo scosse la testa: - Questa volta non ritorno più...
Infatti sull'imbrunire del 29 dicembre fece chiamare Don Rua
e Mons. Cagliero e disse loro: «Aggiustate tutti i vostri affari
Vogliatevi tutti bene come fratelli: amatevi, aiutatevi e soppor-
tatevi a vicenda come fratelli. L'aiuto di Dio e di Maria Ausilia-
trice non vi mancherà. Raccomandate a tutti la mia salvezza
etevna e purgate. Alter aiterius onera portate... Exemplum ho-
norum operum... Benedico le case di America, Don Costamagna,
Don Lasagna, Don Fagnano, Don Tomatis, Don Rabagliati, Mons.
Lacerda e Mons. Espinosa; Quito, Londra e Trento. Benedico
S. Nicolhs e tutti i nostri buoni Cooperatori italiani e le loro
famiglie; mi ricorderà sempve del bene che hanno fatto alle no-

9.4 Page 84

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stve Missioni... Promettetemi di amarvi come fratelli... Racco-
mandate la freqaente Comunione e la divozione a Maria SS. Au-
siliatrice S.
- Don Rua propose: - Questo potrebbe servire per strenna
del nuovo anno a tutte le case... Don Bosco conchiuse: Qae-
sto sza per tutta la vita...
Don Albera, tornato a Parigi ai letto del conte Colle per
I'aggravatsi della sua malattia, fu di nuovo a Torino il 12 gen-
naio 1888, e fu l'ultimo incontro col Santo. Ne lasciò egli stesso
relazione alcuni mesi dopo il transito del Padre, propriamente
il 1" maggio. Gli espose la trepidazione dei marsigliesi per la
sua salute, le preghiere che si facevano in casa e fuori dai con-
fratelli, dai giovani, dai cooperatori e daUe patronesse, in modo
speciale nelle famiglie più dezionate al Santo; ed egli, frenando
a stento la commozione, rispose: « L o so che a Marsiglia si
vuol tanto bene a Don Bosco e che si prega per me, e quanto
la famiglia Olive è buona verso di me; ma... ma... ».
Non si illudeva più sulla sua prossima fine. « Tu dirai d a
famiglia Olive che io vado al cielo per preparare un posto per
essi e per tutti i loro figli... ».
I1 giorno dopo, Don Albera gli presentò una preziosa col-
lana di perle che la signora Olive gli ofbiva per trarne aiuto
per le sue opere. Ma Don Bosco, che sapeva qual caro ricordo
essa fosse per tutta la famiglia Olive, dopo averla tenuta a lungo
in mano e fatta osservare ancbe a Don Viglietti, la restituì di-
cendo: <( Dirai d a signora Olive che Maria Ausiliatrice ha gra-
dito il sacrificio ch'ella ha fatto. Intanto la collana mi appartiene
ed io posso disporne come mi piace. Ne faccio quindi un regalo
alla signora Olive... ».
Preoccupazioni gravi I'assulavano per la sua ispettoria e Don
Albera non sapeva che cosa decidere, se tornare o rimanere. Don
Cermti l'incoraggiò a partire, assicurandolo che in caso di peg-
gioramento gli avrebbe telegrafato. Allora egli si risolse a salu-
tare il Santo, facendogli i migliori auguri. Don Bosco, pur sof-
frendone fino a versare lagrime, gli disse che avrebbe voluto dargli
un po' di denaro pel noviziato, ma che la Prowidenza non
- gliene aveva mandato.
«Però - soggiunse voglio almeno pagarti il viaggio:
eccoti cinquanta lire in oro, è tutto quello che ho... ». Poi, guar-
dandolo con tanto detto: Anche tu sei per partire! Mi abban-

9.5 Page 85

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... donano tutti. So che Don Bonetti partirà srassera. Don Rna se
ne andrà anche lui. Mi lasciano qui solo Don Bosco ha ancora
tante cose da dire ai suoi figli e non avrà più il tempo di dirle!... ».
Don Albera non poté trattenere le lagtime. Ed egli: «Non
ti faccio rimprovero: tu fai il tuo dovere partendo. Dio ti ac-
compagni! Pregherò per te. Ti benedico di rutto cuore... ».
Le cose purtroppo precipitarono quasi d'improwiso e quan-
do Don AIbera ricevette il telegramma di Don Cemiti, il Santo
era già spirato. Fece appena in tempo a vedere la salma e par-
tecipare ai funerali...
Dopo la morte di Don Bosco
I1 lutto dei Salesiani, delie Figlie di Maria Ausiliatrice, dei
Cooperatori e degli Exallievi, si sa, fu lutto in più parti del
mondo. La Francia lo manifestò con larga partecipazione, so-
lenni funzioni funebri, a cui per lo più Don Albera cercò di
partecipare, e vasta eco di stampa. I1 Bollettino Salesiano fran-
cese fece bene anche la sua parte. Mora lo si redigeva a Torino
e il redattore D. Roussin era tanto affezionato a Don Bosco.
L'assistenza del Santo dal cielo continuò con sensibili bene-
dizioni.
Don Albera cominciò a prendersi particolarmente a cuore gli
Emigranti italiani in Francia. Appena il parroco di uno dei più
popolosi sobborghi di Marsiglia, l'abate Meiidre, gliene fece in-
vito, non si Limitò ad incaricare uno dei sscerdoti italiani che
poteva abitualmente distogliere nei giorni festivi, ma accorreva
egli stesso malgrado la sua precaria salute, ogni volta che il so-
lito incaricato ne fosse impedito o non bastasse. Si addossò pure
la predicazione di missioni pasquali agli operai italiani di miniere
carbonifere nella zona di Valdonne. Vi si recava ogni sabato a sera
e confessava h o a tarda ora; la domenica mattina alle quattro
era già in piedi per confessare altri: aUe cinque, mentre qualche
pia persona guidava le preghiere, celebrava la S. Messa, tene-
va un hrevissimo fervorino di occasione e distribuiva la santa
Comunione, poi impartiva la benedizione col SS. Sacramento,
favorendo la loro retta pietà eucaristica. Incontrò, sulle prime,
qualche difiidenza - tanto si scristianizzava fin d'allora il mondo
operaio per influssi ideologici -; ma quando si sparse la voce
che quel sacerdote era italiano e salesiano di Don Bosco, gli

9.6 Page 86

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operai afnuivano numerosi con mogli e figliuoli. I1 giorno com-
memorativo della risurrezione del Signore accorrevano con vera
gioia pasquale nel cuore. E quanta contidenza con Don Albera
e quanta affettuosa riconoscenza, pur non conoscendo, come il
parroco, quanti incomodi di viaggio, di orari, di salute, gli co-
stasse quel servizio! Si prese inoltre a cuore tanti sacerdoti ita-
liani, specie deIi2Italia meridionale, che emigravano in Fran-
cia a cercarsi un pezzo di pane, prestando aiuto ai parroci pel
sacro ministero nelle parrocchie più scarse di clero. Don Albera
predicò loro più volte corsi di esercizi spirituali in italiano e fu
largo con loro di consigli, conforto ed aiuto anche materiale. La
fama della sua spiritualità si era poi già tanto diffusa che nnme-
rosi sacerdoti francesi, benefattori e cooperatori, se lo scelsero
come guida spirituale, affidando alla sua direzione le loro anime
desiderose di perfezione. Questo aggravi0 di ministero non ral-
lentò i suoi impegni di ispettore. Nonostante la decisione del
Capitolo Superiore di limitare le autorizzazioni a nuove fonda-
zioni per un periodo di rassodamento, ottenne da Don Rua la
facoltà di aprire in febbraio del 1889 un ospizio (lo chiamavano
Oratorio) agricolo per orfani a Gevigney e, senza lasciarsi ab-
battere da un violento incendio che distrusse pochi giorni dopo
i laboratori della casa di L i a , continuava le pratiche a Torino
per una scuola agraria a Rossignol che, fui dal primo anno, diede
cinque ottime vocazioni.
Era ripassato anche in quell'anno da Marsiglia Mons. Ca-
gliero in visita alle case di Francia ed egli stesso l'aveva accom-
pagnato a La Navarre, a Marsiglia e a Santa Margherita, entu-
siasmando sempre più i Cooperatori con varie conferenze inte-
ressantissime. Don Rua aveva frattanto ricevuto la signora Olive
di passaggio a Torino per Roma e in aprile aveva chiamato a sé
Don Albera per trattare contidenzialmente problemi di cui non
è traccia nelle cronache.
A Marsiglia si temette addirittura che Don Albera fosse chia-
mato a Torino per ricevere altri incarichi ma il nuovo direttore
Don Giovanni Battista Grosso seppe dissipare i timori delle pa-
tronesse e degli amici. Difatti il 31 maggio poté presiedere egli
stesso l'adunanza del Comitato il quale volle si mettesse a ver-
bale che: « La presenza e l'esperienza di Don Albera sono indi-
spensabili in mezzo alle dii%coltà sempre nuove nel momento
presente. Mandato da Don Bosco egli continua e rappresenta al-

9.7 Page 87

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l'oratorio S. Leone la paterna sollecitudine di lui e sembra me-
glio di ogni altro attirare la sua speciale protezione >>.
Si sapeva infatti che, perfino la notte della festa di S. Fran-
cesco di Sales, Don Bosco aveva ancora lanciato un grido: « Pao-
lino, Paolino, dove sei? Perché non vieni? ».E tutti avevano
pensato che Don Bosco chiamasse Don Albera. Tanto gli voleva
bene! D'altra parte era già passato anche a Marsiglia Don Rua
che, tra febbraio e maggio 1889, accompagnato da Don Albera,
aveva visitato come Rettor Maggiore le case di Francia e aveva
potuto constatare che l'Oratorio S. Leone non riusciva ad acco-
gliere che minima parte delle domande per l'accettazione di gio-
vani orfani, poveri e bisognosi. I1 noviziato, diretto egregiamente
da Don Francesco BineUi, contava 26 novizi, e sul tavolo del-
l'ispettore premevano varie domande e proposte d'apertura di
altre case. Fu a Marsiglia che l'entusiasmo per Don Rua raggiunse
lo zenit fino a proclamarlo « un altro Don Bosco ».Al che il san-
t'uomo protestò: « Mais de Don Bosco il n'y en a qu'un ».
La benedizione di Don Rua incoraggiò Don Albera a rinno-
vare i laboratori di Marsiglia, mentre infervorava i salesiani aila
pratica del Regolamento delle case aggiornato nel V Capitolo
Generale tenuto a Valsalice nel mese di settembre. Relatore per
le case di noviziato, meditò a suo agio il trasferimento di quella
di Santa Margherita in sede più adatta per offrire la vilia Pa-
stré alle Figlie di Maria Ausiliatrice; aperse un altro Oratorio
festivo in città e promosse l'opera dei Figli di Maria per le
vocazioni degli adulti. La tipografia di L i a frattanto veniva im-
pegnata in importanti pubblicazioni e i laboratori di Parigi con-
seguivano distinti premi all'Esposizione. L'Arcivescovo di Parigi,
Richard ormai cardinale, era entusiasta del Patronato di S. Pie-
tro e Paolo, e la buona fama delle case salesiane s'andava diffon-
dendo in tutta la nazione, nonostante che un altro iilibustiere
in sottana passasse di città in città a scroccare offerte frodan-
done i salesiani. Anche questo falso missionario fu scoperto e
messo al s:'curo.
Quando Don Rua ripassò da Nizza Mare nel 1891, Don Al-
bera ottenne il permesso di trasfcire i novizi salesiani da San-
ta Margherita in un vecchio convento (lasciato dai benedettini
alla diocesi nel 1887) a St. Pierre de Canon. Zelanti Coopera-
tori di Aix l'avevano ottenuto dal vescovo diocesano.

9.8 Page 88

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I1 13 aprile 1891 Don Albera piangeva la morte del grande
amico dott. D'Espiney che aveva scritto la prima biogrda di
Don Bosco in francese tanto bene da attirare numerosi e qua-
lificati amici D o p e r a salesiana; ma in maggio veniva confor-
tato da un intervento prodigioso della Madonna nel cedimento
di un'impalcatura carica di tavole mentre il capo del laboratorio
passava sotto: ce n'era da schiacciarlo, invece ne uscì illeso e corse
in chiesa a rendere grazie.
Altro dolore assai sentito da Don Albera, la morte di Don
Giovanni Bonetti, direttore spirituale deila Società Salesiana, av-
venuta a Torino il 5 giugno 1891.
La Prowidenza lo consolava con la posa della prima pietra
dei nuovi edifizi ali'oratorio di Ménilmontant, cui assistette il
15 agosto. Ma ritornava sollecitamente a Marsiglia per dare so-
lennemente l'addio ai primi salesiani destinati alla fondazione
dell'opera di Don Bosco in Algeria, nel continente africano e pre-
cisamente a Orano: erano appena tre, ma tutti cresciuti e for-
mati ali'oratorio S. Leone, fra le sue cure spirituali.
Nel 1892 ebbe ancora la gioia di accogliere Don Rua, il quale
il 6 aprile inaugurava a Nizza Mare la prima Esposizione Profes-
sio~aledelle scuole salesiane che ebbe eco internazionale, e un
nuovo Oratorio festivo.
Egli poi diede personalmente il velo alle prime tre postu-
lanti Figlie di Maria Ausiliatrice entrate al noviziato di villa
Pastté proprio il 24 maggio. Una delle tre era Clara Olive, so-
rella di Lodovico.
Grande partecipazione di cooperatori, benefattori ed amici
alla sua festa oùomastica e commoventi testimonianze di stima
e di detto. Sembrava presentissero inconsciamente la prossima
sua chiamata a Torino.
In realtà egli parti in agosto per gli esercizi spirituali e la
partecipazione al VI Capitolo Generale, con la serenità di chi
risponde a un dovere di ufficio. Ma la sera del 29 agosto,
veniva eletto a succedere a Don Bonetti come Catechista gene-
rale, cioè Dtiettore spirztuale dell'zntera Società Saleszana. Non
descriviamo la sua sorpresa, né quella dei Marsigliesi, che si
espressero senza eufemismi negli addio. Adeguata valutazione del-
la fiducia di tutta la Congregazione, ma quanto rimpianto! Quan-
to sincero e quanto affettuoso!...

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Parte 11
DIRETTORE SPIRITUALE GENERALE
DELLA SOCIETA SALESIANA

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Obbedienza
Quanto a sé, egli era spiritualmente troppo autodisciplinato
da sollevare la minima opposizione. Ma, se dicessimo che non
ne abbia umanamente sofTerto, mentiremmo. Ne abbiamo docu-
mento in una lettera del 10 settembre alla signora Olive, ripor-
tata anche da D o n Gameri a pag. 124-25, e in altre successive.
... «So che siete molto a t t a a causa della mia nomina Le parole di
consolazione non hanno certamente presa in questa circostanza.... Mi limi-
to solamente a dimi, signora, che 3 buon Dio non sarà molto soddisfatto se
voi agite in questa circostanza come una giovane che non ha una pietà ben
formata e una virtù ben solida. Voi siete giunta a una certa età, siete ma-
dre di
e nella
numerosa famigiia
virtù. siete sposa
che w
di un
ngralandgerazciraisrdiai nDo.i.o.
avete allevata n d a pietà
Voi dovete dimostrare a
tutti tale vutù, sottomettendovi coragpjownate alla volontà di Dio. Bi-
sogna che il vostro spirito la vinca sul more... Del resto soffro anch'io a
dover presto o tardi separami da tante persone che la Divina Prowidenza
ha messo sdia mia strada per aiutarmi a fare un po' di bene. I1 saaificio
è dunque reciproco e bisogna che noi lo compiamo in maniera cristiana e
meritoria. Per la direzione dd'anima vostra Dio non vi lascerà neii'imha-
.. razzo. Ogni buon prete vi può dirigere tanto bene quanto 3 povero Don
Albera Vi occorre una pietà caima e fiduciosa: m abbandono totale alla
volontà del confessore che vi dirige in nome di Dio. Io verrò ben presto (a
... farvi visita) e discorreremo con agio: ma desidero trovarvi calma e tasse-
... gnata. Pregate n.
Quando qualcuno vorrà studiare la spiritualità di Don Albera e
ii suo tatto nella saggia direzione delle anime, retta, discreta, soave
e ferma nello stesso tempo, darà ragione a Don Bosco che, pro-
prio quando sugseri alla signora Olive di &dare i'anima sua
a Don Albera, disse che in questo egli faceva <{ miracoli ». Se poi
troverà molte testimonianze di anime elette, soprattutto del mon-
do francese, tanto più esigente di fronte a direttore italiano, non
stenterà a consentire in quelio che noi riteniamo: che la Società
Salesiana ebbe in lui uno dei suoi migliori direttori spirituali...
Sistemate le cose sue e fatte le consegne al nuovo Ispettore

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della Francia sud (la Francia nord aveva già come primo ispet-
tore di fatto Don Bologna), per la novena di Natale del 1892
Don Albera era a Torino a capo del suo nuovo ufficio.
Da Torino scriveva ancora alla stessa signora:
a Capisco che voi siate in pena per aver dovuto cambiare direttore;
... ma non so perche vi abbandoniate a tanti lamenti per non aver approfittato
dei consigli del direttore antico Voi siete ancora in tempo per mettere in
pratica parecchi di quei consigli che vi ho dato. Vi raccomando di soppor-
tan la separazione ben dolorosa &e Dio ci ha imposta, in maniera merito-
ria. Siate rassegnata e calma, specialmente in seno alla vostra famiglia...
Sono arrivato a Torino durante le heiie feste 'nat&ie). Questo non po-
trà cmamente farmi dhenticare Marsiglia; mi sembra anzi che, come al-
tre volte, io non mi rrovi qui che di passaggio e che debba ripartire da un
momento all'aluo per Marsiglia. Illusione dolce, ma la disillusione che se-
gue è, alle volte, crudele. Qui per altro vivo dei ricordi di Marsiglia... Mi
rallegro per le notizie dei voski esercizi di pietà: continuateli con molta
esattezza e raccogiimento. Se %avoska haginazione se ne va sovente, fate
la meditazione su m libro: è il metodo degli imperfetti, ma è il più utile
e ancb'io la faccio come quelli. Per la comunione vi occorre molta libertà
... di spirito: andando alla Messa, comunicatevi; e se non vi potete andare, spe-
cialmente per la salute, non inquietatevi, obbedite senza agitazione Be-
nedico il Signore per aver disposto che possiate andare spesso a Santa M a -
gherita; ma siate capace di privami di questa consolazione se vostro ma-
rito ne avesse anche la minima pena. Voi farete piacere &e Suore, voi con-
solerete suor &a (la figiia, n e a ) e incoraggemte un po' la signorha
Giulia (altra figlia, ammalata). A .proposito di quest'ultima attendiamo una
risposta... Vi è molto a sperare che tutto sarà regolato. Intanto è bene che
Giulia non si lasci troppo abbattere e che profitti di questa prova per con-
seguire molti meriti per avanzare nella virtù e nella scienza, e per curare
... la sua salute. La prova non riguarda solo vostra figlia, ma turta la vostra
famiglia ».
Ci si consenta ancora di spigolare altri particolari dall'ultimo
capitolo di Don Garneri su Don Albera in Francia, perché sono
documenti preziosi dell'equiiibrio della direzione spirituale che
egli dava &e anime e delle care impressioni che lasciò in quel
periodo nel suo servizio di ispettore.
- « Quando partì per Torino scrisse Don G. B. Grosso di-
rettore della casa d i Marsiglia - chi l'accompagnò alla stazione
fu testimonio dello schianto che ne provò il suo cuore e delle
lagrime che egli non poté trattenere varcando la soglia deli'ora-
torio S. Leone, dove da tanti anni era da tutti venerato e tene-
ramente amato ».
I1 Bollettino Salesiano francese (aprile 1891) metteva in evi-

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denza la doppia sua caratteristica notata dai giornali: uno zelo
infaticabile e una calma inalterabile, a imitazione di Don Bosco.
Parve a tutti che l'Oratorio S. Leone avesse il suo Don Bosco.
Questo spiegava i mirabili progressi di cui erano fortunati testi-
moni.
« Amato dai nostri giovani allievi, venerato dai nostri cari
Cooperatori, illuminato consigliere di tutti i nostri Confratelli di
Francia, questo figlio di Don Bosco è l'anima di tutto: grazie
a lui tutto procede pianamente senza incertezze (pur essendo
tanto grandi gli ostacoli e & diffcoltà che si rinnovano continua-
mene) ma sicuramente o, per dirla con parole dello Spirito Santo,
soavemente e fortemente... P.
Uno dei più benemeriti salesiani di Francia, Don Cartier,
stagliò molto bene Don Aibera nel numero di dicembre 1921,
dopo la morte, nel periodico Adoption. «Don Albera fu un
uomo di azione, soprattutto di azione interiore. La formazione
spirituale e soprannaturale dei suoi confratelli e deila gioventù
fu indubbiamente la sua più forte preoccupazione. Di buou'ora
egli si diede allo studio degli autori ascetici e si formò sui mi-
gliori di essi. Era avido di conoscere tutte le opere ascetiche
pubblicate dai migliori ingegni e non solo leggeva ma annotava,
stralciava appunti che gli servivano utilmente per le conferenze
mensili ai confratelli e alle varie compagnie religiose. Nelle sue
conferenze sode e frequenti, egli esponeva ai confratelli la bel-
lezza, la grandaza e la dignità della loro vocazione e confortava
la sua parola con l'esempio personale, trovando tempo, in mezzo
aile molteplici occupazioni, per attendere scrupolosamente ai
doveri della vita religiosa. Custode vigilante della disciplina reli-
giosa, visitava frequentemente le varie case e vi faceva regnare lo
spirito di pietà, di carità e di sacrificio del Fondatore: la Regola e
il regolamento erano per lui qualcosa di sacro. Ci teneva che fos-
sero osservati con amore e con gioia. Sapeva all'occorrenza com-
patire l'umana debolezza e scusare tante piccole cose inevitabili D.
Sul metodo di predicazione ai giovani e al popolo abbiamo una
testimonianza di Don Giulio Barberis, per tanti anni maestro
dei novizi e poi successore di Don Aibera come Direttore spiti-
tuale di tutta la Congregazione: «Udii a Marsiglia più volte la
predicazione di Don Albera e fui edificato ed ammirato per la
praticità delle cose che diceva, per lo zelo che dimostrava neilo
spronare i giovani alla virtù. I1 gran punto su cui tornava sovente

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nelle prediche e nei sermoncini della sera era la fuga del pec-
cato: ne parlava con energia, dando rilievo al contrasto che vi è
tra il peccato e l'uitinita bontà di Dio, alla mosuuosa ingratitu-
dine... servivasi anche del pensiero della morte che presentava
come un grande preservativo... P>.
«Aveva un ascendente grandissimo sui giovani - continua
Don Grosso - frutto non solo della sua virtù, ma anche della
forza persuasiva e delia nobiltà della sua parola, che rispec-
chiava molto bene il suo carattere di calma e di fortezza a un
tempo ».
Le vocazioni, notavano i salesiani, le coltivava « scegliendo i
migliori tra gli studenti delie classi superiori che davano &da-
mento di buona riuscita: assegnava loro un dormitorio speciale,
li riuniva spesso in conferenza, li ammetteva agli esercizi spirituali
coi confratelli, li aiutava e consigliava paternamente come soleva
fare Don Bosco all'oratorio di Torino.
Favorì anche le vocazioni per le Figlie di Maria Ausiliatrice.
Le suore andate a Marsiglia nel 1881 non avevano avuto per
qualche anno la comodità di aprire nella loro residenza prowi-
soria l'oratorio festivo, Don Albera provvide anche a quest'opera.
Coadiuvato da Don Angelo Savio, economo generale della Con-
gregazione, mise mano a fabbricare alla destra della casa: fece sca-
vare nella viva roccia la cucina e vi allestì una casa sficiente-
mente spaziosa perché le suore potessero aprire l'Oratorio fe-
stivo che, divenuto assai fiorente, fu un vivaio di eccellenti voca-
zioni religiose ».
I Cooperatori gli volevano un gran bene, come a Sampierda-
Iena così a Marsiglia: erano come dascinati dalle doti di cui era
egregiamente fornito, soprattutto daila sua squisita affabilità sem-
pre sorridente; desideravano le sue visite e gradivano tanto la
sua amabile conversazione che, pur svolgendosi nel suo naturale
riserbo, « non mancava di rilievo né di buon umore all'occasione:
sempre edificante perché aveva il segreto di elevare i cuori a Dio >>
(Adoption, dicembre 1921).
Vedendolo poi cosl caro a Don Bosco quando accompagnava
il buon padre fra loro, condividevano per lui la venerazione che
li rapiva pel Santo.
Chi l'accompagnava ammirava il brio e la delicatezza con cui
sosteneva la conversazione sollevandone abilmente Don Bosco,
mentre i suoi occhi, apparentemente semiaperti, scrutavano l'animo

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degli interlocutori e scoprivano anche intenzioni meno rette o
addirittura di speculazione in qualche offerente che tentava otte-
nere fondazioni dove poteva trarre vantaggio pei suoi terreni circo-
stanti. Una volta salvò Don Bosco anche da un abiie tranello di
questo genere. Abitualmente riflessivo, Don Albera era anche
molto accorto.
Quanti dei salesiani che si &darono alla sua guida spirituale
possono sottoscrivere di aver fatto l'esperienza deli'accortezza e
dello zelo di Don Albera, come ne attesta il Servo di Dio Don
Filippo Rinaldi che ne godette a Sampierdarena, prima di stare
al suo fianco come Prefetto Generale di Don Rua, durante il
SUO rettorato.
Don Rinaldi - come coddò più tardi ai salesiani e lo puh-
hlicò anche Don Franco - lasciò scritto: «Una delle grazie più
segnalate della mia vita fu l'aver avuto Don Albera come prima
guida deil'anima mia. Passai giorni di grandi ansie quando entrai
nella casa di Sampierdarena a continuare i miei studi come Fi-
glio di Maria: dubbi e ditiicoltà sulla mia vocazione mi tortu-
ravano senza lasciarmi pace. Ma una sua parola, un solo sguardo
di Don AIbera talvolta bastavano a ridonarmi calma, confidenza,
fiducia. Ricordo che in una particolare occasione gli dissi can-
- didamente quanto io temessi, presto o tardi, di scappar via:
"Filippo egli mi rispose - puoi fare a meno di allarmarti
riguardo a questo, prcbé io ti rincorrerei e ti riporterei in casan.
Me lo disse con tanta serenità e con tanta calma che io non
perdetti più ia mia fiducia per l'awenire... D.
... E fu salesiano fino al governo della Congregazione ed alla
santità
A Torino
A Torino, come direttore spirituale della Società Sdesiana,
la vita di Don Albera veniva sacrificata ai servizi del nuovo u5-
uo. Condivideva con Don Rua e gli altri superiori maggiori le
preoccupazioni, le sollecitudini e le responsabilità della diaione
generale, soprattutto nelle cure della formazione religiosa e della
vita spirituale dei salesiani, e deil'educazione cristiana dei giovani;
ma per questo le sue giornate passavano in casa fra la parteu-
pazione alle sedute di Capitolo (del Consiglio Superiore), la cor-
rispondenza e le udienze, conferenze e sacro ministero.

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Questo gli consigliava un metodico autocontrollo della sua
spiritualità personale.
Sempre in occasione di parlare alle anime, di dirigerne tante
consacrate con impegni di regola religiosa, tra salesiani, Figlie di
Maria Ausiliatrice ed altre comunità, sentiva il bisogno di es-
sere egli per primo coerente a se stesso e di esigere da sé anche
più di quello che chiedeva alle altre anime. B così che, primo
fra i superiori antichi, curava un diario spirituale dal quale ri-
sulta che non era mai soddisfatto deila sua vita intima. E questo
gli cagionava danni ed angustie che agli altri sfuggivano, ma
che furono un vero abituale tormento per lui negli anni trascorsi
a Torino.
Don Rua lo distraeva spesso con incarichi di predicazione,
specialmente per esercizi spirituali, giornate di ritiro nelle case
di formazione, o chiedendogli la preparazione di lettere circolari
o di studio di problemi di direzione spirituale. Quasi ogni anno
lo mandò con questi incarichi in Francia o in Belgio. Quando si
accorgeva che la salute era un po' scossa, lo mandava, anche per
rimettersi, fra le cure deile Figlie di Maria Ausiliatrice di Santa
Margherita donde aveva il conforto di rivedere la cara casa di
Marsiglia, cooperatori, benefattori ed amici. Conforti umani che
potevano giovare pel sollievo fisico e che i superiori fin d'al-
lora intuivano e prodigavano con delicatezze familiari.
Emergono nella monotonia della vita ordinaria di ufficio, in-
carichi eccezionali straordinari come quello di accompagnare Don
Rua in visite fuori d'Italia, pertino in Terrasanta, e la visita alle
Missioni Salesiane del Sud America. Ne parleremo a suo tempo.
Intanto sostiamo qualche poco sull'anima di Don Albera che
si analizza così severamente quasi giorno per giorno e ci lascia
traccia in copiose pagine di diario. Don Garneri che le ha pas-
sate zccurztamente con le confidenze di Don Abbondio Anzini
(precedentemente incaricato deila biografia che poi rimise al con-
fratello quando l'età e gli acciacchi gli impedirono di prosegui-
re), nota subito che « in quelle pagine... è tracciata la sua
vita spirituale con le sue insAcienze e coi suoi slanci, coi suoi
propositi e con le sue infedeltà, con le pratiche e le osservanze
relative. La pietà, l'umiltà, lo sforzo sincero per una più alta per-
fezione, l'affetto pei suoi confratelli, il rispetto pei superiori, lo
spirito di mortificazione balzano fuori in una luce che irradia in-

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torno a Don Albera un fulgore spirituale da molti ignorato ».
Spigolando, cogliamo il proposito pel mese di S. Giuseppe:
«Mi propongo di imitare questo gran Santo neil'unione con
Dio... Lettura spirituale sull'unione con Gesù Cristo del P. Oli-
vaint: ciò che mi ha più colpito fu la paura che egli aveva di
non essere un vero Gesuita... S.
Gli pareva di essere facile d a dissipazione e di non applicarsi
abbastanza d a ritlessione. I1 23 febbraio 1893: « H o promesso
di fare solamente la volontà di Dio per mezzo dei miei superiori.
Gli altri nel loro cammino non incontrano soltanto rose... la
virtù e la pazienza degli altri mi devono servire di incoraggia-
mento... ».
I1 9 mano scrivendo alla signora Olive, che lo pregava del
suo parere riguardo ai matrimonio della figlia Eugenia, rispon-
... deva: «Voi siete in errore se credete che io possa esservi utile
nel grave aifare del matrimonio io non me ne intendo... Abbiate
fiducia in Maria Ausiliatrice e nel nostro buon Padre (Don Bo-
sco): essi non permetteranno &e una delle signorine Olive non
sia felice quanto può esserlo nel matrimonio ». Eppure era sta-
to il suo direttore spirituale e conosceva bene tutta la famiglia.
Prudenza dei sacerdoti santi che si fidano molto di più dell'aiuto
delia Vergine e dei Santi ed ottengono con la preghiera quello
che non saprebbero prestare essi stessi in casi delicati.
Gran gioia per lui la consacrazione episcopale di Mons. Luigi
Lasagna, awenuta il 12 marzo nella Basiiica del Sacro Cuore
in Roma. Festeggiato al ritorno ancbe nel Collegio di Borgo S.
Mastino (dove aveva avuto professore Don Albera), il Vescovo
gli scriveva che l'omaggio più gradito era stato la presentazione
delia pagina del registro scolastico che riportava i1 successo della
sua licenza ginnasiale col nome del professore e dei condiscepoli.
All'Oratorio di Torino si fece anche un'accademia a Mons.
Lasagna, e Don Albera scrisse commosso: «Monsignore ha ri-
sposto ai complimenti con un bel discorso e con umiltà: ne sono
stato edificato... ». Soggiungeva: « Mi sono sentito commosso nel
dargli l'addio: egli fa un gran sacrificio neil'andare in America
come vescovo, ed io sono incapace di sacrificarmi... ».
Incominub la predicazione degli esercizi spirituali nelle case
di formazione a Foglizzo, Ivrea, Valsalice e San Benigno Cana-
vese proprio nel 1893: deplorava poca attitudine prima, e qual-

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che soddisfazione poi, per la buona riuscita. Ma questa fu tale
negli altri, che quasi tutti gli anni seguenti, tolti quelli di visita
alle Missioni, venne abitualmente incaricato soprattutto dei corsi
per candidati agli Ordini sacri. E con qual frutto!...
Egli era piuttosto rigoroso nell'ammettere agli Ordini sacri.
Gliene pervennero anche rimostranze. Ma in coscienza non si
senti mai di attenuare le esigenze per assicurare alla Congrega-
zione sacerdoti decisi e ben preparati. Qualche sorpresa fin dai
primi corsi lo indusse a perseverare in questo suo rigore. Tor-
nando nel 1894 da predicazioni in Francia, in Algeria e in Si-
d a , dopo le ordinazioni del 22 giugno scrisse: « Saranno la con-
solazione della Pia Società? Ho lavorato per prepararli... Qual-
cuno, appena ordinato, m i ha domandato di essere dispensato
... dalla recita del Breviario... Mi sono sentito cascare le braccia ».
Aweniva qualche volta in passato che lo si faceva per appli-
carsi più intensamente allo studio, alla scuola o ad esami per
conseguimento di titoli d'insegnamento; mai per leggerezza o
per scarso apprezzamento o per libera interpretazione dell'onere
liturgico canonico.
E il pensiero corre a tempi ancora anteriori, quando un giorno
Don Barberis pregò Don Bosco a ritardare l'or nazione ad alcuni
suddiaconi perché non avessero a perder tempo nella recita del
Breviario. Don Bosco: « Che dici mai - esclamò - Fa per-
der tempo la recita del Breviario?... Anzi ne fa gziadaxnare. I
chierici, recitandolo, compiono l'uficio divino di pregare con tutta
la Chiesa; vi si istruiscono con la parola ispirata alla Sacra Scrit-
tura, con le lezioni dei Santi Padri, con le vite e gli esempi dei
Santi (allora); pregano con i salmi e i cantici del popolo di Dio
e con gli inni liturgici. Il Breviario procurerà a questi chierici
più cognizioni che non tanti libri e maestri e li ispirerà nell'in-
segnare ai loro allievi la scienza di Dio e dell'anima. Dunque
facciamo
dine del
capir bene ai nostri chierici
Suddiaconato (ora soppresso)
equilangrtoandsimiaeizmzopocrhteanatveraln'onro-
nel Bveviario per la loro istruzione religiosa e per la loro san-
tificatione.Vedrai che ne ricaveranno profitto sotto ogni aspetto!...
Non P vero - soggiunse poi, rivolgendosi a Don Vespignani
- che assisteva alla conversazione non è vero che questo è il
più bel tesoro del chierico in sacrir? » (M. B. XI, 293).
Delle sue cautele, che talvolta parvero eccessive, qualcuno sof-
ferse pel prolungamento dell'attesa, ma in generale il tempo gli

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diede ragione. D'altra parte valeva allora come oggi la grande
raccomandazione ai Vescovi: «Vai lento ad imporre le mani,
non aver fretta », che già faceva S. Paolo a Timoteo (1 lett.
V, 22). Per parte sua, Don Albera coglieva ogni occasione di
riflessione per tener all'erta la sua coscienza.
M a morte del principe Don Augusto Czartoryski, egli pre-
siedette i'&cio, cantò la Messa funebre; poi annotò nel suo dia-
rio: « H o meditato un poco sul grande sacrificio che egli ha fatto
per essere salesiano: e tu? Quali sono i tuoi sacrifici per Dio e
per la salute delle anime? Pensa sovente alla morte. I1 Principe
mi ha edificato molto per la sua semplicità: come faceva poco
caso del suo rango, della sua nobiltà (era erede del trono di Po-
lonia, esiliato). Quale lezione al tuo orgoglio! D.
Alla morte di Don Angelo Savio, il primo Economo deila
Congregazione: « Un'altra occasione per riflettere su me stesso.
Mio Dio! La morte si appressa anche per me. Avrò fatto un po'
di bene? Sarò tranquillo in quel momento? ».
Qualche giorno dopo presenziò alla benedizione del sepol-
creto per i Salesiani nel cimitero principale di Torino e al tra-
sferimento deila salma di Don Bonetti suo predecessore; ed egli
annotava: Là vi è un loculo per me ».
Le scosse alia salute di cui in quel periodo soffriva gli davano
motivo a queste gravi riflessioni. AlYinizio del 1894 fu colto
dall'influenza, sentì insorgere altri disturbi per N dovette, anni
appresso, sottoporsi ad intervento chirurgico e non ne fu mai
completamente liberato; quindi si sentiva richiamare facilmente
il pensiero deila fugacità deila vita. Ma non per questo si dispen-
sava dagli impegni deila vita comune e tanto meno dai doveri
di ufficio.
Che sentisse poi intimamente il distacco da Marsiglia, ne
abbiamo prova in una certa malinconia che sovente gli si no-
tava sul volto e negli appunti del diario: « Oggi ho meditato
sulla morte del cattivo prete: ne ho provato spavento. Mio Dio,
avrò io la disgrazia di trovarmi così male in quel terribile mo-
- mento? Pregherò molto il buon Dio di preservarmene. Oggi
sento molta malinconia - siamo ancora al 6 maggio 1893
non ho respinto qualche pensiero di orgoglio che ne è stato la
causa. Ho pensato troppo a Marsiglia ».
Ci doveva andare sulla fin del mese; ma prima si recò a Val-
salice ad invocare l'aiuto di Don Bosco per poter fare un po' di

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bene. Per mortificarsi, arrivato a Marsiglia, non passò subito al-
l'oratorio S. Leone, ma si diresse dove doveva, a Santa M a -
gherita. Eppure scrisse: « R o contentato un po' iroppo il mio
cuore, ho sentito un po' troppo di gioia: I'atfetto a questa casa
deve diventare più puro ». Rivide con piacere il Vescovo cbe
presiedette la funzione per la benedizione del velo ad un'altra
figlia di casa Olive, presenti tutti i familiari. Alle suore fece
molta impressione una sua meditazione i11 cui non esitò ad affer-
mare che è più giovevole all'anima la meditazione che la stessa
Comunione, perché vi sono anime che fanno la Comunione e
possono trovarsi in stato di peccato, mentre non si trova una
anima che faccia bene la sua meditazione e possa vivere in stato
di peccato mortale ».
Tra un corso e l'altro di esercizi alle suore fece una capa-
tina al San Leone e poi visitò le v,&e case di Francia.
Passò una settimana delle vacanze estive a Rivalta Torinese
a mettere in bella copia le deliberazioni del Capitolo precedente;
poi a Torino stese una circolare ai salesiani per promuovere il
maggior frutto degli esercizi spirituali e cominciò a leggere le
conferenze del Cafasso, Gnché prese a predicare la prima muta
di esercizi per soli sacerdoti che fu di soddisfazione a tutti, e ne
fece desiderare altre per gli anni seguenti. Predicò pure agli or-
dinandi e ripartì per la Francia.
I1 12 ottobre con Mons. Cagliero, Don Rua e Don Bar-
beris raggiungeva Londra per la consacrazione della chiesa del Sa-
cro Cuore. Sentì il bisogno di studiar meglio l'inglese; perciò
chiese a Don Federico Barni un catechismo in inglese, facendosi
aiutare a pronunciarlo correttamente. Nel ritorno sostò in Belgio
e poi a Lilla a predicare gli esercizi ai confratelli. Rientrato in
Italia con la pena della morte deli'ahate Guiol, parroca e pri-
mo benefattore della casa di Marsiglia, ecco10 di nuovo in viag-
gio per accompagnare Mons. Cagliero a Foglizzo, San Benigno,
Ivrea ove si trattennero col vescovo Mons. Richelmy. Don Al-
bera lo ricordava così: « Che belianima! Quale edificazione ve-
derlo cos! umile, così pio e nel tempo stesso così &ionato a
noil ». Aveva offerto ai Salesiani gli ampi locali del santuario di
Piova per le vacanze dei chierici di Valsalice, mentre la m a -
ma donava tutta la sua tenuta aLla periferia della città, che di-
venne nel 1922 1'Istttzito Missionavio Cavd. Cagliero.

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Quasi tanto lavoro di ufficio e di ministero non fosse nulla,
nelle sue condizioni di salute, al termine dell'anno si giudicava
severamente: « Sono stato poco fedele aiia mia vocazione. Ecco un
anno che avrei dovuto occnpare meglio. Tutte le mie occupazioni
dovevano portarmi aiia pietà, all'unione con Gesù Cristo. Tutto
quello &e ho visto in quest'anno, soprattutto in Don Rua, era
fatto per edificarmi e incoraggiarmi... Qui, meno preoccupazioni
del materiale che assorbiva tutta l'energia del mio spinto: dun-
que avrei dovuto fare molto più progresso spirituale. Perché mai
non l'ho fatto?... Anche per la mia carica non son contento:
pavento troppo la sofferenza, non ho ancora interamente vinta
la mia timidità. Quanta tendenza a scoraggiarmi, a veder tutto
male ciò che faccio e (cosa inaudita) con tanto d'orgoglio! Qual
mistero è il mio povero cuore!... non è ancora veramente libero,
non uguale nelle sue affezioni: ha ancora troppe simpatie ed
antipatie... Misevere mei Deus!... Non con contento di me stesso ».
Provvidenziali distrazioni a codeste analisi impietose di sé
stesso furono gli incarichi che Don Rua gli &dò negli anni
seguenti.
Appena convalescente dall'in9uenza del 1894, la visita alle
case di Francia e di Algeria predicando corsi di esercizi a sale-
siani e suore (qualcuno anche ai giovani) e, nel ritorno, &e
case di Sicilia.
La salute non ne beneficò e dovette poi sottoporsi a diverse
cure; ma nel settembre riprendeva già gli esercizi agli Ordi-
nandi. Ci metteva l'anima in queste predicazioni, consuo deiia
responsabilità di formare buoni sacerdoti.
I1 16 febbraio del 1895 partì con Don Rua e il marchese
di Vieneuve dal porto di Marsiglia per la Terra Saiata, facendo
la prima sosta ad Alessandria d'Egitto.
Fin dal piroscafo cominciò a mandar relazioni del viaggio al
Prefetto Generale Don Belmonte, che le faceva pubblicare in
gran parte sul Boiiettino.
I1 bastimento non offriva molte comodità, ma dopo il terzo
- giorno, il viaggio procedette calmo e confortante: «Noi siamo
come in famiglia scriveva - e possiamo far bene le pratiche
di pietà insieme. Don Rua non perde un minuto e ha già scritto
un mucchio di lettere che imposteremo appena arrivati ad Ales-
sandria. Egli assicura di non aver mai potuto godere tanta tran-
quillità... Anzi volie perfino approfittare degli ultimi tre giorni

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di navigazione per fare un po' di esercizi spirituali. Come sono
fortunato di poter fare tutti gli esercizi di pietà con lui! Ci assi-
stiamo vicendevolmente la Messa, diciamo insieme alle debite ore
il Breviario, facciamo insieme la meditazione e la lettura spiri-
tuale... e ci troviamo a sera che neppur ce ne awediamo ».
Ad Alessandria trovarono cordiale ospitalita dai Padri Gesuiti.
I1 Delegato Apostolico ne approfittò per chiedere l'apertura ad
Alessandria di una Scuola Professionale Salesiana che fu poi por-
tata al più moderno sviluppo.
A Giaffa trovarono Don Carlo Gatti, benemerito direttore
e poi ispettore e apprazatissimo cultore di lingua araba, che li
accompagnb alle case di Betlemme, Gerusalemme, Cremisan, Beit-
gemal. Ebbero la consolazione di celebrare sui luoghi santi, com-
preso il Santo Sepolcro, e dedicare a confrateli e giovani le cure
più affettuose.
Don Gatti poté aprire tutto il suo cuore a Don Alhera anche
con la vivacità del suo temperamento, prospettandogli le varie
situazioni e si senti così bene che continuò con lui la più cor-
diale corrispondenza. « Quante volte la confidenza in Don Alhera
e nella sua bontà furono il mio conforto, la mia salvezza! Don
Albera possedeva l'intuito che manca a chi non è stato all'estero
per qudche tempo: capiva perché mi fossi dedicato d o studio
delle lingue e non me ne faceva un addebito, anzi mi incnrag-
giava a servirmene per far del bene n.
Frutto di questo studio a servizio degli altri resta il voca-
bolario arabo-italiano che Don Gatti lasciò quasi finito &ora
del suo transito.
Nel ritorno Don Albera sostò in Francia a dettare gli eser-
cizi ai novizi; poi si trovò a Torino per la consacrazione epi-
scopale di Mons. Giacomo Costamagna.
Altri corsi alle Figlie di Maria Ausiliatrice lo richiamarono
in Francia nella seconda metà di luglio. Fece ancora una capa-
tina al noviziato di St. Pierre de Canon e rientrò in Italia pel
corso ai sacerdoti e il VI1 Capitolo Generale in cui, come pre-
sidente di Commissione, determinò le proposte «per rendere
l'istruzione relrgiosa nelle scuole salesiane sempre più rispondente
ai bisogni dei tempi ed ai doveri attuali di un giovane cattolico ».
Sarebbero di piena attualità anche ai nostri giorni le sagge
direttive, ben sostanziate e aderenti alla realtà, come le norme
del Manuale dei Direttori, che Don Rua gli &dò nel 1896 ed

11.3 Page 103

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il Manuale delle pratiche di pietà, che Don Alhera curò in se-
guito con tanta discrezione e squisito criterio ascetico. Don Al-
bera resta, anche per la storia, nella Società Salesiana, uno dei
più esperti maestri di ascetica se non il migliore. Fu un suo
carisma. Basta rileggere le sue pubblicazioni e i suoi appunti di
predicauone e di conferenze spirituali che offrirebbero un buon
tesoro di ortodossia conciliare e di salesianità: di autentico spi-
rito ecclesiale e salesiano.
Don Albera ringiovaniva ed arricchiva di anno in anno que-
sto suo carisma ascetico con una decina di predicazioni di eser-
cizi spirituali, in media, a salesiani e suore, e con particolare
predilezione a candidati al sacerdozio, accettando volentieri an-
che per giovani e giovinette di tanti istituti quando poteva. Se
si pensa poi che la sua salute era in continue osciltazioni con
notti insonni e affannose oppressioni pomeridiane, si comprende
anche più la sua tendenza al concentramento, alla riflessione ed
alla maturazione di forti pensieri. Non dimentichiamo il costante
aggiornamento della sua cultura in materie sacre e specialmente
in campo ascetico-pedagogico-religioso.
Fra l'una e l'altra di queste incombenze di formazione spiri-
tuale, era sempre in servizio nel suo ufficio, condividendo con
gli altri membri del Capitolo Superiore gioie e pene, ansietà, tre-
pidazioni e prove deli'iitera Congregazione.
Un gran colpo per lui fu l'improwisa notizia della tragica
morte di Mons. Luigi Lasagna, dei salesiani e delle suore che
erano con lui sul treno deviato (o fatto deviare?) a Juiz de
Fora nel novembre del 1895. Nell'orazione funebre che egli tenne
al funerale di trigesima nel santuario di Maria Ausiliatrice egli
e&se il dolore del suo cuore che lo aveva curato come pupilla
dell'occhio fin da adolescente nel collegio di Borgo S. Martino
(Alessandria). E lo si sente ancora vibrare nella biografia che
cominciò subito a stendere per incarico di Don Rua. Fu per lui
una vera « desolazione », scrisse nel diario. E nella biografia:
« Sulle prime non si voleva prestami fede. Quell'intrepido mis-
sionario che a passi di gigante percorreva l'America, seminando
istituti ed opere di religione e di civiltà; quel missionario che
non diceva mai basta, vagheggiando nella mente tanti altri mera-
vigliosi disegni per guadagnare anime a Dio, per salvare la gio-
ventù povera ed abbandonata; quel vescovo sul cui apostolato il
Vegliardo stesso del Vaticano (Leone XIII) aveva fondato tante

11.4 Page 104

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beiie speranze; queil'apostolo che era nella pienezza deiie sue
forze e deila sua operosità, sembrava non dovesse, non potesse
morire. Ma infine fu giocoforza riconoscere la realtà dell'immensa
sciagura... ».Quanti seguivano il dinamismo di Mons. Lasagna
non trovarono nulla di esagerato, né nella orazione né nella bio-
grafia. I1 casto intenso affetto non aveva fatto veio ai suo antico
insegnante.
Aiia niorte deii'eroico apostolo dei lebbrosi Don Michele Unia,
Don Albera non sofferse solo per la privazione di un missionario
di prim'ordine, ma per l'angustia di averne in qualche modo re-
sponsabilità. Leggiamo infatti nel diario: << Un altro lutto... Mio
Dio, che cos'è che vi dispiace in casa nostra? Aiutatemi a toglierlo!
Forse la mia freddezza, la mia indiilerenza, l'amor proprio, che
attirano questi flagelli?... Ho promesso maggior generosità nei
rigettare tutto ciò che dispiace a Dio... ».
Scontento si sentì anche della predicazione degli esercizi agii
Ordinandi di quel Natale: ... ho compreso come sia ancor ben
lontano daii'essere un buon direttore di esercizi. Voglio meglio
... lavorarmi per rendermi idoneo ad un ufficio così importante ».
Ma Don Lodovico Costa, che era fra i candidati, ne uscì entu-
siasta (e non era uomo facile agli entusiasmi): << ... ammirammo
oltre lo zelo nel dettare la lunga muta da solo, anche la cara
familiarità e piacevolezza con cui si trattenne con noi in quei
dieci giorni, facendo quanto faceva Don Bosco nei primi anni
dell'oratorio coi suoi primi chierici. E con pena ed ammirazione
eravamo testimoni della serena disinvoltura con cui dissimulava
i disagi del freddo, del vitto e deiia fatica (in quefia misera casa
di Avigliana) mentre era attentissimo perché nuiia venisse a man-
care a noi ».
Don Costa era stato assistente dei chierici a Foglizzo e a
Valsalice e ricordava pure l'impressione favorevole che faceva
sempre la parola << edificante, dotta, profonda del Catechista gene-
rale, che tutti ascoltavano con desiderio e visibile piacere. Tutti
unanimemente lodavano la densità dei concetti, la rara compe-
tenza e l'umiltà con cui rievocava chi l'aveva preceduto (Don
Bonetti), trovando osservazioni delicate e &issime per metterne
in evidenza meriti e virtù ».Parecchi dei superiori commentavano
con simpatia le conferenze che Don Albera teneva aila comunità
e le conversazioni personali neile udienze private.

11.5 Page 105

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C< Quei suo tratto finemente e squisitamente educato e gar-
bato, quella sua modestia e umiltà, non disgiunta da correttezza
e decoro signorile, imponevano rispetto mentre guadagnavano l'af-
fetto e la confidenza di quanti lo awicinavano ».
Nel correggere abusi ed inosservanze, nel richiamare qual-
che confratello al dovere, destava ammirazione e consenso anche
la sua energia che sorprendeva in lui, cosi fine e delicato, e si
giustificava fino all'evidenza da sé.
E la sua discrezione nelle visite alla casa di noviziato per
- riguardo a Don Barberis, benemerito Maestro di noviziato dai
tempi di Don Bosco? << Siete tanto buoni rispondeva ai no-
vizi che desideravano vederlo più spesso - ed avete tanti buoni
superiori: che cosa vengo a fare io? ».E persuadeva con un bel
sorriso.
Ma egli non si appagava mai dell'anima sua. Quasi spietato
nella pagina di fine d'anno 1895: C< I1 1895 si getta nell'eter-
nità. Per me è stato ricco di gioie e di dolori. Ho potuto rive-
dere la casa di Marsiglia, dove ho lasciato in gran. parte il mio
cuore. Di là sono andato in Terra Santa e sono stato edificato
dalla compagnia di Don Rua. Quale pietà, quale spirito di sacri-
ficio e di mortificazione! Quale zelo per la salute delle anime e
soprattutto quale uguaglianza di umore!... Ho veduto Betlemme...
quali dolci ricordi! Ho potuto prender parte al Congresso di Bo-
logna (il primo grande Congresso dei Cooperatori Salesiani a rag-
gio internazionale, di cui egli rivide anche gli "Atti" per la stam-
pa). Ne conservo un ricordo inobliabile. Ho potuto predicare eser-
cizi... Ho scritto qualche pagina su Mons. Lasagna... Ma anche
l'anno 1895 &ni senza che mi sia corretto dei miei difetti più
gravi. Il mio orgoglio è tuttora al più alto grado. I1 mio carat-
tere è tuttora difiicile anche con lo stesso Don Rua. La mia pietà
è sempre superhdale e non esercita una grande influenza sulla
condotta, sulle mie azioni che sono tutte ancora umane (non so-
prannaturalizzate)e indegne di un teligioso. La mia carità è capric-
ciosa e piena di parzialità. Non sono mortificato negli occhi, nel
gusto, nelle parole... (Si risente il rigorismo delle più esigenti
scuole francesi). Le malattie sono assai aumentate (e questo spie-
ga il pessimismo nella sua autocritica). Potrei morire da un mo-
mento all'altro, nello stato in cui sono: non è un'idea; è la realtà,
e ne sono consapevole. Non lo sanno (gli altri superiori), non
lo sospettano; ma è così. Voglio mettermi a viver meglio per

11.6 Page 106

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morir meglio. Mi ricordo di aver diretto i miei confratelli che
si sono offerti per mezzo di voti come "Schiavi di Maria". Mi
hanno ediiicato col loro zelo, con la loro devozione. I1 loro san-
gue ha suggellato il loro impegno, ed io che ho avuto l'aria di
essere il loro maestro e direttore in tutto questo, mentre non
sono nulla, non sento affetto per Maria, Madre mia, non per-
mettete che io abbia l'onta di riconoscermi inferiore in virtù!...
Datemi un grande amore per voi. Domina meu, numquum quie-
scam, donec obtinuero verum amorem erga te... a.
AU'inizio del 1896 propose quindi: «... Voglio a tutti i costi
progredire nella pietà, neiì'umiltà e nello spirito di sacrificio D.
Andò a visitare il fratello P. Telesforo, francescano, e sentì una
grande attrattiva della pace del convento. Era la salute che peggio-
rava. Se ne aperse finalmente con Don Rua e si rasserenò fino a
sostenere in pace il verdetto del medico: «Bisogna rassegnarsi:
non posso più fare come per il passato: è inutile tentare una
operazione... ».
Proseguì il suo servizio, celando agli altri i dolori che conti-
nuavano a torturarlo giorno e notte, pregando: « Iddio mi ac-
cordi la grazia di soffrire volentieri e senza cessare dal lavoro D.
A Valsalice aveva l'esempio del ven. Don Andrea Beltrami.
Verso il M Capitolo Generale
Come se nulla fosse, continuò a prodigarsi in predicazioni
in Italia e in Francia, prestandosi anche a sostituire il direttore
della casa di Foglizw, finché questi non superò una malattia di
stagione nell'inverno rigidissimo del 1897, preoccupandosi solo
della comunità e specialmente dei giovani chierici. Passò quasi
tutto il mese di maggio in Francia, ma la sua salute n'ebbe ben
poco vantaggio, ed al ritorno lo stesso Don Rua lo consigliò a
lasciarsi operare. Subì i'intervento il 3 giugno a Chieri con esito
tanto soddisfacente da poter riprendere in luglio la via della Fran-
cia a confortare un infermo molto sofferente. Vi fece ritorno in
ottobre per gli esercizi ai salesiani e alle suore, esortando le
une e gli &i a infervorarsi di buona volontà per evitare ii
peccato, corrispondere più generosamente alle grazie di Dio, pro-
gredire seriamente nella perfezione, e servire meglio la Congre-
gazione, praticandone lo spirito e prendendo a cuore gli inte-

11.7 Page 107

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ressi di questa cara madre nel lavorare con zelo d a salute deile
anime.
Questi impegni se li appuntò poi per sé nel suo diario, sti-
molandosi con l'esempio di Don Rua che sosteneva quotidiana-
mente il « noioso » lavoro di &cio sbrigando cumuli di corri-
spondenza e dando innumerevoli udienze. L'aggettivo « noioso »
conferma quanto a lui ripugnasse il servizio di dicio.. Tanto è
vero che si accusa di cogliere volentieri le occasioni di evasione
per il sacro ministero. Particolarmente cara gli fu la partecipazione
alle f a t e pel giubiieo di argento della Casa di Sampierdarena
dove ebbe dimostrazioni di affettuosa riconoscenza da exallievi,
autorità e benefattori, e immenso conforto in casa nella fiori-
tura dell'opera che aveva formato oltre 5000 giovani e dato alla
Chiesa e aila Congregazione più di 300 sacerdoti. In novembre
fu ancora in Francia a benedire a nome di Don Rua la nuova
cappella deile Figlie di Maria Ausiliatrice a Etequac. E chiu-
deva l'anno 1897 predicando gli esercizi agli Ordinandi ad Avi-
gliana. « Che bei giorni furono per noi! - scrisse uno degli eser-
citandi, Don Terrone - Don Albera presiedeva, predicava tre
volte a l giorno, passava con noi tutte le ricreazioni trattandoci
con grande affabiià e rallegrandoci col racconto di piacevoli
aneddoti per lo più di vita salesiana. Era un inverno rigidissimo,
ma non si poteva pensare a riscaldamento: Don Albera ne aveva
pena per noi, ci commiserava, ci interrogava se eravamo su%-
cientemente coperti, se abbisognavamo di qualche cosa, proprio
come farebbe la più tenera delle madri. Durante un'istruzione
pomeridiana si verificò in tutti noi una tendenza invincibile al
sonno: parecchi si eran già appisolati, quasi tutti gli altri son-
necchiavano. La predicazione di Don Aibera, preparata, elevata,
sempre densa di pensiero, talora riusciva pesante per mancanza
di forma retorica. Forse per questa ragione o perché il discorso
fosse più lungo, o perché noi, costretti a difenderci dal freddo
intenso, ce ne stavamo imbacuccati nel mantello, fatto è che le
cose erano nelle condizioni descritte. Don Alhera non tardò ad
accorgersene e, dopo aver fatto una pausa discreta, se ne lagnò
dolcemente: "Fa pena assai vedere che tutti dormono. So che
siete molto stanchi, che il freddo è intenso e che le mie noiose
prediche conciliano egregiamente il sonno; tuttavia devo pregarvi
a fare un po' di sforzo per rimanere svegli". Naturalmente, tutti
reagirono. Nella ricreazione successiva Don Aibera fu il primo

11.8 Page 108

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a ricordare l'incidente e a riderci saporitamente, ma nessuno si
lasciò più vincere dal sonno... Egli voleva che fossimo trattati
bene senza contravvenire alla povertà religiosa; perciò dava or-
dini e sorvegliava che tutto ciuscisse bene ».
Nel suo diario però non vi è cenno dell'episodio, mentre tutti
i momenti egli appunta i buoni esempi che gli diedero edifica-
zione - e ne trova dappertutto e da tutti - per umiliare se
stesso e mettere in rilievo le sue fragilità. Questo, si direbbe,
spiega la sua severità con se stesso: umiliarsi, umiliarsi, umi-
liarsi... magari esagerando; dagli altri cogliere ogni sorta di bene,
anche quando fosse piuttosto apparente... Ci limitiamo a malin-
cuore a spigolare. Al ritorno dalla visita ai noviziati: «Queste
visite ai vari noviziati fanno del bene anche a me. Lo slancio
di pietà e lo spirito di sacrificio di questi novizi mi impressiona
santamente. Ed io, che dovrei essere il loro maestro, che sono
mai paragonandomi ad essi? »... « Per il nuovo anno vorrei otte-
nere da Maria Ausiliatrice più coraggio ed energia... Mio Dio,
come sopportate voi un servitore sì stupido (sic!), si negligente?
Ho onta di parlare agli altri dello zelo per salvare le anime, io
che passo la mia vita senza far nulla per la salute delle anime.
Dunque, Maria, mia bnona e dolce Mamma, donami un po' di
zelo »,
Godeva quando poteva prestarsi per il ministero deiie Con-
fessioni perché ne traeva sempre impulso a migliorare se stesso:
«Quanto mi fa bene confessare!... Oh! se almeno mi rendessi
capace di compiere un po' meglio il mio ministero sacerdotale...
conosco così poco la dignità del prete... 'e sono così lontano
dal possederne le virtù! D. Don Rua invece, al corrente del bene
che faceva nella guida spirituale delle anime, alle fine di mag-
gio del 1898 gli affidò il suo stesso confessionale nel santuario
di Maria Ausiliatrice. Confrate& e giovani ne approfittavano
volentieri.
Delegato da Don Rua a far parte del Comitato organizzativo
del Congresso Mariano che la Diocesi di Torino promuoveva per
i'incremento della vera divozione alla Madonna, a raggio nazio-
- nale, trovò occasione di umiliarsi della sua « freddezza sctisse
- e inaerenza verso la Madonna » sentendo « cose tanto utili
per incoraggiarci ad amare e a fare amare questa bnona Madre.
... Quando sarà che anch'io amerò la Santa Vergine con tutto il
cuore, come tanti preti e semplici fedeli? ».

11.9 Page 109

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Però, all'avvicularsi del I X Capitolo Generale e delle elezioni
dei membri del Capitolo Superiore, pur aifermando di non desi-
derare alcuna carica, dovette ammettere nel suo diario: «Non
desidero nessuna carica... Non trovo da rimproverarmi, fuorché
una certa mancanza di energia e di iniziativa. I1 rigore per le
ordinazioni credo doverlo usare ognora, se i confratelli crede-
ranno bene di eleggermi ancora Catechista ».Fu rieletto con due-
cento voti: un plebiscito.
Purtroppo i suoi dolori allo stomaco ripresero lancinanti tan-
to che, dopo l'inaugurazione del monumento a Don Bosco a
Castelnuovo d'Asti, Don Rua lo rimandò in Francia a riposare a
Santa Margherita e ve lo fece rimanere fin quasi a Natale, quando
le Figlie di Maria Ausiliatrice l'assicurarono di un vero miglio-
ramento. Don Albera ne approfittò per fare otto giorni di eser-
cizi spirituaii e tornò deciso anche a maggiori sforzi ascetici,
mentre riprendeva a stendere la biografia di Mons. Lasagna e
a predicare esercizi ai salesiani e alle suore. L'impegno di que-
ste predicazioni gli impedi di accorrere ai funerali del sig. Olive;
dovette limitarsi a consolare la signora e i figli per iscritto. Ne1
ritorno dal corso di Foglizzo, il 5 ottobre 1899, fu villanamente
insultato per istrada a Torino da giovinastri esaltati, in una delie
periodiche ondate antidericali del tempo, con vomiti di bestem-
mie e di ingiurie oscene.
Altre ingiurie raccolse nell'esorcizzare una povera ossessa di
cui l'aveva incaricato Don Rua poco dopo. Ma non ebbe mi-
glior esito nemmanco il santo superiore. In compenso, col &ir
dell'auno, iXva anche la stesura deila vita di Mons. Lasagna.
Ringraziandone il Signore, scriveva nel suo diario: Riconosco
che è facile criticare (prove per le quali anche il dinamico ve-
scovo tanto benemerito era passato), ma è difficile far meglio
degli altri ».
I1 1900 spuntò con un'alba spirituale splendida nel fervore
della consacrazione del mondo cattolico al Cuore Sacratissimo di
Gesù indetta da Papa Leone XIII. Don Albera ebbe il suo da
fare per promuovere e partecipare &e pie manifestazioni che
si compivano nelie varie diocesi ove esistevano case salesiane che
concorrevano con lo slancio dei giovani, soprattutto di quelli in
corsi di formazione religiosa e sacerdotale. Ma era anche il XXV
delle Missioni Salesiane.

