Lettere_circolari_di_don_Paolo_Albera_ai_Salesiani_1965


Lettere_circolari_di_don_Paolo_Albera_ai_Salesiani_1965

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li Don Paolo Albe
1i Salesiani

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U.P:S. - BIBLIOTECA
DON BOSCO
DOPPIO
CONTROLLATO

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LETTERE CIRCOLARI
DI DON PAOLO ALBERA
AI SALESIANI
DIREZIONE GENERALE DELLE OPERE SALESIANE
TORINO

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Stampato nell'Istituto Salesiano per le Arti Grafiche
Colle Don Bosco (Asti) - 1965

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J. M. J.
Torino, 29 marzo 1922.
Cari Confratelli,
Era mio pensiero cedere ad altri la dolce ed onorifica soddisfa-
zione di presentarvi il volume delle Lettere circolari dell'indi-
menticabile signor Don Albera; ma poi questa mi parve un'occa-
sione molto opportuna per pagare almeno in parte due grandi debiti
che confesso di avere.
Il primo è verso l'amato Superiore defunto, al quale mi legano
i vincoli della più viva e imperitura riconoscenza per quanto ha
fatto per me, quando ero ancor fanciullo di dieci anni, e più
tardi quando mi decisi di farmi Salesiano, e in modo tutto speciale
durante gli undici anni del suo Rettorato.
In lui ho trovato non solo chi sapeva parlare e scrivere con
unzione e spirito Salesiano, ma soprattutto chi all'insegnamento fa-
ceva precedere l'esempio: coepit facere et docere. Quanta pazienza
ho ammirato in lui, quanta benevolenza, quanta vera umiltà,
quanta prudenza nel disbrigo degli affari! Tutte queste virtù egli
le ha esercitate con me in un modo straordinario.
Chi non lo avesse trattato da vicino, legga queste lettere, e
vedrà quale egli fu realmente nel suo cuore e nella sua vita, perchè
esse ne sono il rifl,esso fedele, mentre costituiscono una miniera
preziosa di consigli, di norme e di ammaestramenti salutari per
la genuina vita intima salesiana.
L'altro debito io l'ho verso i miei confratelli. Due volte siamo
rimasti senza Superiore, e durante i lunghi mesi delle due vacanze
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ho notato in loro un tale attaccamento alla nostra Pia Società, che
non solo vollero sopportarmi, ma anzi si adoperarono a facilitare
la mia missione, in modo da evitarmi anche il più piccolo di-
spiacere.
Sono lieto di quest'occasione per ringraziarli tutti indistinta-
mente e assicurarli che anche dopo aver lasciato la mia carica non
cesserò di ricordarli ogni giorno nella S. Messa, e pregherò il buon
Dio che li renda sempre più degni figli del nostro Ven . Padre D.
Bosco, perchè siano consolazione e corona al nuovo Rettor Mag-
giore e al suo Capitolo.
Ricordatemi anche voi dinanzi al Signore e credetemi sempre
vostro afj.mo in C. J.
Sac. FILIPPO RINALDI
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L'XI Capitolo Generale - Elezione del nuovo Rettor Mag-
giore - In udienza dal Papa Pio X - Programma da lui
tracciato - Notizie varie
1. Come fratello ed amico. - 2. La memoria di D. Rua. - 3. Stima e
riconoscenza al Prefetto Generale. - 4. L'undecimo Capitolo Generale.
- 5. ... Sotto il peso della responsabilità. - 6. Ai piedi del Santo
Padre Pio X... - 7.... e il programma da Lui tracciato. - 8. Le scuole
professionali e la morte di D . Bertello. - 9. Le persecuzione nel Por-
togallo. - 10. « Tene quod habes ». - 11. Conclusioni pratiche. -
12.... Ecco il ricordo del Padre morente.
Carissimi Confratelli,
Torino, 25 gennaio 1911.
So che era attesa con una certa qual impazienza la prima
circolare del nuovo Rettor Maggiore. Da parte mia riconosco io
pure che avrei dovuto, appena terminato il Capitolo Generale,
informarvi della elezione dei Superiori e di varie altre cose impor-
tanti che riguardano la nostra Pia Società.
1. ... Come fratello ed amico.
Ma voi così buoni e indulgenti verso l'umile mia persona,
mi perdonerete se compio questo mio dovere con notevole ritardo.
Spero che non vorrete attribuirlo a negligenza o a mancanza di
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buona volontà, ma considerarlo unicamente come effetto di quella
dolorosa trepidazione che mi sorprese nel vedermi addossato il
peso immenso del governo di tutta la Congregazione Salesiana.
Terrete pur conto, non ne dubito, delle gravi ed incessanti occu-
pazioni cui per la mia elezione dovetti sobbarcarmi, le quali non
mi permettevano di raccogliere neppure per poco i miei pensieri.
D'altro lato non so quasi pentirmi di questa dilazione, che
fa sì che la presente lettera vi giunga appunto nell'anniversario
della morte del Ven. D. Bosco, tempo ordinariamente scelto dal
nostro compianto D. Rua per regalarci qualcuna delle ammirabili
sue circolari. Sono convinto che da questa memorabile data , più
che da altro ne verrà autorità ed efficacia alla povera e disadorna
mia parola. Ecco pertanto, o carissimi confratelli, che io mi
presento a voi non già col linguaggio d'un superiore e di un mae-
stro, bensì colla semplicità e coll'affetto d'un fratello e di un amico.
È mio intendimento palesarvi i miei pensieri col cuore alla mano
e colla fiducia che la mia voce troverà un'eco fedele in tutti i Sale-
siani e a tutti servirà di eccitamento a mostrarci sempre più
degni figli del nostro Venerabile Fondatore e Padre.
2. La memoria di D. Rua.
Ma come potrei io metter mano a scrivere a' miei cari confra-
telli senza ricordare Colui che per tanti anni ci fu maestro e guida,
coll'esempio, colla parola e cogli scritti nel sentiero della virtù?
Come potrei incominciare questa mia circolare senza pagare un
tributo di ammirazione e di profonda venerazione all'impareg-
giabile Rettor Maggiore che la morte ci ha rapito?
Scrivo queste pagine in quella stessa umile cameretta che per
più di ventidue anni fu testimonio delle sue eroiche virtù. Qui
tutto mi parla di lui. Ad ogni momento si para innanzi alla mia
mente la sua dolce e paterna figura. Sembra che ad ogni istante
risuoni al mio orecchio la sua soave e consolantissima voce. Ora
mi par di vederlo tutto intento a leggere la sua immensa corrispon-
denza, or a scrivere quelle numerose lettere che versavano balsamo
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sulle piaghe, richiamavano sul retto cammino i traviati e spin-
gevano le anime alle più alte cime della perfezione. Altre volte lo
contemplo calmo e sorridente accogliere un numero sterminato di
visitatori che, come si legge di S. Teresa, nell'uscire dal suo col-
loquio si sentivano migliorati.
Fra le nudi pareti di questa cella formò chi sa quanti grandiosi
disegni, prese molte generose decisioni, escogitò nuovi mezzi di
salvare la gioventù, di moltiplicare le missioni, di estendere il
regno di Gesù Cristo. Attorno a me dappertutto trovo le tracce
del suo instancabile zelo, della incredibile sua attività e di quel-
l'ordine inappuntabile, che regolava la sua vita.
Qui l'abbiamo visto dolorare per lunghi mesi con pazienza
esemplare e con una completa sottomissione ai divini voleri. Dal
suo letto di morte raccogliemmo lacrimando i suoi ultimi ricordi
e consigli; questo fu il Calvario ove generosamente s'immolò per
il bene della nostra diletta Congregazione. Quanto perdemmo nella
sua morte! Quanti nell'entrare in questa camera e più non trovan-
dovi D . Rua proruppero in pianto! Il suo nome è ricordato con
affetto, e venerazione. Molti già lo pregano come santo.
Ma noi Salesiani non dovremmo essere inferiori ad alcun altro
nell'amarlo e nell'onorarlo. E ciò noi faremo praticando i suoi
insegnamenti, imitando le sue virtù. Sotto il suo ritratto scriviamo
le parole di S. Ambrogio: hinc sumatis licet exempla vivendi: da
lui possiamo apprendere come dobbiamo vivere. Spero che la
memoria di D. Rua sia per me, per voi tutti, un risveglio alla
pietà, un ritorno allo spirito di zelo e di sacrificio, uno sprone a
più perfetta osservanza.
3. Stima e riconoscenza al Prefetto Generale.
Dopo il compianto D. Rua, si affaccia alla mia mente un'altra
persona che ha tali benemerenze verso la nostra Pia Società che
sembra doveroso per parte mia e per parte di tutti voi, o caris-
simi confratelli, offrirle l'omaggio della nostra sentita stima e rico-
noscenza. Intendo parlare di colui che dopo la morte del nostro
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amatissimo D. Rua tenne le redini della Pia Società Salesiana,
del carissimo nostro Prefetto generale Don Filippo Rinaldi.
Alla sua specchiata prudenza, al suo tatto finissimo ed al suo
noto spirito d'iniziativa andiamo debitori, se durante la malattia
di D. Rua, se specialmente alla morte di lui, la nostra Congrega-
zione non ebbe a patire alcuna di quelle terribili scosse che minac-
ciarono l'esistenza di floridissime Comunità religiose al perdere il
loro Fondatore o altro Superiore dotato di preclare qualità. Du-
rante il governo di Don Rinaldi tutto procedette con ordine e rego-
larità sia nell'interno, sia nelle relazioni cogli esterni.
A lui si deve se non fu peggiorata la condizione finanziaria
della nostra Società, malgrado la tristizia dei tempi che traver-
siamo. In lui parimenti trovarono un buon Superiore, un fratello
affettuoso tutti gli Ispettori e i Delegati che convennero dai più
lontani lidi al nostro Capitolo Generale XI.
4. L'undecimo Capitolo Generale.
Questa imponente assemblea, preparata con una esemplarissima
muta di spirituali esercizi, si apriva presso la tomba dei nostri Fon-
datori in Valsalice, la sera del 15 agosto. Dopo aver invocati i
lumi dello Spirito Santo e ricevuta la benedizione del SS. Sacra-
mento, i membri del Capitolo Generale si riunivano nella vasta
sala destinata per le sedute.
Quale grata sorpresa per tutti i convenienti quando il Presi-
dente D. Filippo Rinaldi annunziò che il grande Pontefice Pio X,
a nessun altro secondo nell'amore ai poveri figli di D . Bosco,
inviava con un venerato autografo, la sua apostolica benedizione!
Senza dubbio voi siete ansiosi di conoscerne il tenore ed io di
buon grado ve lo trascrivo.
Ai diletti figli della Congregazione Salesiana del Ven . Don
Bosco raccolti per la elezione del Rettore Generale, nella certezza,
che tutti, quacumque humana affectione postposita, daranno il
voto a quel confratello, che giudicheranno in Domino il più
adatto per mantenere il vero spirito della Regola, per incorag-
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giare e dirigere alla perfezione tutti i membri del religioso Isti-
tuto, e per far prosperare le molteplici opere di carità e di reli-
gione, alle quali si sono consecrati, impartiamo con paterno af-
fetto l'Apostolica Benedizione.
Dal Vaticano, li 10 agosto 1910.
Prns PP. X.
Alla lettura delle auguste parole del Supremo Gerarca della
Chiesa, ascoltata in piedi e salutata con frenetici applausi, teneva
dietro una lettera dell'Em.mo Cardinal Mariano Rampolla, nostro
benemerito Protettore, nella quale noi non sapevamo se più ammi-
rare la sublimità dei concetti, l'eleganza della forma o la deli-
catezza dell'affetto verso i Salesiani.
Se a tutto questo aggiungiamo ancora la benedizione del
Em.mo Cardinal Richelmy, Arcivescovo di Torino, possiamo de-
durre che forse nessun Capitolo Generale di altro Ordine o Con-
gregazione religiosa si aprl sotto più felici auspici. E ciò sia detto
non già a vana soddisfazione del nostro amor proprio, poichè certo
non mancano fra noi i motivi di umiliarci, ma piuttosto a nostro
conforto ed incoraggiamento.
Sono fatti che dovremmo sempre ricordare per meglio apprez..
zare la Pia Società, a cui per grazia singolarissima ne trasse la mano
di Maria Ausiliatrice, nostra Madre dolcissima, e renderci cosi più
affezionati alla nostra vocazione.
Ma per dire tutto in breve spazio mi sembra opportuno inse-
rire qui il verbale del Capitolo Generale, che nell'ultima seduta
del 31 agosto venne sottoscritto da tutti quelli che vi avevano
preso parte.
« Il 15 agosto 1910 alle ore 17,30 (5,30 pomeridiane) in
Torino-Valsalice presso la tomba del Ven. D . Bosco e del suo primo
successore D. Michele Rua, ebbe principio l'XI Capitolo generale
della nostra Pia Società, convocato per l'elezione del Rettor Mag-
giore e dei membri del Capitolo Superiore, e per l'esame e appr<r
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vazione dei Regolamenti già approvati ad experimentum. Le due
prime adunanze furono presiedute dal Sig. D. Filippo Rinaldi, Pre-
fetto Generale della Pia Società; le successive dal Rev.mo Sac.
Prof. Don Paolo Albera, eletto Rettor Maggiore la mattina del
giorno 16 agosto.
Vi presero parte il Capitolo Superiore e il suo Segretario; il
Reggente la Procura Generale; Mons. Giacomo Costamagna,
Vescovo titolare di Colonia, Vicario Apostolico di Mendez e
Gualaquiza nell'Equatore; Don Giuseppe Fagnano, Prefetto Apo-
stolico della Patagonia Meridionale e Terra del Fuoco; Don Ste-
fano Pagliere e Don Bernardo Vacchina, Provicari Apostolici della
Patagonia Settentrionale e Centrale; gl'Ispettori, tranne solamente
l'Ispettore del Messico e Stati Uniti dell'America Settentrionale,
trattenuto a Nizza Monferrato da improvviso malore; i delegati
delle Ispettorie, eccetto quello del Matto Grosso, legittimamente
impedito; e il Direttore dell'Oratorio Salesiano di Torino. Il nu-
mero degli intervenuti è di 73. Fu rieletto Prefetto Generale,
Don Filippo Rinaldi e Consigliere Don Francesco Cerruti; eletti:
Direttore Spirituale Don Giulio Barberis, Economo Don Giu-
seppe Bertello, Consiglieri Don Giuseppe Vespignani e Don Luigi
Piscetta.
Demandata al Capitolo Superiore la revisione e approvazione
dei Regolamenti, furono trattate varie questioni, discusse varie
proposte e prese alcune deliberazioni contenute nell'annesso ver-
bale firmato dai Segretari Don Antonio Dones, Don Domenico
Pinco e Don Augusto Hlond. La mattina del 19 agosto il Capitolo
Generale fu onorato dalla visita di S. Em. Rev.ma il sig. Card.
Agostino Richelmy, Arcivescovo di Torino. Intervenne pure ad
alcune adunanze dal 17 al 19 agosto Mons. Giovanni Marenco,
già Procuratore generale della nostra Pia Società, Vescovo di
Massa e Carrara.
La 26• ed ultima adunanza fu tenuta il 31 agosto e in essa,
letto il presente verbale, fu sottoscritto dai Capitolari meno
quattro che per legittime cause e con licenza del Presidente si
assentarono alcuni giorni prima che il Capitolo avesse fine ».
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5. ... Sotto il peso della responsabilità.
Da questo succinto riassunto voi siete anzitutto informati che
nella seduta antimeridiana del 16 agosto risultò eletto Rettor
Maggiore il povero sottoscritto. È inutile che io tenti di descri-
vervi la commozione che s'impossessò dell'animo mio in quel mo-
mento in cui mi vidi, cosl indegno, inalzato a sl sublime e for-
midabile ufficio.
Mi parve di essere schiacciato sotto il peso di tanta responsabi-
lità. Avrei voluto sottrarmi ad un incarico che io conosceva di
gran lunga superiore alle mie debolissime forze fisiche, intellet-
tuali e morali. Mi vedeva attorno molti altri meglio preparati per
assumere il governo della nostra Pia Società, maggiormente for-
niti di virtù e sapere, e più chiaramente designati all'accortezza di
coloro da cui dipendeva la scelta; ma per timore di resistere alla
volontà di Dio che in quell'istante sembrava manifestarsi, sebbene
con immenso sacrificio, piegai la fronte e mi sottomisi. Però Iddio
sa qual angoscia abbia torturato il mio cuore in quella congiun-
tura, quante lagrime abbia .versate, quale senso di scoraggiamento
mi abbia assalito.
Appena mi fu permesso, corsi a gettarmi ai piedi del nostro
Ven. Padre, lamentandomi fortemente con lui perchè avesse la-
sciato cadere in sì misere mani il timone della navicella salesiana.
A lui, più col pianto che con le parole, esposi le mie ansie, i miei
timori, la mia estrema debolezza, e poichè mi era giocoforza por-
tare la pesantissima croce che era stata posta sulle vacillanti mie
spalle, lo pregai con tutto fervore perchè mi venisse in aiuto.
Mi alzai da quel sacro avello di Valsalice, se non del tutto
rassicurato, almeno più fidente e rassegnato. Non occorre aggiunga
che promisi a D. Bosco e a D. Rua che nulla avrei risparmiato
per conservare nella nostra umile Congregazione lo spirito e le tra-
dizioni che da loro abbiamo imparato.
Mi è dolce tuttavia informarvi, carissimi confratelli, che mi
giunsero in quella circostanza efficacissime parole di sollievo, di
conforto e d'incoraggiamento. Il primo a esercitare quest'ufficio
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di carità fu lo stesso Sommo Pontefice Pio X, che in quel medesimo
giorno si degnò inviare, in termini tenerissimi, la sua benedizione
apostolica al nuovo Superiore dei Salesiani. Mi consolarono im-
mensamente le spontanee dimostrazioni di affetto e le generose
proteste di sudditanza completa che mi vennero, si può dire, da
tutte le case salesiane.
Innumerevoli furono coloro che mi assicurarono il valido aiuto
di lor preghiere onde ottenermi da Dio le grazie necessarie per
compiere meno indegnamente l'ufficio che mi era affidato, e mi
promisero di alleggerire con una condotta degna dei figli di D.
Bosco, la croce che io doveva portare. Nè mancò la benedizione e
la soave parola del nostro Em.mo Cardinale Arcivescovo che visitò
tutti i membri del Capitolo Generale. Egli, pur lodando ed inco-
raggiando i Salesiani a continuare nell'attività finora spiegata nelle
loro opere, c'inculcò la necessità di farla procedere di pari passo
con la pietà e con l'unione con Dio che deve santificarla e renderla
feconda di frutti ubertosi.
Dopo l'elezione del Rettor Maggiore il verbale sopra riportato
vi annunzia il nome degli altri che furono eletti a comporre il
Capitolo Superiore. Che soave conforto per me, quale fonte di
care speranze nel vedere che si erano scelti a formare il Senato del
Rettor Maggiore Confratelli così ragguardevoli per pietà, virtù e
scienza! Rendo grazia agli elettori che cosi bene seppero supplire
alla mia inettezza. Prego poi i membri del Capitolo Superiore di
usarmi carità, aiutarmi, consigliarmi ed ammonirmi anche, ove
ne fosse il caso. Di tutto sarò loro sempre oltremodo riconoscente.
Queste notizie che vi comunico assai tardi, già certamente vi
erano state trasmesse dal nostro Bollettino, o meglio ancora dai
rispettivi vostri Ispettori, o dai confratelli da voi delegati a rap-
presentarvi al Capitolo Generale. Dai medesimi avrete appreso che
questa nostra assemblea non potè essere onorata dalla presenza di
S. E . Rev .ma Mons . Giovanni Cagliero, Arcivescovo di Sebaste e
Delegato Apostolico in Centro America. Trattenuto da urgenti af-
fari della sua missione, come ebbe la bontà di scriverci, con lo
spirito e con il cuore fu presente e prese parte all'elezioni e a
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tutti i lavori del nostro Capitolo. Certamente fu pure portata a
vostra notizia la felicissima riuscita dell'XI Capitolo Generale,
l'impegno edificante con cui i Capitolari si sono accinti allo studio
degli schemi loro proposti; quale unione di mente e di cuore,
quanta carità e conformità di vedute siansi ammirate nelle molte
e lunghe nostre sedute. Mi duole tuttavia di non potervi tanto
presto inviare il risultato dei nostri lavori, rimanendo ancor molto
da fare.
6. Ai piedi del Santo Padre Pio X ...
L'ultima riunione ebbe luogo il 31 agosto, ed io la sera del
1° settembre partiva per Roma. I miei primi passi dovevano
essere diretti a prostrarmi ai piedi di Pio X, chiedergli la bene-
dizione e porre me stesso, la nostra Pia Società e tutte le opere
nostre nelle auguste sue mani. Appena arrivato, trovava alla Pro-
cura l'avviso che il giorno seguente, 3 settembre, il Santo Padre
mi avrebbe dato udienza per il primo nelle ore antimeridiane.
L'accoglienza fu quella del più tenero dei padri. Mi chiamò per
nome, e si degnò di rallegrarsi di vedere il Successore di D. Rua,
che egli disse di considerare come un santo. Gradl i figliali
ossequi degli altri membri del Capitolo Superiore e di tutti i
Salesiani.
Malgrado la profonda emozione, ringraziai Sua Santità del-
l'autografo inviatoci al principio del nostro Capitolo Generale
e poi dell'affettuosissimo telegramma con cui ebbe la degnazione di
felicitare e benedire il nuovo Rettor Maggiore il giorno stesso
delle elezioni, attestati che i poveri Salesiani, nati ieri, troppo
conoscevano di non meritare.
Il S. Padre rispose che aveva creduto bene di agire in tal
modo per far conoscere quanto gli torni cara l'attività che
esercitano i Salesiani ovunque hanno impiantate le loro tende.
« Siete nati ieri, è vero, ma siete sparsi in tutto il mondo e dap-
pertutto lavorate molto ».
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Il Papa si rallegrò dell'andamento del nostro Capitolo Gene-
rale esprimendo la speranza che abbondanti ne sarebbero i
frutti. Mostrò stargli molto a cuore la formazione dei novizi, su cui
riposa l'avvenire della Congregazione, e si compiacque molto della
promessa che noi a ciò avremmo vegliato con zelo ardente, atte-
nendoci scrupolosamente al decreto Regulari Disciplinae emanato
dalla santa memoria di Pio IX.
Il Vicario di Gesù Cristo si fece vedere ben informato di
quanto riguarda l'umile nostra Società, poichè mi felicitò delle
vittorie già ottenute dai tribunali contro i nostri calunniatori. Egli
però aggiunse una terribile parola: VIGILATE, disse, POICHÈ ALTRI
COLPI VI PREPARANO I VOSTRI NEMICI.
7.... e il programma da Lui tracciato.
Animato da tanta benignità mi feci ardito di chiedergli qual-
che norma pratica pel governo della nostra Pia Società, e il Papa
con un dolcissimo sorriso sulle labbra rispose : e voi me lo chie-
dete? Voi non avete a far altro che seguire le tracce di D. Rua.
Egli era un santo. In ogni cosa fate come avrebbe fatto egli stesso.
NON VI SCOSTATE DAGLI USI E DALLE TRADIZIONI INTRODOTTE
DA D . Bosco E DA D. RuA. Tuttavia aggiungerò una parola:
- Ricordate ai vostri dipendenti che Colui a cui servono, Dominus
est. Stia loro fisso nella mente il pensiero della presenza di Dio,
siano in tutto guidati dallo spirito di fede, con fervore com-
piano le loro pratiche di pietà e a Dio offrano i loro lavori e
sacrifici. Dio sia sempre nella loro mente e nel loro cuore.
Come era d'aspettarsi, raccomandò vivamente a tutti i Sale-
siani di mettersi in guardia contro gli errori dei modernisti; e
quando gli richiamai alla memoria che sul letto di morte D. Rua
ci aveva raccomandato grande rispetto, ubbidienza ed affetto ai
Pastori della Chiesa e specialmente al Sommo Pontefice, con tutta
affabilità espresse la sua ferma fiducia che i Salesiani avrebbero
fatto tesoro di si prezioso ricordo.
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Mi si porse pure il destro di ricordare che il compianto Supe-
riore aveva inviato a tutti i nostri sacerdoti la stupenda Exhor-
tatio ad Clerum di Sua Santità Pio X, incoraggiandoli a farne
pascolo salutare per la loro condotta, ed egli con evidente compia-
cenza gradì queste attestazioni di figliale attaccamento dei Sale-
siani verso la Santa Sede e l'augusta persona del Papa, e con tutta
effusione di cuore ci benedisse.
Questo brevissimo riassunto della lunga e cordialissima udienza
concessami dal S. Padre credetti opportuno inserire in questa mia
circolare, affìnchè ci sia d'incoraggiamento il pensiero che il
Vicario di Gesù Cristo ci ama, ci stima e fa assegnamento sulla
nostra attività pel bene delle anime. Sia perciò nostro comune
impegno di stringerci sempre più alla Chiesa ed al suo Capo
Supremo, di seguirne con tutta docilità gl'insegnamenti e così
raddolcire alquanto le amarezze di cui, per traviamenti di fìgli
ingrati, è abbeverato il suo tenerissimo cuore.
Se non temessi di riuscire soverchiamente lungo vorrei ancora
farvi parola delle consolantissime udienze che mi accordarono il
Cardinal Rampolla, nostro Protettore, e il Cardinal Vives, Pre-
fetto della S. Congregazione dei Religiosi. Vi dirò solo che se
foste stati presenti, carissimi confratelli, ne sareste usciti col fermo
proposito di rendervi sempre più degni della grande stima e del-
l'affetto che essi nutrono per noi. Quanto bene si aspettano dai
Salesiani!
8. Le scuole professionali e la morte di D. Bertello.
Sarebbe pure opportuno presentare a tutti quelli che lavora-
rono per la III Esposizione Salesiana i miei più cordiali ringrazia-
menti. Ai loro generosi sforzi è dovuto lo splendido risultato della
Mostra dell'anno 1910, vero trionfo del Sistema adottato nelle
scuole professionali salesiane.
Ma pur troppo il ricordo di quel trionfo rinnova a me, a tutti i
Salesiani, a tanti nostri benefattori ed amici, in tutta la sua crudezza,
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il dolore provato per la subita dipartita di colui che ne fu l'artefice
principale, del nostro non mai abbastanza compianto D. Giuseppe
Bertello. Sono due mesi che egli non è più, e la ferita che la
sua morte ha aperta nei nostri cuori, ben lungi dall'essere rimar-
ginata, gronda ancora vivo sangue. La memoria di D. Bertello non
si spegnerà giammai fra di noi. Tuttavia egli è necessario supplire al
vuoto che la sua morte ha lasciato nel Capitolo Superiore. Nella
lettera mensile del 24 novembre, vi chiesi fervorose preghiere per
ottenere i lumi che mi erano necessari per eleggere il suo suc-
cessore. Si fu dunque dopo aver pregato, dopo aver seriamente
riflesso e chiesto consiglio che mi sembrò di dover nominare Eco-
nomo Generale il sacerdote D. Clemente Eretto, attualmente
Ispettore del Lombardo-Veneto e dell'Emilia. Le sue attitudini a
tale ufficio non sfuggirono agli elettori dell'ultimo Capitolo Gene-
rale, che gli diedero numerosi voti. Fra pochi giorni D. Bretto
fisserà la sua dimora in Torino per meglio attendere ai lavori
che riguardano la carica di Economo Generale, e perciò fin d'ora
a lui possono ricorrere gl'Ispettori e Direttori che abbisognas-
sero dei suoi consigli.
D. Bertello, anche dopo l'elezione a Economo, continuava a
fungere da Consigliere Professionale, avendo dovuto D. Vespi-
gnani far ritorno in America. Ora poi che D. Bertello non è più,
per ciò che riguarda l'ufficio di Consigliere Professionale, porto a
vostra conoscenza che resta incaricato provvisoriamente il sig.
Don Giulio Barberis, Direttore spirituale.
9. La persecuzione nel Portogallo.
Ma io comprendo che la vostra carità fraterna troverebbe
un'imperdonabile lacuna in questa circolare se non vi dessi noti-
zie delle nostre case e dei nostri confratelli del Portogallo. Pur
troppo devo notificarvi, che molto ebbero a soffrire i nostri istituti
nei rivolgimenti politici che sconvolsero quella nazione.
Si fu specialmente contro i religiosi che si scagliarono i capi
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della nuova Repubblica come se quelli fossero i soli nemici che
loro incutessero timore. Egli è vero che per grazia di Maria SS.
Ausiliatrice i Salesiani non furono vittime di quelle orribili sevi-
zie, cui andarono soggetti molti altri religiosi, nondimeno furono
anch'essi cacciati da tutte le loro case, obbligati ad abbandonare
le loro scuole e laboratori e a vedere dispersi i loro diletti alunni.
Ebbero molto a patire i confratelli del Pinheiro presso la capi-
tale, fatti ludibrio d 'una masnada di malfattori per quasi tutta
una giornata, i quali svaligiarono la casa, profanarono la cappella
e dispersero al suolo e calpestarono perfino le ostie consacrate.
Quasi tutti i nostri carissimi confratelli, poterono rifugiarsi nella
Spagna e nell'Italia. Si ha però qualche speranza che, passato l'ura-
gano scatenatosi in questo momento contro le Congregazioni reli-
giose, i Salesiani potranno continuare in Portogallo la loro bene-
fica missione in favore della gioventù.
Coloro stessi che ci hanno dispersi, riconoscono che hanno
privato il loro paese delle uniche scuole professionali che posse-
desse. I nostri missionari di Macao dovettero ritirarsi dall'Orfano-
trofio dell'Immacolata che colà dirigevano e riparare presso i
Missionari di S. Calocero a Hong-Kong, ove si sono dedicati al-
l'evangelizzazione dei Cinesi. Preghiamo pei nostri confratelli di
quelle regioni e perdoniamo di cuore ai loro persecutori. Sarà mio
dovere informarvi del risultato dei nostri sforzi per la continua-
zione degl'istituti salesiani del Portogallo.
10. « Tene quod habes... »...
Nel porre termine a questa mia circolare vi esprimo ancora un
pensiero, quello forse con cui avrei dovuto incominciare e verso
il quale saranno diretti tutti i miei sforzi. Abbracciando con uno
sguardo generale la nostra Pia Società, il personale ond'è compo-
sta e le opere a cui attende, sembra quasi udire una voce che dica
al nuovo Rettor Maggiore: tene quod habes, ut nemo accipiat
coronam tuam ( Apoc. III, II).
19

