Appello missionario

Congregazione missionaria: quando la diversità è ricchezza

Don Angel Fernandez Artime - Rettor Maggiore




Negli Atti del Consiglio Generale 419 ho presentato una riflessione sulla dimensione missionaria della Congregazione; la pongo ora qui di seguito in queste pagine che commento. Ciò vale in particolare anche per il Progetto Europa, che deve avere presente anche gli altri fronti missionari della Congregazione e che nello stesso tempo deve essere realizzato con spirito missionario.



Con il titolo “Congregazione missionaria: quando la diversità è ricchezza” voglio dire qualcosa di semplice e chiaro: La dimensione missionaria fa parte della nostra IDENTITÀ e la diversità culturale, la multiculturalità e la interculturalità sono una ricchezza verso cui camminare in questo sessennio.


Secondo la ‘Evangelii Gaudium’1 l’annuncio del Vangelo è missione di tutto il popolo di Dio ed è annuncio per tutti, dove “non c’è Giudeo né Greco… perché tutti voi siete uno in Cristo Gesù” (Gal 3,28). Implica l’essere fermento di Dio in mezzo all’umanità, una umanità e un Popolo di Dio con molti volti, con molti sviluppi storici e culture diverse, dove tutti siamo dei discepoli missionari.

Il Papa fa una chiamata all’Evangelizzazione di tutti i popoli e noi dirigiamo il nostro sguardo, sempre per riconoscerci nella nostra identità, verso il carattere missionario della nostra Congregazione. Don Bosco volle che la Società Salesiana fosse decisamente missionaria. Nel 1875, tra il piccolo gruppo dei primi salesiani, ne scelse dieci perché andassero in America; prima della sua morte aveva già inviato 10 spedizioni missionarie e 153 si trovavano in America al momento della sua morte, quasi il 20% dei salesiani del momento, secondo il catalogo della Congregazione del 1888.

Questa identità missionaria, conservata e curata col passar degli anni, portò il Capitolo Generale Speciale a fare una chiamata speciale che io vorrei rinnovare oggi, alle porte del Bicentenario della nascita di Don Bosco e come omaggio vivente a lui: “Il Capitolo Generale Speciale lancia un appello a tutte le Ispettorie, anche a quelle più povere di personale, perché, obbedendo all’invito del Concilio e sull’audace esempio del nostro Fondatore, contribuiscano, con personale proprio, in forma definitiva o temporanea, all’annuncio del Regno di Dio”2.

Credo sinceramente, cari Confratelli, che questa chiamata abbia oggi piena attualità nella realtà della nostra Congregazione. Quando parlo di omaggio a Don Bosco nella celebrazione del Bicentenario della sua nascita, non lo dico in un contesto celebrativo vuoto o per fare statistiche, ma perché credo veramente – ed è stata la sensibilità del CG27 – che una grande ricchezza della nostra Congregazione sia proprio la sua capacità missionaria, la possibilità di essere lì dove si ha più bisogno di noi nell’Evangelizzazione, anche se tutte le forze sono molto valide in qualsiasi posto ci troviamo. In questo senso approfitto di questa occasione per invitare tutti i salesiani SDB - e di cuore estendo il mio invito a tutta la Famiglia Salesiana - affinché, al momento opportuno, la ‘Evangelii Gaudium’ sia letta, meditata e condivisa. Certamente ci farà molto bene; in molti posti non è ancora conosciuta.





1. Perché ci sono campi di missione dove siamo molto necessari in questo momento …


In questo senso, e non solo per l’anno 2015 ma per tutto il sessennio, vogliamo che si traduca in realtà l’aiuto reale in alcune aree di missione che presentano una maggiore fragilità in questo momento, per esempio, tra le altre:

  • Il lavoro missionario in Amazzonia, specialmente a Manaus, Campo Grande, Venezuela, …

  • Il lavoro missionario nel Chaco Paraguayo.

  • Il lavoro missionario in alcune regioni della Pampa e della Patagonia Argentina.

  • La presenza missionaria presso comunità di immigranti negli Stati Uniti.

  • La presenza missionaria in Medio Oriente, tremendamente castigata per di più da diversi conflitti bellici, come ben sappiamo.

  • La presenza missionaria tra i mussulmani, dal Nord Africa fino ai paesi del Golfo Arabico o il Pakistan…

  • La nuova presenza missionaria che richiede il Progetto Europa e che ha molto a vedere con gli ultimi, attratti dalle diverse migrazioni.

  • Rinforzare le giovani presenze missionarie di prima Evangelizzazione in Asia e Oceania: Mongolia, Cambogia, Bangladesh, Laos…


2. … E perché la diversità è ricchezza


In più di una occasione, nella mia vita salesiana, ho sentito dire da chi aveva più vocazioni che essi, nel proprio paese o Ispettoria non avevano bisogno di aiuti, poiché avevano un numero sufficiente vocazioni. Ma proprio per questo, e perché la differenza, la diversità, la multiculturalità e interculturalità è una ricchezza, diventa ogni volta più necessario tale aiuto, anche per garantire l’identità del carisma salesiano, che non sia monocolore, per favorire l’interscambio di confratelli tra le Ispettorie per alcuni anni, offrire temporaneamente confratelli alle Ispettorie più bisognose, oltre a quelli che si offrono come missionari ‘ad gentes’ in risposta a questa chiamata e ad altre che verranno; e in tal modo anche preparare i confratelli, in tutte le parti del mondo, con uno sguardo più globale e universale. Noi Salesiani di Don Bosco, anche se abbiamo una organizzazione giuridica che si concretizza nelle Ispettorie, non facciamo professione religiosa per un luogo, una terra o una appartenenza. Siamo Salesiani di Don Bosco nella Congregazione e per la Missione, là dove più ci sia bisogno di noi e dove sia possibile il nostro servizio.

Sono consapevole che questo messaggio può risultare sorprendente, ma dobbiamo essere arditi nel sognare, cari Confratelli, e non aver paura della novità, per quanto esigente sia, se è buona in se stessa. Una concretizzazione semplice ma immediata di questo che dico è, per esempio, la necessità di preparare i giovani salesiani nell’apprendimento delle lingue; quante più lingue, tanto meglio. È passato il tempo, che io stesso ho vissuto, in cui imparare una lingua estera era qualcosa di superfluo e quando andare nel paese vicino, anche se la frontiera distava solo cinquanta chilometri, era ‘andare all’estero’ e riusciva molto difficile ottenere i permessi all’interno della Congregazione. Dobbiamo preparare le nostre nuove generazioni, pertanto, nell’apprendimento degli idiomi e, tra essi, l’apprendimento della lingua italiana perché non avvenga, col tempo, che l’accesso alle fonti e agli scritti originali del nostro Fondatore e della Congregazione siano qualcosa di proibitivo, data l’ignoranza.

Così pure desidero sottolineare che non dobbiamo avere paura e fare resistenza al fatto che i nostri giovani confratelli studino fuori della propria Ispettoria. Non si ama meno la propria terra, le proprie radici e le proprie origini per il fatto di non studiare nello stesso luogo. Non è vero, e non vi è nessun pericolo di perdere il senso della realtà. Al contrario, si allarga molto lo sguardo e la capacità di capire la diversità e la differenza, qualcosa di essenziale nel nostro mondo di oggi e di domani.


1 Cf. Evangelii Gaudium, n.111, 115 e 120

2 CGS, n.477