11.10 Page 110

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Al pranzo di addio a Montevideo fu invitato anche il grande
poeta uruguayano dott. Zorilla di San Martin. L'accompagna-
mento alla nave per Buenos Aiies risuonò di fervidi arrivederci.
Alla capitale argentina erano ad attenderlo allo sbarco tutti
gli alunni del collegio Santa Caterina, con l'Ispettore Don Giu-
seppe Vespignani, molti direttori e i salesiani di cinque case
deiìa città. Condussero il visitatore a celebrare la S. Messs nella
prima chiesa offerta nel 1875 ai salesiani Mater misericordiae
e di al gran collegio S. Carlo che accoglieva già oltre 500 gio-
vani fra artigiani e studenti. Accoglienze entusiaste con banda,
ewiva e canti, che si ripeterono poi in ogni casa, man mano che
Don Albera passava a visitarle. Ci dovremo iimitare al rilievo
di qualche particolarità.
I1 «mondo salesiano » accorreva ai ricevimenti, aile acca-
demie e rappresentazioni; Vescovi, autorità civili e statali, h o
alle supreme, rendevano omaggio al rappresentante del succes-
sore di Don Bosco e ne riportavano un senso di venerazione che
esprimevano con acclamazioni sincere e cordiali: «Che uomo
di Dio! ».
Egli rispondeva con quel garbo che lo distingueva, cattivan-
dosi i cuori a l primo incontro, felicissimo nelle sue allocuzioni
e perlino nelle improwisazioni.
Alle sacre funzioni non solo presiedeva, ma incantava con
la sua pietà e andava dritto al cuore sia che parlasse ai gio-
vani e ai popolo, sia ad anime religiose e consacrate, in ambiente
di famiglia, in solenni celebrazioni e manifestazioni.
Si prestava senza risparmio in udienze e pel sacro ministero
delie Confessioni, celando disturbi, incomodi e disagi.
Confratelli, suore, giovani, anime ansiose di conforto spiri-
tuale gli si aprivano con confidenza e ne traevano tanta conso-
lazione, orientamenti di vita, fervore e dedizione generosa. Fin
dai primi incontri Don Gusmano scrisse a Don Rua le impres-
sioni delle comunità: « Ho ammirato una grande omogeneità nel
personale, vera carità gli uni verso gli altri: preti, chierici, coa-
diutori si trattano da veri fratelli, si aiutano e si stimano for-
tunati quando possono scambiarsi dei servizi. Non è che tutta
l'America sia così e che qui i salesiani non abbiano pure le
loro miserie; scompaiono però di fronte al gran bene che ope-
rano... ».
Don Albera non fa mistero di speciale predilezione per gli

12 Pages 111-120

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12.1 Page 111

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alunni artigiani: ancora chierico era stato addetto agli artigiani;
a Sampierdarena e a Marsiglia aveva sempre avuto da fare con
artigiani e a Valdocco al ritorno da Mirabello e Borgo San Mar-
tino fino all'andata a Sampierdarena, gli era stata &data in modo
particolare la cura dei Coadiutori. Quasi sempre nei suoi di-
scorsi ricordava la Madonna, e le sue parole cadevano in buon
terreno perché i salesiani e le suore avevano difiuso la divozione
aUa Vergine Immacolata e Ausiliatrice ovunque eran giunti con
qualche attività di apostolato, specialmente negli istituti e nelle
missioni. I1 Collegio San Carlo della capitale riproduceva in modo
meraviglioso l'oratorio di Torino-Valdocco, la Casa-madre. Cor-
reva spesso la voce che giustificava: All'Oratorio si fa cosf... ».
Nelle relazioni del Bollettino Salesiano Don Gusmano docu-
mentava gli awenimenti e descriveva splendidamente il loro
svolgimento.
Mons. Cagliero mandò Don Borgbino a Buenos Aires a por-
tare il suo saluto e l'omaggio del Vicariato Apostolico.
In una delle prime celebrazioni dalle Figlie di Maria Ausi-
liatrice, Don Albera si congratulò del loro spirito salesiano:
«Finché voi amerete Don Bosco, finché voi sarete attaccate al-
lo spirito di lui e del suo successore che tutto lo ha ereditato,
il vostro Istituto progredirà. Parlafe sempre di Don Bosco, por-
tate alta la bandiera che egli vi ha dato, nelle cui pieghe sta
scritto "Riconoscenza e amoreu: rzconoscenza e amore a DLO,a
Maria, alI'Istituto, a Don Rua che instancabile continua la vita di
sacrificio, di amore, di carità di Don Bosco. Don Bosco, oh! co-
me questo nome deve risuonare caro sulle labbra e nel cuore di
- noi suoi figli!... Anche voi mte buone giovinette - prosegui ri-
volto alle alunne che senza di lui forse non avreste mai rice-
vuto tanto bene alle anime vostre >> (Boll. Sal., gennaio 1901).
In attesa dei festeggiamenti, dopo aver visitato le case della
capitale e delle adiacenze, fece una corsa in Patagonia a salu-
tare Mons. Cagliero, visitando le case del Vicariato Apostolico.
Ebbe le prime solenni accoglienze a Bahia Blanca dove costitui
la Unione Exallievi che si sthgevano attorno a lui con la conh-
denza e familiarità dei giovani e ascoltavano avidamente la sua
parola.
Per raggiungere Patagones provò le delizie della diligenza pri-
mitiva tirata da sedici cavalli (una delle famose galére dei tempi)
cbe batteva strada e campagna fra traballamenti e scossoni da

12.2 Page 112

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provare anche i nervi più robusti e hni in una laguna, donde ci
vollero ore ed ore per trarla a riva, mentre i viaggiatori veni-
vano trasbordati su una barchetta. Don Albera divise coi condu-
centi le provviste di cibo che il segretario portava provviden-
zialmente abbondanti in previsione di ogni sorpresa.
Possiamo immaginare le feste di Mons. Cagliero, dei sale
siani e delle suore, anche se la relazione mandata da Don Gu-
smano a Don Rua andò smarrita.
A Buenos A i pel I1 Congresso dei Cooperatori Salesiani
Vescovo e visitatore tornarono insieme a Buenos Aites con
rappresentanze pel secondo Congresso Salesiano incastonato nel
programma a chiusura delle celebrazioni giubilati.
Le funzioni religiose si svolsero nella Cattedrale, aperte da3
primo pontificale del nuovo Arcivescovo cui il Nunzio Aposto-
lico impose il Sacro Pallio in nome del Santo Padre. Partecipa-
rono altri due arcivescovi e sei vescovi e aderì tutto l'episcopato
sudamericano. Giunse a tempo anche Mons. Costamagna dal-
l'altro versante della Cordigliera, cavandosela ancora bene da
un pauroso incidente nella traversata. Le scuole di canto di Las
Piedras, Bernal e San Carlos eseguirono egregiamente il pro-
gramma liturgico musicale. In snccessivi pontificali, interessantis-
simo il discorso di Mons. Cagliero che fece risalire l'origine delle
missioni al 1854, quando Don Bosco gli predisse la guarigione
dalla grave malattia e il suo awenire. La lettera del Card. Ram-
polla con la benedizione del Santo Padre Leone XIII aveva toc-
canti espressioni non solo per i missionari ma anche per tutti i
Cooperatori ai quali il Papa indicava le grandi linee dell'apo-
stolato nello spirito di Don Bosco richiesto dai tempi.
Oltre alle folte e qualificate rappresentanze dell'Uniguay die-
dero al Congresso carattere internazionale, quasi prosecuzione del
primo Congresso del 1895 a Bologna, rappresentanze del Brasile,
del Cile e della Bolivia. Fecero splendido servizio le bande musi-
cali del collegio S. Carlos, dell'oratorio di San Francesco di
Sales, quelle di Montevideo, di Rosario e di Viedma di Patago-
nia formata in parte da autentici simpaticissimi indietti. Oratori
di alta fama trattarono i temi principali al Congresso, che ebbe
degna sede nella gran sala del Club Cattolico, messa gentilmente
a disposizione. Salutato da cordiali scroscianti applausi il mes-

12.3 Page 113

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saggio di Don Rua. Il doti. aw. Emiiio Lamarca presentò con
travolgente eloquenza Don Bosco e l'Opera sua. L'ispettore Don
Vespignsni, la Pia Unione dei Cooperatori Salesiani e l'urgenza
della cooperazione aiie varie opere della Chiesa e della Congre-
gazione. Gli altri distinti oratori trattarono degli Oratori festivi,
delle Scuole di Religione, dell'edncazione della Gioventù ope-
raia, delle Scuole professionali ed agricole, delle Missioni, degli
Emigranti e dei loro problemi della stampa popolare e scolastica.
Concluse YArcivescovo di Montevideo Mons. Soler e Don Al-
bera fece i ringraziamenti a nome di Don Rua, aggiungendo i
suoi rallegramenti, incoraggiando alla cooperazione e raccoman-
dando di non meravigliarsi se Don Rua stendeva spesso la mano
per invocare soccorso. L'assemblea sorrise amabilmente, ma si
sciolse col proposito di un'unione sempre più stretta ai sale-
siani, ritenendo la circolare del successore di Don Bosco come
consegna e parola d'ordine pel programma annuale di apostolato.
Coronarono i festaggiamenti: un imponente pellegrinaggio dei
giovani guidato da Mons. Cagliero e un altro delle alunne delle
Figlie di Maria Ausiliatrice guidato da Mons. Costamagna al
Santuario della Madonna di Lujin, come già il 1"Congresso di
Bologna a quello della Beata Vergine di San Luca. Una gran-
diosa accademia si svolse nell'ampio cortile del S. Carlo aperta
dalla Marcia gzubilare del maestro dell'Istituto, M.' Barderi, il
quale cedette poi la direzione al MP Giuseppe Dogliani, man-
dato apposta da Don Rua a presentare la Passione del Perosi, la
Battaglia di Lepanto e il Saepe dum Christi del Cagliero. I pro-
fessori di orchestra e il coro di 150 voci mandò in visibilio tutto
l'uditorio. Don Albera avrebbe desiderato anche il segretario ge-
nerale Don Stefano Trione; ma questi, non possedendo bene la
lingua castellana, collaborò da Torino dando prima tutte le indi-
cazioni per la programmazione, l'organizzazione e lo svolgimento,
e sollecitando I'adesione di quasi tutto PEpiscopato italiano, sic-
ché tutto procedette magnificamente.
Neii'albo del Santuario di Lujan, dove intonb il Te Deum e
impartì la benedizione eucaristica h a l e , Don Albera lasciò scritto:
Vorrei farmi anch'io tutto lingua, o Vergine di Lujdn, per rin-
graziarti della tua veramente materna protezione ai miei confra-
telli di Argentina e della stupenda riuscita del Congresso dei
Cooperatori Salesiani. Deh, continua a sostenerci nella lotta con-

12.4 Page 114

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tuo 2 peccato e non ci abbandonare finché potremo farti corona
con Don Bosco su nel bel Paradiso. 26 nouembre 1900 S.
Chi desiderasse più ampi particolari potrebbe leggere la rela-
zione di Don Albera a Don Rua (Boll. Sal., febbraio 1901) o gli
Atti del Congresso.
Frutto concreto del Congresso fu la decisione di aprire un
Orfanotrofio maschiie e uno femminile nei quartiere Palermo
ed un Oratorio in altra zona di periferia, fra le più bisognose,
depresse materialmente e spiritualmente,dove lavoravanogià i pro-
testanti finanziati mensilmente dal Congresso Nazionale. L'ispet-
tore condusse Don Albera e Mons. Cagliero a vedere i terreni che
si prestavano veramente; si trattava di trovare i fondi per costruire
e mantenere. La buona volontà non mancava, occorrevano mezzi
e perso le.
Terminate le feste, Don Albera riprese le visite alle case, cele-
brando l'Immacolata a San Nicolis de 10s Arroyos, fra immigrati
liguri ben sistemati e ormai proprietari di terre, che lo vollero
nelle loro casette, parlando in italiano.
Tornato a Buenos Aires, riprese la via deli'uruguay e in tre
settimane trascorse per tutte le case deli'ispettoria, predicando,
confessando, parlando con tutti i confratelu e rendendosi conto
di ogni cosa, fino a tarda notte.
Questo, più o meno, il programma ordinario, confortato dalla
cordialità con cui gli animi si aprivano e si contidavano. Da
S. Nicolis aveva potuto scrivere a Don Grosso a Marsiglia: « Qui
mi sento quasi meglio, benché il genere di vita sia così diffe-
rente da queilo deli'Eucopa. Sono quasi sempre in viaggio e non
ho tempo di scrivere... Sono sempre accompagnato dal mio segre-
tario che mi rende preziosi servizi: posso lasciarmi condurre da
lui ad occhi chiusi. I confratelli mi ricolmano delle più delicate
attenzioni... qualcuno di qui si è incaricato di far venire dei vini
dal Piemonte; ma io ne ho fatto regalo a Mons. Cagliero che li
gradì assai. Qui sono le stagioni che devono dirigermi: convien
passar l'estate nella Terra del Fuoco e l'inverno nel Brasile: il mio
viaggio al Cile dipenderà dalla traversata della Cordigliera, che è
impossibile neli'inverno a causa della neve ».
Così fece. E Don Gusmano osservava nella sua relazione:
«La sua parola vien sempre opportuna quale l'ambiente e le
circostanze particolari la richiedono, riuscendo, come in una melo-
dia cara, l'ultima nota armoniosissima le a i vibrazioni oscillano

12.5 Page 115

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lente lente ali'orecchie e nel cuore finché si perdono in un pen-
siero soave, in un proposito forte che migliora l'anima.
Ma la vibrazione nella emissione vocale talora prolungata e a
breve distanza stanca la sua fibra non molto robusta e lo costringe
al riposo che egli fa consistere in un cambiamento di occupa-
zione: riceve allora i confratelli, consiglia, anima, consola... ».
Ecco descritto il servizio di Don Albera « visitatore » nelle
sue soste casa per casa, incoiltri, celebrazioni liturgiche, ricevi-
menti e accademie, esercizio del sacro ministero ovunque si pre-
sentasse l'occasione, conferenze alle comunità, associazioni, soprat-
tutto nelle case di formazione (aspirantati, noviziati, studentati,
ecc.) dei Salesiani e delle Figlie di Maria Audliatrice per quasi
tre anni, da una repubblica ali'altra dell'herica. Ci dispense-
remo dal ripeterci.
Le minute interessanti relazioni di Don Gusmano documen-
tano anche i successi, i sacriiici e gli eroismi, ma questi ci por-
terebbero a fare un volumone a sé che troverebbe miglior sede
nella storia delle Missioni e devopera salesiana in generale
nel sud e centro America. Qualche particolare, scegliendo dalla
cronaca.
Alla Boca, Don Bourlot aveva fatto a Don Albera la sorpresa
di brani di Messa in perfetto gregoriano dai ragazzi dell'Ora-
torio. Dopo la visita a Santa Catalina, in un pranzo fra benefat-
tori argentini, italiani e spagnoli, uno di questi, interrogato di
che nazione fosse, rispose: « Sono Cooperatore Salesiano P.
A La Plata, Don Albera fece il suo primo discorso in castel-
lano, buona prova per quelli che tenne poi a l Congresso e in se-
guito un po' dappertutto.
A proposito del Congresso Cooperatori, quando Don Albera
ritornò a Montevideo per la visita regolare alle case dell'uru-
guay, trovò già una bella statua di Maria Ausiliatrice scolpita
in marmo a Lavagno, benedicente in cortile con la scritta su
lastra in ottone: « A Maria, in rendimento di grazie pel felice
« e esito del 2" Congresso dei Cooperatori Salesiani ».L'impressione
che lasciò nell'uruguay fu stagliata dal dott. Zorilla: Don
Bosco che passa n.
Don Riccardo Pittini la riprese al termine degli esercizi a
Villa Col& ringraziando Don Albera per tutti i salesiani: « ... In
questi giorni i1 tuo volto, il tuo sorriso, la tua benedetta parola...
applicata alle nostre anime nel sacramento della confessione, ha

12.6 Page 116

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lasciato in esse l'impronta di un padre che pur non si vedeva
con l'occhio materiale, ma che tutto palpitava in te, l'impronta
di Don Bosco... Ci parlasti di Don Rua e dei nostri fratelli d'Eu-
ropa che ci vogliono tanto bene, che pregano tanto per noi; io
credo, Padte, di non mentire assicurandoti che tutti i presenti,
che tutti i confratelli d'America fanno altrettanto... Tn non passi,
ma resti con noi anche quando sarai partito e varcherai le Ande
e visiterai i fratelli del Messico e risolcherai l'Oceano: il ringra-
ziamento e l'unica promessa che ti facciamo è che sempre e do-
vunque procureremo di non renderci indegni del ritratto e del
modello che ci hai donato » (Boll. Sal., settembre 1901).
Prima di varcare le Ande, Don Albera scese ancora a Buenos
Aires per presiedere il Io Capitolo Sud-Americano dei Direttori
salesiani: 44 Direttori, due Vescovi, quattro Ispettori. Lingua,
i'italiano, molto ben parlata anche dai confratelli d'America.
Aii'inizio di ogni seduta, lettura dei ricordi confidenziali di Don
Bosco. Nota caratteristica: piena apertura di cuore nello scam-
biarsi le esperienze di quei primi 25 anni di Missione per pro-
muovere sempre meglio la gloria di Dio, il bene delle anime,
la cura degli emigrati, i'educazione civile e cristiana della gio-
ventù. L'Internunzio apostolico Mons. Sabatucci, di passaggio,
confidò che il Santo Padre si sentiva tranquiilo quando poteva
affidare una Missione ai salesiani, e a nome del Papa ringraziò
e benedisse tutti.
I1 Capitolo si chiudeva con l'ordinazione di 15 nuovi sacer-
doti che, con altri sei, avevano celebrato la prima Messa a mez-
zanotte dal 1900 al 1901, quando Don Rua consacrava al Sacro
Cuore di Gesù tutta la triplice Famiglia Salesiana.
Alla Terra del Fuoco e per gii altri Stati fino al Nord America
Due buoni anni ci vollero ancora perché Don Albera potesse
passare alI'estremo sud, e dail'estremo sud risalire di repubblica
in repubblica fino al Nord America. L'itinerario seguì quest'or-
dine: Terra del Fuoco - Mato Grosso - Brasile del Nord e del
Sud - per Montevideo al valico delle Ande - Cile - Perù - Boli-
- via - Equatore - Colombia - fra i lebbi-osi - Venezuela Mes-
sico - Stati Uniti - Torino.
Per non interromperlo, pregò Don Rua di dispensarlo dalla

12.7 Page 117

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partecipazione al IX Capitolo Generale che si doveva tenere nel
mese di settembre del 1901 a Torino.
E presentò perfino le sue dimissioni da Direttore Spirituale
della Società &ché Don Barberis, che durante la visita lo sup-
pliva nel suo ufficio a Torino potesse avere piena rappresen-
tanza con voce attiva e non solo passiva o consultiva nella grande
assemblea legislativa. Nella lettera di spiegazione a Don Rua, ii
10 luglio, egli espresse anche la sua gioia perché il Rettor Mag-
giore avesse frattanto chiamato dalla Spagna l'ispettore Don Fi-
lippo Rinaldi a prendere il posto di Don Belmonte come Pre-
fetto Generale, non potendo lasciare vacante un ufficio così im-
portante per tanti mesi: << Sono ueramente contento dell'elezione
di Don Fzlippo Rinaldi a Prefetto della Conguegazione. Non si
poteva fa7 miglzor scelta. Io temevo che non lo si potesse sosti-
tuire in Spagna », scrisse letteralmente Don Albera, accettando
poi naturalmente che, nonostante le sue buone disposizioni di
rinuncia, i superiori avessero preferito ammettere Don Barberis
in semplice rappresentanza del titolare.
Ma torniamo al viaggio per la Terra del Fuoco. Sul piroscafo
Yorlcshire poco pulito ma tanto robusto da sostenere una tre-
menda burrasca di tre giorni, prima dell'ingresso nelio stretto di
Magellano. Il fatto pose in trepidazionei salesiani di Puntarenas in
ansiosa attesa. I passeggeri che solevano far spesso quel tragitto
dicevano di non aver mai visto una tempesta simile. Arriva-
rono con due giorni di ritardo, e le accoglienze furono più che
mai commoventi. Don Albera attribuiva carattere provvidenziale
anche a quell'incidente perché aveva potuto grazie al corag-
gioso intervento di una cugina del santo salesiano Don Ca-
mi110 Ortuzar, celebrare la S. Messa pei passeggeri, la domenica
di sessagesima.
La chiesa di Puntarenas, l'unico edi6cio in pietra voluto da
Mons. Fagnano dopo l'ultimo incendio di quella di legno, sor-
geva già bella come l'aveva architettata il salesiano Don Barnabé
e come l'avevano costruita valenti confratelli muratori. Quan-
tunque non ancora consacrata, Don Albera volle celebrarvi la
santa Messa a cui accorsero numerosi coloni inglesi, tedeschi,
francesi, austriaci, italiani, confusi con la scarsa popolazione ci-
lena, di cui era parroco Don Borgatello. La sera del 14 febbraio
proseguiva per l'isola Dawson su un piccolo vapore che ammas-
sava passeggeri e bestiame e giungeva alla baia Harros dove era

12.8 Page 118

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la Missione S. Raffaele con otto ore di ritardo, grazie a quin-
dici ore di un'altra spaventosa tempesta nel cuor della notte.
Don Albera pianse di commozione all'affettuosa accoglienza
degli Indi. La breve sosta passò in una sintonia di cuori ineffa-
bile specialmente alla santa Messa durante la quale egli parlò
proprio col cuore, intenerendosi al fervore della loro fede e del-
l'amore a Gesù Sacramentato, trasparente mentre si accostavano
&'Eucaristia.
Dau'isola Dawson Don Albera passò all'isola Grande per rag-
giungere la Missione della Candelara. Ma dovette di nuovo at-
traversare lo stretto di Magellano e piegare a destra, dando il
giro a quasi metà deli'isola, donde in 27 ore riuscì a sbarcare
sulì'isola Grande. Ventisette ore d'inferno! « F u la prima volta
che il mare non ci lasciò dire la Messa - scrisse il segretario -
e, non contento, c i ha prostrati all'eccesso... Qui in America la
Quaresima quasi non esiste, ma viaggiando in quei mari si di-
giuna e ci si astiene dalle carni e si evita la promiscuità... lo
sa il mio stomaco che per trentasei ore non assaggiò nemmeno
l'acqua... ».
Dallo sbarco accorsero ancora dieci chilometri a cavallo per
arrivare alla Candelara presso il capo Sunday. Ma la visione
di quel prodigio dei missionari e deli'audacia di Mons. Fagnano
confortò anche della seconda tempesta passata in mare, la più
terribile: a fianco della chiesa, il collegio dei Salesiani e quello
delle Figlie di Maria Ausiliatrice; tutt'intorno una sessantina di
case di Indi. Collegi e case risorti sulle ceneri di un violento in-
cendio che in poche ore aveva distrutto tutto insieme alla chiesa.
Se si pensa che per ogni importazione bisognava affrontare il peri-
colosissimo trasporto fra quelle ordinarie tempeste, ci si può fare
un'idea della fede, del coraggio e dei sacrifici sostenuti. Don Al-
bera doveva fermarsi pochi giorni perché Don Malan sarebbe
venuto incontro per accompagnarlo al Mato Grosso. Ma il vapore
dovette ritardare altri quindici giorni: Don Gusmano ne appro-
fittò per fare escursioni a cavallo. Don Albera, sofferente al freddo
intenso, si trattenne fra i cari indietti Alacalufes che gli si strin-
gevano attorno intrecciando dialoghi affettuosi e giocando con
lui, mentre offrivano poi spettacoli commoventi, coi loro parenti,
alie sacre funzioni.
L'amabilità di Don Albera e le cure di Mons. Fagnano, che
essi chiamavano il « Padre grande », aprivano i loro a i a

12.9 Page 119

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filiale confidenza. In uno di quei giorni pellegrinarono al san-
tuario eretto al Santissimo Redentore sulla punta più alta della
Terra del Fuoco nel capo Sunday a ricordo della consacrazione al
Sacro Cuore fatta dal Papa Leone XIII al passare dal XIX al
M: secolo. Santuarietto modesto, ma per la Missione tanto caro.
Quando halmente poté partire per Montevideo, vi giunse
troppo tardi: il vapore che pel rio Paraguay l'avrebbe dovuto
portare a Cuyab;, capitale del Mato Grosso, era già partito. Ma
egli non si turbò. Approfittò della sosta per visitare i collegi di
Mercedes e Paysandzi prestandosi a confessare, la settimana santa,
&no a sette ore al giorno. Settimana che si svolge solennissima
a Paysand6, dove il collegio dei Salesiani e quello delle Figlie di
Maria Ausiliatrice educano centinaia di giovani, quasi tutti figli
di italiani, e la popolazione affolla la chiesa anche abitualmente.
Il giovedl santo, il visitatore impiegò lui solo più di mezz'ora
a distribuir Comunioni pur essendo aiutato da altri.
Le consolazioni spirituali furono turbate dalla triste notizii
inviata da Torino della morte di Don Belmonte, vicario di Don
Rua e già successore di Don Albera nella ditezione della casa di
Sampierdarena. Don Albera la sentì vivissima e per l'detto fra-
terno che lo stringeva al defunto e per 13 perdita che faceva la
Congregazione e per il dolore di Don Rua. Trovò sfogo e con-
forto solo nella preghiera intensa e prolungata per l'anima cara.
Con Don Malau e col suo segretario arrivò a Cuyaba alle
2,30 di notte del 7 maggio. Una barca elegante e tutta imban-
dierata lo prelevò dalla nave e lo portò alla spiaggia dove i'at-
tendevano oltre cinquecento fra ragazzi e ragazze dei collegi e
una folla di popolo entusiasta, al suono della banda salesiana
e di quella della marina che eseguirono la marcia reale e I ' i o
nazionale. Un giovinetto della Compagnia di San Luigi gli diede
il benvenuto a nome degli alunni, del popolo e di tutto il Bra-
sile. Venne quindi accompagnato al collegio fra ali di popolo
plaudente, dove il Vescovo e il Presidente dello Stato, già rap-
presentati allo sbarco, si afirettarono a fargli visita, insieme ad
autorità, personalità e parlamentari che vedevano in lui il rap-
presentante del successore di Don Bosco e il biografo del com-
pianto Mons. Lasagna.
Al collegio, Don Albera poté far riposare le sue povere ossa
da notti passate su panche in vapori più mercantili che da
viaggiatori, prima di intraprendere la visita alle varie case. Nota

12.10 Page 120

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caratteristica generale in queste visite, che sottolineiamo una volta
per sempre, è la partecipazione delle autorità e popolazioni ai
ricevimenti, alle funzioni più solenni, agli addii, come se la
visita non riguardasse solo i Salesiani e le Figlie di Maria Ausi-
liatrice, I'andamento delle case e il funzionamento deUe opere. Le
sentivano come un onore che il successore di Don Bosco faceva
a tutte le popolazioni. Frutto dello spirito di famiglia trasfuso
da Don Bosco che mette tutte le sue istituzioni a servizio comune
suscitando una grande cordialità di rapporti in mirabile simbiosi
sociale. Dovremmo sfogliare la corrispondenza personale di Don
Albera a Don Rua e ad altri superiori maggiori per cogliere l'in-
timità del fervore di vita religiosa, nella dinamica apostolica,
pedagogica e didattica, neli'attività evangelizzauice. Ci limitiamo
a quella deil'intelligente e solerte segretario Don Calogero Gu-
smano al Bollettino Salesiano e alle pagine diligentemente rias-
suntive della biogra6a di Don Garneri.
In Brasiie
I viaggi furono facilitati dal Ministro del Lavoro che favorì
a Don Albera e al segretario un biglietto gratuito di prima clas-
se pei percorsi in ferrovia e in nave. Al noviziato cli Coxipd
ebbe la consolazione di accogliere la professione religiosa di sette
salesiani e di benedire l'abito per la vestizione di cinque aspi-
ranti. Altre quattro vestizioni benedisse nel noviziato delle Fi-
glie di Maria Ausiliatrice. A Corurnbi, fiorente esternato, gli
stessi superiori dormivano in reti sospese nelle scuole, non solo
pel caldo, ma anche perché inancavano camere da letto. Vera
sorpresa fu il comparire a Cuyabh di una Commissione di Indi
Bororos quasi completamente nudi (dieci uomini e tre donne)
per chiedere al Presidente deUo Stato la liberazione daassogget-
tamento a militari e l'aflidaniento ai salesiani. Vennero ricoperti
aila meglio prima che ossequiassero Don Albera.
AU'improwiso giunse l'invito a partire: il vaporino anticipava,
e non ne sarebbe passato altro per un buon mese da Cuyabi. Ma
i soci della Compagnia di S. Luigi (180 exallievi dai 18 ai 20
anni) che erano I'anima di tntte le manifestazioni cittadine, ie-
cero presto ad avvertire Don Albera che era fuori casa, ed aiu-
tare i superiori a organizzare un solenne addio al suono mesto

13 Pages 121-130

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13.1 Page 121

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della banda, mentre il Presidente, il Generale comandante e le
autorità accorrevano alla stazione di imbarco per ossequiarlo.
In compenso, durante una sosta del vaporino per carico di
legna, Don Albera ablx occasione di battezzare quattro bii-
betti. Per raggiungere il porto di Santos e quindi la città di San
Paolo, dov'era atteso, Don Aibera dovette tornare in Paraguay,
ripassare per l'Argentina e l'uruguay onde prendere il largo sul-
l'oceano.
Sbarcato a Santos, entrò subito nella prima chiesa che in-
contrò e si raccolse in fervida preghiera, finché non giunse I'ispet-
tore Don Peretto a condurlo a San Paolo, ove l'attendeva una
accoglienza grandiosa e il benvenuto ufficiale a suon di banda,
da Salesiani e giovani con Mons. Neri ed altre personalità, dal più
illustre oratore I'avv. dott. Machado e dal senatore Duarte de
Azevedo, più volte Ministro di Giustizia. La visita alle case della
città ve lo trattenne da metà luglio a tutto agosto. I1 Liceo Sa-
cro Cuore presentava già allora una massa di giovani e edifici
imponenti attorno al bel tempio del Sacro Cuore, capolavoro del-
l'architetto salesiano Coad. Delpiano, che il primo Direttore
Don Giordano aveva portato a imponente efficienza.
I1 Presidente Federale lo ricevette con squisita cortesia ed il
Nunzio Apostolico lo volle a pranzo attestandogli la stima in cui
eran tenute le scuole salesiane.
Nel bel tempio del Sacro Cuore Don Albera cantò Messa
solenne la festa della Natività di Maria SS. e il 9 settembre parti
per Lorena lasciando a San Paolo Don Giordano per la festa degli
Exallievi che lo rivedevano dopo sette anni di assenza.
L'afa della stagione e il disagio di carrozzoni surriscaldati
furono compensati dalla gioia dei salesiari e dei giovani, delle suore
e delle loro alunne che con una folla di popolo eran ad attenderlo
alla stazione.
La casa ispettoriale ospitava allora anche il noviziato e la
sezione dei Figli d i Maria (vocazioni adulte). Egli fu ben lieto
di predicare gli esercizi spii-ituali ai novizi che intendevano bene
la lingua italiana perché la studiavano volentieri come lingua di
Don Bosco.
La società tramviaria offrì un servizio speciale perché egli
potesse far visita ai collegi di Guavantizguetd. Di si recò a
Juiz de Fova rievocando il tragico viaggio di Mons. Lasagna e
volle pregare sul luogo dello scontro passando poi dai Padri Re-

13.2 Page 122

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dentoristi per ringraziare il P. Mattia che si era preso cura delle
salme delle vittime (il vescovo, un salesiano e una suora) men-
tre altri soccorrevano i feriti. Alla stazione di Enrique Hargreaves
attendeva il Coadiutore Dornenico Minguzzi e un altro confra-
tello coi cavalli per condurle alla scuola agraria di OUYOPreto,
donde proseguì poi per Cachoeira do Campo e Pontenova. Qui
egli tenne anche un corso di istruzioni particolari alle Normaliste
dell'unica scuola normale dello stato di Minas Gerais, che le
Figlie di Maria Ausiliatrice tenevano con gran cura e competenza.
Ad Aravar l'arrivo di Don Albera fu festa cittadina: la popola-
zione, formata in gran maggioranza di veneti, andava in delirio;
tutti lo avrebbero voluto anche nelle proprie case.
Egli aderì volentieri al desiderio di costituire fra loro il Cir-
colo di Gioventu Cattolica, animandoli a un fervido aposto-
lato di vita cristiana e di mutua assistenza. A Campinas la società
tramviaria mise un convoglio a disposizione dei salesiani che por-
tarono alla stazione tutti gli alunni delle scuole professionali e
gli studenti, con la banda in testa. E così condussero Don Albera
attraverso tutta la città, attirando tanta gente con ottime ese-
cuzioni. L'Opera di Don Bosco non vi poteva fiorire più rapi-
damente e con migliori promesse: Don Albera non fece che
incoraggiare cooperatori e benefattori ad ampliare i locali. U1-
tima sosta nel sud del Brasile h a Nictheuoy, la prima casa aperta
dai salesimi quando Don Cagliero coi primi missionari mise pie-
de in America.
Salesiani ed alunni avevano scritto a Don Rna per aver l'onore
della prima visita di Don Albera in terra brasiliana; ma la loro
lettera giunse a Torino quando egli era già in viaggio. Lo atte-
sero h o a notte inoltrata: la casa illuminata a luce elettrica fino
ali'irnponente monumento a Maria Ausiliatrice che dalla collina
splende come faro ai naviganti, slanciato per 38 metri da una
salda base di granito. Al benvenuto e aila marcia trionfale deila
banda Don Albera rispose con poche ma tanto affettuose parole,
essendo l'ora tarda. Ai mattino seguente fece coi quasi cinqne-
cento giovani, la salita al monumento per 1200 metri di viale,
che venne battezzato << Passeggio Don Albera ». Là seguì la gra-
ziosa accademia alla Madonna e iniziò ufficialmente la visita
aprendo il suo cuore a tutti. Gli alunni solevano rendere quel-
l'omaggio a Maria ogni mattina prima di andare a scuola: pas-
seggiata igienica veramente, come la chiamavano i giovani, fisi-

13.3 Page 123

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camente e spiritualmente. Di indicarono la baia di Rio de Ja-
neiro: un incanto, che offerse a Don Albera lo spunto di buoni
pensieri pei salesiani e pei giovani. Nei giorni di permanenza a
Nictheroy lo rivide poi col segretario e l'ispettore per raggiun-
gere la funicolare di Petropolis ad ossequiare il Nunzio Apo-
stolico e il Vescovo diocesano.
I1 15 agosto ebbe la gioia spirituale di accogliere un nume-
roso pellegrinaggio di soci delie Conferenze di San Vincenzo de'
Paoli pei quali celebrò la Messa presso il monumento, distribuendo
circa trecento Comunioni. Nel fervorino ricordò i rapporti di
Don Bosco coi primi soci delle Conferenze e la cura con cui le
adattò e fece fiorire nei suoi Oratori. Una prowidenza fu, più
tardi, la visita dei Ministro dei lavori pubblici che capi subito
l'importanza e il valore del monumento, e chiese al direttore il
permesso di far costruire un ascensore a conto dello stato per
favorire la salita a visitatori e pellegrini. Venne infatti costruito
celermente e continua a funzionare con vantaggio e soddisfazione
di tutti. I1 25 settembre (1901) l'ispettore delle case del nord, im-
paziente da vari giorni, riusci a strappare Don Albera a Nictheroy
per la sua ispettoria. Addio commovente, sotto una pioggia im-
placabile. Una povera barca lo traghettava in un mare in bur-
rasca per raggiungere la nave Bresil impiegando più di un'ora
per un tragitto da dieci minuti e minacciando ad ogni momento
di farli Tiir tutti in acqua. Momenti terribili! Giunsero alla nave
inzuppati da far pietà e di salutarono i confratelli che ritor-
navano a Nictheroy col vaporetto di servizio.
I1 secondo anno in America
Con le visite alle case del nord dei Brasile Don Aibera iniziò
il suo secondo anno di vita in largo senso missionaria, in America.
Il viaggio fu assai disturbato dal mare in burrasca che inondò
con ondate capricciose p e r h o le cabine col finestrino sul ponte.
La vista di Bahia, coi suoi numetosi campanili rallegrò tutti.
E l'accoglienza, al suono della banda dei cari allievi negri del
collegio salesiano aperto da poco inondò i cuori di commozione.
Ai trattenimento di onore intervennero l'Arcivescovo, che colse
l'occasione per chiedere a Don Albera le dimissorie delle sacre
ordinazioni a vari chierici in quegli stessi giorni, il Governatore

13.4 Page 124

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dello Stato, il Prefetto, il Sindaco, autorità e personalità ecde-
siastiche e civili.
Durante il soggiorno Don Albera definì anche il personale per
l'apertura di una colonia agricola già accettata dai superiori nel
vicino Stato di Sergipe.
I giovani artigiani gli presentarono i loro lavori, cominciando
dai tipografi che diffondevano pubblicazioni su Don Bosco e
una buona collana di letture amene cui collaboravano le mi-
gliori penne dello Stato.
Col passaggio del primo vapore il visitatore proseguì quindi
per Pernambuco, con breve sosta di transito ad Alagoas, per osse-
quiare il vescovo giunto da poco da Roma ove aveva conosciuto
Don Rua in occasione del Concilio Latino-Americano.
I1 collegio di Pemambnco con le due sezioni di artigiani e
studenti era affollato di autorità, personalità e cooperatori che
diedero all'accoglienza e al trattenimento un tono cittadino e du-
rante la visita offersero a Don Albera la consolazione di bene-
dire un'artistica statua del Sacro Cuore ordinata a Parigi e di
collocarla in cortile su un'agile colonna per attestare la sempre
viva gratitudine a chi aveva scampato salesiani ed allievi da tanti
ostacoli e prove, compresa la malaria e gli allagamenti fin dal-
l'inizio de1l1Opera.
Dopo una visita commovente, Don Albera decise anche l'ac-
cettazione di un secondo collegio, tutto di orfani e poveri che
vivacchiava con personale instabile come opera pia della Santa
Casa, chiedendo rinforzi a Torino. I1 cuore sanguinava di fronte
alla impossibilità di soccorrere altri vescovi, i quali si trovavano
in enormi di6coltà per prowedere alla salvezza di tanta povera
gioventù derelitta e premevano da altre diocesi. Questa è la ra-
gione per cui Don Albera rinunziò a visitare il Para: non gli
bastava l'animo di andare a constatare tante necessità, senza po-
tervi provvedere. Ed ecco il Vescovo di MaranhZo, che aveva cono-
sciuto Don Bosco mentre studiava a Parigi al San Sulpizio, a pro-
spettare la tragica situazione della sua. Pochi mesi prima gli Indi,
esasperati dai maltrattamenti di coloni sfruttatori, si erano sfo-
gati sui missionari, facendo strage dei Cappuccini e delle suore,
dei loro alunni e delle loro alunne: duecento vittime in un ecci-
dio orrendo. Fu uno strazio per Don Albera che non vedeva nes-
suna possibilità di aiutarlo.
Intanto i giovani di Pernambuco chiudevano i loro esercizi

13.5 Page 125

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spiritu&, e Don Albera li accompagnò alla Colonia Agricola di
Jaboatao passando una giornata di svago. Colse l'occasione per
vedere i confratelli e i primi alunni che fra molti sacritizi pre-
paravano anche l'ambiente per il noviziato dell'ispettoria.
I1 25 ottobre prendeva congedo e s a « Alagoas » iniziava i1
ritorno a Rio de Janeiro, sostando alcune ore a Vitoria, capitale
dello Stato di Spirito Santo, dove il Governatore ecclesiastico,
sardo lo volle a pranzo ed il suo coadiutore, pure italiano ed
exdievo salesiano, non b i v a di chiedere notizie dei suoi antichi
superiori. La notte deii'ultimo tratto fu pessima per Don Albera
che, preso da violenti dolori ribelli a ogni calmante e a tutte le
cure del medico, arrivò a Nictheroy in uno stato pietoso, dovette
mettersi a letto e rinunziare ad andare a San Paolo dov'era atteso,
per la benedizione della monumentale statua del Sacro Cuore, da
molti vescovi, confratelli, giovani e cooperatori...
Daii'Atlantieo al Pacifico
Rimesso in stato da poter sostenere il resto del viaggio, Don
Albera diede l'addio a Nictheroy con l'animo pieno di tante emo-
zioni, e con tre giorni di navigazione suli'Orellana per Rio de Ja-
neiro raggiunse Montevideo, obbligato a sostare &'isola di Flores
(lo scoglio più brullo della zona) per la quarantena imposta a tutti
i vapori provenienti dal Brasile dov'era stata denunciata la feb-
bre gialla. Per fortuna l'ispettore deii'uruguay Don Gamba ot-
tenne di esservi condotto anche lui in quarantena e tenne com-
pagnia in quella sosta forzata, trattando con Don Albera vari
problemi riguardanti le Missioni, mentre questi ogni giorno ri-
volgeva qualche buona parola e celebrava la Messa agii altri navi-
ganti, quasi tutti emigrati spagnuoli. Superata la quarantena e
salutati i confratelli nel passaggio a Montevideo, scesero a Bue-
nos Aires. Scambiati a h i saluti affrettatamente, proseguirono in
ferrovia ( i 2 ore di treno) per Mendoza, dov'era già ad atten-
derlo Mons. Costamagna per accompagnarlo attraverso la Cordi-
gliera alle case del Cie.
A Mendoza Don Albera trovò due fiorenti collegi dei Sale-
siani e delle Figlie di Maria Ausiliatrice con una discreta cap-
pella, che i fedeli affollavano a tutte le funzioni, e due Oratori
festivi. Egii stesso predicò più volte nel corso del mese mariano
che si concluse con la festa dell'lmmacolata e presiedette la

13.6 Page 126

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conferenza annuale dei Cooperatori lasciando la parola a Mons.
Costamagna, suo compagno di collegio, di studi, di ordinazione
sacerdotale ed intimo amico. Prima di partire per la Cordigliera
fecero una capatina a Rodeo del Medio, dove vennero ospitati
nella villa di una signora che, rimasta vedova in giovane età con
due tiglioletti, aveva regalato ai salesiani e aUe suore vari ettari
di terreno e infine la sua stessa villa, impegnandosi a sostenere
la spesa per la costruzione della chiesa, perché gli abitanti di q u d a
zona vinicola, in gran parte veneti, piemontesi e iiguri, avessero
le cure spirituali, mentre, coltivando le vigne, facevano la loro
fortuna materiale. Don Albera raccomandò di &rettare anche la
apertura di scuole per esterni; e la pia signora diede valido
aiuto, sicché l'anno seguente tutto era un fatto compiuto.
La traversata della Cordigliera fu dura per Don Albera, già
anziano di età, malandato in salute, non awezzo al cavalio. Ma
ce la fece, grazie soprattutto alie attenzioni di Mons. Costama-
gna che la conosceva a palmo a palmo e l'aveva fatta pertino sfi-
dando metri di neve tre mesi prima, aprendosi il passaggio a
forza di braccia. Ne parlarono i giornali con grande ammira-
zione. Don Albera ebbe la pelle deila faccia bruciata in parte dal
gelo. Gran sollievo, quando giunsero a Los Andes, poter ospi-
tarsi dal parroco, pulirsi e rifocillarsi e poi prendere il treno per
Santiago del Cile. Dall'altezza di quattromila metri poterono dare
uno sguardo &a lunga striscia che corre dal Periì aiio stretto di
MageUano fra le Cordigliere e il P a d c o . Alla stazione di San-
tiago era ad attenderli anche il veterano dei missionari, Don
Tomatis, partito da Torino con la prima spedizione nel 1875.
Alla casa ispettoriale, collegio La Gratitud Nacional, eran con-
venuti superiori ed alunni deil'altro collegio < Patrocinio di S.
Giuseppe » e rappresentanze dei quattro Oratori festivi per l'ac-
coglienza nell'ampio cortile trasformato in salone, con una so-
lenne accademia, dopo la funzione nel tempio del Sacro Cuore
di Gesù. Don Albera passò poi nei giomi seguenti a visitare
ogni casa, comprese queiie delle Figlie di Maria Ausiliatrice, svi-
luppatesi con tanta rapidità grazie alla generosità del popolo
cileno.
Da Santiago fecero una capatina aila promettente scuola agra-
ria di Melipilla su cui contavano tanto l'Arcivescovo ed il Go-
verno: 150 ettari di terreno e 120 alunni esterni. A Mons. Costa-
magna premeva condurre Don Albera a Talca e negli altri col-

13.7 Page 127

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legi prima che finisse l'anno scolastico. Sicché l'indomani parti-
rono per queste città dove fioriva una apprezzatissima scuola
professionale e funzionava una chiesa delle più frequentate, spe-
cialmente pei Sacramenti. Oltre agli alunni con la banda, auro-
rità e cooperatori, attendevano anche vari religiosi che vollero
formare il coro pel canto del Te Deum nella chiesa affollata.
La casa era stata aperta proprio il giorno in cui moriva Don
Bosco, 31 gennaio 1888, da Don Tomatis, ricordatissimo sempre.
Mentre visitava le case d'America Don Albera non dimen-
ticava né l'Italia né la Francia. Fra tanta corrispondenza è meri-
tamente ricordata una lettera a Don G. Battista Grosso, che in-
segnava il canto specialmente sacro nella casa salesiana di Lom-
hriasco, Jov'era direttore. Don Albera lo spronò a propagan-
dare sempre più il canto gregoriano di cui era veramente uno
dei migliori maestri della Chiesa: « Voi siete stato (gli scriveva
abitualmente in francese) sempre un po' avaro di questo tesoro
ai vostri confratelli, non saprei se per timidezza o per altre ra-
gioni. Ve ne scongiuro, date generosamente agli altfi quel che
Dio vi ha accordato con tanta abbondanza... ».
Da Talca raggiunsero Concepcidn, la prima casa aperta dai
salesiani nel Cile. I p h i dodici orfaneili in due mesi arriva-
rono a 35 interni e 150 esterni. Crescendo le richieste, il nuovo
direttore aveva azzardato ampie costruzioni, ma si era ingoilato
nei debiti fino ad irritare i creditori che minacciarono lo sfratto
e l'appropriazione. Don Rua aveva dovuto mobilitare tutte le case
al concorso finanziario per salvarla, e f u prowidenza. Don Albera
si trovò di fronte a una fioritura meravigliosa. Erano a riceverlo,
coi giovani, il presidente e quattro ministri della Corte suprema,
il corpo diplomatico e un'ottantina delle più alte personalita del
clero e del laicato che avevano fatto allestire un pranzo ufS-
dale nel collegio stesso insieme agli alunni, e non finivano di
lodare l'ottima educazione e formazione scolastica e professionale
di quei figli del popolo. I1 direttore ne approfittò per chiedere
a quei signori non solo aiuti materiali di cui già largheggiavano,
ma anche collaborazione di consiglio e di indicazioni pel conti-
nuo aggiornamento dell'opera benefica. Z'indomani Don Albera
benedisse un grazioso monumento alla Vergine per ricordare an-
che l'audace direttore che, ottenuta la salvezza della casa, si era
votato alia cura dei lehbrosi ed era partito per la Colombia.
Celebrata solennemente, col concorso di tutto il popolo, la festa

13.8 Page 128

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della Madonna, Don Albera con Monsignore riprese la via pel nord,
sostando a Valpauaiso per l'inaugurazione del nuovo collegio di
arti e mestieri. Dali'eloquenza dei migliori oratori Don Albera
poté avere nuove conferme dell'alta stima in cui erano tenute le
scuole professionali salesiane. I1 dott. Dario Urzùa giunse a di-
chiarare: << I1 cristianesimo già salvò la civiltà europea dalle inva-
sioni della barbarie; Don Bosco salverà la società attuale dalla
distruzione anarchica da cui è minacciata ».
Don Albera ne godette di cuore animandosi sempre più a
favorire, come fece, l'aggiornamento tecnico delle Scuole profes-
sionali, affidandole poi, durante il suo rettorato, a un uomo come
Don Pietro Ricaldone, ottimo successore di Don Bertello.
Più tardi s'indugiò a descrivere come Don Bosco amasse
i giovani e incoraggiasse a cnrare gli Oratori festivi. I salesiani,
dopo la benedizione ai locali e ai laboratori impartita da Mons.
Costamagna, ebbero la gioia di vedere accorrere tanti giovani che
alla terza domenica ne poterono contare circa ottocento... Nella
casa di La Seuena, aperta con tre confratelli tolti a quella di
Sucre in Bolivia, Don Albera trovò in efficienza due laboratori,
e all'oratorio un'ottantina di esterni. Ad Iquique, cittadina indu-
striale cosmopolita, boniiicata religiosamente da Don Camillo Or-
tuzar, che siuggi ali'episcopato facendosi salesiano, tenne confe-
renza anche ai Cooperatori e constatò lo sviluppo dei collegi dei
Salesiani e delle Figlie di Maria Ausiiiatrice, tanto da poter far
loro considerare: Lo spirito caritatevole di Don Bosco qui si
riflette in tutto: è l'istruzione popolare che si svolge; è gio-
ventù felice e contenta che si raduna negli Oratori festivi; idee
religiose suscitate e coltivate; sacerdoti che dal puipito propa-
gano il bene; confessionali ricercati, mensa eucaristica frequen-
tata; il nome di Maria Ausiiiatrice erompe dalle labbra dei gio-
vani, Gesù regna nei cuori: ecco quello che voi venite a vedere ».
Da Iquique Don Nbera venne accompagnato al noviziato di
Macul, tanto promettente per buone vocazioni. I novizi lo ave-
vano atteso imponendosi perfino gravi mortificazioni perché il
Signore benedicesse il suo viaggio. Ed egli dettb loro gli eser-
cizi spirituali, benedisse l'abito religioso ed accettò quindici pro-
fessioni. Don Gusmano, chiudendo le relazioni sulla visita alle
case salesiane del Cile, rilevava le consolazioni provate da Don
Nbera nelja predicazione di esercizi spirituali anche ai confra-
te& e nel pellegrinaggio al santuario della Vergine di Andacollo

13.9 Page 129

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in occasione dell'incoronazione d d a immagine miracolosa: qua-
rantamiia pellegrini, cinque vescovi e 107 sacerdoti.
Commovente spettacolo di fede e di pietà mariana; santuario
capace di diecimila fedeli, a 1090 m. sul mare, in posizione incan-
tevole. Compi la funzione il Vescovo diocesano di La Serena. I1
Vescovo di Ancud, Mons. Angelo Jara, bruciò in omaggio alla
Vergine il discorso che aveva scritto e si abbandonò d a elo-
quenza del cuore, suscitando tante emozioni.
Edificante impressione si godeva anche in tutte le chiese dove
le donne andavano vestite con esemplare modestia e senza distin-
zione di popolane e di benestanti, perché tutte awolte nel manto
-oscuro rituale: Sarebbe cosa vana - scrisse il fine osservatore
voler distinguere una donna nobile dalla plebea, la ricca dalla
povera nelle Chiese cattoliche, anck& più frequentate: un manto
nero che scende da& testa, si annoda con vari giri al collo e
giunge &o a due terzi della persona... non un ornamento, un
fiore, un nastro... il lusso non è ancora entrato nelle Chiese ci-
lene. Si voleva introdurre in occasione di sposalizi, ma 1'Arci-
vescovo permise solo che la sposa cambiasse il colore del velo,
da nero in bianco, niente altro ». Una buona lezione anche per
i nostri tempi.
Edi6cantissimo il fervore con cui gli uomini fanno annual-
mente corsi di esercizi spirituali con un impegno da superare
quelio di tanti religiosi... La statistica del tempo ha dato che
in 58 case salesiane dell'Argentina si educavano d o r a 17.645
tra fanciulli e fanciulle, di cui 3.673 mantenuti gratuitamente
o quasi. Nel Cile le cifre, in proporzione d e case, variavano di
poco (Boll. Sal., novembre 1903, pagg. 331 e segg.).
A Valparaiso l'addio al Cile e l'imbarco pel Ped: mare cal-
mo fino al porto di sbarco, a Mollendo, donde si raggiungeva la
stazione ferroviaria per gli altipiani incantevoli. Ma per sbar-
care che acrobazie!... A ragione il porto era lo spavento dei pas-
seggeri: sempre agitato da onde furiose che s'infrangono rabbio-
samente una dopo l'altra contro gli scogli e le rocce che si
scoprono e scompaiono rapidamente senza dare un minuto di
tregua. Aggrappandosi saldamente alla scala, grazie a Dio, Don
Albera e Don Gusmano riuscirono a mettere piede a terra cani e
salvi. Li attendevano il direttore del collegio di Areguipa e Don
Quaini che si drettarono a condurli al treno pronto per partire.
A metà percorso, durante una sosta lunghetta, il babbo di

13.10 Page 130

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due convittori se li condusse in casa ove aveva preparato una
cordiale ed abbondante refezione che li mise tutti in forma per
proseguire l'ascesa ai 2500 m. dove domina Arequipa. Erano ad
accoglierli il direttore del collegio del CaUao, in convalescenza
ad Arequipa, con una deputazione di convittori che li accompa-
gnarono aila stazione dove, nonostante la pioggia, un mondo di
gente con le massime autorità porsero i primi ossequi e fecero
corteo h o all'istituto fiorente, con scuole e laboratori in piena
efficienza come l'Oratorio festivo; in costruzione una grandiosa
chiesa a Maria Ausiiiatrice. Durante la visita Don Albera cele-
brò una messa di ringraziamento chiesta dalle cooperatrici e be-
nefattrici più insigni che vi parteciparono con devozione e ascol-
tarono le calde esortazioni ad affrettare l'ultimazione del sacro
edificio, in cui erano impepate a qualsiasi sacrificio. Don Al-
bera si compiacque soprattutto della scuola teorico-pratica di
agricoltura che applicava scient%camente gli alunni formando
ottimi agronomi ed agenti rurali. Era molto cara alle autorita:
l'avevano dotata di un magniiico gabinetto di chimica e anda-
vano fiere dell'Osservatorio meteorologico molto apprezzato an-
che all'estero, dove allacciava i migliori corrispondenti.
Da Arequipa Don Albera si allontanò alcuni giorni per visi-
tare le case salesiane di La Paz dove altra gioventi l'attendeva.
Ma dovette salire in ferrovia fino ai 4000 m. e, giunto a PUEO,
imbarcarsi su un vaporino che impiegò dodici ore ad attraversare
il lago Titicaca ove le sofferenze per l'aria rarefatta di quell'al-
topiano furono aggravate dalle acque agitatissime del lago. A
Chilihaya erano ad attenderlo i direttori di La Paz, capitale della
Bolivia, e di Sucre, per accompagnarlo sull'omnibus fino a La Paz.
Ma prima di giungere alla capitale, ecco il Rettore deU'Univer-
sità con distinti Cooperatori a incontrarlo e a fargli scorta di
onore. Al collegio erano i membri del Governo, il Corpo diplo-
matico e le autorità cittadine. Don Albera abbracciò ad uno ad
uno i salesiani e si trattenne tutta la settimana santa celebran-
dovi le funzioni liturgiche, commuovendosi e commuovendo, con
le sue parole, giovani e popolo. I1 Presidente della Repubblica
vi portava la più alta edificazione accompagnando, coi Ministri
e le Autorità deiio Stato, il SS. Sacramento e facendo devotamente
i suoi turni di adorazione. La fatica della respirazione gli impedì
di recarsi a d e a Sucre.
Tutta la casa condivise il dolore che l'aveva colpito negli af-

14 Pages 131-140

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14.1 Page 131

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fetti familiari: la notizia della morte del fratello P. Telesforo,
comunicatagli con delicatezza da Don Gusmano a Puno per inca-
rico di Don Rua. La comunità elevò a Dio femidi suffragi, cui
si unirono anche confratelli e giovani di Sucre.
Questo gli rese più sensibile la pena di non poter far loro
visita, dovendo aifrettare il suo ritorno al Mollendo per imbar-
carsi alla volta di Callao. Ma i cavalli dell'omnibus nel con-
durlo alla stazione ferroviaria tentarono più volte, chissà per qual
capriccio, di dare indietro. I giovani, che lo vollero seguire per
buon tratto, insistevano perché egli vi vedesse un segno della
prowidenza e si trattenesse ancora in Bolivia.
Al Mollendo fu un nuovo rischio raggiungere il vaporino
anche se il capitano aveva mandato la sua barca personale a
prelevare Don Albera. Un'ondata violenta la staccò dal porto
prima dle vi potesse salire Don Gusmano che dovette attendere
una buon'ora aggrappato alla ringhiera del porto prima di po-
ter essere portato ai bastimento. Come Dio volle, poterono ritor-
nare ad Areqnipa, dove intanto si era ultimato un ampio padi-
glione per i laboratori: Don Albera li benedisse di cuore rivol-
gendo a salesiani e giovani rallegramenti e incoraggiamenti a col-
tivare le arti professionali con tecnica ben aggiornata.
Finita la funzione, si scambiarono i saluti e in una ventina
di minuti di ferrovia Don Albera fu al Callao dove tutta la
famiglia salesiana era in lutto per la morte del direttore Don
Sani, che in tre anni di intenso lavoro si era accorciato la vita,
a 33 anni. Inteneriva i cuori vedere quanto tutta la città lo sti-
masse e lo amasse. I salesiani, oltre la cura delle scuole che edu-
cavano 250 allievi, &uavano una chiesa vicina al porto e da-
vano missioni alle carceri e all'ospedale detto dei « Cinesi »
perché serviva in gran parte ai cinesi immigrati allora già in
ventimila tra Lima e Callao. Le Figlie di Maria Ausiliatrice
oltre al loro noviziato, vi tenevano un educandato di circa due-
cento allieve.
In mezz'ora dal Callao giunsero alla capitale, Lima, dove Don
Bosco era stato fatto conoscere da un pio francescano che era
stato sorpreso da una violenta burrasca mentre ritornava al suo
convento. Sentendosi perduto con tutti i passeggeri, s'era buttato
in ginocchio sulla nave in scompiglio invocando i'aiuto di Dio
per intercessione di Maria Ausiliatrice e promettendo di far pub-
blicare e diffondere la « Vita di Don Bosco ». Ebbe appena tem-

14.2 Page 132

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po a iinir la preghiera che le acque si calmarono e tutti futono
salvi. Egli divenne l'apostolo di Don Bosco.
A Lima Don Albera sperava di potersela cavare in pochi giorni
nella visita ai due collegi, ai salesiani e alle suore, perché gli
premeva partire il 26 aprile per l'Equatore. Ma, mentre egli si
affrettava anche ad ossequiare l'Arcivescovo, il Delegato Apo-
stolico, il Minisuo d'Italia, che avevano aiutato tanto i salesiani
espulsi dali'Equatore nelle tragiche vicende e poi nell'esiiio, otte-
nendo loro ospitalità nel P&, ecco un telegramma dall'Ispettore
e poi una lettera dal direttore di Quito a scongiurarlo di non
mettersi in viaggio perché le vie erano impraticabili per piog-
ge torrenziali, e a non deludere i confratelli, proseguendo per
la Colombia e toccando solo Guayaquil. Da anni non vedevano
un superiore: Mons. Costamagna aveva divieto di metter piede
nel suo vicariato e il nuovo ispettore non s'era ancora fatto ve-
dere; in Colombia poi infuriava la guerra civile: attendesse quin-
di quanto fosse necessario. Fu prowidenza per imporre a Don
Aibera un po' di riposo di cui aveva bisogno.
Egli ne approfittò per fare i suoi esercizi spirituali, poi bene-
disse la nuova cappella predicandovi prima un triduo prolungato
per preparare alcune postulanti a ricevere l'abito religioso e le
novizie alla professione. Fece egli anche queste care funzioni in-
fervorando poi con la sua frequente parola il mese mariano ora
in uno ora nell'altro dei due collegi. Cosi anche i confratelli e
le suore ebbero la consolazione di poter conferire personalmente
con lui. Ebbe modo di venerare Santa Rosa, la santa vergine
di Lima, la prima del nuovo mondo elevata all'onor degli altari,
celebrando nel suo santuario e al suo altare. La società inglese
che faceva funzionare la ferrovia per salire al celebre monte
Meiggs, ad oltre cinquemila metri sul mare, gli favorf la escur-
sione con tre biglietti gratuiti. Anche al Cailao si recò più volte
a parlare nella frequentatissima chiesa pubblica. Prima della fe-
sta delia Madonna giunse a Lima Mons. Costamagna che tenne
la conferenza ai Cooperatori neil'ampia chiesa dei PP. Gesuiti,
alla presenza del Delegato Apostolico, che pont&cò poi la festa,
dell'Arcivescovo e da Mons. Caceres. Mons. Costamagna sollecitò
i'apertura di un Oratorio festivo di cui si sentiva tanta necessità.
I1 26 maggio i collegi di Lima si riunirono per partecipare
insieme alla Messa di Don Albera e porgergli il saluto, il rin-
graziamento e l'augurio per un felice proseguimento. Mons. Co-

14.3 Page 133

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stamagna li accompagnò con vari salesiani fino al Callao, dove
centinaia di giovani dei due collegi rinnovarono le scene di ad-
dio da Lima, facendo salire la loro banda fino a bordo del basti-
mento a dar loro l'ultimo saluto.
11 29 maggio cadeva la festa del Corpus Domini. La nave
sostò alcune ore a Payta e Don Albera, dopo aver celebrato la
Messa nel salone di prima classe pei passeggeri, scese con Don
Gusmano per fare almeno una visita al SS. Sacramento. S'im-
batterono nella processione e un sacerdote offerse loro nna tor-
cia perché potessero accompagnare Gesù Sacramentato.
Dai Bororos ai Jibaros
Ripresa la navigazione, ecco ad un tratto apparire una vege-
tazione lussureggiante: era l'Equatore. Sbarcarono a Gzaayaqzail,
ma sostarono al collegio in stretto incognito solo per due giorni,
trattati con cordialità dal personale laico che ancora lo gestiva
in attesa dei salesiani ai quali era stato affidato da poco. Prose-
guendo per l'oriente in ferrovia, pernottarono a Huigra, gola
di due monti con misere capanne di tenda al di qua e al di
di un torrente, ove li ospitò un buon cooperatore e vennero ben
trattati anche dal capitano di polizia, exallievo deila casa di Quito,
a8ezionatissimo ai salesiani: li aveva visti quando erano stati man-
dati in esilio con tanta crudeltà e ne sentiva ancora vivissima
pena. A Don Albera toccò una tenda con un buco, e l'indomani
si alzò con un molestissimo torcicolio. Tuttavia, gradito una spe-
cie di brodo e un bicchier di birra, con Don Gusmano si mise
in forma per cavalcare e proseguì a cavallo, con la guida di al-
cuni indi fino a Guatagsi ove fu ospite di un altro cooperatore al
quale l'ispettore aveva telegrafato che li trattenesse fino al suo
arrivo. Don Fusarini li accompagnò poi per un buon tratto attra-
verso le foreste, bellissime ma popolate di serpenti, per monti
scoscesi, passando sull'orlo di orrendi precipizi, per guadi di fiu-
mi profondi e di pantani che li inznppavano fino al ginodio.
Dovette però lasciarli presto per ritornare sulla sua via verso
l'occidente. Più di una volta, giungendo ai tambo (luoghi di sosta
pei missionari) Don Albera lo si doveva togiier di peso da cavallo
e deporre su una sedia o qualcosa di simile perché le gambe
non lo reggevano. Dove l'indio di stanza era stato preavvisato
vi trovavano un po' di acqua calda salata e al più impoltigliata

14.4 Page 134

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di farina di meliga, di patate o di yucca. Spesso l'unico piatto
che trovavano era un po' di granturco, neppur suflicientemente
salato. Era l'epoca delle piogge, quindi con disagi taii da dissua-
dere chiunque dal proseguire. Eppure dovettero proseguire finché
il cavallo, nella salita all'Auzy, non scivolò sbalzando Don Albera
di sella s d a roccia con un piede impigliato nella staEa. Per gra-
zia di Dio, si fermò, l'indio accorse a tenerlo fermo e Don Gu-
smano gli poté liberare il piede dalla staffa. Poteva essere un'av-
ventura fatale!
A Canar vennero ad incontrarlo distinte persone, col fra-
tello dell'ex-Presidente della Repubblica, decano dei canonici di
Cuenca, e l'eroico missionario dei Jivaros Don Mattana. Du-
rante la sosta fu un susseguirsi di visite e di insistenze perché
il visitatore decidesse la costruzione di una casa di arti e me-
stieri per sarti, calzolai e cappellai, e una scuola di musica stru-
mentale. L'indomani Don Albera poté proseguire per Cuenca,
dove i salesiani si stavano sistemando con una dozzina di orfa-
nelli in una povera casa, rimpiangendo il collegio requisito dai
persecutori e poi lasciato andare in rovina. Qui vennero ad
incontrarlo una cinquantina di uomini a cavallo che gii consi-
gliarono di cambiare il suo per trovarsi meglio; ma appena pre-
se le mosse, il visitatore cadde malamente con la gamba sini-
stra sotto il ventre dell'animale. Gli g o d ò talmente da doversi
rassegnare ad assoluto riposo per tre giorni nella casa dei Pa-
dri Redentoristi che l'ospitarono con tanta cordialità usando-
gli ogni attenzione. L'l1 giugno riprese il viaggio per giunge-
re a Szgsig a pernottare prima di addentrarsi in piena foresta.
A qualche ora di cammino, prima di raggiungere la meta, cento-
cinquanta tra i maggiorenti, con a capo il clero, lo attendevano
per scortario fino alla città illuminata a festa. Sennonché le grida
e le acclamazioni degii abitanti destarono l'allarme in un distac-
camento di soldati già ubriachi in quella notte, ed uno di essi si
lanciò a fermare il cavallo del primo che gli capitò. Questi, un
ex-colonnello, gli sferrò un pugno che lo mandò a ruzzolare. Ne
nacque un parapiglia con spari di fucilate all'impazzata: per gra-
zia di Dio, non colpirono né le persone né le bestie. Don Albera
veniva ospitato dal parroco ed una delegazione volava a Cuenca
a denunciare il fatto alle autorità. Ma i soldati, passata la sbor-
nia, eran già lungo la strada a rendere onore a Don Albera che
proseguiva, chiedendogli la benedizione. Altri tre giorni per la

14.5 Page 135

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foresta, incontrando solo ranchos e tambos, portarono finahente
il visitatore a Gualaquiza, dove i confratelli gli si gettarono fra
le braccia, con le lagrime agli occhi, gridando evviva come fuori
di sé: non pareva loro vero di avere fra loro uno dei più cari
superiori da Torino. Gualaquiza non era allora che una vallata
fra due fiumi confluenti nel titolare, e tutta foreste con una
decina di case di bianchi; le choze dei Jivaros erano disseminate
fra il verde. I missionari macilenti e logori daiie fatiche, dalle
prove e dai sacrifici, cantarono il Te Deum nella misera cappella,
accompagnandosi con un harmoniurn malandato, mentre il cuore
di Don Albera, gonfio di emozione, pregava per loro. I Jivaros
... intanto afnuivano recando doni di yucca e banane per averne in
cambio aghi, filo, specchi, medaglie
Nel Bollettino Salesiano di agosto 1904 (pagg. 232-37) se-
gue una minuta descrizione dei Jivaros di quei tempi accurata-
mentre trasmessa da Don Gusmzno, che saremmo tentati di ripro-
durre, tanto è pittoresca. Ma Don Albera soffriva nell'intimo per
lo stato pietoso dei poveri missionari che stentavano a reggersi
in piedi e si prodigavano con lui per ristorarlo e metterlo in
efficienza pel resto del viaggio.
Don Albera preparò i Jivaros alla festa di Maria Ausiliatrice,
ritardata al 22 giugno, alternandosi con Don Gusmano neila pre-
dicazione del triduo e poi nelle sacre funzioni coronate d d a
processione attorno alla collina ove sorge la missione. L'indomani
bisognava partire.
Con qual pena da ambo le parti, è facile immaginare! Come
pure con quanta trepidazione per il percorso che occorreva ri-
prendere e che gli uni e gli aitri ormai ben conoscevano. I con-
fratelli a cavallo e i Jivaros, che occompagnarono Don Albera e
Don Gusmano per un buon tratto della via del ritorno non
Tiivano di indicar loro le cautele, le precauzioni e i riguardi da
avere. I1 percorso era anche più ostacolato dagli alberi schian-
tati dal diluvio dei giorni precedenti. Impiegarono ugualmente
tre giorni per tornare a Cuenca, ove si fermarono il puro ne-
cessario per ricambiare visite di dovere; quindi presero la dire-
zione di Riobamba e vi giunsero in quindici giorni, valicando
il terribile Amay. La guida non seppe poi imbroccare la dire-
zione verso la casa di un cooperatore e dovettero girue per
precipizi spaventosi finché giunsero a una casa abbandonata do-
ve passarono il resto della notte accovacciati su un assito, ca-

14.6 Page 136

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prendosi con quanto avevano sul dorso dei cavalli, per cu-
scino le selle. Al far del giorno, la guida era sparita e do-
vettero cercarsi un altro indio nei dintorni che si adattò a ma-
lincuore, perché si dovevano drontare tratti ancor più perico-
losi per lastre di pietra appena scheggiate, su cui i cavalli sdnic-
ciolavano e si rialzavano a stento. La mula di Don Gusmano
tentò tre o quattro volte un'arrampicata con le ginocchia san.
guinanti, Tidié scivolò e il segretario fece appena in tempo a
svincolarsi dalle staffe e lanciarsi a terra.
Come Dio volle, il 5 luglio 1902 erano a Rtobamba fra le
braccia dei confratelli e una settantina di giovinetti delle scuole
salesiane, venuti ad incontrarli, che poi si disposero in due iile
per l'ingresso di Don Albera in città.
Riobamba era sede dell'ispettore: si presentava già linda e
rifatta dalla rivoluzione di cui tutti avevano sofferto, su un alto-
piano a 2798 m. sul mare, con circa 16.000 abitanti. Durante
la visita Don Albera presiedette al saggio finale dei 200 alunni,
gustando in modo speciale il dialogo di tre Jivatos di Gualaquiza
che al battesimo avevano assunto il nome di Giovanni Bosco,
Michele Rua, Giovanni Cagliero. Assistette pure alla conferenza
dei Cooperatori tenuta da un Gesuita, il P. Cangas, ben al cor-
rente delle cose salesiane. Don Albera disse la sua parola di rico-
noscenza e di compiacimento ai Cooperatori, benedicendo in
modo speciale la popolazione che concorreva illa cosuuzione del-
la chiesa accanto al nuovo collegio, dedicando peifuio parte della
festa ogni domenica a portar pietre e altro materiale. Ossequiato
il Vescovo infermo, da poco tornato dall'esilio, e le comunità
religiose alle quali i salesiani prestavano il ministero dell'istm-
zione religiosa, della predicazione, della celebrazione eucaristica,
e dei sacramenti, visitatore e segretario presero commiato.
In un giorno a cavallo giunsero ad Atocha dove si prepa-
rava una vasta casa pei salesiani riattando un antico seminario.
Nella vicina cittadina di Ambato li attendeva il direttore di Quito,
il quale li accompagnò dai Padri Domenicani che li ospitarono
con fraterna cordialità. L'indomani proseguirono in diligenza ver-
so la capitale, incontrati a una buona ora di distanza dalle auto-
rità cittadine e rappresentanze delle associazioni religiose che poi
cantarono coi giovani il Te Deum nella nuova chiesa salesiana
già gremita di popolo. Don Albera la benedisse col modesto col-
legio allestito dopo la rivoluzione.