3.2 Page 22

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Queste parole par voglian dire: È immensa l'eredità che ci
lasciarono i nostri desideratissimi Padri D. Bosco e D. Rua. Ecco
avverate le predizioni del nostro Venerabile Fondatore riguardo al
moltiplicarsi dei suoi figli. Da ogni parte, da ogni nazione, anche
lontana, molti giovani vennero volenterosi ad arruolarsi sotto la
mite bandiera di D. Bosco verificandosi il detto: filii tui de longe
venient. Mentre io ammiro quest'abbondante messe di vocazioni
che altre Congregazioni quasi c'invidiano, odo la voce che mi
dice: tene quod habes. Guai se per tua negligenza qualcheduna di
tali vocazioni avesse da perdersi!
Il numero degl'istituti salesiani crebbe talmente da formare
la meraviglia di quanti ci amano e eccitare l'ira e il dispetto dei
nostri avversari. Se di tanta forza d'espansione provo dolcissima
compiacenza, mi pare pure che mi si ripeta all'orecchio: tene quod
habes. Guai se questi asili dell'innocenza, queste palestre di virtù
non sono ben custodite e coltivate!
In ciascuna delle case salesiane sono educati e istruiti molti
giovinetti, trepide speranze della Chiesa, della patria. Si direbbe
che corrispondono del loro meglio alle vostre intelligenti e affet-
tuose sollecitudini per il loro bene. Se ne rallegrano il Sommo
Pontefice, e quanti hanno a cuore la salvezza della gioventù; ma
è qui specialmente che m'incalza la voce, e m'impone di ve-
gliare, perchè la nuova generazione sia allevata secondo i principii
della religione e della sana morale; e non abbia ad essere vittima
dell'irreligione e del vizio.
Vedo con gioia indicibile moltiplicarsi gli Oratori, i Circoli
giovanili, le Assocazioni di antichi allievi. Queste sono opere
veramente salesiane; sono desse la prova più perentoria che vive
tra di noi lo spirito di D. Bosco e di D . Rua . Ma anche qui più
che mai odo insistente la parola: tene quod habes. Pare mi metta
in guardia contro qualche grave pericolo che minacci l'esistenza di
queste provvidenziali istituzioni, e ne diminuisca i frutti.
Se poi ricordando i miei viaggi in America considero il vasto
campo che la Divina Provvidenza affidò ai figli di D. Bosco fra
quelle giovani repubbliche ed in mezzo ai poveri selvaggi che
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3.3 Page 23

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ancora vanno vagando fra quegl'immensi deserti e in quelle vergini
foreste, mi sorprende il timore che venga meno fra noi lo zelo
ardente dei nostri primi missionari, e che noi non corrispondiamo
completamente ai disegni di Dio sulla nostra umile Congrega-
zione. Vedo purtroppo ogni giorno diminuire le domande di andare
nelle missioni, e perciò mi si ripercuotono nella mente quasi colpi
di martello le parole: tene quod habes.
In una parola sono d'avviso che per il momento il Signore non
esiga che noi mettiamo mano ad altre opere, fossero pure ottime
e di grande vantaggio alle anime, bensì vuole che rivolgiamo ogni
nostro pensiero e tutte le nostre sollecitudini a consolidare le opere
che ci furono lasciate da Don Bosco e da D. Rua. E questo, mi
pare, significa eziandìo la parola del Papa che raccomanda al
nuovo Rettor Maggiore di seguire le orme di D . Rua. A me quindi
stringe il dovere d'inculcare la stessa cosa a tutti i Salesiani, e
poichè a ottenere ciò non bastano i Superiori da soli, mi racco-
mando vivamente alla cooperazione di tutti quanti i membri della
nostra Pia Società.
11. Conclusioni pratiche.
Vengo quindi alla pratica e vi prego istantemente di perseve-
rare nella vostra vocazione, considerandola, secondo S. Maria Mad-
dalena de' Pazzi, come la grazia più segnalata che Iddio conceda a
un'anima, dopo quella del Battesimo. Altri con inauditi sacrifici
abbandonano famiglia , agiatezze, onori per acquistare sì prezioso
tesoro, e noi con tutta leggerezza ne faremo getto?
Consideriamo quale patrimonio di famiglia le nostre Costitu-
zioni che sono la quintessenza dello spirito della nostra Congre-
gazione, e pratichiamole scrupolosamente. Senza l'osservanza delle
nostre regole non possiamo essere veri religiosi, nè veri figli del
Ven. D. Bosco. Mettiamoci in guardia contro il prurito di riforma
ch'egli considerava a ragione qual verme roditore del vero spirito
salesiano.
21

3.4 Page 24

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Sia nostra cura di conservare gli usi e le tradizioni della fami-
glia salesiana. Riteniamo come cosa nostra il sistema preventivo,
e facciamoci coscienza di praticarlo sempre e dappertutto, ci do-
vesse pure costare gravi sacrifici. È questo che deve formare la nota
caratteristica della nostra maniera di educare e istruire la gioventù.
Fuggite, ve ne supplico, carissimi confratelli, ogni novità nelle
nostre pratiche religiose, ogni mutamento nell'orario della giornata,
ogni massima, ogni detto, ogni modo di fare che D. Bosco e D.
Rua non avrebbero approvato.
Ma io m'avvedo che per quanto mi dilunghi nel raccoman-
darvi di conservare gelosamente lo spirito di Don Bosco, non mi
riuscirebbe di farlo così efficacemente come vorrei. Per supplire
alla mia insufficienza invio a ciascuna casa un esemplare delle cir-
colari del nostro desideratissimo D. Rua. Sul letto di morte l'ama-
to Superiore mi diede l'incarico di raccoglierle in un solo vo-
lume ( 1 ).
Me ne sono accorto, sorrideva al buon padre la dolce speranza
che i suoi figli per l'ardente affetto che gli portavano, avrebbero
riletto, o in privato o nelle conferenze, quegli scritti in cui aveva
versato tutto il suo cuore ed in cui noi troviamo sì grandi tesori
di pietà e di virtù. Accogliete questo libro da quelle mani che ci
benedissero tante volte, e che noi baciammo con tanto trasporto.
Vi assicuro che nel propormi di seguire le tracce di Don Rua,
mi sono prefisso specialmente d'imitare la sua tenerissima carità e
l'instancabile suo zelo nel procurare il bene delle anime vostre.
Aiutatemi con le vostre preghiere per non venir meno a miei
propositi, ed abbiatemi sempre per il
Vostro aff.mo in Corde Jesu
Sac. PAOLO ALBERA.
( 1) Al volume delle Lettere Circolari di D. Rua era premessa una af-
fettuosissima lettera in data 8 dicembre, che si può considerare come la
prima saitta dal venerando D. Albera nella sua qualità di Rettor Maggiore.
Eccola:
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3.5 Page 25

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12. « ... Ecco il ricordo del Padre morente! ».
Carissimi Confratelli,
Torino, festa dell'Immacolata 1910
La vita di D. Rua fu un continuo studio d'imitare il Venera-
bile D. Bosco. A ciò è dovuto quell'incessante progredire nella per-
fezione, che in lui ebbe ad ammirare chiunque l'ha avvicinato;
questa è l'arte con la quale egli riuscì a riprodurre in se stesso nel
modo più perfetto il modello che ognora teneva dinanzi agli occhi,
sicchè D . Rua potè dirsi un altro D. Bosco.
Fra le virtù che brillarono di vivissima luce nella vita del no-
stro Venerabile Padre e Maestro, il compianto sig. D. Rua ebbe a
dire che nessuna lo aveva colpito quanto lo zelo instancabile onde
apparve ognora infiammato il cuore di lui, e questo zelo sembrò
proporsi in modo speciale di ricopiare in se stesso: quindi a pro-
curare ovunque e sempre la gloria di Dio, a salvare il maggior nu-
mero possibile di anime erano rivolti i suoi pensieri, a ciò erano
indirizzate tutte le sue parole, e consacrate le sue azioni.
Questo fu l'unico fine, la sola aspirazione di tutta quanta la
sua laboriosissima vita. Anche durante la lunga e penosa sua malat-
tia non cessò di tormentarlo questa inestinguibile sete di anime. E
tutti quelli che circondarono il letto de' suoi dolori, possono ren-
dere testimonianza che, pur quando il suo corpo logoro dal lavoro
e dalle mortificazioni s'andava lentamente consumando, pur quando
non gli rimaneva che un debolissimo filo di voce, ed un leg-
gerissimo respiro animava le ormai infralite sue membra, egli
spendeva quel soffio di vita per dare a tutti saggi consigli e pre-
ziosi incoraggiamenti.
Anch'io ebbi la sorte invidiabile di raccogliere dal suo labbro
alcune parole che rimarranno per sempre impresse nel mio cuore
e nella mia mente. Fra l'altro non potrò dimenticare l'incarico che
egli mi diede di riunire in un volume le auree sue circolari e man-
darne copia a tutte le Case Salesiane. Il desiderio di D. Rua era
per me un comando. Mi sono fatto premura di eseguirlo, ed ora
23

3.6 Page 26

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che il lavoro tipografico è terminato, io presento a' miei carissimi
confratelli il libro dicendo: « ecco il ricordo che vi lasciò il padre
morente! ».
Non occorre certamente che io vi dica quali tesori racchiudano
le circolari di D. Rua qui riprodotte. Esse di mano in mano che ci
venivano regalate, dai ben pensanti erano riguardate come la quin-
tessenza dello spirito religioso, come il compendio dei trattati di
ascetica, quali capolavori di pedagogia salesiana. Quante volte ho
udito ripetere che desse erano una guida pratica del salesiano per
l'esatto adempimento dei doveri che il proprio ufficio gl'imponeva!
Offrendo queste circolari ai Confratelli, mi pare di far loro udire
altra volta la dolcissima voce del Superiore, rapitoci dalla morte,
e che, defunctus adhuc loquitur.
Giova sperare che la sua parola conserverà ancora gran parte
di quell'efficacia che aveva quando sgorgava dal suo cuore cosi
ardente di carità verso di noi. Lungi perciò dalla mia mente il
timore che questo volume abbia da rimanere polveroso negli scaffali
delle nostre biblioteche.
Son certo anzi che queste auree pagine saranno sovente rilette
nelle conferenze, negli esercizi annuali e nel giorno fissato per
l'esercizio della buona morte.
Di questa lettura faranno pascolo spirituale i confratelli tutti
desiderosi di fare ogni giorno qualche passo nella perfezione;
ed a questa sorgente inesausta verranno ad attingere coloro che
dovranno esser guida ai proprii confratelli negli esercizi spirituali.
Spesse volte mi sorprende un pensiero che riempie l'animo
mio di angoscia. Io temo che la nostra carissima Congregazione,
opera meravigliosa del Venerabile D. Bosco, vasto campo irrigato
da tanti sudori del compianto D. Rua, venga ad isterilirsi per la
mia incapacità nel coltivarlo. Perchè ciò non succeda non la per-
dono ad alcun sacrificio, e poi prostrato innanzi a Dio lo prego di
cuore che mi tolga di vita piuttosto che permettere che per la
mia inettezza e negligenza abbia a perdersi fra di noi lo spirito del
venerabile Fondatore.
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3.7 Page 27

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Ma d'altro lato ho fiducia che ciò non succederà se i Salesiani
leggono, studiano e meditano le circolari del nostro indimentica-
bile D. Rua. Qui voi troverete i conforti e consigli che saranno
necessarii per la perseveranza nella vocazione e nella pratica del
vero spirito Salesiano.
Ricordatemi a Maria SS. Ausiliatrice nelle vostre ferventi
orazioni ed abbiatemi sempre per
Vostro aff.mo in C. ].
Sac. PAOLO ALBERA.
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3.8 Page 28

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Il
Sullo spirito di pietà
l. Le lettere circolari. - 2. L'attività nostra e i suoi pericoli. - 3. Le pra-
tiche religiose e lo spirito di pietà. - 4. Necessità dello spirito di pietà.
- 5. Senza spirito di pietà.. . - 6. Nell'ora della prova. - 7. La perse-
veranza finale. - 8. Il fondamento del sistema preventivo. - 9. La
nota caratteristica di D . Bosco. - 10. Esattezza nelle pratiche di pietà.
- 11. Santificare le azioni quotidiane. - 12. La malattia dell'agita-
zione. - 13. « Spiritu ferventes ... ». - 14. Il nuovo Consigliere Pro-
fessionale .
Carissimi Confratelli,
Torino, 15 maggio 1911.
Trascorsero appena alcuni mesi dacchè v'inviai la mia prima
circolare, e ora di nuovo sento imperioso il bisogno di rivolgervi
la parola.
Egli è vero che la corrispondenza epistolare, per quanto le
occupazioni me lo permettono, mi porge occasione a quando a
quando di scrivere a qualcheduno dei confratelli: ma questo è
assai poco, quasi nulla per l'affetto che nutro per voi, per l'ardente
mio desiderio di procurare il bene della nostra Pia Società in
generale e di ciascuno de' suoi membri in particolare.
1. Le lettere circolari.
Ecco perchè mi sembra necessario che la voce del Superiore
nuovamente risuoni all'orecchio di tutti i soci, ovunque l'ubbi-
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3.9 Page 29

