RM-Omelia alla messa di Santa Maria D. Mazzarello


«Io ti rendo lode, o Padre,

perché hai rivelato queste cose ai piccoli”(Lc 10,21)



Nizza Monferrato, 13 maggio 2004




Mi sembra molto indovinato che la Chiesa abbia scelto il testo della fine del primo capitolo della prima lettera ai Corinzi e il brano di Luca della esultanza di Gesù per illuminare la figura di Santa Maria Domenica Mazzarello. Tutti e due testi, infatti, parlano del mistero di Dio rivelato nei piccoli, gli umili e i semplici, per confondere i ‘grandi’ della terra. Questa è stata appunto la grandezza di Main, la sua semplicità del cuore, che non è altro che un cuore vuoto di se e pieno di Dio, che porta a guardare la realtà com’è, senza dramma, con una totale fiducia di chi si sa nelle mani, anzi nel cuore di Dio. Ecco la sua spiritualità tanto ricca e tanto attuale, appunto perché non ha il tono moralizzante ma piuttosto l’umanesimo ottimista di San Francesco di Sales e di Don Bosco


«Dio ha scelto ciò che nel mondo è debole per confondere i forti» (1Cor 1, 27)


Il brano forma parte della grande antitesi che Paolo fa tra sapienza del mondo, che è stoltezza agli occhi di Dio, e sapienza divina, che è follia per gli uomini. La sapienza umana nella sua capacità di conoscere Dio attraverso la creazione ha fallito (cf. Rom 1,19-23). Dio allora, nelle sue vie misteriose di sapienza, intende salvare gli uomini mediante la croce, che è negazione totale e insuperabile di ogni pretesa od orgoglio dell’uomo. A sua volta la predicazione di Paolo, incentrata sul mistero della croce, è manifestazione della stoltezza e debolezza umane e della sapienza e potenza di Dio. La croce non è negazione dell’uomo, ma della sua pretesa orgogliosa di fare a meno di Dio e della sua autosufficienza nell’ambito della propria salvezza.


Paolo ha il coraggio di dire che la salvezza non si trova nella intelligenza, neppure nella scienza o nella tecnologia, e nemmeno nei sistemi economici o politici, anche i più forti o raffinati. La verità di Dio è Cristo crocifisso, e la croce è la manifestazione della sua identità più profonda, perché Dio nella sua realtà più profonda non è potere, né saggezza, anche essendo Lui stesso onnipotente e onnisapiente, ma Amore.


Questa sapienza divina si concretizza, oltre alla croce del Signore Gesù, nell’ esperienza della comunità di Corinto. La vocazione cristiana è stata infatti rivolta a persone prive di possibilità e di mezzi di cui potersi vantare e a cui affidarsi. Sono un esempio di debolezza e stoltezza agli occhi del mondo. Eppure proprio loro Dio ha chiamato alla fede. Perché le scelte divine seguono un criterio esclusivo di ogni pretesa di autoglorificazione e di vanto dell’uomo davanti a Dio.


Davanti a Dio non contano né il privilegio della cultura, né del prestigio, né del successo, ma solo la trasparenza interiore e umile dello spirito. Il cristiano crede che Cristo risorge in ogni situazione di debolezza, e che vivendo l’amore con cui Cristo ci ha amato trasforma se stesso e il mondo.


Il cristiano non ha altra missione se non di dare la propria vita, di lasciarla perdere, a goccia a goccia, giorno a giorno, riconoscendo che Cristo è il centro della vita e che, fuori del suo amore, non si può vivere e niente ha valore. Di fronte all’intransigenza di quelli che pretendono ridurre la fede alla mediazione socio-politica, Paolo riconosce nella disponibilità interiore di fiducia e di speranza verso l’amore di Cristo, la presenza attiva del Cristo risorto.