14.7 Page 137

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Numerose le comunità religiose e benemerite della Repub-
blica a cui prodigarono generosamente il loro ministero appena
poterono ritornare dopo aver pagato il loro tributo d a perse-
cuzione. Ancora vivissima la memoria di Garcia Moreno che
aveva portato l'Equatore a grande prosperità e le Missioni a pro-
mettente awenire, finché la massoneria antireligiosa non ne strou-
cò la vita per mano di un sicario, mentre usciva daila catte-
drale dopo la visita a Gesù Sacramentato per recarsi al senato.
Egii aveva consacrato la sua Patria al SS. Cuore di Gesù e venne
martirizzato proprio il 6 agosto 1875, primo venerdì del mese.
Aveva per programma <( Libertà per tutti e per tutto, tranne
pel male e per i malfattori »; spirò al grido di «Dio non muo-
re ». Nell'ultimo suo scritto a Pio IX si era limitato a un
cenno alla campagna di ingiurie e di calunnie di cui era oggetto,
ritenendola una grande ventura e soggiungendo: «Qual più
grande ventura se la benedizione di Vostra Santità mi ottenesse
di versare il mio sangue per Colui che, essendo Dio, volle ver-
sare il suo per noi sulla Croce ». Sembrava la presentisse!
Don Albera fu condotto anche a veder l'ediicio che era una
volta il miglior Istituto di Arti e Mestieri, il <( Protectorado »
portato dai salesiani d a massima eficienza. Don Albera lo trovò
nelia desolazione a cui i'avevano ridotto i confiscatori della rivo-
luzione; ma i salesiani di Riobamba, al loro ritorno, avevano
aperto un Oratorio e un modesto collegio che accoglieva già
un duecento allievi quando Don Albera lo benedisse, passando
pei vari laboratori compreso il nuovo di conceria. Alte autorità
e cooperatori presenti egli rivolse toccanti parole, raccomandando
i cari orfani che la casa accoglieva e preparava alla vita: a Si-
gnori, abbiamo assistito ad un grande atto, dico grande perché
tutto è grande ciò che la religione benedice e che la carità ispira.
E qual più alto ideale che soccorrere i giovani poveri e abban-
donati, lasciati in balia di se stessi, spesso senza tetto? Questi
giovani che portano in il germe delle future generazioni, il
segreto dell'awenire sociale, la consolazione o il terrore della
Patria e della Chiesa, orfani ed abbandonati! Chi non sente tutta
la tristezza di queste qualifiche, specie pensando alla dolcezza di
godere una madre tenera e tutta sollecitudine per noi? Attorno
al derelitto non c'è che vuoto, deserto, tristezza. Chi supplirà
questa mancanza? Voi, miei buoni Cooperatori, che amate appas-
sionatamente questi poveretti; voi sarete larghi di affetto e bene-

14.8 Page 138

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volenza; voi, che con la carità disinteressata farete da padri e
da madri, voi procurerete loro un avvenire tranquillo e ono-
rato, l'avvenire del lavoro che irrobustisce, dello studio che no-
biiita, della religione che consola, santifica ed assicura la feli-
cità eterna a queste creature d'oggi... ».
Mentre riporto queste calde espressioni di Don Albera, io
penso d'attuale direttore dell'oratorio di Quito, Don Carlo Im-
rieta, mio compagno di ordinazione e di assistenza qui a Val-
docco, che da 50 e più anni cura l'Oratorio di La Tola fiorente
di un migliaio di giovani, e tocca con mano ogni giorno la prov-
videnza affettuosa dei Cooperatori Salesiani della sua Patria...
Abbiamo ricevuto tutti e due la veste talare da Don Albera e
a lui abbiam fatto tutti e due la nostra prima professione reli-
giosa...
Impaziente di raggiungere la Colombia col piroscafo che sa-
rebbe partito da Guayaquil il 30 luglio, Don Albera passò ad
ossequiare il Vescovo, il San Francesco di Sales dell'Equatore,
vero padre pei salesiani specie durante la persecuzione e I'esiiio,
il Presidente della Repubblica, il figlio di Garcia Moreno, ed
altre distinte personalità che in gran parte intervennero poi alla
accademia musico-letteraria di addio al collegio. Fu anche invi-
tato a celebrare la Messa ai 1300 alunni del collegio dei Fra-
telli delle Scuole Cristiane, che lo ringraziarono del servizio reli-
gioso prestato loro fraternamente dai salesiani.
A cavallo, in compagnia del direttore del collegio, in poche
ore fii a Sangolqui, l'antico noviziato che al momento dell'esilio
contava una trentina di novizi, e la sera stessa tornò a Quito
donde col segretario prosegui per G~layaquzZ.Con tutti i mezzi
di trasporto, diligenza, cavallo, treno, giunsero a tempo per im-
barcarsi sul piroscafo desiderato. I1 segretario ricorda negli a p
punti due squisiti atti di carità: un uomo dall'aspetto fiero, ma
dal cuor d'oro, con una barba veneranda, che li dissetò in piena
foresta con una fresca gazosa, e una buona signora che a Hui-
gra, scorgendoli dal balcone di casa in abito talare in vagoni
caldi come forni, mandò al treno una sua figliola con due tazze
di brodo caldo che fu un gran ristoro. A Guayaquil Don Al-
bera ebbe la gioia di dare la prima Comunione ad un bel numero
di giovani preparati con cura nella sua attesa. Sul «Colombia »
fecero l'ultimo tratto del Paufico, incerti se la guerra civile
avrebbe permesso loro di visitare le case, le Missioni salesiane

14.9 Page 139

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e i lazzaretti dei lebbrosi, dove confratelii e suore veramente eroici
consacravano la loro vita a servizio dei sofferenti, sull'esempio del
caro Don Unia, primo grande apostolo salesiano dei lebbrosi.
Da sei mesi erano senza notizie della situazione. Rinunziarono
tuttavia a scendere a Panama, come li consigliava il Console ge-
nerale del Cile presso il govuno panarnense, che viaggiava con
loro, perché allora in città serpeggiava la febbre gialla e corre-
vano almeso il pericolo di dover star poi in quarantena, con per-
dita di tanto tempo. a d a r o n o invece al console la corrispon-
denza da imbucare a Colon, affrettandosi, su una carrozzella, a
raggiungere il porto per imbarcarsi sul vapore << Versailles » in
partenza per Cartagena. Presero i biglietti a bordo. Scesi durante
la sosta della nave ad ossequiare l'Arcivescovo, questi li scon-
sigliò dal proseguire per Calamar perché i guerriglieri assalivano,
depredavano ed uccidevano senza riguardi. Quindi, celebrata la
Messa, risalirono a bordo e scesero poi a Bauranquilla incon-
trando i primi quattro salesiani che curavano la parrocchia e una
scuola, cercando di organizzare al più presto l'oratorio festivo.
Fra i Lebbrosi
Terminata la visita, nonostante che Don Aibera soffrisse assai di
disfunzionamenti aggravati dal caldo opprimente, proseguirono per
Honda, sul fiume Maddalena, il più grande deUa Colombia, infe-
stato da rabbiose zanzare, con un vaporino a legna che impiegò
18 giorni perché ogni tanto si doveva fermare a contrattar com-
bustibile. A1 tredicesimo giorno di navigazione a Pueito Bar-
rio ecco duemila soldati in attesa di trasporto, e il loro gene-
rale a tentare di requisire il vaporino. Si accontentò al tine di
requisire quasi tutti i viveri. Nel frattempo Don Albera e Don
Gusmano scesero a confortare alcuni soldati che morivano di
febbre g i d a sulla pubblica strada.
Don Gusmano riuscì a trattenere il visitatore dal recarsi su
un'altra nave ospedale che caricava un'ottantina di infetti e sal3
lui solo a fare quanto fu possibile. Ad Honda, un vero forno
fra le gole di diverse montagne, furono ospitati per la notte dai
Padri Agostiniani; poi a cavallo in tre giorni giunsero a due ore
da Bogotà ove trovarono con£rateUi e giovani con un treno spe-
ciale gentilmente concesso dal Governo che li trasportò meno
disagiatamente alla capitale. Alla testa era Don Evasio Rabagliati,

14.10 Page 140

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l'organizzatore dei lazzaretti statali per la cura dei lebbrosi. Il
collegio di Bogoti, parte vecchia caserma, il resto costniito mo-
dernamente, ospitava un duecento alunni fra studenti e artigiani
divisi nei laboratori, di cui il più apprezzato era quelio dei fab-
bro-ferrai. I Salesiani avevano anche cura deU'Opera della Santa
Infanzia e raccoglievano alla sera i giovani senza parenti e senza
tetto, che lungo il giorno si guadagnavano da vivere come lustra-
scarpe, spazzacamini, distributori di giornali, e la sera al colle-
gio venivano rassettati, nutriti e ospitati per la notte. Ben fre-
quentata era la chiesa del Carmen.
Don Aibera dovette predicare due domeniche per soddisfare
i fedeli che la chiesa non poteva contenere in una volta. Le
Figlie di Maria Ausiliatrice facevano tutto quel che potevano
rpaecrcolagligeniodvoentatnùtefembumonineilve,ocamzaionini.
una
Don
casetta
Albera
troppo angusta,
le animò ad am-
plarla.
Da Bogota fecero visita a Fontibon dove altri confratelli reg-
gevano la parrocchia, facevano scuola e tenevano un fiorente Ora-
torio festivo. Le stesse opere curavano a Bosa con l'aiuto delle
Figlie di Maria Ausiliatrice che stavano costruendo il loro novi-
ziato. Quello salesiano funzionava ancora in Fontibon, ma in at-
tesa di essere trasferito, per la scarsità di acqua, a Mosquera dove
un buon cooperatore offriva ampio locale, I confratelli di Villa-
vicencio risparmiarono al visitatore il viaggio, accorrendo essi a
Bogoti. Don Albera chiuse la visita insistendo sull'apertura di
un'altra casa a Medellin, terra feconda di vocazioni. Quattro anni
dopo era un fatto compiuto; ora è sede ispettoriale con altre
quattro case neUa sola citth. Una delle più belle vocazioni è stata
quella di Don Rodolfo Fierro, spirato nel 1974 in Spagna come
un patriarca, a 9T anni, lasciando un tesoro di pubblicazioni sale-
siane, pedagogiche e sociologiche apprezzatissime, e meritata fama
in Patria, in Italia, nel Venemela, in Spagna ove profuse la sua
cultura e la sua esperienza, con tanto successo, meritandosi cari-
che e onorificenze anche governative.
A Don Albera premeva passare ai Lazzaretti di Contrataci6n
e Agua de Dios. i n pianura i cavalli si fecero onore: egli poteva
sostare di notte in qualche stazione, celebrar Messa alle quat-
tro del mattino e poi rimontare a cavallo per tutta la giornata
senza perdere un minuto di tempo. Una volta forzarono la resi-
stenza e giunsero a notte avanzata; ma la srancheiza e il disagio

15 Pages 141-150

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15.1 Page 141

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sconsigliò di ripetere l'esperienza. Quando poi afitontarono le ter-
ribili montagne, i cavalli, messi a dura prova anche da diicoltà di
respiro, non ce la fecero e ne dovettero abbandonare cinque per
strada, facendo a piedi gran parte del resto del cammino.
Ai Lazzaretti li attendevano centinaia di sofferenti, schierati
&ingresso del visitatore, primi i bimbi che giocavano e ride-
vano quasi ignari del male di cui erano già evidenti le tracce.
sorridei-e e acdamare si sforzavano anche gli anziani; ma non
potevano tradire gli spasimi del progresso della lebbra, che solo
l'uomo contrae. Che strazio quelli che si trascinavano sulle gi-
nocchia, quelli che giungevano i moncherini implorando la bene-
dizione di Don Albera! ... altri che sembravano cadaveri ambn-
lanti, altri che non avevano più né naso, né occhi, né orecchie.
Queste, spesso ingrossate, pendevano a brandelli perdendo ogni
forma...
La lebbra non si trasmette, per fortuna, per generazione, ma
solo per contagio e i salesiani si prendevano anche cura a parte
dei sani, fino ad organizzare gli svaghi da Oratorio, la filodram-
matica, il teatro... Un confratello divise la sua capanna di paglia
con Don Gusmano; a Don Albera fu riservata una capanna da solo.
Le cinque Pigue di Maria Ausiliatrice, in un locale tanto
ristretto che la stanza d'entrata si cambiava di notte in camera
da letto, attendevano &ospedale, visitavano quelle sparse che
più soffrivano e facevano da madri alle bambine orfane di mam-
ma. Nei giorni di permanenza si diede una missione, e Don Al-
bera, aiutava i missionari nella predicazione e nelle confessioni,
sopportando l'orribile fetore cui non era preparato. Intine portò
il SS. Sacramento nella processione di chiusura benedicendo
tutti col cuore sanguinante. Tutti pare abbiano approfittato dei
Sacramenti. Ad Agua de Dios predicò addirittura tutta la mis-
sione con Don Rabagliati e la chiuse c m la processione in onore
di Maria Ausiliatrice. Per tutti i giorni che passarono in quei
due lazzaretti i malati disputavano ai sani il conforto di stare
attorno a loro e sentire qualche buona parola. Ad Agua de Dios
giunsero a nascondere le mule del visitatore per trattenerlo più
che potessero e fargli un'accademia di omaggio dicendogli tutta
la loro riconoscenza. Indescrivibiie la scena deli'addio! Infermi,
sani, salesiani e suore avrebbero voluto trattenerlo per sempre.
Tre mesi in complesso passarono in Colombia. Don Albera
ossequiato in modo speciale anche daile autorità, benefattori e

15.2 Page 142

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cooperatori d'ogni ceto. I1 Delegato Apostolico li volie a pranzo
con i'Arcivescovo e partecipò poi in collegio a quello offerto dai
superiore ai principali benefattori. I1 Presidente della Repub-
blica non volle mancare all'accademia di commiato, protestando
che voleva pubblicamente ringraziare i salesiani soprattutto per
la cura dei lazzaretti.
Durante la permanenza le autorità civili e militari si ma-
strarono tutte cortesissime, facilitando più volte i viaggi con corse
speciali di treni nei tratti ferroviari. Nel partire, Don Albera
portava in cuore tante care emozioni, ma vivo soprattutto il ri-
cordo dei lebbrosi i quali avevano aderito in massa aila sua esor-
tazione: « Soffrite tanto nel corpo, lasciate almeno di soffrire
nell'anima, riconciliandovi col Signore, poiché questo dipende da
voi. Noi siamo incapaci di guarirvi dalla lebbra materiale, per-
mettete che vi togliamo quelia spirituaie». Solo in Agua de Dios
aveva distribuito oltre un migliaio di Comunioni; si era recato a
confessare anche i lebbrosi isolati nei dintorni del lazzaretto.
I1 più restio, che aveva protestato di disporsi a fare la sua
confessione solo da Don Albera, non &va più di baciargli le
mani e inondargliele di lagrime. Poté lasciare Bogoti il 29 ot-
tobre 1902. Dopo due ore di treno, dovette rinforcare il cavano
sotto un sole torrido e fra i pericoli delia guerriglia.
Arrivato ad Honda si lasciò cadere sdla prima sedia che gli
capitò, nell'ospedale delle Figlie delia Carità: non ne poteva più.
Nel viaggio tanto egli come il segretario avevano perduto il cap-
pello da prete e dovettero adattarsi ai locali cappelli di paglia;
un po' b& con la veste nera. Dopo cinque giorni di attesa si
decise a imbarcarsi su di una nave requisita dai guerriglieri per
ospedale, scarsa perfino del necessario: per 20 passeggeri di prima
classe disponeva solo di tre bicchieri... Vi erano morti tanti e
non era neppure stata disinfettata.
Sbarcato il i2 novembre a Barranquilla, passò alcune ore fra
i confratelli, poi si imbarcò sul « Montevideo » per raggiungere
il 17enezuela. Al porto di Calafar un altro vaporetto custodiva il
caporione dell'infausta rivoluzione; la guerriglia si poteva dire
cessata. Però ne scoppiava quasi subito un'altta nel Venmela,
che impedì la visita ai confratelli di San Rafael. Pernottarono a La
Guayra, presero il treno e in quattro ore si trovarono a Cava-
cas scortati dal direttore dei Cooperatori dott. Arteaga, ch'era
salito qualche stazione prima per accompagnarli.

15.3 Page 143

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AIIa capitale Don AiLera ricevette i primi omaggi dai Coo-
peratori e benefattori &a stazione; poi, all'Istituto salesiano, dai
200 giovani che avevano preparato una graziosa accademia. Don
Albera si rallegrò di vedere già ultimato nn padiglione capace
di un centinaio di interni ed incoraggiò a proseguire con tutto
il progetto della costruzione che ospitò poi convenientemente la
sede ispettoriale con le sezioni per artigiani e studenti ed un
buon Oratorio festivo.
Bastarono pochi giorni per la visita. L'ispettore Don Fogiino
lo accompagnò a Valencia ov'era pure preparato un solenne rice-
vimento e la chiesa già gremita pel canto del Te Degm. In casa,
canonici, parroci, rettore di seminario ed altre distinte persona-
lità avevano proweduto al pranzo in comune per aver agio di
passare una buona ora col rappresentante del Rettor Maggiore.
I salesiani erano cari a tutti perché si prestavano anche per la
parrocchia e per l'ospedale cittadino. Durante 3 soggiorno Don
Aibera ebbe la consolazione di riuscire a persuadere un ottimo
sacerdote, torturato da scrupoli, a riprendere la celebrazione della
Santa Messa e gliela assistette lui stesso. Terminati i colloqui
coi singoli confratelu, come in ogni visita, le conferenze ai sale-
siani e le funzioni ai giovani, non poté andare a Puerto Cabello
per raggiungere più celermente S. Rafael, ma dovette tornare
a Caracas e poi alla Guayra per raggiungere Maracaibo. La tra-
versata del lago, di notte, su una barcaccia senza coperte, tra la
furia del vento gelido, fece passare a Don Aibera una delle notti
peggiori.
In compenso riuscì a trattenete un frate laico cappuccino,
caduto malamente suila sponda. Gioia immensa pei confratelli
che temevano non potesse arrivare. I 40 allievi delle scuole,
clero e cooperatori, felici di vedere ii visitatore, I'accolsero con
la pib affettuosa dimostrazione.
Nel ritorno a La Guayra poterono ammirare i! forte di S.
Carlos e i! villaggio dove Don Soleri che li accompagnava scese
per predicarvi l'indomani, festa dell'Immacolata. Don Albera e iJ
segretario passarono 1'8 dicembre a Cnra~aoove il vapore sostò
due giorni dando loro tempo di celebrare, far visita al Vescovo
domenicano olandese che li trattenne a mensa, al Parroco olan-
dese egli pure, e trattenersi coi salesiani chiamati da lui a diri-
gere un Ospizio di arti e mestieri zeppo di giovani distribuiti in
sette laboratori.

15.4 Page 144

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Nella ripresa del viaggio trovarono il porto di La Guayra
bloccato da varie navi di diverse nazioni ancorate per proteg-
gere i loro connazionali dai pericoli della rivoluzione. Ci vol-
lero più giorni per ottenere di prendere un'altra nave; ma que-
sta andava in direzione opposta e finirono a Portorico dove fu-
rono trattenuti per cinque giorni in quarantena. I1 27 dicembre
transitava il vapore Leone XIII che trasportava anche uno stuolo
di Missionari Salesiani e di Figlie di Maria Ausiliatrice. Ne appro-
fittarono come di vera provvidenza e con quella cara compagnia,
consolandosi del triste Natale passato a Portorico, navigarono
h o a Cuha, quel giorno in festa per l'arrivo del Visitatore Apo-
stolico accolto dal Vescovo diocesano, dal clero, autorità e po-
polo in massa.
Dal Messico agli Stati Uniti
Missionari e missionarie si stringevano attorno a Don Aibera
a dargli notizie delle loro case di provenienza e preoccupati delle
sue condizioni di salute che facevano pietà: dimagrito, soffe-
rente, estenuato dalle fatiche. A Cuha alcuni confratelli avreb-
bero dovuto scendere, ed uno di essi che non aveva potuto ancora
emettere la professione religiosa, ma portava con sé le carte in
regola, pregò Don AIbera di volerla accogliere l à « su2 mar delle
Antiile », presso quell'isola dove tre anni prima una guerra spie-
tata aveva fatto tante vittime (Boll. Sal., marzo 1905, p. 76).
La funzione inteneriva i cuori e Don Albera la commentò tanto
fervorosameute. Fu poi festa di famiglia per tutti. La nave gettò le
ancore nel porto dell'Avana e Don Aibera trasbordò alla nave Ciu-
dad de Cadiz, dove nei tre giorni di sosta il Presidente delle con-
ferenze di S. Vincenzo de' Paoli era salito a conferire con lui. Don
AIbera approfittò anche per far visita alle comunità religiose della
città che l'accolsero molto cordialmente. La ripresa verso Vera
Cruz dovette affrontare un mare tanto agitato che nel giorno del-
l'Epifania non consentì di celebrare la Messa. Le leggi antireligiose
del Messico vietavano la veste talare e gli abiti religiosi, sicché sa-
lesiani e suore si dovevano adattare agli abiti borghesi: un po'
di farsa che destò buon umore, mentre il superiore delle case
del Messico saliva a bordo con altri confratelli per far loro com-
pagnia fino allo sbarco e condurli alla casa salesiana. Incante-
vole il tragitto dal porto alla capitale: salita in treno a 2300 m.

15.5 Page 145

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fra la lussureggiante magnificenza delia vegetazione; sull'altipiano,
campi di zucchero, di catfè, di banane... E quante ricchezze an-
che nelle viscere dei monti! Ma, frequente flagello, guerre e guer-
riglie, dittature e repubbiiche ora unitarie, ora federaii; di più
l'aspirazione fanatica, a quei tempi negli Stati Uniti, di associarsi
tutto il Messico come uno dei loro stati. La popolazione sof-
ferse di una instabilità che teneva in allarme. AZl'arrivo del visi-
tatore reggeva il Messico Po&io Diaz da 26 anni e l'aveva por-
tato a tranquiiiità e prosperità. La descrive bene Don Gusmano
nel Bollettino Sdesiano del maggio 1905, pagg. 137-41, non celan-
do le diicoltà che incontrava la pratica del cattolicesimo con le sue
istituzioni, mentre la popolazione conservava una fede capace di
sostenere il martirio. Alla stazione di Messico, Cooperatori e be-
nefattori, personaiità, che con le loro vetture portarono tutti al
collegio che sorge nella vasta pianura detta Colonia di Santa Giu-
iia. I1 collegio era già tutto ultimato, uno dei più belli che Don
Albera avesse visto fino allora.
Mancava solo la chiesa in costruzione al centro del fronte.
I musici diedero fiato ai loro strumenti e dopo il primo benve-
nuto tutti si raccolsero in cappella con i duecento e più allievi
a cantare il Te D e m . Metà dell'edificio l'occupavano allora le
Figlie di Maria Ansiìiatrice con scuole e laboratori e oratorio
per le ragazze, in attesa di un istituto proprio che i generosi
cooperatori del Messico non tardarono a metter loro a disposi-
zione. Don Albera, come aveva fatto negli altri istituti, volle visi-
tsre scuole e laboratori intenogando insegnanti ed alunni con
grande soddisfazione. Messico contava allora circa 350.000 abi-
tanti ed era una fra le più belle città del mondo. Don Albera
fu pure condotto al grande santuario di N. S. di Guadaiupe ove
celebrò la S. Messa &'altare della Vergine. Z'ispettore Don Gran-
dis e Don Gusmano, ad altari laterali. Quanto fervore di vera
pietà e devozione nel tempio sempre molto frequentato da fedeli
di ogni ceto! A quattro ore dalla capitale è la città di Puebla de
10s Angeles, pure fra le più belle e le più ricche. I1 collegio
salesiano contava allora 150 ailievi con la miglior scuola di lito-
grafia e tutti gli altri laboratori assai stimati, pur in locali insuf-
ficienti; ma era già in costruzione un ampio nuovo fabbricato che
avrebbe favorito un magnifico sviluppo. Don Grandis toccava
con mano l'aiuto straordinario, spesso prodigioso, della Prowi-
denza divina.

15.6 Page 146

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Don Albera decise su due piedi il trasferimento del modesto
istituto delie Figlie di Maria Ausiliatrice in luogo più ampio e
più adatto al massimo sviluppo delle loro opere educative. Tor-
nati a Messico, s'aifrettarono a raggiungere Morella a 18 ore di
treno. I cooperatori fecero loro la sorpresa di un pranzo collet-
tivo coi giovani; e questi di una graziosa accademia musico-
letteraria.
Spronando gli altri membri della terza famiglia spirituale di
Don Bosco a continuare ogni aiuto ai salesiani, un insigne coo-
peratore ne spiegò a Don Aibera le comuni intenzioni: << Aifin-
ché i nostri Indi e i nostri operai siano educati nel santo timor
di Dio, nell'amore dei propri simili, nell'ideale della santità del
lavoro e del rispetto alle autorità: allora gli splendori del secolo
non serviranno a offuscare la vista a questo nostro diletto po-
polo, bensl ad illuminace i suoi passi e guidarlo sano e salvo al
vero progresso ». Accanto all'istituto, tutto per scuole professio-
nali, si stava organiuando un'ottima scuola agraria. Qui le suore
avevano uno dei loro migliori istituti con oltre 400 educande
ed un asilo modernissimo che era la simpatia di tutta la città.
Mentre visitava accuratamente e con crescente emozione le
sette ilorentissime case salesiane, giungevano a Don Aihera ben
22 domande di altre fondazioni, per le quafi i cooperatori assi-
curavano tutti i mezzi h o al completo sviluppo e al più &-
ciente funzionamento. Straiciamo da una di esse, di un oriundo
itdiano: « Venga, venga a vedere quanto c'è da fare qui!... scelga
quanto terreno vuole; mi diano il disegno che loro piacerà, io
Io farò eseguire; ma mi dicano che accetteranno. Qui siamo iimi-
trofi ai colosso degli Stati Uniti, ove so che anche per loro è
... preparato un immenso campo di lavoro: avranno comodità di stu-
diare la lingua e il carattere dei Nord-Americani ». Mancava
il personale! E il santo ispettore se ne doleva con Don Aibera
che non sapeva come consolarlo. Caro Don Graudis! Che poi si
esaurì h o a non potere per anni celebrare la S. Messa...
Commoveva vederlo, nella casa di Ivrea, accostarsi ogni mat-
tina alla santa Comunione come un angelo e poi lavorare ugual-
mente quanto poteva nella cura della allora fiorentissima casa di
vocazioni, poi Istituto Card. Cagliero. Chi scrive non potrà mai
dimenticare la gioia che gli procurò quando lo condusse al colle
natio di Don Bosco e, obbedendo alla parola d'ordine del Servo
di Dio Don F i p p o Rinaldi, informato dall'allora direttore di

15.7 Page 147

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Ivrea Don Ambrogio Rossi, lo chiuse nella cappelletta del Ro-
sario e gli fece riprendere la celebrazione assistendolo affettuo-
samente. Caro Don Grandis! Servì poi la mia Messa spargendo
lagrime di consolazione. La stessa sorpresa gli feci fildomani
conducendolo alla sua antica casa di Penango zeppa di Figli di
Maria e lo ricondussi ad Ivrea dove, tolto un giorno o dne d'in-
certezza, là continuò a celebrare h o al termine della vira, chia-
mato al premio nella festa dell'Immacolata. Don Albera perorò
la causa delle vocazioni, rivolgendo più volte la sua parola ai
cooperatori messicani: « Padri, madri, conoscenti ed amici, laici
ed ecclesiastici, siate generosi soprattutto col promuovere o al-
meno col non impedire le vocazioni al sacro apostolato... », esor-
tava con voce che andava al cuore per& partiva dal cuore...
E quante splendide vocazioni diede il Messico alla Chiesa, ai
religiosi ed alla Società Salesiana, ali'Istituro delle Figlie di Ma-
ria Ausiliatrice! A me conferì l'ordinazione sacerdotale nel 1922
un altro dei grandi ispettori delle case del Messico, l'arcivescovo
Mons. Guglielmo Piani, poco dopo la sua consacrazione episco-
pale, Delegato Apostolico alle Filippine e poi, tanto desiderato,
Delegato Apostolico al Messico. I3 in corso la causa per la sua
Leatificazione... Mi si perdoni la digressione.
Il 18 mazzo 1903 visitatore e segretario partirono per gli
Stati Uniti con i confratelli dl Londra e il 25 erano già a
San Fvancisco di Califovnia a far la festa dell'hnunziata. Poi,
con dieci giorni di treno, a New Yovk. Lungo il percorso alla
città di Passo furono accolti con squisita cordialità dai Padri Ge-
suiti, sempre tanto fraterni coi salesiani di passaggio. A Los An-
geles incontrarono invece l'ispettore Don BorgLino e Don Re-
dahan giunti per predicare una missione agli italiani, che si do-
vette differire per un contrattempo. Alla stazione erano anche
parecchi italiani &e li accompagnarono a visitare la città. Verso
sera presero il direttissimo per S. Francisco e l'indomani erano
tra i confratelli che curavano gli immigrati officiando la chiesa dei
santi Pietro e Paolo: erano 15.000 solo gli italiani. I salesiani
stavano costruendo un'altra chiesa al lato opposto della città ove
lavoravano altri connazionali; fu poi dedicata al Corpus Domini.
Miequattrocento tra fanciulli e fanciulle popolavano i due Ora-
tori festivi ove i tre sacerdoti salesiani prodigavano la cate-
chesi e l'educazione cristiana, con l'aiuto delle Figlie di Maria
Ausiliatrice.

15.8 Page 148

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Don Albera diede ancb'egli mano predicando e confessando
fin dalle prime ore del mattino. Bene organizzate erano le com-
pagnie religiose formate da giovani e giovinetti bene addestrati
per i catechismi e per le varie opere di assistenza sociale. I1
22 febbraio, s'inaugurava un ampio salone per ricordare il de-
cennio di fondazione delia Compagnia delle Figlie di Maria: do-
veva servire per l'istruzione catechistica nelle feste, sala di lavo-
ro, adunanze di compagnie nei giorni della settimana, come acca-
demie e manifestazioni. Si volle offrire la prima in onore di
Don Albera. Nella mattinata egli aveva distribuito la prima Co-
munione a una settantina di figli di italiani e nei giorni prece-
denti aveva tenuto conferenzine a tutte le compagnie. Coronò
quindi i'accademia con la sua parola di rallegramento e di inco-
raggiamento all'apostolato, dove il concorso dei laici era indi-
spensabile allo scarso clero. La graziosa manifestazione si orga-
nizzò il giovedì seguente nella parrocchia del Corpas Christi.
Don Albera approfittò dei pochi giorni che gli rimanevano
per far visita anche ai salesiani di Oakland, dove prestavano ser-
vizio religioso a una colonia portoghese a venti minuti di va-
porino, e fece visita a vari emigrati che erano accorsi a rice-
verlo al suo arrivo. Interessantissima la visita alla fattoria agri-
cola di uno di essi nella principale colonia italiana che portava il
nome di Asti, a tre ore di treno da San Francisco. Di furono
accompagnati anche a un paesello vicino a vedere una espo-
sizione agricola veramente bella.
Proseguendo per New York, dopo cinque giorni di treno
sostarono a Chicago, accolti dai Semi di Maria che usarono loro
ogni cortesia e fecero visitare tutta la città hn d'allora affollata
di quasi due miiioni di abitanti, la seconda dopo New York. Don
Coppo, direttore della casa salesiana di New York, li attendeva
a Cleveland dove il Vescovo desiderava strappare a Don Albera
la promessa dell'iivio di salesiaui per una scuola professionale,
troppo necessaria per tanti figli di immigrati. Ma a Torino Don
Albera trovò poi grande penuria di personale. Viaggiando di
notte con breve sosta alla stazione di Buffalo, alle nove del mat-
tino giunsero a New York, che sembrava awolta in una coltre
di fittissima nebbia. I1 tratto dalla stazione alla chiesa salesiana
della Trasfigurazione bastò perché la nebbia si sciogliesse in piog-
gia. Cionouostante la chiesa riversava una folla enorme per ac-
coglierne un'altra: i nostri immigrati non avevano rispetto uma-

15.9 Page 149

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no e in tutti i giorni festivi era uno spettacolo vedere la loro
aftluenza alle sacre funzioni. Don Aibera celebrò subito la S. Messa,
poi ricevette gli omaggi di tutte le compagnie parrocchiali. Ri-
spose con cordiali parole di ringraziamento, di felicitaioni e di
augurio.
L'indomani, visitarono le scuole parrocchiali frequentate dai
figli dei nostri connazionali, in gran parte liguri e meridionali,
che formavano quella grande colonia italiana. Don Albera ag-
giunse le sue insistenze per incoraggiare a scoprire un luogo adatto
fuori città per una casa di vocazioni. Non poté sottrarsi dal far
visita alì'Arcivescovo, tanto afZab.de coi salesiani, alle famiglie
religiose e ad insigni cooperatori. Infine, fu accompagnato a
Brooklyn, impiegando più di tre ore solo per attraversare New
York valicando il ponte che è una meraviglia del mondo. Là
si offriva ampio terreno per una casa di vocazioni adulte, Figli
di Maria.
A metà marzo conchiudeva così la sua visita alle case sale-
siane d'America, con l'unico rammarico di non aver potuto recarsi
a Giamaica pel complicarsi delle guerriglie rivoluzionarie cui ab-
biamo accennato, a confortare quei confratelli tanto sacrificati.
I1 18, a bordo del San Paulo, riprendeva la navigazione per l'Eu-
ropa ed il 26 Don Albera era a Londra dove l'ispettore Don Ma-
cey lo tratteneva a visitare le sette case vicine, perché consta-
tasse lo sviluppo dell'opera saiesiana in Gran Bretagna. Non
descriviamo le accoglienze cordiali e imponenti, come le quali-
fica Don Gusmano. In sette ore di viaggio, attraversata la Ma-
nica, giunsero a Patigi e si dfrettarono a tornare a Torino con
una grande stretta ai cuore per la desolazione in cui la recente
persecuzione religiosa aveva ridotto le case dei salesiani e delle
suore in Francia, tanto care a Don Albera. Giunsero proprio la
vigilia di Pasqua del 1903, 11 aprile, a cantare il Te Deum con
l'Aiieluja, abbracciando Don Rua, snperion e confratelli, fra gli
ewiva dei giovani studenti ed artigiani.
- A Torino Incoronazione di Maria Ausiliatrice
e Corona di Don Rua
Passate nella casa-madte le feste pasqudi, Don Aibera ebbe
tutto l'agio di fare le sue relazioni a Don Rua, ai superiori, e
di parlarne ai confratelli e ai giovani che l'attendevano con tanto

15.10 Page 150

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desiderio. A poco a poco, si rifece anche in salute continuando
il suo servizio ordinario accanto al Rettor Maggiore come Cate-
chista Generale. Riprese presto le visite alle altre case d'Italia
e d'Europa, secondo le disposizioni del superiore e gli accordi
con gli ispettori.
A Don Rua intanto giungevano relazioni della sua visita in
America. Al solo leggerle la commozione si traduce in arnmi-
razione. Solo un'assistenza speciale di Dio, della Vergine Ausi-
liatrice e di Don Bosco può spiegare la resistenza fisica di Don
Albera in quei tre anni di disagi e di sacrifici di ogni genere. Le
note caratteristiche sono quelle trasmesse anche da Don Gar-
... neri: «Non si poteva scegliere uno che rappresentasse meglio
Don Bosco Dappertutto la sua visita suscitò immenso entu-
siasmo anche fra le autorità ecclesiastiche e civili, famiglie reli-
giose ed enti pubblici, cooperatori, exallievi, popolazioni... ».
« I n ogni parte Don Albera si acquistò la venerazione di tutti.
Non si può calcolare il bene che egli fece ai confratelii, agli
Exallievi, e speciahente ai Cooperatori: tutti rimasero ammi-
... rati ed e a c a t i , e la nostra Congregazione accrebbe di stima
presso i vescovi diocesani, clero, autorità e benefattori » (Don
Giusepe Vespignani, ispettore in Argentina). I Cooperatori e le
persone che lo awicinavano non sapevano più staccarsi da lui,
tanto li awinceva ii suo aspetto amabile, la finezza del suo
tratto, l'incanto della sua umiltà, la sua parola che andava al
cuore... ». « La benedizione di Maria Ausiliatrice dalle sue lab-
bra e per le sue mani scendeva in grazie e prodigi, a volte straor-
dinari, &e anime che la ricevevano piamente... ».« Incredibile
la sua dedizione ai lebbrosi nei lazzaretti. Non vi fu opera di
cui non si interessasse. Volle visitare tutti gli ammalati che non
potevano lasciare il letto, ascoltando con affettuosa compassione
la storia delle loro sofferenze, delle vicende della loro vita, con-
fortandoli con delicatezza ed dcacia meravigliosa... Nella visita
alle case arrivava a tutto e a tutti... con materna bontà confor-
tandoli e incoraggiandoli a soffrire con rassegnazione ctistiana... ».
Desaivendo quindi i sacrifici delle visite alie case, Don Gu-
smano nota che Don Albera lasciava ad ogni confratello la più
ampia libertà di esporgli quanto egli credesse bene per i'anima
sua e pel buon andamento della casa stessa, secondo la norma
delle costituzioni che disponevano il rendiconto (oggi, con ter-
minologia scolastica, colloquio) non solo a servizio spirituale del

16 Pages 151-160

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16.1 Page 151

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confrateiio, ma a collaborazione soudale per la piena e retta effi-
cienza di ogni opera salesiana. Quando non bastava il giorno
- - vi dedicava anche parte deila notte, purché tutti ne uscissero sod-
disfatti. «Non si viene dali'Italia diceva atfrontando tanti
disagi, per non lasciare pienamente soddisfatti i confratelli D.
Don Gusmano conchiude attribuendo a particolare assistenza
divina, a quella materna di Maria Ausiiiatrice, se Don Albera,
di salute così delicata, poté sostenere per tre anni tante fatiche,
senza ammalarsi seriamente: giornate intere a cavallo; viaggi sot-
to piogge torrenziali per dieci, quindici giorni continui; dormire
sulla paglia o sopra una stuoia sollevata un metro da terra; nu-
trirsi malamente di sole pannocchie di granturco bollito; soffrire
il freddo fino a trovarsi con le gambe irrigidite, quasi assiderate
sull'alta Cordigliera... Quanti confratelli potevano rendere testi-
monianza e confermare, conoscendo per esperienza quanto costas-
sero quei disagi!
Interessanti per i salesiani e i religiosi in genere, che ten-
dono sul serio d a perfezione, sarebbero le lettere personali che
Don Albera spedì direttamente a Don Rua con i rendiconti
periodici e con le relazioni confidenziali snii'andamento delle sin-
gole case. Ma troverebbero miglior riporto in uno studio sulla
spiritualità di Don Albera che ci si augura venga presto curato
secondo i1 merito. Rimandiamo quindi a questa pubblicazione che
di cuore anche noi auspichiamo.
Ci atfrettiamo a superare gli ultimi anni che egli trascorre
anccra a fianco di Don Rua, suo braccio destro nella direzione
spirituale dei salesiani, prima di assumere la piena responsabi-
lità del governo di tutta la Congregazione.
I1 tempo che egli trascorreva in sede era ordinariamente di-
viso dalla corrispondenza, dalle udienze e dagli impegni che lo
legavano alla collaborazione capitolare col superiore e con gli al-
tri membri del consiglio, specialmente per la cura della prepara-
zione alla consacrazione religiosa e agli O r d i i sacri dei candi-
dati, dal noviziato d a teologia.
In questo egli continuò ad essere piuttosto esigente e qual-
cuno non seppe comprendere quanta ragione avesse. Mons. Luigi
- - Olivares, di cui è in corso la causa di beatificazione, i'ammirava
e riconosceva appieno. « I suoi critici spiegava non si ac-
corgono che il bene delle anime a volte richiede una certa seve-
rità che, ben lontana dal non essere equa, è illuminata fermezza.

16.2 Page 152

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Don Albera batteva la via tracciata dal santo Pio X, il quale
soleva dire che la ragione di tante ombre neUa vita della Chiesa
stava nel fatto che troppi sacerdoti avevano cessato di essere sale
della terra ».
La preoccupazione di non m e t t e r e candidati indegni lo ren-
deva anche incontentabile di se stesso. Donde, nel suo diario,
la persistente insoddisfazione del suo lento progresso personale.
I1 Signore lo &ava nell'arte cosi &&cile e delicata deila dire-
zione delie anime chiamate a servizio speciale nel ministero della
Redenzione, nel mistero della salvezza, facendogli esperimentare
più al vivo le resistenza e i capricci della natura nel rispondere
alle esigenze della Grazia.
Con logica, perfino impietosa qualche volta, egli ne traeva sti-
molo a pretendere anche dal suo corpo, pus malconcio dalla pre-
carietà della salute e dei disagi dei viaggi missionari, una disci-
plina che umanamente meritava moderazione.
È l'impressione che si prova rileggendo il diario delle visite
che egli riprese alle case d'Europa e della costa africana, dopo
pochi giorni di riposo; nel confortare Don Giuseppe Lazzero,
Consigliere emerito degente a Mathi Torinese; nell'accompagnare
Don Rua alla casa di formazione di Foglizzo Canavese, a Nizza
Monferrato, dov'era allora la casa generalizia delle Figlie di Ma-
ria Ausiliatrice, per dar notizie delle sue visite alle loro case e
missioni d'America, alla Superiora Generale e alle Madri del
Consiglio, nonché alle suore ed alle alunne di quel fiorente isti-
tuto magistrale, ringraziando tutte pel sostegno sentito dalle loro
preghiere.
In maggio e giugno però prestò il suo servizio in casa pel
Congresso dei Cooperatori Salesiani, a i quali fece iin dalia prima
assemblea generale, il 14 maggio, un'esposizione condensata deUa
sua visita alle Missioni d'America, portando il saluto dei Coope-
ratori americani, e le funzioni liturgiche delle feste d'Incavo-
nazione di Maria Ausiliatrice.
« Gran giorno! - lasciò scritto nei suoi appunti - Fu vera-
mente il trionfo della divozione a Maria Ausiliatrice. H o assistito
alle funzioni ed ho passato momenti veramente deliziosi ».Si recò
in seguito a decorare ed infervorare con la sua pietà e la sua
parola le feste mariane nelle case viciniori di Lombriasco e di Lan-
zo... Durante le vacanze presiedette, quando non predicò, anche
vari corsi di esercizi spirituali e vi si prodigò tanto che Don Rua

16.3 Page 153

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lo dovette obbligare a un buon periodo di sosta e di cura a Mathi.
Presiedere non era allora una semplice funzione decorativa: vo-
leva dire mettersi a disposizione di ogni confratello pei rendi-
conti spirituali, dare almeno la « buona notte » tutte le sere,
seguire predicaioni e pratiche di pietà, curare il buon anda-
mento anche nei particolari, spesso districar matasse di coscienze
complicate e sciogliere tante diflicoltà per far tutti contenti e
metterli a loro agio non solo spiritualmente.
Si riebbe verso la metà di gennaio del 1904. Nel mese di feh-
braio poté intraprendere le visite in varie case del novarese e il
4 aprile partire per Roma-Sicilia-Tunisia. A Roma poté assistere
ad una Messa celebrata da S. Pio X in San Pietro e il 26 essere
ricevuto in udienza dal Papa che s'interessò paternamente delle
Missioni salesiane. Proseguendo sostò a Caserta e a Napoli pri-
ma di raggiungere Messina. Visitò tutte le case dell'isola, no-
nostante un dolorosissimo reuma che aggravava gli altri incomodi.
A Catania ebbe agio di ammirare la venerazione del popolo pel
compianto arcivescovo Cardinale Dusmet di cui si commemorava
in quei giorni il decennio del piissimo transito. Benedisse la pie-
tra angolare della nuova cbiesa del noviziato di San Gregorio,
oggi parrocchia; sostò a Bronte, Randazzo, Siracusa, Palermo, San
Giuseppe Jato, suscitando ovunque fervore di pietà e rispondenza
d'affetto, finché da Messina salpò per Tunisi.
Nel ritorno prese la via di Francia per Marsiglia e rientrò
in Torino il 1" luglio, con l'amara sorpresa di non trovarvi Don
Rua, in visita anch'egli per altre case. I1 biografo coglie la sua
pena dal diario: « D a tre mesi non vedo più Don Rua ».Ebbe
poi tempo di scambiare le confidenze della sua missione, perché
Don Rua tornò piuttosto malandato e dovette starsene Ui. casa
inviando Don Albera a Sampierdarena ad incontrare Mons. Ca-
gliero che tornava a Torino.
l i X Capitolo Generale
I1 23 agosto tanto Monsignore come Don Albera si trovarono
con gli altri superiori e delegati a Valsalice pel X Capitolo Ge-
nerale, in cui per la prima volta è rilevata la presenza di un
salesiano laico, il coadiutore Antonio Tarable, che suppliva il dele-
gato Don Bernabé per 1'Ispettoria della Terra del Fuoco, am-
messo con la clausola « salve disposizioni del diritto canonico ».

16.4 Page 154

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Il primo atto fu l'elezione di cinque membri del Capitolo
Superiore che scadevano. Don Albera vi fu rieletto con 66 voti
su 73 votanti. s I o sono stato rieletto Direttore Spirituale - si
legge nel suo diario - come prima. Ma non posso godere... anzi
ne provo pena perché sento tutta la mia incapacità n.
Con Mons. Cagliero parteciparono anche Mons. Costamagna
e Ivfons. Fagnano. Una deile prime deliberazioni fu quella che
rimise al Rettor Maggiore, col consenso del suo Consiglio, la no-
mina dei maestri dei novizi, che prima era di elezione capitolare.
I1 Capitolo decise invece che il Segretario Capitolare avesse
diritto di voto nel Capitolo Generale (70 voti su 7 2 ) e il caro
Don Lemoyne fu invitato a entrare nell'aula per parteciparvi con
voce attiva. Venne pure accolta la proposta di Don Bellamy, che
il Direttore della Casa-Madre fosse membro nato dei Capitoli
generali. I1 Capitolo X è fra i più importanti presieduti ancora
da Don Rua. Don Albera godette in modo particolare delle deli-
berazioni prese per i'assistenza agli emigranti e l'incremento delle
Missioni: egli aveva più al vivo presente il quadro deile parti-
colari necessità dei due grandi problemi.
Terminato il Capitolo, Don Albera venne mandato d'urgenza
in Francia dove il governo stava per incamerare varie case sale-
siane, per aiutare i confratelli a salvare il salvabile. A stento si
riuscì a salvare quella di Nizza Mare. Subito dopo, da Torino
riprese il treno per Verona, Gorizia; sostò in Austria e poi pro-
segui per la Polonia, ove si trattenne in visita fino al 10 di
dicembre. La sua salute subì altre scosse che consigliarono Don
Rua a mandarlo a riposarsi in Francia subito dopo la festa di
San Francesco di Sales del 1905. Da Marsiglia raggiunse Santa
Margherita ove le cure delle suore lo rimisero in forma suffi-
cientemente verso la metà di marzo. Ma in agosto i medici consi-
gliarono le acque di Recoaro: egli approfittò della cura anche
per visitare alcune case dell'Ispettoria Veneta, d o r a unita con
la Lombardia. I1 giovamento fu troppo relativo, sicché da Torino
dovette presto rifugiarsi di nuovo a Mathi, dove passò gli ultimi
mesi dell'anno.
I1 1906 segna la data delle prime spedizioni missionarie per
la Cina e per l'India. Don Albera ebbe il dolce incarico di accom-
pagnare al porto di Genova i missionari che con Don Luigi Ver-
siglia dovevano imbarcarsi per raggiungere Macao. C'era Don Lo-
dovico Olive di cui egli aveva curato lo sboccio deila straordi-

16.5 Page 155

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natia vocazione; e Don Rua aveva pensato anche al conforto
della famiglia che ne aveva fatto generoso sacrificio. L'altro sa-
cerdote era Don
Fergnani; con loro, due coadiutori tanto
benemeriti Carmagnola e Rota.
A Genova era accorsa la famiglia Olive a dar l'addio al co-
raggioso figliuolo. Don Albera la riaccompagnò poi in Francia
con la consegna di Don Rua di trattenersi più a lungo possi-
bile. A metà mano egli anticipò il suo ritorno a Torino per
la grave malattia del suo segretario Don Calogero Gusmano. Ebbe
ii conforto di vederlo riprendersi abbastanza rapidamente. Ma
quante grane in quel mese e nei seguenti! Infieriva nella Chiesa
l'epidemia del modernismo. I Salesiani ebbero le loro prove, ma
Don Albera riusci ad arginarle, con grande conforto di Don Rua.
A Milano l'Opera salesiana era nella sua prima affermazione,
in pieno fervore di sviluppo. Don Albera lo poté constatare accom-
pagnandovi prima Mons. Cagliero per la conferenza ai Cooperatori,
attivissimi e larghi di benefica collaborazione, poi lo stesso Don
Rua per incontrare l'Arcivescovo di New York. Le cure di Mon-
tecatini durante le vacanze gli consentirono di attendere come al
solito agii Esercizi spirituali in agosto e settembre. In seguito
Don Rua l'inviò di nuovo d'urgenza a Parigi per sciogliere una
penosa situazione e di fece una cap~tinain Belgio. Gli ultimi
mesi dell'anno li dedicò alle case più vicine, traendo non poche
consoIazioni dal suo ministero in mezzo ai giovani.
Condivise poi in modo tutto particolare le grandi prove degli
anni seguenti con Don Rua e i superiori e tutta la Congrega-
zione per le persecuzioni settarie contro le case salesiane, comin-
ciando da Varazze.
Pene più intune sostenne fin dal mese di gennaio che egli
aveva iniziato col presentimento delia sua prossima fine, dispo-
nendosi ad accettare « quelìa specie di morte che ii Signore vorrà
mandarmi e tutte le sofferenze che Egli crederà utili per me »
(Garneri, Vita, pagg. 233-34).
I1 Signore chikmava invece al Premio due altri confratelli
a lui carissimi: Don Giuseppe Bologna, primo direttore della
casa di Marsiglia, che aveva emesso i voti triennali insieme a
Don Lasagna, chierici ambedue, il 19 settembre 1868, mentre
Don Albera emetteva i voti perpetui, e il prof. Don Celestino
Durando, direttore generale delle Scuole salesiane con cui aveva
vissuto gli anni della giovinezza accanto a Don Bosco.

16.6 Page 156

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In memoria del primo egli scrisse nel suo diario: « Ho sof-
ferto moltissimo perché ho amato moltissimo questo confratello
col quale passai molti anni in Francia ». La morte del secondo
gli acui il presentimento delfincalzare della sua morte. Nel frat-
tempo, un funerale in casa Olive, una figliuola sposata Lautanne;
due in casa del suo segretario Don Calogero Gusmano: a di-
stanza di 24 ore la morte del fratello Pasquale e del fratello
Don Salvatore, direttore del collegio salesiano di Messina. Don
Albera si sentì « terrificato » e supplicava Maria Ausiliatrice a
confortare il segretario e i genitori cui le due tristi notizie fu-
rono poi date a distanza con la massima delicatezza.
Prowidenzialmente giunse da Roma la notizia che la S. Con-
gregazione dei Riti aveva deciso di assumere la Causa della Bea-
ti6cazione di Don Bosco e che il Santo Padre Pio X era dispo-
sto a firmare il relativo decreto di introduzione &e, secondo la
prassi di allora, conferiva già ai Servi di Dio il titolo di vene-
rabile. Don Rua affidò a Don Nbera la cura delie pratiche ine-
renti e questi vi si dedicò con tutta l'anima, distogliendosi dal pen-
siero di tanti lutti e confortandosi con la grande speranza: « Spe-
ro - scriveva il 14 aprile - di vivere h o al giorno in cui
Don Bosco sarà dichiarato venerabile, e prego il Signore di glo-
rificare il suo Servo, le cui virtù ho ammirato per uent' anni... ».
Come gli altri superiori - rileviamo anche noi seguendo
Don Garneri - che avevano vissuto a lungo con Don Bosco,
anch'egli si era iino allora imposto prudente discrezione nel par-
lare del Padre, per non ostacolare il procedimento del processo
informativo dell'Ordinario, contrawenendo sia pure lontanamente
alle disposizioni ecclesiastiche. Ma ora che la Chiesa assumeva
formalmente la Causa dopo l'attento esame del voluminoso incar-
tamento degli Atti inviato a Roma dalla Curia Diocesana Tori-
nese (562 adunanze dal 4 giugno 1890 al '1 aprile 1897), anche
Don Albera snodò la lingua a raccontare quanto aveva visto coi
propri occhi, udito con le sue orecchie, a gloria del Padre cui
sembrava associarsi il Cielo con la guarigione miracolosa di una
Figlia di Maria Ausiliauice da turbe nervose che facevano so-
spettare affezioni meningee di natura tubercolare, proprio nel
giorno della dichiarazione della venerabitità di Don Bosco. L'in-
domani la suora, fra lo stupore di medici e conoscenti, si recava
a Valsalice a ringraziare Don Bosco sulla sua tomba.
I1 25 luglio gli Exallievi si davano convegno a Valdocco per

16.7 Page 157

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una solenne espressione della loro gioia, facendo voti pel solle-
cito proseguimento della procedura fino alla glo&cazione.
Quattro giorni dopo, la setta scatenava la bufera di Varazze
le cui vicende, grazie a Dio, dimostrarono ancora una volta l'in-
famia di certe trame anticlericali e l'innocenza dei salesiani. Don
Albera ebbe il delicato incarico di comunicare agli Ispettori le
deliberazioni e le disposizioni del Capitolo Superiore perché si
evitasse in avvenire in ogni casa fin l'ombra di ogni appiglio ad
insidie del genere. E intanto egli insisteva nei corsi' di esercizi
estivi spirituali per accentuare le esigenze di riserbo nel trat-
tare coi giovani, su cui Don Bosco non transigeva, pur nel tratto
salesiano di confidenza, familiarità ed allegria proprio del sistema
educativo salesiano.
In quei mesi Don Aibera suppliva anche Don Carlo Baratta,
ispettore dell'ispettoria subalpina, che si era ammalato. Aveva
quindi gran parte nell'organinazione e nello svolgimento del-
i'imponente protesta degli Exallievi che il 29 settembre, onoma-
stico di Don Rua, convenivano a centinaia a Valsalice per testimo-
niare la stima e l'affetto al loro venerando Padre.
Distinti oratori esaltarono Don Bosco e le sue Opere, men-
tre alla riapertura delle scuole duivano alunni in tal copia, co-
minciando dal collegio di Varazze, da dare la più concreta smen-
tita alle calunnie e dimostrare la loro fiducia a un sistema edu-
cativo rispettoso quanto altri mai della riverenza, &e già gli
antichi esigevano verso la fanciullezza, l'adolescenza e la gioventù.
La cura degli esercizi spirituali e le dimostrazioni per l'in-
troduzione della Causa di Don Bosco impegnarono Don Albera
nell'autunno in Francia e in Spagna. Da Torino assolveva poi altri
incaricbi particolari di Don Rua che indiceva una visita straordi-
naria di Delegati speciali del Rettor Maggiore a Ntte le case.
Non poteva naturalmente mancare Don Albera alle feste dei sale-
siani di Niza Mare che si erano ritardate alla fine di gennaio
del 1908. Procedendo poi alla visita delle case dell'Alessandrino,
Parma, Bologna e Pisa, si incontrò qui con I'arcivescovo primate
Card. Pietro M& invitato a Torino per la indimenticabile cele-
brazione dello storico evento, cui l'illustre e caro Porporato de-
dicò lo splendido discorso sul testo « U t palma florebit », che
poi completò al transito di Don Rua col resto « Sicut cedrus
Libani multiplicabitur » (Saimo 91, vers. 3).
M a festa di Maria Ausiìiatrice mancò a Torino la presenza

16.8 Page 158

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del marchese di Villeneuve, che annualmente soleva accorrere
dalla Francia. Gravemente infermo, cessò di vivere poco dopo,
e Don Albera andò personalmente a portare, con le sue, le con-
doglianze di Don Rua e dei superiori alla figlia religiosa bene-
dettina nel convento di Aviglima. I1 18 ottobre si compivano
50 anni dal suo ingresso aYOratorio di Torino, ma le prime
serie preoccupazioni per la salute di Don Rua non consentirono
di commemorare esternamente la cara data. Don Albera ne pren-
deva nota nel suo diario, lamentando il poco profitto spirituale
che ne aveva tratto, poi soggiungeva: «Don Rua è ammalato.
Prego molto il buon Dio perché gli dia miglior salute per il
bene della nostra Pia Società ».E Don Rua si riprendeva tanto
da poter ancora recarsi a Roma nel mese di novembre. Don Al-
bera ne approfittava per fare visita ai suoi frateiii a None.
Tutto dava buone speranze, quando come un fulmine si di£-
fuse la notizia del violento terremoto di Messina che quasi di-
strusse la città mietendo, fra le vittime, nove confrateiii e tren-
tanove alunni dell'Istituto Salesiano. Accorsero da Torino Don
Bertello e Don Gusmano a confortare e provvedere ai superstiti.
Anche i primi mesi del 1909 trascorsero fra trepidazioni per
le oscillazioni della salute di Don Rua, di cui tuttavia il Bol-
lettino diede l'annuncio dell'inizio deli'anno giubilare: il 50'
della sua ordinazione sacerdotale (29 luglio 1860) e dell'organiz-
zazione di varie celebrazioni per la sua Messa d'Oro.
Incoraggiato, Don Albera il 21 aprile parti per Roma, con
Don Rua e Don Francesia che lo accompagnava, partecipò all'in-
gresso del parroco di Santa Maria Liberatrice, Don Luigi
Olivares, il futuro santo vescovo di Nepi e Sutri, e al Conci-
storo del 29 in cui fu preconizzato vescovo di Massa il procu-
ratore generale della Congregazione Mons. Marenco.
Dopo l'udienza del Santo Padre (lo maggio) prosegd per Na-
poli e per alcune case della Sicilia, imbarcandosi &e a Pa-
lermo per la Tunisia dove si trattenne h o al 9 giugno. Ritornò
via Marsiglia, per visitare altre case di Francia e trovarsi a To-
iino nell'annuale festa al successore di Don Bosco, il 23 giugno.
Intima festa segui il 29 luglio per i'entrata di Don Rua nel-
l'anno giubilare.
Prima che incominciassero i corsi annuali degli esercizi spi-
rituali, Don Albera accorse a None al letto del fratello Giovanni
seriamente infermo, e a quello del parroco, agli estremi.

16.9 Page 159

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Al declinare dell'anno anche la salute di Don Rua mise tutti
in allarme. Riaccompagnandolo a Torino, dopo le adunanze del
Capitolo Superiore a San Benigno, Don Albera notò il progres-
sivo peggioramento che a metà dicembre 1909 lo costrinse a
letto. Ne seguì poi le fasi, coi superiori, mentre tutta la Con-
gregazione veniva periodicamente informata dell'andarnento della
malattia e tutti pregavano nelle case salesiane, in quelle delle
Figlie di Maria Ausiliatrice, dovunque fossero cooperatori ed ex-
allievi, ed anche fuori nell'ambiente di famiglia dove egli era
conosciuto, stimato e tanto amato.
Durò oltre tre mesi l'alterna vicenda della malattia del caro
superiore con e h e r i sprazzi di miglioramento. Nella corrispon-
denza che s'infittiva, Don Albera rilevava: «Don Rua è calmo
e sereno. I1 suo contegno è quello di un santo... ».
Il 7 marzo 1910, intanto, moriva Don Giuseppe Lazzero,
Consigliere emerito del Capitolo Superiore. Don Albera giunse
a Mathi che egli era appena spirato. Al ritorno a Torino, Don
Rua lo pregò di prepararsi a tenere le conferenze che avrebbe
dovuto tener lui ai membri del prossimo Capitolo Generale, ed
egli vi si dispose confidando in Dio. Poi si recò a San Benigno
per la chiusura degli esercizi spirituali e tornò a Torino il giovedì
santo. Don R i d i aveva già recato il Viatico all'infermo. Cm-
que giorni dopo. Don Albera gli amministrava l'Estrema Un-
zione, come si chiamava allora il Sacramento degli infermi. Fu
proprio «estrema » per Don Rua. Non fece infatti che precipi-
tare, e i superiori si alternavano al suo letto mentre l'infermiere
e il fido suo segretario particolare Coad. Giuseppe Balestra non
i'abbandonavano un istante. Quante lezioni di santità salesiana in
quei giorni, &o all'ultimo respiro! E quanta serenità di spirito!
A Don Albera giunse a &edere: «Dopo morte dove mi
metterete? ».
- « Oh, signor Don Rua! gli rispose rompendo in sin-
- ghiozzi noi non pensiamo a queste cose. Anzi speriamo che
lei possa guarire e fare ancora tanto bene... ».
- - << Sai riprendeva Don Rua per distrarlo dalla sua pena
ti facevo questa domanda perché non vorrei, il giorno del giu-
dizio universale, cercare le mie povere ossa in un luogo mentre
sono in un altro e dover girar molto per trovarle... ».
Più tardi gli confidava: <C Se per morire bisogna soffrire di
più, come farò io? ».