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dienza li abbia mandati, qualunque sia l'ufficio che loro fu affidato.
A parte ch'è indispensabile ricorrere a una lettera circolare per
portare a vostra notizia importanti decisioni del Capitolo Supe-
riore, mi è dolce sperare ch'essa abbia ad essere grandemente van-
taggiosa per conservare sempre vivo fra di noi lo spirito del
nostro Venerabile Fondatore e Padre D. Bosco, e per rendere
sempre più stretti i vincoli della carità che debbono regnare fra i
salesiani.
Ho fiducia parimenti che per questo mezzo abbiano le nostre
case a essere sempre più uniformi e meglio rispondenti al fine
per cui furono fondate. Per me poi che ebbi la bella sorte di
visitarne molte del vecchio e del nuovo continente, il dettare una
circolare destinata a tutti i membri della nostra Congregazione è
fonte delle più affettuose reminiscenze e delle più soavi emozioni.
Ad ogni momento, mentre scrivo, mi pare di ritrovarmi in
mezzo a quei cari confratelli che incontrai sul campo stesso del loro
lavoro, che mi accolsero con gioia e affetto, e mi onorarono di
tanta confidenza che solo al ricordarla tutto mi commuove. Di
nuovo si affacciano alla mia mente le loro fatiche, le privazioni e
i sacrifici, che dovettero sostenere, le difficoltà che poterono supe-
rare, non che i frutti consolantissimi che ne ricavarono. Altra volta
prendo viva parte alle loro gioie e dolori, di nuovo sento di vivere
della loro vita.
È quindi naturale che io colga con immenso piacere l'occa-
sione di trattenermi per poco in vostra compagnia con la presente
circolare. D'altro lato mi arride la speranza che i miei carissimi
confratelli vorranno fare buona accoglienza a questo mio povero
scritto, e si sforzeranno di tener gran conto delle raccomanda-
zioni che in esso si trovano.
Vorrei esporvi alcuni pensieri intorno allo spirito di pietà.
Come vedete, l'argomento è della massima importanza, perciò pon-
go la mia lettera sotto gli auspici della Vergine Ausiliatrice, a cui è
consacrato questo mese, e la prego d'illuminare la mia mente, gui-
dare la mia penna e rendere la mia parola feconda di generose e
sante risoluzioni.
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3.10 Page 30

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2. L'attività nostra e i suoi pericoli.
A chi di noi non è avvenuto le mille volte di udire a parlare
dello spirito d'iniziativa e dell'attività dei Salesiani? Erano forse
elogi sinceri che ci facevano persone benevole per maggiormente
stimolarci al bene. Erano forse maligne insinuazioni di qualche
invidioso, e fors'anche un'arte satanica adoperata dai nostri av-
versari allo scopo di mettere ostacoli alla nostra provvidenziale
missione a favore della gioventù. Checchè ne sia, egli è certo
che ovunque se n'è parlato ed anche esagerato.
Nè ciò deve farci maraviglia, avendoci la Divina Provvidenza
inviati a coltivare un campo vastissimo, che, per essere esposto
agli sguardi di tutti e per aver dato fìn da principio ubertosissimi
frutti, non tardò ad attirarsi l'attenzione pur delle persone più
indifferenti.
Invero dopo la grazia di Dio e la protezione di Maria SS. Ausi-
liatrice, all'instancabile operosità, all'ammirabile energia di D.
Bosco, di D . Rua, di Mons. Cagliero e di tanti altri loro fìgliuoli
è dovuta la rapida diffusione delle Opere Salesiane in Europa e
in America. Fu il loro zelo indefesso, furono le loro sante indu-
strie che in ogni tempo fecero sbocciare sul loro sentiero nume-
rose vocazioni, fecero sorgere tanti e svariati istituti, da far
considerare questa nostra umile Società quale un vero prodigio.
E ciò che in realtà è tuttavia più maraviglioso si è che tali
fondazioni, germogliate fra mille stenti e contrarietà, in breve pro-
sperarono e raggiu~sero un incredibile sviluppo. Che più? Memori
del grido di D. Bosco: Da mihi animas, spronati dall'esempio e
dalla parola di D. Rua che, quando si trattava di far del bene non
diceva mai basta, i Salesiani ovunque piantarono le loro tende,
misero mano a sì vaste imprese che parvero perfìno superiori
alle loro forze. Gli stessi Superiori Maggiori ne furono talora
impensieriti non bastando al bisogno il personale disponibile, e
credettero loro dovere di moderare lo slancio degl'Ispettori e Di-
rettori esortandoli a non abbracciare più di quello che potevano.
Non v'ha dubbio che questo spirito d'iniziativa, questo ardore
28

4 Pages 31-40

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4.1 Page 31

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e questo non mai mterrotto lavorìo tornò a grande onore della
nostra Pia Società e le attirò l'ammirazione e la lode di tutti i
buoni. Anche presentemente questa è la prova più consolante della
vitalità della medesima o meglio della singolare protezione e assi-
stenza della potente Ausiliatrice sopra di essa. Considerandola
chi di noi non sente aprirsi il cuore alle più liete speranze per
l'avvenire?
Tuttavia parlandovi con il cuore alla mano, vi confesso che
non posso difendermi dal doloroso pensiero e dal timore che que-
sta vantata attività dei Salesiani, questo zelo che sembrò finora
inaccessibile ad ogni scoraggiamento, questo caldo entusiasmo che
fu fin qui sostenuto da continui felici successi, abbiano a venir
meno un giorno ove non siano fecondati, purificati e santificati da
una vera e soda pietà.
E tale mio timore mi sta maggiormente fisso in mente e
affligge l'animo mio, dopo che nel Capitolo Generale ultimo la
voce autorevole del nostro venerando Arcivescovo, il Cardinal Ago-
stino Richelmy, con la delicatezza di cui conosce il segreto,
molto sapientemente ci additò questo pericolo e con efficacissima
eloquenza ci esortò a metterci in guardia onde evitarlo. Debbo
aggiungere che fin da quel giorno io formai il disegno di ripetervi,
quando me se ne offrisse l'opportunità, un ammaestramento così
prezioso.
3. Le pratiche religiose e lo spirito di pietà.
Procuriamo anzitutto di farci una giusta idea della pietà. Que-
sta parola fu adoperata nella lingua latina per indicare l'amore, la
venerazione e l'assistenza che deve un figlio a coloro che
furono gli autori della sua esistenza. Era il più bell'elogio che si
facesse ad un giovane il dire, che egli aveva grande pietà verso i
suoi genitori.
Ma questa parola prese nel linguaggio della Chiesa un signifi-
cato immensamente più nobile e sublime; essa venne usata per
significare il complesso di tutti quegli atti con cui il cristiano
29

4.2 Page 32

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onora Iddio considerandolo come Padre. Di qui facilmente si scorge
la differenza che corre tra la virtù di religione e la pietà. La prima
è una virtù che c'inclina a compiere tutti gli atti che appartengono
all'onore e al culto di Dio, il quale, avendoci creati, ha diritto di
essere riconosciuto da noi e adorato quale supremo Signore e
dominatore dell'universo.
La pietà ci fa onorare Iddio non solo come Creatore, ma ancora
come dolcissimo Padre, che voluntarie genuit nos verbo veritatis,
volontariamente ci diede la vita con l'onnipotenza della sua parola,
che è parola di verità. Si è in forza della pietà che noi non ci
teniamo più paghi di quel culto, direi quasi ufficiale, che la reli-
gione c'impone, ma sentiamo il dovere di servire Iddio con quel
tenerissimo affetto, con quella premurosa delicatezza, con quella
profonda devozione, che è l'essenza della religione, uno dei più
preziosi doni dello Spirito Santo, e, secondo S. Paolo, la sorgente
di ogni grazia e benedizione per la vita presente e per la futura .
Ciò dichiara la sapiente definizione che ce ne dà S. Agostino
che chiama la pietà: summae originis pius sensus, dulcis affectus,
devotus famulatus, ossia un pio sentimento della nostra altissima
origine, un dolce affetto, una spontanea e generosa servitù: sicchè
come la carità è regina delle virtù, così la divozione è il fiore
della carità, e la pietà è il fiore della divozione, poichè rende
figliale ed affettuoso il servizio di Dio; è quanto di più sublime
v'ha nella religione.
Aveva perciò ragione Mons. de Ségur che scriveva: « La pietà
cristiana è l'unione dei nostri pensieri, dei nostri affetti, di tutta
la nostra vita coi pensieri, coi sentimenti, con lo spirito di Gesù.
E Gesù vivente con noi ». È la pietà che regola saggiamente le
nostre relazioni con Dio, che santifica tutte le nostre attinenze con
il prossimo, giusta il detto di S. Francesco di Sales che « le anime
veramente pie hanno ali per inalzarsi a Dio nell'orazione, e hanno
piedi per camminare fra gli uomini per mezzo d'una vita amabile
e santa».
Questo immaginoso concetto del nostro santo Dottore c'inse-
gna a distinguere dalle pratiche religiose, che noi siamo soliti a
30

4.3 Page 33

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compiere in certe ore della giornata, lo spmto di pietà che deve
accompagnarci in ogni istante, e che ha per iscopo di santificare
ogni nostro pensiero, ogni parola e azione, sebbene direttamente
non faccia parte del culto che prestiamo a Dio. Ed è appunto que-
sto spirito di pietà che io desidererei inculcare a me e a tutti i miei
carissimi confratelli, non permettendomi i limiti di questa circo-
lare di trattare di ciascuna pratica religiosa che le Costituzioni
ci prescrivono.
Lo spirito di pietà dev'essere considerato come il fine; gli
esercizi di pietà non sono che il mezzo per conseguirlo e conser-
varlo. Felice colui che lo possiede, poichè in ogni cosa non avrà
altro di mira che Dio, si sforzerà di amarlo ognor più ardente-
mente, non cercherà mai altro che piacere a Lui. Quanto invece
è deplorevole lo stato di chi ne è privo! Quand'anche compisse
vari atti di pietà durante il giorno, secondo il testimonio di S.
Francesco di Sales non sarebbe altro che « un simulacro, un fan-
tasma della vera pietà ».
E ciò affermando non intendo menomamente diminuire l'alta
stima che dobbiamo avere delle varie forme esteriori che prende la
pietà, le quali sono necessarie all'anima nostra come la legna per
mantenere vivo il fuoco, come l'acqua ai fiori; bensl voglio dire
che lo spirito di pietà ne è la base e il fondamento, e che può essere
ancora un mezzo di compensazione per quelle anime cui lavori
imprevisti o particolari esigenze della loro condizione non per-
mettessero di fare intieramente le pratiche religiose che la Regola
loro impone.
4. Necessità dello spirito di pietà.
Ma v'ha di più. Se noi lasciassimo trascorrere un tempo note-
vole senza alcuna estrinsecazione di questo spirito di pietà, se per
disgrazia permettessimo che esso venisse a spegnersi in noi, come
mai potrebbe sussistere quell'intima relazione, quell'ineffabile pa-
rentela che Gesù Cristo volle stabilire fra lui e le anime con il
S. Battesimo? Più non esisterebbe alcun commercio fra quel Dio
31

4.4 Page 34

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che noi chiamiamo col soavissimo nome di Padre, e noi, che
abbiamo la fortuna d'essere nominati e siano realmente suoi figli.
Inoltre non è egli vero che verrebbe anche meno quello spirito
di fede, per cui siamo talmente convinti delle verità di nostra
santa religione da serbarne sempre viva la memoria, da sentirne la
salutare influenza in ogni circostanza della vita? Senza questo spi-
rito neppur più si bada allo Spirito Santo che sovente ci visita, ci
istruisce, anzi ci consola e soccorre alle nostre infermità: adiuvat
infirmitatem nostram .
Al contrario se è ben coltivato, questo spirito fa sl che mai
sia interrotta la nostra unione con Dio, anzi comunica a ogni atto,
anche profano, un carattere intimamente religioso, lo solleva a
merito soprannaturale, sicchè quale odoroso incenso, fa parte di
quel culto non mai interrotto che noi dobbiamo prestare a Dio.
Praticandolo, secondo S. Gregorio Magno, la nostra vita diver-
rebbe un cominciamento di quella felicità di cui godono i beati
comprensori del cielo: inchoatio vitae aeternae.
Ma i vincoli che stringono l'anima cristiana a Dio, diventano
ben più solenni per chi ebbe la sorte di fare la professione reli-
giosa. Con quest'atto l'anima si sposa a Gesù Cristo, a lui si dedica
senza riserva, a lui consacra le sue facoltà, i suoi sensi, l'intera sua
vita. Essa diviene realmente tutta cosa di Dio. Appunto per questo
se avvi alcuno che debba possedere lo spirito di pietà, questi è il
religioso. Egli dovrebbe esserne talmente provvisto da comuni-
carlo a quanti lo circondano.
Per grazia di Dio noi possiamo contare molti confratelli, sa-
cerdoti, chierici e coadiutori che in quanto a spirito di pietà sono
veri modelli e formano l'ammirazione di tutti.
5. Senza spirito di pietà...
Ma pur troppo debbo aggiungere, et fiens dico, che v'hanno
pure Salesiani che su questo punto lasciano molto a desiderare.
Pur troppo ne vanno sprovvisti alcuni, che, quando erano novizi,
avevano edificato tutti i compagni con il loro fervore.
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4.5 Page 35

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Più non si direbbero fìgli di D. Bosco certuni, che le pratiche
religiose considerano quale un peso insopportabile, adoperano ogni
industria per esentarsene, e dànno ovunque il triste spettacolo
della loro rilassatezza e indifferenza. Sono piante delicate che la
brina ha abbrustolite; sono fìori che il vento ha gettati a terra;
oppure sono rami che se non furono ancora interamente staccati
dalla vite, vegetano sventuratamente in una deplorevolissima me-
diocrità e non daranno mai frutti.
Che strana contraddizione! Vivono in casa religiosa, seguono
in molte cose la comunità, lavorano forse anche secondo i nostri
regolamenti, ma intanto in realtà più non sono religiosi, non fanno
un passo nella perfezione, e in fìne di vita si troveranno a mani
vuote. Oh! non si potranno mai deplorare quanto si dovrebbe
le tristi conseguenze della mancanza di pietà in un religioso!
Nè si ha da credere che bastino a scongiurare tali danni le
Regole o Costituzioni che reggono ogni famiglia religiosa, poichè
colui che non ha pietà, troverà mille modi d'interpretarle a suo
talento e perfino di trasgredirle senza che punto ne sia turbata la
sua coscienza.
Senza spirito di pietà, il religioso non avrà mezzo di scuotere
dall'anima sua quella polvere mondana che, pur troppo, verrà ogni
giorno a posarsi sopra di lei, essendo sempre a contatto con il
mondo, come ce ne avvisa San Leone il Grande. Nonostante la
nostra professione, anzi nonostante la stessa sacra ordinazione, è
pur vero che non cessiamo d'essere fìgli di Adamo, d'essere esposti
a mille tentazioni; potremmo ad ogni momento soccombere alle
seduzioni delle creature e agli assalti delle nostre passioni.
Solo saremo sicuri sotto lo scudo d'una verace pietà; sola-
mente con le pratiche religiose potremo ritemprare il nostro spi-
rito, corrispondere alla grazia di Dio e raggiungere il grado di
perfezione che Iddio si aspetta da noi. Questa è la ragione per cui,
coloro che furono suscitati da Dio a riformare le Congregazioni
religiose, che erano decadute dal primitivo fervore, anzitutto rivol-
sero ogni loro sollecitudine a far rifiorire nel loro seno la pietà.
33
3

4.6 Page 36

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Ogni tentativo sarebbe riuscito vano, se prima non se ne fosse
preparato il terreno.
Il Signore stesso così si diportò col suo popolo per correggere
le cattive abitudini contratte nella schiavitù di Babilonia. Come ci
dice Geremia (XXXI, 33 ), cominciò con l'imprimere nel cuore
degli Ebrei la sua legge che era legge di pietà e di amore: dabo
legem meam in visceribus eorum, et in corde eorum scribam eam.
Ciò li avrebbe disposti ad osservare i suoi comandamenti.
6. Nell'ora della prova.
Ma sarà nel giorno della prova che noi avremo meglio a con-
vincerci quanto ci sia necessario lo spirito di pietà. Appunto perchè
lavoriamo indefessamente, appunto perchè a noi è affidata la por-
zione più eletta del gregge di Gesù Cristo, e perchè ci riuscì di
ricavarne qualche frutto, contro di noi saranno diretti gli strali
dei nostri nemici.
Verrà purtroppo l'ora della tempesta. Dobbiamo tenerci pronti
alla lotta. Ci vedremo forse abbandonati da quelli stessi che si pro-
fessavano nostri amici; non vedremo attorno a noi che avversari o
indifferenti. E chi sa che, permettendolo Iddio, non abbiamo noi
pure a passare per ignem et aquam, cioè tra mezzo a gravi soffe-
renze fisiche o morali?
In sì dolorosa congiuntura, persuadiamoci bene, solamente
dallo spirito di pietà potremo attingere forza e conforto. Questa
fu la fonte da cui il Venerabile D. Bosco trasse quella inaltera-
bile uguaglianza di carattere e quella pura gioia che, quale risplen-
dente aureola, pareva ornasse più riccamente la sua fronte ne'
giorni di maggiori dolori.
7. La perseveranza finale.
A buon diritto noi tremiamo, pensando, se avremo o no la
fortuna di perseverare fino alla morte nel sentiero della virtù. Ora
ci assicura il dottissimo Suarez, che la perseveranza finale sarà
infallibiliter accordata a chiunque ha vero spirito di pietà.
34

4.7 Page 37

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Ma se questo ci rassicura, santamente ci atterrisca la maledi-
zione che Dio scaglia contro colui, che fa con frode e negligenza
le cose che riguardano il servizio di Dio: maledictus qui facit opus
Dei fraudulenter. Dio ci ha scelti quali angeli della terra, a formare
la sua corte d'onore attorno ai suoi altari; a noi tocca perciò dare
a tutti l'esempio della riverenza e del nostro ossequio verso la
sua divina Maestà.
La mancanza di pietà per parte nostra renderebbe infruttuoso
il nostro ministero in favore delle anime, e le stesse nostre grandi
solennità ci sarebbero gettate in faccia quale fango schifoso, come
protestò il Signore per bocca di Malachia ( II, 3).
8. Il fondamento del sistema preventivo.
E a questo proposito non mi è permesso di passar sotto silenzio
un argomento che più d'ogni altro dovrebbe tornar efficace ai
Salesiani. Tutto il sistema d'educazione insegnato da D. Bosco si
poggia sulla pietà. Ove questa non fosse debitamente praticata,
verrebbe a mancare ogni ornamento, ogni prestigio ai nostri isti-
tuti che diverrebbero inferiori di molto agli stessi istituti laici.
Orbene, noi non potremmo inculcare ai nostri alunni la pietà,
se noi stessi non ne fossimo abbondantemente provvisti. Sarebbe
monca l'educazione che noi daremmo ai nostri allievi, poichè il
più leggero soffio d'empietà e d'immoralità scancellerebbe in
loro quei principi, che, con tanti sudori e con lunghi anni di
lavoro, abbiamo cercato di stampare nei loro cuori. Il Salesiano
se non è sodamente pio, non sarà mai atto all'ufficio d'educatore.
Ma il miglior metodo per insegnare la pietà è quello di darne
1.,esempio.
Ricordiamoci che nessun elogio più bello potrebbe darsi ad un
Salesiano, che quello di dire di lui, che è veramente pio. Ed è per
questo che nell'esercizio del nostro apostolato noi dovremmo
sempre avere dinanzi agli occhi il nostro Venerabile D. Bosco, il
quale anzitutto ci si mostra quale specchiato modello di pietà.
35

4.8 Page 38

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9. La nota caratteristica di D. Bosco.
I suoi coetanei, specialmente il venerando Giorgio Moglia, ed
altri testimoni del processo informativo ci dipinsero il giovanetto
Bosco in tale contegno durante le sue divozioni, da attirare i com-
pagni a imitarlo.
Una fervente pietà fu la nota caratteristica della sua condotta
in tutto il tempo da lui passato a Chieri quale studente e quale
seminarista. La sua pietà fu quella che lo sostenne di fronte alle
gravissime difficoltà che incontrò per seguire la sua vocazione. Se
Maria SS.ma si degnò di prepararlo Ella medesima alla sua nobile
missione, se con frequenti visioni veniva a istruirlo intorno al suo
avvenire, ciò doveva essere il premio della sua tenerissima divo-
zione. Forse quei sogni erano indizi, che le sue preghiere erano
state accette a Dio, e che sarebbero a suo tempo esaudite. Forse
erano la risposta a qualche domanda, o la soluzione di qualche
dubbio. Può darsi ancora che fossero un conforto alle sue an-
goscie o la promessa di novelli favori. Ma sì intimo commercio
con la Madonna non poteva essere che il frutto di fervente pietà,
e del suo ardentissimo amore verso di lei.
Quanto poi era edificante per noi il vedere che il Venerabile
servo di Dio attribuiva alla Mamma celeste il buon esito d'ogni
impresa, d'ogni passo, d'ogni progresso che andava facendo l'umile
sua Congregazione! Valga per tutti questo fatto.
Il giorno 8 dicembre 1886 tenne in Torino la conferenza ai
confratelli. Richiamò alla memoria degli uditori il suo primo in-
contro con Bartolomeo Garelli nella sacristia di S. Francesco
d'Assisi, avvenuto 45 anni prima; poi s'intrattenne assai lunga-
mente a descrivere il cammino che nel volgere degli anni aveva
fatto la sua opera, sorta da sì umili principi. Ma ben lungi dal-
l'attribuirne a se stesso anche la minima parte di merito, conchiuse
dicendo: e tutto questo bene che va facendo la nostra Pia Società
è frutto di quell'Ave Maria che io recitai prima di accingermi a
catechizzare quel povero fanciullo. Anche le copiose largizioni che
riceveva dai benefattori, le attribuiva a quella breve preghiera
36

