Discorso RM in ocassione del 150 anniversario della morte di Mamma Margherita

150 - MAMMA MARGHERITA - 150

di Pascual Chávez Villanueva

FAMIGLIA CULLA DELLA VITA

L’AMORE VIENE DA NAZARET

Quest’anno 2006 (a proposito, BUON ANNO a tutti!), scriverò sulla famiglia. In occasione del 150° anniversario della morte di Margherita, mamma di Don Bosco e dei suoi ragazzi di Valdocco, ho invitato la Famiglia Salesiana a prestare una cura particolare alla famiglia, “culla della vita e dell’amore e luogo primario di umanizzazione”.

Alla ricorrenza del 150° della morte di Margherita, si aggiunge il 25° anniversario della Familiaris Consortio: una doppia opportunità per puntare gli occhi sulla più importante istituzione per la persona, la società e la Chiesa, la famiglia, minacciata oggi da fattori sociali e culturali che fanno pressione su di essa insidiandone la stabilità. In alcuni paesi è messa in pericolo anche da una legislazione che ne intacca la struttura naturale: l’unione tra un uomo e una donna fondata sul patto matrimoniale. Anche se parlerò lungo l’anno degli elementi che costituiscono la famiglia, ritengo opportuno incominciare dalla famiglia di Nazaret che il tempo di Natale richiama alla memoria, e che continua a essere il modello di ogni famiglia dal quando il Figlio di Dio ha voluto incarnarsi e condividere fino in fondo la storia umana, inserendosi in una famiglia dove è maturato come uomo e come Dio. La Santa Famiglia è dunque il nostro modello.

Mi riferirò al significativo episodio di Gesù dodicenne al Tempio, perché vi si trovano alcune interessanti strategie familiari made in Nazaret. Il brano fa da cerniera tra i Vangeli dell’infanzia e la vita pubblica di Gesù, come l’adolescenza sta tra l’infanzia e la vita adulta. È questa la prima caratteristica dell’adolescenza: non essere più bambino e non essere ancora adulto. Non è una situazione comoda, né per il figlio né per i genitori. La preposizione più importante è «con»: Gesù affronta i momenti più importanti della vita religiosa e personale «con» i suoi genitori, e c’è come uno scontro tra il primo e il quarto comandamento. Gesù deve fare la volontà del Padre. È il momento della ricerca del proprio progetto di vita, un periodo da affrontare e “risolvere”, e chi non lo fa resterà adolescente, cioè oscillante e ambivalente per tutta la vita. È anche un momento di gioiosa scoperta e di formale accettazione della realtà. La crisi è semmai dei genitori che faticano a “lasciare” il figlio e soffrono perché troppe volte non sanno come aiutarlo. Ma la questione della propria “vocazione” è la prima che la creatura umana deve affrontare da solo.

C’è un grande insegnamento nel Vangelo di Luca; il dialogo tra Gesù e i suoi genitori è fatto di interrogativi: “Figlio, perché ci hai fatto questo? Ecco, tuo padre e io, angosciati, ti cercavamo”… “Perché?… Non sapevate che io devo occuparmi delle cose del Padre mio?”. Il segreto dell’educazione e della pedagogia di Gesù consiste nell’usare molto i punti interrogativi e quasi mai i punti esclamativi. Purtroppo genitori, maestri e pastori d’anime sovente fanno il contrario. Perfino Maria fatica a comprendere. Il distacco è sempre faticoso. I figli adolescenti devono essere guardati con simpatia e ascoltati seriamente. In questo tempo è più che mai vincente la “strategia dell’attenzione”: ascoltare, osservare, cercare di capire, cogliere i messaggi inespressi, leggere fra le righe. Si parla “con” i figli, non “ai” figli.Giuseppe e Maria non abbandonano Gesù: non si deve uscire dalla vita dei figli anche se si allontanano. Bisogna essere presenti e proteggerli. Se si presenta l’occasione è bene abbracciarli forte: sbufferanno, ma gradiranno. Hanno pochi ma importanti bisogni: di compagnia perché si sentono soli; di attività perché si annoiano; di sicurezza perché hanno paura di un mondo da conquistare; di dialogo perché sono tante le cose che non sanno.Anche la formazione deve avvenire “con” i figli, cercando i loro coinvolgimento: “Gesù poi ritornò a Nazaret con i genitori e ubbidiva loro volentieri”.

È necessario stimarli e farsi stimare. Servono calma, serietà e rispetto. L’adolescente può conquistare una giusta autostima se si sente valorizzato. Deve poter disporre di un minimo di autosufficienza e autonomia. La stima non si può fingere e si dimostra con fiducia e responsabilizzazione crescenti. Affidare al preadolescente incarichi anche delicati, dargli la responsabilità di maneggiare i soldi che gli possono servire per le sue necessità, riconoscergli il diritto di scegliere e coltivare amicizie, passatempi, gruppi sportivi, attività sociali, sono cose ottime.Incoraggiarli. Gli adolescenti sono poveri, possiedono soltanto i loro sogni che tanti si divertono a calpestare. Esternate la vostra soddisfazione e la vostra gioia quando i figli fanno qualcosa di buono: a quest’età, la lode consolida i legami affettivi. Pregare con loro. Molti adolescenti abbandonano la fede come un residuo dell’infanzia: tocca ai genitori dimostrare che essa non è un biberon, ma una forza da adulti.Perdonarli. È bene tenere sempre la porta aperta. Sbagliare è il loro pane quotidiano. Essi devono imparare dai genitori e questi non devono mai dimenticare che anche loro sono stati adolescenti.