16.10 Page 160

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- « I1 Signore lo confortava Don Aihera - che dà la neve
... secondo la lana, darà a lei anche la forza: abbia fiducia nella sua
misericordia ».
... I1 6 aprile, alle 9,30, Don Aihera con tutti i superiori e vari
confratelli ne raccoglieva I'ultitno respiro

17 Pages 161-170

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17.1 Page 161

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Parte I11
RETTOR MAGGIORE
DELLA SOCIETA SALESIANA

17.2 Page 162

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17.3 Page 163

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- L'XI Capitolo Generale L'elezione
Per quanto preparati dal processo d d a malattia, la morte di
Don Rua fu un gran colpo per i salesiani e specialmente per
Don Rinaldi e per Don Albera che ne condividevano le più gravi
responsabilità. Negli appunti del suo diario e nelle lettere per-
sonali ad ispettori e direttori, a confidenti cooperatori, Don Al-
bera lascia comprendere il suo dolore e qualche senso di smar-
rimento.
Trepidazione per la successione, non direi. Egli e non pochi
confratelli pensavano &e gli dovesse succedere senz'altro il Pre-
fetto Generale, Don Filippo Rinaldi, come Don Rua era succe-
duto a Don Bosco. A qualcuno, che nell'inviargli le sue condo-
glianze si era preso la libertà di predire invece a lui la succes-
sione, non esitò a rispondere: « La vostra fantasia è senza freno,
ne date prove in varie circostanze, come per esempio in questa
della morte di Don Rua. Bella opinione avete di Don Albera
per poter supporre che egli, soprattutto in momenti come que-
... sti, pensi... ambisca... Dio mi guardi daravere tali sentimenti
Sarei ben disgraziato! E per ora non aggiungo altro ».
Don Riialdi da1 canto suo, pur sentendo anche in casa voci
a suo favore, era più tranquillo di lui, perché teneva in una
busta sigillata una parola di Don Bosco che a suo tempo citeremo.
Qui, per descrivere la pena di Don Albera, anticipiamo un
brano della prima lettera circolare che egli, fatto Rettor Mag-
giore, scrisse il 25 gennaio 1911:
Scrzvo queste pagine in quella stessa umile cameretta che
per pih di ventidue anni fu testimone delle sue virtù (di Don
Rua). Qui tutto mi parla di lui. Ad ogni momento si para di-
nanzi alla mia mente la sua dolce e paterna figura. Sembra che
ad ogni istante risuoni al mio orecchio la sua soave e consolan-
tissima vore. Ora mi par di vederlo tutto intento a leggere la sua
immensa corrispondenza, ora a scriveve quelle numerose lettere

17.4 Page 164

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che versavano balsamo sulle piaghe, richiamavano sul retto cam-
mino i traviati e spingevano le anime alle più alte cime della
perfezione. Altre volte lo contemplo calmo e sorridente acco-
gliere un numero sterminato di visitatori che, come si legge di
Santa Teresa, nell'uscire dal colloquio si sentivano migliorati.
Fra le nudi pareti di questa cella formò chissà quanti gran-
diosi disegni, puese molte generose decisioni, escogitò nuovi mezzi
di salvare la gioventù, di moltiplicare le missioni, di estendere
il regno di Gesù Cristo. Attorno a me dappertutto trovo le
tracce del suo instancabile zelo, della incuedibile sua attività e
di quell'ordine inappuntabile che regolava la sua vita. Qui l'ab-
biam visto dolorare per lunghi mesi con pazienza esemplare e
con una completa sottomissione ai voleri divini... Quanto per-
demmo alla sua morte! Quanti nell'entrare in questa camera e
più non trovandovi Don Rua proruppero in pianto! Il suo nome
è ricordato con affettoe venerazione. Molti già lo pregano come
santo. Ma noi salesiani non dovremmo essere inferiori ad alcun
altro nell'amarlo e onorarlo. E ciò noi faremo praticando i suoi
insegnamenti, imitando le sue virtù. Sotto il suo ritratto scriviamo
le parole di SantJAmbrogio: hinc sumatis licet exempla vivendi:
da lui possiamo apprendere come dobbiamo vivere. Spero che
la memoria di Don Rua sia per me, e per voi tutti, un risve-
glio alla pietà, un ritorno allo spirito di zelo e sacrificio, uno
sprone a più perfetta osservanza.. » (pagg. 8-9 della raccolta
delle sue circolari).
Aveva viva nel cuore I'ultima udienza avuta dal santo Pio X,
con Don Rinaldi, mentre si trovava a Roma, il 10 giugno, ad
implorare la benedizione del Papa sul prossimo Capitolo Gene-
rale, indetto da Don Riialdi pel 4 agosto nell'Istituto di Val-
salice. Don Albera f u incaricato della predicazione degli Esercizi
spirituali, che prepararono aile elezioni proprio il 16 agosto 1910
(95" anniversario della nascita di Don Bosco).
Ai primo scrutinio fu un alternarsi dei nomi di Don Albera
e di Don Rinaldi, iinché non prevalse quello di Don Albera che
raggiunse la maggioranza assoluta. All'applauso scrosciante che
salutò la sua elezione egli si limitò a rispondere ringraziando
con un senso di sgomento e lamentando: ... temo che presto
dovrete fare un'altra elezione... ».
La Divina Provvidenza dispose che quel presto si prolungasse
all'autunno del 1921: undici anni. Era proprio volontà di Dio.

17.5 Page 165

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E Don Rinaldi lo svelò al termine della seduta, aprendo in pre-
senza di tutti la lettera che aveva &dato a Don Lemoyne il
27 febbraio, prima che Don Rua morisse. Sulla busta stava
scritto: n Da aprirsi dopo le elezioni che awerrebbero alla morte
del caro Don Rua ».E Don R i d d i vi lesse: u Il sig. Don Rua
è gravemente ammalato ed io mi credo in dovere di consegnare
per iscritto quanto conservasi nel mio cuore al suo successore.
I1 22 novembre 1877 si celebrava a Borgo San Martino la solita
festa di S. Cado. Alla tavola presieduta dai ven. Giovanni Bosco
e da Mons. Ferré sedeva io pure a fianco di Don Belmonte. Ad
un certo punto la conversazione cadde su Don Aibera, raccon-
tando Don Bosco le difficoltà che gli mosse il clero del suo paese.
- Fu &ora che Mons. Ferré volle sapere se Don Albera avesse
superato quelle &coltà: "Certamente rispose Don Bosco -
Egli è il mio secondo...". E passandosi la mano sulla fronte,
sospese la frase. Ma io cakolai subito che egli non era il secondo
entrato, né il secondo in dignità, non essendo del Capitolo Snpe-
riore, il secondo Direttore e arguii che fosse il secondo suc-
cessore; ma conservai queste cose nel mio cuore aspettando gli
eventi. Torino 27 febbraio 1910 ».
Gli elettori - commenta Don Ceria - compresero allora il
perché del suo contegno e si sentirono allargare il cuore: ave-
vano dunque eletto colui che da Don Bosco era stato preconiz-
zato trentatré anni prima (Annali Soc. Sal., IV, 3).
Don Albera rispondeva al voto espresso dal Card. Rarnpolla,
Protettore della Società Salesiana, che auspicava « u n degno suc-
cessore di Don Bosco e di Don Rua, che sapesse sapientemente
conservare l'opera loro, anzi accrescerla con nuovi incrementi...».
Incontrò il consenso di tutti. Tra i
che in Italia mi-
sero in rilievo l'esultanza generale possiamo anche noi ricordare
il Corriere della Sera che scrisse: «Don Albera è di una spe-
ciale fisionomia mistica; l'opera però da lui spiegata in Francia
e in America sono a dimostrare che egli saprà, con uguale com-
petenza, serenità e larghezza di vedute, guidare la grande fami-
glia salesiana sull'orme lasciate da Don Bosco e da Don Rua... ».
L'Italia Reale con criterio di fede mise in evidenza: « L'ele-
zione è riuscita cosi spontanea e così concorde da dimostrare
luminosamente che l'eletto è proprio quello predestinato daiia
Divina Prowidenza ». Altri sottolinearono i suoi valori umani e
le doti eccellenti di intelligenza, di operosità, di cuore, l'apertura

17.6 Page 166

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della mente ai bisogni, oggi d i r e m o « ai segni » dei tempi.
Don Rinaldi pregò Don Bertello di telegrafare la nomina al
S. Padre e al Card. Protettore. Al Papa venne telegrafato:
«Don Paolo Albera, nuovo Rettor Maggiore Pia Società Sale-
siana e Capitolo Generale, che con massima concordia di animi,
oggi 95" anniversario nascita ven. Don Bosco, lo elesse e col
massimo giubilo lo festeggia eletto, ringraziano Vostra Santità
preziosi consigli e preghiere e protestano profondo ossequio, illi-
mitata obbedienza ».
Procedendo nelle elezioni, Don Rinaldi venne confermato Pre-
fetto Generale e Don Bertello Economo; eletti Don Giulio Bar-
beris a Catechista, Direttore Spirituale; Don Luigi Piscetta, Don
Francesco Cerruti e Don Giuseppe Vespignani a Consigìieti.
Don Riialdi si affrettò a comunicare l'esito delle elezioni a
tutta la Congregazione ricordando che nel sogno della « Ruota »
Don Bosco l'aveva visto con una lucerna in mano, predestinato
a far luce a tutti. E conchiuse: «Miei cari confratelli, risuonino
ancora una volta alle vostre orecchie le parole di Don Bosco nella
lettera-testamento: Il vostro Rettor Maggiore è morto, ma ve
ne sarà eletto un altro che avrà cura di voi e della vostra eterna
salvezza. Ascoltatelo, am~telo,ubbidirelo, pregate per lui come
avete fatto per me >>.
Bollettino Salesiano, giornali, periodici di famiglia e corri-
spondenza gareggiarono nell'esaltare virtù e doti accrescendo la
spontanea esultanza di tanti cuori. Unica nota &$corde, quelfa
dell'eletto, che nel suo diario scrisse: << Questo è un giorno di
grande sfortuna per me. Sono stato eletto Rettor Maggiore della
Pia Società di San Francesco di Sales. Quale responsabilità suile
mie spalle! Ora più che mai debbo gridare: Deus in adiutorium
meum intende! ».
Nel suo portafoglio si trovò un biglietto ingiallito con questo
suo programma personale, di cui non saprei precisare la data:
« Avrò sempre Dio in vista, Gesù Cristo qual modello, I'Ausi-
liatrice $n aiuto, me stesso in sacvificio ».
Nella prima circolare già citata: « Mi parve d i essere schiac-
ciato sotto il peso di tanta responsabilità. Avrei voluto sottrarmi
a un incarico che io conoscevo di gran lunga superiore alle mie
debolissime forze hiche, intellettuali e morali. Mi vedevo attorno
molti altri meglio preparati ad assumere il governo della nostra
Pia Società... ma per timore di resistere alla volontà di Dio che

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in quel'stante mi sembrava manifestarsi, sebbene con immenso
sacrihcio, piegai la fronte e mi sottomisi. Però Iddio sa quale
angoscia abbia torturato il mio cuore... quante lagrime abbia ver-
sate, quale senso di scoraggiamenro mi abbia assalito! Appena
mi fu permesso, corsi a gettanni ai piedi del nostro venerando
Padre, lamentandomi fortemente con lui perché avesse lasciato
cadere in sì misere mani il timone della navicella salesiana. A
lui, più col pianto che con le parole, esposi le mie ansie, i miei
timori, la mia estrema debolezza, e poiché mi era giocoforza por-
tare la pesantissima croce... lo pregai con tutto il fervore perché
mi venisse in aiuto. Mi alzai da quel sacro avello di Valsalice,
se non dei tutto rassicurato, almeno più fidente e rassegnato.
Non occorre aggiunga che promisi a Don Bosco e a Don Rua
che nuila avrei risparmiato per conseware alla nostra umile Congre-
gazione lo spirito e le tradiioni che da loro abbiamo appreso... D.
Mentre si svolgeva il Capitolo Generale, fra tante felicitazioni
ed auguri, gli giunse il conforto più augusto del Santo Padre
Pio X che si congratulava con lui per l'alto e delicato ufficio a
cui era stato chiamato e gli invocava da Dio ogni grazia ed aiuto
perché potesse degnamente rispondere d'ardua missione seguendo
le orme gloriose dei grandi predecessori Don Bosco e Don Rua,
che con mmirabiie zelo e santità diedero d a benemerita So-
cietà Salesiana vita e incremento, a gloria di Dio e a vantaggio
civile, religioso, morale della gioventù. I n casa e fuori di casa si
sentiva che era stato eletto, come esortava gli elettori il Card.
Rampolla: «colui che per santità di vita vi sia esempio, per
bontà di cuore padre amoroso, pev prudenza e saggezza guida
sicura, per zelo e fermezza vigile custode della disciplina, della
veligiosa osservanza e dello spirito del venerabile Fondatore »
(Lettera ai Capitolai prima dell'elezione).
AUe Figlie di Maria Ausiliatrice Don Mbera preferì dare egli
stesso i ringraziamenti per le preghiere e gli auguri che riceveva,
scrivendo: « Spero che Iddio esaudirà i vostri voti e che non
permetterà che la mia incertezza abbia ad essere di nocurnento a
quelle opere a cui il v a . Don Bosco e l'indimenticabiie Don Rua
consacrarono tutta la loro vita ». Chiudeva auspicando che fra i
due rami della famiglia di Don Bosco fiorisse una santa gara
nei conservare lo spirito di carità e di zelo lasciato in eredità dal
fondatore.
Vedremo che il Signore si servirà di lui per rinnovare anche

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canonicamente l'armonia di direzione spirituale tra Salesiani e Fi-
glie di Maria Ausiliatrice, &dandogli l ' d c i o di Delegato Apo-
stolico per tutto l'istituto che verrà poi trasmesso ai successori
« pro tempore P.
I1 Capitolo XI continuò i lavori programmati discutendo e
poi rimettendo ai superiori del Consiglio Generalizio la revi-
sione e il coordinamento dei' regolamenti approvati ad experi-
mentum nel Capitolo precedente (X) per gli Ispettori, per le
Case salesiane, per i Noviziati, le Parrocchie, gli Oratori festivi
e la Pia Unione dei Cooperatori.
Notevole l'insistenza con cui Don Rinaldi sostenne la neces-
sità di non alterare nulla del regolamento di Don Bosco, special-
mente per gli Oratori festivi (che non erano un plagio degli Ora-
tori lombardi, ma ne differivano sostanzialmente),altrimenti avreb-
bero perso ogni autorità. Ed Ed richiamo ai Direttori che ripren-
dessero la direzione spirituale deile case, a d e se non erano più
confessori ordinari delle loro comunità, e non si snaturassero in
factotum impegnandosi personalmente nelle cure materiali, disci-
plinari e scolastiche a cui molti tendevano. Don Berteilo lo so-
stenne: « Speriamo - disse - che sia stata cosa momentanea.
Bisogna tornare &ideale di Don Bosco, descritto nel regola-
mento. Si leggano quegli articoli, si meditino, si pratichino ».
Don Albera conchiuse: « B questione essenziale pev la vita
della nostra Società, che si conservi lo spirito del Direttore se-
condo l'ideale di Don Bosco; altrimenti cambiamo il modo di
educare e non saremmo più salesiani. Dobbiamo fare di tutto per
conservare lo spirito di paternità, praticando i ricordi che Don
Bosco ci lasciò: essi ci diranno come bisogna fare. Specialmente
nei rendiconti noi potremo conoscere i nostri e dirigerli. Quanto
ai giovani, la paternità non importa carezze o concessioni illimitate,
ma l'interessarsi di loro, il dar b r o facoltà di venirci a trouare.
Non dimentichiamo poi l'importanza del discorsino della sera. Sia-
no fatte bene e con cuore le prediche. Facciamo vedere che ci sta
a cuore la salvezza delle anime e lasciamo ad altri le parti odiose.
Così sarà conservata al Direttore l'aureola di cui lo voleva cir-
condato Don Bosco ».
I1 linguaggio familiare oggi potrebbe essere tradotto in ter-
mini aggiornati, ma non tradito da stile ermetico che permetta
arbitrarie interpretazioni.
Un'accurata Esposizione delle Scuole Professionali ed Agri-

17.9 Page 169

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cole, alla quale parteciparono 203 scuole salesiane dell'uno e del-
l'altro continente, coronò il Capitolo Generale, interessando nu-
merosi visitatori, autorità, competenti e poplo. Fu allestita nel
nuovo padiglione costruito a Valdocco per la sezione studenti,
a cui noi passammo nella primavera del 1911 per le scuole daiie
antiche aule e studio dei tempi di Don Bosco.
Fta croci anticlericali e 5geiii intetnwionali
Chiuso il Capitolo, Don Albera si affrettò a partire per Roma,
far visita ai Santo Padre e ringraziarlo delle benedizioni e del
prezioso autografo inviatogli. I1 Papa sembrava impaziente di
vederlo. Lo ricevette in udienza privata il 7 settembre e gli
disse la consolazione che egli provava nelrapprendere il bene che
- - operavano i Saiesiani specialmente neiie terre di missione: « Siete
nati ieri aggiunse è vero, ma siete sparsi in tutto ii mondo
e dappertutto lavorate molto ».Rallegrandosi poi per lo smasche-
ramento delle trame settarie ordite contro il collegio di Varazze,
l'ammonì: «Vigilate perché altri colpi vi preparano i vostxi ne-
mici » e, accondiscendendo alla preghiera di Don Albera, di qual-
che norma pratica pel governo della Società, raccomandò: « Non
vi scostate dagli usi e dalle tradizioni introdotte da Don Bosco
e da Don Rua ».
Don Albera ne uscì col cuore commosso, e nel dare notizia
dell'udienza ai Salesiani e ai Cooperatori, confidò: « Inutile dirvi
che fui accolto con la più squisita bontà e con quella cordialità
che rapisce il cuore di tutti coloro che hanno la sorte di awici-
narsi al Santo Padre... ».
Nel ritorno passò per M a n o dove si teneva un Congresso
catechistico nel programma dei festeggiamenti pel terzo centena-
rio della canonizzazione di S. Carlo. Cardinali, vescovi e congres-
sisti lo salutarono con calorosi applausi; e i'arcivescovo Card.
Ferrari volle che anch'egli rivolgesse la sua buona parola in no-
me di Don Bosco.
A Torino fu subito assediato per le udienze, mentre gli ur-
geva ttattare coi membri del Capitolo Superiore problemi indi-
lazionabili e conferire con gli Ispettori rimasti in Italia ad atten-
derlo. Si stava inoltre allestendo la prima spedizione missiona-
ria del suo rettorato (più di cento missionari), a i quali diede l'ab-
braccio 1'11 ottobre. Ed ecco subito il suo cuore in ansia per la

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rivoluzione settaria scoppiata in Portogallo, che nel 1911 fuli
per espdere anche i Salesiani. In casa, il primo lutto del suo
rettorato: l'improvvisa morte dell'Economo generale Don Giu-
seppe Bertello, colto da sincope cardiaca mentre a tavolino at-
tendeva con la sua ben nota alacrità e diligenza ai suo d c i o .
Fu il primo funerale cui io assistetti, alunno di prima ginnasiale
entrato il 1" ottobre aii'Oratorio, e me ne ricordo come fosse ieri.
Provvide alla successione nominando Don Clemente Bretto
h o al prossimo Capitolo Generale, mentre teneva a bada 3
Consigliere Don Giuseppe Vespignani che anelava di ritornare
alla sua Ispettoria Argentina per tante ragioni anche molto plan-
sibii. Aveva bisogno di orientarsi sulla sostituzione per la cura
delle scuole professionali.
Come dal Portogallo, dopo sacrileghe profanazioni di chiese
e perfino dell'Eucaristia, confisca o devastazione delle case, lahu
ratori e scuole, i Salesiani dovettero allontanarsi anche dalle co-
lonie portoghesi di Macao in Cina e del Madagascar. Ma i rivo-
luzionari non tardarono a constatare che avevano commesso uno
dei più gravi spropositi, privando il popolo di educatori e mae-
stri di arti e mestieri di cui il popolo aveva immenso bisogno.
Don Albera ne traeva motivo per incoraggiare i Salesiani alla
fedeltà e allo spirito di Don Bosco, sfuggendo alle insidiose no-
vità di quell'emporio di eresie che teologi ammorhati insinua-
vano ailora sotto la maschera del modernismo. Don Albera con-
divideva col Papa, in quei tempi previsti dalle leggendarie pro-
fezie attribuite a S. Malachia col motto Crux de Cruce, l'orrore. La
tipografia dell'oratorio intanto conduceva a termine l'edizione del-
le circolari di Don Rua che Don Albera faceva spedire alle case
con la sua prima circolare.
U successore di Don Rua si trovava di fronte tre grandi nuovi
impegni che egli riusci a curare con l'aiuto dei suoi validi colla-
boratori: l'assunzione di nuove && M.issioni &date dalla S.
Sede alla Società Salesiana; il riallacciamento delle A z i o n i cano-
niche tra le due Famiglie di Don Bosco, Salesiani e Figlie di
Maria Ausiliatrice; l'organizzazione federale degli Exallievi e l'i-
cremento dei Cooperatori Saiesiani (nota Don Ceria nell'intrn-
duzione al vol. IV degli Annali della Società Salesiana).
E questo mentre i'Itaiia sferrava la guerra per la Libia e la
Cirenaica e fermentava la guerra mondiale che travolse gran parte
d'Europa e d'America.

18 Pages 171-180

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18.1 Page 171

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Don Albera intratteneva sugli awenimenti portoghesi i con-
fratelli nella sua prima circolare, dopo aver ringraziato pubbli-
camente Don Rinaldi mettendo in evidenza il bene da lui fatto
alla Società Salesiana come Prefetto Generale e reggente della
Congregazione dopo la morte di Don Rua: << Alla sua specchiata
prndenza, al suo tatto Snissimo e al suo spirito di iniziativa
andiamo debitori se durante la malattia di Don Rua, se special-
mente alla morte di lui, la nostra Congregazione non ebbe a patire
alcuna di quelle terribili scosse che minacciarono l'esistenza di
floridissime Comunità religiose al perdere il loro fondatore o al-
tro superiere dotato di predare qualità. Durante il governo di
Don Rinaldi tutto procedette con ordine e regolarità sia nel-
Pinterno, sia nelle relazioni con gli esterni. A lui si deve se non
fu peggiorata la condiione finanziaria della nostra Società, mal-
grado la tristizia dei tempi che traversiamo. In lui parimenti tro-
varono un buon superiore, un fratello affettuoso tutti gli ispet-
tori e delegati che convennero dai più lontani lidi al nostro Ca-
pitolo Generale XI ».
Nel presentare le circolari di Don Rua, che egli aveva curato,
affermava di assolvere a un desiderio espressogli da lui sul letto
di morte. Nella lettera di presentazione che porta la data del-
1'8 dicembre 1910, festa dell'Immacolata, lo consolava il pen-
siero che la lettura e la meditazione di quella cara eredità di
famiglia avrebbe preservato la Congregazione daila decadenza che
egli temeva di provocare con le sue deficienze. Quanto al suo
programma gli pareva di dover far di tutto per conservare lo
sviluppo raggiunto: Tene quod habes gli pareva di aver sen-
tito quando aveva aperto il suo cuore presso la tomba di Don
Bosco dopo l'elezione. Le guerre lo costrinsero non solo a questo
principio di limitazione, ma a gravissimi sacrifici di personale
e di case che solo la virtù di confratelli fedeli e laboriosi per-
misero di superare in Europa ed anche in parte alì'estero. Molti
fra i risparmiati dal servizio militare si sobbarcarono al lavoro
degli altri supplendo con la loro dedizione ed abnegazione co-
loro che servivano la loro Patria spesso fino al sangue.
Sicché i'attivo del rettorato di Don Albera è rilevante nella
storia e awaiorato dall'eroismo di tanti salesiani.
Aveva appena scritto la circolare, che dovette accorrere al
letto del fratello Giovanni Battista ottantaquattrenne il quale,
confortato dalla sua visita e dalla sua ultima benedizione,

18.2 Page 172

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spirava a None come un patriarca in perfetta lucidità di mente,
nella viva fede in cui era vissuto esemplarmente.
Offrendo a Dio le sue sofferenze intime, egli prese lezione
anche dal fratello prodigandosi nel servizio della Congregazione,
come il fratello aveva sempre fatto pet la sua famiglia. Consi-
gliandosi coi suoi collaboratori, specialmente con Don Rinaldi,
sollevò Don Vespignani dal nuovo d c i o cui era stato eletto
e chiamò a Torino per le Scuole Professionali ed agricole l'uo-
mo fatto su misura, l'Ispettore di Andalusia (Spagna) Don Pie-
tro Ricaldone. Felicissima scelta, come confermò la storia: ap-
passionato ai grandi problemi del mondo del lavoro, alle nuove
tecniche professionali ed agrarie, briuante di doti organizzative
e di governo, simpaticissimo soprattutto ai giovani.
Nel comunicare la scelta di Don Vespignani che era già tor-
nato a Buenos Aires per l'urgenza della sua presenza nell'ispet-
toria in rigogliosa primavera di apostolato, Don Albera accet-
tava di dargli del tu D come egli desiderava e non gli nascon-
deva il rammarico di tutti i superiori nel dover accettare la sua
rinunzia.
Nella casa madre di Torino si stava intanto organizzando il
V Congresso Nazionale degli Oratori festivi e delle Scuole di Re-
ligione già incluso nel programma di festeggiamenti predisposto
per la Messa d'Oro di Don Rua, che così diede il lancio pubblico
al Rettorato di Don Albera. Era il terzo organizzato dai salesiani
a raggio nazionale (il 1- nel 1902 a Torino, il 2' a Faenza nel
1906). Ma l'iniziativa spettava ai Padri Fippini che avevano
aperto la serie a Brescia nel 1895, mentre i Salesiani tenevano
il primo Congresso dei Cooperatori Salesiani a Bologna; il 4'
l'aveva celebrato l'archidiocesi di Milano nel 1909 nella capitale
lombarda per impulso del Card. Ferrari. I Salesiani intendevano
anche di fare omaggio al Catd. Richelmy, Arcivescovo di To-
rino, nel suo 25' di Episcopato e gliene offersero la presidenza
onoraria, mentre Don Albera ne assumeva quella effettiva. I1 Car-
dinale a sua volta delegava Don Aibeta a immettere nel possesso
parrocchiale il primo parroco di Maria Ausiiiatrice don Roberto
Riccardi. Pochi giorni dopo, il 20 aprile, un'altra consolazione:
nella Curia di Novata si iniziava il Processo detto dell'Ordiiario
per la Causa di Beatificazione e Canonizzazione del Servo di Dio,
ora venerabile, Don Andrea Beltrami.
I1 6 maggio i Milanesi vollero dargli una dimostrazione di

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omaggio come Rettor Maggiore, e Don Albera fece una scappata,
accolto &cialmente aila stazione dal principe Gonzaga aila testa
dei Cooperatori e condotto al vicino Istituto Sant'Ambrogio ove
una folla di personalità con gli alunni e i loro educatori lo fe-
steggiava solennemente. In un giornale cittadino scrisse un antico
ailievo che aveva ricevuto la prima Comunione daiie mani di Don
Bosco ali'Oratorio di Torino e in un momento dolorosissimo della
sua vita aveva trovato conforto da Don Rua: « Ossequiandolo
poche ore fa, ci è parso di veder rivivere dinanzi a noi le figure
venerande dei suoi predecessori... Larghezza elevata di vedute,
grande senno pratico e fermezza meravigliosa di propositi s'd-
leano in lui a pietà profonda e modestia esemplare;... s'intuisce,
si sente il vero uomo di Dio. La sua grandezza è fatta di umiltà
cristiana. Eessun gesto, nesuna posa, non parole altisonanti...
un'aura di santità che vi avvince, una parola serena, senza pre-
tese, che va a ricercarvi le più recondze fibre del cuore... ».
Chi ha conosciuto Don Albera vi riscontra il vero ritratto.
La prima biogrda accenna ancora quasi di sfuggita a una
visita a Sampierdarena, dove tanti cuori gli erano legati dagli inizi
dell'opera, e poi si afiretta a presentarci la sua seconda circolare
sullo Spirito di pietà, che è forse il suo capolavoro come dire-
zione spirituale.
I1 Congresso programmato si aperse nella Casa Madre il 17
maggio. Anima, l'impareggiabiie Don Stefano Trione, specialista
in questo campo, come in non pochi altri. Aveva il genio orga-
nizzativo dei convegni, facilità di parola capace di adeguarsi al
pubblico più svariato e di trascinare alte intelligenze e popolo mi-
nuto, adulti e giovani: incantava ed elettrizzava; tratto hnissimo,
abilità giornalistica e propagandistica, viva fede e vera pietà che
si associavano a svariata cultura religiosa e sociale.
Mandarono la loro adesione i cinque Cardinali Arcivescovi
e quasi tutti i Vescovi d'Italia. Parecchi intervennero col Card.
Richelmy. Furono due giorni, 17 e 18 maggio, di intenso lavoro.
Studi, relazioni, discussioni portarono a conclusioni così con-
crete che Don Albera sostenne la spesa di una decorosa edizione
degli Atti e ne mandò copia non solo aile case, ma a tutti i ve-
scovi e parroci d'Italia. Sette titoli presentavano i vari problemi:
1) Organizzazione interna e formazione del personale - 2) Spirito,
- pratiche di pietà, funzioni religiose - 3) Insegnamento del Cate-
chismo o Catechési, gare catechistiche, predicazione 4) Sport,

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- musica, drammatica 5) Educazione sociale, risparmio, previ-
- denza - 6) Oratori femminili 7) Scuole di Ragione.
La pubblicazione si completava con notizie e statuti degli
Oratori Filippini, degli Oratori milanesi, delle Congregazioni Ma-
riaue dei PP. Gesuiti e delle direttive catechetichedate da S. Fran-
cesco di Sales. Una panoramica che da qualiiicava il valore
del Congresso. Don Albera non si limitò a rilevare l'intelligente
interpretazione delle esortazioni e dell'attesa del Santo Padre, pre-
sentando il telegramma con la benedizione pontifcia ed il pre-
zioso autografo di Pio X. Riprese gli argomenti neUa sua circ-
lare del 31 maggio 1913 a cui rimandiamo perché una lettura
meditata farebbe rivalutare tante indicazioni e decisioni che gio-
verebhero pure oggi.
Seguì la solennità annuale di Maria Ausiiiatrice con funzioni
pontificali a corona del mese di predicazione, eccellenti esecu-
zioni in canto gregoriano e polifonia, la tradizionale processione.
Poi Don Albera intraprendeva, col nuovo economo generale Don
Bretto, la visita aUe case del Veneto: a Trieste, Gorizia, Mo-
gliano, Schio. Breve sosta a Torino, e poi alle case di Spagna
col nuovo Consigliere Professionale Don Pietro Ricaldone. I1
17 giugno assisteva d a benedizione della cripta del santuario del
Sacro Cuore di Gesù sul Tibidabo, al sommo del colle donato
a Don Bosco nel 1886 dal Municipio di Barcellona, e i'indomani
vi celebrava la prima Messa. I1 23 mattino era a Torino per
l'annuale commemorazione di Don Bosco e la festa tradizionale
al suo successore.
Noi la godevamo per la prima volta e la ricordiamo con esal-
tante commozioue, dall'esecuzione deli'inno ufficiale che il nostro
Maestro Cav. Giuseppe Dogliani musicava, e il compositore (Don
Lemoyne o Don Francesia alternativamente) leggeva in prece-
denza, fuio alle paterne parole di Don Albera che chiudeva
l'accademia. Solenne era pure quella della nostra premiazione an-
nuale, circa un mese dopo, che il Rettor Maggiore presiedeva
abitualmente.
Aii'accademia onomastica giunse l'annuncio che il Santo Padre
Pio X elevava il Santuario di Maria Ausiliatrice a Basilica mi-
nore. Più tardi giunse il « Breve » pontificio che recava la data
del 13 luglio.
Durante le vacanze Don Albera si fece impegno di dare i
« ricordi >> ai vari corsi di Esercizi spirituali dei Salesiani e delle

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Figlie di Maria Ausiliatrice, mettendosi a disposizione degli eser-
citandi, se appena poteva, almeno la vigilia e il mattino stesso
della chiusura.
I1 1" Congresso degli E d e v i
Ma un avvenimento storico di prim'ordine egli ebbe la gioia
di presiedere dall'8 al 10 settembre 1911: il I Congresso Inter-
nazionale degli Exallievi Salesiani o di Don Bosco, come si pre-
feri denominarli in seguito. Preparato bene, soprattutto a cura del
circolo Don Bosco di Torino. Costituitosi nel 1908 con gli Exal-
lievi dimoranti in città, per impulso del Servo di Dio Don &ai-
di e l'assistenza di Don Giovanni Minguzzi e Don Ugo Lunati,
aveva già federato un centinaio di Unioni delle varie parti deI
mondo alle quali aveva proposto &ndai 1909 uno statuto confede-
rale, ed ebbe pieno successo.
Uno dei più quotati giornali cittadini lo presentò come « un
fatto nuovo nella stovia della pedagagiu » perché non era solo
una madestazione di gratitudine agli educatori. Svolgendosi a
Torino « ove Don Bosco iniziò con umiltà di cuore, ma con
immenso fervore di fede, con infinita ansietà di speranza, l'opera
sua meravigliosamente civile », era affermazione dello spirito di
« un'immensa falange di coloro che, in tutto il mondo, nelle
contrade civili e nelle contrade barbare, da quest'opera tras-
sero i benefici inestimabii d'una coscienza morale, d'una cultura
pratica, di un'operosità fattiva » (La Stampa, 16-VII-1911).
Don Rua l'aveva appoggiato in pieno, appena sorta l'idea,
perché considerava l'associazione come un organismo mondiale
in cui i Salesiani continuavano fra gli exallievi il prowido apo-
stolato prestato loro nell'adolescenza.
- I1 programma si sviluppò su tre temi: unione spirito di Don
Bosco - azione.
Il Congresso appoggiò la supplica della federazione argentina
che chiedeva alla Santa Sede l'autorizzazione di awiare la Causa
di beatzcazione di Zeliriio Namuncurà, la postulatoria proposta
da Don Trione per sollecitare l'introduzione della Causa di Do-
menico Savio, quella di Mons. Morganti per l'estensione della
festa di Maria Ausiliatrice alla Chiesa universale, e la erezione
di un monumento a Don Bosco nella piazza del santuario.
Fu onorato della visita del Card. Arcivescovo Agostino Ri-

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chelmy e deiia presenza di iilustri prelati e personalità; oratori
eccellenti, tra cui il cremonese On. Miglioli. Mancò l'0n. Micheli
di Parma per l'epidemia di colèra che ailora infestava la città.
I congressisti iniziarono con la benedizione del Santo Padre
ed ebbero un soIenne ricevimento in Municipio. Don Albera con-
divise con loro anche l'agape fraterna al ristorante Gambrinus,
poi offerse il pranzo sociale in un cortile dell'oratorio di Val-
docco presso il teatro in cui si svolgevano le adunanze: più di
800 commensali rallegrati dalla banda degli allievi artigiani di-
retta dal M. Dogliani. Il « Momento », quotidiano cattolico cit-
tadino, mise in evidenza che prestavano servizio a tavola i Mae-
stri d'Arte dell'oratorio, felici di trovare nella massa tanti loro
allievi d'anni addietro. Le memorande giornate si conchiusero
con la benedizione Eucaristica impartita da Don Albera e col pel-
legrinaggio a Valsalice alle tombe di Don Bosco e di Don Rua.
Merita che riportiamo il brano del «Momento » sul servizio dei
Salesiani Coadiutori, che riflette mirabilmente lo spirito di Don
Bosco:
«Sono quasi mtti maestri d'arte, quelli stesa che a g ~ a nparte degli
exaliievi presenti hanno insegnato i primi rudimenti deil'arte, hanno dato
loro il mezzo di guadagnarsi il pane per l'esistenza e che ora sono f&d di
trovarsi nuovamente a contatto con gli allievi di ieri. E che camuien ideali!
Passano daii'uno aii'alao tavolo con Paguità dei camerieri provetti. Infati-
cabili soddisfano tutte le richieste, prevengono ogni desidko, faticano per
giungere a tutto, per appagare tutti. Come non ricordarli? Nel prestarsi per
la funzione umile hanno dato prova di tanra bontà e di tanta abnegazione
che ad uno ad uno si dovrebbe nominarli. Schiera preziosa di librai, fabbri,
sarti, falegnami, scultori, compositori, stampatori, fonditou, calzolai, soste-
gni saldi, coadiutori indispensabili delia mirahiie Opera Salesima. Schiera
grandiosa che ha svolto la sua missione neli'ombra, e che ddle due grandi
M a t i v e di Don Bosco, Oratori festivi e Scnole professionaii, non p o t a
do essere la mente direttiva, è stata ii braccio che tutto muove. Schiera gla
riosa, che pur non avendo le soddisfazioni intime che PeserciPo del sa-
cro ministeso, per amore di Don Bosco e il desiderio di raggiungere h perie-
zione cristiana, tutte ha sacrificato .le gioie deila vita». (I1 Momento,
11-IX-1911).
Noi li abbiamo conosciuti e possiamo sottoscrivere a credito.
Aggiungiamo però che essi erano in gran parte anche Catechisti
nell'oratorio festivo, dove svolgevano l'apostolato deli'insegna-
mento religioso, della guida alle pratiche di pietà, ai sacramenti,
alie prime Comunioni, erano l'anima delle Compagnie religiose e
dei Circoli giovanili, dell'hioue Cattolica, nello sport e nella hto-

18.7 Page 177

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drammatica, condividendo anche tante gioie spirituali del sacer-
dozio dei laici.
Don Albera aperse il Congresso con la sua amabile parola,
ringraziando gli Exallievi di « quell'abbraccio della gratitudine con
la beneficenza» e deila loro affettuosa venerazione per Don Bo-
sco e per Don Rua. Intervenne con discrezione in vari momenti
delle trattazioni e sottolineò nella chiusa la consolazione e la
gioia che gli Exallievi davano a tutta la Società Salesiana coi sen-
timenti espressi, le proposte fatte, i propositi di vita cristiana
esemplare nelie famiglie e nella società dove potevano far fer-
mentare a beneficio di tutti lo sp to di Don Bosco e il suo
- sistema educativo: «sistema scrisse ancora La Stampa -
esperimentato ottimo in tutte le parti del mondo, nonostante di-
versità di lingua, di usi, di razza », che aveva ben diritto di essere
segnalato alla debita valutazione.
Nel mese di ottobre, dato l'abbraccio ai missionari dell'an-
nude spedizione (una cinquantina)destinati specialmente alla Cina
ed al Congo Belga, egli parti per l'Austria e la Polonia sostando
anche in un paesino della Carniola dove in un romito convento
di certosini si era consacrato a Dio un figlio della famiglia Olive.
Lo trovò felice deila sua vocazione.
L'accompagnava Don Pietro Ricaldone. Celebrò ad Oswi-
coi confratelli il decennio della fondazione, assistette alla bene-
dizione di nuovi edifici a Przemysl, quindi passò a Tarnow, a
Cracovia, a Leopoli, a Daszawa. I1 28 ottobre era a Vienua ove
i Cooperatori gli diedero una dimostrazione cittadina movendo
prelati, nobiltà e popolo, ufficiali e magistrati; sostò a Lubiana.
Rientrato a Torino ricevette il rescritto con cui la Sacra Con-
gregazione dei Riti autorizzava la commemorazione mensile di
Maria Ausiliatrice concedendo la celebrazione deila Messa della
festa all'altare della Madonna nel Santuario.
Con tante care emozioni nel cuore, egli stese per la fine del-
l'anno la circolare ai Salesiani sulla Disciplina religiosa e preparò
quella ai Cooperatori pel Bollettino di gennaio 1912 mettendoli
al corrente dell'apertura di tredici nuove case, l'inaugurazione di
sei nuove chiese, della spedizione missionaria, e proponendo in
particolare la cura delie vocazioni e degli Oratori festivi, l'aiuto
agli emigrati, raccomandando la devozione al Papa e l'aiuto alle
chiese parrocchiali in costruzione a Firenze e a Milano, dedi-
cate alla Sacra Famiglia e a Sant'Agostino.

18.8 Page 178

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Agli inizi del nuovo anno invitò a Torino gli Ispettori delie
case salesiane d'Europa e in marzo tenne con loro una serie di
riunioni per concordare il decentramento di vari servizi dal Ca-
pitolo Superiore che, al rapido espandersi delia Congregazione,
non era più in grado di curare da Torino.
I1 24 era ad Omegna a partecipare a una solenne comme-
morazione di Don Andrea Beltrami. Rivolse la sua parola alla
popolazione presso la salma del Servo di Dio ancora inumata
al cimitero.
In Inghilterra e in Belgio
I1 9 aprile partiva per Londra, via Parigi ospite delle
Dame Benedettine di Rue Monsieur. I1 IV volume degli An-
nali della Società Salesiana presenta nel IV capitolo l'elenco
delle fondazioni in Austria-Ungheria e Germania prima e dopo
- la guerra mondiale: Szentliereszt - Nyergesujfalu Buda - Pest -
- Wersee - Unterwaltersdorf Vienna XIII - Fnlpmes - Wurtz-
- - burg - Freyung Bamherga - Passavia - Burghausen Endorf -
Essen. i particolari di alcune, descrive la sistemazione dopo
la guerra, ricordando anche alcune vicende. Noi intanto seguiamo
Don Albera da Parigi, dove senti ancora stringersi il cuore di
fronte alla paralizzazione dell'apostolato salesiano, mentre tanti
affezionati Cooperatori non chiedevano che di secondare il loro
zelo per il maggior bene della gioventù e della società P.
I1 13 aprile raggiunse l'isola di Guernesey sostando all'istituto
di La Chanmière; ma la domenica in Alhis celebrò in una delle
tre parrocchie affìdate ai salesiani, dedicata a S. Francesco. I1 17
era a Londra, accolto festosamente alla casa d i Battersea dove i'im-
domani aveva la consolazione di dare la prima Comunione ad
un bel numero di alunni. Visitò pure le altre due case salesiane
trattenendosi due giorni nei noviziato di Burwash, poi passò in
quella di Farnoborough e alle scuole di Chertsey dkette dalle
Figlie di Maria Ausiliatrice. Cordialissimi gli incontri col Card.
Bourne, che l'aveva prevenuto inviandogli il benvenuto per mezzo
di Mons. Canon, e col Vescovo di Southwark, Mons. Amigo.
Benedisse la cappella interna della casa di Battersea e s'intrat-
tenne a convegno con gii Exallievi. I dieci giorni di permanenza
passarono troppo presto per tntti. Ma era atteso anche nei Belgio
ove sostò dapprima a Tournai, poi a Melles, ad Antoing, a Bru-

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xelles, ossequiandovi il Card. Mercier, ii Nunzio pontificio, i Mi-
nistri degli Esteri e delle Colonie. Procedendo per Ixelles, Grand-
Bigard, St. Denis Westrem, festeggiò a Gegi il venticinquesimo
di fondazione del fiorente orfanotrofio ove era allestita una inte-
ressantissima Mostra Professionale e venne incoronata la statua
di Maria Ausiliatrice dal Vescovo diocesano circondato da dignità
ecclesiastiche, autorità civili e politiche, cooperatori e benefattori
che si congedarono con le più soavi impressioni dell'amabilità
del Rettor Maggiore e del fascino delle parole rivolte a loro e
ai giovani con familiare cordialità.
Egli godette tanto del buono spirito della casa e dell'eutu-
siasta venerazione che Exallievi e Cooperatori, personalità di vario
ceto, dimostravano per Don Bosco. Scriveva poi aiia nipote Ma-
dre Eulalia Bosco: << Ne godo non meno di queiio che godreste
voi che siete della sua famiglia, perché se a voi è zio, per me
Don Bosco è padre: a lui devo tutto... ».
I1 Bollettino Salesiano francese del 1912, a pagg. 233-78, de-
scrisse assai bene queste feste. Don Albera arrivò all'istituto San
Giovanni Berchmans il 10 maggio 1912 nel pomeriggio e fu ac-
colto nell'ampio cortile dell'Orfanotrofio dall'Ispettore Don Sca-
loni, dai giovani artigiani e studenti, da rappresentanze deUe altre
case viciniori, Salesiani e Figlie di Maria Ausiliatrice, Exallie-
vi, Cooperatori e Cooperatrici, personalità... a suon di banda,
fra scroscianti applausi ed alti ewiva, con affettuosi benvenuto e
canti dei giovani. Egli rispose che era là per u deiiziarsi alla vi-
sta dei prodigi fatti a Liegi dalla carità cristiana pel maggior bene
della classe operaia laboriosa e rallegrarsi delle testimonianze di
cordiale &etto per la Congregazione Salesiana D. Completò l'omag-
gio una graziosa accademia con discorsi in latino, italiano e fran-
cese. I1 giorno 12, Don Albera presiedette l'inaugurazione del-
l'Esposizione Professionale che documentava i progressi fatti dalle
Scuole nei 25 anni trascorsi dalla fondazione. Anche le Figlie di
Maria Ausiiiatrice avevano la loro buona sezione, molto interes-
sante. Visitò poi l'oratorio e ii Circolo Don Bosco.
All'agape fraterna, che raccolse attorno a lui benefattori ed
amici, il Servo di Dio Don Luigi Mertens, direttore e poi par-
roco esemplare della parrocchia S. Francesco di Sales, dove si
stava per incoronare la statua di Maria Ausiiiatrice, mise in ri-
lievo l'incremento della divozione al SS. Sacramento ed alla
Madonna, e la fede ardente dei parrocchiani che gli davano la

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consolazione di oltre 130.000 Comunioni ali'anno. Il presidente
del Consiglio di fabbrica, aw. Thisquen, ringraziò i Figli di Don
Bosco per le opere religiose e sociali cbe avevano fatto fiorir
la vita in quella zona di periferia organizzando la gioventù, spe-
ciahnente lavoratrice. Don Albera disse la sua grande soddisfa-
zione di quel magnifico spettacolo che dava gloria a Don Bosco
e realizzava, col miglioramento economico e civile, le previsioni
del grande vescovo Mons. Doutreloux, che aveva ottenuto l'in-
vio dei Salesiani in Belgio trattandone con Don Bosco stesso.
Qui regna proprio lo spirito di Don Bosco - rilevò conclu-
dendo - spirito di famiglia a lui tanto caro. Io faccio ardenti
voti che si conservi fra voi e si sviluppi. L'awenire mi pare
brillante, pieno di promese, se voi continuerete a seguire gli
insegnamenti di Don Bosco». Nel pomeriggio un « Match di
foot-ball presentò in gara interessante giovani inglesi e giovani
belgi, e si concluse 4 a 2. Don Albera premiò la squadra vit-
toriosa e distribui a tutti una medaglia commemorativa del 25".
I1 16 maggio, solenne << Incoronazione di Maria Ausiiiatrice » per
le mani del Vescovo di Liegi, dopo il pon&cale dell'Abate di
Solesmes Dom Pothier, grande apostolo del canto gregoriano, cir-
condato dai vari vescovi e prelati, abati mitrati, dignità e clero.
Presenti le autorità, ministri, senatori, deputati... La Schola can-
tomm deil'Orfanotrofio, con le corali di San Gregorio e Santa Ce-
cilia, eseguirono egregiamente la Messa Giovanna d'Arco a 4 voci
e soli di Charles Gounod. Un'imponente processione, nonostante
i capricci della pioggia, coronò degnamente la grande giornata.
E fu l'inizio anche dei pellegrinaggi che fanno ormai tradizione.
Don Albera, ringraziando, espresse particolare riconoscenza al
Vescovo della diocesi, esprimendo le incanceilabili impressioni
che riportava della pietà dei fedeli, dell'edicazione del clero, del-
l'incoraggiamento che tutti davano all'opera salesiana. Invocò
su tutti la benedizione di Maria Ausiliatrice, assicurò il suo affet-
tuoso ricordo al santuario di Torino e la certezza che il Belgio
sarebbe stato sempre modello al popolo cristiano...
Da Liegi egli passò poi alle altre case, fra madestaioni cor-
dialissime di affettuosa esultanza.
Visitato i n h e l%stitutodi Hecbtel, riprese il viaggio per To-
rino soffermandosi a Verviers, Aywalle e a Losanna.

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19.1 Page 181

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Per Case d'Italia
A Torino fu informato delie condizioni degli Italiani espulsi
dalla Turchia e concordò col suo Consiglio il soccorso ai gio-
vani loro figliuoli, offrendo ospitalità nei vari istituti d'Italia iino
a loro conveniente sistemazione e cura del loro awenice agli
orfani nelle scuole professionali salesiane Ne fece telegrafare al
Presidente della Commissione di soccorso, mettendo a dispo-
sizione l'Ispettore di Roma Don Arturo Con& per le oppor-
tune intese.
Dopo la festa di Maria Ansiliatrice riprese le visite alle case
d'Italia, Emilia e Romagne, soffermandosi in modo particolare
a Bologna, dov'ebbe un cordiale colloquio con l'Arcivescovo Mons.
Della Chiesa (poi Papa Benedetto XV); a Faenza, dove l'atten-
devano anche i cooperatori faentini aiTezionatissimi ai salesiani,
per l'annuale conferenza, la benedizione del monumentino a Ma-
ria Ausiliatrice, l'inaugurazione deila fiera di beneficenza orga-
nizzata dalle Dame Cooperatrici, e gli Exdievi pel loro conve-
gno annuale; a Lugo, Ravenna, Ferrara, Modena. L'Arcivescovo
di Ravenna Card. Boschi lo invitò a tenere una conferenza al
clero e ai cooperatori nel palazzo arcivescovile. A Modena passò
a confortare il conte Filippo Bentivoglio, insigne cooperatore gra-
vemente infermo. Interruppe le visite per essere a Torino in tem-
po a presenziare d e feste giuhilari di Don Francesia e di Don
Lemoyne in occasione del loro 50" di sacerdozio. Doveva tro-
varsi con loro anche Mons. Cagliero, Internunzio Apostolico in
Centro America, ma non poté abbandonare il suo posto e cele-
brò la sua Messa d'Oro laggiù. A Torino fu una gran giornata:
Don Lemoyne celebrò la Messa di comunità e Don Francesia
cantò la Messa solenne, assistito da Don Albera che parlò an-
che aii'accademia condusiva. Noi del Piccolo Clero o della Scuola
di Canto prestammo servizio all'altare e daii'orchestra, poi al-
l'accademia.
Don Albera parti subito per Parma, Firenze, Pisa, Livorno, La
Spezia a soddisfare confratelli e giovani delle case delia Toscana
e parte della Liguria, rimandando quelle di Sampierdarena e
della costiera di ponente verso la fine di autunno per trovarsi
a Torino alla festa di San Giovanni, seguire quindi gli Esercizi
spirituali dei salesiani durante le vacanze e dare i ricordi. A Pisa
il Card. Mafii lo aveva voluto a colazione per trattenersi a suo

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agio con lui su tanti cari ricordi salesiani. A Livorno anche le
Figlie di Maria Ausiliatrice e le Associazioni Cattoliche gareg-
giarono coi Cooperatori e gli Exailievi in pubbliche dimostrazioni
al secondo successore di Don Bosco. In agosto presiedette il Con-
vegno dei Direttori e Decurioni dei Cooperatori Salesiani a Val-
salice, onorato dalla paroIa e daUa benedizione deii'Arcivescovo
di Torino Card. Richelmy.
A Torino stese una circolare agli Ispettori con norme sagge e
prudenti su temi scottanti del tempo e sulla discrezione per le
vacanze e le pubblicazioni dei salesiani. In ottobre presiedette la
giornata missionaria, dando l'abbraccio ai partenti per queila spe-
dizione annuale. A metà novembre era a Sarnpierdarena per con-
tinuare la visita aile case della costa ligure, sostando a Varazze,
Savona, Alassio, Vallecrosia.
Forse oggi non si comprende il conforto e la gioia che re-
cava il Rettor Maggiore (e, proponion fatta, gli altri superiori)
neile case quando facevano la visita o passavano almeno gli ul-
timi giorni degli Esercizi coi confratelli, celebravano la Messa di
Comunità e davano i « Ricordi P.
Perché il superiore poteva mettersi a contatto con tutti, cu-
rava l'andamento di ogni casa, i servizi che rendevano i confra-
teiii tra i giovani e il pubblico della chiesa locale che gravitava
attorno a loro, riceveva le con6deme di ciascuno, consolava, am-
moniva, incoraggiava, prendeva i provvedimenti opportuni per
quanto si dovesse eliminare o si potesse migliorare, parlava in
pubblico a tutti almeno nel sermoncino deila «buona notte » e
trattava tutti ed ognuno con familiare cordialità. Era una festa
di famiglia, spesso condivisa in alcune ore dai Cooperatori e dagli
Exailievi: una vera e sentita benedizione.
Don Albera, sensibilissimo di cuore e affab'iissimo di trat-
to, come abbiamo già notato, formato come Don Rua e poi Don
Rinaldi alla scuola diretta di Don Bosco, gelosissimo deli'osser-
vanza delle regole e tradizioni lasciate dal Fondatore, si catti-
vava facilmente i cuori, leniva le pene e animava lino all'entu-
siasmo I'apostolato.
Disse bene di lui il Card. Richelmy, parlando ai Direttori e
Decurioni dei Cooperatori a Valsalice: « V i dico il vero che mi
venne spesso questo pensiero in mente: ove non ci fosse altra
prova della santità di Don Bosco, questa deli'entusiastico affetto
con cui è accolta la sua istituzione a me sembra una prova ben

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singolare. E questo non solo quando vivevano Don Bosco e Don
Rua, che erano santi, ma anche ora che trovasi alla testa d a o p e r a
di Don Bosco uno degli ultimi suoi figli... ». La tradizione cou-
tinua felicemente mentre risponde a tante esigenze nuove.
Neli'intimità delle confidenze coi confratelli che, secondo lo
spirito di Don Bosco, condividevano familiarmente la cura e le
responsabilità dell'andamento di ogni casa, il superiore raccoglieva
cosi i deti migliori per dirigere la Società e stimolare alla per-
fezione la vita religiosa di ognuno.
Non si parlava allora né di dialogo né di colloquio, ma di
rendiconto e di collaborazione solidale in coscienza, davanti a Dio,
e si proponeva, si discuteva, si risolveva con libera cordialità, pel
bene comune. Il progresso ascetico, pedagogico ed apostolico mis-
sionario erano il suo assillo, sulle tracce della massima aderenza e
fedeltà allo spirito di Don Bosco.
Di qui l'ispirazione delle sue circolari che sono vero tesoro
per la formazione dei Salesiani autentici. Ci limitiamo a elencarle:
1) Programma del suo rettorato, dopo la elezione, e suo motto: Tene quod
babes
2) Suiio rpkito di pteth (già segnalata) (15 maggio 1911)
3) Sniia disciplina relzgtosa (25 dicembre 1911)
4) Sulla vzta di fede (21 novembre 1912)
5) Oratori festivi - Mzssioni - VooMzioni(31 maggio 1913)
6 ) Suli'obbedzenza (31 gennaio 1914)
- 7) Motivi di conforto fra gli orrori deila gue~ra:un'ora m1 Papa Benedet-
to XV i resti mortali di Domenico Savio trasati in apposita tomba nei
saotuacio di Maria Ausiliauice - salutare risveglio negli Oratori festivi -
incremento delle Missioni (29 gennaio 1915).
8) I1 primo Cardinale saiesimo - XII Capitolo Generale (21 novembre
1915)
9) Cure per i salesiani militari (25 mano 1916)
10) Sulla castifd (14 apde 1916)
11)Conservare #o rpinlo di Don Bosco (23 aprik 1917)
12) Contro la legaZztà nella vita religiosa (25 giugno 1917)
13) Mazzetto di notizie care (22 febbraio 1918)
14) Pel 50" della consacrazione dei sanhmio di IYlaria Ausihtrice (31 mana
1918)
15) Per la cronistoria d& Congregazione (15 ottobre 1918)
16) Sulla dolcezza (20 apde 1919)
17) Appello agli Ispertori d'Europa per le Missioni (19 mano 1920)
18) Per l'inaugnrazione del monnmento a Don Bosco (24 marzo 1920) - An-
nunzio d& pubblicazione degli «Atti del Capitolo Superiore x (24
gmgno 1920)

19.4 Page 184

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19) I1 monumento a Don Bosco «simbolo deli'amore-sintesi dell'omra
sua >, (24 giugno 1920)
20) Don Bosco modello di perfezione salesiana (18 ottobre 1920) - Norme
per la visita alle case (4 dicembre 1920) - Strenne pel 1921 (24 dicem-
bre 1920)
21) Memorabile Udieoza Ponti&& (10 febbraio 1921)
22) Norme per la D k h e rpiritude delle Figlie di Maria Ausiliatrice
(26 febbraio 1921)
23) Don Bosco modello del sacerdote sulesiano (19 marzo 1921)
24) L'Ave Maria per gli Exallievi (24 aprile 1921)
25) Sulle vocazioni (15 maggio 1921)
26) Convocazione del XII Capitolo Generale (21 settembre 1921).
Non abbiamo incluso le circolari di circostanza: Deliberazioni Capite
lari s d Corso tecnico, convitti e pensionati, vacanze durante l'anno (15
maggio 1911) -Disposizioni della S. Sede su& lettura dei giornali pei chi*
rici (24 maggio 1911) - Contro l'abuso di vacanze presso parenti (9 luglio
1911) - Liunitare le vacanze e autorizzazione alle pubblicaioni (19 luglio
1912) - Pel monumento a Don Bosco (22 novembre 1912) - Faoiiitazioni
governative ger esami ai militati (4 piugno 1915) - Incor&&amaro a tene-
re aperte le case anche con la scarseua di personde chesi sentiva nelle n a z i ~
ni in guerra (10 lu&o 1916) - Cura dei profughi e degli esuli (9 novembre
1917) - S d disimpegno &ente dei propd doveri (24 agosto 1920).
Don Albera teneva bene il polso spirituale deila Congrega-
zione e non lesinava richiami anche energici quando occorreva.
Pel resto riposava tranquillo sulla competenza e l'intelligente so-
lerzia di dirigenti qualicati come Don Cerruti per gli studi clas-
sici e sacri, Don Ricaldone per le scuole professionali ed agrarie.
La Congregazione aveva ormai un'équipe di professori di valore
per le lettere, le scienze, la fiiosofia e la teologia, e un libero
docente, Don Paolo Ubaidi, all'università di Torino.
Era la tempra religiosa ascetica che abbisognava soprattutto
delle sue cure. I militari poi trovavano conforto e sostegno spi-
rituale neile sue circolari periodiche. Egli si sforzava di stimo-
lare ispettori e direttori ad aiutarli anche materialmente e per i
corsi di studi che dovevano interrompere. Certo le sofferenze di
quel primo flagello mondiale furono molteplici e spesso strazianti.
Don Rinaldi faceva fronte di cuore quanto poteva ad altrui defi-
cienze, secondo le disponibilità della Provvidenza.
Don Angelo Franco, che gli fece anche da segretario parti-
colare per qualche tempo, mentre Don Gusmano suppliva e poi
succedeva a Don Lemoyne come segretario del Capitolo, ricorda
quanto erano ricercate anche da altre comunità religiose, e da
varie associazioni, le lettere ascetiche di Don Albera, considerate

19.5 Page 185

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come u gemme di letteratura ascetica ».Un venerando salesiano
gli aveva confidato la sua emozione nel trovarle in lettura a Roma
in una distinta comunità, ed altamente apprezzate. La circolare
sulia Fede e lo spirito di Fede venne definita Z'aroma dell'anima
di Don Albeua ».
Anche le circolari annuali ai Cooperatori, che si possono leg-
gere nei Bollettini salesiani del tempo, p w interessando alle ne-
cessità delle opere e missioni di Don Bosco, sensibiiiavano
soprattutto la terza famiglia spirituale al fervore della vita cri-
stiana ed ail'apostolato della carità e della istruzione religiosa, a
lenire le sofferenze e i disagi esasperati dalle calamità e dalle
guerre. Egli dava l'esempio, disponendo soccorsi e mobilitando
salesiani e cooperatori a prodigarsi per le vittime dei vari paesi.
L'attenzione poi alle necessità spirituali dei giovani e delle po-
polazioni più bisognose è evidente anche nei criteri deile nuove
fondazioni
A Torino, nel 1910, opera di particolare rilievo fu la siste-
mazione della SAD Buona Stampa, oggi SEI, awiata nel 1909
ancora dal Beato Don Rua col suo Consiglio in cui era Don Paolo
Albera come Direttore Spirituale Generale. Era stata ideata e
proposta dal Servo di Dio Don Filippo Rinaldi che contava sul-
l'abile collaborazione del Comm Giuseppe Caccia, un salesiano
fra i più competenti delle Scuole Grafiche di San Benigno Cana-
vese e di Torino Valdocco, morto il 16 aprile 1963, e sul con-
corso delle due già tanto stimate Librerie.
Nonostante la guerra mondiale, durante il rettorato di Don
Albera, raggiunse la sua piena atlermazione a credito internazio-
nale fino all'evoluzione in Società Editrice Internazionale.
Cinque mesi neUa Spagna
Meriterebbe ampia descrizione la visita alle case di Spagna
che lo trattenne per cinque buoni mesi del 1913. Egli pensava
di sostare solo per compiere il suo servizio di responsabile della
vita religiosa ed apostolica dei Salesiani, delle Figlie di Maria
Ausiliatrice nei limiti assegnatigli dalla Santa Sede, e dei Coope-
ratori, ma si trovò di fronte a un concorso entusiasta delle
popolazioni con a capo le autorità, mosse soprattutto dallo zelo
e dali'atletto degli Exallievi, che fa pensare al viaggio trionfale
di Don Bosco in Francia nel 1883. Non esageriamo. Basta leg-

19.6 Page 186

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gere le cronache del Bollettino Salesiano italiano e specialmente
spagnuolo, la biografia ufficiale di Don Garneri, giornali e perio-
dici locali.
Ai suo ritorno il Bollettino italiano ne fece la sintesi quali-
ficandolo « Un trionfo grandioso e solenne, dz proporzioni quasi
favolose che in più Iaoghi emulò Pentuszasmo di Parigi (1883)
e dz Barcellona (1886) per Don Bosco ». La stampa si interessò
del suo passaggio come di un importantissimo awenimento e,
pubblicando i suoi cenni biografici e il suo ritratto, faceva eco
alle visite compiute e annunziava le imminenti; mentre solerti
comitati di benefattori lavoravano alacremente per rendere onore
al Successore di Don Bosco. Autorevoli deputazioni gli muove-
vano incontro una, due tre stazioni prima della mèta e l'accom-
pagnavano per altrettante allorché partiva. Nelle stazioni dove
discendeva, migliaia e migliaia di persone l'ossequiavano all'arrivo
e &a partenza, e per tutto il tempo del suo soggiorno era un
continuo affollarsi di personaJità e popolani all'istituto salesiano,
con a capo autorità ecclesiastiche, civiii e militari. Erano sacer-
doti venersndi, interi Capitoli di Collegiate e di Cattedrali, Ve-
scovi, Arcivescovi, Senatori e Deputati, Sindaci e Prefetti, Giunte
e Consigli municipali in corpo, militari di ogni grado, titolari di
pubblici uffici, rappresentanti delle più rinomate industrie locali
e della stampa che, quasi un sol uomo, correvano a rendergli con-
corde, devoto, entusiastico omaggio... Interi paesi si videro affluire
alle stazioni per cui transitava, avidi di vederlo, di ricevere la
benedizione ch'egli impartiva invocando l'intercessione di Maria
Ausiliatrice. In più luoghi fu costretto ad attraversare le vie in
macchine scoperte, ai suono delle campane, spari di mortaretti e
manifestazioni popolari commoventi, tanto era il desiderio di
averlo qualche giorno fra loro. Nelle case si dovettero organizzare
turni di ammissione per categorie, cooperatori, exallievi, benefat-
tori, che facevano ressa per assistere alla sua Messa, ricevere da
lui la santa Comunione... Don Albera non ci si poteva sottrarre,
anche se gli faceva pena di vedersi ridurre il tempo che egli
bramava dedicare ai confratelli, alle suore, ai giovani. Indubbia-
mente era la fama di Don Bosco e di Don Rua che rendeva loro
cara la presenza di Don Albera, ma bastava la vista per com-
prendere quanto egli ne incarnava l'amabilità e lo spirito, ne
condivideva il prestigio con la sua pietà trasparente e le sue virtù
personali.