4.9 Page 39

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che recitava entrando in casa loro, allo scopo che Dio li dispo-
nesse in suo favore.
Quanti lo conobbero ricordano il contegno sempre divoto, seb-
bene non affettato, con cui D. Bosco celebrava la Santa Messa;
quindi non era a stupire se i fedeli si stipassero attorno all'altare
per contemplarlo. Spesse volte anche senza sapere chi fosse si riti-
ravano dicendo: quel sacerdote dev'essere un santo.
Si sarebbe detto che la vita del Servo di Dio era una preghiera
continua, una non mai interrotta unione con Dio. Ne era indizio
quella inalterabile eguaglianza di umore che traspariva dal suo
volto invariabilmente sorridente. In qualunque momento ricor-
ressimo a Lui per consiglio, sembrava interrompesse i suoi colloqui
con Dio per darci udienza, e che da Dio gli fossero ispirati i pen-
sieri e gl'incoraggiamenti che ci regalava. Che edificazione per noi
l'udirlo recitare il Pater, l'Angelus Domini!
Non si scancellerà mai dalla mia memoria l'impressione che mi
faceva nell'atto che dava la benedizione di Maria Ausiliatrice
agl'infermi. Mentre pronunziava l'Ave Maria e le parole della
benedizione, si sarebbe detto che il suo volto si trasfigurasse; i
suoi occhi si riempivano di lacrime e gli tremava la voce sul labbro.
Per me erano indizi che virtus de illo exibat; perciò non mi mara-
vigliava degli effetti miracolosi che ne seguivano, se cioè erano
consolati gli afflitti, risanati gl'infermi.
De' suoi avvisi, delle sue esortazioni una gran parte avevano
per fine d'eccitare ne' suoi giovani la pietà, di conservarne sempre
vivo il fervore. Perfino visitando comunità religiose, per quanto
le sapesse ferventi, non poteva prender congedo senza dire: nelle
mie preghiere dimanderò per voi tutte la pietà, il fervore e l'esatta
osservanza della Regola ( 1 ). Voglia ora che è in cielo ottenere
anche a noi quella grazia che chiedeva in vita per tante persone
che erano del tutto estranee alla sua famiglia religiosa! Così buono,
il nostro Venerabile Maestro, non permetterà che venga a spegnersi
(1) Parole dette alle Piccole Suore dell'Assunzione di Parigi l'anno
1883.
37

4.10 Page 40

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tra i suoi figli il fuoco sacro della pietà, ma vuole che da parte
nostra non manchi una sollecita e continua cooperazione. Pren-
diamo quindi alcune pratiche risoluzioni.
10. Esattezza nelle pratiche di pietà.
Facciamo il proposito di esser fedeli ed esatti nelle nostre
pratiche di pietà. Ricordiamoci che nella professione abbiamo pro-
messo dinanzi all'altare di prendere le Costituzioni per regola della
nostra vita. Dio ne è testimonio. Orbene tra le cose che esse ci
prescrivono, tengono il primo posto le pratiche di pietà. Baste-
rebbe che noi le omettessimo o le compissimo con negligenza ,
perchè disordinata riuscisse tutta la nostra vita.
Se il buon religioso dev'essere fedele e esatto nell'adempimento
d'ogni suo dovere, tanto più deve mostrarsi tale nelle sue relazioni
con Dio. Si direbbe che il tempo della regola destinato alle pra-
tiche di pietà, gli appartiene come cosa sua. Egli fa assegnamento
sopra di esse per la distribuzione delle sue grazie a vantaggio nostro
e delle anime che gli raccomandiamo. Se noi le trascurassimo, il
Signore resterebbe frustato nella sua aspettazione, le anime non
riceverebbero gli aiuti di cui abbisognano, e noi ci renderemmo
colpevoli del peccato dei figli di Eli, i quali sottraevano al sacri-
ficio la miglior parte delle vittime, peccato che lo Spirito Santo
chiama peccatum grande nimis.
La mancanza di qualche pratica religiosa ci esporrebbe al pe-
ricolo di cadere poco alla volta nel rilassamento, e attirerebbe su di
noi la minaccia che già al suo tempo faceva risuonare all'orecchio
dei religiosi negligenti nella pietà il gran Vescovo di Braga Barto-
lomeo dei Martiri: Vae tibi, si fons devotionis in te siccatus
fuerit/ Guai a te, se in te venisse a stagnarsi la sorgente della
divozione! Che cosa può aspettarsi di bene da te?
A dir vero sono assai poche le pratiche religiose che c'impone
la nostra regola in paragone di ciò che si fa in altre comunità, ra-
gione di più per compierle con maggior diligenza. Inoltre esse sono
facili, sicchè nessuno può ragionevolmente addurre il pretesto che
38

5 Pages 41-50

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5.1 Page 41

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non è capace di farle. Sopratutto poi esse sono pienamente cor-
rispondenti ai bisogni della nostra condizione.
Le une onorano direttamente Iddio, e sono il grido dell'anima
che conscia della propria debolezza, chiede aiuto. Le altre hanno
per iscopo di farci rientrare in noi medesimi, aiutarci a conoscere
lo stato dell'anima nostra, sradicare i nostri difetti, togliere gli
ostacoli al nostro progresso nella vita spirituale e dissipare ogni
illusione che possa venirci dal demonio o dalle nostre passioni.
Tanto le une poi quanto le altre, come mille volte ne abbiamo
fatto l'esperienza, lasciano in fondo al cuore una soavissima pace
e la gioia più pura; sono desse che apportano all'anima nostra
quell'energia di cui abbiamo bisogno per non lasciarci accasciare
dalle pene che sono inevitabili anche nella vita religiosa, in una
parola, per impedire che noi abbiamo la sventura di laicizzarci.
Dopo tali riflessioni vi sarà ancora fra noi chi vada mendi-
cando pretesti per sottrarsi a questa o a quella delle pratiche pre-
scritte? ... Possibile che per attendere allo studio non si trovi il
tempo di soddisfare ai nostri doveri di pietà! ... Quanto sono
lungi dal compiere bene il loro dovere quelli, che rifuggono da
ogni esercizio in comune! ... Forse non tengono conto della pro-
messa fatta dal Divino Maestro, che dove sono due o tre congre-
gati nel suo nome, colà egli si trova in mezzo di loro. Forse costoro
non pensano all'obbligo che incombe ad ogni salesiano di edifi-
care i suoi fratelli col buon esempio, ed è specialmente nelle pra-
tiche di pietà che dobbiamo darlo.
11. Santificare le azioni quotidiane.
Promettiamo di santificare le nostre azioni giornaliere. Non
dimentichiamo mai che la Provvidenza, quale tenerissima Madre,
veglia incessantemente al nostro fianco. Non avvi istante della
nostra vita che non vada segnato da qualche suo favore spirituale
o temporale.
S. Francesco di Sales diceva, che i favori, che piovono dalla
mano di Dio sopra di noi sono più numerosi dei fiocchi di neve,
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5.2 Page 42

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che cadevano sulle montagne della sua Savoia. Perciò la gratitu-
dine c'imporrebbe di far salire ad ogni momento, fino al trono
di Dio, atti di amore, di lode e di ringraziamento. Ma poichè ciò
non è possibile alla nostra meschinità, e specialmente al nostro
genere di vita, diviso tra la preghiera e il lavoro, supplisca almeno
l'impegno di santificare ogni azione della giornata con lo spirito
di pietà. Ut non inanis fiat labor noster ( T hess. III, 5), perchè
non rimanga senza merito la nostra fatica, sia sempre accompa-
gnata dal pensiero della presenza di Dio, che ci dà le forze neces-
sarie per sostenerla, sia santificata da una grande purità d'inten-
zione, per cui non abbiamo altro di mira che compiere la sua santa
volontà.
Se a ciò noi aggiungiamo ancora una santa indifferenza, per
tutto ciò che Iddio, per mezzo dei Superiori, dispone, se genero-
samente accettiamo dalla sua mano le sofferenze, con cui egli vo-
lesse provare la nostra virtù, noi arriveremo a mettere in esecuzione
il precetto della preghiera continua, praticheremo la pietà attiva
di cui tratta sovente S. Francesco di Sales, e che fu il segreto della
santità di D. Bosco.
Sono queste disposizioni che per cosl dire obbligano il Signore
a considerare come sue le opere nostre, benedirle e prosperarle.
Sono esse che strappano alla mano di Dio abbondanti grazie, che,
quali venti propizi, fanno camminare velocemente le anime verso
la perfezione. Questo è lo spirito di pietà, di cui dovremmo avere
abbondante provvigione attraversando il deserto della vita, a imi-
tazione del cammello, che, viaggiando tra le ardenti arene del-
1'Africa, porta sempre in se stesso la quantità d'acqua, che è indi-
spensabile per non morir di sete.
12. La malattia dell'agitazione.
Ma sventuratamente la grande malattia di molti addetti al ser-
vizio di Dio è l'agitazione e il troppo ardore con cui si occupano
delle cose esteriori. Quanto è difficile trattenere nei giusti limiti
la nostra attività!
40

5.3 Page 43

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Se non ci mettiamo in guardia, corriamo rischio di seguir
l'andazzo del mondo, che si lascia involgere nel turbinlo degli
affari, e cade vittima di quel morbo che già S. Bernardo chiamava
sventramento dell'anima: evisceratio mentis. Essa esaurisce nello
studio e nelle opere esteriori tutte le sue facoltà, la sua intelligenza,
la sua memoria, la sua immaginazione, come già diceva il Savio,
di chi tutto è assorto dalle occupazioni, projecit in vita intima sua.
Mai un momento per raccogliersi, per rientrare in se stesso,
per sapere dove vada. Il mondo crede che questi tali camminino a
gran passi nella via del bene, ma S. Agostino ci assicura che cam-
minano fuori del retto sentiero: magni passus, sed extra viam.
Essi lavorano molto, ma i loro lavori non servono ad aeternitatem.
Oh! continuino i Salesiani a dar l'esempio di spirito d'iniziativa,
di grande attività, ma sia essa sempre e in ogni cosa l'espansione
d'uno zelo vero, prudente, costante e sostenuto da soda pietà.
13. « Spiritu ferventes ... ».
Adoperiamoci perchè la nostra pietà sia fervente. E chiamasi
fervore un desiderio ardente, una generosa volontà di piacere a Dio
in ogni cosa. Esso deve manifestarsi in modo speciale quando noi
compiamo atti di devozione; ma come già si è accennato, deve
accompagnare pure tutte le nostre azioni e trasformarle, per cosl
dire, in altrettante pratiche religiose.
Ci sarebbe facile conservar vivo nel nostro cuore il fuoco sacro
del fervore, se, come ci avvisa S. Paolo, ricordassimo sovente che
siamo al servizio di Dio, spiritu ferventes, Domino servientes.
Lo attizzerebbe ognora più la meditazione della sua sapienza che
tutto conosce, della sua bontà che ricompensa anche le più piccole
azioni compiute per amor suo, della sua giustizia per cui condanna
ogni negligenza, ogni trasgressione della sua legge.
Non ci coglierebbe la sventura di cadere nel rilassamento se ci
fossero incessantemente fisse nella mente le gravi obbligazioni da
noi contratte nella professione, se avessimo profondamente impres-
se nella memoria le massime e gli esempi dei Santi, specialmente
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5.4 Page 44

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del Venerabile D. Bosco e dell'indimenticabile D. Rua, e se ci
accostassimo con tutta diligenza ai SS. Sacramenti. C'incuta un
salutare timore di raffreddarci nella pietà la meditazione della
ficaia infruttuosa, del tralcio che si stacca dalla vite e che
mittetur foras et arescet.
Vegliamo perchè non siamo vittime di quella pigrizia spiri-
tuale, che ha orrore di tutto quello che impone sacrificio, che
tarpa le ali a ogni desiderio di elevarci alquanto al disopra della
nostra corrotta natura, e ci rende sordi a ogni ispirazione di
raggiungere un più alto grado di perfezione e di merito.
Sarà inoltre nostro dovere esaminarci alcuna volta, e con tutta
imparzialità, per assicurarci che non sia venuto ad annidarsi nel
nostro cuore il verme roditore della virtù e della pietà che è la
tiepidezza. Ci ritornino spesso alla mente le roventi parole con cui
Iddio condanna il tiepido, assicurando, che tale orrore gl'ispira da
doverlo rigettare, come si rigetta un cibo mal digerito. Riteniamo
perciò, anche quando si lavora da soli, la bella abitudine di offrire
a Dio l'opera a cui poniamo mano, di far sovente la comunione
spirituale, e di ripetere frequentemente fervorose giaculatorie.
In ogni luogo, in ogni nostro lavoro ricordiamoci delle parole
di S. Francesco di Sales, che « nessuna compagnia, nessuna occupa-
zione può impedirci di essere con Gesù, con Maria, con gli Angeli,
con i Santi ». Studiamoci di condire il nostro lavoro con elevazione
della mente a Dio, con slanci d'affetto, affine di non lasciarci
scoraggiare, a esempio del pellegrino che prende di quando in
quando un sorso di vino, senza interrompere il suo cammino onde
aver maggior forza per compierlo più presto.
Gioverà soprattutto vivere ognora sotto gli occhi della nostra
dolcissima madre, Maria Ausiliatrice, a lei affidando la buona
riuscita, il frutto di ogni impresa e persino la custodia di quel
poco di bene che abbiamo fatto e dei pochi meriti che. ci siamo
acquistati.
Ci ottenga il nostro Venerabile Fondatore che ciascuno de'
suoi figliuoli sia una continuazione della sua provvidenziale mis-
sione sulla terra, che tutti rispecchiamo in noi stessi quella soda
42

5.5 Page 45

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pietà e quella ben intesa attività che egli ci ha insegnato con
l'esempio e con la parola.
14. Il nuovo Consigliere Professionale.
Nel por termine a questa circolare debbo darvi una notizia assai
importante per la nostra Pia Società. Il sig. Don Giuseppe Vespi-
gnani, che la fiducia degli elettori nell'ultimo Capitolo generale
aveva chiamato alla carica di Consigliere Professionale, ritornato
in America per ultimare alcuni affari, lasciati sospesi durante la
sua assenza, s'avvide, per le speciali condizioni fatte a quell'Ispet-
toria e annesso Vicariato Apostolico, che non era possibile allon-
tanarsi senza grave detrimento di quelle importantissime opere che
ha tra mano. Insistette quindi più volte per essere esonerato, e
ultimamente, con una lettera tutta ispirata a vivo affetto alla no-
stra cara Congregazione, con edificante spirito di umiltà e di sacri-
ficio, di nuovo rinunciò alla carica cui era stato elevato. Le ragioni
addotte sembrarono a me e agli altri membri del Capitolo cosi
gravi da indurci ad accettare le sue dimissioni.
A surrogarlo quale Consigliere Professionale mi parve dover
eleggere il Sig. D. Pietro Ricaldone, che resse per molti anni
l'Ispettoria Betica di Maria Ausiliatrice nella Spagna. A tutti son
note le virtù e attitudini del nuovo membro del Capitolo Superiore,
nutro quindi fiducia che tale elezione incontrerà il gradimento dei
confratelli, ed auguro ch'egli possa fare molto bene alle nostre
scuole professionali, secondando il gagliardo impulso loro dato dal
compianto D. Bertello.
Sempre più convinto che non potrei portare il grave peso del
mio ufficio senza il valido soccorso delle preghiere dei miei buoni
confratelli, lo imploro dalla vostra carità e nel S. Cuore di Gesù
mi professo
V ostro aff.mo Confratello
Sac. PAOLO ALBERA.
43

5.6 Page 46

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III
Deliberazioni Capitolari per il corso tecnico, per i Con-
vitti-pensionati e per le vacanze durante l'anno scolastico
1. Per il corso tecnico. - 2. Per i Convitti-pensionati. - 3. Per le vacanze
dei giovani. - Appendice.
Carissimo Signor Ispettore,
Torino, 15 maggio 1911.
Il Capitolo Superiore per più di un mese con frequenti sedute
s'è occupato della discussione dei cinque temi di cui ti fu mandata
copia nello scorso marzo. Gl'Ispettori d'Italia, eccetto due che
mandarono i loro appunti per iscritto, furono dal Capitolo uditi
personalmente. Ora ecco le decisioni che - dopo serio esame -
furono prese; te le comunico acciò le faccia eseguire esattamente
dalle Case da te dipendenti.
I Superiori non si sono nascoste le difficoltà che possono sor-
gere - nondimeno sono d'avviso che i vantaggi saranno immen-
samente maggiori - sopratutto se tutti agiremo viribus unitis.
Per tuo governo poi non dovrai ammettere alcuna eccezione
alle disposizioni contenute nella presente se non sia esplicitamente
concessa per iscritto dal Rettor Maggiore dopo la data di que-
sta mia.
Tale eccezione - qualora si faccia sarà comunicata a te
prima che a qualsiasi altro tuo suddito.
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5.7 Page 47

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1. Per il corso tecnico.
In ossequio al volere del Ven. D. Bosco e del compianto Sig.
D. Rua, contrari all'introduzione delle scuole tecniche interne nei
nostri Collegi, gli attuali Superiori confermano il principio e di-
chiarano che anch'essi non intendono ammettere il corso tecnico
interno.
Nondimeno fino a tanto che in Italia dureranno le attuali
disposizioni legislative-scolastiche, ove il corso elementare è com-
pleto, ( ha cioè la 5a e 6a) si tollera che, integrato opportunamente
il programma, le due suddette classi si possano far valere per una
1a e 2a tecnica; ma fin dal prossimo anno scolastico 1911-12 nessun
Collegio potrà avere la terza tecnica interna sotto qualunque
nome o forma. Gli allievi poi che attualmente frequentano il
corso - siano preparati - volendolo le rispettive famiglie, agli
esami pubblici e indirizzati, occorrendo, a qualche nostro Con-
vitto-pensionato per il terzo corso tecnico.
2. Per i Convitti-pensionati.
A norma dell'art. 7, e nota, delle nostre Costituzioni, la fon-
dazione dei Convitti-pensionati, ogni loro ampliamento o modifi-
cazione come sempre è riservata al Rettor Maggiore con il suo
Capitolo. Tali permessi d'ora innanzi i Superiori non li daranno che
per iscritto - quindi gl'Ispettori - quando non si presenta loro
un tale documento non sono tenuti a prestarvi fede, anzi non deb-
bono. Per comodità dei Signori Ispettori si unisce alla presente,
copia delle norme - altra volta inviate - per l'apertura di un
Convitto-pensionato.
3. Per le vacanze dei giovani.
Per le vacanze durante l'anno il Capitolo Superiore, facendo
sue le deliberazioni prese da tutti gl'Ispettori d'Italia, adunati in
Valsalice nei giorni 26, 27 e 28 agosto 1907, dei cui verbali fu
mandata copia a ciascun Ispettore, stabilisce:
45

5.8 Page 48

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a) le cosidette uscite-premio sono proibite in qualunque nostra
Casa;
b) le vacanze durante l'anno scolastico sono proibite negli in-
ternati semplici e negl'internati con annesso Convitto-pensionato.
I Direttori procureranno intrattenere i pensionati mediante
ripetizioni, speciali studi e conferenze e sopratutto durante le
vacanze di Pasqua con gli esercizi e le funzioni della settimana
santa.
c) Nei semplici Convitti-pensionati le vacanze per ora siano
limitate unicamente a Natale e a Pasqua e a due o al più tre
giorni, viaggio compreso, ben inteso però che anche nei Convitti
pensionati prima delle vacanze di Pasqua si facciano regolarmente
gli esercizi spirituali.
Per le vacanze autunnali prego vivamente i Signori Ispettori che
si mettano d'accordo coi singoli Direttori per accorciarle il più
sia possibile.
Certo che tu e i tuoi Direttori farete vostre queste disposi-
zioni del Capitolo - invoco su di voi e sulle vostre opere le più
copiose benedizioni della Vergine Ausiliatrice.
Prega per me e credimi
Tuo aff.mo in C. J.
Sac. PAOLO ALBERA.
APPENDICE
1. Norme per l'apertura. - 2. Eccezione alla regola.
1. Norme per l'apertura.
I Convitti-pensionati per alunni di scuole pubbliche sono peri-
colosissimi ad essi e ai nostri chierici e preti che li assistono e diri-
gono e contrari alle idee di D. Bosco, che lavorò tutta la vita per
avere in casa nostra le scuole, richiamandovi i suoi figliuoli dalle
scuole esterne pubbliche e private, pur con enormi sacrifici.
46

5.9 Page 49

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Alle osservazioni che si tratta d'impedire il male... che vi sono
buoni insegnanti, delle scuole pubbliche frequentabili... che pei
privatisti la condizione è difficile... e simili, si risponde che:
1° i Salesiani non hanno la missione, essi soli, d'impedire
tutto il male, nè di fare tutto il bene di questo mondo;
2° posto pure fosse realmente vero che alcuni insegnanti siano
buoni, ottimi, non lo sono altri; ed essi ad ogni modo sono tra-
slocabili da oggi a domani;
3° i Collegi bene ordinati e ben diretti dànno ottimi risul-
tati anche fra le difficoltà attuali.
2. Eccezione alla Regola.
Ma una eccezione alla regola si può fare in casi particolari
purchè:
a) siano in locale a sè, o per lo meno separato dai convittori
delle s<:uole interne;
b) ci assicuriamo di aver anzitutto un Direttore ad hoc, che
intenda e conosca i suoi doveri;
e) sia provveduto seriamente e con personale sodo, anche ri-
dotto, all'assistenza e alle ripetizioni;
d) il Direttore, o chi per lui, si pongano al corrente degli
errori, che talvolta sono empietà e bestemmie - contro la fede,
la morale, la disciplina della Chiesa - che si sentono nelle scuole,
e dei testi comandati o consigliati;
e) vi sia scuola obbligatoria, settimanale di religione sul ca-
techismo anzitutto, che purtroppo non si sa da tanti alunni di
scuole superiori, poi più ampiamente, sulla parte dogmatica, mo-
rale e sacramentaria, disciplinare della Chiesa;
f) al Convitto si annetta un Oratorio festivo, frequenter quinta
ginnasiale pubblica per i non chierici.
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5.10 Page 50