Questa è stata la saggezza di Maria Domenica, caratterizzata appunto da una spiccata umiltà e abnegazione, che la portava a conoscere e accettare se stessa e, e nel contempo, a non essere centrata su di se ma su Dio e sul prossimo.



«Io ti rendo lode, o Padre, perché hai rivelato queste cose ai piccoli» (Lc 10,21).


Sulla stessa linea, Luca – che è stato discepolo di Paolo e ha assunto molto bene la sua teologia della croce – colloca questo brano nel contesto del viaggio di Gesù verso Gerusalemme. Ne deriva una chiave di lettura molto importante del testo, perché ci fa sapere che il mistero della croce, che dovrà subire Gesù a Gerusalemme, non potrà essere capito ed accolto se non dai “piccoli”.


Forse è interessante ricordare che, tranne il Padre Nostro, questa è l’unico preghiera diretta che, nel terzo Vangelo, Gesù rivolge al Padre. Le espressioni introduttive danno solennità e rivelano l’importanza del contenuto: «Io ti rendo lode, o Padre, Signore del cielo e della terra». Il rapporto intimo di conoscenza amorosa che passa tra il Padre e il Figlio viene partecipato ai piccoli: «… hai nascosto queste cose ai dotti e ai sapienti e le hai rivelate ai piccoli. Sì, Padre, perché così a te è piaciuto». Dio si rivela e si comunica all’uomo che accetta il dono, riempie della sua divinità a colui e colei che si svuota di ogni pretesa di autosufficienza umana.


Il Regno che in Gesù si è reso vicino capovolge i valori e le realtà umane, favorendo soprattutto i piccoli, i semplici, i poveri di Dio, cioè chi è convinto della propria pochezza e nullità e si lascia colmare della sapienza di Dio. Questa è una comprensione che non viene per le normali vie umane della scienza, ma viene comunicata direttamente per le vie di amore di Dio. Gli umili e i semplici sono in comunicazione diretta con Dio, essi «vedranno Dio» e trovano in Lui la loro gioia. Questa allegria – che è un tratto tipico della spiritualità salesiana – è frutto del “non cercare soddisfazione né nelle creature né nelle cosi di questo mondo”, come scriveva Maria Domenica in una delle sue lettere (24,4). Certo, questo implica una grande libertà interiore, per cui non dipendiamo dalle lodi e dal biasimo, dal riconoscimento o dalla sua mancanza, ma solo da quello che fa il Signore in noi.


Penso che per poter approfondire la robusta personalità di Madre Mazzarello, abbiamo bisogno di leggerla alla luce di questi testi. Questo farebbe sì che la nostra imitazione della sua santità passasse per la sua intensa identità evangelica, per la sua spiritualità. Main fu infatti una donna talmente semplice, anche dal punto di vista umano, che nemmeno sapeva scrivere, che imparò a farlo essendo già superiora generale, però di una qualità umana e di un senso sopranaturale che si fusero in una unità interiore straordinaria frutto appunto del suo essere centrata su Dio, che rese feconda la sua vita, la sua dedizione agli altri, specialmente le ragazze di Mornese, la sua capacità di discernere, la sua intuizione apostolica, come lo dimostra la crescita dell’Istituto.


Perché semplice, Maria Domenica cercò solo una cosa: amare Gesù, godere del suo amore e rendere felici coloro che le sono state affidate. Questa è la semplicità evangelica propria dei puri di cuore e che permette vedere Dio.

Oggi che parliamo tanto di santità, di “misura alta di vita cristiana ordinaria”, la santità di Madre Mazzarello ci ricorda che questa è la meta del nostro cammino spirituale. La santità di Madre Mazzarello non è una ricerca narcisista di perfezione, girando intorno a se stessa, ma una apertura a Dio e agli altri. Si tratta di una santità che ha incoronato una spiritualità vissuta.

Ecco, carissime sorelle, vi invito a modellare la vostra vita sulla santità di Madre Mazzarello. In questo tentativo contate su di me e sulla mia preghiera.




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