19.7 Page 187

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D'altra parte aveva sulle labbra abitualmente il richiamo a
Maria Ausiliatrice ed al Fondatore soprattutto, sicché traspor-
tava subito il loro pensiero al Santo che egli umilmente ma non
indegnamente impersonava. Salesiani e Figlie di Maria Ausilia-
trice, Cooperatori ed Exailievi ne sentivano il fascino con cuore
di familiari. Per i giovani poi era una festa.
Don Albera aveva preso per accompagnarlo l'Economo gene-
rale Don Bretto e, con una comprensibile sosta a Marsiglia, era
giunto a Barcellona 1'11 gennaio.
I1 16 s'imbarcò per l'isola di Minorca e raggiunse Ciudadela.
Tornato a Barcellona, si recò poi a Alicante, a Campello, a
Valentia. Cortei pittoreschi con bande e canti lo accompagna-
rono all'Istituto per vie addobbate e splendidamente illuminate.
Qui, alla sua Messa del 9 febbraio non bastarono le pissidi ri-
colme di sacre particole per la Comunione dei fedeli.
Dal 10 febbraio a tutto marzo passò per Cordoba, Mon-
tilla, Malaga, Ronda, Eaja, Utrera, Siviglia, Cadice, Jerez, San
José del Valle, Carmona, Madrid, Carabanchel Aito. Ai primi
di aprile, nei dieci giorni che si trattenne a Salamanca, i Coope-
ratori gli procurarono una breve visita ad Avila per venerare le
reliquie di Santa Teresa e gli favorirono così il proseguimento
a Bejar a passare qualche ora con quei confratelli. I1 conte Ro-
manones, allora Ministro dell'Interno, aveva ordinato al Gover-
natore di Salamanca di disporre un buon servizio di guardie ci-
vili per garantire l'ordine; ma, grazie a Dio, tutto andò bene, e
le guardie conferirono solennità decorativa al passaggio di Don
Mbera dalla stazione ail'Istituto salesiano. I1 13 aprile prosegui
per Orense e Vigo fra dimostrazioni che Don Bretto non riusci
a descrivere, tanto grandiose e travolgenti.
Da Pontevedra raggiunse quindi San Giacomo di Compo-
stella dove le autorità gli mandarono incontro più di quattro-
cento giovani i quali attirarono in corteo una massa di popolo.
Ebbe l'agio di celebrare la santa Messa sulla tomba dell'Apo-
stolo e il Cardinale Arcivescovo gli confidò il progetto di una
scuola agraria che da tempo coltivava. A La Coruna gli vennero
offerte le Scuole Popolari Cattoliche. Ventitré ore di treno lo
portarono a Santander donde prosegui poi per Baraddo, Bilbao,
Huesca, Saragoza e Gerona, riprendendo la via del ritorno. U1-
time emozioni carissime al suo cuore furono quelle che provò
nella visita al santuario di Monserrat e del celebre monastero

19.8 Page 188

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benedettino dove un benefattore lo condusse in macchina. Dalla
mistica oasi della spititualità cenobitica l'anima sua trasse tan-
ta dolcezza e consolazione spirituale da rifarsi pel mese ma-
rimo iniziato in tutta la Spagna col tradizionale fervore deiia
divozione a Maria. L'eco delle gioie che gli procurarono sale-
siani, suore, cooperatori ed exallievi di Spagna vibrò poi a Torino
in occasione delle feste di Maria Ansiliatrice, nelle parlate ai
giovani, nelle conferenze a i cooperatori, nelle lettere circolari e
nei viaggi che riprese per Roma e per altre case d'Italia. Noi
raccogliamo invece l'impressione che lasciò lui in Spagna, dalle
labbra di un sacerdote, il quale, dopo aver ascoltata la sua con-
fsearleensizaaniacihceolo'apcecroamtopraignnealvlaancoh:iexsaMdailoS.faGcciiianaoSvaeirdsaigeroezaa,lladigsesnetea:i
non c'è bisogno che parli, basta uederlo per sentirsi migliori.... ».
Quel sacerdote aveva gli occhi pieni di lagrime, scrisse Don Man-
fredini nel trasmettere i suoi appunti di quella v ta.
L'eco dell'intimo del suo cuore è invece nella lettera edifi-
cante che egli scrisse ai salesiani il 31 maggio seguente:
« Sono appena tornato dalla visita alle nostre case di Spagna,
dove, per ben quattro mesi e mezzo, potei toccare con mano di
quanto grande entusiasmo e vivissimo affetto sia dappertutto cir-
condata l'Opera del ven. nostro Padre Don Bosco e dei suoi
figli, anche nelle città e nei paesi nei quali non abbiamo ancora
alcuna fondazione. L'animo mio sente prepotente il bisogno di
comunicarvi tutti i sentimenti della mia gioia e gratitudine p m
fonda per i tanti e così segnalati ben&i della Divina Prowi-
denza verso l'amata nostra Congregazione. Sono qui nella came-
retta santificata dal venerabile Padre e dall'indimenticabile Don
Rua, seduto alla stessa modesta scrivania su la quale sono stati
scritti i tanti documenti di vita religiosa e salesiana sgorgati dal-
l'apostolico loro cuore per la comune nostra edificazione, e mai
come stavolta ho sentito la necessità di una parola calda ed e5-
cace per invitarvi tutti, o carissimi, a magnificare con me ii Si-
gnore e la Vergine Ansiliatrice perché ha operato e opera tuttora
cosi grandi
stro... Non
meraviglie nel nome del nostro buon Padre
intendo tuttavia dirvi della mia visita alle
e Mae-
case di
Spagna, nelie quali tutte trovai vivo e puro lo spirito del Padre,
né della benevolenza squisitamente cavalleresca che quei nostri
affezionati Cooperatori e Cooperatrici vollero testimoniarmi in que-
sta occasione: ne troverete a suo tempo il resoconto nel Bollet-

19.9 Page 189

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tino Salesiano. Mi sia permesso notare solo che, per quanto si
dica, si dirà sempre poco di fronte aila realtà. Piuttosto in que-
sta mia desidero parlarvi dell'origine prima di questo vivo entu-
siasmo e verace simpatia universale per l'Opera di Don Bosco
da parte di ogni ceto di persone, incominciando daile Autorità
religiose, avili e militari, perché così si riaccenderà nel cuore di
noi tutti una più viva fiamma di zelo per la pietra angolare della
nostra Società. Questa pietra angolare su cui poggia l'Opera no-
stra è formata dagli Oratori festiui, dalle Missioni e dalle Voca-
zioni ecclesiastiche, i tre $=i primari e nobilissimi che prefisse al-
l'opera sua il venerabile Fondatore e che armonizzano talmente
fra di loro da divenire quasi inseparabili per la vita della nostra
Congregazione... S.
Prima di rimettersi in viaggio, Don Albera ricevette alcune
Figlie di Maria Ausiliatrice provenienti dall'Alhania, che gli
esposero le vicende passate durante l'assedio di Scutari negli
ultimi eventi bellia (prodromi del flagello mondiale) e della be-
nevolenza di Essad Pasuà. Don Albera vi vide la protezione
speciale del Fondatore che operava per mezzo loro e le animò
a codidare per altro lavoro: « Continuate a vivere alla presenza
di Dio, ad operare unicamente per la sua gloria: ecco il grande
segreto per ottenere gli aiuti celesti P.
A Roma egli era vivamente atteso per le feste del giubi-
leo d'argento della chiesa del Sacro Cuore di Gesù. Si fece ac-
compagnare dal suo successore nell'ufficio di Direttore Spirituale,
Don Giulio Barheris, e si trattenne una quindicina di giorni par-
tecipando a tutte le manifestazioni. I1 9 giugno fu ricevuto in
affettuosissima udienza dal Santo Padre Pio X, il quale lo trat-
tenne a lungo, chiedendo informazioni di tutto l'andamento delle
case e delle missioni, e incoraggiandolo con tanta benevolenza.
Don Albera manifestò la sua commossa gratitudine in casa
ali'accademia offertagli all'Istituto Sacro Cuore il 12 giugno: « I1
pensiero di avere l'approvazione e la benevolenza del Santo Pa-
dre supera ogni premio, perché è arra delia benedizione del
Signore ». Passando pei dicasteri di Curia trattò anche della fa-
coltà teologica per l'Istituto Teologico Internazionale di Foglizzo,
col Card. Cassetta; delle Missioni, in particolare col Card. Gotti,
Prefetto di Propaganda Fide. Don Barberis raccolse gli alti elogi
del Rettor Maggiore anche dai Cardinali Vico, Merry del Va1 e
Pietro Gasparri.

19.10 Page 190

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Subito dopo le feste Don Albera continuò le visite alle case
delI'Ispettoria Romana e Napoletana, da Frascati a Genzano, a
Macerata, a Trevi, a Gualdo Tadino, Caserta, Napoli, Castellam-
mare, ecc. trattenendosi con i Salesiani, le Figlie di Maria Ausi-
liatrice, Cooperatori ed Exallievi, celebrando la Messa di comuni-
tà, parlando ai giovani, rendendo omaggio alle principali autorità.
Conclusa la visita a Castellammare di Stabia, prese la via del
ritorno sostando a Milano dove si erano organizzate dimostra-
zioni ufficiali con aflluenza di autorità, personalità e benefattori
che l'incoraggiarono a far continuare i lavori pel tempio di San-
t'Agostino. Ivi celebrò la Messa pei Cooperatori; presiedette
quindi il convegno dei sacerdoti exallievi e lasciò in tutti I'im-
pressione rilevata da un giornale di Macerata: «Sembrava di
aver vicina la dolce figura del ven. Don Bosco... Quanti lo acco-
starono sentirono tutti I'intlusso del ven. Don Bosco attraverso
questo suo figlio che ne rispecchia le virtù, specie quelle di una
grande dolcezza, di una tenera soavità e di una umiltà senza
pari. Si rimaneva presi, affascinati dalla dolce figura... ed egli,
sempre sorridente, aveva per tutti parole buone che scendevano
al cuore e vi tracciavano un solco... ».
Giunse a tempo a Torino per la sua festa onomastica che si
svolse solenne e cara nello stile orinai tradizionale.
Assecondando un vivo desiderio del Santo Padre, dopo es-
sersi consultato col suo Consiglio, decise rinvio del Segretario
del Comitato Salesiano per I'Emi$razione, Don Stefano Trione,
per una visita particolare ai centri più numerosi degli emigrati
in Argentina, raccomandando ai salesiani di studiare con lui i
piani più adeguati di assistenza secondo le norme deUa Santa
Sede. I1 9 luglio presiedette &adunanza del Comitato esecutivo
per la scelta definitiva del bozzetto preferito pel monumento a
Don Bosco sulla piazza di Maria Ausiuatrice, che fu poi quello
dello scultore Gaetano Cellii.
Tra le Figlie di Maria Ausiiiatrice
Conchiusi i principali corsi di Esercizi spirituali, si recò a
Nizza Monferrato pel VI1 Capitolo Generale delle Figlie di IMU-
via Auriliatuice, che egli, per la prima volta, presiedette come
Delegato delia Santa Sede.
I verbali hanno conservato accuratamente tutti i suoi inter-

20 Pages 191-200

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20.1 Page 191

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venti, dalle parole di apertura in cui confidò di aver partecipato
all'adunanza del Capitolo Superiore ove Don Bosco, alla vi-
gilia dell'inizio del mese di Maria Ausiliatrice del 1871, aveva
esposto il suo progetto di dar vita alia loro Congregazione e dopo
la festa della Madonna, col consenso di tutti i capitoiari, ne aveva
deciso l'attuazione. Poi suggiunse:
«...come ho udito daiie sue labbra, ho potuto in seguito constatare
che seahente il vostro Istituto è opera voluta da Dio e da Maria Ausilia-
trice; ho potuto poi persuadermene nelle visite alle vostre case ed ora ho
la fortuna di poterlo & m a r e a ciascuna di voi qui adunate qu& rappre-
sentanti della Congregazione intem... Voi avreste potuto m a r e anche fra
i salesiani persone più di me addentro n& conoscenza del vostro Istituto,
più di me capaci di darvi consiglio ed aiuto; ma forse non un altro che piui
di me voglia bene e apprezzi l'opera vostra. V i ~ingaziodi aaerni chiama-
to a sì grande incarico. Mediante il divino aiuto faremo tutto il p s i b i i e
... perché quanto si opererà nel Capitolo sia realmente a gloria di Dio ed a
bene ddie anime, come vuole Maria S. Ausiiiatrice ».
Alle elezioni venne rieletta Madre Caterina Daghero, che era
successa immediatamente alla confondatrice S. Maria Mazzarello.
In precedenza essa aveva chiesto consiglio a Don Albera se, in
caso di rielaivne, avrebbe dovuto accettare o rinunziare. E il
Rettor Maggiore le aveva risposto, il 4 settembre:
«Mia buona Madre Generale, dopo averci molto pensato e speUal-
mente molto pregato, mi sono deciso di risponderle che, se il Signore dispo-
ne che sia di nuovo eletta superiora, abbracci k croce con generosità e si
disponga a portarla con merito per se stessa e col maggiore profitto ohe sia
possibili per le sue consoreiie. Sia fatta in tutto la volontà di Dio. Afimo
in G. e M. Sac. Paolo Albera » (Arch. Gai. delle F.M.A.).
Nella sua brevità la letterina rivela il senso di responsabilità
di Don Albera che chiede lui prima consiglio a Dio, poi guida
con sicurezza a fare la divina volontà. È la caratteristica dei veri
direttori spirituali. Illuminata è pure la norma che diede aiie
capitolari riguardo &e confessioni:
s Quanto alle confessioni tenetevi con tutta esattezza al decreto ema-
nato dalla Sacra Congegazione. La Chiesa vuole protetta ad ogni costo la li-
bertà di coscienza. Quando vedete l'opportunità di indir'mare una suma,
bisognosa di particolare aiuto, ad un salesiano, fatelo pure; ma con molta
delicatezza, in modo da lasciare piena
si sbagii piuttosto nel concedere &e
.-il
nel
negSaree.s..i
ha da sbagliare in questo,
» (Arch. gen. Corr.).
Anche per la devozione al Papa e la pratica del Sistema Pre-
ventivo lasciò sagge raccomandazioni:

20.2 Page 192

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I1 Papa è il centro della Religione e noi dobbiamo mirare a lui sem-
pre. Diceva Don Bosco: Se mi tonano nella persona del Papa, mi feriscono
nella pupilla degli occhi. Nulla al mondo lo poteva far s06rhe di più. Io
lo ringraziai, neii'dtima udienza, deiia nia predilezione verso i salesiani e
verso di voi... in modo speciale per quello che fa per le opere vostre. Ma egli
mi disse: "Non mi singrazi, vorrei far di più". U Papa ci ama, ha fiduda nei-
l'opera nostra; noi non m e m o mai fare abbastanza per mosuargli la nostra
riconoscenza e tutto 3 nostro attaccamento ».
Riguardo alla pratica del Sistema preventivo:
« I1 sistema preventivo fu lodatissimo dai migliori pdagogisti, anche
protestanti, per il suo lato altamente educativo, per la sua grandissima ei-
ficacia nell'educazione morale. Noi però dobbiamo ammirarlo specialmente
dal suo lato religioso.
Il sistema preventivo impedisce %'offesadi Dio. Che si guadagna a pu-
nire il male dopo che fu mmessa? dopo che il Cuor di Gesù fu trafitto? Se
invece lo si impedisce, tutto è guadagnato per l'anima, per il mrpo, per la
famiglia, per la società. Vigiianza dunque, assistenza materna, aon militare,
sollecita e piena di &ione. Altra mrattetistica, incarnata nel suo sistema
& quella che gii guadagnò tanti cuori e tanta venerazione. I suoi primi alun-
ni fatti uomioi ed ma iu posti importantissimi neUa società, dopo 55 an-
ni, conservano di lui un ricordo che commuove. I numerosi exallievi e le
exaiiievesono una prova eloquente dei miracoli ottenuti dal Sistema di Don
Bosco. Egli ha divinizzato la .pedagogia- fu detto - ed è vero, perché egli
mirò sempre a Dio; questo cercava soprattutto: condurre ie &e a Dio... ».
Verso il termine, il Capitolo votò &unanimità la proposta
di ricorrere a suo tempo alla Santa Sede per avere un Superiore
o nella persona del Rettor Maggiore o di un suo Delegato. Don
Albera assicurò che i Salesiani non avrebbero respinto una peti-
zione cosi unanime, ed egli li avrebbe animati ad impegnarsi e
occuparsi sempre meglio delle Figlie di Maria Ausiliatrice e delle
loro opere.
Il tramonto dell'anno segnò in particolare la spedizione mis-
sionaria di oltre 50 tra Salesiani e Figlie di Maria Ausiliatrice.
La funzione di addio si svolse nel santuario il 4 ottobre con la
benedizione del Card. Arcivescovo Agostino Richelmy. Le di&-
coltà deli'ora e l'aumento delle necessità consigliarono a Don Albe-
ra un appello speciale ai Cooperatori nella festa dell'Immacolata:
- «Noi ci guardiamo bene protestò prevenendo una namale obiezione
- dal gettar6 ad occhi chiusi iu nuove imprese; ami,umanamente parlando,
aggravati dal cumulo deiie obbligazid e degli impegni già assunti, v o m -
mo porre un freno ad ogni attività per restringer& nei già
vasto cam-
po d'azione. Ma quando, di fronte al male che d~lagae al bene che urge

20.3 Page 193

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compiere, ci vien chiaro dall'alto i'invito a nuove opere per la &sia di Dio e
la salvezza deUe anime, non esitiamo sdl'esempio, di Don Bosco, ad essere
anche un po' santamenreaudaci. Per questo i aostri Ospizi, benché spmwi-
sti di qualunque reddito, vanno sempre &Uandosi di giovanetti, mdti dei
quali totalmente poveri e abbandonati... n.
Completava così il suo appello aUa collaborazione per le Mis-
sioni, su cui aveva insistito coi Salesiani nella circolare citata
del 31 maggio precedente:
«Non vi sarà d%cile, o carissimi confratelli, comprendere il grave peso
che incombe al vostro Rettor Maggiore di prowedere di personale sicuro e
zelante e di mezzi materiali queste Missioni. Anzi, i bisogni di personale
come di mezzi si fanno sempre più sensibili, ed io sento la necessità di fare
appdo a# vostro cuore, o buoni cdatelli, .per aiuto. Sì, vo&te anche voi
condividere con me tanto peso, prendendo grandemente a cuore le nosM
Missioni, primieramente con la preghiera e poi con i'opera. La preghiera che
è la potenza di Dio n d e nosm mani, salga ad impeeare incessantemen-
te la grazia deUa vocazione ali'apostolato noi e i giovani &dati &e nostre
m e . Preghiamo con intensità di fede e di detto per questo fine interpo-
nendo la mediazione potentissima della mostra cara Madonna e dei venerabile
Padre... ».
Qualche giorno prima, per la festa onomastica aveva scritto
a Madre Caterina Daghero:
«... Voglia il Signore esaudirci e fare in modo che aasnuia d d e sue
buone figliuole sia un Gireneo che l'aiuti a pntare la croce della sua carica,
e ciò con la preghiera, con la condotta degna di una Figlia di Maria Ausilia-
trice. Possa Don Bosco, nostm venerabile Padre e Fondatore mirando &.l
Cielo le sue Fi&e sparse ormai su tutta la tem, occupate in tante e si sva-
... riate opere, riconoscerle quali vere s p s e di Gesù e indefesse imitatriu dei
suo zelo e del suo spinto a.
Questi appelli cosi accorati ci fanno oggi capire il senso di
debilitazione in cui egli sentiva se stesso mentre nascondeva ai con-
fratelli le sue sofferenze fisiche che in autunno si acuirono al
punto da doversi rimettere ai medici. Lo fece, ma con scarsa
- fiducia e forte senso di responsabiià: « I1 medico mi tien su
con iniezioni; - scriveva a persona di confidenza sono molto
tribolato: come si può star bene in questo posto? Aiutatemi con
le vostre orazioni ».
Nella bufera della prima guerra mondiale
Per ottenere la più intensa ed efficace collaborazione Don Al-
bera prospettava ai Cooperatori neUa circolare di Capodanno del

20.4 Page 194

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1914 celebrazioni e realizzazioni che avrebbero allietato la Fa-
miglia salesiana. A i Salesiani inviava invece la circolare sull'ob-
bedienza religiosa. Era assioma di Don Bosco che solo la cor-
diale unità di mente e di cuore, di spirito, di direzione e di am-
ministrazione poteva consentire il potenziarnento della Congrega-
zione fino a permettere di darsi a grandi imprese apostoliche.
Ed è la virtù della obbedienza religiosa che unisce docilmente,
per amore, se4 e collaboratori ai dirigenti, con l'occhio a Dio,
illuminandosi di Fede e riscaldando il cuore di santo fervore.
I1 santo Fondatore incoraggiava ai sacrifa necessari ricordando
che « Il premio riservato ai religiosi obbedienti, sulla ~eterua,è
quello di salvare molte anime ».
Rosea sorgeva l'aurora del nuovo anno nell'intimità della
famiglia. Ci si preparava al centenario della nascita di Don Bo-
sco (16 agosto 1815) con un programma a lungo studiato e
ormai definito: l'inaugurazione del monumento a Don Bosco in
piazza Maria Ausiliatrice e la costruzione di un modesto ma
grazioso santuario sullo spiazzo del colle natio, di fronte all'umile
casetta in cui egli era cresciuto, oltre ai progetti di espansione delle
opere e delle missioni che si sarebbero concretati. I1 Signore
sembrava gradire e benedire le iniziative coi riflessi della santità
dei figli che erano la gloria del Padre. Mentre faceva la sua
strada la Causa di beaGcazione di Don Bosco, ecco proprio il
giorno anniversario delle apparizioni dell'Immacolata a Lourdes,
11 febbraio 1914, Pio X &mare il decreto di introduzione di quel-
la di Dornenico Savio presso la S. Congregazione dei Riti. L'av-
venimento consentiva, h o al 1912, il titolo di venerab.de a l
Servo di Dio. Un decreto del 26 agosto 1913 lo ritardava in-
vece alla proclamazione delle virtù eroiche.
Ciò non impedì che l'esultanza di famiglia e di tanti gio-
vani esplodesse in pubbliche manifestazioni. A Torino si predi-
spose una solenne commemorazione che Don Albera annunciava
pel 16 aprile con apposita circolare.
La presiedette l'Arcivescovo Card. Richelmy circondato dai
principi, il Duca e la Duchessa di Genova coi figli Bona e Adal-
berto, i Vescovi di Mondovì e di Asti, prelati e autorità citta-
dine, iilustri personalità, rappresentanti degli Ordini e Congre-
giwioni religiose, chierici del Semihario Metropolitano, delle Mis-
... sioni della Consolata, giovani di tutti gli istituti cittadini sale-
siani e viciniori

20.5 Page 195

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Accompagnava l'oratore, S. E. Mons. Radini-Tedeschi, Ve-
scovo di Bergamo, il suo segretario Don Angelo Giuseppe Ron-
calli, che nel 1958 sarebbe diventato Papa Giovanni XXIII. Gli
ricordai la cara giornata qualche mese prima che venisse elevato
al soglio pontificio, quando Cardinale Patriarca di Venezia inau-
gurava a Boizano il risorto Istituto Rainerum affidato ai sale-
siani e se ne commosse: « Fu il miglior discorso su Domenico
Savio ch'io abbia udito », mi disse e dimostrò il desiderio di
riaverne una copia. Tornato a Torino, la trovai e gliela inviai.
N'ebbi un ringraziamento autografo cordialissimo.
Don Albera aveva affidati i preparativi all'esperto più qua-
lificato, Don Stefano Trione, vicepostuiatore zelantissimo di tutte
le Cause salesiane di beatificazione, specialmente di questa di
Domenico Savio. Le segui anche da lontano, visitando le case
della Sicilia e delle Calabrie, accompagnato dall'ex Ispettore del-
le case degli Stati Uniti e del Venezuela, Don Michele Borghino,
il quale chiuse la relazione di quei viaggi notando che le gior-
nate del Rettor Maggiore « erano giornate piene di attività, per-
ché il lavoro più importante di Don Albera, che non appare,
è il rendersi conto degli istituti e visitare i suoi figli, i giovani
delle nostre case... lavoro intenso ed &cace che si svolge nel
silenzio della famiglia. Egli ha per tutti una parola buona, un con-
forto, un incoraggiamento, e cosi ricevono nuova vita tutte le
energie per continuare ed aumentare il bene a favore della gio-
ventù ». Non parliamo delle accoglienze e delle feste che gli fe-
cero autorità e popolazioni e dell'avidità con cui Cooperatori e
Cooperatrici accorrevano &e conferenze in gara con gli Exallievi
e le Figlie di Maria Ausiliatrice. I1 Governatore di Malta gli
espresse tutta la riconoscenza dell'isola pel concorso che i sale-
siani davano nell'educazione dei giovani. Don Albera le sintetizzò
in una lettera al maestro dei novizi Don Eugenio Bianchi: In
questi paesi trovai accoglienze molto somiglianti a quelle della
Spagna ».
Nel ritorno sostò a Roma dove ebbe l'ultima udienza dal
Santo Padre Pio X, che lo trattenne a lungo tanto affettuosa-
mente, parlando delle Cause dei Servi di Dio in corso ed espri-
mendo il suo desiderio che quella di Domenico Savio proce-
desse rapidamente per dare ai giovani un modello adatto ai
tempi attuali. Richiesto di un ricordo per la gioventù delle case
salesiane e di quelle di Maria Ausiliatrice: «Dite che vivaizo

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sempre alla presenza d i Dio D, rispose. Era lo stesso che Pio iX
aveva dato a Don Bosco nella prima udienza, nel 1858.
Tornato a Torino non trovò più il fido Don Gioachino Berto,
I'Archivista della Congregazione e segretario particolare di Don
Bosco, né Don Angelo Lago delia segreteria generale, mancati
rispettivamente il 21 febbraio e il 14 marzo fra il compianto
unanime, tanto cari tutti e due a Don Bosco e a Don Rua. Ne
sofferse immensamente anche Don Albera, perché anime candide,
fedelissime e sante. A più di cinquant'anni dall'inumazione, la
salma di Don Berto fu ritrovata fresca, intatta, come fosse ap-
pesa spirato. Riesumata per raccoglierne i resti in un'urna più pic-
cola si dovette rimettere integra nel suo loculo.
Alla festa di Maria Ausiliatrice aveva fatto invitare il Servo
di Dio Card. Andrea Carlo Ferrari, Arcivescovo di M i o , che
tenne anche un magnifico discorso s d a Madonna. Noi l'acco-
gliemmo con entusiasmo pieno di venerazione.
L'afnusso dei pellegrini da varie parti d'Italia e dall'estero
era in notevole aumento, nonostante il maltempo di quei giorni
di maggio.
Don iìlbera ne traeva motivo per stimolare salesiani, suore
e cooperatori all'associazione fra i divoti di Maria Ausiliatrice e
alla cura dcll'Opera dei << Figli di Maria »,per l'aumento delle vo-
cazioni tardive che davano religiosi maturi, coraggiosi fino al
sacrificio, specialmente per gli Oratori, per le Missioni e i ser-
vizi più umili del sacro ministero.
Intanto il Comune di Castelnuovo d'Asti gli conferiva la cit-
tadinanza onoraria, come aveva già fatto a Don Rua, mentre dal-
la Santa Sede gli giungeva notizia della elevazione all'Episco-
pato di Don Francesco de Aquino Correa, nominato ausiliare
dell'Arcivescovo di Cuyaba, e di Don Antonio Malan, prelato di
Registro di Araguaya in Brasile. Da Novara lo confortava la
notizia della felice chiusura presso la Curia del processo detto
dell'Ordiiario per la beatiticazione del Servo di Dio Don An-
drea Beltrami. Consolazioni per sostenersi e sostenere tutti i suoi
gravi dolori: il terremoto siculo che fece vittime e danni da
Messina a Catania, e l'incendio che distrusse in Cile la casa di
Valdivia, risparmiando tuttavia le persone. Prodromi di altre prove
fra cui, orrenda, la prima guerra mondiale, il guerrone P come
i'aveva dehnita Pio X &n dalla previsione. Fu infatti la morte del
Papa, che lasciava nel lutto tutta la Chiesa il 20 agosto 1914.

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Don Aibera invitava tutta la Famiglia salesiana a copiosi
suffragi e celebrava egli stesso la solenne liturgia funebre nel
santuario di Maria Ausiliatrice. In tutti i corsi di Esercizi spiri-
tuali che presiedette o conchiuse fra l'estate e l'autunno continuò
a chiedere preghiere per le popolazioni d'Europa già travolte dal-
la guerrs e pei salesiani militari e per tutta la Chiesa che, il
3 settembre, riprendeva fiducia con l'elezione del nuovo Papa, il
Card. Giacomo Della Chiesa, Benedetto XV. Don Albera poté
scendere a Roma ed averne udienza il 14 ottobte: un'ora col
nuovo Vicario di Cristo, che aperse a Don Albera l'animo suo
di exallievo dell'oratorio festivo di Savona. Si oppose dapprima
al suo prostrarsi per il bacio rituale di ossequio, poi cedette di-
cendo: « Ve lo permetto solo per questa volta » e tosto lo fece
sedere accanto a sé. Aveva aihdato la sua prima benedizione pei
salesiani al Card. Maffi; al Rettor Maggiore disse la sua soddi-
sfazione pel lavoro che compivano nelle varie mansioni già in
gran parte del mondo e gli contidò disegni e progetti per l'awe-
nire. Aveva raccolto buone testimonianze da tanti vescovi h daiie
prime udienze e nutriva tanta fiducia anche fra I'angoscia del tur-
binoso periodo di vita internazionale. L'aveva confortato l'inizia-
tiva della Messa periodica per la pace nel mondo e secondo le
sue intenzioni celebrata nel santuario di Torino il 24 settembre,
e ringraziò Don Albera quando gli precisò che si sarebbe ripe-
tuta il 24 di ogni mese. « Sì, sì, continuate - gli disse - sono
funzioni che fanno del bene, stimolano alla frequenza dei Sa-
cramenti. V'incarico di impartire a nome mio la benedizione apo-
stolica tutti i mesi a quanti vi parteciperanno ». Passò quindi a
parlare deile Missioni, gli concesse i favori spirituali che chie-
deva, la benedizione per tutta la Famiglia salesiana, per tutta la
gioventù delle varie case; poi, ammessi anche il segretario e il
procuratore generale Don Dante Munerati, chiuse l'udienza a mez-
zodì recitando insieme l'hgelus. Con l'animo pieno di care emo-
zioni, Don Albera si affrettò a Torino per assistere alla ricogni-
zione della salma di Domenico Savio che Don Trione era final-
mente riuscito a trahigare da Mondonio per una più degna tu-
mulazione nei santuario di Maria Ausiliatrice. I1 verbo trafugare
VUOrIicordare l'opposizione della popolazione. Accortisi del pro-
getto, al primo tentativo i buoni contadini di Mondonio avevano
preso le loro armi, bastoni e tridenti, e montato la guardia tutta
la notte costringendo i torinesi a battere in ritirata. Ma questi

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riuscirono poi di sorpresa a portarsela a Torino di notte, pochi
giorni dopo.
La ricognizione si compi il 29, alla presenza dell'Arcivescovo
Card. Richelmy, della Commissione Diocesana, di Don Albera
con tutto il Capitolo Superiore e di una sorella del pio giovi-
netto. Fu presto allestito un conveniente monumentino mar-
moreo per ornare la tomba, la quale, dalla parete fra le colonne
&e reggono la cupola a destra di chi guarda l'attuale altare di
Don Bosco, fu più tardi trasportata nella cappella allora dedi-
cata a S. Francesco di Sales, in attesa delia gloria dell'altare,
quando l'intera cappella prese titolo da lui e le sue ossa furono
sistemate provvisoriamente in una artistica urna dorata, opera del-
la sezione di scultura d d n suola di falegnameria deli'lstituto di
San Benigno, su progetto del salesiano M? Concas. Da qualche
anno è scomparso il bellissimo cranio, asportato da ignoti pro-
fanatori.
L'anno volse al termine accrescendo angustie e trepidazioni
sotto la furia della guerra che stava per travolgere l'Italia ed
altri paesi, nonostante gli sforzi del Papa per arginarla e farla
cessare.
Don Albera, preso consiglio, stabilì di rimandare le com-
memorazioni del centenario della nascita di Don Bosco e l'iiau-
gurazione del monumento a data da fissare, dopo la tempesta.
Intanto fece spedire alle case salesiane una edizione del Necro-
logio salesiano per ricordare i confratelli defunti nei rispettivi
anniversari alla pietà di tutta la famiglia. Tradizione squisita-
mente familiare che fino al XX Capitolo Generale trovava degna
ora alla refezione vespertina della comunità e commuoveva pro-
fondamente anche gli estranei invitati a mensa. Più di un vescovo,
a solo mio ricordo, ne propose l'imitazione alle comunità reli-
giose deiia propria diocesi. Religiosi e religiose ci furono gratis-
simi del buon esempio.
Dal 1915 al 1918
Tre anni di martirio per tanti militari, torrenti di sangue e
di lagrime, lutti, angosce, disagi e sofferenze incredibili... oggi,
dopo l'aggravamento ed il peggioramento della seconda guerra
mondiale, quasi passati in leggenda. Mentre noi li abbiamo vis-
suti... Che triste cosa la perdita del senso religioso e civile di giu-

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stizia, l'anarchia delle umane passioni, la dialettica della violenza
fino alla barbarie spietata!
Il 28 luglio 1914 l'Austria aveva dichiarato guerra alla Ser-
bia per vendicare i'assassinio dd'Arciduca ereditano Francesco
Ferdinando e della consorte. Ben presto entrarono in campo schie-
randosi dall'una o dall'altra parte: la Germania dichiarando guerra
alla Russia e alla Francia, e con loro l'Inghilterra; poi il Bel-
gio, il Giappone, 3 Portogallo, la Romania, gli Stati Uniti, il
Brasile, la C i a , le tre repubbliche del Centro America (Guate-
mala, Nicaragua, Costarica), la Serbia, il Montenegro, la Tur-
&a, la Bulgaria. L'Italia si trattenne fino al 23 maggio quan-
do, illudendosi di aver l'occasione di riconquistare a poco prezzo
i territori che deteneva ancora l'Austria, dichiarò guerra O A u -
stria-Ungheria, rompendo il patto di alleanza che aveva con la
Germania e l'Austria. Quanto caro le costò!... E quali con-
seguenze!...
Sconquasso mondiale anche per le case salesiane che fiorivano
nelle diverse nazioni: chiamate alle armi di coadiutori, chierici e
sacerdoti, requisizione di case, paralisi di opere, sfollamenti, deva-
stazioni e anche distruzioni con aggravi di spese e diminuzione
di beneficenze, privazioni e disagi, caduti ai fronti e nelle retro-
vie, deportazioni e prigionie, qualche scoraggiamento anche fino
alta defezione... I n complesso i salesiani
buona parte sacrificati fino all'olocausto,
cfuhriaomnoatiduinemsielrav..i.ziTo,ute-
ti figli per il cuore del padre, del Rettor Maggiore, anche se
costretti sui vari fronti a scontrarsi gli uni gli altri... Orrori
della politica della violenza!...
Il cuore di Don Aibera n'aveva da schiantarsi.
Nella circolare del 29 gennaio 1915 cercava di far coraggio
a tutti, ma egli stesso sentiva il bisogno di sostegno dall'amore
di tutti. È un bisogno del cuore umano, specialmente sentito
dove si cresce e si vive in spirito di famiglia. Non lo disse an-
che Paolo VI in questi anni di tumultuose vicende del mondo
e della Chiesa?: <<Laforza del Papa è l'amore dei suoi figli».
È commovente rileggere l'esordio di questa circolare di Don
Aibera:
<<Finda quando la Divina Prowidenza ha voluto, nonostante Ia mia
podima, prepormi al govemo daamata nostra Congregazione, v'ho ab-
bracciato tutti nella carità di N.S.Gesù Cristo, non solo quali confratelli
carissimi, ma come &$ ch,eida quel momento dovevo amare con la pienez-

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za di d e t t o con cui il ven. Padre Don Bosco e l'indimenticabile D42 Rua
amarono quaggiù ciascuno di noi.
E Iddio misericordioso, abbassando io eguardo sopra la mia miseria, s'è
degnato dilatare la capacità del mio cuore e comunicami (non credo p r m -
zione dirvelo, perché io sento) a l c d é di qneiia vera paternità che procede
dal suo Cuore SS. e che egli dispensa ,liberamente in vario modo e misura
nelle sue creature...
Perciò rivolsi tosto ogni mio pensiero e soilecitudine d bene non solo
deila Congregazione in generale, ma d i ciascuno in particalare, non rispar-
miando né preghiere, né industrie, né fatiche, perché ognuno potesse nei
miglior modo ra@nngere con sicurema il &e ddea propria v d o n e reli-
giosa. In ogni consiglio dato, in ogni deliberazione presa, specie quando
questa poteva recare amamza ad alcuno, non vi fu mai, ne è testimonio
Iddio, altro movente che l'amore del padre unicamente desideroso del rrero
bene dei suoi carissimi figli.
Mi consola il pensiero che anche voi amate il vostro Rettor Maggiore
qual padre: perciò, mentre sapete compatire alla sua debolema, siete inti-
mamente convinti che egli non si risparmierà mai in nulla per aiutami in
... ciò che può tornar vantaggioso d'anima vostra ed al vostro corpo. Questo
mi dicono tutte le lettere che mi scrivete a.
E fatti i ringraziamenti anche a quelle di augnrio di buon
anno d e quali gii riusciva impossibile rispondere individuatmente,
apriva subito il-suo cuore s u ~ aengustie e sofferenze delia guerra,
facendo coraggio e assicurando che egli le condivideva tutte
con loro:
Ii flagello di Dio segue il suo corso implacabile e la nostra Pia Società
ne risente le inevitabili conseguenze. Pensate un po', carissimi, alle tante no-
see case che fiorivano presso le nazioni dove d presente f m ia guerra:
o spopolate di giovani, o ridotte a vita miserrima; ai numerosi confratelli
chiamati sotto le armi dei quali pare& pagarono già il loro tributo alla
patria col s a d c i o delia vita e altri sono in pericolo di doverlo fare quando
che sia; alla pataiizzata vitalità di tanti popoli neutrali dove pure abbiamo
confratelli carissimi e numerose case; alla falange di Cooperatori zelanti che
etano i1 sosrepno nosiro con le loro bendcenze e che ora non wssono ~ i ù
venuci in ainio, per le interrotte comunicazioni e soprattutto- perché co-
- stretti a profondere i loro averi in soccorso di altre miserie più urgenti cansa-
te dalla mierra: aile varie Missioni che riooneonn la Loro mssihilith di vita
v
.
L
neile offerte che loro si mandavano in detetminate epoche, e potrete fome
farvi un'idea del mio presente stato d'animo e d i quello degli altri superiori
maggiori... B vero che molti fra voi, o carissimi, provano da vicino una pat-
te di queste immani tristezze, ma non mi negherete che il m e del padre,
pensando a tutti i suoi figli e a tutto, è i~nmensamentepiù provato, Ag-
giungete ancora a questo altri dolori e amarezze che sono inevitabili in una
Congregazione numerosa ed estesa come la nostra, e non vi sarà &cile
comprendere quale peso graviti sopra il vostro Rettor Maggiore. Dico que-
sto non per mendicare il vostro compatimento, ma per eccitmi a fare la

21 Pages 201-210

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21.1 Page 201

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massima sconomia
gregazione... x.
e
a
pregare
con
più
fervore
pet
me
e
per
la
nostra
Con-
Scendendo quindi al pratico, consigliava pratirhe di pietà spe-
ciali, ma cui l'imitazione della funzione mariana, il 24 d'ogni
mese, come nel santuario di Maria Ausiiatrice, per la pace e
per il Santo Padre; poi ricordava l'udienza di Benedetto XV e
il procedimento delle cause di beatificazione in corso, rievocando
la grande parola d'ordine di Don Rua: « L a santità dei figli sia
prova della santità del Padre », esortando pure a propone ai
giovani la vita esemplare di Domenico Savio, la a r a degli Ora-
tori e delle Missioni e raccomandando ai confrate& non chia-
mati al servizio militare di prodigarsi per supplite e tenere ad
ogni costo le posizioni h c h é fone maggiori non l'impedissero.
Seguirono altre circolari con disposizioni per militari e prowe-
dimenti vari.
Intanto egli si era già offerto al Comitato di soccorso per
ospitare gli orfani del terremoto che il 13 gennaio aveva devastato
la Marsica. A Gioia de' Marsi due Figlie di Maria Ausiliatrice
avevan perso la vita; i Salesiani addetti d a parrocchia erano
- stati estratti vivi dalle macerie, ma in tale stato da far trepidare
per parecchio tempo. «Sia fatta la volontà di Dio! scriveva
all'Ispettrice a Roma - che con questi disastri ci awisa di te-
nerci pronti a partire ad ogni momento. Del resto quelle due
buone suore venivano dalla chiesa dove avevano ricevuto Gesù
in Sacramento; e alcuni istanti dopo la Comunione si unirono a
lui per tutta l'eternita. Fatevi coraggio! Abbandoniamoci nelle
mani della Prowidenza: ciò gioverà nel tempo stesso d'anima
e al corpo... n.
La Santa Sede non tardò ad approfittare delle buone dispo-
sizioni di Don Albera. I1 Papa codidava all'ispettore di Roma
Don Conelli l'intenzione di &dare ai Salesiani tutti gli orfa-
nelli della Marsica che il Comitato avrebbe raccolto, e Don Al-
hera pregava l'ispettore di mettere le case più adatte a disposi-
zione. A quelli già raccolti se ne aggiunsero cosi altri 172 distri-
buiti in varie case #Italia.
Quasi non bastassero tante cure e preoccupazioni ad assor-
bigli le forze e godesse ottima salute, il Rettor Maggiore sod-
disfaceva i voti di vari Capitoli Generali raccogliendo e ordi-
nando norme e direttive di Don Bosco e di Don Rua e compi-

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lando Il manuale del Direttore, che il 25 marzo veniva spe-
dito a tutte le case. Autorevoli confratelli avevano voluto anche
l'inserzione di tratti delle raccomandazioni in parte già affidate
alle sue ckcolari. Nella presentazione e in lettere a vari direttori
egli se ne scusava: <( Confesso candidamente che il frammischiare
i miei poveri consigli agli ammaestramenti di Don Bosco e di
Don Rua mi pareva quasi una profanazione ». A Don Mana-
chino, direttore di Viedma di Patagonia, notava: « Tutto il buon
andamento di una casa drpende dal Direttore. Se alcune case non
vanno bene è perché il direttore non ha la calma, la carità, la
dolcezza e la pazienza dei nostri padri ».
Nonostante lo s i i n i t o che sentiva e i disagi che preve-
deva, il 6 aprile riprendeva le visite per le case del Piemonte,
della Lombardia, del Veneto. « Queste visite - scriveva da Mi-
lano ad una superiora delle Figlie di Maria Ausiliatrice - que-
ste feste mi stancano molto. Dappertutto mi si fa parlare in
privato e in pubblico. Qualche volta non ne posso proprio più.
Sostenetemi voi con le vostre preghiere ». E ce la fece, tornan-
done estenuato ma confortato dal buono spirito e dal lavoro dei
confratelli, dalla corrispondenza degli alunni fra cui fiorivano pro-
mettenti vocazioni, e dali'affetto di Cooperatori ed ExaUievi che
gli dimostravano il loro attaccamento a Don Bosco e la confidenza
in M a Ausiliatrice. Incombeva su tutti lo spettro della guerra
che stava trascinando anche l'Italia. Venne dichiarata contro l'Au-
stria-Ungheria il 24 maggio!...
Chi non ha vissuto quegli avvenimenti, dZZciimente può farsi
un'idea delle situazioni che improvvisamente suscitarono un'in-
finiti di problemi anche per le famiglie religiose. Naturalmente
egli si preoccupò subito dei confratelli chiamati alle armi, di cui
direttamente si occupavano ispettori e direttori: a loro indi-
rizzò una circolare, il io giugno 1915, in cui, dopo essersi fatto
eco delle esortazioni del Papa a tre giorni di austero digiuno,
in tutta la Chiesa, per propiziare la misericordia di Dio, fissava
tre venerdì dali'll giugno festa del Sacro Cuore, per la peni-
tenza, raccomandando di tenersi in frequente corrispondenza
coi militari e di aiutarli moralmente e materialmente. Li pre-
gava inoltre di facilitare anche a lui ed ai superiori del Capi-
tolo i rapporti necessari con ciascuno, inviando al superiore de-
legato Teol. Don Luigi Piscetta i dati e le informazioni utili
e tenere corrispondenza, con indirizzi sempre aggiornati. Appena

21.3 Page 203

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organizzato questo servizio di assistenza, inviò subito parole di
conforto e una lettera di presentazione e raccomandazione per
le autorità ecclesiastiche con cui avrebbero potuto trattare. Al-
tre esortazioni inviava ancora agli ispettori e direttori il 4 giu-
gno per sostenere l'inseg-namento nelle scuole e suoerare le dif-
to a tempo normie.
Ii Centenario della nascita di Don Bosco
I1 6 giugno egli compiva i 70 anni e le felicitaioni &e giun-
gevano per corrispondenza, e che gli si presentavano in occa-
sione del suo onomastico, l'assicuravano della sintonia dei cuori
che awaloravano gli auguri con cordiali promesse di preghiere
e di impegno per compiere ciascuno il proprio dovere con gene-
rosità pari alle esigenze dei tempi e dei sacrifici dei fratelli chia-
mati al servizio della propria patria. Alcuni giorni di riposo nelia
casa di Oulx non giovarono quasi alla sua salute nuovamente
scossa; ma egli non rinunziò ad accorrere ai corsi degli Esercizi
spirituali annuali e a presiedere al Convegno degli Ispettori
Salesiani d'Europa che si tenne a Valsalice dal 20 al 24 luglio
per aflrontare concordemente i problemi principali defira, tra
cui l'assistenza ai soci militari, la cura dei Cooperatori e l'orga-
nizzazione delle opere di soccorso alle vittime del flagello mon-
diale ovunque fosse possibile.
La commemorazione del centenario della nascita di Don Bo-
sco venne ridotta: a Valsalice con la celebrazione della santa
Messa neltampio cortile, durante la quale egli stesso distribui
numerose Comunioni e rivolse la sua parola a una folla di Coo-
peratori ed Exallievi ai quali raccomandò di intensificare la de-
vozione a Gesù Sacramentato e a Maria Ausiliatrice. Nel pome-
riggio presiedette all'omaggio degli Exallievi. I1 presidente del-
l'Unione Cav. A m r o Poesio rievocò la cara immagine paterna e
l'Avv. Saverio Fino, Consigliere comunale, portò il saluto del
Sindaco di Torino e l'adesione della città. Don Albera chiuse con
la Benedizione Eucaristica. L'indomani si recò al colle di Castel-
nuovo d'Asti: celebrò ancora la Messa solenne all'aperto, bene-
disse e collocò la prima pietra del tempio votivo a Maria Ausi-
liatrice, che oggi custodisce la sua salma, poi scese alla chiesa
parrocchiale per inaugurare una lapide a ricordo del battesimo

21.4 Page 204

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di Don Bosco e, dopo il canto d d Te Deum, impartì la Bene-
dizione Eucaristica.
La giornata si chiuse più tardi nel cortile deli'Istituto Pa-
terno con la commemorazione civile alla presenza delle auto-
rità civili ed ecclesiastiche di Castelnuovo e di Torino. La posta
recava alla direzione generale adesioni innumerevoli dall'Italia e
dall'estero: massime autorità, personalità d'ogni grado, assoda-
zioni e istituti. Carissima fra tutte quella del Papa con lette-
ra del Card. Pietro Gasparri, in cui si rallegrava del plebiscito
internazionale e inviava la benedizione apostolica. L'America fa-
ceva eco anche più grandioso con un Congresso di Exallievi d i
Argentina a Buenos Aires e uno Internazionale dz Cooperatori
Salesiani, il V I I , a San Paolo del Brasile: quest'ultisno pur-
troppo funestato da una grave disgrazia, la morte di 27 giovani
e un salesiano nel naufragio del battello che trasportava i 300
alunni dell'Istituto di Nictheroy coi loro superiori.
La sciagura colmava di angoscia il cuore di Don Albera, il
quale nella circolare del 21 novembre aveva già dato sfogo alle
altre pene e poi aveva sentito il bisogno di sostenere queilo dei
confratelli con richiami di fede e di confidenza nel patrocinio di
Maria Ausiliatrice, inculcando di vivere più intensamente la vita
di pietà e di abbandono in Dio. Infine traeva qualche conforto
dalla stima e dalla fiducia che il Papa manifestava alla Congre-
gazione con i'annuncio delia elevazione di Mons. Cagliero alla
Sacra Porpora e della nomina di Don Felice Guerra alla ammi-
nisrrazione apostolica deli'archidiocesi di Santiago di Cuba. I1
Concistoro si sarebbe tenuto il 6 dicembre. Mons. Cagliero arri-
vava a Genova e trovava Don Albera allo sbarco per accompa-
gnarlo a Roma.
Là si trattenne col primo Cardinale salesiano h o alla presa
di possesso del suo titolo << San Bernardo alle Terme », parte-
cipando alle varie cerimonie e godendo infine di una afTab.de
udienza del Santo Padre che lo trattenne a lungo informandosi
della situazione in cui si trovava la Famiglia Salesiana e lo con-
fortava affettuosamente rallegrandosi del fervore dei salesiani che
continuavano in pochi l'attività che prima impegnava molti, men-
tre i fratelli chiamati alle armi davano, già in parecchi, la vita
sui campi di battaglia.
Tornò a Torino con la benedizione apostolica e la consola-
zione del procedimento della Causa di Don Bosco di cui si era

21.5 Page 205

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fatta la seconda perorazione proprio nel Concistoro donde era
uscito Cardinale il capo della prima spedizione missionaria. Tra-
smettendo gli incoraggiamenti del Papa, intensificava le sue cure
ai chiamati alie armi, agli orfani di guerra, ai più bisognosi tra
i suoi figli che spronava a più elevato spirito soprannaturale fra
tanto lavoro.
I1 m r e di Don Albera pulsa attraverso la corrispondenza
personale, le circolari ai salesiani ed ai cooperatori. L'opera sua
è ben sintetizzata da Don Cena nel capo V del vol. IV degli
Annalz della Societd Salesiana. Il maggior numero dei sale-
siani chiamati sotto le armi si ebbe naturalmente con l'entrata
dell'Italia in guerra. Dei duemila militarizzati (quasi metà dei
salesiani di allora) 903 erano gli italiani, di cui 261 sacerdoti
con 43 cappellani militari: ne morirono 24, feriti 38, altri tor-
narono malconci da prigionia; più di 60 gli edifici requisiti dalle
autorità militari.
In proporzione al totale, altre nazioni ebbero perdite anche
più sensibili. La Francia vide tornare pel servizio i confratelli
che avevano dovuto prendere la via dell'esilio a causa delle per-
secuzioni religiose, con un senso del dovere e deli'amor di patria
che determinarono poi ragionevole comprensione e rispetto nelle
legislazioni dei dopoguerra. Fu prowidenza che la Congrega-
zione avesse allora ispettori di fine tatto diplomatico, come Don
Conelli a Roma e Don Hlond (il futuro Cardinale Primate di
Polonia) a Vienna. Don Albera poté confortarsi di non pochi
riguardi ottenuti per salvare situazioni estremamente delicate.
Si dovette sospendere la pubblicazione delle edizioni francese,
inglese, tedesca, polacca, ungherese, del Bollettino Sa!esiano.
Neli'ultho numero Don Albera se ne scusava coi Cooperatori
delle varie nazioni, assicurandoli che si sarebbero però intensi&
cate le preghiere specialmente nel santuario di Maria Ausilia-
trice per loro e tutti i loro cari e supplicandoli a continuare la
loro benefica assistenza per concorrere coi Salesiani e le Figlie di
Maria Ausiliatrice al soiiievo delle necessità locali e, se possibile,
anche alle lontane Missioni più bisognose. Al santuario di Maria
Ausiliatrice accorrevano infatti numerosissimi i fedeli, speual-
mente per la funzione mariana del 24 d'ogni mese e ad altre
particolari che si promuovevano, a iniziativa di pie associazioni,
rispondendo alle esortazioni dei Vescovi e del Papa man mano
che la guerra si protraeva e si faceva più spietata e crudele. Nei

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mese di marzo 1916 Don Albera iniziò i'iivio di una circolare
mensile collettiva a i militari, che continuò fino ai dicembre 1918.
Già però nel 1915 egli aveva tenuto ad informare tutti i
salesiani di-ll'edifcante comportamento e della generosità di sa-
crificio dei militari nelle caserme, negli ospedali e sui vati fronti.
Ne aveva dato incarico al Prefetto Generale Don Rinaldi, il quale
compilò la circolare periodica del 24 agosto.
I n questa, fatto cenno alla commovente e solenne riuscita
delle commemorazioni del centenario della nascita del Fondatore
a Valsalice e al colle di Castelnuovo, durante le quali il Ret-
tor Maggiore più volte non aveva potuto frenare le lagrime rivi-
vendo prodigi di cui era stato testimonio accanto al Santo, Don
Riialdi proseguiva:
«Un altro pensiero gli stava sempre fisso in mente: q u d o dei tanti
conFrateiii s~arsioei vari c a m ~ idi batta.d.ia,. che forse k quel medesimo
momento comb~rrcvanov. endvsno il loro smgue, mentre d i avrebbe voluro
vederli presenti a quell'in<ia festa di famiglia. Una pirghicrs più feniom-
sa che mai - una preghiera che compendiasse tutte quelle i&alzate ogni
giorno Li tutte le case e da tutti i confrateiii- elevava al Cielo per strappa-
re la sospirata pace, per ottenere che tutti i figii tornassero alla Madre Con-
gregazione con rhnovato &etto. La pace non sappiamo quando Iddio vomà
accordarcela, ma ?&etto aUa Congregazione, l'&$t0 io inteso a Don
Bosco, appare da ogni lettera che egii e gli altri superioti ricevono dai ca-
rissimi confratelli chiamati alle armi. Non sa trattenersi dal riportare in
appendice, tali quali sono sgorgati dal cuore e daUa penna di quei c&s-
simi confratelli, alcuni brani di lettere ricevute Li questi giorni, tacendo i
nomi per non far torto a nessuno, essendo molti i quali esprimono uguali
sentimenti... ».
Toccanti, fra le scelte, quelle di Don Rinaldo R&, già
professore a Valsalice, il quale da Tai di Cadore dava anche
notizia dell'apostolato che faceva in grigioverde con l'organiz-
zazione dell'oratorio festivo pei ragazzi sulla piazzetta deUa par-
rocchia, attirandoli tutti al gioco e poi guidandoli in chiesa alle
sacre funzioni, educandoli a devozione esemplare; e quella di
Don Carlo Braga, poi missionario ed ispettore in Cina e nelle
Eilippine.
Da questa, scritta in un ospedale da campo il 19 agosto 1915,
stralciamo qualche periodo, per dare un'idea di quella corrispon-
denza che si conserva ancora nelle cartelle di Don Albera:
«Tra l'eco straziante di tante voci che a lei si levano per
implorare aiuto, conforto, consiglio, non le sia discaro tendere

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l'orecchio aila mia vcce. I1 Signore ci visita con grazie si segna-
late, opportune, dcaci, da renderci ogni sacrificio assai lieve.
Per ora mi rassegno completamente, mi afhdo inconsciamente
d a Divina Provvidenza. Ho trovato un parroco di gran cuore...
Sinteressa di trovarmi elemosine per la S. Messa; ogni mattina
vuole che accetti il c&è ...la sera vuole che l'andiamo a visitare...
Mi fa predicare alla domenica ai popolo. Creda che godo proprio
un mezzo paradiso... Gli u5ciaii mi amano assai, tutti indistinta-
mente... Godo di una grande stima e simpatia da parte dei sol-
dati e dei paesani. Ho un gran da fare nel rispondere a quelli
che mi salutano e fanno tanto di cappello a questo povero sol-
dato senza gdoni e senza fiocchi, ma salesiano e sacerdote. (Chi
conobbe Don Braga, non se ne stupisce: era un vero salesiano,
amabilissimo). Ho trovato fino tra queste rocce degli entusiasti
ammiratori deli'opera nostra. Deo gratias! Fra le tante conso-
lanti notizie che solleverebbero il suo cuore paterno e teneris-
simo, non so negarle la seguente: una domenica, mentre predi-
cavo, una subitanea ispirazione mi suggeri di promettere al po-
polo grandi festeggiamenti per l'Assunta e per S. Rocco. Fu
presto detto, ma... Non mi perdetti d'animo: avevo dato pa-
rola alla nostra Mamma ed ella mi aiutò. Scovai in una casa
tedesca un armonium, credo del '70, senza mantici e stonato
come il sottoscritto. Lo riattai come meglio seppi, lo condussi
con un somarello sino d a parrocchia e cominciai la sera stessa
un po' di scuola di musica. Quanto spoimonarrni! Dai, &i, da-
gli, misi su la messa terza di Hder. I1 14 a sera, la vigi-
lia della gran festa, prove generali in sagrestia. In un bale-
no fu piena zeppa di soldati, fanciulli, uomini. Cambiai subito
battuta e musica e insegnai il «Benediteci, o Signore P, spiegai
la poesia, s'imparò la melodia. Colsi l'occasione ai volo, indossai
i paramenti e diedi la S. Benedizione. Creda, io piangevo, quan-
do innalzai il buon Gesù a benedire. Si cantarono altre lodi: mi
pareva un lembo di terra nostra, un Oratorio nostro. Che enm-
siasmo, che fede! Vennero numerosissimi i fedeli per udire la
musica; molte e confortanti le Comunioni e le preghiere. Scelsi
a h n i fanciulli e fanno ora la mia SchoEa cantovum. Vidi e con-
statai che la Vergine m i benediceva. I miei uffici& erano entu-
siasti... Viva Don Bosco! ».
Don Albera versava lagrime di consolazione nel leggere le

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lettere dei militari e sapeva quanto fossero desiderate ed attese
le sue risposte che cercava di fare con sollecitudine.
Don R& sembra si faccia eco di tutte:
«Mi commuove la delicatezza di lei e degli altri supetiori nello shidio
di mantenere la corrispondenza coi confratelli milimi. E un bisogno ben
forte questo, tanto che si vorrebbe essere ricercati ogni qual volta si vede i4
postino con la borsa a traculla. Si vive di detto da tutti 1richiamati. Da noi
salesiani poi, se dudico gli alUi da me, si sente la mancanza della nosua aria
e si va d a caccia di un tuboho per quanto sottile che ce ne trasmem d-
quanto ».
Di qui la richiesta di pubblicazioni salesiane, dal Bollettino
alla Vita di Don Bosco » riassunta da Don Lemoyne in due vo-
lumi e uscita da poco: « È aspettatissima - attestava Don Ruf-
- tini apprendendo che i superiori si preoccupavano di mandarne
copia a tutti i militari e passerà per molte mani. Specialmente
quest'inverno molti fanno calcolo di passar molto tempo con
quella. E così Don Bosco predicherà... D.
Incoraggiava anche Don Albera a trattare argomenti ascetici
per i1 fervore della vita religiosa e salesiana, perché, spiegava:
«Sarebbe 43 mio orgoglio se la mia gresenza e ii mio rimrdo in s@to
servisse a rendere un po' più buoni quelli che mi awicinano e ingenerare
in loro una stima più grande pel salesiano e il sacerdote in generale. In questo
ambiente le parole valgono poco più d i nuiia, quando non servono a meno,
tanti sono i pregiudizi, le passioni e le false mentalita. La parola qui, più
che in tanti altri ambienti, vale in quanto sottolinea B'esempio; e l'esempio,
+che nelle cose più insipaificanti, p u d manifesti spirito di fede e spirito
di saui6cio neli'adaitamento d e circostanze, nel Iavotw, nella carità; nella
carità, vorrei &e, &o & bonomia. Ancbe i più lontani da noi per senui-
menti e abitudini, a d e quelli che a parole ci vorrebbero come loro, in pra-
bica ci vogliono pretii, nel senso più reli&oso d& parola. Questo è essemiai.
mentre ii mio programma coi commuitoni; come contorno aggiungo, a titolo
di .invito, una larga comodi& ger le pratiche di pietà... ».
Don Albera seppe corrispondere a queste attese dei suoi fi-
gli migliori Sn dalla prima circolare, del 19 marzo 1915, festa
di San Giuseppe:
« Carissimi, le lettere che mi giungono dai confratelli mi son
tutte gradite, però quelle che provengono da voi, attualmente
chiamati alle armi, mi san care in modo particolare anche per
l'espressione di caldo affetto, di nobili e delicati sentimenti...
manifestano tutta la generosità del vostro animo e il vosuo in-
defettibiie attaccamento alla famiglia di cui fate parte, dove vi

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formaste la mente a tanta nobiltà di pensieri e il cuore a tanta
purezza di affetti. Io vorrei poter scrivere a ciascuno di voi, e
mi sforzo di farlo ogni giorno per quanto posso. Ognuno per
altro comprende che, per quanto grande sia la mia buona vo-
lontà, non mi sarà mai possibile corrispondere con tutti. È per
questo che son venuto nella decisione di rivolgermi a voi men-
silmente in particolare con apposita lettera circolare, onde comu-
nicarvi quanto il desiderio del vostro bene e il mio affetto mi
suggeriranno, e tenervi nello stesso tempo informati di ciò che di
più importante avviene nella nostra Congregazione... I o che cono-
sco il vostro cuore, posso dire con quale entusiasmo vi preparaste
d a nobile impresa (deli'educazione della gioventù), con quali
sacrifki cercaste di raggiungere lo scopo prefisso... gli infaticati
studi per ornarvi la mente di sapere, di qui la nobile gara nella
pietà e neli'amore d a religione per arricchire il cuore di virtù.
Nelle sante e pacifiche battaglie delt'insegnamento delle scienze
e delle arti voi foste instancabili; e così, mentre davate alla Pa-
tria le primizie ddie vostre energie intdettuali e morali, rac-
coglievate per voi larga messe di meriti e di benedizioni celesti.
Ora
sto
la Patria vi chiede
con slancio... siete
anche le
disposti
energie fisiche
a qualunque
seacvriofiicaiov.e..tePrirsmpo--
rate, figli carissimi, di santificare tutte le vostre azioni vivendo
in unione con Dio... ».
... «Risplenda in tutti i vosui atti la bontà e la dolcezza dell'animo vo-
stro. Questa dev'essere ii vostpo carattere abituale ii segno che vi fa co-
noscae per fi& di Don Bosco. Quindi, wcinuando la tradizione deUa vo-
... sna vita, eiate sempre pronti a qualunque semizio verso dei vostri camerati,
siare sempre i primi a s o c c o ~ Le occasioni nan vi pnaochetaruio...Nes-
sun senso di scoraggiamento pensando che viviamo sotto ii potante pa-
.. trollnio di Mairia SS. Adatrice. Oh, sia costante e piena di fiducia la d e
vaione vostra verso questa tenera madre. ».
Su questo piano si sviluppano più o meno le altre circolari,
che poi danno le principali notizie di famiglia e, ogni volta
che a lui giungeva l'annuncio del transito di qualche combat-
tente, una breve sua tanto affettuosa rievocazione del caduto.
La seconda circolare, per es., comunica la concessione deli'Indul-
gema plenaria toties quoties pel santuario di Maria Ausiliatrice
nel giorno della festa, 24 maggio, decorata nel 1916 dalla pre-
senza del Card. Cagliero e di Mons. Marenco. L'ultimo cenno
necrologico riguarda un mio caro compagno di noviziato, il ch.

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Colombino Efisio, colto da malaria in Aibania e deceduto a Lecce
nell'ospedale militare.
Le lettere non hanno nulla di burocratico, sono scritte cuore
a cuore nello spirito di famiglia squisitamente salesiano.
I1 13 aprile Don Albera inaugurava a Valsalice l'artistico
sarcofago di Don Rua e celebrava una Messa di suliragio presso
la tomba alla presenza degli intimi di f d g l i a , dell'ing. conte
Galateri, modellarore deli'altorilievo, del Sindaco di Torino On.
Teofilo Rossi, del prof. Bettazzi... rivolgendo la sua paterna pa-
rola in commossa rievocazione. I1 Sindaco, ringraziando poi per
iscritto, definiva Don Albera un angelo di bontù, degno suc-
cessore dei due gloviosi operai dellu carità ». L'indomani egli
inviava a tutti i salesiani la memoranda circolare sulla castità.
Aveva ricevuto notizie delle sofferenze imposte alle Figlie di
Maria Ausiliatrice della casa di Scutari in Albania, internate in
Austiia, e ringraziava l'Ispettore di Vienna Don Augusto Wiond
per la sua premura nei visitarle e confortarle. Poi accompagnava
i1 Card. Cagliero a Nizza Monferrato per consolare anche le
Madri del Consiglio generalizio e di scriveva all'Ispettrice
delle case di Francia: « I1 Cardinale volle che io lo accompa-
gnassi, non pensando forse a quanto ho da fare a Torino: egli
mi dimostra un'affaione straordinaria... Consacrò volentieri il
calice da voi regalato ».
Ai militari contidava che quasi ogni giorno qualche militare
era a mensa a Torino col Cardinale e coi superiori, e cosi tutti
erano ogni giorno ben ricordati e rappresentati. Fra le vicende
della guerra che accrescevano ogni giorno preoccupazioni, disagi
ed angosce, in settembre si aggiunsero anche la morte di Don Giov.
Battista Lemoyne, il primo grande biografo di Don Bosco, e di
Mons. Giuseppe Fagnano, intrepido e impareggiabile apostolo della
Terra del Fuoco, ambedue a lui carissimi e nella Congregazione
fra i più benemeriti. Egli stesso assistette Don Lemoyne nel-
l'agonia recandogli anche il santo Viatico. Nella lettera necrolo-
gica ai confratelli cosi scriveva: Mi sento talmente commosso
che non trovo parole per manifestare tutta l'ambascia dell'animo
mio e degli altri superiori, sia perché noi tutti consideravamoil ca-
ro estinto quale una vivente reliquia del venerabile Fondatore, sia
per la gravissima perdita che viene a fare l'amata nostra Società
cotanto provata in questi calamitosi tempi...D. L'S novembre spi-
rava Don Viglietti.

22 Pages 211-220

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22.1 Page 211

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Conforto spirituale egii aveva provato in agosto ad Oropa
ove aveva accompagnato il Card. Cagliero per le feste cente-
narie del celebre santuario ed aveva presieduto il Convegno na-
zionale degli Oratori festivi. Aitri giiene diede il Santo Padre
con la nomina del parroco di Santa Maria Liberatrice al Testac-
cio di Roma, Mons. Luigi Olivares, a Vescovo di Nepi e Sutri.
Dopo la Messa di trigesima per Mons. Fagnano, pontifcata da
Mons. Morganti, scese a Roma per la consacrazione compiuta dal
Card. Cagliero con l'assistenza di Mons. Morganti e di Mons.
Marenco destinato alla Delegazione Apostolica del Centro Ame-
rica. Al termine delle feste ebbe un'altra affettuosa udienza da
Papa Benedetto XV.
- - « Un'ora di grandi consolauoni scriveva ai miiitsi Per aitre
udienze particolari conoscevo gia bene tutta la paterna bontà del Santo Pa-
dre Benedetto XV verso l'opera di Don Bosco; ma vi posso assimare che
... quest'ultima udienza mi ha rivelato nuove e più intime meravigiie dei suo
gran cuore, per noi pih che paterno Si parlò a lungo di più cose: tutto vol-
... le sapere, di tuno volle interessani prendendo parte ane presenti nostre
tribolazioni e confortandocia continuate alaaunente ~ & me olteplici o p e
re che abbiamo tra Je maci. Ma quello che più vi deve mnfo~tare,o miei
coi figiisoldati, è che il Santo Padre s'è degnato di interessarsi minutamm
te di voi: quanti siete sotto le armi, quanti sono già caduti nei vari com-
... battimenti; dei pericoli a cui siete esposti e del buono spirito che mnser-
vate... e volle riservare a ciascuno di voi una particolarissima benedinone
Vi apporti questa
mena cui andate
ibnecnoendtrioz.i.o.nveidiespl iVriiucan~fiioldiaiieCraimstoorefoerzuanea
coraggio nei a-
profonda divo-
uone ai comun Padre di tutti i 6gii della Santa Chiesa, eccitandovi a resta-
re attaccati a lui mente e cuore, e a Cregare perché $siia dato di poter in
mezzo alla pnxnti p r o d e condurre a salvamento la mistica navi=& &-
data alle sue cure... ».
A Roma Don Albera assistette anche all'inaugurazione della
Scuola pratica di Agricoltura per gli Orfani di guerra al Man-
drione, presieduta dalla Regina Madre Margherita di Savoia e dal
Card. Cagliero...
Al ritorno passava alle stampe il Manuale per le « Pratiche di
pietà » nelle case salesiane, che salvava la conformità in questo
settore così vitale della vita religiosa. La Santa Sede frattanto
lo consolava con ?erezione a Vicariato Apostolico della zona
ciiena della Prefettura di Mons. Fagnano, &dandolo a un santo
saiesiano deno, Mons. Abramo Aguilera, e creava la Prefettura
del Rio Negro preponendovi Mons. Lorenzo Giordano, apostolo
dalla tempra eroica.