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IV
Disposizioni della S. Sede
vietanti la lettura dei giornali ai Chierici studenti ( 1)
1. Decreti della Santa Sede. - 2. Raccomandazioni di D. Bosco e di D. Rua.
Torino, Festa di Maria Ausiliatrice 1911.
Carissimi Confratelli,
1. Sono ben note le disposizioni del Sommo Pontefice Pio X
vietanti la lettura dei giornali e dei periodici ai chierici studenti.
Nel Motu proprio Sacrorum Antistitum del 1° settembre 1910
il S. Padre dice: Cum clericis multa iam satis eaque gravia sint
imposita studia sive quae pertinent ad sacras litteras, ad fidei
capita, ad mores, ad scientiam pietatis et officiorum quam asceti-
cam vocant, sive quae ad historiam Ecclesiae, ad ius canonicum,
ad sacram eloquentiam referuntur; ne iuvenes aliis quaestionibus
consectandis tempus terant et a studio praecipuo distrahantur,
omnino vetamus diaria quaevis et commentaria quantumvis optima
( 2) Disposizioni poi mutate dall'Enciclica « Exhortatio ad Clerum » di
Pio XII, per condizioni sociali profondamente variate, che richiedono ormai
già nei novelli sacerdoti uscenti, dai Seminari cognizioni sufficientemente
specificate per una proficua presenza pastorale anche a riguardo dei nuovi
vasti movimenti sociali.
48

6 Pages 51-60

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6.1 Page 51

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ab iisdem legi, onerata moderatorum conscientia qui ne id accidat
religiose non caverint.
Il Segretario della C. Concistoriale card. De Lai in una lettera
diretta al card. Primate d'Ungheria il 20 ottobre 1910 e pubbli-
cata nel Bollettino Uffìciale della S. Sede ( 1O novembre 191O),
per mandato del S. Padre stesso spiega il senso della proibizione.
S. S. D. N. mens est ut firma sit lex qua prohibetur ut diaria et
commentaria etzam optima, quae tamen de politicis rebus agunt
quae in dies eveniunt, aut de socialibus et scientificis quaestio-
nibus quae pariter in dies exagitantur quin adhuc de iis certa sen-
tentia habeatur, haec, inquam, in manibus alumnorum Seminarii
libere non relinquantur. Nil tamen vetat quominus Superiores
Seminarit aut magistri si agatur de quaestionibus scientificis legant
alumnis, aut legendos articulos in sua praesentia tradant eorumdem
diariorum et commentariorum quos ad alumnorum instructionem
utiles vel opportunos censent. Commentaria vero in quibus nil
contentionis continetur sed notitias religiosas, S. Sedis disposi-
tiones et Decreta, Episcoporum acta et ordinationes referunt,
vel alia quae quamvis periodica non aliud sunt quam lectiones
ad fidem et pietatem utiles, haec, inquam, possunt probantibus
Seminarii moderatoribus prae manibus alumnorum relinqui tem-
pore a studio et ab aliis praescriptis officiis libero.
Nei documenti riferiti si parla di alunni di Seminari. Ma ubi
eadem est ratio eadem debet esse legis dispositio. Pare dunque
niuno dovesse dubitare che le medesime disposizioni si riferi-
scano pure agli studenti degli Istituti religiosi. Tuttavia in una
dichiarazione della S. C. Concistoriale in data 25 settembre 1910
leggiamo che alla medesima Congregazione fu proposto, con altri
dubbi, pur questo sotto il n. IV: « An prohibitio alumnis in
Seminariis et ecclesiasticis collegiis /acta legendi diaria quaevis
et commentaria quantumvis optima etiam ad iuvenes regulares in
monasteriis et in congregationibus studiis operam dantes exten-
datur? ». E che il S. P. il 24 dello stesso mese di settembre 1910
ordinò di rispondere affermativamente. « Et SS. Dominus Noster,
in audentia die 24 huius mensis, Emo. Card. Secretario S. C.
49
4

6.2 Page 52

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Concistorialis concessa, respondendum mandavit... ad IV affir-
mative ».
Da questi documenti ben si può dedurre che cosa voglia il
S. P. dai nostri Direttori circa il permettere o l'impedire la lettura
dei giornali o periodici ai nostri chierici, che frequentano le scuole
di filosofia e di teologia e che cosa dai chierici medesimi.
I Direttori devono impedire e i chierici devono evitare la
lettura: 1° dei giornali politici senza alcuna eccezione; diaria quae-
vis... quae... de politicis rebus agunt quae in dies eveniunt: 2° dei
periodici aventi fine politico o scientifico sociale e trattanti perciò
bene spesso argomenti alieni dalle materie proposte allo studio dei
nostri soci; e di quelli sopra tutto nei quali si agitano controversie
atte a eccitare l'animo del giovane chierico e a distrarlo dagli studi.
È solo permesso ai Superiori e ai maestri di leggere agli alunni o
dare a leggere ai medesimi - presente però il Superiore o il
maestro - quegli articoli di giornali o periodici intorno a que-
stioni scientifiche che giudicassero utili all'istruzione dei chierici.
Possono i nostri chierici studenti leggere ( ma solo con l'appro-
vazione dei Superiori e nelle ore non consacrate allo studio, alla
scuola e agli esercizi di pietà) quei periodici, che, alieni da con-
troversie, riferiscono notizie d'indole religiosa, atti della S. Sede,
de' Vescovi, relazioni di missionari od altro che valga a coltivare lo
spirito di fede e di pietà, come ad es.: Il Monitore Ecclesiastico,
le Ephemerides liturgicae, Acta Apostolicae Sedis, Il Messaggero
del S. Cuore, L'Ami du Clergé e altrettali.
Restano i periodici che, pur non avendo il fine e la natura di
quelli ora accennati, nil contentionis habent e trattano argomenti
dogmatici, morali, esegetici, pedagogici, didattici, ecc. non alieni
dalle discipline che sono oggetto dei nostri studi. A questa classe
di periodici appartengono La Civiltà Cattolica, La Scuola Cattolica,
Les études, Razòn y fe, Stimmen aus Maria Laach, La Revue Tho-
miste, La Nuova Rivista delle Riviste di Macerata, La rivista di
filosofia neoscolastica, La Scuola italiana moderna, Gymnasium.
La lettura di periodici di questa classe ( quando siano di rico-
50

6.3 Page 53

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nosciuta ortodossia, come i qui nominati) è dal S. Padre vietata ai
chierici studenti? Ecco come ne parla il Vermeersch nel breve
commento alla Lettera del Card. De Lai sopra citata: Sed inter
utrumque quod describitur commentariorum genus, tertium inte-
riacet eorum quae quaestiones dogmaticas, morales, exegeticas sive
scientifi,ce explorant sive eleganti sermone vulgari ad multorum
usum transferunt ( Revues littéraires de vulgarisation). Haec neque
expresse prohibentur neque expresse permittuntur. Resta! itaque
ut in arbitrio Moderatorum positum dicamus eadem, secundum
supremum canonem utilitatis studiorum, prudenter ve! admittere
ve! arcere. De his agimus quae in nullam incurrunt modernismi
suspicionem, sin minus iam prohibentur encycl. Pascendi etc.
I taque nihil obstare videtur quin quodpiam ex variis catholicis
commentariis, Civiltà Cattolica, Les études... prudenter alumnis
legendum tradatur.
Sebbene la proibizione non sia manifestissima, (l'eminente
canonista non fu ancora contradetto dalla competente autorità)
è però indubitato, che i Superiori sono tenuti a proibire la lettura di
tali periodici, quando scorgessero ch'è d'impedimento agli studi,
perchè la volontà del Santo Padre è che « ne iuvenes aliis quae-
stionibus consectandis tempus terant et a studio praecipuo di-
strahantur ». E poichè, di regola, tali letture distraggono dallo
studio cui attendono i nostri chierici, gl'Ispettori e i Direttori
non le permetteranno, se non nel caso in cui le giudicassero vera-
mente atte ad agevolare l'acquisto della scienza loro assegnata nelle
lezioni o ne' trattati.
2. Raccomandazioni di D. Bosco e di D. Rua.
Per tutti quanti i confratelli poi si ricordano le vivissime rac-
comandazioni e le disposizioni di D. Bosco e di D. Rua, i quali
hanno sempre inculcato che i giornali li leggessero ( privatamente
e mai passeggiando all'aperto) solo coloro che, a giudizio dell'Ispet-
tore, ne avevano stretto bisogno; che anche costoro non v'im-
51

6.4 Page 54

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piegassero molto tempo e sopratutto nessuno, di propria iniziativa,
leggesse fogli poco lodevoli pei loro principi. Ciò che per altro è
perfettamente consono a quanto prescrivono le nostre costitu-
zioni all'art. 7 e nota.
La Vergine Ausiliatrice faccia si che ogni Salesiano sia osse-
quente a queste disposizioni della S. Sede e raccomandazioni
dei nostri venerati Padri.
Vostro aff.mo in C. ].
Sac. PAOLO ALBERA.
52

6.5 Page 55

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V
Contro l'abuso delle vacanze presso i parenti ed amici
1. « ... Omnium malorum officina». - 2. « Viribus unitis ». - 3. Due
abusi da evitare.
Miei carissimi Signori Ispettori,
Torino, 9 luglio 1911 .
Nell'assumere il grave peso del Rettorato riposi la mia spe-
ranza in voi sopratutto, o Carissimi Ispettori; si è per questo che
a quando a quando comunicherò a voi in particolare quanto con
il Capitolo Superiore stimerò opportuno per il buon andamento
della nostra Pia Società. Ho fiducia che vi farete eco fedele dei
desideri dei Superiori e cercherete di far conoscere queste disposi-
zioni in modo che i vostri dipendenti siano convinti della loro
opportunità non essendo altro che le nostre Costituzioni nella
lettera e nello spirito.
1. « ... Omnium malorum afficina ».
A voi anziani della Congregazione è noto quanto il nostro Ven.
Padre D . Bosco fosse contrario al permettere che i Confratelli
passassero le vacanze presso le proprie famiglie o quelle di amici.
Basterebbe a convincersene, le poche linee che leggiamo nella rac-
colta delle sue lettere a pag. 14: Satagant Superiores ut omnino
53

6.6 Page 56

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claudatur omnium malorum officina, qualis est feriarum tempus
apud parentes aut amicos transigere.
E l'amatissimo Sig. D. Rua alla sua volta scriveva il 1° gen-
naio 1895: « ... Purtroppo le ultime ferie autunnali produssero
per alcuni l'effetto contrario, e furono forse di grave danno alle loro
anime. Molti Confratelli sotto vari pretesti andarono in seno alle
loro famiglie e vi dimorarono troppo lungamente. Altri, senza il
dovuto permesso, intrapresero viaggi lunghi e dispendiosi, fecero
visite a conoscenti, amici ed ai parenti dei nostri allievi, passando
presso di essi intere settimane. Questo modo di comportarsi è
affatto contrario agli ammaestramenti di D. Bosco, alle delibera-
zioni Capitolari e al proprio profitto spirituale... » ( raccolta lett.
D. Rua pag. 124).
Ancora adesso, a 16 anni di distanza, deve ripetersi la stessa
cosa. A chi studia le cause delle defezioni patite dalla Congre-
gazione in questi ultimi anni, si presentano subito alla mente le
vacanze prolungate presso la propria famiglia, l'eccessivo attac-
camento ad essa, il desiderio d'inviarle qualche somma non tanto
per sopperire a veri bisogni, quanto per migliorarne la condizione.
2. « Viribus unitis ».
Il Sig. D. Rua ha insistito tante e tante volte su questo argo-
mento ed era spaventato delle liste, quantunque non complete,
giuntegli dei Confratelli recatisi per le vacanze presso le proprie
famiglie. Ad ovviare tale inconveniente il più possibile, mandò fì-
nanco un registro a matrice ( di cui unisco esemplare), ove sono
ricordate tutte le disposizioni emanate a questo riguardo, con la
viva raccomandazione ai Signori Ispettori di servirsene in casi
straordinari, quando cioè davvero è richiesta la presenza del Con-
fratello in famiglia. In esso è pur detto che solamente l'Ispettore
può concedere tali permessi, e anche egli non può prolungarli
oltre gli otto o al più quindici giorni.
Ma a che servono tali disposizioni se non ci mettiamo tutti
d'accordo per tradurle in pratica? I nostri Confratelli, non v'ha
54

6.7 Page 57

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dubbio, dopo un anno di lavoro hanno bisogno di riposo ed è
bene che gl'Ispettori, d'accordo coi singoli Direttori e, occorrendo,
con altri Ispettori, procurino loro per turno il conveniente svago,
disponendo in modo le cose, che abbiano la necessaria assistenza
e le Case non debbano soffrirne nel loro funzionamento. Ma per
questo, viribus unitis, si faccia in modo:
1° che nessuno assolutamente e per nessun motivo vada a pas-
sare le vacanze presso le famiglie dei nostri alunni;
che non si permetta che raramente e per motivi eccezionali
di passarle presso le famiglie dei nostri benefattori ed amici;
che sia eliminata l'andata presso la propria fam iglia per
motivo di vacanza.
Per quei Confratelli ammalati che avessero bisogno dell'aria
nativa i Signori Ispettori, prima di mandarli, tentino di trovarne
una consimile in qualche altra nostra Casa. Dovranno fare sacrifici
pecuniari, ma non bisogna rimpiangerli: si tratta della salute dei
nostri cari Confratelli, di cui dobbiamo avere tutta la cura pos-
sibile, come anche della conservazione del loro buon spirito.
3. Due abusi da evitare.
Conviene però anche in questo stare attenti a un abuso che va
introducendosi. Alcuni nostri ammalati pretendono d'essere cu-
rati a guisa de' grandi signori e quindi vorrebbero andare ai prin-
cipali stabilimenti climatici ecc. È bene non dimenticare che, anche
ammalati, siamo poveri religiosi e non pretendere cure che non si
addicono alla nostra condizione.
Quest'anno poi noto un altro fatto. Parecchi Direttori e
qualche Ispettore a chi chiede da lontano o da vicino di andare
in famiglia, dopo avergli risposto che non si ha nulla in contrario
o che si è ben contenti, aggiungono di rivolgersi al Rettor Mag-
giore, mettendo cosi lui, il più delle volte, nella condizione di dare
una negativa e prendersi tutta l'odiosità. Lascio a voi giudicare se
ciò sia conveniente. Quando v'accorgete adunque che un permesso
non è opportuno, senz'altro negatelo voi stessi, e tenete ferma la
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6.8 Page 58

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vostra decisione. Quando invece credete opportuno accordarlo,
ma non giudicate di poterlo fare voi stessi, allora potrete sug-
gerire che si rivolgano al Rettor Maggiore. In questo caso voi
stessi gli trasmetterete la domanda postillandola opportunamente
in modo che il Superiore, ricevendo tali domande, può capire che,
a vostro giudizio, possono essere esaudite, avendone già voi ponde-
rato bene le ragioni. Io poi tali concessioni parteciperò anzitutto
a voi e con questo atto vi s'intende affidata la cura di stabilire i
termini opportuni e vegliare a che non siano oltrepassati.
Quell'amore vivissimo che portate alle anime e che vi lega alla
nostra Congregazione, la quale tanti stenti costò al nostro Ven.
Fondatore e Padre, vi suggerisca questi modi paterni, ma allo stesso
tempo scevri da ogni debolezza, per far sempre meglio fiorire lo
spirito religioso.
Pregate per me, che ogni mattina nella S. Messa vi ricordo
in modo al tutto particolare e vi sono
Aff.mo amico
Sac. PAOLO ALBERA.
56

6.9 Page 59

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VI
Sulla disciplina religiosa
1. Motivi di conforto. - 2. Alla scuola di D. Bosco. - 3. La disciplina
secondo D. Bosco. - 4. I due cardini della disciplina. - 5. La Casa
religiosa disciplinata. - 6. Il rovescio della medaglia. - 7. Vantaggi
della disciplina per l'individuo. - 8. Per la nostra Pia Società. - 9. Sen-
za la disciplina tutto crolla. - 10. Osservanza delle leggi canoniche.
- 11. Osservanza delle Costituzioni. - 12. I regolamenti e le pre-
scrizioni dei Superiori. - 13. Il solerte custode della disciplina. -
14. Stare in guardia contro lo spirito d'indipendenza. - 15. Stare in
guardia dallo zelo temerario. - 16. Hoc fac et vives... - Appendice.
Carissimi Confratelli,
Torino, 25 dicembre 1911.
Natività di N. S. G. C.
Quando la Divina Provvidenza dispose che io, cosl meschino
qual sono, fossi eletto Superiore della nostra Pia Società, vari
buoni confratelli a viva voce e per iscritto mi augurarono che della
superiorità avessi a gustare le gioie, ma mi fossero risparmiate le
spine. Ammirai la delicatezza di tali sentimenti; sicuro peraltro
che a un superiore pur troppo, pei tempi che corrono, sono
riservati dolori più che consolazioni, pregai Iddio di darmi la
forza di sopportarli con cristiana rassegnazione.
1. Motivi di conforto.
M'avvidi infatti che il sentiero per cui doveva camminare era
tutto seminato di molte e pungenti spine; mi sentii talora schiac-
ciato sotto il peso che doveva portare; tutta provai l'amarezza di
quel calice che doveva bere.
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6.10 Page 60

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Ma piacque al Signore alternare le pene con soavissimi conforti;
egli si degnò ispirarmi nuovo coraggio con paterne ed affettuosis-
sime carezze. Nè voi potete ignorarle, o carissimi confratelli;
tuttavia fra l'altro basterebbe ricordare le gioie che inondarono
il nostro cuore nei Congressi degli Oratori festivi e degli ex-Al-
lievi, riusciti entrambi il più bel trionfo, la più splendida glori-
ficazione del Venerabile nostro Fondatore e Padre D. Bosco e
dell'Opera sua, il più efficace incoraggiamento ai suoi figli.
Ma io doveva trovare un balsamo ristoratore d'ogni morale
sofferenza in seno alla stessa nostra famiglia religiosa, e questo
fu la generosa e ferma volontà onde sono animati, si può dire, tutti
i Salesiani, di lavorare con lena alla gloria di Dio e alla salvezza
delle anime. Di essa ebbi prove non dubbie in tutte le case che
ho visitate, in ogni rendiconto che ho udito in molte lettere di
confratelli lontani che mi commossero fino alle lacrime. Ne fecero
pur fede le relazioni degl'lspettori e di molti Direttori. Di sì
felici disposizioni de' miei diletti confratelli ho reso a Dio vivis-
sime grazie, come d'un favore segnalato.
Ma di questo non posso tenermi pago. Conosco anche troppo
la nostra debolezza e l'instabilità della nostra volontà, non posso
quindi far tacere una voce interna che m'impone di avvalorarla
ognor più con pressanti raccomandazioni, e renderla con la grazia
di Dio, costante, feconda di frutti ubertosi e ben agguerrita contro
ogni scoraggiamento e difficoltà che si potesse incontrare.
Questo mi proposi di fare esponendovi alla buona alcune idee
sulla disciplina che dovrebbe regolare la nostra Pia Società. Pri-
ma di dar mano alla penna ricorsi al nostro Venerabile supplican-
dolo di voler servirsi dell'opera mia per ripetere a tutti i suoi
figli quei preziosi ammaestramenti che su tal argomento con tanta
efficacia ci dava quando viveva ancora in mezzo a noi.
2. Alla scuola di D. Bosco.
Ricordano i più anziani tra i confratelli con quali sante indu-
strie D. Bosco ci preparasse a divenire suoi collaboratori. Soleva
58

7 Pages 61-70

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7.1 Page 61

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radunarci di quando in quando nell'umile sua cameretta, dopo le
orazioni della sera, quando già tutti gli altri erano a riposo, e là
ci teneva una breve ma interessantissima conferenza.
Eravamo pochi a udirlo, ma appunto per questo ci riputavamo
felici di avere le confidenze, di essere messi a parte dei grandiosi
disegni del nostro dolcissimo Maestro.
Non ci fu difficile comprendere che egli era chiamato a com-
piere una provvidenziale missione a favore della gioventù ed era
per noi una non piccola gloria il vedere che ci sceglieva quali stru-
menti per eseguire i suoi meravigliosi ideali.
Così poco a poco ci andavamo formando alla sua scuola tanto
più che i suoi insegnamenti avevano un'irresistibile attrattiva sui
nostri animi ammirati dello splendore delle sue virtù.
Dal 1866 in poi, avendo egli cominciato a raccoglierci per
gli esercizi spirituali, l'azione di D. Bosco potè esercitarsi su d'una
scala molto più vasta. Ogni anno in tale felice ricorrenza ci veniva
dato di radunarci e di contarci, e riusciva a noi di grande conforto
il vederci sempre più numerosi.
Il buon padre con le sue istruzioni, così dense di santi pen-
sieri ed esposte con ineffabile unzione, apriva continuamente alle
nostre menti attonite nuovi orizzonti, rendeva ognor più generosi i
nostri propositi e più stabile la nostra volontà di rimanere sempre
con lui, e di seguirlo ovunque, senza alcuna riserva e a costo di
qualsiasi sacrificio.
Già oltre cinquant'anni passarono da quei tempi fortunati, ma
il tempo trascorso non valse a cancellare dai nostri cuori l'impres-
sione che in noi lasciava la parola di D. Bosco.
Sovente alcuni articoli delle Costituzioni, che leggeva in un
manoscritto, formavano l'argomento della sua conferenza, e gli
porgevano il destro di venir a pratiche considerazioni, veramente
preziose per la nostra spirituale formazione .
Non ricordo che egli pronunziasse mai la parola disciplina:
non l'avremmo compresa; ma bellamente c'insegnava ciò che essa
significa, ci tracciava il sentiero che dovevamo percorrere e infine
59