22.2 Page 212

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L'anno si chiuse a Valdocco con il triplice Giubdeo d'oro di
Don Francesco Cerruti (di sacerdozio, di professione e laurea in
lettere, 50 anni). Don Aibera lo assistette &a Messa solenne e
condivise tutta la festa con questo degnissimo salesiano, ordi-
natore delle scuole salesiane che portò al credito d c i a l e e ai
prestigio statale col miglior sviluppo per I'awenire.
Due giubilei d'oro
La guerra col suo crescendo di orrori, di crudeltà, di soffe-
renze e di odio non impedì che nel 1917 si mettessero a fuoco
due giubilei d'oro che cadevano nel 1918 e che il mondo sale-
siano (si scusi la qualifica, per non elencare tutu gli elementi
d e h Famiglia spirituale di Don Bosco e delle associazioni che
nelle varie case fiorivano) vi si preparasse adeguatamente il me-
glio possibile. Vogliamo dire il 50" della consacrazione del san-
tuario di Maria Ausiliatrice (9 giugno 1868) e quello del130rdi-
nazione sacerdotale e prima Messa di Don Albera (2-3 agosto 1868)
nonché della sua professione religiosa perpetua (19 settembre a
Trofarello durante gli esercizi spirituali).
Pel suo Giubileo sacerdotale Don Aibera lasciò che faces-
sero gli altri, mobilitati da Don Rinaldi; ma di quello di Maria
Ausiliatrice si interessò quanto poté personalmente, scrivendone
ai confratelli in apposite circolari, e ai Cooperatori nel Bol-
lettino Salesiano. Si organizzarono intelligenti ed attivi comitati
che pensarono al programma e ne curarono lo svolgimento.
Egli frattanto il 28 febbraio si recò in Liguria per salutare
d'imbarco di Genova S. E. Mons. Marenco successore del Card.
Cagliero come Internunzio Apostolico nel Centro America, in
partenza per la sua sede. Di 1t3 prosegui per Alassio a visitare
Don Cerruti il quale nonostante la benefica aria del clima che
generalmente giovava d a sua sempre delicata salute, lentamente
declinava.
Ritornò al suo capezzale con Don Giulio Barberis negli ul-
timi giorni e non lo abbandonò più finché il 25 marzo rese la
sua beil'anima a Dio. Fu la perdita più sentita per lui dali'inizio
del suo rettorato, perché erano stati compagni di lavoro Ti dai
primi anni del suo ingresso ail'Oratorio e deil'apostolato sale-
siano, chierici nella casa di Mirabello Monferrato.
Come scrisse il Bollettino Salesiano, fu la più gran perdita an-

22.3 Page 213

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che della Società Saiesiana dopo quelle di Don Bosco e di Don
Rua. Ebbe infatti un plebiscito di cordoglio specialmente in Ita-
lia, dove in campo scolastico egli godeva del più alto prestigio.
Don Albeia presiedette ai funerali, poi proseguì per Roma per
partecipare alla Beatificazione del Cottolengo e alla celebrazione
del triduo nella Basilica dei Sacro Cuore che i salesiani mettevano
ben volentieri a disposizione, con senso di viva gratitudine per
tutta la carità che anch'essi incontravano sempre nella Piccola Casa
della Divina Prowidenza a Torino.
Confidò poi la sua consolazione specialmente ai militari, scri-
vendo loro anche di una nuova udienza pontificia in cui Bene-
detto XV Io accolse con ineffabile benevolenza interessandosi « di
tutto e di tutti, ma specialmente di voi che vestite la divisa
militare... ».A Torino l'attendevano affanni e preoccupazioni facili
ad immaginare; ma egli incoraggiò allo svolgimento normale del
mese di Maria Ausiliatrice, deLia vigilia e della festa che attrasse
giovani e fedeli in folla a pregare nello sgomento della durata e
delle angosce della guerra che costava sempre più anche all'ltaiia
complicandosi con fermenti interni sfociati poi fatalmente in di-
sordini sanguinosi quando cessarono le operazioni ai fronti.
I1 mese mariano, infervorato dalle Quarantore e da due
notti di veglia santa propiziatrice, si chiuse coi festeggiamenti
torinesi al novello Beato Can. Giuseppe Benedetto Cottolengo,
che rialzarono i cuori a maggior fiducia ed abbandono nella
pietà divina. Dopo le feste, invocato fervorosamente lo Spi-
rito Santo e preso consiglio dai suoi immediati collaboratori,
sceglieva a succedere ai compianto Don Cerruti, ne& direzione
generale delle scuole salesiane, 1'Ispettore di Roma Don Anuro
Conelli e inviava ai salesiani una circolare per scuotere i tiepidi
a fuggire la legalità nella vita religiosa dandosi tutti con fervore
ai compimento del proprio dovere e supplendo generosamente
neiie case anche i militari che versavano sangue per la patria.
Il Signore sembrava benedire la sua grande preoccupazione di
far crescere i salesiani nel loro buono spinto come voleva Don
Bosco, perché proprio nel mese del Sacro Cuore il Santo Padre
&dava di nuovo al Rettor Maggiore tutta la cura spirituale
dell'Istituto delle Figlie di Maria Ausiliatrice rallentata e in
gran parte ridotta nel decennio precedente dai criteri di se-
parazione degli istituti femminili da quelli maschili dello stesso
Fondatore anche per la direzione spirituale.

22.4 Page 214

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Con decreto del 19 giugno 1917 Don Albera veniva nominato
Delegato Apostolico per tutto l'Istituto delle Figlie di Maria Au-
siliatvice per un quinquennio. Il prowedimento era stato richiesto
dal Card. Cagliero. E Don Albera, nel darne notizia confidenziale
a l Capitolo Superiore, sottoiineava il fine del provvedimento
pontiiicio:
«di ottenere che nei due Istitmi (dei Salesiani e ddie Figiie di Maria
Ausiliatnce fondati entrambi dal ven. Giovanni Bosco, fossero meglio im-
pressi e mantenuti in vigore il carattere e la foma che ad essi diede lo
stesso fondatore.. Ii Rettor Maggiore della Società Salesiana & nominato,
per un quinquennio, Delegato Apostolico... perché o& due anni con ani-
mo paterno visiti, o personalmente o iper mezzo di un suo Delegato, le loro
Case, continuando però queste a consavami autonome e indipendenn quan-
to ail'annninistrazione. Unico suo scopo sarà di promuovervi ii vero spirito
del fondatore e di curarne il progresso spiilimale, morale e scientifco, come
pure, se faril d'uopo, e senza intromettersi nell'amministrazione, di so-
gliare e tutelare ii retto iovestimento dei capitali e la sicurezza deile doti
versate dalle suore... B.
La delegazione, da temporanea, rinnovata in seguito a carat-
tere quinquennale, venne resa perpetua sotto il rettorato di
Don Ricaldone.
Era indubbiamente un aggravi0 per Don Albera, la cui sa-
lute era assai malandata, anche se nessuno se ne accorgeva, nep-
pure il suo attento segretario; ma egli l'accettò di buon animo
per l'affetto che portava aLt'Istituro visto sorgere e dilatarsi così
prowidenzialmente, e pel desiderio di conservarlo nel genuino
spirito di Don Bosco.
Le superiore delle Figlie di Maria Ausiliatrice, appena ne
ebbero conrunicazione, ringraziarono di cuore i1 Santo Padre ed
espressero anche personalmente a Don Albera la loro gioia: l'at-
tendevano da tempo e pregavano tanto a questo scopo.
Abbiamo a portata di mano la risposta di Don Albera alla
pronipote di Don Bosco, Madre Eulalia: « ...Essa mi fa cono-
scere sempre meglio quanto sinceramente siete affezionate al su-
periore dei salesiani comunque si chiami... siete persuasa dei
grandi vantaggi che vengono a tutta Ia vostra Congregazione dal-
l'intima unione con il superiore dei salesiani. Altre suore per
pensado ebbero bisogno di far l'esperienza la quale non fu sem-
pre felice... ».
I l decreto garantiva loro piena tranquillità di spirito perché
stabiliva che il superiore intervenisse sempre paterno consilio,

22.5 Page 215

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con paterni consigli, senza alcuna responsabilità disciplinare stret-
tamente giuridica. Proprio come voleva Don Bosco £in dalla fon-
dazione. E Don Albera ci tenne a farlo ben capire agli Ispettori
ed agli altri salesiani, delegandoli a fare, quando e dove occor-
resse, le sue veci: la delegazione non conferiva alcuna giurisdi-
zione propriamente detta sulla comunità, perciò anche i cappel-
lani locali fossero sempre a disposizione delle suore pei servizi
religiosi e i buoni consigli che richiedessero, con la massima
generosità e discrezione. Pubblicamente egli ne parlò alle diret-
trici delle suore nel mese di settembre, quando si recò a N i a
Monferrato per i loro esercizi spirituali, mettendo bene in evi-
denza la parte fatta dal Card. Cagiiero:
a Dalla nomina del Card. Cagliero noi ci aspettavamo molti
benefici e non nego che uno dei principali, atteso specialmente
dal Rettor Maggiore, era quello di veder sistemata la vostra Con-
gregazione... Ora voi potete considerare il Superiore Salesiano
come vostro superiore diretto. I1 Cardinale solo merita i ringra-
... ziamenti, Don Albera non c'entra per nulla. Ma io son stato
ben contento quando ho letto il decreto ». E le Figlie di Ma-
ria Ausiliatrice furono davvero tanto riconoscenti al Cardinale.
Chi scrive faceva da cerimoniere a N i a nel 1922 per le feste
cinquantenarie dell'Istituto e serviva anche i giornali con la cro-
naca. Ora, mentre nella cameretta dov'era spirata la Santa Madre
Maria Mazzarello, stendeva la cronaca conclusiva specificando le
autorità e personalità presenti, qualificava il nuovo Rettor Mag-
giore Servo di Dio Don Filippo Rinaldi, Delegato Apostolico per
l'Istituto. Madri e Suore presenti esclamarono ad una voce: « Met-
ta Rettor Maggiore anche per noi, Padre, metta Rettor Maggiore ».
Io, naturalmente, non mutai il titolo canonico; ma mi confortò
tanto quella protesta spontanea ed unanime... Quanto buono spi-
rito nell'animo loro!...
La vacanze del 1917 erano state funestate all'inizio dal ter-
remoto del Centro America che abbatteva le quattro case (due
salesiane e due delle suore) in San Salvador e in Sancta Tecla;
ma, grazie a Dio, senza vittime umane, che purtroppo nelle
due città furono innumerevoli. Don Albera l'attribuì a una spe-
ciale protezione dell'Ausiiiatrice di cui stava programmando le
feste giuhilari, cbiedendo concorso a tutti anche per l'desti-
mente di un Museo del Czalto a Maria Ausiliatrice che si al-
lestì poi nella cripta del santuario e disgraziatamente durò meno

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di quanto si pensava, per sostituirlo con altro, cui non si riuscì
a dare sede più adeguata.
Nel mese di ottobre era fissata la ricognizione canonica della
salma del venerabile Don Bosco a chiusura del processo aposto-
lico sulle virtù e fama di santità. La cara cerimonia si compi a
Valsalice tra il 13 e 15 del mese dal competente Tribunale Ec-
clesiastico e fu presieduta da Don Albera col Card. Cagliero e
i Superiori del Capitolo, fra pochi intimi. Fu sospesa la dome-
nica 14 per dar modo a Don Albera di recarsi a Pinerolo Monte
Oliveto per la premiazione annuale degli orfani di guerra e la
benedizione dello stendardo offerto dalle Dame Patronesse.
Don Albera volle darne egli stesso i particolari ai militati
scrivendo:
... ha suscitato nelianimo mio un mondo di A t t i e di ricordi. L'a-
vevo veduta i'ultima volta il 3 settembre 1904, tutta integra e tendente a
m u d c a r s i con i lineamenti patemi assai ben conservati... Mentre dal fon-
do del cuore innalzavo una fervida preghiera per tutti i miei figli lontani, oh!
come avrei desiderato avcrvi vicini e dirvi: Ecco il tesoro più piaioso che
ancora ci resta di chi fu tanta parte deUa nostra vita e al quale voi pure
dovere la felicità della vostra vocazione religiosa alla vita salesiana. La sal-
ma, rivestita ancora degii abiti sacerdotali, è ora in stato di progredita mum-
mificazione, ma conserva mtti i lineamenti del buon Padre, che pare dorma
il sonno del giusto... la sua destra assai ben conservata, e distesa com'è, sem-
bra che abbia a sollevarsi da un momento all'altro per wm@e Patto so-
lenne che le era tutto proprio (di benedire). Quante volte mi aveva bene-
detto quella santa mano posandosi paternamente sul mio capo! E spero fer-
mamente che mi avrà ribenedetto insieme w n tutti voi quella mattina, nel-
l'ora memoranda in cui piegava e ripiegava il mio capo dentro i ' m a prezio-
... sa, quasi per farmela ritoccare un'altra volta. Oh, la cara iliusione coniinan-
te con la realtà D.
I1 27 ottobre faceva visita anche agli orfani di guerra rac-
colti dalle Figlie di Maria Ausiliatrice nel loro istituto di Gru-
gliasco, mentre sulla Patria si abbatteva la sciagura di Caporetto...
Centinaia di profughi, abbandonando i paesi invasi, si spar-
gevano pel resto d'Itaiia. Don Albera si affrettava ad incorag-
giare i direttori delle case a prodigarsi nell'ospitare quanti pote-
vano; e questi rispondevano sollecitamente e con tanta genero-
sità. Fu una gara che commosse il cuore di Dio e benedisse la
eroica ripresa dei cari soldati. L'Oratorio di Valdocco improvvi-
sava 50 letti che metteva a disposizione del Prefetto di Torino:
il 30 novembre erano tutti occupati.
Una sorpresa giungeva dal Brasile dove il salesiano Mons.

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D'Aquino, ausiiiare deli'Arcivescovo di Cuyabi, veniva eletto
Presidente dello Stato di Mato Grosso, pacificando così i vari
partiti che nella scelta di un Vescovo di eccezionali doti e grande
virtù concordavano per il bene di tutta la popolazione. Fu di
fatto rieletto sempre con largo consenso e generale soddisfazione
(tolto l'anarchico eccidio, deprecato da tutti, del santo missio-
nario Don Tannhuber) Gnché fu fatto Arcivescovo di Cuyabh.
La Messa d'Oro nel Giubileo deiia Basilica di Maria Ausiliatriee
I1 1918, col precipitar degli eventi internazionali, assorbiva
i cuori nell'esultanza della Messa d'Om di Don Albera e del Giu-
bileo del Sarrtuario-Basilica di Maria Ausiliatnce, che non si era
creduto di dover sacriticare, anche perché si presentiva la fine,
volere o non volere, della guerra e dove non infuriava la bufera
le case salesiane rigurgitavano di giovani, in piena fioritura.
Don Albera lo confermava anche ai Cooperatori nella circo-
lare di capodanno:
n NeUe circostanze anormali in mi ci troviamo, tanto gli Oratori fe-
stivi quanto i colle& e gli altri istituti salesiani fioriscono e rigurgitano di
giovinetti. Se ciò porrebbe dirsi mirabile in paesi neutrali, deve dirsi ad-
diittura prodigioso in paesi dove si combatte... A un tratto così amorevole
delia Divina
mente tenuti
Prowidenza
la memoria del
da accoppiare
venerabiie Don
la stima
Bosco e
ilinnicouiapsoosntooladtov.e..rNsaoln.
... vi è casa deli'Opera di Don Bosco che non abbia aperto le sue porte ai figli
dei richiamati o dei morti in guerra o dei profughi, o agli stessi soldati a.
Anzi per questi si erano organizzati ritrovi di sollievo, di
conforto (Case del Soldato) e corsi di cultura, fra modesti sva-
ghi, secondo le possibilità.
Nel programma dei festeggiamenti giubiiari Don Albera volle
che si inserisse un gran «Convegno nella Casa-Madre di sale-
siani ed exallievi sacerdoti militari » coi quali condividere, alle
funzioni, a mensa e per le ore possibili, la santa letizia della sua
Messa d'Oro. Pel resto facesse pure il comitato.
A festeggiarlo cominciarono gli oratoriani del primo Oratorio
festivo di Valdocco il 26 gennaio; poi, il 29, le oratoriane delle
Figlie di Maria Ausiliatrice.
Don Albera gradì immensamente l'offerta delle loro preghiere
e delle loro Comunioni. Si commosse quando seppe che i sale-
siani dellJIspettoria Subalpina intendevano offrirgli il calice per

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la sua Messa d'oro. Nel ringraziarli con una lettera particolare
conf~dbche la sua maggiore consolazione veniva dalla fedeltà allo
spirito di Don Bosco e li scongiurava a non allontanarsene mai.
«Come l'acqua - spiegava - più s i dontana dalla sorgente più perde
della sua namraie ,hpidezza per divenire onda limacciosa, così lo spirito di
un Istituto relgioso più si ailontana dal Fondatore e da quelli che ebbero
la fortuna di convivezgli accanto per lunghi anni, più perde della sua pri-
miera integrità, assorbendo insensibilmente elementi eterogenei disgregatori
della mirabile compagine primitiva. Quante cose strane, se non stiamo at-
tenti, vanno m po' per volta idiitrandosi %a noi, e quante proprie dello
spirito del ven. Don Bosco, si lasciano cadere qua e in disuso! Avendo
avuto la grande ventula di convivere tanti anni col venerabile nostro Padre,
e di godere della sua coddente initimita, posso due che ebbi opportunità
di penetrare bene lo spirito che I'animava, spirito che in seguito vidi rivi-
vere inalterato nell'uldimenticabile Don Rua. Orbene, conviene che si sap-
pia: a certe cose che tduno crede d'impunanza trascurabile, Don Bosco ne
dava moltissima. Don Bosco tolse a patrono dell'opera sua il Salesio perché
volle che i suoi figli ne ricopiassero in o& tempo la grmitde attività nel
bene, l'ardente m o r di Dio e l'inalterabile dolcezza col prossimo. E a ren-
dere più &-ce questo modello, lo ricopiò anzitutto in sé, donando& tutta
la modernità richiesta dai nostri tempi. Se vogliamo poter dire di essere ve-
ramente Salesiani, non solo dobbiamo cercare di possedere questi tre ele
- menti cnstimtivi d d o spirito di Don Bosco - attività, amar di Dio, dod
cezxa col prossimo ma anche di possederli congiunti armonicamente in
lui... P.
Alla Madonna, pel giubileo della consacrazione del suo tem-
pio, venivano intanto annunaati omaggi straordinari, fra i quali:
l'offerta di uno scettro d'oro donato dalla principessa Isabella
Camposagrado-Czartoryski; cmegloria miniate in pergamena e
un prezioso calice, dalla Duchessa di Genova con la figlia princi-
pessa Bona; un crocefisso d'argento dalla regina Elena; un cuore
votivo dai soldati del Presidio... I1 tabernacolo dell'altar mag-
giore, a cura di pie persone, veniva internamente rivestito di
lamine d'oro con gemme e con la pietra preziosa di un anello
pastorale dell'Arcivescovo Mons. Lorenzo Gastaldi, offerto dalla
nipote Lorenzina Mazé de la Roche...
La serie delle celebrazioni registra al 25 aprile una confe-
renza inaugurale nel teatro dell'oratorio. Presenti, la Duchessa
di Genova, autorità cittadine e personalità qualificate. I1 mar-
chese Filippo Crispolti esordi protestando che Torino non con-
siderava il
di Don Albera come un'appendice o come
accidentale coincidenza del giubileo del santuario, « ma come

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un prowido spirituale compimento », perché per i Torinesi il
nome di Don Aibera era sempre congiunto « all'immedesima-
zione di Don Bosco con l'Ausiliatrice ». Poi, presentando feli-
citazioni ed auguri, illustrò il progetto del «Museo del culto
deli'Ausiliatrice ». Don Albera rispose umilmente ringraziando ed
esortando alla più fervida devozione d a Madonna sotto il titolo
di Ausiliatrice per implorare la costante sua assistenza materna
d a Chiesa e al Vicario di Cristo.
Verso la &e del mese i'afflusso della corrispondenza por-
tava le felicitazioni più auguste del Santo Padre, di Cardinali,
Vescovi, prelati e autorità di varie nazioni. Benedetto XV in-
viava una pisside e una pianeta che Don Albera avrebbe poi
indossata per la Messa d'Oro. Oggi riveste la salma gioriosa di
San Giovanni Bosco composta nell'artistica urna al suo altare.
I1 Papa giustificava la sua premura nell'inviare i doni con la
Benedizione Apostolica, scrivendo: « Ci piace assai precedere co-
testo quasi coro di felicitazioni, sia perché vogliamo noi stessi
raccomandati in modo speciale con tutta la Chiesa ali'aiuto poten-
tissimo della Madre di Dio, sia perché abbiamo meritamente cara
la Società Salesiana. Ch'essa abbia ancora per molti anni e in
buona salute te Rettore è ardente nostro voto!... S.
I1 mese mariano assurse a grande solennità con valenti pre-
dicatori, devote funzioni ed eccellenti esecuzioni in canto grego-
rimo e in polifonia, con un concorso straordinario di pellegri-
naggi, soprattutto di giovani e cooperatori, exallievi e associa-
zioni cattoliche. Imponente il pellegrinaggio della Gioventù Cat-
tolica Piemontese con vessilli e bande. Don Albera con 5 sacer-
doti impiegò tre quarti d'ora a distribuire oltre 4000 Comunioni.
Nel pomeriggio i giovani tennero congresso: i'aw. Torriani pre-
sentò a Don Aibera l'obolo della Gioventù Cattolica e il Comm.
Paolo Pericoli portò da Roma i saluti e gli auguri di tutta la
Gioventù Cattolica d'Italia, di cui era Presidente.
I1 30 aprile, festa intima. Don Albera celebrò per tutti i
suoi parenti nelle camerette di Don Bosco, poi li volle con
a colazione ed essi gli offersero il loro dono di famiglia: un
bel quadro ad olio di S. Paolo, in elegante cornice dorata. Nel
pomeriggio Don Albera scese nella cripta del santuario col Card.
Cagliero a inaugurare il «Museo del culto a Maria Ausiliatrice ».
La Messa d'Oro venne anticipata al 9 giugno facendola coin-
cidere col cinquantenario della consacrazione del tempio.

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A preparare giovani e fedeli fin dal 2 giugno predicarono il
Vescovo salesiano Mons. Luigi Oiivares, di Nepi e Sutri, e Mons.
Domenico Pasi, ausiliare di Ferrara.
Le Dame Patronesse vollero che Don Albera benedicesse an-
che l'«Esposizione di arredi sacri »,in cui avevano pure dispo-
sto i recenti doni del Papa, delle regine e principesse, di Em.mi
Cardinali... (v. Boll. Sal., giugno-luglio 1918, p. 203). Ricordiamo
solo quelli non ancora elencati: deE'Arcivescovo di Milano Card.
Ferrari (due reliquie insigni di S. Carlo Borromeo), del Card.
Gasparri (un camice con merletto di gran valore) e del Card. Ca-
gliero (ilcalice a lui offerto dalla Patagonia per la sua Messa
d'Oro, un pastorale e servizio completo per pontificale, varie pia-
nete tra cui una di inestimabile valore, con ricamo a mano della
morte di Gesù in croce, paziente e artistico lavoro delie Bene-
dettine di Einsiedeln, offerta a Leone XIII e da Pio X donata
a Mons. Cagliero).
Commovente l'omaggio dei soldati del Presidio, che pellegrina-
rono il 5 giugno al santuario. Intervenne la duchessa Isabella di
Genova, i figli, superiori, autorità e rappresentanze di tutte le armi.
I1 principino Eugenio presentò il dono dei soldati, un cuore votivo,
che il Card. Richelmy passò a Don Aibera. Il Rettor Maggiore
ringraziò, offrendo a sua volta al principino una medaglia d'oro,
di Maria Ausiliatrice. Un soldato presentò l'artistico ostensorio
della Regina Madre, con cui l'arcivescovo impartì poi la Benedi-
zione con il SS. Sacramento. Altre medaglie vennero in6ne dists-
bulte alle autorità e personalità, ai soldati...
I1 6 giugno, 73' compleanno di Don Alhera, fu riservato al-
i'addio ai Missionari in partenza per la Cina. I1 Governo ita-
liano aveva facilitato la spedizione anticipando il congedo a pa-
recchi militari. Presiedette la funzione il Card. Cagiiero che tenne
loro un vibrante discorso e impani la Benedizione Eucaristica.
Don Albera dette ad ognuno l'abbraccio paterno all'altere, con
un ricordo personale d'incoraggiamento e di guida. Al capo della
spedizione, Don Sante Garelli, al momento della partenza, &dò
poi il calice della sua Messa d'Oro da portare a Mons. Versiglia.
Ricevendolo il12 ottobre 1918, questi scriveva a Don Albera:
« Ella, amarissimo Padre, ha voluto anche ricordarsi di me in
un modo tutto particolare. Mi ha inviato un calice che è il ca-
lice suo; il calice è l'emblema del Sacerdozio... Oh, si! Possa
esso essere per me di eccitamento ed emulare lo zelo sacerdo-

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tale del mio buon Padre che me l'ha offerto!... I1 Venerabile
nostro Padre Don Bosco, quando sognò della Cina, vide due
calici pieni di sudore e di sangue dei suoi figli... Faccia i1 Si-
gnore che io possa restituire ai miei Superiori e alla nostra Pia
Società ilcalice offertomi, ma che sia ripieno, se non del mio
sangue, almeno del mio sudore!... »?
I1 7 cominciò il triduo privilegiato concesso dalla S. Sede.
I1 giorno 8, nel teatro gremitissimo di giovani, personalità
e autorità, di Cooperatori ed Exallievi, si svolse l'accademia u6-
ciale. Parlarono: Don Conelli per i Salesiani, Mons. Comino pel
Collegio dei Parroci e il Clero torinese, il Comm. prof. Costanzo
Rinaudo (compagno di Don Albera) per i condiscepoli e gli Exal-
lievi, la contessina Camerana per le Dame Patronesse, Don
Trione per le Figlie di Maria Ausiliatrice e i Cooperatori, il cav.
Macciotta per la Giunta Diocesana, Don Luchelli per i coufra-
telli mditari. Applauditissimi gli Orfani di guerra di Monteoli-
veto neila loro simpatica divisa di alpini. Nobilissimi i sentimenti
e carissimi i ricordi rievocati dai vari oratori. Ma il discorso più
eloquente lo faceva Don Albera, ascoltando umilmente come se
si trattasse di un altro. Commoventi &e i suoi ringraziamenti,
turgidi d i emozioni inume all'onda dei ricordi che gli facevano
'I1 sacriiicio, che quel giornoera loutanopresagiodi dedizione eroica, do-
dioi anni dopo, ii 25 febbraio 1930, diveniva gloriosa realtà. Mentre l'au-
reola dei Beati coronava la fronte di Don Bosco, il calice da lui veduto
traboccava dei sangue di due dei suoi figii, che col mantitio raggiungevano
ii Padre nella gloria, Mons. Versiglia e Don Caravario. (Don Garelli)
I1 sogno al quale si riferisce Don Vetsi~lianon esiste nelia tradizione
scritta salesiana, che gli storici delia Congtegazione Don Giovanni Lemoyne
e Don Eugenio Ceria hanno raccolto nei diciannove volumi d d e Memorte
Biografichee nei quattro degli Annali. Don Vetsigiia Paveva raccolto daUa
tradizione orale, viva a Fogiizw, dove e& era stato novizio e poi assistente
e insegnante, e della quale abbiamo sinire testimonianze.
Don Ceria, da me interpellato in proposito, rispose in data 6 febbraio
1944: «Sogni sidla Cina non esistono. Vi sono accenni nei sogni missiona-
ri... Dei due calici ricordo che si parlava; ma non c'è nulla di scritto. Il di-
s c o r r e ~della Cina cominciò a San Benigno e si propagò a Fogiizzo, per via
di Don ConeUi, che pareva designato.
Don Eugenio Ceria fece ii noviziato a San Benigno Canavese neii'anno
scolastico 1885-1886 e vi rimase come professo i'anno seguente. I1 14 set-
tembre 1886, i novizi chierici furono trasferiti nella nuova Casa di Foglizzo.
Tra di essi erano Andrea Beitrami, e Lodovico Olive. Quest'ultimo fu poi
compagno di missione di Don Versigiia.

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- sentire più vivo - come disse la bontà di Dio, la materna
assistenza di Maria Ausiliatrice, I'atIetto a Don Bosco cui do-
veva tutto. AUietata dalla banda degli alunni artigiani e dai cori
degli studenti diretti dal caro MP Dogliani, si aperse e si chiuse
con l'inno d'occasione di cui Don Francesia aveva declamati i
versi composti con sua vena familiare che faceva rivivere anche
gli anni della loro giovinezza. Con gli altri oratori, egli aveva
rappresentato tutti i giovani. I1 « Bollettino » citato tramanda
la cronaca minutamente, discorsi e versi.
La sera, dopo le orazioni, essendo già ultimata l'impalcatura
con la scala per l'apposizione dello scettro d'oro nella destra
della Madonna, più d'uno di noi salesiani salì &o al sommo, a
dare un bacio alla Madre celeste su quel volto che rapiva i cuori.
Il giorno 9 «la chiesa di Maria Ausiliatrice - come scrive
Don Ceria - sembrava un atrio del paradiso ». Nulla di esage-
rato. Noi eravamo di servizio, chiamati apposta dalla casa di
Penango Monferrato, dove già insegnavamo. Guidando il cor-
teo dei vescovi con gli altri cerimonieri, ne sentivamo il fascino
&o alle midolla. Don Albera incedeva fra Don Rinaldi e Don
Barberis che fungevano da diacono e da suddiacono. I1 Cardinal
Cagliero faceva l'assistenza pontificale fra una corona di vescovi,
alcuni exallievi come Mons. Tasso di Aosta, Mons. Spandre di
Asti e Moiis. Gamba di Novara (dei tempi di Don Bosco); Mons.
Pinardi, ausiliare del Card. Richelmy; Mons. Olivares, salesiano.
I n posti speciali la Duchessa di Genova e quella di Aosta, auto-
rità e dignitari del clero, prelati e superiori di ordini e congre-
gazioni religiose, rappresentanze della triplice Famiglia salesiana
e uno stuolo di fedeli.
« Don Aibera aveva assunto l'aspetto di un'anima assorta nella
- contemplazione di una visione celeste scrisse "Il Momento",
quotidiano cattolico torinese -. Era quella per lui la Messa
delle ricordarne. Cinquant'anni prima, allo stesso altare, nella
medesima ora, Don Bosco celebrava la Messa inaugurale della
Basilica... Tutta la persona di Don Aibera pareva vibrare di un
tremito; sembrava un'ombra in procinto di cadere sotto il peso
della commozione e di sollevarsi nell'estasi di u n r a p d t o di
paradiso. La luce a riflessi d'oro sprigionantesi dali'altare intorno
a lui pareva un riflesso della gloria di Maria Ausiliatrice, un
sorriso di Don Bosco e di Don Rua come benedizione sul loro

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successore. La voce di Don Aibera risuonava come il sospiro di
un'anima che pregusta le dolcezze del Paradiso... ».
E la folla che gremiva il tempio protendeva occhi e cuore
verso di lui, insaziabile di quella veneranda visione di un auten-
tico sacerdote di Cristo. La Schola cantorum eseguiva la Messa
solenne Auxilium Christianomm D, l'antica Messa di Santa Ce-
cilia del Card. Cagliero, adattata dal M." Dogliani, alle norme
di S. Pio X,al termine il Cardinale impartiva la Benedizione
papale per speciale mandato di Benedetto XV.Benediceva quindi
lo scettro e con Don Albera saliva ad imporlo nella mano de-
stra della Madonna nel quadro ispirato del Lorenzoni. Dall'alto
egli lesse la cara invocazione composta da Don Bosco nel 1885
ed inviata a Mons. Cagliero che si imbarcava a Marsiglia per
raggiungere la sede vicariale di Veidrna, perché la musicasse e
l'insegnasse a un coro di Patagoni da condurre a Torino per
quella Messa d'Oro che il santo fondatore era invece mdato a
celebrare in Cielo:
<<OMaria, Virgo potens, Tu magnum et praedarum in Ecclesia prae-
sidium, Tu singulare Amiìim Chnstimo~m,Tu t&biiis ut castnmun
acies ordinata, Tu cunctas haereses sola interemisai in universo mundo: Tu
in angustiis, Tu in bello, Tu in necessitatibus nos ab hoste protege atque
in aeterna gaudia in hoca morti5 susoipe v.
Noi I'abbiamo cantata anche più tardi nella composizione mi-
rabile del Cardinale, il quale, sceso dal podio, tenne una memo-
randa Omelia vibrante delle sue esperienze apostoliche e dell'in-
tercessione di Maria SS. Ricordò la profezia udita da Don Bo-
sco: «Propagate la divozione a Gesù Sacvamentato e a Mavia
Ausiliatvice, e voi vedrete cosa sono i mivacoli ». E come se tutti
li rivivesse, esclamò: « E noi li abbiamo visti i miracoli! ».Poi
commentando I'antifona « Sancta Maria, succuvve misevis », da
lui musicata allora, rievocò in sintesi le principali glorie deU'Au-
siiiatrice del Popolo Cristiano. I1 coro conchiuse la indimenuca-
bile celebrazione proprio col canto di questa antifona mentre ii cor-
teo liturgico riaccompagnava Don Albera, al colmo delle emozioni.
La folla, che in chiesa era esplosa in una calorosa ovazione
all'imposizione dello scettro, attendeva Don Albera nel cortile
dell'oratorio per acclamare in lui ancora Don Bosco così redivivo.
La funzione era h i t a con la consacrazione a Maria Ausilia-
uice composta appositamente da Don Albera e da lui guidata
dopo l'omelia del Cardilale. Nel pomeriggio, nello stesso cortile,

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gli orfani di guerra di Monteoiiveto, guidati dal direttore Don
Lorenzo Xigra, davano un saggio dell'educazione morale e fisica,
che strappava cordiaiissime commosse acclamazioni.
I1 santuario si era frattanto riafollato e Don Francesia e
Don Trione si succedevano sul pulpito a infervorare ancora i
cuori, hnché comparve alt'altare Mons. Olivares per i vespri pon-
tificali, mentre arrivava PAruvescovo Card. Richelmy. Salito sul
pulpito per coronare la grande giornata con la sua autorevole ed
amabile parola, egli esaltava la potenza misericordiosa di Maria
Ausiliatrice, il prodigio dell'opera di Don Bosco, la fedeltà di
discepolo e di compagno superstite, con la quale Don Paolo Al-
bera promuoveva il culto salesiano a Maria Ausiiiatrice con la
fede operosa di Don Bosco. E ricordò:
« Era fanciullo, anzi bambino di cinque o sei a m i Paolo Al-
bera, di cui oggi festeggiamo il Giubileo Sacerdotale, quando i
suoi sguardi dovettero incontrarsi per la prima volta in colui che
vi parla, allwcbé egli pure bamboletto trascorse un anno nel pio
e ridente paese di None. Ma il piccolo Paolo certo non pensò
che in seguito noi ci saremmo incontuati molte volte, come oggi,
dopo 67 anni, per assistere insieme a questa giocondissima festa.
Pochi anni dopo egli entrava nell'Oratorio salesiano. Domenico
Savio era già volato al Cielo, ove lo seguiva un altro giovinetto,
hficbele hfagone; e Paolo prese a ri~znovarei loro virtuosi esempi
cori da parere un altro Domenico Savio. Le liete speranze an-
darono senzpre crescendo. Studente di ginnasio e chieuico qui nel-
l'Oratorio, poi insegnante nel collegio di Mirabello, al venera-
bile Don Bosco e al venerato Don Rua ei fu sempre carissimo.
Dell'ingegno suo e della sua attività era splendido pegno il di-
ploma di professore di belle lettere che, ventenne appena e in-
tento ad altre mansioni, conseguiva nella R. Universitrì di To-
vino; come della sua pietà era chiaro indizio il fervore con cui
a ventitré anni si preparò al sacerdozio... ».Esposto quindi il cur-
riculumdella sua ascesa nel servizio deila Congregazione, il Car-
dinale proseguiva:
« Questi è il sacerdote che ha celebrato oggi la sua Messa
d'Oro. Il bene da lui compiuto e le molte e raue virfik ond'è
adorno, gli hanno procacciato auguri e rallegramenti cordiali da
ogni ceto di persone: cosiccbé il suo giubileo manda vivi raggi
di luce in ogni parte. Ma poiché il fastigio al quale è giunto
Don Albera ripete il suo fondamento e il suo sviluppo dall'essersi

23.5 Page 225

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egli aggregato alla Società Salesiana - come Samuele era debi-
torr dell'eccelsa sua vocazione all'essersi ascritto al Nazaretzato -
parz a me che il Giubileo di Don Albera venga a fondersi col
Giubileo della Società Salesiana. Chi anche per poco si faccia
a considerare la difusione della Congregazione fondata dal ven.
Don Bosco, la molteplicità delle Opere cui essa attende e il
bene che procura alla Chiesa e alla civile società, resta mera-
vigliato; e cves- il suo stupore allorché rifletta che sono appena
cinguant'anni dacché la Congregazione Salesiana venne approvata
dalla S. Sede. Come non scorgerzd la protezione di Dio?... ».
Dopo la Benedizione Eucaristica impartita dal Card. Cagliero,
i due Cardinali con Don Albera e il clero uscirono nell'ampio
cortile Don Bosco, già zeppo di associazioni coi loro vessilli, di
giovani e di popolo. I1 Card. RicheImy benedisse e impose u n
altro scettro d'oro in mano alla statua della Madonna che si so-
levi portare in processione, e impartì anche a quella immensa
folla la Benedizione Eucaristica. Applausi, acclamazioni e canto
di lodi mariane accompagnate dalle bande musicali coronarono la
grandiosa e cara cerimonia.
A notte, nel cortile illuminato da centinaia di fiaccole e pal-
loncini alla veneziana, vescovi e superiori si raccolsero insieme
ai giovani artigiani e studenti presso la statua a recitare le pre-
ghiere della sera: Don Albera ringraziò tutti lasciando il buon
pensiero tradizionale per la buona notte, elevando al Signore, a
Maria Ausiliatrice e a Don Bosco i cuori ricolmi di tante care
emozioni.
Fra le migliaia di lettere, telegrammi, messaggi recati dalla
posta, commovente in particolare l'omaggio di Mons. Serafino,
ospite al Cottolengo, che aveva fatto i primi studi neli'ospizio
di Sampierciarena accolto e guidato dal direttore Don Albera, ed
ebbe poi la gioia di accogliere lui, Vescovo a F3iela per la sua
visita alla casa salesiana nel 1915 e Panno dopo ad Oropa con
il Card. Cagliero per le feste centenarie di quel santuario. I1
Vescovo ricordava il passato e poi presentava a Don Albera, co-
me omaggio pel suo giubileo sacerdotale, il suo stesso cuore:
x L'omaggio mio è semplice, il mio stesso cuose sacerdotale! - scriveva
- Don Albera ne sentì i primi palpiti, ne senta ora gli u i e . Oso dire di
aver amato queiio che egli ama, di non aver lasciata disseccare la buona se-
mente da lui gettata nel mio cuore con la prowida mano di Don Bosco e
con l'apostolico e dolce sguardo del Salesio. I giovani, in mezzo ai quali

23.6 Page 226

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ppeasnssaiiergo.l.i.aLnniigrmaideiismmioggligoiriD, founroAnlobesream. pSroenoi1
mio affetto, le
come cosa sua.
anime il mio
ii il miglior
omaggio mio, ?omaggio che solo posso donare al successore di Don Bosco
edAenpigederloicnmooe,zPzmaodarseud!o...cau»o.Mrea& ria Alousdiloianma.i..cee.
Non badi
ali'nmido
Don Albera aììa
cigiio che in lui
podima
si fissa...
Don Albera rispose personalmente alla maggior parte. Ripeté
l'espressione della gratitudine nelle circolari e ricambiò il dono
ai salesiani con l'invio a tutte le case del Manuale delle prati-
che di Pzetà che egli aveva finito di compilare l'anno precedente.
Quanto buono spirito religioso ha così salvato!
Preso un po' di riposo nella casa di Oulx e ritemprate le
sue forze, il 1" agosto Don Albera partecipava d a benedi-
zione del santuario votivo a Maria Ausiliatrice impartita dall'Ar-
civescovo di Ravenna Mons. Morganti sul colle Don Bosco ed
alla consacrazione del doppio altare di marmo, al quale sali il
giorno dopo per celebrare la S. Messa: era proprio I'anniversa-
rio della sua Ordinazione sacerdotale ( 2 agosto 1868). Vi assi-
stevano tutti i Superiori del Capitolo, il Consiglio Generalizio
delle Figlie di Maria Ausiliatrice, gli orfani di guerra dei vari
istituti, alunni, salesiani e suore da varie parti con rappresen-
tanze dei cooperatori e degli exallievi. L'l1 fu al paese natio,
None, a festeggiarla coi parroci della vicaria, parenti e compae-
sani, autorità e popolo.
Si avvicinava intanto la fine della guerra e, mentre egli esnl-
tava coi vittoriosi e gli smobilitati delle nazioni coinvolte che
ritornavano alle loro ispettorie, si preoccupava dei prigionieri,
dei feriti e dei mutilati, esortando tutti i direttori ad accoglierli
affettuosamente, a prodigare le cure necessarie; e disponeva corsi
di Esercizi spirituali anche per il conforto religioso in cordiale
fraternità di cui tutti sentivano tanto bisogno. Man mano poi &e
si rimettevano in grado di riprendere le loro mansioni, disponeva
il rinvio dei giovani confratelli, che li avevano suppliti durante
il servizio, nelle case di formazione a terminare i loro studi. Ad
alcuni reduci che si sentivano attratti ad altra via scriveva per-
sonalmente raccomandando attenta riflessione e aprendo a cia-
scuno il suo cuore paterno con la massima comprensione, dispo-
nibile in tutto pel bene dell'anima loro. Altre vittime purtroppo
continuò a mietere in diverse regioni un'epidemia di grippe qua-
lificata « influenza spagnola >> e, mentre si ringraziava il Signore

23.7 Page 227

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pel cessato flagello e si cantavano T e Deum per la vittoria, Don
Albera invitava anche i Cooperatori, con la circolare di capo-
danno del 1919, a pregare per una pace « giusta e duratura »
secondo le intenzioni del Santo Padre, per assicurare un migliore
awenire, Incoraggiava a riparare i danni, a sollevare le i&te
miserie e a scongiurare le minacce che gravavano sull'orizzonte.
Lo sguardo a Don Bosco
Come valido stimolo a superare le diffcoltà del dopoguerra
e a darsi a una buona ripresa parve subito conveniente pen-
sare d a rimandata commemorazione del centenario della nascita
di Don Bosco, e d'inaugurazione del monumento sulla piazza di
Maria Ausiliatrice. Don Albera si atirettò ad orientarvi i cuori.
Consenti subito agli Exallievi la ripresa della pubblicazione del
loro periodico Federazione che poi mutò titolo in Voci Frater-
ne, per dar loro modo di rianimare e incrementare le Unioni,
programmare e organizzare una degna celebrazione.
Come parola d'ordine egli dava loro: «Vera e cordiale mione
di tuttt i membri verso il proprio circolo e di tutti i circoli fra
loro ». Cosi solamente- aggiungeva - gli antichi &evi di Don
Bosco eserciteranno sul prossimo una benefica influenza. Ma essi
non avevano bisogno di insistenza su questa raccomandazione
paterna. In quei mesi scoppiava la furia dei rivolgimenti so-
ciali, provocando una rivoluzione anche in Argentina, special-
mente in Buenos Aiies. Violenze di ogni genere e sopraffazioni,
devastazioni, incendi, saccheggi come al solito. Anche i Salesiani
furono presi d'assalto nei loro istituti. Ma gli Exdievi erano
accorsi a tempo a difenderli, presidiando casa per casa, e riusci-
rono a salvarli. Passata la bufera ripresero tutti coraggio fidaudo
in Dio commossi dalla spontanea dimostrazione data loro dai gio-
vani che essi avevano educato.
Don Albera ricevette queste notizie a Roma dove, facendo vi-
sita alle case, studiava pure i più urgenti problemi prendendo
consigli in alto, e riceveva una speciale benedizione del Santo
Padre. Intanto si riaprivano le frontiere &e pei viaggi all'estero
ed egli, tornato a Torino per la festa di San Francesco di Sales,
inviava Don Fiiippo Rinaldi a visitare le case di Spagna.
Approfittò poi della Confefenza ai Cooperatori, che allora si
teneva nella chiesa più centrale di San Giovanni Evangelista, per

23.8 Page 228

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ringraziare anche loro di quanto avevano fatto per i due giubilei
e di tutta l'assistenza prodigata negli anni di guerra: «Non ai
salesiani n6 al loro superiore... ma a voi cari Cooperatori e ze-
lanti Cooperatrici » va la lode e il merito di quanto si è potuto
fare per alleviare tante sventure. Ricordando poi alcuni partico-
lari, si soffermava su due opere sociali awiate proprio quasi a
monumento perenne di quelle celebrazioni e di ampia modernis-
sima portata sociale: l'Oratorio di Borgo San Paolo e l'Oratorio
di Monterosa, ora « Michele Rua », nelle zone omonime delle
estreme periferie della città dove il sovversivismo del dopoguerra
aveva fatto più scempio e altro ne minacciava.
Don Albera stesso era andato ad inaugurare quello di Borgo
San Paolo, 1'8 dicembre 1918, celebrando la Messa dell'Immaco-
lata nell'antica stalla della tenuta, adattata a cappella, e aveva
toccato con mano la prowidenza di quell'opera a cui accorrevano
già ragazzi e giovanotti in gran numero assistiti da buoni padri
di famiglia e dai giovani più maturi. Don Rinaldi era andato per
la stessa festa alla borgata di Monterosa. Quest'ultimo funzio-
nava già durante la guerra col titolo modesto di Ricreatorio
Margherita Bosco » per l'apostolato di un benemerito Consi-
glkre comunale, il Comm. Luigi Grassi, coadiuvato da alcuni
maestri. Ne prese la prima direzione un sacerdote salesiano ad-
detto agli uffici del Bollettino, Don Ugo Lunati, aiutato dal coa-
diutore Bartolomeo Ferrero.
Per l'oratorio San Paolo, dedicato a questo Santo non tanto
pel titolo del borgo quanto proprio in omaggio a Don Albera nel-
l'occasione della sua Messa d'oro, aveva dato la somma neces-
saria all'acquisto del terreno la contessa Rebaudengo Ceriana: la
tenuta di una villa di campagna; e si era hmato il contratto il
3 aprile. I tre pionieri indicati da Don Rinaldi e inviati da
Don Albera non potevano essere più adatti: Direttore Don Luigi
Varisco, che aveva già fatto ottima prova in altri Oratori, tutto
per gli altri, pronto a tutti i servizi, dalla pulizia dei cortili alla
scuola di musica, alla formazione spixituale popolare. Aiutanti
Don Ignazio Bonvicino, ancora fragrante dell'ordiiazione sacer-
dotale, fatto apposta per la gioventù; e il Coad. Serafino Pro-
verbio, proveniente dalla Tunisia ove aveva fatto servizio in di-
verse case cattivandosi la simpatia generale, sempre disposto a
tutto, dalla cucina alla filodrammatica. Improwisava rappresen-
tazioni sull'antico fienile trasformato in teatro.

23.9 Page 229

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Essi seppero attirarsi la gioventù e le famiglie, organizzare
catechismi e squadre sportive, associazioni giovanili e di benefi-
cenza... Fu un successo che assicurò l'avvenire. Quando ilsotto-
scritto fu mandato a collaborare per i giovani di Azione Catto-
lica e la sezione Aspiranti, cui demmo il nome di Don Filippo
Rinaldi, &ora Rettor Maggiore (1923-24) (che la benedisse e la
inaugurò con una indimenticabile funzione fra le pareti della
nuova chiesa « Gesù adolescente » in costruzione), trovò l'Ora-
torio rigurgitante di giovani, già bene organizzati: la Compagnia
di S. Luigi, il Piccolo Clero, le scuole di canto e musica stru-
mentale, undici squadre sportive, Azione Giovanile Cattolica in
pieno sviluppo, Unioni Padre di famiglia con quasi duemila
iscritti, Dame Patronesse, htodrammatica... e col carattere di fami-
glia, papà e mamme, fratelli e sorelle, Esploratori cattolici, Con-
ferenze di S. Vincenzo, catechisti e catechiste, Segretariato del
popolo e Ufficio collocamento...
Ogni sezione diretta da salesiani intelligenti e generosi, il po-
polo così affezionato che le mamme venivano perfino spontanea-
mente a far la pulizia a tutta la casa, a tener in ordine la chiesa
e le sale, in gran parte costruite con un salone provvisorio che
fungeva da teatro, lavavano le maglie degli sportivi e dei gin-
nasti... i papà, elettricisti, falegnami... nelle ore di riposo dal la-
voro, riparavano e miglioravano mobili e strumenti... tutto gra-
tuitamente, come a casa loro. Cordialità di rapporti, fusione
di animi e di cuori, serena letizia, fervore spirituale, apostolico,
caritativo meraviglioso!... E quante belle vocazioni religiose, sa-
cerdotali, missionarie fiorirono, e si accrebbero quando le Figlie
di Maria Ausiliatrice poterono dancarvi le loro opere spe-
cializzate!...
Don Albera prediligeva tanto questi due Oratori a carattere
sociale e l'Orfanotrofio di Sassi (altro borgo di Torino) che iin
nelle ultime vacanze (1921) trovava respiro e sollievo al lavoro
facendo nel pomeriggio una passeggiata a piedi o in tram, col
suo segretario Don Gusmano o con qualche confratello con cui
dovesse parlare, &una o all'altra di queste mete. Mi si perdo-
nino questi ricordi di tempi di fioritura ormai lontani. Il resto
è storia contemporanea.
Tornando al 1919, il 25 febbraio moriva all'oratorio l'Eco-
nomo generale Don Clemente Bretto e Don Albera ne sofferse
tanto che, mentre officiava la Messa di trigesima, si senti male

23.10 Page 230

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all'altare ed ebbe appena il tempo di esclamare: « Sorreggetemi,
sorreggetemi! n, per non cadere. I1 medico notò il primo attacco
del male insidioso che tre anni dopo ne avrebbe stroncato la pre-
ziosa esistenza.
Per un po' di tempo si rassegnò a protrarre il riposo al mat-
tino; ma appena si sentì meglio riprese subito la sua fedeltà alla
levata comune alle ore 5 del mattino; spesso, come facevano
allora vari superiori, alle 4,30. Nessuno si meravigliava poi di
... vederlo talora cadere dal sonno anche durante le prime pratiche
di pietà e reagire di soprassalto Il fisico non resisteva più come
una volta. Alle 6, di solito, celebrava la S. Messa. M e 7 era già
in ufficio a sbrigare la corrispondenza fino alle 9, quando dava
udienze. Era la quotidiana fatica dei primi succesori di Don Bo-
sco ai quali accorrevano ogni giorno tanti non salesiani di ogni
ceto, a confidarsi, chiedere consiglio e direzione spirituale, rac-
comandazioni, aiuti, conforto, benedizioni...
Una sua lettera del 22 marzo spiegava a una benefattrice
francese la ragione della chiusura di una casa: in due sacerdoti
non curavano neppure un po' di oratorio festivo. E le benedi-
zioni di Dio erano cessate.
I1 15 aprile, rimessosi abbastanza bene, dava nella basilica di
Maria Ausiliatrice il paterno commiato ad altri missionari in par-
tenza per la Cina.
La benedizione di Dio fu ben sensibile, perché con l'aiuto dei
nuovi missionari la Missione cinese poteva intensificare il suo apo-
stolato a fare rapidi consolanti progressi nel piano e col metodo
indicato da Don Bosco fin dal 1884, nella sua lettera testamento:
« A suo tempo le nostre Missioni si porteranno nella Cima e pre-
cisamente a Pechino. Ma non si dimentichi &e noi andiamo pei
fanciulli poveri e abbandonati. Là fra popoli sconosciuti e igno-
ranti del vero Dio si vedranno meraviglie finora non credute, ma
che Iddio potente farà palesi al mondo ».
In quegli stessi giorni Don Albera approfittava della prepa-
razione ali'inaugurazione del monumento a Don Bosco per far
sentire sempre più al vivo il grande modello di vita cristiana e
religiosa che il Signore aveva dato alla Famiglia salesiana richia-
mando specialmente i salesimi alle virtu caratteristiche del fon-
datore; e con la data del 20 aprile inviava a tutte le case
un'altra circolare sulla Dolcezza. È un gioiello, anche per l'ama-
bilissimo stile con cui è scritta. In essa deplorava che i ma-

24 Pages 231-240

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24.1 Page 231

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nudi di pedagogia laica non facessero riievare, nei definirla, gli
sforzi « necessan per dominare la vivacità di carattere, per repri-
mere ogni movimento di impazienza e anche di quello sdegno
che sembra talora santo, giustificato dallo zelo e dalla gravità
della colpa ». Preferiva quindi l'espressione di un santo che defi-
niva la dolcezza « quella disposizione per cui lo spirito vimane
sempre uguale ». Esortava i superiori a mettersi nei panni dei
loro dipendenti, ricordando che è il superiore che deve ottenere
con la sua paterna e inesuaribiie bontà «che i vantaggi della
vita religiosa » non abbiano da parere pie esagerazioni, sedu-
centi inganni tesi alle anime semplici e candide: « Persuadia-
moci che i religiosi, sebbene abbiano con la più grande genero-
sità lasciato genitori e parenti,... sentono anch'essi il bisogno di
essere amati. E se disgraziatamente non venga fatto loro di trovare
nei superiori quella tenera affezione di cui godevano in seno &e
loro famiglie cederanno con facilità aiia tentazione di cercarla fuori
della loro casa, stringendo di nuovo relazioni con le persone del
mondo, e finiranno forse per calpestare i loro voti e perdere la
vocazione... ». Additando quindi il divino modello che era « mite
ed umile di cuore »,e San Francesco di Sales, proposto a patrono
della Società, nei quali Don Bosco si specchiava « per trovare
la via dei cuori », egli ricordava che per awicinarlo non occorreva
scegliere il momento più propizio, né era necessario ricorrere a
qualche persona infiuente per farsi presentare; ascoltava tutti
con pazienza, senza interrompere e senza dimostrare fretta o
noia, tanto da far credere a molti che non avesse altro da fare...
incoraggiava i superiori ad essere più padri che superiori, anche
quando occorresse arginare qualche abuso o correggere qualche
difetto, con energia soave, conquistatrice.
Altre circolari fece seguire nei due anni successivi, prima e
dopo i'inaugurazione del monumento, sviluppando l'argomento e
mettendo bene a fuoco il segreto pedagogico salesiano per con-
vertire le anime e conquistare i cuori all'amore di Dio nell'apo-
stolato missionario e neli'educazione della gioventù, nella cura
delle vocazioni. Anche al tramonto della sua vita i temi prediletti
erano gli Oratori festivi, le vocazioni, in particolare quelle degli
adulti « Figli di Maria », le Missioni. Magistrale la circolare del
19 marzo 1921 in cui proponeva «Don Bosco modello del sa-
cerdote salesiano » (vol. cit., p. 424...). Ma non corriamo...
Il 7 maggio 1919 riprese la visita alle case di Firenze e Faen-

24.2 Page 232

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za, ritornando a Torino per la festa liturgica di Maria Ausilia-
trice. Nella solennità consueta delle sacre funzioni, un gmppo
di ufficiali alla Messa della sezione studenti, celebrata da Mons.
Castrale, recava all'altare due grossi mazzi di rose bianche e
rosse e poi saliva alla predella a ricevere la Comunione dal Ve-
scovo Vicario generale deil'Archidiocesi. La cronaca del santua-
rio registrava fra il triduo e la festa oltre 22.000 Comunioni
di giovani e di fedeli.
Don AIbera, che aveva celebrato per la sezione artigiani
alle ore 6 e assistito alle funzioni solenni, aveva in precedenza
parlato alle Dame Patronesse, inaugurando la loro annuale espo-
sizione di arredi sacri per le Missioni. Parlò poi anche ai Coo-
peratori nella chiesa di S. Francesco di Sales.
Le feste pel suo onomastico, in giugno, lo stancarono assai,
pur riuscendo tanto bene e tanto care a tutti.
Dovette quindi adattarsi a un regime di cure e di riposo
in casa e poi a rinfrancarsi con alcuni giorni di aria più mite
nel collegio di Cuorgnè Canavese. Stentava a trascinare una gam-
ba e non riusciva neppure a disporre agevolmente della penna: la
lenta parèsi dei due arti dava segno di occulta attività. Per gra-
zia di Dio essa fu bloccata ancora tanto da consentirgli in agosto
di presiedere alla premiazione degli Orfani di Guetra a Monteoli-
veto di Pinerolo e agli Esercizi spirituali delle superiore e diret-
trici delle Figlie di Maria Ausiliatrice a Nizza Monferrato. Ma
poi il dott. Battistini gli dovette imporre quattro settimane di
assoluto riposo a Cuorgnè.
Egli si limitava a due, dopo di che ritornava al suo posto
di lavoro a Torino e alla fine di settembre trovava ancora for-
ze per assistere anche agli Esercizi delle Suore a Nizza Mon-
ferrato, ediicando e confortando tutte con la sua parola e la sua
pietà. gli giunse la dolorosa notizia della morte di uno dei
primi missionari della Cina, Don Ludovico Olive, che egli aveva
seguito con tanto &etto fin dallo sboccio della sua vocazione. Un
gran dolore per lui, e lutto per la Congregazione. I1 Card. Ca-
gliero lo invitò a tenergli compagnia almeno per qualche giorno
a Castelnuovo, ove passava un po' di estate a godere Paria nativa.
Ma egli non ne trasse il sollievo sperato, anzi sentì farsi più grave
l'irrigidimento del braccio colpito. I1 Cardinale pensò allora di
rendergli meno crudo l'inverno e, tornato a Roma, insistette
perché Don Albera scendesse per passare alcune settimane con

24.3 Page 233

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lui nel clima più mite. Finì per arrendersi anche in vista delle
molte cose che la Congregazione aveva da trattare a Roma. Giun-
to il 22-XI, scriveva: « ... Sono arrivato a Roma sabato sera:
il Cardinale mi aspettava già con qualche impazienza. La mia
salute è discreta e spero potermi occupare un poco degli affari
della Pia Società... Don Gusmano è una vera benedizione per
me: arriva a tante cure che tanto non farebbe un fratello, un
figlio affezionatissimo. Qui a Roma fa meno freddo che a To-
rino. La compagnia del Cardinale mi è di molto sollievo. Egli
mi tratta da vero fratello>. Sperava di tornare a Torino per
Natale; gli affari della Congregazione ve lo trattennero fino a
tutto gennaio dell'anno seguente. A Torino lo suppliva in tutto
egregiamente Don Filippo Rinaldi, tornato dalla visita alle case
di Spagna.
I1 30 novembre ebbe udienza dal Santo Padre Benedetto XV.
Ebbe così occasione di anticipargli personalmente gli auguri nata-
lizi e di ringraziarlo per tutti gli atti di benevolenza datigli nella
ricorrenza delle sue feste giubiiari. I1 Papa si confortò tanto quando
apprese che, prima ancora che Egli lanciasse il suo appello pei
ianciulli poveri dell'Europa centrale che pativano la fame, i sa-
lesiani avevano già aperto in queile nazioni nuovi e capaci isti-
tuti proprio per i più indigenti e bisognosi, mentre in It&a si
preparava la casa di Perosa Argentina per accoglierne altri nel-
l'anno che stava per cominciare. A Roma fu quanto mai gradita
la presenza del Rettor Maggiore aile feste indette all'istituto Sa-
cro Cuore quando, 1'8 dicembre, il Card. Cagliero celebrò il
35" della sua consacrazione episcopale neUa basiiica eretta da
Don Bosco. Egli approfittò poi dei giorni seguenti per le vi-
site d'augurio ai Cardinali, ai prelati e agli alti ufficiali dei mi-
nisteri che l'aiutavano a smaltire pratiche e formalità per le case
più bisognose e per le Missioni. Parecchi però lo prevenivano
portandosi essi stessi al Sacro Cuore con benefattori, Coopera-
tori ed Exallievi. Frattanto stendeva la circolare di Capodanno
pel 1920, annunciando la data di inaugurazione del monumento
a Torino fissata pel 23 maggio.
Contemporaneamente, stendeva e mandava alie stampe un'al-
tra circolare per gli Ispettori, che fu spedita con la data del 1' gen-
naio 1920, annunciando il rinvio del Capitolo Generale ali'ago-
sto del 1922. Aveva preso consiglio da persone eminenti e
ne aveva ottenuta l'autorizzazione dalla Santa Sede. Sentiva vivo

24.4 Page 234

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il bisogno di averli attorno a sé dopo gli sconvolgimenti della
guerra:
n ...per incoraggiarci a vicenda - saiveva - nel lavoro incessante ài
rigenerazione cristiana della gioventu; pei. pensare a nuovi mezzi che renda-
no più vigorosa la nostra M e t à nell'opera sana e fattiva da svolgere in
... m m o alla società presente; per ispirarci (presso le tombe di Don Bosco
e di Don Rua) a ,pensieri di azione sempre intensa nei vari campi dell'at-
tività salesiana, di intimità sempre più groionda neii'htemo deila nostra vita,
di carità salesiana; sempre più feconda, per alleviare in qualche modo i bi-
... sogni nmerosi e gravi creati ownque dagli eventi smaordiliari che per più
anni agitarono h a n a società I?. dal 1910 che non ci raduniamo più per
il Capitolo Generale, e in questo tempo quante nuove situazioni si crearono
nei mondo, che hanno un diretto i d w o sulla vitalità e sullo sviiuppo dei-
... la nostra Congregazione Basta accennare ali'atuvità sonprendente della
... Santa Sede E n d a società civile quante cose son mutate. ...Molte barrie-
... re sono cadute; molte concezioni sono gassate; nuove ione si agitano; ener-
gie sane si manifestano dappertutto Lo spirito di Don Bosco, vivente e
.... palpitante nella nostra Pia Società, ,non può stare assente in questo susci-
tarsi di vita nuova &a g!i uomini ».
L'inaugurazione del monumento a Don Bosco sarebbe stata
infervorata da tre congressi: il 2" degli Exallievi, il 2' delle
Exallieve, I'VIII dei Cooperatori Salesiani.
- Monumento di bronzo Tripudio di cuori
Pochi monumenti nel mondo san sorti per plebiscito di cuori.
E fra questi è il monumento a Don Bosco, sulla piazza Maria
Ausiliatrice di Torino, di fronte al santuario mariano lanciato e
lasciato da Don Bosco, cenacolo di devozione a Maria, aiuto del
popolo cristiano, cuore di tutta la Società Salesiana.
Lo si è sentito vivo quel 23 maggio 1920 nella piazza gre-
mita fino agli imbocchi della via Cottolengo (oggi via Maria Au-
siliatrice) e a un buon tratto del corso Regina Margherita. Era
la domenica di Pentecoste, vigilia della festa liturgica di Maria
Ausiliatrice. Non si poteva scegliere giorno più intonato a quel-
l'omaggio di cuori, omaggio internazionale, con prevalenza di
allievi, Exallievi e Cooperatori, &cialmente omaggio speciale degli
Exallievi che avevano promosso quella testimonianza di affetto e
riconoscenza al loro grande Padre e Maestro di vita, come aveva
... già precisato a Don Albera, nella lettera di benediione del Santo
Padre, il Card. Gasparri: Fatto al tutto nuovo e glorioso nella
storia della pedagogia, prova luminosa della potenza che la Reli-

24.5 Page 235

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gione nostra sa infondere nei suoi apostoli, sono le numerose asso-
cisioni e federazioni degli Exallievi Salesiani e deile Exallieve
delle Figlie di Maria Ausiliatrice... » (Lett. 5 maggio 1920).
Nei tre mesi di preparazione e organizzazione dei tre congressi
che avrebbero concretato l'impegno dei cuori al fervore di vita
cristiana, salesiana, apostolica auspicatissimo frutto deli'inaugura-
zione, Don Albera, fra le pene, ricevette speciali consolazioni an-
che da Benedetto XV: la scelta di Mons. Domenico Comin a
succedere al compianto Mons. Costamagna come vescovo Vicario
Apostolico di Mendez e Gualaquiza neli'Equatore; la nomina di
Don Luigi Versiglia a vescovo pel nuovo Vicariato Apostolico
di Shiu Chow in Cina; la concessione della Indulgenza plenaria
per le pie praticbe del 1' venerdi ad onore del Sacro Cuore di
Gesù, e del 24 di ogni mese per la commemorazione mensile
di Maria Ausiliatrice, con facoltà di celebrare la Messa propria
in tutte le chiese ed oratori dove fosse eretta l'Associazione dei
suoi divoti.
Don Albera, dal canto suo, facendo eco alì'appelio del Santo
Padre per le Missioni Cattoliche del 30 novembre 1919, neila
festa di San Giuseppe, 19 marzo 1920, lanciava un appeiio spe-
ciale agli Ispettori per il sostegno particolare delle missioni sale-
siane, la cura delle vocazioni missionarie e specialmente di queile
di adulti « Figli di Maria ».E ben conoscendo le strettezze di
personale in cui anch'essi si trovavano, li incoraggiava rimem-
brando quello che assicurava Don Bosco: «Sta dz buon animo.
Per ognz misszonario il Signore CL manderà certo due buone voca-
zioni e anche di più ». Indicava poi i criteri di scelta fra quelli
che ne facevano domanda e raccomandava la massima cautela nel-
l'ammettere d a professione religiosa ed agli Ordini sacri.
Con altra circolare del 24 marzo seguente li invitava a parte-
cipare con buone rappresentanze ai Congressi e personalmente, se
potevano, all'inaugurazione del monumento: dopo di questa desi-
derava che si trovassero insieme a tutti i superiori del Capitolo per
un breve corso di esercizi spirituali a Torino. A tutti i sale-
siani ne estendeva una terza, il 6 aprile, X anniversario deila
morte di Don Rua, per incoraggiarli ad erigere ciascuno nel pro-
prio cuore un altro monnmento imperituro, aere perennius, un
Don Bosco redivivo, cioè le sue virtù, il suo sistema educativo,
il suo spirito, per poter poi tutto tramandare efficacemente agli
altri. Si indugiava infine a rievocare le esortazioni di Don Bosco

24.6 Page 236

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all'amore dei giovani, « quell'amore, quell'affettuoso interessa-
mento per i giovani che fu il segreto del sno meraviglioso ascen-
dente su di essi s. E citava gran parte del famoso sogno del
1884 a Roma, e inviato per lettera a Torino da Don Lemoyne
a nome suo. Chiudeva amunciando la nomina di Don Arturo
Conelli a succedere al compianto Don Bretto come Economo
generale, e di Don Bartolomeo Fascie a prendere il posto di
Don ConeIli per la direzione generale degli studi dei salesiani e
degli studenti.
I1 mese di maggio fu tutto preso dai Congressi e dai festeg-
giamenti. I1 16, inaugurò la Mostra Professionale delle Scuole
Salesiane Professionali ed Agricole, allestita nel braccio estremo
dell'oratorio di Valdocco, sull'attuale piazza Sassari. Dal cortile
ai saloni ed alle aule del nuovo edificio, attrezzi e macchine, gra-
fici, fotografie, disegni e pubblicazioni illustravano e documen-
tavano il progresso, l'aggiornamento e i metodi, tecnico, scienti-
fico, pedagogico e didattico delle scuole, i successi e l'aggiorna-
mento, che Don Albera presentò alle autorità ed agli invitati con
opportune parole di benedizione e di augurio. I1 resto lo fece
l'oratore ufiiciale. Dirigenti e maestri delle varie arti con valenti
giovani ailievi prestavano servizio ai visitatori durante il periodo
dell'esposizione. Il cortile sembrava un campo sperimentale con
graziosi orticeiii, saggi di agricoltura e di giardinaggio.
Cordiali elogi dei principali giornali cittadini ne misero in
- rilievo il valore e l'importanza. « Questa è reale - affermava
"I1 Momento" e perciò ci compiacciamo con gli intelligenti
e moderni organizzatori, specialmente con Don Ricaldone, anima
e mens di quest'utile e simpatica manifestazione » (22-V-1920).
Anche i Congressi riuscirono molto bene. I1 20 maggio, nel
pomeriggio, l'ampio e antico salone-teatro costruito da Don Rua,
era gremito fino a non poter più entrare, da Cooperatori e COO-
peratrici per l'assemblea inaugurale con gli Exallievi e le Exal-
lieve cui era riservata la prima galleria; i giovani artigiani e stu-
denti della casa (oltre settecento) stavano ammassati nella se-
conda, quasi doppia per capacità. Sul palco, il Comitato generale,
le presidenze delle tre associazioni e degli oratori. Davanti, nelle
prime 6ie della platea, personalità e rappresentanze di ventitré
Stati esteri. Quando Don Trione, coadiuvato dal propagandista
della P.U., Don Antonio Fasulo, ormai congedato dal servi-
zio militare, ebbe avviato i lavori precisando gli obiettivi da rag-

24.7 Page 237

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giungere nelle trattazioni dei problemi proposti, fece l'ingresso
il Cardinale Arcivescovo Agostino Richelmy, che Don Albera coi
superiori accompagnò al palco, mentre l'assemblea in piedi ac-
clamava con venerazione. La parola e la benedizione dell'Arcive-
scovo toccarono i cuori già frementi di entusiasmo salesiano.
Nel secondo giorno, le Exallieve tennero le loro sedute spe-
cializzate neli'istituto delle Figlie di Maria Ausiliatrice attorno
alla presidente prof. Maria Vittoria Chiora, rallegrate dalla pre-
senza di varie Madri del Consiglio Generaiizio venute da Nizza
Monferrato. Gli Exallievi nell'Oratorio per eccellenza, la Casa-
Madre dei Salesiani, attorno al presidente prof. Piero Gribaudi.
Dalle Exallieve trasse Ie couclusioni il Prefetto generale Don
Filippo Rinaldi, constatando il progresso ottenuto dali'inizio del-
la Federazione: da 74 Unioni con 7.942 socie, erano ormai 255
Unioni con 66.487 socie. Le esortò quindi a lavorare concordi fra
le altre exallieve per il bene dell'unione Internazionale in modo
da farla conoscere, fiorire e dar frutti di buone opere, al sole del-
l'amore cristiano e secondo i principi della cristiana fraternità,
a cui erano state edxate nei collegi, negli oratori e nei convitti,
« di quell'amore che più avvicina a Dio quanto più dona ai ptos-
simo, pensiero, parola, opera, con affettuosa dedizione, anche se
questa costa talora sacrificio ».
Don Albera si trovò fra gli Exailievi per l'ultima discussione
e ne trasse tanto conforto da esclamare: «Mai vedemmo tanti
Exallievi raccolti da ogni parte del mondo. Vi ringrazio dell'af-
faione, con la quale parlate dei vostri antichi superiori. Quanto
a noi, saremmo ben dispiacenti se vi avessimo amati solo per i
brevi anni che foste con noi: vi amiamo ancora e desideriamo
amarvi sempre. Diffondete lo spirito di Don Bosco nel mondo... ».
Un mese dopo egli diramava una circolare a tutti i salesiani
infervorandoli a prestare sempre volentieri le loro cure alle Unio-
ni nelle singole case per portarle al massimo incremento e alla
benefica efficienza di servizio nella società del loro tempo.
All'ultima assemblea generale degli Exallievi e delle Exallieve
portarono la loro parola esponenti qualificati come l'on. Cesare
Nava suli'opera di Don Bosco a favore degii Emigranti, il prof.
Rodoifo Bettazzi sull'Opera di Don Bosco per la cristiana edu-
cazione della gioventù, l'on. Federico Marconcini sull'opera di
Don Bosco fra la gioventù operaia. Interventi dei rappresentanti
dell'estero, come avevano portato il saluto dai loro paesi nelle

24.8 Page 238

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varie lingue, cosi espressero la loro soddisfazione, i loro propo-
siti e i loro auguri. L'Arcivescovo di Vercelii, Mons. Gambe-
roni, exaluevo, invitò a benedire il Signore.
I Cooperatori e le Coperatrici tennero le loro tre adunanze
celebrando I'VIII Congresso della loro Pia Unione, confortati dal
messaggio e da speciale benedizione del Santo Padre che indi-
cava in quel trepido dopoguerra « I'ora di richiamare da ogni parte
a raccolta tutte le migZioPi energie dei fedeli per ridestavle al mas-
simo rendimento a pro della buona causa e soprattutto al rag-
giungimento di quel nobile fine in cui si impernia il programma
del ven. Don Bosco, cio&la salvezza della gioventù... » ed auspi-
cava che « come dai precedenti Congressi così dalla nuova as-
semblea ne uscisse rinsaldata la coesione e riacceso lo zelo dei
Cooperatori. In pari tempo nuovo impulso trarrebbero e nuoua
forza di adattamento le molteplici opere nelle quali come albero
gigantesco, la Pia Unione Salesiuna dirama la sua attività nelle
diocesi e nelle parrocchie di quasi tutto il mondo. Il nobile pro-
gramma che la sapienza e santità del Fondatore tracciarono ai
Cooperatovi Salesiani nell'istruirli, non può non apportare - con-
cludeva - in mezzo al popolo cristiano i più tangibili e preziosi
frntti di eterna vita. Ond'è che noi b m di more facciamo l'au-
gurio che tale programma sia... oggetto di utili deliberazioni in
armonia con i bisogni di questi tristissimi tempi, e abbiamo fer-
ma fiducia che la mistica figz~radi Don Bosco, come si ergerà nel
bronzo dinanzi alla basilica di Maria Ausiliatrice, cosl vi fomenti
ognor più la divozione alla Vergine Madre di Dio e la frequenza
alla SS. Eucaristia, fonte di carità e di vita,.. ».
I voti del Papa - nota Don Ceria - non caddero a vuoto.
Infatti i Cooperatori misero bene a fuoco la loro carta di iden-
tità e presero adeguate risoluzioni per i loro impegni: « N o n
sono i Cooperatori come i Terziari, che dipendono dalle direzioni
locali; Don Bosco volie che individui e gruppi facessero rapo al
Superiore dell'opera salesiana. In questo senso venne elaborato
un complesso di norme atte a perfezionare l'organismo. Qumto
poi all'azione, chiarito il concetto che la cooperazione salesiana
non ha limiti nel modo e nella estensione, il Congresso precisò
le forme con le quali raggiungere il duplice scopo prefissosi da
Don BOSCO nell'istituire i'Unione dei Cooperatori, di avere cioè
sostenitori delle sue Opere e di formare con essi uomini di azione,

24.9 Page 239

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secondo il suo spirito di apostolato, a servizio della Chiesa e della
civzle Società... » (op. cit., pag. 404).
I1 Congresso si chiuse, come si suo1 dire, in «gloria »: con
un fraterno banchetto di ottocento coperti neiio stesso teatro,
trasformato tra la notte e il giorno in immenso refettorio. Era
la sera del 22 maggio. Presiedette il Card. Almariz y Santos, Arci-
vescovo di Siviglia, giunto daila Spagna la sera precedente con una
delegazione per i'inaugurazione del monumento e la festa di Ma-
ria Ausiiiatrice. Con lui, Don Albera, il conte Eugenio Rebau-
dengo, lo scultore C e r i ed altri illustri personaggi. Fra i brin-
disi poliglotti, la delegazione spagnuola degli Exallievi chiese
a Don Albera che nelie quotidiane preghiere di famiglia, i sale-
siani e i giovani aggiungessero qualche invocazione speciale per
gli Exallievi. E Don Albera, senz'altro, promise che avrebbe
fatto subito inserire « un'Ave Maria » per gli Exallievi nelle pra-
tiche di pietà proprio fra le domestiche orazioni della sera. Ap-
presa la notizia, la Superiora Generale deUe Figlie di Maria Ausi-
liatrice, Madre Caterina Daghero, dispose altrettanto per le Suore
e le loro alunne.
Ali'agape fraterna seguì l'assemblea generale ampliatasi h o
a tremila partecipanti. I1 predicatore del mese matiano, il geno-
vese Don Zeroìlo, colta al balzo l'idea che correva allora per la
costituzione di queiia che fu deEinita « Società delle Nazioni »,
rilevò con soddisfazione che nella Famiglia salesiana era già un
bel fatto compiuto, come lo provava il riuscitissimo Congresso
che in nome dell'amore cristiano aveva raccolto i rappresentanti
di 23 nazioni all'indomani del primo sanguinoso conflitto mon-
diale, prodigiosa opera di un umile prete che, al di fuori di
ogni politica, tutto costruiva nella generosità deil'amore. Fu un
subisso di applausi. Acdamatissimo pure il grande pedagogista
prof. Habrich di Colonia che rappresentava col prof. Goettler
deil'università di Monaco, presidente deH'Unione per la scien-
za educativa cristiana, i'« Associazione dei Maestri Cattolici di
- - Germania ».
« La pedagogia teorzca afiermò coraggiosamente ha per-
duto purtroppo di vista una gran cosa: la potenza stragraude del
buon esempio. A Don Bosco il mondo deve riconoscenza per le
parole auree da lui scritte sul sistema preuentivo, ma ancor più
per l'esempio ammirevole che egli ha lasciato dell'amore educa-
tivo. Non vi è cosa che così profondamente e cosl immediata-

24.10 Page 240

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mente agircu sull'anima come la uiita immediata del bene nel-
l'esempio viuelzte ». E citava il prof. Schnecker deU'Università
di Colonia, che sosteneva la deplorazione di cosi grave deficienza
nell'educazione contemporanea.
Prima che il Card. di Siviglia coronasse con la sua benedi-
zione, Don Albera si levò a ringraziare tutti e singoli, i parte-
cipanti e i rappresentanti, ricordando che quando a Valsalice si
era fatta l'ultima ricognizione della salma di Don Bosco, il dott.
prof. Tommaso Bestente, richiesto di precisare altri titoli acca-
demici da segnar nel verbale, aveva risposto: Figlio di Don
Bosco. Così ora egli traeva l'esortazione paterna di affermare
tutti con la vita la fedeltà a questo titolo che a tutti competeva.
I1 Presidente generale conte Eugenio Rebaudengo dichiarò
chiuso il Congresso e il Card. di Siviglia, felice di avere nella
sua archidiocesi sette Case salesiane, espresse la sua ammirazione
e soddisfazione, augurandosi che i Congressisti partissero da To-
rino col proposito di lavorare intensamente alla restaurazione cri-
stiana della Società, con Don Bosco, come gli Apostoli che, uscen-
do dal Cenacolo dopo la Pentecoste, si erano diviso il mondo per
conquistarlo a Cristo. Con questa intenzione imparti la Benedi-
zione Apostolica di cui l'aveva fatto latore Benedetto XV.
Dai Congressi alle Peste
I n questo tripudio di cuori, più che decuplicato dal concorso
di giovani e pellegrini d'ogni dove, l'indomani in un'atmosfera
di Pentecoste venne inaugurato il monumento. Il velario cadde
ali'arrivo dei Duchi di Genova rappresentanti del Re, e fu un
erompere di applausi, di evviva, di acclamazioni, mentre le bande
accompagnavano l'Inno a Don Bosco e l'Internazionale degli Ex-
allievi. Oratore ufficiale I'on. F i p p o Crispolti che fece rivivere
da pari suo Don Bosco artisticamente ritratto nel moilumento
nel suo sembiante, incarnazione fedele della sua eccezionale per-
sonalità di padre, mentre eloquenti altorilievi in bronzo ua-
mandavano ai posteri la varietà delIe sue principali istituzioni.
Al termine della cerimonia, i Duchi, con autorità e rappresen-
tanze, passavano nel tempio per la Messa solenne. Su un alto
palco si celebrava altra Messa d'aperto per l'immensa folla, allo
sventoli0 di un centinaio e più di vessilli della Gioventù Cat-
tolica, stendardi di associazioni, fiamme di Esploratori Cartolici...

25 Pages 241-250

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25.1 Page 241

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Dopo una giornata di tanto incandescente entusiasmo è fa-
cile immaginare il successo della festa di Maria Ausiliatrice con
la veglia della notte santa e la pittoresca processione.
Don Albera resse a tutti gli impegni, parlando a più riprese
nelle varie manifestazioni, accogiienze, udienze e ringraziamenti.
L'indomani 25 maggio dovette andare a Milano per la consacra-
zione del tempio di Sant'Agostino.
Si trattenne un paio di giorni, ma non ebbe un'ora per ripo-
sarsi, assediato da visite e udienze. Poi, affrontando i rischi dei
continui scioperi ferroviari e manifestazioni di piazza, proseguì
per Verona e altre case del Veneto. Per la sua festa annuale era
a Torino, grazie a Dio, senza incidenti. Per l'occasione un tele-
gramma del Presidente del Consiglio, on. Giolitti gli comunicava
l'onorificenza di Grande Uficiale dellJOrdine Mauuiziano, con-
feritagli motz, piopvio dal Re. All'accademia gli f u particolar-
mente caro il saluto del prof. Costanzo Rinaudo che gli ricordò
i giorni della giovinezza trascorsi insieme, compagni di studi, a
fianco di Don Bosco. E poi, l'omaggio di un bimbo viennese a
nome dei compagni più bisognosi dell'Europa Centrale pe!' quali
Don Albera aveva fatto disporre la casa prealpina di Perosa Ar-
gentina dove, a scaglioni di cinquanta al mese, in turni ordinati,
venivano a respirare aria buona e a rinfrancare la salute e le
forze. Quel 28 giugno si incontrarono a Torino un centinaio,
proprio pel cambio dei turni. Don Albera posò patertiamente
fra loro perché portassero a Vienna un ricordo fotografico.
Fra !e altre consolazioni possiamo ricordare la stampa del
primo numero degli Atti del Capitolo (oggi Atti del Consiglio
Superiore) che sostituivano felicemente le circolari periodiche dei
Superiori.
Per conto suo, egli spediva con la data del 24 giugno, un'al-
tra circolare ai confratelli, descrivendo le emozioni delle grandi
celebrazioni per l'inaugurazione del monumento, simbolo del-
l'amore che Don Bosco portava alle anime e cercando di infer-
vorarlo nel cuore di tutti. Un'altra ne faceva seguire il 24 ago-
sto inculcando la diligenza nel compimento del proprio dovere e
precisando i compiti dei vari superiori del Capitolo. Finalmente
il 18 ottobre ne stendeva una magistrale, mettendo bene a fuoco
Don Bosco come « modello di peufezione religiosa » neweducare
e santificare la gioventù, nel trattare col prossimo e nel far del

25.2 Page 242

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bene a tutti. Pagine d'oro, tutt'altro che superate, che merite-
rebbero la più attenta meditazione.
Durante le vacanze scolastiche però egli non era rimasto solo
nel suo ufiicio a ricevere, dare udienze e scrivere. Aveva parte-
cipato anche a corsi di Esercizi spirituali dando i « ricordi » a
salesiani e suore e cooperatrici, specialmente nel nord d'Italia.
A Novara era andato specialmente per confortare suore malme-
nate da anticlericali a Ottobiano e a Lomello nelle sanguinose
giornate di anarchia sociale che chi le visse non può dimenti-
care: lotte fratricide esasperate dalla guerra e dalla campagna di
odio che eccitava ormai le masse contro la Chiesa e le sue più
benefiche istituzioni.
Il 28 luglio il telegrafo portava da Roma a Torino la notizia
che il Santo Padre aveva firmato il decreto di introduzione della
Causa di Beatificazione di Don Andrea Beltrami, il giovanissimo
sacerdote salesiano che nell'esercizio della carità aveva contratto
a il mal che non perdona », come si diceva allora, e che si con-
sunse in olocausto di sofferenza apostolica a Valsalice, neila luce
di un eroico ideale: guarire, né morire; ma vivere per patire.
Ai primi di settembre il Padre si era pure trattenuto in casa
per salutare uno scaglione di bimbi viennesi che ritornavano in
patria dopo il soggiorno ristoratore a Perosa, e il 4 ottobre aveva
accompagnato il Card. Cagliero, con Mons. Felice Guerra e il
Vescovo di Asti Mons. Luigi Spandre a Mondonio per l'iuaugu-
razione del monumentino a Domenico Savio. Di qui tutte le
ispirazioni alla circolare ricordata. Una bella risposta alle sue
sollecitudini missionarie gli consentiva di dar l'addio a 32 nuovi
missionari che la domenica 24 ottobre ricevevano il crocefisso e
la benedizione con parole infocate di zelo dal Card. Cagliero nel
santuario di Maria Ausiliatrice.
I1 Catdinale, ripartendo per Roma, il giorno seguente, gli
diede l'arrivederci alla città eterna, al più presto possibile. Ma
Don Albera non vi poté scendere che dopo l'Immacolata e do-
vette trattenersi più del previsto per accompagnare il Cardinale
al possesso della diocesi suburbicaria di Frascati, alla quale il
Papa l'aveva designato nel Concistoro del 16 dicembre. L'in-
gresso fu fissato a1 16 gennaio 1921. 11 Cardinale fu accolto a
trionfo di popolo. Ringraziando tutti e spronando i giovani alla
azione cattolica per la pace che, dopo cinque anni dalla condu-
sione della guerra, tardava ancora nella patria inquieta, protestò:

25.3 Page 243

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ca voi abbiain bisogno di arditi del pensieuo e dell'azione per far
del bene... senza pagnale, con la medaglia di Mavia, Madre di
Dio... Nei miei lunghi anni di apostolato cristiano ho lavorato
per molti popoli civili e per tribù di infedeli. Li ho amati. Ma,
credetemi miei cari frascatani, nel mio cuore c'è posto anche per
voi. Neiie mie missioni per le lontane terre di America ho avuto
tante soddisfazioni; ma voi, cari figliuoli, oggi avete preso tutto
il mio cuore ».
Don Albera aveva sacrificato la gioia di trovarsi a Torino a
fianco del suo successore come Catechista generale Don Giulio
Barberis per la sua Messa d'oro, 2 19 dicembre; ma il sacrifi-
cio veniva compensato dalla riuscita di diverse pratiche coi dica-
steri ecclesiastici romani e dali'udienza pontificia che Benedet-
to W gli aveva dato proprio alla vigilia, 18 dicembre. Udienza
affettuosissima in cui il Papa gli manifestò la sua consolazione
per le celebrazioni torinesi, per l'attività dei Salesiani e deiie
Figlie di Maria Ausiliatrice nei vari campi di apostolato e spe-
cialmente nelle Missioni, per l'incremento dei Cooperatori e l'or-
ganizzazione degli Exallievi, per le opere caritative fra le vittime
più innocenti della guerra, e per la freschezza di zelo del Card.
Cagliero aiia sua bella età di 83 anni. Gli confidò &e aveva molte
insisterne per &dare ai salesiani altre missioni, ma non voleva
essere indiscreto nel chiedere troppi sacrifici di personale, men-
tre le case d'Europa scarseggiavano. Gradi assai l'omaggio della
Vita di Don Bosco in due volumi, del benemerito Don G. B.
Lemoyne, appena uscita in nuova edizione curata da Don Ama-
dei presso la SEI di Torino.
Sulla breccia fino aiia chiamata del Padre
Siamo all'ultimo anno della vita di Don Aibera. I1 Bollettino
Salesiano si apre con la circolare di Capodanno da lui compilata
a Roma e mandata a Torino per tempo. Neli'onda dei ricordi del-
l'attivissimo passato, ancor oggi vi possiamo leggere, fra l'altro:
«Quando penso ai giorno, in mi, fanfuiio di 13 anni, vemi cariwevol-
mente accolto da Don Bosco neii'oratorio, m'invade un fremito di commw
zione, e a una a una si fanno alla mente le grazie pressoché uinumerevoli che
ii Signore mi riserbava alla sniola di quesio dolcissimo Padre. Ma con me
quanti debbono ripetere: Di tutto damo debitori ai ven. Don Bosco. La no-
stra educazione, la nostta istruzione e la vocazione ai sacerdozio, la d o b

25.4 Page 244

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biamo aile paterne sollecitudini di quest'uomo di Dio, che nutriva per i suoi
6gli spirituali santo ed insuperabile &etto. È per questo che, al disopra di
ogni altra cara persona sta in noi il ricordo di lui, congiunto &a più alta am-
mirazione per la sua straordinaria santità e per la grandema deUa sua mjs-
sione, aila quale egli venne chiamato da Dio. Ogni anno che passa, la sua
immagine paterna in luogo di perdere alcunché deila luce incantevde che
ce la rendeva così venerata, ci appare più luminosa e si fa più vivo in noi il
ricordo delie sue eroiche virtù, mentre l'opera sua, consolidandosi e am-
... pliandosi con I'appoggio di tutti gli onesti, ci fa ripetere dall'intimo del
cuore: qui C'& irl dito di Dio! D.
La sua corrispondenza personale ripete la raccomandazione
di curare le vocazioni e di implorarne molte e buone e perseve-
ranti, per le pressioni che riceveva di accettare nuove fonda-
zioni e non poteva soddisfare per la scarsità di personde
Circolari speciali aveva scritto agli Ispettori su questo tema il
4 dicembre precedente dando anche norme per la visita canonica
alle case e per la scelta dei confessori; mentre ne preparava una
s d a direzione spirituale delle Figlie di Maria Ausiliatrice che
Snì poi per uscire il 20 febbraio.
Ai Salesiani aveva scritto il 24 dicembre con una calda esor-
tazione generale e la strenna pel 1921:
«... l'anno prossimo sia un anno in cui tutti lavoriamo con
impegno e concordia a fa? rivivere Don Bosco in noi e nelltia-
tera opera salesiana: nella nostra vita di religiosi, nella nostra
attività di insegnanti, di educatori, di pastori d'anime; nei gioui-
netti che il Signore ci affida, nei nostri Exallievi e Cooperatori,
in tutte le persone di cui dobbiamo in qualunque modo occuparci ».
Quindi, in particolaue, pei Salesiani: Persuasi che l'umiltà è
il fondaniento della perfezione, ci studieremo di praticarla me-
glio che ci sia possibile, nei pensieri, nelle parole, nel portamento.
Pei giovani: Non dimenticare mai che Dio trova la sua deli-
zia i* un'nnima adorna dellrr sua Grazia... P.
Ne preparò un'altra che spedi il 10 febbraio con notizie e
particolari più ampi suli'udienza pontificia, annunciando altre In-
dulgenze concesse per la recita della preghie~aa Maria Ausilia-
trice assegnata al termine della meditazione quotidiana e caldeg-
giando una degna celebrazione del 50" della proclamazione di
S. Giuseppe « Patrono della Chiesa universale ».
I1 24 gennaio era disponibile per soddisfare gli inviti delle
Case di Francia che lo desideravano per celebrare con lui le date
giubilari. Don Gusmano lo accompagnò a Nizza Mare dove si

25.5 Page 245

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trattenne h o alla 6ne del mese, festeggiatissimo da salesiani, suo-
re, Cooperatori, Exallievi e giovani, benefattori e clero locale. I1
31 proseguiva per La Navarre e il 3 febbraio era a St. Cyr,
dove la cronaca registra anche la guarigione di una giovinetta che
soffriva di un ascesso in gola ed attendeva l'operazione. Don Al-
bera la benedisse: la giovinetta sentì sollievo, dormì tutta la
notte, si alzò sfebbrata (da vari giorni era oltre i 40') e il
medico poté constatare che non occorreva più l'operazione.
Don Albera invece fu preso da un fortissimo dolore a una
mano che né alcool, né cotone in cui l'awolsero per riscaldarla
attenuarono in modo da lasciarlo riposare. L'indomani riuscì a
celebrare, ma non a dare la Comunione. Era un altro attacco
deI male che diminuì lentamente, ma lo incomodò a lungo. I1
cotone applicato alla sua mano, fu invece applicato in seguito ad
una suora affetta da ulcera cronica: l'ulcera si chiuse e la suora
in breve guarì. A Marsiglia, come si poteva prevedere, le feste
assursero a tale concorso di persone care, oltre a quelli di fami-
glia, da farne una vera solennità. Egli sentì ancora una volta
quanto i A4arsigliesi gli volessero bene. Don Albera - afier-
mò senza eufemismi l'abate Mendre - da tempo aveva rubato il
cuore di lui e di tutti i Marsigliesi. Ridimensioniamo quanto vo-
gliamo: resta l'essenza della realtà, il carisma salesiano è nel cuore.
Sui festeggiamenti pel Giubileo d'Oro sacerdotale di Don Al-
bera in Francia, l'Ispettore Don Beissière ha diramato poi una
circolare a tutti i confratelli dell'Ispettoria.
Strakiamo qualche particolare. I1 24 gennaio 1921 lo stesso
Ispettore con Don Cartier lo riceveva alla stazione di Ventimi-
glia e lo accompagnava a Nizza Mare. Al Patronage St. Pierre la
Famiglia salesiana lo accoglieva a suon di banda fra cordi& ac-
clamazioni, gli dava il benvenuto e, nei giorni seguenti, svolgeva
un denso programma di celebrazioni. Don Albera ebbe agio di
confortarsi nel riscontrarvi il fervore del « più puro spirito sa-
lesiano » e nella festa di S. Francesco di Sales ebbe prove non
meno consolanti deli'affetto che Cooperatori ed Exailiwi serba-
vano a Don Bosco e alla prima Casa salesiana di Francia.
A La Alavarre Don Albera benedisse lo sviluppo che vi pren-
deva l'Opera salesiana.
A Marsiglia l'entusiasmo esplose in pieno per una settimana:
la domenica 6 febbraio, feworosa celebrazione eucaristica al-
l'oratorio San Leone e omaggio ufficiale, nell'aula magna, dagli

25.6 Page 246

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Exallievi e Cooperatori, che d a sera in assemblea generale die-
dero modo all'eloquenza del Parroco di S. Giuseppe, l'abate
Mendre, di «lasciar parlare il suo cuore » nell'esaltazione di
Don Bosco, Don Rua, Don Albera e dell'opera salesiana.
A Montpelliev il Card. de Cabrieres lo volle prima alla sua
mensa e poi si invitò da sé a quella della Famiglia salesi,-na co-
ronando la festa.
A Romans, gli Exallievi e gli amici del Patronage gareggia-
rono coi giovani nell'espressione della loro gioia e del loro attac-
camento aU'Opera salesiana.
A Lione, dov'era ormai trasferita la sede ispettoriale deile
Case della Francia-Sud, Don Albera notò la grande simpatia e
la viva affezione di tutti gli amici di Don Bosco e la benevo-
lenza del Card. Maurin. Poi, grazie ad insigni benefattori, passò
a visitare le nuove case di Caluive e Bonnans. Si riposò quindi per
una buona settimana fra i novizi di Cbateaux d'A&, godendovi
« l a fraicbeur des h e s , la limpidité des coeurs... en douce bar-
monie avec la belle nature... ». Si sarebbe uattenuto di più a
soddisfare altre case, ma venne richiamato a Torino per problemi
urgenti, e ritornò sostando alla Casa francese deila Svizzera,
Morges, dove era ancora tanto viva e cara ia memoria di Don
Bellamy, e per qualche ora a Losanna, dove le Dame Trinitarie
gli dimostrarono la loro generosa carità.
La circolare,si conclude con la raccomandazione dell'Ispettore
ai salesiani di aiutate il nuovo direttore del Bollettino francese
a Torino, Don A. Adray, inviandogli frequenti relazioni.
Scorriamo a volo la cronaca degli ultimi giorni trascorsi da
Don Albera in Francia, sufficientemente riassunta da Don Gar-
neri. A Savigny le suore ebbero l'impressione anche di qual-
cosa di soprannaturale o perlomeno di straordinario, peirhé una
bimba di cinque anni affetta da un grave ascesso che prendeva
cattiva piega, ad una spalla, ebbe conforto da una sua parola:
« Guarirà, guarirà » assicurò i suoi cari sorridendo, dopo averle
tracciato un segno di croce. Egli però sentiva mancare le forze,
tantoché rinunziò ad andare a Parigi dov'era attesissimo, e con-
chiuse il suo soggiorno a Morges, donde ripartiva il 27 marzo
per Torino. Non ne poteva proprio più. Ai francesi aveva avuto
agio tuttavia di dar prova del suo grande affetto e del grato
ricordo serbato fedelmente per tutta la vita. Fu lieto di dar pure
un attestato di riconoscenza della Congregazione, comunicando

25.7 Page 247

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che 1'11 febbraio, neli'anniversario delle apparizioni di Lourdes,
il Santo Padre aveva elevato a Basilica Pon&cia la chiesa del
Sacro Cuore di Gesù in Roma, eretta da Don Bosco con largo
concorso della beneficenza francese.
Un celebre medico, pregato dai salesiani e dalle suo= di far-
gli una visita accurata, non aveva purtroppo potuto che confer-
mare la diagnosi del dott. Battistini di Torino: « La circola-
zione del sangue nelle arterie del cervello non si compie bene.
È un'arteriosderosi cerebrale, che ha &ora risparmiato le fa-
coltà mentali... Memoria, intelligenza, lucidità di spirito sono ri-
maste quelle di prima; è anzi sorprendente notare come egli
ricordi cose di trent'anni fa!... ».11 Signore continuò a rispar-
miargli l'alterazione di queste preziose facoltà, sicché Don Albera
poté attendere al suo ufficio fino alla &e.
La resistenza generale del logoro organismo però anche a
Torino non fece che affievolirsi accelerando ii declino. Ma ba-
stava che si sentisse un po' meglio perché accettasse ancora qual-
che invito. Si fece rappresentare ad Omegna per la traslazione
deUa salma del Servo di Dio Don Andrea Beltrami dal cimitero
alla Chiesa collegiata, ma si recò a Fossano, più vicino, per le
feste deUa Madonna di Cussanio e la traslazione della salma di
Mons. Manacorda nel caro santuario diocesano, per affettuosa ri-
conoscenza al vescovo amico di Don Bosco, e al successore di
allora Mons. Travaini, fratello di un benemerito salesiano.
Il 20 maggio celebrò ancora nel vicino Istituto delle Figlie di
Maria Ausiliatrice, dando una prima Comunione. Segui le fun-
zioni serali della novena di Maria Ausiliatrice nel santuario, ove
lungo il giorno prolungava le sue visite intime pregando fervo-
rosamente; ii 22 benedisse una piccola mostra delle Missioni
della Patagonia e della Terra del Fuoco. Volle essere presente al-
le funzioni principali della festa linirgica, commuovendosi pro-
fondamente ali'afnusso e alla pietà dei fedeli che accorrevano
anche da fuori Torino, specialmente dalla Lombardia, oltreché
dal Piemonte e dalla Liguria. I1 26 accontentò le Figlie di Ma-
ria Ausuiatrice e le loro alunne recandosi a celebrare nella cap-
pella del loro vicino Istituto, ma diede solo una prima Comu-
nione a uua nipote di Madre Marina, mentre altri sacerdoti la
dispensavano alla comunità. 11 31 andò allo studentato interna-
zionale di Fogiizzo a far la festa della Madonna e chiudere il
mese mariano fra rappresentanti di 17 nazioni, i quali diedero

25.8 Page 248

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una filiale dimostrazione di affetto anche con un toccante trat-
tenimento; ma scoppiò a piangere dirottamente di fronte a re-
duci della orrenda guerra e si dovette ritirare prima che iinisse.
Celebrò tuttavia per loro la messa di comunità e si tratteme a
pranzo; poi raggiunse in fretta Torino per accogliere I'arcive-
scovo di Firenze, il Card. Mstrangelo, il quale veniva a com-
memorare Don Andrea Beltrami nella celebrazione dell'uitrodu-
zione della Causa di Beatificazione a Roma. 17i intervenne l'arci-
vescovo di Torino Card. Richelmy circondato da altri vescovi,
principi, prelati ed autorità e una folla di Cooperatori ed Exal-
lievi con Salesiani, Suore e giovani allievi.
I1 2 giugno si lasciò trascinare dagli Exallievi di Modena che
lo desideravano fra loro pel 25' della Casa salesiana. Fece una
sosta a Parma ove tenne conferenza ai confratelli e alle Dame
Patronesse; il 5 prosegui per Modena ove l'indomani fu doppia
festa perché era il suo 76" compleanno. Don Albera non ne po-
teva più, ma ce la fece, sorridendo, fino alla &e, rallegrando
una folla di Cooperatori e benefattori accorsi con gli Exallievi
all'lstitnto S. Giuseppe da tutta la città e anche da fuori. Fu i'ul-
tima vera visita alle case. L'Ispettore Don Lodovico Costa lasciò
memoria scrivendo fra i'altro:
«Quei giorno, menue noi, preoccupati deiia sua salute, cercavamodi far-
lo riposare, allontanando dalia anticamera parecchi che desideravano confe-
rire con lui, Don Aibera ci sfuggì varie volte e voiie anche tenere m&
senza &e Suore. S'htrattenne a lungo con me suile case della iipertoria,
rispondendo alle mie preghiere di aversi riguardo col dire: - B appunto
perché mi accolgo d i non aver più che poco tempo: bisogna che ne ap-
profitti per lavorare, per far qualche cosa. - Durante il ~raozosi trovò ka
due ~olonnelli,c~omandanti dei 8 d e Collegio Militare. Essendosi egli ad-
- dormentato, i due uifiaali lo assisenero con attenzioni di &ettuosa rive-
renza, dicendo a me che avrei voluto scusare quel piccolo incomodo: Oh,
noi siamo fieri di montar la guardia a questo venerando e simpatico v e
gliardoperdiési riposi sicuro, egli che ha tanto lavorato! -Dopo pranzo eb-
- be per ~arecchieore forti dolori e crampi. Tenendo una mano sul petto, mi
ripeté: B tanto tempo che sento frequenti e quasi abito& quesbi forti
- dolori. - E quando si mese a pendere una pastiglia che ndle nostre
intenzioni avrebbe dovuto calmare le sue sofferenze, sorridendo ci disse:
Queste medicine fannopiù bene a voi che a me; le p n d o volentieri perché
- vedo che soilevano voialtt3. - Pnima di rimettersi in viaggio pd ritorno, ri-
peti volte a chi gli augurava buon viaggio: Eh! ho un altro viaggio più
' Uno dei due colonnelli era il Generale Antonio Rocco-Viscontini morto
nei 1974 a Torino. Me lo ricordava la sua signora, ancota qualche mese fa.

25.9 Page 249

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lungo da fare. Pregate per me.- E allorché, discendendo io a Parma,o! pre-
gai
te:
di benedirmi, mi ripete con accento
- E tu oraa Der me che son molto
avciccionroataolcmiieiomuilitmimporevsisaiomnibo.v..ivNaomne!on-
dico ad al&, &rdré mn vorrei impressionare e addolorare i-&nfsatelli ».
(Lett. 7 febbr. 1925).
Egli sostò a Milano, dove cominciava a funzionare la parroc-
chia Sant'Agostino, e riparti il 12 per Torino, giusto in tempo per
assistere da una finestra ailo spettacolo di oltre diecimila gio-
vani cattolici della diocesi, che scendevano a Valdocco, svento-
lando fra cento bandiere il loro vessiUo federale benedetto in
mattinata dal Cardinale arcivescovo Agostino Richelmy, a ren-
dere omaggio a Don Bosco, l'apostolo delia gioventù dei nuovi
tempi. Si godette tutto lo spettacolo da una funestra del120rato-
rio. fu riconosciuto dai giovani che si volsero a lui acclaman-
dolo affettuosamente. Ne fu estremamente commosso tanto che
dopo il pranzo voile essere accompagnato in teatro, dove i diri-
genti sedevano a banchetto, per ringraziarli e far loro i suoi
paterni auguri. Ma nel suo diario appuntava: «Sono molto de-
bole... Don Gusmano continua sempre ad assistermi e aiuta~mi
come un figliuolo... Dio lo ricompensi! ».
La domenica seguente si senti ringiovanire assistendo alia
benedizione della prima pietra della nuova chiesa deli'oratorio
di Monterosa impartita dall'Arcivescovo Card. Richelmy e provò
tanta consolazione di fronte alla massa di giovani e delle fami-
glie esultanti, che non finiva di raccomandare anche nei giorni
seguenti: « Moltiplichiamo gli Oratori festivi. L'Oratorio è l'Ope-
ra salesianri per eccellenza: Don Bosco e Don Rua continueranno
a benedire i Sdesiani finché essi lavoreranno con zelo rzeglz
Oratori ».
L'indomani fu accompagnato al collegio di Lanzo Torinese
per una settimana di riposo, ma non ne ebbe sollievo. Tornò
pel suo onomastico. I medici fecero di tutto per trattenerlo a
letto, ma egli volle alzarsi per l'accademia, e quando apparve in
teatro la sua candida iigura, fu un delirio di applausi, di ewiva,
di acclamazioni. Lo possiamo confermare perché eravamo pre-
senti, frementi di gioia e di commozione coi nostri allievi. Pal-
iido e curvo, rispondeva col suo sorriso, alzando le mani verso
di noi ammassati nelle gallerie, mentre il pubblico premeva verso
il centro in platea per vederlo passare. Non ebbe però la forza di
parlare e pregò Don Rinaldi a ringraziare in sua vece. 11 29 egli

25.10 Page 250

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partecipò alle funzioni solenni nel santuario e scese pure a pran-
zo nel refettorio dell'oratorio ov'erano radunati tutti i salesiani
della casa con le rappresentanze: si commosse e pianse a più
riprese, appassionandosi a volgere i suoi occhi velati di lagrime
qua e quasi alla ricerca degli occhi di ognuno per dirgli l'af-
fetto che gli sgorgava dal cuore. Rifece a stento le scale per
risalire in camera, sorretto dai superiori e confratelli, dopo aver
attraversato il cortile fra i giovani che gli si assiepavano al pas-
saggio acclamando e beneaugurando.
Non comparve la sera per la commemorazione di Don Bosco.
Lo supplì Don Rinaldi mettendo in rilievo tante sue virtù assi-
milate alla scuola e nell'intimità dell'affetto del buon Padre
Fondatore.
La divozione a Gesù Adolescente
Un'altra grande consolazione provò la domenica seguente, con-
dotto #Oratorio San Paolo il 2 e 3 luglio per la solennità tito-
lare ritardata. Riuscì a celebrate e a parlare, promettendo di
tornar presto per l'inizio della costruzione del tempio che egli
desiderava cenacolo di educazione e formazione cristiana della
gioventù con Ia devozione di Gesù Adolescente nella Sacra Fa-
miglia. Dopo le funzioni inaugurò il banco di beneficenza sorteg-
giando il primo numero che gli mise in mano una borsetta: egli
la diede senz'altro d a giovinetta che stava più vicino, heneau-
gurando al suo avvenire. Non poteva scegliere meglio: era la
giovane Giulia Mia, la cui mamma faceva già da mamma, con
altre generose, all'oratorio, provvedendo settimanalmente alla
pulizia e al riordino degli ambienti primitivi. Giulia con la so-
rella Onorina sentì la vocazione all'Istituto delle Figlie di Ma-
ria Ausiliatrice, dove svolse anche le funzioni di Direttrice ed
Ispettrice, attualmente nell'Istituto Domenico Savio in Torino-
Sassi. La mamma, più che novantenne, conserva la fotografia di
quella giornata che riproduciamo tanto volentieri per l'affetto che
lega anche noi a quell'oratorio ove cogliemmo tante gioie della
nostra giovinezza sacerdotale: tempi indimenticabili, giovani d'oro,
splendide vocazioni.
Quanto gli stesse a cuore la divozione a Gesù Adolescente

26 Pages 251-260

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26.1 Page 251

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in funzione pedagogica, lo manifestò in questa occasione conver-
sando sul terrazzo della cascina che serve tuttora di abitazione
ai salesiani: anteponessero sempre Gesù Adolescente a qualsiasi
altro modello nel parlare ai giovani, perché esemplare di ogni per-
fezione. Deplorava che si alterasse facilmente, nella enunciazione
dei misteri del Rosario, il testo evangelico dello smarrimento di
Gesù nel tempio: <( Vi si dice ben chiaro che la Madonna e S. Giu-
seppe lo trovarono che ascoltava i dottori e li interrogava, non
disputava con loro... » (Test. di Don Lodovico Costa).
Nel 1924, poco lungi dalt'oratorio San Paolo, cominciò a
funzionare, in via Cumiana-corso Peschiera, anche l'Oratorio
femminile <{ Madre Mazzarello D, a cui affluirono subito le giovani
che frequentavano quello di San Paolo in via Luserna. Il 14 set-
tembre 121spettriceM, adre Rosalia Doiza, vi accompagnò altre cin-
que suore in aiuto a suor Margherita Martelli, anima dell'Ora-
torio, con suor Crosio e suor Ferrari, costituendo così casa regolare
sotto la direzione prowisoria di suor Angiolina Gabodi e poi di
suor Ebe Clerici, finché nelI'ottobre del 1925 giunse alla completa
sistemazione con la Direttrice suor Giuseppina Ciotti che la por-
tò allo sviluppo programmato: Scuole di taglio e con~C e.zione,
Centro di formazione professionale, Catechesi parrocchiale, opere
assistenziali di periferia, ecc. Nel cinquantenario ha al suo attivo
quasi un centinaio di ottime vocazioni, fra cui tante missionarie,
ed Exallieve aflezionatissime.
I1 giorno prima di questa cara festa, 2 luglio, aveva steso la
prefazione all'opuscolo per l'Esame di coscienza delle Figlie di
Maria Ausiliatrice che dal 13 al 16 avrebbero avuto un corso
di Esercizi spirituali a Villa De Luca (Torino-Cavoretto) per le
Madri del Consiglio Generaliuo e le Ispettrici. Fu tra loro a più
riprese in quei santi giorni e fece anche a loro l'esortazione a
rilevare la condotta di Gesù Adolescente fra i dottori nel tempio
di Gerusalemme, come modeiio della gioventù di fronte al ma-
gistero della Chiesa e ai loro educatori. I1 Signore lo avrebbe
chiamato a sé proprio la vigilia del giorno fissato per porre la
prima pietra del tempio a Gesù Adolescente, che egli aveva
voluto come Centvo di devozione al diuino modello della gio-
ventd adolescente, fervente nel santuario salesiano di Nazareth,
per la esemplare educazione alla docilità e &amore dei genitori

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e degli educatori, al magistero autentico della Chiesa, soprat-
tutto per gli aspiranti al sacerdozio e alla vita religiosa.'
I grandi calori estivi non lo canviiicevano a prendersi sol-
lievo fuori Tonno. Prefed far due passi ogni sera sul vespero,
magari fino aile case di periferia: San Paolo, Monterosa, Sassi...
Si fece anche accompagnare all'Asilo delle Figlie di Maria Ausi-
liatrice al Lingotto e a Grugliasco tra le orfane di guerra. Al
Lingotto un'exallieva chiese una particolare benedizione perché
soffriva da un anno di un male incurabile. Don Albera la con-
' Compì poi il sacro rito il Card. Cagliero gualcbe giorno dopo, co~rfer-
mando autorevolmente la predilezione che Don Albera aveva per tale
opera che egli, col Servo di Dio Don Filippo Rinaldi e Don Pietro Ricaldo-
ne, uagbeggiavano come tipo e mode210 di bonifica spirituale-sociale per le
periferie delle grandi città. Il tempio sorse fra il 1921 ed il 1925. E venne
consacrato dal nuovo Arcivescovo di Torino Giuseppe Gamba, poi Cardinale
di Santa Chiesa, per la festa di Cristo Re: 50 anni fa...
La sezione Aspiranti era stata benedetta da Don Filippo Rinaldi, l'an-
no prima della consacrazione del tempio, per la festa di San Paolo del
1924, quando benedisse anche il vessillo che portava in ricamo un bel serto
di rose e di gigli, dono di un'alha delle prime pntronesse, la signora Maàaa-
lena Rigardetto. E i giovani cantavano:
«Un buon Padre, Don &aldi - lo baciava con amor...
Su, compagni, avanti, avanti: - di Don Bosco siam l'onor!
Siamo intrepidi Aspiranti - &e glorie del Signor...».
Musica del carissimo Don Aristide Manfrino, assistente ecclesiastico dei
Giovani Efettivi,.. e delle Sezioni sportive.
Il Seruo di Dio continui a benedire anche gli altri Exallievi che il Si-
gnore mi aveua sfidato, prima di S. Paolo nel P Oratorio Festivo di Val-
docco, nell'Oratorio Parrocchiale di Saluggia, a Penango Monferrato (Figli
d i Ma~ia),studenti deUa Casasudre di Torino, nella Scuola Agraria di
Lombriasco, nel Collegio Morgando di Cuorgnè Cauavese, nell'lstituto P&
terno di Cartelnuovo d'Asti (oggi Don Bosco). E quelli che mi agdava in
seguito, dnll'Oraforio S. Paolo all'Oratorio vescovile S. Giuseppe d'lvrea, al-
... Z'Istituro torinese del Martinetto (oggi Card Richelmy) artigiani e dudenf.i..
dAbQeimnvllaoe'ArniPstcisaomc,nancErhig(ioiIgtntniooedveeawnMDic!ooenndiOoSMgigOlovinrisoi.eesnPeOtrmeor..upe.eslairienari,MC(dzaaeerrlleela'nOdng'trIoita.a.a.tlopiarionisoetoTSdl.bi'EaPaiuanlraoconlhopdeaid,anieicTnloloenuraiMDnriooiesn).s.Dw.Ainiolni--
cesi, Pmroci, educatori, missionmi. Due lasciarono particolare memoria
di sé: Don EziO P011a morto il 18 giugno del 1939, Direttore dell'Istifuto
Salesiano di Recife in Brnrile, giovanissimo; Don Giuseppe Luigi Giaotto
morto 1'11 aprile 1963, DelegBto Nazionale per gli Exallieui e Cooperatori a
San Paolo del Brasile: gli è stata dedicata una bella via di quella grande
città...

26.3 Page 253

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fortò: « Vi manca un po' di fede: pregate di nuovo Ia Madonna
Ausiliatrice e avrete la grazia. An&o pregherò per voi ». E
la benedisse. L'inferma fece un'aitra novena e guarì. Non volle
mancare agli Esercizi delle Figlie di Maria Ausiliatrice a Niza
Monferrato e a quelli dei Saiesiani a Valsalice. Ma non riusci
a parhre alle suore durante la Messa, perché si commosse troppo
alla recita di una preghiera per le anime del Purgatorio, né ai
Salesiani, neppure a mensa pecché, inteneritosi fino alle lagrime
dovette uscire prima che finisse il pranzo.
Ai primi di settembre fece una capatina a Torino Bernulla
dove le suore avevano avviato un nuovo Oratorio di periferia,
e a Sassi a rivedere gli orfani di guerra, incoraggiando le suore
e benedicendo tutti: « Questi piccini meritano tutte le vostre
sollecitudini; custoditeli bene; poi continueremo noi la loro edu-
cazione a costo di qualunque sacrifizio. Tutti vedono di buon oc-
chio questa beneficenza ».
Il Card. Cagliero, venuto in Piemonte a trascorrere 3l torrido
dell'estate, lo supplì in diversi corsi di Esercizi, specialmente nel
dare i ricordi che queii'amo sintetizzò quasi ovunque con una
parola d'ordine: Gwrdzamoci dal mettere l'io al posto di Dio.
Gsai al ~elzgiosoche mette l'io al posto di Dio P. Don Aibera
con Don Francesi*, 1'8 settembre, I'accompagnarono a Borgo Cor-
naiese a iar visita di condoglianze al barone Carlo Ricci per la
morte della consorte baronessa Azelia di casa Fassati. Indugiò
a lungo presso le tombe deil'estinta e dei familiari defunti, poi
si trattenne ancora coi grandi benefattori di Don Bosco sui pri-
mi tempi ddl'oratorio, ripetendo anche a loro: Gli Oratori
festivt sono l'Opera salesiana per eccellenza e i Salesiaai non
possono meglio mewtarsi le compiacenze di Don Bosco e le be-
nedizioai di Maria Assiliatrice che lavorando generosamente ne-
gli Oratori ». I1 14 settembre volle Ulfuie accompagnare il Card.
Cagliero a Castelnuovo Don Bosco dove convenivano centinaia di
Cooperatori ed Exallievi da una quarantina di paesi circonvicini,
molti con sindaci e autorità, per un omaggio a Don Bosco presso
il suo monumento, donde poi proseguivano in pellegrinaggio al
santuario e alla casetta sul colle natio. Ma Don Aibera non li
poté seguire e non poté neppur dire una parola aii'agape fra-
tema di oltre 500 coperti per la commozione.
Frattanto era giunta a Torino la notizia della morte di Mons.
Costamagna neno studentato di Bernal presso Buenos A i . Il

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28 settembre arrivò Mons. Marenco, da cinque anni Inter-
nunzio Apostolico in Centro America, ridotto ombra di se stesso
per I'estenuazione, eppure già designato ad Arcivescovo di Ge-
nova. Don Albera ne sofferse indiebilmente.
- «Delle tante perdite deila Congregazione confidò @an-
- nuncio del transito di Mons. Costamagna in questi anni del
mio rettorato, questa mi &gge in modo particolare, perché con
Mons. Costamagna scompare uno dei più cari compagni della
mia vita di studente qui all'oratorio, quindi anche uno degli
ormai carissimi confratelli che hanno più a lungo e più intima-
mente awicinato e praticato il nostro venerabile Padre... ». I1
Card. Cagliero si affrettò a deviare il discorso, riproponendo
il progetto di accelerare il rinnovamento del concerto di cam-
pane della basilica e suggerendo che una delle maggiori deiie
attuali fosse destinata al santuario dei Becchi, distribuendo poi
le altre d'erigenda chiesa di Borgo San Paolo e a quella della
Madonna del Rosario a Monterosa, disposto a concorrere d a
spesa. Don Albera Fni per acconsentire, conchiudendo: «Fate
presro percbé il Card. Cagliero possa benedire le nuove l'anno
prossimo per la sua Messa di diamante ».
Mons. Marenco parve avere un po' di beneficio d a a r i a del-
la patria e per parecchi giorni scese a mensa con Don Albera
e i superiori, godendo la compagnia del Card. Cagliero al quale
poté confidare quanto avrebbe dovuto e tanto desiderato dire al
Santo Padre. I1 Cardinale, partendo per Roma il 3 ottobre, l'as-
sicurò che avrebbe fatto tutte le sue confidenze a Benedetto XV.
Abbracciò poi anche Don Albera, invitandolo a Roma al più
presto. Ma il Rettor Maggiore gli rispose con un mesto sorriso,
alzando gli occhi al cielo. Ben presto Mons. Marenco non poté
uscir di camera. Il male galoppava tanto che il 18 ottobre Don
Albera gli recò il Santo Viatico. Tornato in camera, scrisse al-
l'Ispettore di Buenos Aires Don Giuseppe Vespignani:
<<Triingrazio della lunga lettera su1 nostro compianto Mons. Costama-
gna... Grazie anche dei giornali. Lessi o@G cosa con grande commozione. Ma
sia sempre adorata e benedeea la santa voloma del Signore! Quest'anno sem-
bra che Egii ci voglia dolorosamente provare: ci ha tolto U nostro caris-
simo Don Aime (Ispettore in Colombia), poi Mons. Costamagna; e stamane
ho portato il Viafico a Mom. Marenco, reduce da pochi giorni WAmerica
... in condizioni di salute assai gravi: solo un miracolo di Maria SS. Io potreb-
be salvare r.

26.5 Page 255

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Troppo tardi era stato richiamato in patria dalla Santa Sede.
Diffusasi la notizia del precipitar degli eventi, il Card. Richelmy
si affrettò all'oratorio a confortarlo e fu anche l'ultimo incontro
con Don Albera. I1 21, Monsignore ricevette con fervore 1'Estre-
ma Unzione e il 22 piamente spirava. «Questa morte - sui-
veva Don Albera a una Superiora delle Figlie di Maria Ausi-
liatrice in Francia - mi ha profondamente addolorato. H o pianto
assai... Sia fatta la volontà di Dio! » Fu forse la sua ultima
lettera.
Era intanto giunto a Torino Don Luigi Mathias, direttore
della Casa di Pedara in Sicilia, scelto da Don Albera come capo
della prima spedizione di Missionari salesiani per la Prefettura
Apostolica di Shillong nell'Assam (India), con altri cinque sacer-
doti e cinque coadiutori: ebbero modo di padargli personal-
mente e riceverne paterni consigli.
Pel 23 ottobre era fissata la solenne funzione di addio nella
basilica di Maria Ausiliatrice, con altri missionari destinati ad
altre missioni. Non si poteva dilazionare. E così, mentre la salma
di Mons. Marenco riceveva l'omaggio di preghiere nella cappella
ardente, Don Albera trovò ancora la forza di assistere in presbi-
teso alla commovente funzione presieduta da Mons. Castrale, Ve-
scovo ausiliare di Torino in rappresentanza dell'Arcivescovo.
Don Mathias, che si era ben preparato, parlò per circa d o r a
dell'Assam, incantando l'uditorio. Ma Don Albera si commosse
tanto che dovette essere condotto in sagrestia. Ritornò all'altare
per l'abbraccio di addio e disse a ciascuno la sua ultima parola.
L'indomani volle presenziare alle solenni esequie ed al con-
gedo della salma di Mons. Marenco. Ne usci shito. Umana-
mente quei povero cuore non poteva più reggere a tante prove,
a così vive emozioni.
Fra gli ultimi conforti, l'arrivo di 15 giovani chierici uru-
guayani inviati dall'Ispettore a frequentare il corso teologico in
Italia nello studentato di Foglizzo che stava per trovar miglior
sede in TorinoCrocetta. E la notizia dalla Spagna che il Go-
verno aveva scelto gli istituti salesiani per l'assegnazione di 49
posti di istmione gratuita, messi a disposizione da un munifico
benefattore.
I1 25 e il 26, nonostante tutto lo sfinimento che sentiva,
Don Albera volle trovarsi in ufficio per gli impegni ordinari,
ma un collasso improwiso, il 26 mattino, non gli permise di

26.6 Page 256

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celebrare e si accontentò della Santa Comunione, raccomandando
che non si allarmasse la comunità. I1 27, volle assistere all'Uffi-
cio funebre per Mons. Costamagna nella basilica di Maria Ausi-
liatrice, ma quanto piangere!.. Nel pomeriggio si lasciò condurre
in carrozza da Don Gusmano alla Madonna di Campagna: per
istrada incontrò le orfanelle delle siiore che lo riconobbero e
gli corsero incontro. Non ebbe fona di parlare: le s a l ~ ~ tcòon
ripetuto gesto delie mani. Celebrò invece la mattina del 28 e
diede udienze fino a mezzogiorno: per ultimo al Superiore Ge-
nerale della Congregazione del SS. Sacramento accompagnato dal
P. Cesarini. Ebbe frattanto notizia dal Cile dell'ampliamento della
casa di formazione e portò il discorso suli'urgenza di trovare
una soluzione adeguata per la sistemazione dello Studentato Teo-
logico Internazionale da Eoglizzo a Torino.
« Putroppo le offerte sono andate da alcuni mesi scemando
sensibilmente - insisteva con l'Economo Generale Don ConeiLi
- tuttavia teniamo fermo... se ci viene qualche offerta gene-
rosa, vediamo di consacrarla a questo scopo ». A Don Rinaldi
poi espresse la sua gioia di poter collocare la prima pietra del
tempio a Gesù Adolescente all'oratorio S. Paolo due giorni do-
po, il 30 ottobre; poi trattò con lui della celebrazione del I11 Cen-
tenario della morte di San Francesco di Sales, proponendogli di
invitare gli allievi di tutte le case salesiane di Torino per le so-
lenni funzioni del 28 dicembre 1921. Don Rinaldi rispose che
pensava di offrire a tutti la colazione all'uscita daila Messa. « Oh,
diamo a tutti anche il pranzo! - consigliò Don Albera - Sa-
remo nella brutta stagione; e poi è bene che quel giorno fra-
ternizzino insieme sotto i portici delle camerette di Don Bosco
e di Don Rua, presso il Santuario... n. Continuando il colloquio
Don Rinaldi gli confidò di non essere riuscito a trovare una casa
che potesse accogliere due giovinetti pericolanti nella fede, per-
ché nessuna aveva posto. « Accettali ugualmente - l'incoraggiò
Don Albera - in qualche modo ti aggiusterai: bisogna salvarli
ad ogni costo P.
Si sentì in enforia fino aila sera e faceziò p e h o con Don
Barberis sulla sua abitudine di fare un po' di ginnastica pas-
seggiando da solo nel corridoio dopo i pasti. Gli ricordava pure
che il predicatore della quaresima di quell'anno, un sacerdote di
Piacenza, nel salire una sera in camera per riposare, l'aveva giu-
dicato nevrastenico co&dandogli, il giorno dopo, le sue preoccu-

26.7 Page 257

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pazioni: si trattava di un superiore maggiore!... Fecero insieme
una bella risata.
A cena, Don Gusmano lo esortò ad accogliere i'invito del Card.
Cagliero e a prepararsi per scendere presto a Roma, perché la
stagione ormai rincrudiva. Don Albera non rispose, ma poi, sa-
lendo in camera, gli osservò: << Mons. Costamagna è morto, Mons.
Marenco è morto... Chi di noi li seguirà per primo? ».... Ciono-
noscante riposò tranquillo fin verso le quattro. Poi lo colse im-
prowiso e violento l'affanno. Si alzò, chiamò Don Gusmano che
dormiva nella camera attigua... Questi capì, passò la voce a i supe-
riori nelle camere vicine, telefonò ai medici... Purtroppo non
c'era più nulla da fare. Don Rinaldi si affrettò ad amministrargli
l'Estrema Unzione e ad impartirgli la benedizione papale, assol-
vendolo in avticulo mortzs... Fece appena a tempo. Mentre tutti
si tringevano attorno pregando, egli reclinava il capo da un lato
e spirava...
La notizia si diffuse velocemente. Telegrafo e telefono la
portarono anche lontano... I1 quotidiano cattolico << I1 Momento »,
mise rapidamente insieme una seconda edizione a lutto. I supe-
riori scesero a celebrare per l'anima sua.
Gli alunni artigiani si unirono al cordoglio dei superiori con
la loro mattiniera Messa di comunità. Gli studenti che vi pre-
mettevano una buona mezz'ora di studio, videro comparire il
direttore Don Bernardo Savarè, con gli occhi gonii di lagrime.
Salito sulla cattedra dell'assistente, annunciò: «L'Angelo della
morte è uezuto a visitare improuvisamente... I'Ovatorio... È morto
t1 Rettor 111aggiore... ». E, dopo altre brevi parole, intonò il
De profundis, a cui i ragazzi piangendo risposero...
In mattinata, la salma, rivestita della talare, della cotta e
della stola violacea, venne piamente composta e trasportata nella
cappella succursale del santuario di Maria Ausiliatrice parata a
lutto. Nel pomeriggio la piazza brulicava di una folla crescente
d'ora in ora, che si accalcava per entrare a visitarla, a pregare;
molti, piangendo apertamente, baciavano le mani che tenevano
ancora la corona del Rosario. Accorsero il Cardinale Arcivescovo,
... vari Vescovi residenti in Torino, il Prefetto, il Sindaco, autorità
ecclesiastiche, civili e militari, autorità municipali e consolari
La massa del popolo, tra il pomeriggio del 29 e la mattina del
30, fino all'ora della chiusura del feretro, si accalcava a vene-
rare la salma. Tutta la città condivideva il lutto della Famiglia

26.8 Page 258

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salesiana. Da Nizza accorreva subito la Madre Generale con le
superiore maggiori... E nel rimpianto unanime, molti accostavano
alla salma oggetti di devozione... I missionari dell'Assam chie-
devano l'onore di vegliarne la salma tutta la notte...
. Quanto di Don Bosco viveva in lui!..
(On. Paolo Boselli, Senatore, più volte Ministro e Presidente del Consiglio
1916-1917).
La morte di Don Albera fu sentita nel mondo quasi come
quella di Don Rua. Lo attestarono i funerali che assunsero le
stesse proporzioni. Pur nella diversità del prestigio specifico del-
l'uno e dell'altro.
«Don Rua e Don Albera non devono essere considerati come
semplici successori di Don Bosco - scriveva subito Don Ri-
naldi nella lettera necrologica - ma come i continuatori della
sua uita, la quale in loro pyosegue e si svolge e giunge fino al
suo compimento ».
E l'Ispettore Don Vespignani ai salesiani della sua ispettoria
sudamericana: « Don Albera fu la continuazione della uita, del-
lo spirito e dell'azione di Don Bosco e di Don Rua. Tutti e tre
formano una triade splendida, sommamente p~ouvidenziale e
ammirabile nella nostra Congregazione... ».
Furono questi alti concetti che determinarono la tumulazione
della salma a Valsalice presso quelle di Don Bosco e di Don Rua.
Per i funerali fece tempo a giungere da Roma anche il Card.
Cayliero che ponti6cò la Messa funebre nella basilica di Maria
Auriliatrice, 3 31 ottobre, con l'assistenza pontiticaie di quat-
tro vescovi. A i lati della bara erano il Capitolo Superiore dei
Salesiani col Prefetto Generale Don Rinaldi, e il Consiglio Ge-
neralizio delle Figlie di Maria Ausiliatrice con Madre Daghero,
Superiora Generale.
Ma il corteo funebre per le onoranze si svolse la stessa do-
menica 30 nel pomeriggio, partendo dalia chiesa succursale per
via Cottolengo, Corso Principe Oddone, Corso Regina Margherita,
Piazza Emanuele Fiberto, via Cottolengo, Basilica di Maria Au-
siliatrice.
I giornali davano la partecipazione di oltre centomila per-
sone. Le nostre cronache, comprese quella delle Figlie di Maria

26.9 Page 259

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Ausiliatrice che ho consultato per una precisazione, accennano
a molte di più. Le associazioni si incolonnavano nei cortili; la
piazza era tutta della folla, e i1 corso Regina, fin dalle prime
ore del pomeriggio appariva fiancheggiato da siepi di popolo lun-
go i due viali.
Al carro funebre, semplicissimo, reggevano i cordoni i Sin-
daci di Torino e di None, il Vice-Prefetto, il Grand'Uff. Go-
nella per la Magistratura, il Vice-Questore, Mons. MaiTei pel
Clero, il Senatore conte Rebaudengo e l'On. Aw. Fino pei Coo-
peratori, 1'Aw. Masera per gli Exallievi, il Procuratore Gene-
rale Don Dante Munerati per la Società Salesiana. Scortavano
quatuo valletti del Municipio in alta uniforme e un drappello
di Guardie civiche; dietro il carro, 40 orfanelli deil'Istituto di
Pinerolo nella loro divisa di piccoli alpini. Precedeva il clero coi
Parroci e i Canonici, i due Vescovi Mons. Perlo deile Missioni
della Consolata; Mons. Masera e i Superiori del Capitolo con
Don Rinaldi; compagni deil'estinto coi parenti venuti da No-
ne, Vigone e Pinerolo, rappresentanti della principessa Laetitia
e dei Duchi di Aosta, Autorità... Distribuite fra le masse dei
giovani degli Oratori ed Istituti Salesiani, delle Figlie di Ma-
ria Ausiliatrice, delle associazioni di Azione Cattolica, degli
Universitari e di altri istituti, con centinaia di vessilli, stendardi
e bandiere, le bande degli allievi artigiani, del primo Oratorio
festivo, dell'Oratorio di Monterosa, con la banda « Card. Ca-
gliero », alternavano preghiere e canti con le meste note di ddi-
cate marce funebri. La sfilata durò due ore e mezzo.
In basilica, aile esequie, impartì l'assoluzione il Card. Cagliero.
La salma vi rimase per tutta la notte vegliata dai missionari
destinati ali'Assam. L'indomani per tempo i superiori si succe-
dettero a celebrare ali'altar maggiore, mentre aitri sacerdoti ce-
lebravano ai vari altari.
Alla Messa pontificata dal Card. Cagliero, assistevano il Vesco-
vo ausiliare del Cardinale Arcivescovo di Torino, Mons. Masera,
vescovo di Colle Vai d'Elsa, Mons. Perlo Vicario Apostolico del
Kenya, delle Missioni della Consolata, e Mons. Scaparduii arci-
vescovo-vescovo di Vigevano. I1 tempio era stipato di gente.
Nel pomeriggio la salma venne scoperta per appagare il Card.
Cagliero, i Vescovi e tanti salesiani e suore desiderosi di vedere
ancora una volta le care sembianze. «Rare volte - avena scritto
Il Momento fin dall'esposizione della salma nella cappella ardente

26.10 Page 260

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- una salma di vegliardo ci si offri così augusta e cosl vene-
randa. La morte pareva veramente bella nel venerato viso mar-
moreo. La bocca sottile, non contratta dallo strazio, pareva semi-
aperta al sorriso e alla preghiera: gli occhi, quei piccoli occhi
scrutatori e limpidi, si indovinavano sotto le palpebre; la fronte,
tutta segnata dalle rughe del pensiero, nel candore della canizie,
aveva urJa maestà da statua. Il corpo invece, sotto l'umile talare
e la stola, non si indovinava più. Ai nostri sguardi Don Albera
era giù quasi incorporeo, tutto spirituale... Le mani, le cave mani
incrociate e ciicondate dal Rosario eran diventate più bianche,
più lievi, più pietose. Tutti le guardavano quelle piccole mani
delicate e inerti, che sicure avevano retto per tanti anni di$-
cili e sanguigni il timone della Congregazione. Non sapevamo
pensarle inerti per sempre... Le mani di Don Albera benedi-
centi fino alla fine, non le dimerrticheremo più ». Erano ancora
così quel pomeriggio del 31.
Prima di richiudereil feretro, si depose nelhrna una perga-
mena con le firme del Cardinale, dei Superiori, dei Vescovi, deile
autorità ecclesiastiche e civili presenti alla cerimonia. Quando
giunse a \\'aisalice, in un'umile corteo di quattro carrozze, il cor-
tile era già tutto atfoilato. Tra i superiori e i chierici del Semi-
nario delle Missioni Estere, si distinguevano il prof. Don Paolo
Ubaldi con vari professori deli'università, e rappresentanze di
varie nazioni, studenti di teologia dello studentato salesiano di
Foglizzo.
Al canto dell'antifona Beati mortui qui in Domino moriun-
tur, si ordinò il corteo che portò il feretro nella cappella del-
l'Istituto, ove il Card. Cagliero presiedette le esequie e imparti
l'assoluzione rituale. Poi rivolse la sua parola, calda di d e t t o e
di fervore missionario salesiano, ricordando la morte di Don Bo-
sco, le sue ultime raccomandazioni e l'assicurazione che la So-
cietà Salesiana, essendo opera di Dio e non dell'uomo, avrebbe
continuato il suo cammino. E rilevò la sua espansione nel mondo
sotto il rettorato di Don Rua e di Don Albera, traendone argo-
mento di fiducia in Dio con l'impegno di fedeltà al programma
« lavoro e preghiera », confidenza neUa protezione di Maria Au-
siliatrice. Le spoglie mortali vennero quindi riportate sotto il
portico del cortile e tumuiate nella cappellina a sinistra di chi
sale alla tomba di Don Bosco. La seconda guerra mondiale consi-
gliò poi di trasferirle al colle natio di Don Bosco ove tuttora

27 Pages 261-270

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27.1 Page 261

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stanno nella sagrestia delia cappella votiva della Madonna di cui
egli aveva benedetto e collocato la prima pietra il 16 agosto 1915,
centenario della nascita del santo Fondatore.
Ci piace conchiudere con le commosse espressioni dell'On.
Boselli, da cui abbiamo già stralciato il titolo di questo capitolo:
« È perdita immensa per quanti credono che gli uomini che
più sentono il Cielo sono i migliori sulla teva. Don Albera aveva
nelle semhianze e nell'anima la misticità ispiratrice: aveva nelle
opere l'umanità che insegna e consola. Quanto d i Don Bosco vi-
veva zn lui! A questo lutto io partecipo con un compianto che
è ammirazione verso l'estinto e fede nel proseguimento di quella
istituzione che egli tanto amò, edificò, benedisse, con l'esempio,
col lavoro, con la pueghiera. Egli f u uno di quegli uomini che
passano sulla via della santità e lasciano luce ed amore D.
Tra i Cardinali, il Vicario di Sua Santità, Em.mo Pompily, an-
dava ancora più in là:
« Era %n santo!... e il Signore lo ha voluto nella sua gloria
al posto che meritava. Quanti lo conobbero e ammirarono in
vita, ne ricorderanno con gran desiderio la virtù dolce e forte,
l'attività instancabile, la carità s n z a limiti. Fu veramente degno
successore di Don Bosco e di Don Rua... ».
Condusione
Ci piace conchiudere con la pagina 440 del volume IV degli
Annali della Società Salesiana:
« I1 timore che Don Albera manifestò &inizio del suo go-
verno, che il vasto campo dissodato da Don Bosco ed irrigato
con tanti sudori da Don Rua venisse a isterilirsi per incapacità
sua nel coltivado, fu ben lungi daii'awerarsi. Nonostante i vuoti
e i disastri causati dalla guerra, egli vide aumentato di 705 il
numero dei soci e di 103 quello delle case. Prova eloquente di
rigogliosa vitalità furono le cinque nuove Missioni da lui aggiunte
alie antiche in varie parti del mondo: in Africa nel Congo Belga,
in Asia nella Cina e nelì'Assam, in America nel Rio Negro del
Brasile e nel Chaco Paraguayo. Fondò nuove case per la forma-
zione del personale e non pochi Oratori festivi, alcuni dei quaii
fiorentissimi. Vide i suoi confratelli variamente onorati dalia
Santa Sede: il Card. Cagliero con la porpora cardinalizia, cin-
que con la dignità di vescovi residenziali, tre con quella di Vi-

27.2 Page 262

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cari Apostolici, uno di Prelato Nullius e due di Prefetti Apo-
stolici, uno iniine con la designazione a Internunzio. Vide orga-
nizzate come mai per l'addietro la Pia Unione dei Cooperatori
Salesiani e l'associazione degli Exailievi. Vide la Congregazione
onorata anche dal mondo civile, da parte di accademie, di so-
cietà, di città, di associazioni e dai Governo d'Italia che nel
1920 insignì lui della Croce di Grand'Ufficiale dell'ordine Mau-
riziano. fu piccola consolazione per Don Albera vedere la
Società Salesiana superare l'ardua prova della guerra in modo da
poter ripigliare il ritmo della sua vita. I1 Signore infine gli ri-
serbò la gioia di arrivare alla celebrazione del giubileo d'oro sa-
cerdotale, non concessa né a Don Bosco né a Don Rua.
I1 suo rettorato passò dunque benefico sulla Congregazione... ».
E noi ne offriamo dati positivi, elencando in appendice le
fondazioni e gli ampiiamenti registrati nel decennio del suo
rettorato.