7.2 Page 62

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vegliava attentamente, perchè la nostra condotta fosse conforme
a' suoi insegnamenti.
Non di rado gli sfuggivano dal labbro chiare allusioni al rapido
e straordinario sviluppo che avrebbe preso la nascente Congre-
gazione, allo sterminato stuolo di fanciulli che avrebbero popo-
lato le sue case; ed era questo che più eccitava il nostro stupore
conoscendo noi le innumerevoli e gravissime difficoltà che doveva
sormontare per sostenere l'unica e piccola casa dell'Oratorio.
3. La disciplina secondo D. Bosco.
Solamente il 15 novembre 1873, quando già la Pia Società
Salesiana contava sette case in Italia, D. Bosco diresse a' suoi
figliuoli una circolare il cui argomento era la disciplina.
Mi venne fatto di trovarne una copia, e la tengo sul mio scrit-
toio mentre sto vergando queste poche pagine, perchè mi serva di
guida. Definiva egli la disciplina: un modo di vivere conforme
alle regole e costumanze d'un istituto. Questo istituto - è facile
comprenderlo - nella mente di D. Bosco era la Pia Società Sale-
siana; il suo scopo, come ricaviamo dal 1° articolo delle Costitu-
zioni, era la perfezione de' suoi membri e il mezzo per raggiungerlo
sopratutto l'apostolato a favore della gioventù povera e abban-
donata.
Ispirato da Dio il Venerabile Fondatore aveva dato al novello
istituto delle Regole o Costituzioni adattate ai bisogni dei tempi
e delle persone. Tutti quelli che intendevano far parte della Pia
Società spontaneamente accettavano questa regola di vita, ed era
affidato ai superiori il compito di custodirla gelosamente quale un
sacro deposito. Essi inoltre dovevano vigilare perchè realmente
ciascuno si regolasse in modo conforme a tali leggi.
Il perfezionamento adunque dei singoli membri e dell'intera
società doveva essere l'effetto della disciplina che D. Bosco incul-
cava a' suoi figli, ma non un perfezionamento che potesse essere
comune a qualunque famiglia religiosa, bensi adattato al carattere
speciale che essa rivestiva e alle regole che la governavano. Qual
60

7.3 Page 63

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meraviglia perciò che sotto la scorta di un maestro cosi esperto e
fornito di tanti lumi soprannaturali, molti di quei primi discepoli
di Don Bosco facessero passi da giganti nella pietà, nella virtù,
nello spirito di sacrificio e nell'esercizio dello zelo? Niuno certa-
mente stupirà se quelli furono chiamati i tempi eroici della nostra
Pia Società.
4. I due cardini della disciplina
Gl'insegnamenti del nostro Venerabile Padre erano d'accordo
con quelli del Serafico dottore S. Bonaventura che nel suo spe-
culum disciplinae scriveva: la disciplina aver di mira di rendere
la vita del religioso buona e onesta, sicchè non gli basta non far
del male, ma nell'operare il bene stesso si sforza anche di appa-
rire del tutto irreprensibile; conversatio bona et honesta, cui pa-
rum est mala non agere, sed in iis quae bene agit, studet per
omnia irreprehensibilis apparere.
Come egli è evidente, essa tende alla formazione dell'uomo
interiore, sicchè la bontà della vita esteriore non è altro che il
frutto della convinzione interna e la manifestazione delle in-
time disposizioni del cuore. La vera disciplina non si tiene contenta
dell'apparenza della virtù, non forma dei sepolcri imbiancati, ma si
propone di aiutare le anime a contrarre l'abito della perfezione e
di condurle più innanzi che sia possibile nel sentiero della santità.
Essa poggia bensi sui due cardini che sostengono ogni buono e
saggio governo, cioè sull'amore e sul timore, ma sa cosi bene
contemperare questi due sentimenti da non alienare i sudditi
con soverchia asprezza, nè con troppa indulgenza permettere
che cadano nel rilassamento o si sollevino a una intollerabile
alterigia.
5. La Casa religiosa disciplinata.
Non occorre spendere molte parole per provare la necessità e
vantaggi della disciplina religiosa. Basta che entriate per poco
61

7.4 Page 64

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in una casa ove aleggi lo spmto di disciplina, e non tarderete a
convincervi che colà regna l'ordine più perfetto in tutte le cose e
le persone. In ogni parte scorgerete proprietà e nettezza, tanto
più pregevole in quanto che non nuoce per nulla alla semplicità
e alla povertà che si addice a una comunità religiosa.
Troverete che l'orario è scrupolosamente osservato, e che ogni
azione e movimento è regolato dal suono della campana, sicchè ad
elogio di tale istituto può con tutta ragione ripetersi il noto verso :
Omnibus una quies operum, labor omnibus unus.
E ciò è tanto vero che in molte ore della giornata nessuno
sospetterebbe neppure che colà si raccolgano cotante persone.
E chi non sa quanto questa regolarità contribuisca a tener raccolto
lo spirito e a rendere fecondo il lavoro?
Ma v'ha di meglio per ciò che spetta alle cose spirituali. Infatti
vedrete trasparire dal volto dei felici abitatori di quella casa un
amabile candore, un'innocente semplicità, una spontanea e santa
letizia, che riflette la pace del loro cuore, la serenità della loro
coscienza.
Non s'incontra alcuno che compia i suoi doveri ex tristitia aut
ex necessitate, a guisa del forzato che trascina penosamente la
catena che sta legata a' suoi piedi. Ogni religioso si mostra piena-
mente felice nella sua vocazione, e ricordando che magnum est
esse servum potentis, che servire Deo regnare est ( S. Gregorio
Magno), che cioè è gran fortuna l'essere al servizio d'un padrone
sì grande quale è il Signore, che servire a Dio è regnare, preferisce
mille volte la sua umile condizione agli onori del mondo, la sua
povertà e le sue mortificazioni alle ricchezze e ai godimenti del
secolo .
Oh! certo non è fra quelle mura che i superiori compiono il
loro ufficio gemendo e sospirando, poichè niuno resiste alla loro
volontà. Gli stessi loro desideri sono riputati altrettanti comandi.
Non avviene mai che colà risuoni una parola di critica, di mormo-
razione o di lamento. La carità è il vincolo che tiene unite le
menti e i cuori; del tutto uniformi sono i pensieri, i sentimenti
e persino le parole poichè idipsum omnes sentiunt et dicunt.
62

7.5 Page 65

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E se per avventura qualcuno dei membri di quella comunità
cade in qualche difetto o in qualche fallo, poichè son pur essi
figli di Adamo, non se ne turba punto la tranquillità di quella
famiglia fortunata, poichè incontanente il colpevole fa ogni sforzo
per rialzarsi e i fratelli accorrono in suo aiuto. Onde noi escla-
miamo : Non par questa una valle di lacrime, una terra d'esilio,
sibbene un angolo del paradiso.
6. Il rovescio della medaglia...
Per contrario quanto desolante è l'aspetto d'un istituto reli-
gioso, ove non vige la disciplina! Le Regole o Costituzioni sono
ormai lettera morta, le tradizioni di famiglia sono dimenticate o
interamente trasformate.
L'orario non è conforme alle altre case, o pur rimanendo
stampato sulla carta, non è osservato. Ciascuno di quei religiosi
dà a divedere che la vita comune gli è diventata un peso insop-
portabile. Più non ama la calma della sua casa, più non si sente di
portare il giogo dell'ubbidienza, e ritorna a chiedere piaceri e sod-
disfazioni a quel mondo che pochi anni prima con tanta genero-
sità aveva abbandonato.
Di qui le uscite frequenti e senza permesso o non giusti-
ficate : di qui le visite inutili e pericolose, la negligenza dei
propri doveri e finalmente la perdita irreparabile della stessa
vocazione. Che se non si giunge d'un tratto a tali estremi, ben si
conosce che quel religioso che calpesta le leggi della disciplina,
è malcontento di se stesso e di cattivo esempio alla comunità.
Egli fugge con orrore tutto quello che gli costa sacrificio, non si
dà pensiero di correggere i proprii difetti, i quali di mano in
mano moltiplicandosi gettano profonde radici e avverasi in lui il
detto dei Proverbi, egestas et ignominia ei qui deserit disciplinam,
la povertà di virtù e l'ignominia ricadono su colui che ha abban-
donato la disciplina.
Poco a poco si va spegnendo nel suo cuore il fuoco sacro della
pietà, e se è sacerdote, compie il suo ministero in modo da
63

7.6 Page 66

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lasciar poco edificati gli astanti. Che dire poi s'egli deve compiere
il delicatissimo ufficio di educatore della gioventù? Iddio nol per-
metta, ma forse i giovanetti alle sue cure affidati cresceranno nel-
l'ignoranza e nel vizio, invece d'un padre, d'un amico, d'un mae-
stro, in lui troveranno una pietra d'inciampo, un pericolo alla
loro innocenza.
Si avvera qui la parola dell'autore dell'Imitazione: Religiosus
extra disciplinam vivens, gravi patet ruinae, il religioso che vive
senza disciplina, si avvia a grave rovina ( Lib. I, C. 25). Mancando
la disciplina perisce la pace, trionfa il vizio e si snerva la virtù,
come c'insegna Tam. da Kempis (De discipl. claustr.).
7. Vantaggi della disciplina per l'individuo.
È dunque necessario che in una famiglia religiosa esista una
somma di norme regolatrici dei doveri e dei diritti di ciascuno
dei membri che la compongono. Perchè essa possa esercitare in
mezzo agli uomini la sua salutare influenza deve essere gover-
nata dalle leggi della disciplina, che S. Bernardo chiamava:
vincitrice della cupidigia, carcere dei cattivi desideri, freno della
lussuria, vincolo dell'ira, domatrice dell'intemperanza, della leg-
gerezza e d'ogni disordinato appetito.
Ma lasciando da parte gli encomii che fecero della disciplina
i Padri della Chiesa, che potrei citarvi, permettetemi, carissimi
confratelli, che io aggiunga ancora alcune riflessioni che sempre
meglio ce ne facciano conoscere la necessità e i vantaggi.
Sant'lgnazio di Loyola soleva ripetere a' suoi figliuoli spi-
rituali la parola: vince teipsum, vinci te stesso. Orbene, chi sarà
che meglio vinca se stesso, domi le sue passioni e quindi si faccia
maggiormente ricco di meriti dinanzi a Dio? Sarà il Salesiano
che praticherà le regole di disciplina. Noi dobbiamo ricordarci
che la volontà è quella facoltà dell'anima nostra che più profon-
damente fu ferita dal peccato originale, e riporta anche al presente
nuove ferite ogni volta che noi facciamo cosa contraria al volere
di Dio.
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Fortunato chi vive sotto le regole della disciplina, poichè a ogni
piè sospinto ha occasione di mortificare la sua volontà, di vincere
se stesso e di rendere ognor più stretti quei vincoli che lo ten-
gono unito col Signore!
Molte persone alla considerazione dei debiti immensi che hanno
contratto con la divina giustizia per i loro peccati, si sentono
spinti a dir addio al mondo e darsi a un genere di vita che, con le
austerità e penitenze, loro offra occasione di riparare il male che
hanno fatto; ma per quanto vivo sia in noi il dolore d'aver offeso
Iddio, non abbiamo bisogno di prendere eroiche risoluzioni,
d'imporci penitenze superiori alle nostre forze.
Ci basterà che viviamo sotto la disciplina che il nostro stato
c'impone, e ad ogni momento ci sarà dato di compiere atti di mor-
tificazione e di penitenza veramente meritorii. È quello che pen-
sava S. Giovanni Berchmans che andava ripetendo: mea maxima
poenitentia, vita communis, la mia più grande penitenza è la vita
comune.
8. Per la nostra Pia Società.
È pur in tal modo che ci assicureremo che la nostra vita sia
vita di famiglia. Per mezzo della disciplina i soci avranno verso i
loro superiori gli affetti e le relazioni che i figli hanno verso il
padre; con i compagni di lavoro vincoli da veri fratelli. In ogni
casa saranno comuni le gioie ed i dolori; vi sarà vera comunanza
di preghiere e di lavoro, con la speranza che comune sarà poi la
ricompensa che il Signore ci prepara nell'altra vita.
Per tal mezzo sarà bandito quell'isolamento così funesto e
così dannoso a cui si condannano taluni che, pur vivendo in
seno a una grande e numerosa famiglia, rimangono del tutto sepa-
rati. Quanto sono degni di compassione! Nella religione non sono
figli, ma piuttosto mercenari : disciplinam, qui abjicit, infelix est.
( Sap., III, 11) cioè colui che rigetta la disciplina, è infelice.
Nè dobbiamo dimenticare che questa regolarità sarà una con-
tinua predicazione di ciascuno a tutti e di tutti a ciascuno; sarà un
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gagliardo impulso ai negligenti, perchè si correggano dei loro difet-
ti, sarà un dolce rimprovero ai rilassati, perchè ritornino al primi-
tivo fervore; infine sarà un indizio sicuro che in quella comunità si
conserva gelosamente lo spirito del Fondatore.
Al contrario è da notare che una piccola negligenza che sarebbe
insignificante in un uomo privato, diventa un disordine degno di
severa riprensione in un membro di una comunità religiosa, un
cattivo esempio a tutti gli altri, mentre sarebbe dovere di ognuno
edificare i proprii confratelli.
Tutti hanno l'obbligo della solidarietà. Chiunque abbia carità e
rispetto verso la sua Congregazione, dev'essere uomo di disciplina,
ed è tenuto a osservare anche i minimi particolari della vita
comune.
È questo un pensiero del nostro indimenticabile D. Rua,
ch'egli sviluppò in modo vivo ed efficacissimo nella chiusura degli
esercizi degli ordinandi in Valsalice l'anno 1907, commentando
le parole : Bonitatem et disciplinam et scientiam doce me, del
salmo 118, parole appunto che lasciava quale ricordo a' suoi
figliuoli .
9. Senza la disciplina tutto crolla.
Dopo tali considerazioni non è a stupire se i Padri del Con-
cilio Tridentino abbiano creduto doveroso nel Capo I della Ses-
sione 25 insistere con tutta la possibile energia, perchè nelle Con-
gregazioni religiose si osservassero scrupolosamente le regole della
disciplina, e dove pur troppo si avesse a lamentare rilassamento
o notevole negligenza, si richiamassero prontamente in vigore le
leggi della Chiesa e le prescrizioni dei Fondatori, asserendo che
se quelle che formano le basi e le fondamenta della disciplina rego-
lare non sono gelosamente conservate, ne viene di necessità che
tutto l'edificio cada in rovina: si enim illa, quae bases sunt et
fundamenta totius regularis disciplinae, exacte non fuerint con-
servata, totum corruat aedificium necesse est.
E basterebbe che anche solo qualche membro d'una comunità
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si lasciasse andare a una deplorevole rilassatezza in quanto a
disciplina, perchè tutto il corpo avesse a risentirne le tristi conse-
guenze, poichè ciò che da uno sarebbe edificato, da un altro ver-
rebbe distrutto.
Ed è appunto ciò che affermava D. Bosco scrivendo: Datemi
una famiglia in cui siano molti a raccogliere e un solo a disper-
dere, un edificio in cui siano molti a fabbricare e un solo a di-
struggere, e noi vedremo la famiglia andar in rovina e l'edificio sfa-
sciarsi e ridursi ad un mucchio di rottami. Perciò si legge nelle
Istituzioni di Cassiano (libro II, capo 15) che i monaci d'Egitto
colpivano d'una specie di scomunica domestica i perturbatori della
disciplina.
Per la ragione dei contrari io aggiungo che un Salesiano che sia
modello nella vita regolare, fosse pure di mediocre ingegno, di
poca scienza e abilità, sarà il sostegno della nostra Pia Società.
Sembrerà presso il mondo che faccia poco, ma farà moltissimo
dinanzi a Dio, che gli preparerà una splendida corona in cielo.
10. Osservanza delle leggi canoniche.
Ora voi, carissimi confratelli, mi domanderete: e quali sono le
leggi della disciplina? Per poterle osservare conviene prima di
tutto che noi le conosciamo. Eccovi la mia risposta:
Debbono tenere il primo posto le leggi canoniche emanate
dal Vicario di Gesù Cristo o dalle S. Congregazioni Romane per
il buon governo delle famiglie religiose. Se già è dovere d'ogni
cattolico il professare il rispetto più profondo, la più illimitata
ubbidienza e l'amore più intenso verso il Supremo Gerarca della
Chiesa, tanto più lo debbono fare i Salesiani, perchè figli di D .
Bosco. Noi dobbiamo fare proprii i sentimenti del nostro Vene-
rabile Fondatore Don Bosco verso la persona del Sommo Ponte-
fice , ed è questo che sul letto di morte ci raccomandò il compianto
suo Successore Don Michele Rua. Quindi:
a) Accettiamo incondizionatamente qualunque insegnamento,
qualunque decisione dottrinale del Papa.
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In questi atti vi è sempre la parola del Vicario di Gesù
Cristo, del Successore di S. Pietro, del Maestro divinamente costi-
tuito e divinamente assistito, di tutti i fedeli. ( Ricordiamo che
è cosa pericolosissima e perniciosa il distinguere nel Papa, quando
esercita gli atti del suo ministero, la persona pubblica e la per-
sona privata) . Da noi la sua voce sia sempre venerata come la
voce di Dio.
b) Sia da noi con filiale devozione accettata e puntualmente
eseguita ogni prescrizione, ogni disposizione del Sommo Ponte-
fice e delle S. Congregazioni Romane, sia che riguardi la Chiesa in
generale, sia che riferiscasi alla nostra Pia Società. Non solo i
comandi, ma i desideri e le raccomandazioni del Papa siano da noi
accolti prontamente, sinceramente e con riverente ossequio della
mente e del cuore.
e) Professiamo pure rispetto e prestiamo la dovuta obbe-
dienza al Vescovo nella cui Diocesi trovasi la nostra casa e sti-
miamoci fortunati quando c'è dato di rendergli qualche servizio
a bene delle anime ( 1 ).
11. Osservanza delle Costituzioni.
Vengono in secondo luogo le Costituzioni che, come scri-
veva D. Rua, uscite dal cuore paterno di D. Bosco, approvate dalla
( 1) E poichè ho accennato alle disposizioni della S. Sede vi notifico
avere Essa recentemente approvato i due articoli organici formulati dal Capi-
tolo Generale ultimo e la nuova divisione delle lspettorie preparata dal
Capitolo Superiore, per iniziativa dello stesso Capitolo Generale. Essa ser-
virà, lo spero, a rendere ognor più efficace il vincolo della disciplina e
regolarizzare sempre meglio il buon governo della nostra Pia Società. Qui
accenno solo che a Procuratore generale presso la S. Sede è stato eletto,
come sapete, il Rev.mo Sac. Dott. Dante Munerati, e a Segretario del Capi-
tolo Superiore il Sac. Gusmano Calogero, in sostituzione del carissimo
Signor D. Lemoyne G . B., nominato Segretario emerito, affinchè possa
occuparsi unicamente della stampa delle Memorie del V en. D. Bosco. Ag-
giungo anche che da questo momento ogni confratello resta incorporato
all'Ispettoria ove trovasi attualmente, e il trasferimento dei soci da una
Ispettoria all'altra sarà a firma del Rettor Maggiore.
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8 Pages 71-80