27.3 Page 263

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Appendice
Fonhtoni durante il Rettorato di Don Aibera
Prima dello scoppio della guerra mondiale, completando il numero di
quelle già approvate da Don Rua, Don Albera poté annunaare:
nel 1910 l'apertura d i un secondo Oratorio a Trieste, un altro a Vienna,
i1 servizio dei saiesiani aìl'Oratorio vescovile S. Giuseppe di Ivrea voluto dai
vescovo Mons. Filipeiio e &dato al psimo direttore Don Luigi Castellotti,
mentre i salesiani del twlogato di Fogliho venivano impegnati per quello di
San Giorgio Canavese; &i tre in Sicilia, a Messina sulle rovine deii'istituto
San Luigi distrutto dal terremoto del 1908, a Taormina e a Caltagirone; tre
residenze di servi60 pastorale a Castel de' Britti (Bologna), a Ixeile nel Bel-
gio, a Jahuel nel Cile; la direzione del piccolo Seminario di Pontebosio chie-
sta dal vescovo di Massa Carrara Mons. Marenco, e quella del Seminario in-
terdiocesano di Sassari: la consacrazione del tempio saleiiano oarrocchiale
di S. Carlo a Buenos hes-Almagm, 12inaugurazi&e del funziokamento di
istituti a La Serena (Cbilì) e a Panamà, a Pernamhuco nel B r d e . a Santia-
go del Cile e a Bernal n&~rgent.ina;la costruzione di un almi, in sede
migliore a Cape Town (Sud AfTica).
Nel 1911: a Venaia l'assunzione della direzione dell'IstitutuPatronato
dei ragazzi-vagabondi di Castello; a Cagliati un Oratorio festivo; a Cracovia
in Polonia Ia direzione deii'orfanouofio Lubomirski; a Bruxelles e a la
Chaussée de Boendael nel Mgio due m o l e pm&& (S. Fllippo Neri e
Santa Croce); a Jacatehy nel Brasile la Colonia Agricola S. Michele; a Pa-
terson ne& Stati Uniti la cura di una parrocchia e di un cappellania per la
cura degli Emigrati; a Comayagiiela ne1l'Honduras una nuova casa. Sei chie-
se in costruzione (hilaria Ausiliatrice in Trieste; Saao Cuore sul Tibi-
dabo di Barcdona e a Napoii-Vomero; S. Antonio di Padova a Soverato in
Calabria; S. Michele Arcangelo in Punta Arenas; l'apertura deiia cbiesa
parrocchiale a Maria Ausiliattice in New York).
Confortante poi la fioritura di nuove opere nelle Missioni: il collegio
Michele Rua a Puwto Madryn nel Chubut (Argentina); nuova residenza a
Cabo S. In& nella Terra del Fuoco, a Puerto S. Julian nel *erritonod i Santa
Cmz di Patagonia; nuova missione nella Cina a Heung Shan e una scnola di
arti e mestieri a Manila nelle Filippine. I Salesiani del Belgio diedero I'addio
ai loro p&d sei missionari pel Katanga nel Congo Belga.
Nel 1912: Oratorio festivo e chiesa pmocchide a Vercelli, Oratosio
festivo a Saiuggia, a Vemsee neiia Stiria il trasferimento del Coilegio germa-

27.4 Page 264

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nico di Penango Monferrato; a Port Chester negli Stati Uniti una parrocchia
per Emigrati italiani e polacchi; a Granada nel Nicaragua una scuola pub-
blica e l'awio di un istituto .per Scuole Professionali; ritorno dei Salesiani
a Macao per I'Orfanotrofio Imicolata; nuovo Oratorio festivo «Andrea
Beltrami » a Talca nel Cile; apertura al culto delle chiese «Immacolata D di
Puntarenas, « S. Giuseppe » a Manga nell'umguay, «Maria Ausiiiatrice » a
Londra.
Nel 1913: In Italia, l'oratorio festivo a Finale Emiiia e a Varazze, r*
so quotidiano quello di Borgo S. Donnino; in Ungheria apertura della casa
di Szentkerest per le vocazioni urigheresi che venivano mltvate a Cavaglià
Biellese in Italia, un istimto a Torre Annunziata con Oratorio quotidiano;
altri Oratori a Rovigno e nel Gollo di Tcieste; residenza e scuole ad Adalis
nella Turchia asiatica; nuove fond&oni ad Alicante e Triana in Spagna. Al-
le chiese già incostruzione si aggiunsero altre a Casale Monfenato, a Bahia
Blanca in Argentina, a Linares nel Cile, a Lima nei Perii, a Montevideo nel-
I'Uruguay, a Nictheroy nel Brasile, a Messico città, a Pnemysl in Galizia,
a Barcdionn in Spagna.
Nel 1911: per l'Italia Don Albera non può segnalue che le nuove par-
rocchie di Sant'Agostino in Milano e quella della S. Famiglia a Firenze, or-
mai in funzione; d'estero due piccoli seminari u carissimi al mio cuore »
- scrisse - l'istituto di Unter Waltersdorf presso Vienna e quello di Tala-
vera presso Toledo nella Spagna, più la fondazione di Filadeifia nel Nord
America pei figli degli Emigrati italiani; le resideme missionarie a Com-
modoro Rivadavia in Patagonia e qualla di Indanza fra i Jivarm del%
quatore, lo sviluppo della Missione del Heung Shan in Cina e la Prefettura
del Rio Negro in Brasile.
A tic010 di curiosità registriamo che n& circolare di gennaio del 1915
egli coAdava pure le enormi spese in cui si trovava d o r a la Congregazione
che già negli ultimi aaai della vita di Don Rua abbisognava di più di due mi-
lioni di liie solo pel mantenimento dei giovani orfani od abbandonati ogni
giorno, senza conme le « enormi somme occorrenti per le Missioni fra i p
poli selvaggi e le altre opere di civiltà e di religione». Oggi che si gioca
a miliardi si può anche sorridere; ma d o r a che si tirava la cinghia, eran
preoccupazioni che solo zelanti e generosi Cooperatori aiutavano ad af-
frontare.
Nei furore della guerra era già miracolo conservare in efficienza le ope-
re che shiggivano alle operazioni beliiche ed ai bombardamenti nelle nazio-
ni travolte tra sacrifici d i ogni genere. Tuttavia qualche segnalazione Pab
biamo dalle circolari annuali del Rettor Maggiore, mentre compensava l'in-
cremento delle Missioni dove i selvaggi di un giorno maturavano per inse-
%natenell'awenire la civiltà &tiana ai bdix-eranti che semore -~ i sù-~ r-e ~ u -
dicatamente vi rinunziavano in questo mondo di gaudenti della società del
benessere. Ora uccidono, anche in tempo di pace relativa, migliaia di esseri
innocenti
Il Bollettino Salesiano di gennaio del 1916 ricordavanel1915 ,Yinangura-
zione delia grandiosa cripta del tempio parrocchiale per gli italiani a San
Francism di Caiifornia e di quella del santuario di Maria Ausiiiawice a Mon-

27.5 Page 265

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tevideo; la consacrazione del santuario a Maria Ausiliatrice ad Arequipa
nel Perù; dei restauri alla Pia Casa Sordomuti di Napoli; dell'ultimazione
del collegio ed oratorio S. Francesco di Sales in Buenos Aires Almagro; Pas-
sunzione della partoccbia di Tanjore nell'Ida; deli'assetto definitivo del-
l'ospedale S. Giuseppe e della Colonia Agricola S. Isidoro a Viedma di Pa-
tagonia; di due nuove residenze missionarie a Guatracbé nella Pampa e a
San Carlos di Bariloche nel Neuquen; una nuova fondazione con scuole po-
pulari ed oratorio a Medeilin in Colombia; un istituto a Tariba nel Vene-
znela; un collegio per figli di Emigrati polaccbi a Ramsey negli Stati Unici.
Don Albera sottolineò pure il miglioramento dell'insegna-
mento catechistico con nuovi metodi didattici in parecchi Ora-
tori. A favorire il ministero pastorale il Bollettino italiano del
1916 iniiiò la pubblicazione di un supplemento periodico pei
Cooperatori sacerdoti, che durò per quasi un triennio.
Del 1916 è l'apertura d&Istituto Don Bosco per Oriani di guerra
sulla dolce collina di Monteoliveto in Pinerolo e della Scuola pratica di agri-
coltura al Mandrione in Roma, che provvidero alle innocenti v i h e della
guerra in Italia. Le operazioni militari e k requisizioni governative obbli-
garono a tras5erite temporaneamente i con~.ittidi Alessaudfia, Fossano, Mo-
gliano Veneto ecc. I1 Patronato di Venezia Castello sfollò a Trevignano, l'I-
stituto di Macerata a Genzano di Roma, quello di San Francesco di Sales da
Catania a San Gregorio.
A Tucuman in Argentina si aperse un istituto per figli di Emigrati ita-
liani; un altro fu iniziato a Camaguey neli'isola di Cnba per la gioventù
cubana; le Missioni apersero una nuova residenza a Santiago di Menda,
un'altra a Registro di kamava nel Mato Grosso. Una sistemazione ecclesia-
stica eresse vicariato &;tolico la regione d e n a dalla Prefettura della
Terra del Fuoco e l ' a d & ad un vescovo salesiano cileno con sede a Punta-
renas. I primi salesiani destinati alla Prefettura del Rio Negro nel Brasile af-
fidata a Don Lorenzo Giordano fissarono le prime tende a San Gabriel con
Don Bdzola. Le cristianità del Heung Sban nella Cina da tre salirono a
quindici.
Nel 1917: il più mento per tante nmioni di Europa, si mise II collegio
di Cavaglià in Italia a disposizione dei figli dei sicbiamati sotto le armi, le
Figlie di Maria Ausiiiauice apersero asili per bambini e bambine orfani di
guerra in Alessandria, Cbieri, Sassi, Grugliasco. Presso altre case d'Italia
e di America si apetsero scuole serali e case del aoldato per l'assistenza ai
milita$ altre opere di assistenza ai figli dei richiamati timpauiati pet ser-
vizio. Nuove opere: l'assunzione dell'Istiuuto Elvetico a Lugano nel Canton
Ticino (Svizzera); nuove fondazioni ad Ayagualo nel Salvador e a Port Che-
ster negli Stati Uniti; una parrocchia a Biella, due nel Brasile ad A s m a e
Luis A.lves, tre nel Cile a Santiago, Vdparaiso e Talca soprattutto per I'as-
sistema agii Emigrati, una a Ca6o de Loro pei Lebbrosi in Colombia. Le
Figlie di Maria Ausiliatrice inauguravano sette nuovi Convitti operaie a Mi-
lano, Ponte di Nossa, Mathi Torinese, Varailo Sesia, Casino Boario, l'asilo

27.6 Page 266

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Savoia a Roma, Oratori scuole e laboratori a Bosio di Parodi L i i e , Rio-
maggiore, Remondò Lomellina, Biumo di Varese, Castelgrande di Potenza,
Bova Manna. fiii'estero un coliy$io a Limares ml Messico, un a h o a San
José di Costa Rica, una casa di missione a Chaucbamayo nel Petù, a Regi-
stro di Araguaya nel Brasile. Nuovo grandioso edificio a Valencia nella
Spagna e apertura parziale al mito dal santuario di Lima nel Perii.
I1 Bollettino del 1919 riportava l'elenco delle operedel1718.Don Aibera
ricordava anziatto che tra Salesimie Figlie di Mana Ausiliatnce s i erano po-
tuti accogliere Urca trecento nuovi orfani di guerra nei vari istituti ed aiuta-
re più di cinquecento piccoli profughi dalie tetre invase; poi la benedizione
ed iriaugurazione del sautuanetto a Maria Ausiliatrice sul colle Don Bosco
d i fronte alla casetra di Don Bosco, sxidisfacendo al voto fatto per la cessa.
zione della guerra. Metteva quindi in rilievo I'awiamento dei due Oratori
torinesi a Borgo San Paolo ed ai Borgo Monterasa, destinati alie zone più
penfericbe con il progetto di ampio moderno sviluppo a servizio smide o h e
aila cura dei giovani; d'dtimazione deli'istituto del Mandrione a Roma e del
complesso salesianc a Livorno e l'aperara di u n Oratorio a Fiume. I n Polo.
nia: un orfanotrofio a Kielce e una nuova casa a Cracovia. Ne@ Stati Uniti,
una casa di formazione a Cold Spring e ii .easferimento deli'Orfanotrofio di
Hawdiome a Wdlamsbridge. Le Figlie di Maria Ausiliacrice, oltre ad am-
pliamenti di sezioni in varie case d'Italia, a Salamanca in Spagna ed a Lima
Prado nel Petù, avevano assunto servizio di cucine economiche prsso il.
Dinamiti6cio Nobel di Aviaana (Torino), un nuovo convitto operaie ad
Aulla, servizio di ospedaii militari a Casaimonferrato e a San Giorgio Lomel-
lina, una casa per giovanette profughe a Genova ed un'altra a Sant'Olcese di
Polcevera; d'estero, Scuole con Omto~+ofestivo a Braz e RibeirZo Preto
nel Brasile per figlie di emigrab italiani, a Mahwah negli Stati Uniti per i fi-
gli di operai addetti ad un grande ~ t a b h e n t o a, Lima nel Petù il setvizio
in un lazzaretto ai colpiti da peste bubbonica.
Nel 1919, i Salesiani apersero un Oratorio festivo a Roma presso la
chiesa di San Saba, a Venaia il Patronato Leone XII, a Palermo PIstitmto
Santa Chiara, ad Asti I'Oratotio della Victoria, un btimto a W n i , una
Colonia Agricola a M o n t ~ g o l o i;n Polonia, sei fondazioni a Rozany-
stolc, una parrocchia con grande istituto per scuole professionali ed agricole,
ad Aleksandtow altra parrocchia con ginnasio, a Varsavia chiesa pubblica
con scuole popolari per esterni e scuole professionali, a Pnemysl un ospi-
zio per giovani poveri ed abbandonati, a Cleaa Doha una casa di formazio-
ne, in Baviera a Wurzburg Casa pensione con Oratorio per artigiani; a
Freyung, a Passavia, a Graz e a Bamberga; come quella aperra a Whburg;
neli'Austria assunsero un pensionato per giovani profughi dalla Venezia Giu-
lia e Tridentina, un altro per corrigendi a Vienna XVIII e un Oratorio con
cbiesa pubblica a Vienna-Stadlau, nd'Ungheria un Oratorio festivo con
ginnasio a Nyergensnjfh, ,h Jugosiavia un Oratorio a Lnbiana Moste, in
Inianda una Colonia Agticoia a Copsewood-Pdieshenry, in Brasile un Ora-
torio a Cruzeiro presso Lavrinhas ed uno snidentato pei giovani conftateiii
a New Rochdle negli Stati Uniti. La più notevole è quella di undici resi-
denze stabili in Cina nel nord del Cuantung.

27.7 Page 267

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Le Figlie di Maria Ausiiiatrice a Roma hanno allestito una scuola pro-
fessionale per operaie al Testaccio ed awiato un oratorio nel quartiere di
San Saba; una scuola professionale con giardino d'infanzia e oratorio a No.
vara Cittadella, a Tornaco, a San Nicolò di Ferrara, a Robbiate ed a Co-
merio, altre opere per l'educezione delle Figlie dei gopolo ad Alba, Piedi-
monte Erneo, S. Giovanni da Punta e a Senise, un convitto operaie a Maglio
di Sopra, orfanotrofi a Bova, Cammarata, Palermo, Tremestieri, Pegli e a To-
rino presso ii loro istituto prinoipale per orfani di guerra; una casa di cura
ad Asti e una colonia marina ad Ancona; un Patronato a Torrente ed una
casa ad Aiella nella Spagna; un esternato con scuole e oratorio a Ensena-
da neli'hgentina e una Scuola Normale a Bahia Blanca.
Nel 1920: in Italia, una parrocchia a W n i ed un pensionato a Tra-
pani; una scuola italiana a Kaifa in Palestina, un convitto a Budapest in
Ungheria, un altro convitto per giovani desiderosi di abbracciare lo stato
ecclesiastico a Burgbausen e un aspirantato salesimo a Ensdorf in Germania,
una casa di formazione ad Oxford in Inghilterra, una parmcchia con ora-
torio e progetto di scnole professionaii a Salto nell'uruguay, parrocchia ed
oratorio a El Pan neli'Equatore; assunsero poi la nuova Missione del Cba-
co Parwayo con residenza a Fuerte Olimpo. La missione del Cuantung in
Cina venne eretta m Virariato e Mons. Luigi Vessiglia nominato vescovo vi-
cario apostolico.
Le Figlie di Maria Ausiiiatnce assunsero convitti operaie a Chieri, O&,
accolsero un cendnaio di orfanelli neu'ex convitto Rotondi e apersero
un Orfanotrofio a Voltri per figli di marinai, nuovi asiii con oratorio e
sniale di lavoro a Livorno, a Passalacqua, a Zoagii, a Ravenna e a Roma
presso l'orfanotrofio Gesù Nazareno, ampliarono e diedero nuovo assetto ai
quattro che gia facevano funzionare a Torino per orfani di guerra; in Spa-
gna scuola diurna serale e domenicale per operaie ad Aliante e a Bellas
Vistas di Madrid; in Belgio assunsero la direzione della scuola pmwchiale
a Liegi St. Giles; in Inlanda una mola professionale e di economia dome-
stica a Limerik, in Brasue una casa di formazione a Ypiranga.
La circolare di capodanno del 1922 è a firma del Prefetto Generale Don
Filippo Rinaldi, che sarebbe succeduto a Don Albera pochi mesi dopo nel-
le 61ezio~di ei Capitolo Generale; ma, fedele &a tradizione, enumera le fon-
dazioni e variazioni degli ultimi mesi di vita di Don Aibera. La psinapde
è l'assunzione della Missione deli'Assam: i missionari con a capo Don Luigi
Mathias ebbero ancora la benedizione e l'abbraccio di Don Albera. Dei
1921 P pure l'assunzione del vicaristo apostofico di Shin-Chow con la con-
sacrazione dcl primo vescovo salesiano in Cim Mons. Luigi Versiglia e la
collaborazione di nuovi missionari a rinforzare ii concorso di qu& dei
Heung Shan. Dei cento, gamiti nel 1921, parecchi riofonarono la Missione
del Rio Negro con l'apertura di una casa a Manaos. In Italia si &dò una
sezione di formazione del personale aila casa di Caste1 de' Britti ed &'Ora-
torio di Sdiio. Un altro Oratorio venne a w t o a Modena. Da rilevare Lo
sviluppo delle opere di Essen e deli'Oratosio di Monaco di Baviera, oltre
l'apertura di una scuola popolare presso l'istimo di Toumay in Bdgio; la

27.8 Page 268

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fondazione d i una Scuola Agraria a Watsonviiie negli Stati Uniti e a Ge-
nerai Piran in Argentina.
Le Figlie di Maria Ausiliatrice assunsero la direzione di una casa
per la protwione della Giovane presso il santuario deiia Consolata in To-
tino, un Giardino d'infamia ad Asti, un Oratorio con laboratorio e dopo-
scuola ad Oulx, una scuola parrocdide con asilo, ,laboratorioe oratorio ad
Arma di Taggia, un pensionato per Normdiste ad Alessandria, un Collegio
con oratorio festivo a Genera1 Piran, una scuola parrocchiale con oratorio
festivo ad Ascurra nel Brasile, una scuola gratuita per fanciulli a Jaquii nel
Cile, una casa climatica a Yauia nel Perù ed educandato per fanuulli della
Colonia 1:taiiana a Puebla nel Messico. I1 Bollettino segnala anche i'assun-
zione di cura di guardaroba, laboratorio, cucina presso vani istituti sdesiani
a Torino, Frascati, Chertsey e San Francisco di California....
Sensibile lo sforzo di rispondere a particolari e s i g e specialmente in
Europa dopo h a g a n o deUa prima guerra mondiale.

27.9 Page 269

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DaUa corrispondenza di Don AIbera e di vari Salesiani
I n una lettera a Don Rua, 3 giugno 1885, Don Albera si lamenta della
lungaggine di una pratica con il sig. Willemot, ex presidente deEa Corte di
Bésan~on: « I o piuttosto lascerei andare la cosa e imparerei a trattare in
... modo più deciso. Le mezze parole ci fanno disonore in Francia. Bisogna &e
consideriamo iin dove possono arrivare la nosne forze e arrestarci a.
114 luglio 1885 espone a Don Bonetti le note dolenti della casa (il co-
... lèra, il vaiolo, un codratello
compresi cinque giovani con
fqeubabsriecoalntsa.u..nteofdaasltliaditudb'aeltrrcoologsein,earlet)ri
ammalati,
« T i assi-
curo che non ne gosso più. Non scrivo a Don Bosco perdi6 io conttisterei
troppo. Io non mi sento di continuare fino a settembre (scadenza del suo
... primo ttiennio) di questo passo. Prega il Signore che mi mandi piuttosto
una malattia, ma che mi tolga da questo stato e se fosse possibile Ma sia
fatta la volontà di Dio!... ».
Il 18 luglio 1885 no&ie a Don Bosco del migliorameno generale di
salute e gli manda la domanda di un aspiraore alia professione: poi gli
presenta Je scuse per ii poco rispetto del gortiere ad una benefattrice bene-
merita, pregandolo di scrivere a d e lui due buone parole; e aggiuoge:
«Quanto mi pare lungo quest'anno! Mi aiuti, caro Don Bosco! I giovani
sono assai bene avviati e pregano molto per lei. Dei confiratclli, alcuni si
... ammazzano per fare andar bene 3e cose, aleri sono sempre gli stessi e fanno
soffiiie Mi benedica e preghi per me... ».
I1 21 dclio sierso mere, postillmdo i pxuolari dell'ofierra di uns per-
- sons dedna di fiduC~(sig. Minpatdon) aemungc qualche spiegizionc per Don
Durando. r Secondo il mio novero ciurlizio non biso-mciebbe larciulrc sfu.a-
gite questa occasione: i vantaggi sono considerevoli e i pesi sono di tal
natnra da poterli sopportate, malgrado la debolezza delle nostre forze. Del
resto noi siamo interamente sottomessi ai nosts'i superiori, a coi solo tocca di
decidere questa grave questione. Certamente l'esempio di Torino ci deve
far dettere seriamente. Ma noi siamo ben lungi dal fare le cose come
costì. Restiamo sbalorditi quando si visita la stamperia e altri laboratorii
dellell0ratorio. Noi cercheremo 3 vantaggio materiale più che la bellema
esteriore...». (Don Bosco deplorava per& del lusso nell'u5ao del capo
della tipogratia -V. M. B.).
A Don RU, il 17 novembre 1887, manda copia delle convenzione col
sig. Willemot ed aggiunge: << Il mio viaggio a Parigi e quindi a Lilla fu ttan-
quillo, forse più di qn&a della S. V. ad Ambérieu, Fui molto in pew a Bé-

27.10 Page 270

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srincon nel uederla partire in terzm classe in si poco gradevole compagnia.
Vmamente bisognerebbe che qtldcheduno le facesse comandare da Don B a
szo di non far più cod. I confratelli tutti, se sapessero Le cose non potreh-
hero a meno di averne molto dispiacere. Arrivato a Parigi, trovai già 6mr-
nato ?niostro caro Don Ronchd, ma&m i fermai colà tutto il giorno
della
re la
domenica e
convenzione
&i eduelelagifoercneicosel gsuig&. iW. XPlermofoitt.t.a.i
dell'occasione
Don RonchaX
perlegge-
è assai mn-
tento e fa camminate assai bene la sua casa. A Parigi si fa qualshe poco di
bene. A LiUa non c'è male: pare che i confratelli siano bene h a t i , e do-
po la pantenza di quelli che non si regolavano guari bene, pare &e vi sia
... uilione fra di Loro Tutti quelli che noi vediamo ci domandano delle
... nuove di Don Bosco Bisogna ben che i nostri superioti sappiano le cose
e ci a i u ~ os,pecialmente che noi a m i a m o i n qn&o stato per cagione dei
noviziato che urgeva sistemare in Francia. La prego di presentare i miei os-
sequi a D. Bosco e di ricordarsi di me nelle efEcaci sue preghiere. Suo nm.mo
senitore P. Albera n.
In una del 16 giugno 1888 (dopo da morte di Don Bosco), Don &ra
si gius&,ca da!i'acmsa di qualcuno che ricorreva diremamente a dar noie
... ai superiori di Torino perché «Don Albera non scriveva mai ai Direttorin...
Cose di questo mondo
Una lettera interessantissima del chierico Scaloni Francesco, del 3 marzo
1887 a Don Rua in cui dà ampie notizie della Casa di Marsiglia:
«Qui 1'Esercirio della Buona morte lo si fa bene per dawero. Non
potendo tutti in una medesima giornata, lo si fa in due, in una gii assisten-
ti, neil'altra i maestci. Al mattino, finita la Messa degli Artigiani, si va
nella cappella, e qui confessioni e Messa pei conftateili; ai sta quindi ad as-
sistere alla Messa degli studenti, come per riqxaziamento. Alle 9 e mezza,
si sientra nella cappeila e, dopo t ~ qeuarti d'ora di meditazione, comincia il
sup&ore a propone vari punti intorno a cui esaminare la nostra coscienza:
così fatto l'esercizio ?orna di grande vantaggio: si esce alle 10 e mezzo e vi
si ritorna alle 11 e mezzo per la lettura spirituale (cosa di tutti i giorni aila
medesima ora).
Alla sera poi, conferenza dove per lo più si svolge qualche punto asce-
tico, con grande consolazione e profitto delle anime nostre. E questo per
tutti due i giorni, nei quali si usa pure fare da tutti i confrate% i4 rendi-
conto. La pietà e la puntualità dei confratelli nel trovarsi a queste pratiche
loro un carattere sommamente pio: ah, se in tutci i collegi fosse la mede-
sima cosa!
I1 sig. Don Albera è idanticabiie: egli fa la scuola di filosofia (ché non
tutti i cbierici sono ammessi alla teologia) e di latino aile quali dassi tutti,
*reti e non preti, vi ci si devono novare, tolte ben inteso le c n b a n z e .
... Per me resto meravigliato che possa durare a tanto (Don Albera): solo, fa per
ue; ahove ove sono me~iiodi tre non fan ps .uno. O tempora o mores!
Di musica, di canto nuila k dico: è la casa modello, senza o5kndere alcuno:
intendo canto ?eligioso.
Qui ai dice che i giovani Marsigliesi sono troppo vispi; sarà, ma quello
che è certo son molto buoni, hanno un gran cuore. La si figuri che non

28 Pages 271-280

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28.1 Page 271

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meno di 15 studenti si accostano tutte le mattine & S. Comdone, e non
sono più di 70 (in tutto)...
Io credo che questo sia il miglior &*.%io per giudicare, e lo prova la
loro condotta esterna, ne& quale, fatta qualche rara m i o n e , sono di mc-
d&o a molti, Quante vocsUoni, (,par1osempre di studenti), quante vocazioni
verranno fuori di qui! Certo è che non tutto è oro e c'è qualcuno che stona...
Si lamentano dei giovani, ma io credo che a male vien da hm che non ii
sanno tenere... A proposito cc' Rame&, il capo ferraio, che fa marcher i suoi
... giovani come tante gioie: ne avrà sotto di un 18, ma degli artighi sono
i più disciplinati; -li vedesse in 6ia non osano parlare, e sono artigiani! Al-
la domenica poi quasi .tutti, insieme col loro capo, si accostano & santa
Comunione, lormando così i'editicazione dei compagni.
Di qualcuno che viene da S. Benigno pare farebbe bene a ritornarsene:
giorni sono si fece la vesnizione di un tale che f u tosto manda60 a Nizza do-
ve pare che il .numero dei chierici conti poco; ma lei saprà meglio di me
quello che avviene là entro. Mi dimenticavo di parlarle di Mora: i,l pove-
reeto è aui che lavora e lavora molto: ammalatosi il cuciniere. si è offerto ad
aiuto, senza inaalasoiarei suoi ordia& lavori &e comprendono la spedizione
dei BoiletthG francesi e la contabilità di tutta h casa. Mi parla spesso dei
passato: è sfortunato, non traviato: qualche volta non è padrone di sé, ecco
tutto. Attende Don Bosco, io faccio voti perché sia esaudito. Mossetto mi ha
scritto: nella lettera ad Urbano ne oada a 1-0: favorisca leexere so-
.. ... pra q u k o che egli pensa. di me stesso: sanità ,&detta, studio quasi nulla ;
... lavoro di indoratura ; nell'animo, tranqniUo; la memoria d& casa e dei pa-
... renti, poco mi disturba; aii'awedre p& ci penso, riposando suila sua pa-
rola di galantuomo giuoco molto ed è bello vedermi in mezzo ai giovani
.. correre come un disperato (qui sono un gran corridore) e &e vdite parlare
un po' italiano, francese, piemontese ~>erfarmi intendere. i giovani ci pren-
... don gusto e mi vo&ono far giocare anche con mia... poco buona voglia. Non
c'è più posto per la &usa: glida spedirò quando sarà arrivato Don Bosco n.
N.B. Questa lertera del giovane chierico, che fu poi ordinato sacerdote
in dicembre, conferma quanto sciiveva già ii 16 novembre 1884 Don Bella-
my: «Don
a Marsiglia
Albera
specie
afagliesaesrcaiiztitoi...es»em...pIlanreqduiesbt'uaonnnao
morte per tutti
ii numero dei
in casa
giovani
studenti ed artigiani era già cresciuto, nel 1881 erano 130, 86 interni e 44
est&. Gli artigiani erano tutti interni (da una relazione stampata presso
la tipografia Maio Olive e redatta dali'abate Mendre, quando arrivò Don
Albera). Opera di Don Bologna.
I n una lettera dei 3 ottobre 1881, Don Fasani scriveva a Don Savio, a
Torino: «P.S. Ora abbiamo qui a Marsiglia il caro Don Paolo Albera ispet-
tore e k cose della casa sembra che prendano più buona piega ».
... ... N&e «memorie» di Don Riviere: « y on dii que a Marseule on a
feté Don P. Albera en 1887 et 1890 » (pag. 29)
«Don Albera hissa à Marseille .lareputation #un saint A sa foi en la
Providence et à son inthtive est du la construction des ateliers amels dont
la inauytation coincida avec son trasfert au Cbapitre Superieur. I1 fut très
aimé, on dirait prerque udoré des enfans et de tous ceux qui furent avec
lui en relations intimes >>(pag. 22).

28.2 Page 272

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«... sur désir du rev.me Don P. Albera » è stata trasferita la sede isper-
... toriale delle Case della Francia-sud da Marsiglia a Lione, nel 1921 (pag. 35).
« Il lavoro d e t i v o circa I'Oratoire St. Léon, come desiderò il com-
oianto Don Albera avrà anche la storia in sintesi della ~ersenizionerelig-iosa
in Francia » (pag. 40).
.. «Nel 1922, ,& 5 flebbraio, ci f u a Marsiglia una grandiosa manifesta-
zione d a memoria del comoianto Don P. Albera. e sì che egli a Mesi-
glia era stam nel 1911 in incognito; nel 1913 in pubblico, com'nel 1921 »
(circ. u.ag.. 14).
D3 le/tr*redi DOHBellont~.Da Ascona (Svirieri) il 3 mogio 1902: « Ici
vorrc sbscncc... scnibra lunga, troppo lunga, 1ungEssims; i confr~rcllie iurri
... la dcsidcrino: rutti si asnerrano che lei tomcri al uiù cardi Dcr Pepocs ds-
gli esercizi spirimali. ari vero? Chissà quanti equali benifici 2 confra-
teili di America con la sua visita... In Francia lei non P dimenticato, anzi...
... la mia lunghissima lettera le darà occasione di pensare un po' di più alla
sua cara Francia » (pag. 14).
I n una lettera dei 16 febbraio 1906 Don Virion Dreeava Don Gusmano
di dire a Don Xinaldi, che Don Albera non credeva b&evdi sinviare un con-
fratello in famidia, uercbé non si sarebbe fermar~e sua zia era troppo po-
vera per prowédere-anehe a lui.
I1 13 febbraio 1921 lo stesso assicurava Don Gusmano sulle condizioni
della salute di Don Albera, festeggiato in Francia pel suo Giubileo d'Oro
sacerdotaie: *<Lebon père a pu supporter les seances, visites à faire ou rece-
voir dans les differents maison oh il s'est déjà atreté, à Nice, à La Navarre,
à St. Cyr, à Marseille e&; pour le moment, à St. Margberite. Partout le
vénéré Supérieur a été r e g ~par les enfants, les jeunes gens de nos Pa-
tronages, les ancieas, les coufrères, les Cwpérateurs et Coopératrices com-
me le successeur du venerable D. Bosco. Plusieurs famille6 de nos dévoués
. - Cocpérateurs se sont présentées, dans les differentes maisone, au compiet,
oère,. mère. enfants,. oour o b t e h la benediction du successeur de D. Bosco.
Les anciens élèves, a Marseille snrtout, sont venus au gand complet, malgté
... une oluie buttante .Tus-~u'àce jour, bon vo.ya.ge, asse2 bome santé, fatigues
... ... bien supportées, receptions enthousiastes Dm gratias! S.
Ancors Don HcLissiCre, il 14 maggio 1921, sc~ivcvna Don Gurmano che
in Francia rurri facevano voti ed ijnnilriieano preghiere a Dio p?: la conser-
vsiione della silure di Don Albera « oui nous est si Drecieusr... r. Si dichiira-
va poi dieposto a fate quello che DO; Albera avrebbe deciso « pel suo bre-
viario »; egli non si sentiva ancor ben rimesso insalute ed il lavoro &e ave-
va era opprimente.
... I n una lettera di auguri pel suo ouomastico (21 giugno 1921) 1'Ispet-
tore Don Béissière faceva gli auguri dei Francesi: « Mon P&, on le re-
specte, on le vénère, mais surtout on Paime... Vos % de France vous re-
spectent, vous vénèrent, mai~swtout vous aiment du premier au dernie...
tous, sans excep"on. Je n'insiste pas, Père, car tout cela vous le sava. Nous,
vous redisons toute notxe bome volonté pour devenir toujours de plus en
plus fideles à nos saiutes r q e s , dociles enfants du venerable D. Bosco et de
son digne successeur... ».

28.3 Page 273

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... Nessuna nota discordante? Due lettere abbiamo trovato: una di un
ex-salesiano che si fece agostiniano. Egli confidava che da principio aveva avu-
to l'impressione «che Don Albera non capisse la mentalità francese; ma poi,
un colloquio con lui lo aveva pienamente soddisfatto»... Era lui che aveva
un'aitra vocazione...
Un'altra lettera a fa sentire il lamento di qualcuno che Don Albera
amasse comandare e scegliesse solo italiani per la diredone delle Case... Nes-
suna moravidia: e& asiva secondo direttive di Don Bosco, ii q-uale,. anche
per PItdia faceva direGori i salesiani che gli erano a fianco da più tempo,
perché riteneva che nnché le Case avessero direttori salesiani vissuti a lun-
... go al suo fianco, le cose sarebbero andate abbastanza bene »; dopo, soleva
... ripetere, «rimettiamo tutto oeUe mani di Dio a.
Così all'estero è anche umana pmdenza preporre superiori che abbiano
assimilato lo spirito dei fondatori, perché ogni Eamigiia religiosa ha il pro-
prio spirito: dtro è lo spirito degli apostoli di éliies, ed &o lo spirito degli
apostoli di mssa. Don Bosco è di quesr'dtimi. Contemporaneo di Carlo
Matx, o r g d a t o r e di masse, Don Bosco (nato tre anni prima e morto tre
... anni dopo) è #postolo dalle =se operaie 6n dd'adolescenza, per educarle
alla cristiana collaborazione di dasse, non di lotta Tant'è che, quando Don
Albera cominciò a far nominare Ispebtori e Direttori fzancesi, fece ottime
scelte che assicuraronola prosperità deli'opera salesianaed il progressivosvi-
... luppo fino ad istituti imponenti, ad una magnifica fiorimra di vocazioni e
di missionari di gran valore Se non ci fossero state tante persecuzioni auti-
clericali, ancor oggi ne vedremmo...
Gli italiani, del resto, che furono mandati in Francia, si aiiezionarono
... tutti così fortemente e cordialmente, che li abbiamo sentiti noi stessi parlar-
ne con fervido entusiasmo I n tutte le cose ci vuole il tempo adarto;..
Don Bellamr, 18 mano 1884, scriveva a Don Barbe*: «La oreeo anm-
ra di rinnovare presso Don &era, i miei sentimenti rispettosi; non posso di-
menticare che questo buonissimo sutieriore fu ii arimo salesiano verso mi la
Provvidenza divina mi ha condotto iorse da altra-casa, S. Benigno?... quando
Don Barberis si preparava ad andare in Eranaa...?) v.
... Nel 1928 28Paccademio commemouatiua del 5@ delP0ratorio S. Leone
di Marsiglia: %DonAlbera resterà tonjours notre honneur. On Pappelai*
ici le petit Don Bosco, tant était grandesa piété er tant il émanait de sainteté
de toute sa persome ».

28.4 Page 274

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Ricordi e confidenze
Come erano belli! ... Ad Ancona, nell'attesa di un Convemo di Direttoti
Diocesani e Demioni di Cooperatori Sal&, stavo ossequ?ando i Vescovi
che onoravano l'adunanza. Ad un tratto i'kavescovo di Fermo Eccmo Mons.
Norherto Perini, prendendomi a braccetto, esclamò: - Com'eran belli, ca-
ro Don Favini, di antichi salesiani dei tempi di Don Bosco: Don Rua, Don
A l h a , Don FrLcesia!...
Me ne ricordo come fosse ieri...
Non eran solo buoni, n& più alta e più ampia espressione del termine.
Traspariva dai loro aspetto, dal loro tratto, d d e loro parole, una b d m a
interiore, il candore di un'aaima msi pura, da farci quasi sentire ii profumo
del d s m a battesimale. Ritlessi -forse anche &iologici? - di quell'arsolufa
mnocenza di pensiero (che inculcava &e ii Mamoni per attendere con pro-
fitto agli studi). Favorisce l'innocenza del cuore. Non swi neppure ai nostri
giorni, e non solo nelle persone consacrate a Dio nell'amore totale, ma an-
che in tanti buoni cristiani che vivono rebtamente in famiglia l'amore fedele
sublimato dalla grazia sacramentale del matrimonio.
Don Albera, fra i tanti, che io conobbi d'inizio del suo rettorato, nei
1910, dascinava anche con la soave mitezza del suo sguardo, con la tene-
rezza deila sua pietà.
La f o t o g r d ne ha fissato i lineamenti nei fervore deil'adolescenza con
la presa del 1861, quando lo riurasse nell'atto di confessarsi da Don Bosco
con altri alliem di dora. Don Bosco gli aveva detto: «Vieni qui, mettiti
in ginocchio e a~poggiada ma testa alla mia, così non ci muoveremo ».(Si
noti che era solo una posa per la fotografia.Voleva dare un modello ai con-
fessori, come accostare i giovani pel sacramento).
E vien da pensare d a gioia che provava Don Bosco, e che manifestb
più volte descrivendo il candore angelico di un bel numero di quei giovani,
umili figii del popolo che nobili personalità dei tempo additavano ai loro fi-
gliuoli conducendoli a Valdocco nella cappella di S. Francesco di Sales a
vederli pregare.
Era la sua più grande consolazione protrarre Sincanto deil'innxenza,
tra gii allievi dei suoi Oratori e d d e sue scuole. Qauante volte lo disse!...
L'innocenza, la purezza conservata o ticonquistata decisamente, la
virtù che garantisce lo sviiuppo normale dell'amore che esige la totale e de-
cisa donazione di un'anima al servizio di Dio e dei fratelli, specialmente nel
sacerdozio e neUa vita religiosa consacrata.

28.5 Page 275

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2 virtù che condiziona le vere vocazioni. A questa autentica fioritura
di gigli si deve soprattutto, dopo la grazia di Dio e la materna assistenza di
Maria SS., lo sviluppo e la benefica missione di apostolato educativo e pa-
storale delle Famiglie Salesiane.
Ntra virtù caratterisoicah Don Nbera era ì'amahilztà della genuina p 6
dagogia della scuola di Don Bosco.
I cari superiori, &e noi abbiamo ancora conosciuto, la incarnavano.
Vederli e correre loro incontro e disputarci la familiare confidenza con loro,
ci venivano istintivi anche nella foga delle più animate ricreazioni, aile qua-
li essi amabilmente ci rinviavano dopo una buona parola, uno sguardo af-
fettuoso che a noi davano la sensazione di trovarcipon in un collegio, ma
in una seconda famiglia, spesso migliore della nostra famiglia naturale.
Così sentii io Don Nbera h dal primo incontro. E ne provai la dedi-
zione patema, quando, alunno di prima ginnasiale, s& al suo studio, lo
stesso studiolo di Don Bosco e di Don Rua, a raccomandargli il mio babbo,
semplice caposquadra cantonieri delle ferrovie delio Stato, &e si presentava
ad esami per un avanzamento. Don Nbera me lo raccomandù al Capo Com-
partimento, che rispose con una lettera gentilissima anche se non lo poté
favorire, perché troppo scarsi i suoi shidi. Povero papà, aveva fatto solo
le prime tre dassi elementari e poi, a quarant'anni, le scuole etniche serali,
... dopo
tutta
cgoiomrnodatiteà.d..i
lavoro esteuuante,
sugli stessi banchi!
mentre io
a Nizza
le frequentavo di
Monferrato, dove
giorno con
ci eravamo
trasferiti nel 1908.
Abitualmente noi ci sentivamo a nostro agio. All'Oratorio si respirava
aria di famiglia, non di una semplice comunità di religiosi; ma - come ben
snisse Don Vden,thi nel numero di maggio-agosto 1974 di Rivista di
Scienze dell'Educazione - fra « educatori che formano con gli educandi
un'unica comunità educativa, un'unica famiglia» (op. cit., p. 196).
Egli mi accolse in Congregazione. Egli mi benedisse e mi diede la ta-
lare, nel noviziato di Fo&zo Canavese, Torino, il 28 novembre 1915.
E i n d c b a me ed agli altri miei compagni di vesrizioue, di porre dei
buoni princìpi, farci un metodo di vita e l'abitudine della virtù. I1 Maesm
di noviziato, un uomo di Dio, Don Domenico Canepa, ci distribuì un ricor-
dino con &afotografia di Don Nbera e queste sue diretrive a tutti i sale.
siani: «Vuoi sapere se hai veramente lo spirito di Don Bosco? Esaminati
bene: 1) Se il tuo carattere è costantemente uguale e santamente allegro;
2) Se la tua carità verso il prossimo è veramente dolce e paziente; 3) Se vivi
come une vittima ognor disposta al sacrificio.
Ouando ricevette la nostra arima arofessione diaosa. 3 21 ottobre
1916,'dopo un bel corso di ~seiciiispiri;"& pr?dicaroci'da Don Luigi Ver-
sidia. ooi vescovo martire di Shiu Chow (.Cina.) e un al110 misiion~rioD, on
mi suggerì ail'orecdio: Considera sempre la tua vocazione come una
grazia di Dio. I1 giorno prima, al termine di un colloquio personale: « Marsi-
ma confidenza nei superiori e coraggio». Ricordi preziosi, indimenticab%...
Nell'autunno del 1918, dopo un violento attacco dell'intiuenza detta
popolarmente « spagnuulam, che fece tante vinime anche in Itaiia, fui tra-
sferito dalla Casa salesiana di Penango Monferrato (ove avevo trascorso P1 mio

28.6 Page 276

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primo anno di trieneio pratico assistendo oltre un buon centinaio di ottimi
«Figli di Maria», vocazioni adulte, e facendo da quatiro a cinque ore di
scuola quasi ogni giomo), alla Casa-Madre di Valdocco, dov'ero cresciuto,
in Torino, per sostituire come assistente in quarta h a s i a l e il caro Don
Ignazio Bonvicino inviato con il Coadiutore Seraho Proverbio e il Diretto.
re Don Luigi Varisco, ad iniziare l'opera d&Oratorio S. Paolo nei elbborgo
cittadino che porta il nome del grande 'postolo.
L'Ispettore mi presentò al Direttore Don h a r d o Savare con un sem-
plice biglieno da visita. Ma questi non mi volle ricevere senza la formale
Lefterodi Obbedienza perché gli premeva trattenere Don Bonvicino.
Mi diressi quindi a Foglizzo dove si era recato ?Ispettore per Ba ve-
stizione dei novizi di quell'anno a richiedere il documento ufiiciale.
AU'uscita di refettorio, dopo l'ordinaria cefezione di mezzogiorno, h
conttai Don Gusmano che doveva accompagnami Don Albera a compiervi
la funzione religiosa. Appena udì ii mio caso: - Bravo! - mi disse - co-
si accompagnerai tu ii Rettor Maggiore. E mi fece dare il denaro di viaggio.
Io ben contento, attesi Don Albera, $'accompagnai a piedi alla srazione di
Porta Susa, donde partiva la ferrovia canavesana, e presi ii biglietto di
prima classe. Don Albera, quando vide quel biglietto si abbuiò tutto rattri-
... stato: - Ma cos'bai fatto? Sprecar così i d d per un viaggio tanto
breve! Ebbi un bel protestare che la Canavesana aveva solo due dassi,
non tre come allora nelle Ferrovie deUa Stato, e non mi pareva conve-
niente un ecdiic di legno per lui già avanzato in età, ecc. Stentò a rassqimsi
ed a s& in queiia prima che era ben poca cosa anche in confronto d d e
seconde dassi di oggi.
L'Ispettore iavece andò suiie furie per la pretesa della lettera di obbe-
dienza da parte del direttore di Valdocco: mi traetenne a Fo&o per tutta
la festa, mi ricondusse a Torino riaccompapndovi anche Don Albera e a
Torino mi stese il documento che decise la mia accoglienza regolare nella
casa, fra giovani carissimi.
Nel settembre del 1921, eccomi l'obbedienza per il CoUe+5o Morgando
di Cuorgnè Canavese, dove urgeva personale. Un giomo, attesi che Don Al-
bera uscisse dal santuario dopo la visita quotidiana del pomeriggio, per salm
tarlo.
Egli ci sofferse: - Ma perché ti mandano ma?... Proprio adessoche
stai per prendere Messa!... Ma il tuo posto è qui! - mi ripeté, come altre
volte...
- Poi, mentre io gli davo le spiegazioni, tentò di consolare me, che pure
ci sofhivo ad allontanami da Valdocco: E b b e , guarda: h n n o venhiro
non ascolterò piìu nessuno. I superiori mi mandano sempre a passare qualche
&no di sollievo d'estate O& Casa di L m o Torinese. E non vogliono ca-
pire che quell'aria è troppo forte per me... L'anno venmo vengo a Cuormè
... dove Paria è più mite, a passare quei giorni con te.
E mi benedisse affettuosamente Caro Don &a!
Verso la finedi
ottobre, egli volava in Paradiso... ed io non potevo neppure accorrere ai
suoi funerali, impegnato n& scuola... Ricordi ineffabili!... Ne lascio altri
anche più confidenziali.

28.7 Page 277

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A tutti i salesiani
- - per ii Centenario &ellanascita di Don Bosco
1815 16 agosto 1915
Vuoi sapere se possiedi lo spirito del Ven. D. Bosco.
Esaminati bene:
1. Se il tuo carattere è costantemente uguale e santamente allegro.
2. Se la tua carità verso il prossimo & veramente dolce e paziente.
3. Se vivi come una vittima ogoor disposto ai sanificio.
Ti auguro che la tua coscienza possa rispondere afiermativamente a
queste domande.
lo Gennaio 1915
Soc. P. Albera
I1 suo programma personale:
Avrb sempre Dio in vista
Gesù Cristo qual modello
L'Ausuiatrice in aiuto
Me stesso in sacrificio
Me stesso h saaiiicio

28.8 Page 278

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Un saggio agli Inni &ciali che aprivano e chiudevano
l'Accademia nell'annuale festa onomastica al Rettor Maggiore
A Don Albera 1914
Versi di don Lemoynr
Musica del M' Cav. Dogliani - A pieno coro e banda
Non chieggo alle aurore - incanti novelli,
Ai monti e alle v& - profumi di fiori,
Non chieggo alle cetre - i suoni più belli,
Ai figli non chieggo - l'omaggio dei cuori
Nel giorno a T e sano, - o caro DON ALBERA,
Che atteso con ansia - alfine spuntò.
E al CieZ che abbiam chiesto - coi voti più ardenti
Un dono, un trionfo - di gloria immortale,
Modello di eccelse - virtudi alle genti
Del mistico Agnello - a mensa regale:
Un dono che solo - coll'inno di un mgelo
Sovt'arpa divina - cantare si può.
Arcana una nube - si avanza e m'investe,
Ogni atomo vibra - diversa armonia;
Si svela al mio sguardo - la Reggia celeste
E assisa trd gigli - appare MARIA:
Oh! come quell'aura - che è pregna di balsami
Ravviva nell'alma - la gioia e l'amor.
Accento a quel roglio - qual raggio d'aurora
di SAVIO DOMENICO - risplende il sembiante:
Ei Patrio ed il tempio - vicino alla Dora
Contempla commosso - saluta festante:
E vòlto alla Vergine - invoca con giubilo
Su Te e su' tuoi figli - di grazie i tesor.
E a Te... un chirogrofo - la Madre di Dio
Protende, o DON PAOLO, - qual pegno di affetto;
Sta scritto su quello - il nome di PIO,
Annunzio di aureola - pel suo prediletto:
Awà dei suoi santi - la Chiesa nel numero
Chi in cielo beato - al fianco Le sta.
E questo » proclama - la dolce Regina,
L'evento che un giorno - predisse GIOVANNI:
E questo l'Allievo - cui luce divina
E gloria è serbata - nel corso degli anni:
Ei guida od immensa - falange di giovani
Sarà verso il Regno - che fine non ha... ».

28.9 Page 279

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Ed ecco m a turba - uestita di luce
Discende in trionfo - dai troni di gloria:
DON BOSCO: precede - lo? padre, lor d w e
Nell'aspra sul mondo - sudata vittoria...
E selva le palme -che stringon le destre!
Sonide il gran Padre - sorride il Discepolo...
E un canto i~effabil-e allieta l'Empir!
Amato DON ALBERA, - quel cantico dice
Che gid del Tuo nome - risonan le sfere...
L'Ausilio M&erno - ti orride felice;
T'avanza! Ti seguano - a mille le schiere,
Gli amori di SAVIO - in esse rivivano:
E sotto tal egida -nessun dei discepoli,
Nessun dei tuoi figli- potrà mai perir!
Don GIOV.BATT. LEMOYNE
Con particolare riconoscenza a Dio che mi ha conmtito di condurre a
teimule anche questa biograiia e completare tosi la ~ilogia:Vita di S.
Giovanni Bosco (SEI-Torino); A metà con Don Bosco (LDCLeummn T e
rino); Don Paolo Albera x Le Petit Don Bosco r (SEI-Torino). Sotto un'an-
goiama speciale di famiglia «nella vita e nella storia della Societi Sale-
siana u.
Ringrazio di gran cuore SE. Mons. RaffaeleForni che mi ha stimolato,
incoraggiato ed aiutato h o ali'edizione con una presentazione in anteprima
sui «Giornale del Popolo » di Lngana, riportata, in gran parte, come @a-
zione; p i ,i Superioci, speciitlmeate il Segretario del Consigiio Generakio,
mn l'équipe del SUO dicastero, specialmente Don Luigi Tavano, che mi ha
p& tradotto la bellissima edizione ingiese della vita di Don Albera scpitta
dal carissimo Don Angelo Franm e pubblicata dai Saiesimi degli Stati Uniti;
il rev.mo Don Sante Garelli che mi rivide pazientementeil manoscritto; Don
Angelo Gatbarino, che mi rivide la parte dalla casa di Genova-Sampierdarena;
il Direttore della Casa Saiesiana di Nice (Francia) e Don Giuseppe Manpet-
te della Casa Salesiana di Liégi che mi hanno favorito fotograiie dei tempi di
D. Aibeta; la Scuola Grafica di Valdocm e la SEI; i carissimi Fxallievi e be-
nefattori che concorsero a spese di stampa e coliahorano per lla &ione.

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Fonti biografiche
Memorie biografiche di Don Bosco, D. G. B. Lemoyne, D. A. Amadei,
D. Eugenio (Ma, SEI, Torino.
Annalt della Società Salesima, D. E. Ceria: sp&ente &voilume IV,
SEI, Torino.
Dos Paolo Albera, D. D. Garneu, SEI, Torino 1939.
A lomp resplender~t.D. Angelo Franco: versione di D. Luigi Tavano.
BolieffinoSaleszano, Edizioni i d a n a e francese.
Lettere circolari di Don Albera ai Salesiani, SEI, Torino.
Lettere nrcolan ai Salesiani miiitari n& guerra 19141918, SEI, Torino.
Epistolario dz S. G. Bosco, D. E. Ceria, 4 volumi, SEI, Torino.
Profili dt Capitolarr Salesiani, D. E. Ceria, W,Torind,amann 1951.
Afia del Capitolo Superiore della Solletà Salesiana, prime annate, SEI, Totino.
Don Bosco o Genova. Numero unico commemorativo del Centenatio deii'0.
peta Salesiana da Marassi a Sampierdarena 1871-1971.
Alpe pubblrcazioni minon, occasionali, commemorative...

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INDICE

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PARTE I - CON DON BOSCO
I tre
All'Oratorio di Valdocco
Lucerna e chitarra
Professione religiosa e studi
A Mirabello Monferrato
Gelosia d'amore
A metà con Don Rua
Primo Direttore dePOpera Salesiana a Genova-Sampier-
darena
Da Marassi a Sampierdarena
Un decennic di direzione
Primo Ispettore delle Case Salesiane di Francia e Belgio
L'aiuto della Madonna
Al tramonto della vita di Don Bosco
Dopo la morte di Don Bosco
PARTE I1 - DIRETTORE SPIRITUALE GENERALE
DELLA SOCIETA SALESIANA
Obbedienza
A Torino

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Verso il IX Capitolo Generale
- XXV delle Missioni Salesiane Visitatore deiie Case
d'America
A Buenos Aires pel I1 Congresso Cooperatori Salesiani
Alla Terra del Fuoco e per gli altri Stati fino al Nord
America
In Brasile
I1 secondo anno in America
Dall'Atlantico al Pacifico
Dai Bororos ai Jibaros
Fra i Lebbrosi
Dal Messico agli Stati Uniti
A Torino. Incoronazione di Maria Ausiliatrice e Corona di
Don Rua
I1 X Capitolo Generale
PARTIE11 - RETTOR MAGGIORE DELLA SOCIETA
SALESIANA
L'XI Capitolo Generale - L'elezione
Fra croci anticlericali e flagelli internazionali
Il I" Cong~essodegli Exallievi
In Inghilterra e in Belgio
Per Case d'Italia
Cinque mesi neUa Spagna
Tra le Figlie di Maria Ausiiiatrice
Nella bufera della prima guerra mondiale
Dal 1915 al 1918
I1 Centenario della nascita di Don Bosco
Due Giubilei d'Oro
La Messa d'Oro nel Giubileo della Basilica di Maria
Ausiiiatrice
Lo sguardo a Don Bosco
Monumento di bronzo - Tripudio di cuori
Dai Congressi olle Feste
Sulla breccia fino d a chiamata del Padre
La divozione a Gesù Adolescente

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Quanto di Don Bosco viveva in lui
Conclusione
Appendice
Fondazioni ed opere nuove durante il Rettorato di Don
Albera
Dalla corrispondenza di Don Albera e di vari salesiani
Ricordi e confidenze
A tutti i salesiani per il Centenario d d a nascita di Don
Bosco
Un saggio degli Inni ufficiali che aprivano e chiudevano
l'Accademia nell'annuale festa onomastica al Rettor Mag-
giore - A Don Albera nel 1914

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Don Albera!... Conobbi da ragazzo Don Albera: frequentavo le prime classi
ginnasiali a Caltagirone quando Egli venne a visitare l'Istituto di ,quella ~ i t t à .Ri-
cordo due particolari di quella visita che mi lasciarono, per mopvi diversi, grande
impressione, anche se io non mi incontrai ~ersonalmentecon Lui. La profonda im-
pressione che si trattava di un'Anima di Dio: la Sua immagine mite, ascetica mi è
rimasta dopo tanti anni negli occhi insieme con l'impressione di un uomo stanco.
Lo ricordo a dormire durante uno spettacolo teatrale dato in suo onore; ma si
trattava di un drammone, « I1 Figliuol Prodigo » dei fratelli Reffo, se non erro: un
dramma di quelli che mettevano alla prova le fibre più robuste, e Don Albera era
delicato e debole.
I.'altro ricordo è assai triste. Durante il pranzo ufficiale in suo onore con la par-
tecipazione di tutte le autorità, fra cui Don Luigi Sturzo, allora Pro-Sindaco di Cal-
tagirone, un sacerdote f u colpito da malore mortale. Si può immaginare l'impressio.
ne in tutti, e più ancora in noi ragazzi.
Ricordi di ragazzo, quasi bambino, niente altro; ma, ripeto l'immagine di D.
Albera quale piccolo Don Bosco, non si è più cancellata dalla mia memoria.

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- Don Bosco posa in atto di ascoltare le
confessioni dei giovani ascoltando Paolo Albera
- Il centro storico deli'Oratorio fino al 1912
- DDDAD.n... tALDRicaluubhzarzeiaer-nsarduoiM-op-eMo-rDnioDos.n.r.iBCs:C.aaDreLgbrla.emiserBaritsooigsn---caoDDD-..-.DSMDBa.o.ilLannBgee-emuttlzimozy-ionnete--

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- Genova Sampierdarena. L'antico campanile di S. Gaetano tra il vecchio e nuovo complesso
deli'opera Salesiana

30 Pages 291-300

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30.2 Page 292

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-
La prima Casa di Vienna con Don
Primate di Polonia - l'Ispettore D.
Albera
Tirone
--GDio. vRaincialdasopniera-nDti .
Hlond, il
e novizi
futuro
Cardinale
- La Casa di Liegi (Belgio) - Al centro Don Albera e I'Abate Pothier - A sinistra:
3" D. Mertens - 4 O D. Scaloni - fra i dirigenti salesiani

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30.4 Page 294

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- Don Albera fra dirigenti e giovani della Casa di Farnobo~ough(Inghilterra)
- Messico - D Albera con D Grandis e D Gusmano fra dirigenti e giovani

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- Brasile -, Don Albera in visita fra le Missioni del Matogrosso con D. Gusmano e i
primi missionari
- Don Albera con capi Boioios fra D. MalAn e D. Balzola

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30.7 Page 297

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- Morges (Svizzera) - L'ultima visita di Don Albera con l'Ispettore di Francia D. Beissière,
6 marzo 1921
- L'ultima messa di D. Albera all'Oratorio S. Paolo di Torino, 3 luglio 1921

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Promemoria autografo di D. Filippo Rinaldi per la successione
di Don Roa come Retroi Maggiore dei Salesiani, predetta
<la D. Bosco

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31.1 Page 301

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- Spngna - D. Aibera tra giovani filarmonici
- Parte di una lettera autoerafa di D. Aibera da Lilla a D. Rua.

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31.3 Page 303

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- Torino. Oratorio S. Paolo - Don Rinaldi benedice il vessillo della sezione Aspiranti di A.C.
fra le pareti dei tempio in costruzione nel 1924
- Giovanr della Compagnia dl S Luigi e Ptccolo Clero che passarono fra gli Aspiranti nel 1925
- Giovani effettivi ed Aspiranti di A.C. dopo la consacrazione del tempio a Gesù Adolescente
(ottobre 1925)

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31.5 Page 305

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- I1 Santuario a Maria Ausiliatrice sul Colle D. Bosco di cui Don Albera benedisse
la prima pietra e che ora custodisce la sua salma
- Primo pellegrinaggio dei Padri di Famiglia dell'Oratorio S. Paolo di Torino - Don Rinaldi
seduto coi giovani ciclisti nel prato dei sogni