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Chiesa, infallibile ne' suoi insegnamenti, saranno la nostra guida
e la nostra difesa in ogni pericolo, in ogni dubbio o difficoltà. Le
Costituzioni per noi non sono solamente la base della nostra Pia
Società, ma un faro la cui luce non viene mai meno.
La Regola è la consigliera ufficiale che il Signore ci dà per
guidarci in tutti i particolari della nostra vita; essa impedisce che
noi andiamo vagando a dritta o a sinistra fuori del retto cammino,
e ci mena infallibilmente alla !)Ostra mèta. Chi sa quante anime
buone, dopo aver fatto con gran fervore gli esercizi spirituali, si
tracciano una specie di regolamento di vita! Per quanto sia ben
elaborato, esso finisce per avere ancora molte lacune: riesce un
saggio di buon volere, un lodevole tentativo e nulla più. Vediamo
invece il Venerabile Claudio de la Colombière, colui che il
Sacro Cuore chiamava il suo amico, il suo fedel servitore, termi-
nati i suoi esercizi per la grande professione, trascrivere i punti
principali della sua Regola e far voto di osservarli scrupolosa-
mente. In trenta e più giorni di meditazione e di preghiera
nulla aveva trovato di più atto a farlo arrivare alla perfezione,
nulla che tornasse maggiormente gradito a Dio!
Guai perciò al religioso che viola le sue Costituzioni, che non
le stima o le disprezza. Il demonio avrà ben presto rovinato
una famiglia religiosa qualora gli venga fatto d'ispirare ai soci il
disprezzo delle Costituzioni e farle considerare come un ammasso
di avvisi e consigli arbitrarii di cui ciascuno può prendere o lasciare
come gli talenta. Le nostre Costituzioni poi sono il midollo dello
spirito di D . Bosco, la sua più preziosa reliquia, un vero pro-
gramma che ha tracciato a' suoi figli per continuare fra la gioventù
l'opera sua benefica.
Come S. Francesco d'Assisi, D. Bosco voleva che esse si prati-
cassero alla lettera. Neppure approvava che fosse alterata la regola
per fare maggior bene o per accrescere il numero delle pratiche
di pietà, e di proprio pugno scriveva: « fuggiamo il prurito di
riforma. Adoperiamoci di osservare le nostre Regole senza darci
pensiero di migliorarle o riformarle ».
Per la qual cosa chiunque voglia essere fedele a' suoi voti,
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chi desidera vivere secondo lo spmto della sua Congregazione e
trovarsi tranquillo all'ora della morte, a imitazione di S. Giovanni
Berchmans, consideri il libro delle Costituzioni quale suo pre-
zioso tesoro, le rilegga sovente, le mediti attentamente per assi-
curarsi che la sua vita sia conforme alle medesime. È così che un
Salesiano si manterrà fedele osservatore della disciplina religiosa.
12. I regolamenti e le prescrizioni dei Superiori.
È pure una regola sicura di disciplina la raccolta, che noi
possediamo, di regolamenti riguardanti la vita religiosa, la vita
di comunità, i vari uffici che sono chiamati ad esercitare i con-
fratelli nei nostri istituti. Essi sono stati dettati in gran parte da
D. Bosco e da D. Rua, sono il frutto di molti anni d'esperienza
e coronati da abbondantissima messe nel campo salesiano. Mo-
strerebbe di non stimare secondo il suo giusto valore questo
patrimonio familiare chiunque non avesse stima di questi regola-
menti, e credesse di poterne fare a meno o si attentasse di mutarli.
Sono eziandio fondamento della disciplina regolare gli avvisi,
i consigli e anche gli ordini che venissero promulgati per
mezzo delle Circolari dei Superiori. E anche di tali ricchezze è
abbondantemente fornita la nostra Pia Società, come ne fecero
fede molti ottimi confratelli, dopo aver letto le numerose circo-
lari lasciateci dal compianto D. Rua, in cui troviamo raccolte
tutte le norme che possono guidarci nell'esatto adempimento dei
nostri doveri.
Nè devono essere dimenticate le biografie di coloro che ci pre-
cedettero nel cammino della vita, e che trovarono nella nostra
Pia Società i mezzi per inalzarsi alla più alta perfezione. In
ciascuno di questi libri di famiglia s'incontra qualche cosa di
così dolce ed efficace che noi cercheremmo inutilmente in altri
scritti.
Questa è la ragione per cui fin da tempi remoti, in ogni fami-
glia religiosa si scrissero la cronaca e gli annali. Ma si leggeranno? ...
Oh follìa del secolo! Si divorano ogni giorno lunghe pagine d'una
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cronaca mondana, sovente pericolosa e sempre inutile per noi, e
non si sentirà bisogno di conoscere le gesta di coloro che tanto
operarono col senno e con la mano per la nostra famiglia! Anche
questo sarebbe un segno che la disciplina è in decadenza. Voglia
Iddio che ciò non avvenga mai fra di noi.
13. Il solerte custode della disciplina.
Ma queste leggi per quanto degne di venerazione per la sor-
gente da cui emanano, per quanto ripiene di saggezza e di pru-
denza, rimarrebbero senza efficacia qualora non vi sia chi ha l'in-
carico di farle osservare. La parola scritta che ce le trasmette,
· rimane muta, non è abbastanza in grado d'imporsi, di prendere
le loro difese, di darne spiegazione; ha bisogno di un solerte
custode, di un interprete autorizzato che sappia a tempo e luogo
ridurre alla pratica queste leggi e tutelarne l'onore e l'integrità.
E tale è appunto il compito di ogni superiore di comunità.
E affinchè convenientemente lo adempia Iddio stampa sulla fronte
del superiore un riflesso della stessa sua divina maestà, quando lo
manda a dirigere i suoi sudditi, dicendo: qui vos audit, me audit;
qui vos spernit, me spernit: chi ascolta voi, ascolta me, chi di-
sprezza voi, disprezza me. Esso muore, ma non muore la sua
autorità, che passa tutta intera nel suo successore; l'uomo scom-
pare, ma rimane in altra persona il rappresentante di Dio, la cui
immagine è immortale.
Questo pensiero mentre deve accrescere nei dipendenti il ri-
spetto e la venerazione verso coloro che sono posti da Dio al loro
governo, deve pure spronare i superiori medesimi a compiere me-
glio che per loro si possa il proprio ufficio.
Appunto perchè è sempre in vista della sua comunità, il supe-
riore deve essere la regola vivente, la personificazione della virtù,
una specie di morale in azione, affinchè possa in ogni cosa servir
di modello ai suoi dipendenti. Nella sua famiglia è come l'orologio
che regola ogni cosa, è come il sole che apporta luce o lascia
penetrar le tenebre secondo che brilla o si ecclissa, il libro in cui
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gli altri leggono ciò che devono fare. Si è per questo che egli deve
conoscere ancor meglio d'ogni altro le leggi della disciplina, e
dev'essere il primo nell'osservarle, poichè è messo in quella carica
non ut praesit, sed ut prosit; non perchè presieda, ma perchè sia
utile. « Se chi presiede, scriveva D. Bosco, non è osservante, non
può pretendere che i suoi dipendenti facciano quello che egli
trascura ».
È suo dovere vegliare perchè non s'introducano abusi fra i
suoi subalterni, non sia menomamente alterato lo spirito del Fon-
datore, nè mutato lo scopo dell'istituto che è affidato alle sue
cure. Come sarebbe biasimevole lo zelo intempestivo di un supe-
riore che in sul principio della sua carica volesse tutto innovare,
cosi sarebbe pure da deplorare l'eccessiva tolleranza negli anni
seguenti e ciò allo scopo di non crearsi delle noie.
Nè il superiore, qualunque sia la sua carica, deve trascurare
l'obbligo di correggere i difetti de' suoi dipendenti. Secondo S.
Bonaventura il superiore infedele al dovere della correzione pecca
contro Dio, di cui profana l'autorità, contro i confratelli che lascia
cadere nell'irregolarità e rilassatezza, contro la propria coscienza
che sarà onerata non solo dei proprii falli, ma ancora di quelli
degli altri.
Quale terribile responsabilità assumerebbe quel superiore che
per acquistarsi popolarità, permettesse a' suoi sudditi ciò che
vietano le Costituzioni o che fosse contrario a quanto comandano
i Superiori Maggiori! Neppure sarebbe da lodare chi sfuggisse ogni
parte odiosa gettandola su altri, e giuocando di politica, mostrasse
di non essere sincero, e dicesse il contrario di quel che pensa.
Scoperta questa sua debolezza, perderebbe ogni stima e autorità.
Il superiore poi che ricorda sovente di essere nella sua casa il
rappresentante di Dio, si sforzerà d'imitarne la prudenza di go-
verno e in modo particolare la mansuetudine e la dolcezza. Consi-
dererà come dette a lui specialmente le parole: Discite a me quia
mitis sum et umilis corde.
Ma come è parte essenziale della disciplina il conservare le
vocazioni e prendere le misure necessarie perchè si chiuda la
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porta a certi abusi che riuscirebbero di grave danno a tutta la
nostra Pia Società, mi parve opportuno ricordare nell'appendice di
questa circolare alcune norme che desidero siano lette e ricordate
con frequenza e fatte a quando a quando argomento di conferenze
ai confratelli. Esse sono estratte in gran parte dalle circolari di
D. Bosco e di D. Rua, o meglio sono le pratiche conseguenze di
varii articoli delle nostre stesse Costituzioni. Nulla perciò conten-
gono di nuovo ma gioveranno assai alla pratica della disciplina
regolare.
14. Stare in guardia contro lo spirito d'indipendenza.
Qui sarebbe esaurito il tema che mi sono proposto di trattare.
Tuttavia prima di chiudere questa mia circolare mi rivolgo a
tutti i miei carissimi confratelli, e li invito a prendere alcune pra-
tiche risoluzioni.
Non solamente i Superiori, ma tutti i membri della nostra
Pia Società, qualunque ne sia l'ufficio, debbono contribuire al-
l'osservanza della disciplina. Perciò quanto sarebbe pericoloso lo
stato di quel salesiano, che non ama e non stima le regole della
disciplina, ma le subisce, le sopporta di mala voglia come un
pesante giogo che scuoterebbe molto volentieri se potesse! Prati-
candole noi assicuriamo la nostra perseveranza nel retto sentiero.
È parimenti nostro dovere metterci in guardia contro lo spi-
rito d'indipendenza che serpeggia nell'odierna società, e riuscì per-
fino a penetrare nel santuario e negli stessi giardini chiusi che
sono le Congregazioni religiose. Ci torni sovente alla memoria che
noi abbiamo rinunziato al mondo, alle sue massime e alle sue
aspirazioni. Amiamo la libertà dei figli di Dio che è posta sotto
la salvaguardia delle leggi della disciplina.
Sia nostra cura di ravvivare ognor più la fede, che ci fa ravvi-
sare nella persona dei Superiori l'immagine di Dio e nei loro co-
mandi la manifestazione della Divina volontà. Il buon religioso si
affida con la semplicità del fanciullo al proprio superiore. Egli è
certo che, se gli dà un avviso, se gli fa un rimprovero, se gli nega
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un favore, in ciò non opera per capriccio, ma unicamente per sen-
timento del dovere, per ubbidire alla propria coscienza. Quindi
non avviene mai che se ne mostri malcontento, che critichi le
decisioni o menomamente vi faccia opposizione.
Il salesiano osservante della disciplina non sarà mai nel numero
di coloro che, per sottomettersi a un ordine superiore, vogliono co-
noscere le ragioni, quasi loro spettasse il diritto di giudicare se esse
siano abbastanza gravi da giustificare la presa determinazione. Egli
invece, appena conosciuta la volontà di chi dirige, si affretta, anzi
vola a eseguirla.
In una comunità ben disciplinata non si trovano dei sodi che
ricusino apertamente di ubbidire, oppure con ogni genere di sotter-
fugi tentino di circonvenire il superiore di fargli mutare gli or-
dini dati. E che cosa guadagneranno questi poveretti colle loro
astuzie? Ne avranno danno e confusione, come ce ne assicura
il Profeta Osea (X, 6) che dice: confundetur Israel in voluntate
sua: Israele, cioè l'anima religiosa, sarà confusa per aver fatta la
propria volontà. Preghiamo perchè questo non succeda mai ad
alcuno dei nostri confratelli.
15. Stare in guardia dallo zelo temerario.
Ma noi dobbiamo ancora metterci in guardia contro uno
zelo falso e temerario, per cui certi religiosi cercherebbero opporsi
agli ordini dei Superiori, sotto pretesto che essi impediscono il bene
che potrebbero e vorrebbero fare, qualora si lasciassero operare
secondo il loro giudizio. Non occorre neppure che ve lo dica, que-
sto modo di pensare e di agire ricopre ordinariamente una mal
simulata superbia, e perciò è nostro dovere evitarlo.
Contro un altro inganno dell'amor proprio debbo pure premu-
nirvi, carissimi confratelli. Potrebbe parere a qualcuno d'essere
danneggiato nel proprio onore da qualche decisione presa da' suoi
Superiori; quindi potrebbe credersi in dovere di non lasciar un
ufficio per assumere un altro che gli sembra meno onorevole.
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Così penserebbero e parlerebbero le persone del mondo, ma non
sia mai che noi ne seguiamo l'esempio.
Preghiamo poi tutti con fervore perchè non si abbia a
deplorare fra di noi il triste spettacolo che presentano certi reli-
giosi che non contenti d'essere riusciti a sottrarsi all'ubbidienza
se ne vantano, asserendo che per ottenere l'intento basta fare la
voce grossa, mostrarsi risoluti, saper osare e anche minacciare.
Quanto malamente è così ripagata la longanimità dei superiori che
cedono talvolta ad vitanda mala maiora! Il nostro Venerabile Padre
D . Bosco dal cielo non permetta che alcuno de' suoi figli abbia da
cadere così in basso.
E se io mi son fatto lecito di accennare a questi disordini, si è
unicamente per ispirarvene orrore, e perchè unanimi ci sforziamo
di render sempre più stretti i vincoli che ci uniscono alla nostra
diletta Congregazione, al Venerabile nostro Fondatore ed ai supe-
riori che lo rappresentano. Che se avvenisse che qualcuno dei
nostri confratelli affliggesse il cuore di questa nostra dolcissima
Madre calpestando le regole di disciplina che essa c'inculca ad
ogni istante, voglio sperare che tutti gli altri suoi figli accorrano a
consolarla con la loro buona condotta e con l'ardente loro zelo per
sostenerne le opere.
16. Hoc fac et vives...
Non possiamo ignorare che la vita salesiana c'impone continui
e gravi sacrifici; ma ci consoli la speranza di quella ricompensa che
ci sta preparata in cielo. È questo il pensiero che già esprimeva
S. Paolo (ad Hebraeos XII, 11 ), dicendo: se la pratica della disci-
plina pel presente non sembra apportatrice di gaudio, ma di tri-
stezza, però dopo rende tranquillo frutto di giustizia a coloro che
in essa siano stati esercitati. Questo è pure il conforto che, secondo
il formulario della nostra professione, suggerisce il Superiore ogni
volta che riceve la professione dei nuovi confratelli.
Conchiuderò copiando le parole del Venerabile nostro Padre:
Il Signore disse un giorno ad un discepolo : hoc fac et vzves,
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fa questo, cioè osserva i miei precetti e avrai la vita eterna. Così
dico a voi, miei cari figliuoli, adoperatevi di mettere in pratica
quel tanto che vi ha esposto questo vostro affezionatissimo Padre,
e voi avrete la benedizione del Signore, godrete la pace del cuore, la
disciplina trionferà nelle nostre case, e vedremo i nostri allievi
crescere di virtù in virtù e camminare sicuri per la strada della
eterna salvezza.
Vi ringrazio, carissimi confratelli, degli auguri cordiali che
mi avete fatto pervenire nella ricorrenza delle feste natalizie e pel
principio dell'anno. Di tutto cuore ve li ho ricambiati pregando
per voi specialmente nella notte del S. Natale. Voglia il Signore
colmarvi di grazie e di benedizioni af!ìnchè il nuovo anno sia per
noi pieno di opere buone e di meriti per il paradiso.
Pregate per me e abbiatemi sempre per
Vostro aff.mo in Corde Jesu
Sac. PAOLO ALBERA.
APPENDICE
1. Attribuzioni dell 'Ispettore. - 2. Formazione del personale. - 3. Con-
servazione del personale. - 4. Formazione del personale direttivo. -
5. Noviziato. - 6. Studentato Filosofico. - 7. Studentato Teologico.
- 8. Studi superiori e universitari. - 9. Sostenimento delle Case di
Formazione. - 10. Direttori. - 11 . Misure spiacevoli ma necessarie.
1. Attribuzioni dell'Ispettore.
1. La distribuzione del personale e l'assegnare gli uffici a cia-
scuno nei limiti dell'Ispettoria spetta all'Ispettore e suo Consiglio.
2. Per chiedere nuovo personale, trasferimenti o altre modifica-
zioni i Direttori si rivolgeranno all'Ispettore. Il Capitolo Superiore
ricevendo simili domande dalle Case le trasmetterà a lui. Anche
per la parte finanziaria le domande dovranno essere dirette al-
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l'Ispettore, il quale, se lo crederà opportuno, ne riferirà al Rettor
Maggiore.
3. Ogni Ispettore ha la responsabilità dell'andamento della
propria Ispettoria. Egli perciò dovrà pensare alla formazione, con-
servazione del suo personale e alle misure da prendersi con coloro
che non si regolassero bene.
2. Formazione del personale.
1. Primo dovere di un Ispettore è pensare alla formazione del
suo personale: procuri quindi che nella sua Ispettoria vi sia almeno
una casa destinata specialmente alla formazione del personale, che
potrà chiamarsi dei Figli di Maria o Aspiranti.
2. Le accettazioni degli aspiranti, si faranno dall'Ispettore o
anche dai Direttori delle case dei Figli di Maria secondo le norme
che saranno impartite dall'Ispettore.
3. Si procuri da tutti con ogni industria di suscitare e sviluppare
le vocazioni tanto fra i giovani studenti quanto tra gli artigiani,
non dimenticando che si sente ogni giorno più il bisogno di
avere molti buoni coadiutori.
4. A ciò servirà in primo luogo il buon esempio, il regolare fun-
zionamento delle Compagnie, il fomentare la frequenza ai Sacra-
menti, l'assistenza accurata e paterna, il presentarci sempre uniti
da una affettuosa cordialità, dando esempio di mutuo aiuto e
sincera solidarietà, come pure l'allontanare senza troppe considera-
zioni umane i giovani pericolosi, il non permettere la lettura dei
giornali e dei libri non convenienti e l'attenersi mordicus alle
prescrizioni date riguardo alle uscite e alle vacanze.
3. Conservazione del personale.
1. Non basta formare molto e buon personale: bisogna in
seguito conservarlo e circondarlo delle cure a ciò necessarie.
2. Anzitutto procurino gl'Ispettori di destinare il personale
che esce dalle Case di formazione a quegl'Istituti ove potrà essere
accudito più convenientemente durante il triennio pratico.
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8.10 Page 80

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3. Le sue cure più sollecite debbono essere rivolte ai Diret-
tori. Li raduni ogni anno per trattare degli affari dell'Ispettoria e
valersi dei loro lumi; mostri loro grande confidenza e li aiuti in
tutto ciò ch'è possibile, esortandoli costantemente al mantenimento
dell'osservanza religiosa e della disciplina.
4. Le visite alle Case siano fatte con molta serietà e senza
precipitazione; dia comodità ai confratelli di parlare liberamente e
li ascolti con interesse e affetto, così egli si formerà un esatto
concetto dello stato economico e intellettuale e morale di cia-
scuna Casa.
5. Dia somma importanza ai capi saldi della nostra vita reli-
giosa quali : lo spirito di pietà, fondamento del nostro sistema
educativo; i rendiconti ben fatti e con un criterio profondamente
religioso, l'amore e sottomissione filiale ai Superiori; lo spirito di
famiglia e la cordiale fratellanza; la guerra allo spirito mondano,
alle uscite, alle vacanze in famiglia, alla ricercatezza nel vestire
e nel cibo, alle critiche e mormorazioni.
6. Insista con frequenza sul gran principio che noi salesiani
siamo tutti e anzitutto assistenti. Perciò il Direttore e tutti i soci,
specialmente i preti, potendo assistano nel cortile, siano assidui
e puntuali alle pratiche di pietà, alle orazioni e al sermoncino della
sera. Guai se s'introducono i colloqui notturni, ne verranno poi le
bicchierate, le carte, le mormorazioni e forse mali peggiori.
7. Siccome una delle cause principali delle defezioni è il tener
danaro, s'insista su questo punto. Si controllino con carità, ma
con chiarezza e senza paure, le amministrazioni, si esigano i ver-
samenti giornalieri nella cassa comune.
8. Dia importanza somma agli esercizi spirituali scegliendone
con prudenza e in tempo i predicatori e faccia il possibile per pre-
siedere tutte le mute, almeno per alcuni giorni. È cosa utilissima
dare agio in quei giorni ai confratelli di poter aprire il loro cuore.
9. Non pensino all'apertura e sviluppo di nuove case fìntanto-
chè non siano riusciti a regolarizzare la situazione dei soci riguardo
agli studi specie teologici.
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4. Formazione del personale direttivo.
1. Per mantenere la disciplina è necessario formare del per-
sonale direttivo.
2. Cerchi l'Ispettore di formare convenientemente i suoi con-
siglieri. È mestieri che essi conoscano lo stato vero dell'Ispettoria,
quindi sia chiaro con loro, non nasconda nulla, lasci che espongano
liberamente il loro parere, non si abbia paura della verità. Le de-
cisioni non siano arbitrarie, ma prese in solidum. Sarà opportuno
che l'Ispettore affidi a ciascuno de' suoi consiglieri la cura di un
ramo speciale a imitazione di quanto avviene tra i membri del
Capitolo Superiore.
3. L'Ispettore a questo fine nelle visite potrà farsi accompa-
gnare or dall'uno or dall'altro dei suoi consiglieri acciò gli rendano
più facile il suo compito e allo stesso tempo restino bene e prati-
camente informati dell'andamento dell'Ispettoria.
4. A costo di qualunque sacrificio si deve arrivare a non per-
mettere la convivenza con la comunità di persone estranee alla
Congregazione. Le cuoche secolari, le domestiche ecc. non dovreb-
bero mai esservi nelle nostre Case.
5. L'Ispettore dovrà pure fare il possibile perchè funzionino
bene i capitoli locali. Vi sia grande prudenza nella loro costi-
tuzione; ma poi si esiga che si adunino per studiare lo stato della
Casa e si occupino del suo sviluppo.
6. Si studi di formare i capitoli alla serietà, al secreto, allo spi-
rito solidale, all'idea della responsabilità, alla necessità assoluta
di sostenere il principio di autorità.
5. Noviziato.
1. Ogni Ispettoria procuri di avere il suo noviziato che dovrà
essere oggetto di cure speciali e di visite frequenti da parte del-
l'Ispettore.
2 . Gl'Ispettori e gli esaminatori ispettoriali non approvino per
il noviziato soggetti che, pur essendo moralmente buoni, non sono
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atti a disimpegnare le principali occupazioni proprie della nostra
vita: scuola, assistenza, oratorio festivo ecc. o mancano del neces-
sario criterio pratico.
3. Si badi eziandio alle condizioni finanziarie della famiglia
del postulante, e non si accettino coloro i cui parenti avranno in
seguito bisogno di soccorso. Si ricordi a questo proposito l'ultima
circolare del Rev.mo Sig. D. Rua.
6. Studentato Filosofico.
1. Ogni Ispettoria abbia anche, potendo, il suo studentato
filosofico.
2 . A queste case di formazione si procuri di assegnare un
personale scelto, sicuro, intelligente e di spirito eminentemente
salesiano. I professori mostrino praticamente di sapere che non
debbono solamente essere professori, ma educatori, consci della
loro nobilissima missione.
3. Si eviti il pericolo che gli studi classici riducano ai minimi
termini quello della filosofia. Si dia anche importanza somma allo
studio della pedagogia salesiana.
4. Nessun chierico sia mandato alle Case prima di aver finito
gli studi di filosofia.
7. Studentato Teologico.
1. Crescendo ogni dì più il bisogno di regolarizzare i nostri
studi teologici converrà che a cominciare dall'anno prossimo si
mandino allo studentato teologico tutti quei chierici che hanno
terminato il tirocinio pratico.
2. Tale scopo si procuri di conseguìre, anche se per ciò fosse
necessario chiudere qualche Casa o limitare la nostra azione nelle
Case esistenti. Essendo volontà espressa della S. Sede che gli
studi siano fatti per intero negli studentati regolari, non possiamo
con tranquilla coscienza mantenere a lungo uno stato di cose in
forza del quale tanti nostri chierici non possono godere di questo
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vantaggio. La temporanea diminuzione d'opere di zelo verrà com-
pensata in seguito. Il personale meglio formato lavorerà con
miglior frutto e Dio benedirà la nostra obbedienza.
8. Studi superiori e universitari.
1. Ogni Ispettore deve pensare a provvedere i diplomi necessari
per collegi, scuole agricole e professionali. A lui spetta destinare i
soci agli studi superiori e universitari. Approfitti in ciò della nota
esperienza del Consigliere Scolastico Generale e proceda con grande
cautela onde non compromettere gl'interessi dei soci e della Con-
gregazione. Occorrendo permessi speciali per chierici studenti uni-
versitari li chiederà al Rettor Maggiore.
2. Si abbiano per gli studenti universitari tutte quelle solleci-
tudini prescritte dalla S. Sede in data 21 luglio 1896. Non
saranno mai soverchie le cure che avremo per coloro che a causa
dei loro studi sono esposti a molti pericoli.
3. In ciò non vi siano debolezze; se qualcuno dà segni di
leggerezza, poca pietà, idee liberali o moderniste sia ritirato senza
indugio e riguardo alcuno.
9. Sostenimento delle Case di Formazione.
1. Per il sostenimento delle Case di formazione l'Ispettore
d'accordo con il suo Consiglio stabilirà la quota annua con la quale
ciascuna Casa dovrà concorrere.
2. Le Case che per circostanze speciali non potessero avere
vocazioni procurino di concorrere con maggior generosità di mezzi
fìnanziarii al sostenimento delle case di formazione.
3. Qualora un'Ispettoria avesse vocazioni superiori ai suoi bi-
sogni, le coltivi ugualmente se ne ha i mezzi, per mettere poi il
personale superfluo a disposizione del Rettor Maggiore pei bisogni
generali della Congregazione. In caso diverso l'Ispettore avverta
il Capitolo Superiore. Questo gli indicherà un'Ispettoria bisognosa
di vocazioni, perchè i due Ispettori s'intendano circa il modo e i
mezzi di provvedere alla loro formazione.
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4. Nel caso che un'Ispettoria non potesse avere un noviziato e
studentato proprio, manderà i suoi novizii e studenti ad altra
Ispettoria sopportandone le relative spese. Detti soggetti rimar-
ranno sempre a disposizione del proprio Ispettore che li ritirerà
a studii finiti o quando credesse opportuno.
10. Direttori.
1. Ma non solo l'Ispettore e i suoi consiglieri, ma in modo
specialissimo i Direttori debbono pensare alla conservazione del
personale affidato alle loro cure.
2. Anzitutto i Direttori evitino il pericolo di diventare pre-
fetti , catechisti o consiglieri scolastici. Quando vi sono i titolari
lascino che ognuno disimpegni la propria carica, vigilino che ognu-
no compia il proprio dovere, ricordando che devono essere anzi-
tutto padri dei loro subalterni, e se ne guadagnino i cuori con la
carità e vero interessamento per il loro bene.
3. Ritengano che il mezzo più efficace per dirigere è guada-
gnarsi il cuore dei dipendenti: a ciò contribuisce potentemente il
rendiconto ben fatto. Nessuno lo deve tralasciare: si chiamino co-
loro che non si presentassero, e si eviti che riesca un abboccamento
ufficiale, anzichè un colloquio intimo e che vada al cuore. Super-
fluo ricordare l'obbligo del secreto circa le confidenze fatte dai
soci .
4. I Direttori siano diligenti nell'adunare i loro capitoli e
in queste adunanze non si limitino a trattare delle ammissioni
alla professione o alle sacre ordinazioni; ma si tratti tutto ciò che
riguarda il buon andamento della Casa. Cerchi egli pure di formare
con prudenza e carità i capitolari a queste riunioni e discussioni.
5. Nessuno deve avere la pretesa che prevalga il proprio parere.
Ognuno espone la propria opinione e deve avere la sufficiente
lealtà e umiltà per riconoscere la forza degli argomenti e opinioni
altrui.
6. Chiarito un punto con sufficiente discussione si venga ai
voti e quando sia stata presa una determinazione a maggioranza
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di voti, ciascuno, non esclusi quelli che avessero dato voto con-
trario, si faccia solidale con gli altri nel sostenerla.
7. Non facciamo consistere la paternità e l'affetto nel fare ogni
genere di concessioni; ma nell'evitare ogni parzialità, nel promuo-
vere l'osservanza, nel prevenire le trasgressioni e nell'avvertire
ognuno opportunamente con prudenza e soavità dei falli commessi.
8. Non basta dare degli avvisi, conviene curarne ed esigerne
l'osservanza. Ovviare all'erroneo sistema di coloro che dicono: i
confratelli conoscono i loro doveri..., quindi debbono compierli e
non v'è bisogno di richiamarli alla loro memoria ad ogni momento.
Non si deve aver timore di avvisare e correggere con carità,
quando le circostanze lo richiedono.
11. Misure spiacevoli ma necessarie.
1. Ma purtroppo non sempre la correzione ottiene il suo
effetto: talvolta è giocoforza venire a determinazioni che spiac-
ciono, ma che son pur necessarie.
2. Evitare le longanimità male intese: sta bene la carità verso
il colpevole, ma più stringe la carità verso gli altri che forse po-
trebbero essere vittime del mal esempio. Non vi sia mai pace con
il disordine.
3. Quando un socio si rese reo d'un fallo grave e riesce di
scandalo o nocumento alla comunità sia dall'Ispettore o per suo
mandato dal Direttore ammonito canonicamente perchè in seguito
non si abbiano a deplorare maggiori disordini.
4. Ad ogni costo s'impediscano le uscite di Congregazione
ad tempus con il pretesto di soccorrere parenti o per altri motivi.
5. In fatto di moralità seguiamo gli stessi criteri che c'insegnò
il nostro Fondatore.
6. A coloro che uscirono dalla nostra Pia Società si vieti per un
tempo notevole di entrare in casa e trattenersi coi confratelli.
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Molto meno si permetta siano tosto occupati nelle nostre aziende.
Lo spirito religioso ne soffrirebbe non poco.
7. Quando si debba allontanare un socio l'Ispettore s'intenda
con il Cap. Sup. per il modo da tenere e pei necessari permessi, ma
non si mandi mai a Torino a disposizione del Rettor Maggiore.
8. Anche quando si trattasse di un cambio d'Ispettoria, prima
si faranno le pratiche opportune, e quando l'Ispettore avrà otte-
nuto il permesso del Rettor Maggiore sarà mandato all'Ispettoria
cui sarà stato incorporato.
Torino, 25 dicembre 1911.
Sac. PAOLO ALBERA.
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VII
Alcune importanti comunicazioni
1. Le vacanze non siano troppo lunghe. - 2. Nulla si stampi senza per-
messo. - 3. Come parlare della patria. - 4. Amore al Vicario di Gesù
Cristo.
Carissimi Ispettori,
Torino, 19 luglio 1912.
Già altre volte mi sono in modo speciale rivolto a voi, che
insieme col Capitolo Superiore dividete con me la sollecitudine
del governo della nostra Pia Società, per importanti comunicazioni.
L'avervi sempre trovati disposti a farvi eco fedele dei miei pensieri
presso i nostri carissimi confratelli, mi anima a continuare sempre
sulla stessa via.
Quest'oggi mi pare doveroso trattenervi sulla chiusura del-
l'anno scolastico e sulle feste scolastiche solite a celebrarsi in detta
ricorrenza. Son sicuro che voi appena conosciuti i desiderii dei
Superiori, vi affretterete a trasmetterli ai Direttori della vostra
Ispettoria e farete quanto sta da voi perchè siano messi in esecu-
zione.
1. Le vacanze non siano troppo lunghe.
Vi è noto quanto il Ven. D. Bosco ed il suo degno Successore
D. Rua desiderassero che le vacanze, ordinariamente così peri-
colose per i nostri giovani, non riuscissero troppo lunghe. Ora
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non è certo senza una pena assai grave che io vedo trascurato
alquanto, ora sotto un pretesto, ora sotto un altro, tale saggio
intendimento dei nostri indimenticabili Maestri e Superiori. Vi in-
vito perciò, carissimi Ispettori, ad opporvi, quanto vi sia pos-
sibile, alla tendenza dei varii confratelli ad abbreviare l'anno sco-
lastico ed a prolungare le vacanze.
Sarà perciò ottima cosa che i vostri Direttori d'accordo con il
loro rispettivo Capitolo vi facciano conoscere il tempo che loro
sembra più opportuno per chiudere l'anno scolastico, ma non lo
rendano di pubblica ragione prima di avere ottenuto la vostra
approvazione. Serva ciò almeno per gli anni venturi.
2. Nulla si stampi senza permesso.
Debbo poi raccomandarvi con particolare insistenza la pra-
tica dell'art. VI, lettera B, delle nostre Costituzioni riguardanti
le pubblicazioni dei soci Salesiani. Vegliate perchè nulla si stampi,
neppure nei giornali, nei periodici e riviste, senza che sia stato esa-
minato dai revisori da voi stabiliti. Confido che ognuno di voi
ricorderà le decisioni prese a tale proposito nelle adunanze da voi
tenute nello scorso marzo, e non trascurerà nulla perchè siano
scrupolosamente osservate.
L'esperienza ha fatto conoscere la convenienza che siano pur
riveduti accuratamente, prima di essere stampati, i programmi delle
accademie. I titoli di certi componimenti diedero occasione di cre-
derli ben diversi da quello che erano in realtà. In tempi passati
tale revisione era affidata al Consigliere Scolastico del Capitolo
Superiore; or che il numero delle case si è tanto accresciuto que-
sto dovere è devoluto agl'Ispettori e loro delegati. Procurate di
compierlo con la massima diligenza.
Mi preme pure a questo proposito inculcare che da tali
programmi siano esclusi brani, per quanto belli e irreprensibili,
di autori le cui opere non si possono dare in mano dei giovani alle
nostre cure affidati. Da tali saggi essi sarebbero esposti al pericolo
di procacciarsi le opere complete di tali autori con gravissimo
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danno dell'animo loro. Voi ricordate l'estrema delicatezza che a
tale riguardo aveva ed inculcava il Ven. D. Bosco. Sia vostro im-
pegno camminare sulle sue tracce.
3. Come parlare della patria.
Devo egualmente aggiungere una parola riguardo al modo
di parlare, nel nostro insegnamento e specialmente nelle feste
scolastiche, della patria nostra. Quante belle cose abbiamo a dire
dell'Italia che fu per tanti secoli la maestra della civiltà a tutte
le nazioni, che tenne sempre il primato nelle lettere e nelle arti,
i cui preziosissimi monumenti attraggono a lei visitatori da ogni
parte del mondo! Ma facciamo specialmente risaltare la sua gloria
precipua, quella cioè di essere il centro della religione cattolica
sicchè può ancora con tutta ragione denominarsi: CAPUT MUNDI.
Ma debbono assolutamente escludersi le allusioni a questioni
politiche, attenendoci anche in questo agli insegnamenti ed al-
l'esempio di D. Bosco e di D. Rua. Su questo punto ogni vostra
vigilanza non potrà essere eccessiva. Non occorre che io vi dia
più particolari spiegazioni. Son certo che la vostra perspicacia ha
compreso il pensiero dei Superiori, e che sarà vostra cura fare
in modo che tutti i confratelli vi si conformino.
4. Amore al Vicario di Gesù Cristo.
E qui non è fuori di proposito richiamare alla vostra me-
moria il ricordo che ci lasciarono D. Bosco e D . Rua sul loro
letto di morte: Grande rispetto ed ubbidienza ai Pastori della
Chiesa, specialmente al Sommo Pontefice. Non tralasciate perciò di
raccomandare ai Confratelli d'inculcare, in ogni occasione che si
presenti, l'amore al Vicario di Gesù Cristo, di sostenere la suprema
autorità, di ripeterne gl'insegnamenti. Con quanta gioia noi ve-
dremmo figurare nei programmi delle nostre accademie le beneme-
renze e le glorie del Papato! Lo stesso regno cosi glorioso del S.
Padre Pio X ci somministra abbondante materia per molti e sva-
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9.10 Page 90

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riati componimenti e per quanto diciamo della sua benevolenza
verso l'umile nostra Congregazione, non potremmo mai dire quanto
la gratitudine c'impone. Parlando della Chiesa, esaltando la su-
prema autorità dell'Augusto suo Capo siamo certi d'incontrare il
gradimento delle persone che accorrono alle nostre feste , appunto
perchè in esse non manca mai la nota religiosa, il sentimento della
pietà, l'insegnamento della morale cattolica.
Nutro fiducia che queste mie raccomandazioni da voi accolte con
quell'affetto e con quello zelo di cui mi deste tante belle prove,
gioveranno a conservare ai nostri Istituti il carattere che D. Bosco
volle loro imprimere, ed a mantenere vivo in tutti i confratelli lo
spirito del nostro venerabile Fondatore.
Con questa dolce speranza imploro su di voi, carissimi Ispet-
tori, e su tutte le vostre case le più copiose grazie e benedizioni.
Sempre vostro aff.mo in Corde Jesu
Sac. PAOLO ALBERA.
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10 Pages 91-100

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10.1 Page 91

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VIII
Sulla vita di fede
1. Necessità della vita di fede. - 2. Le tre vite del cristiano. - 3. I germi
della vita di fede. - 4. I benefizi della fede. - 5. I gradi della fede.
- 6. I frutti della fede : a) Luce e onnipotenza. - b) Santifica tutte
le nostre opere. - e) Forza, costanza e pace. - 7. Il valore delle opere
nostre. - 8. La fede e le pratiche di pietà. - 9. La fede e la voca-
zione. - 10. La fede del nostro Venerabile Padre. - 11. Ricordi per-
sonali. - 12. Ravviviamo in noi la fede. - Appendice.
Carissimi Confratelli,
Torino, 21 novembre 1912.
Festa della presentazione di Maria.
Sento grave pena per aver lasciato trascorrere un tempo consi-
derevole senza indirizzarvi una parola di conforto e d'incorag-
giamento.
Son sicuro tuttavia che voi non ne avrete fatte le maraviglie
di questo mio silenzio, nè l'avrete attribuito a mancanza di buona
volontà, essendovi noto che gran parte dell'anno corrente fu da
me impiegato nel visitare Case salesiane anche in lontani paesi e
nel compiere altri lavori di non lieve importanza a vantaggio della
nostra Pia Società.
Eccomi ora da voi, carissimi confratelli, con questa mia cir-
colare che, voglio sperare, sarà da voi accolta con quella medesima
benevolenza con cui accoglieste le precedenti.
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10.2 Page 92

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1. Necessità della vita di fede.
Desideroso di scrivere qualche cosa che tornasse vantaggiosa
alla Pia Società in generale e ai singoli membri che la compon-
gono in particolare, con umili e ferventi preghiere mi rivolsi al
Signore chiedendogli d'ispirarti quell'argomento che meglio rispon-
desse ai nostri bisogni attuali. Mi sembrò di sentire in cuore una
voce che mi dicesse: per tema del tuo dire prendi a dimostrare
esser necessario che la vita d'ogni salesiano sia veramente vita
di fede.
Ritenni questa voce come un'ispirazione di Dio, e la seguii
senza punto esitare. Invero insegna l'esperienza che se in un reli-
gioso è viva la fede, quando anche s'avesse a deplorare qualche
difetto nella sua condotta, egli non tarderà a emendarsene, farà
passi da gigante nel sentiero della perfezione e diverrà strumento
atto a procurare la salvezza di molte anime.
Voglia il nostro Venerabile Padre e Maestro D. Bosco sugge-
rirmi parole che trovino diritta la via ai vostri cuori e vi aiutino
a mantenere sempre viva la brama di vivere e lavorare unicamente
guidati dallo splendore della nostra fede.
2. Le tre vite del cristiano.
Oltre la vita del corpo esiste ancora nel cnstlano la vita
dello spirito, che può considersi sotto tre aspetti diversi. Infatti
gli autori di opere spirituali in primo luogo ci parlano della vita dei
sensi, ed è quella che menano coloro che dimentichi del fine
nobilissimo per cui furono creati, dominati solo delle cattive ten-
denze della carne, vanno in cerca di nient'altro che di godimenti
sensuali. Quanto è da compiangere la loro sorte! Il loro modo di
vivere poco differisce da quello dei bruti.
Viene in secondo luogo le vita della ragione, ed è quella di
coloro che ammettono per unica loro guida e maestra il proprio
intelletto, e chiudono gli occhi alla luce della fede. Essi pensano,
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parlano, agiscono come se nulla esistesse al di fuori di quanto
detta la ragione ; quindi nulla comprendono delle massime del
Vangelo, guardano con disprezzo le cose soprannaturali e mara-
vigliose che noi leggiamo nelle vite dei Santi.
Si dipartano a guisa dei sapienti pagani che, avendo raggiunto
un certo grado di scienza umana, ebbero bensl sublimi pensieri
sulla morale e sulla virtù, ma, come insegna S. Paolo, in ca-
stigo della loro superbia, cosl permettendolo Iddio, caddero nelle
colpe più degradanti. Cosl i loro errori saranno attraverso i secoli
una prova perenne dell'insufficienza della ragione a salvare l'anima
nostra.
Ma sia benedetto e ringraziato Iddio che ci fa conoscere un
terzo genere di vita, immensamente più nobile ed elevato, la vita
della fede! Per mezzo di essa la ragione, illuminata dalle verità che
Dio stesso ci ha rivelate, si eleva al di sopra delle cose umane,
assorge a una maggior conoscenza delle perfezioni di Dio, e, pur
rimanendo ancora pellegrina in questo mondo, l'anima nostra
diventa capace d'una vita somigliante a quella dei felici abitatori
del Cielo.
San Pietro ci assicura che coloro che vivono di questa vita,
sono partecipi della natura divina, divinae consortes naturae. Essi
possono ripetere la meravigliosa parola di S. Paolo: vivo autem,
iam non ego; vivit vero in me Christus: io vivo, ma non son più
io che vivo; è Gesù Cristo che vive in me.
3. I germi della vita di fede.
I germi di questa vita, più angelica che umana, vennero infusi
nell'anima nostra in quel giorno in cui le acque battesimali scorsero
sull'anima nostra. Le sue leggi furono niente meno che tracciate
dall'infinita sapienza di Dio stesso, e il suo Figlio Unigenito,
fattosi uomo per rigenerare l'umana natura corrotta dal peccato
originale, per rendere più efficaci i suoi insegnamenti volle egli
medesimo praticarle.
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Ritornato poscia alla destra del Padre, lasciò che la Chiesa
Cattolica col suo infallibile magistero continuasse l'opera sua sulla
terra fino alla consumazione dei secoli, cioè finchè vi sarà un'anima
da salvare. Quanto miseranda sarebbe stata la nostra condizione,
qualora il Signore non ci avesse rivelate le verità della fede! Sa-
remmo stati somiglianti a quell'uomo che fra le tenebre della
notte cammina per un sentiero fiancheggiato da orribili precipizi.
Quante volte egli scambia le ombre per realtà, si spaventa ove
non avvi da temere, procede sicuro ove è più grave il pericolo, e
finisce col precipitare nell'abisso!
Illuminati invece dalla fede noi camminiamo sicuri non ostante
le tenebre e i pericoli di questa valle di lacrime. È questo il
pensiero di S. Pietro che paragona la fede lucernae lucenti in
caliginoso loco.
Di qui il dovere che noi tutti abbiamo di ringraziare ogni
giorno il Signore d'aver fatto risplendere alla nostra mente il
lume della fede. Ogni volta che incontriamo sul nostro sentiero
una persona che ne è priva, ogni volta che leggiamo nelle rela-
zioni dei Missionarii lo stato deplorevolissimo dei selvaggi, che
senza conoscenza di Dio e della vita futura vanno vagando fra le
selve quali creature irragionevoli, dovremmo dire nel nostro in-
terno: e qual merito avevamo noi perchè Iddio ci facesse nascere
in una famiglia cristiana? Signore, siatene in eterno ringraziato!
4. I benefizi della fede.
Ma questo non fu che il principio di altri innumerevoli e straor-
dinari benefici di cui ci fu largo il Creatore. Egli dispose che col
crescere degli anni avessimo tutto l'agio di sempre meglio istruirci
intorno alle verità della fede. Che fortuna per noi di aver appreso
fin dalla fanciullezza il fine per cui Dio ci ha creati, l'opera meravi-
gliosa compiuta da Gesù Cristo che ci volle riscattare dalla schia-
vitù del demonio versando il suo preziosissimo sangue!
Quale grazia ci concesse il Signore facendoci conoscere la bel-
lezza della virtù, la preziosità della grazia divina, ispirandoci coi
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10.5 Page 95

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SS. Sacramenti tanti mezzi di santificazione, e promettendoci infine
un premio eterno in cielo! E oltre tutti questi favori che sono
comuni a ogni cristiano, si degnò ancora accordarci quella grazia che
S. Maria Maddalena de' Pazzi chiamava la più grande che si possa
concedere a un'anima dopo quella del Battesimo, la grazia della
vocazione religiosa.
Per essa eccoci scelti a una perfezione assai più elevata, a
formare come una corte d'onore al Re del Cielo sulla terra, a
rappresentare G esù Cristo in faccia al mondo con l'imitazione delle
sue virtù, ad essere strumento di salvezza pei nostri prossimi. Egli
è evidente che assai male corrisponderemmo alla generosità del
Signore verso di noi, se la nostra vita non fosse migliore di quella
delle persone del mondo, se non fosse animata e santificata da
vero spirito di fede.
Ricordiamo i sentimenti di gratitudine del nostro San Fran-
cesco di Sales che esclamava: « Mio Dio, grandi e numerosi sono
i vostri benefizi, e io ve ne ringrazio. Ma come potrei conve-
nientemente ringraziarvi d'avermi dato il lume della fede! Essa
mi pare così bella, che io pensandoci mi sento morire d'amore ».
5. I gradi della fede.
A tutti è nota la sentenza pronunziata dal Divin Salvatore
che a colui cui fu dato di più, sarà chiesto più stretto conto: cui
multum datum est, multum quaeretur ab eo ( Luc. , XII, 48). Di
qui ne deriva che da noi, ai cui occhi più abbondante e fulgida
brillò la luce della fede , il Signore abbia diritto di esigere che non
solo crediamo tutte le verità che ci furono rivelate; sicchè non
abbiamo ad avere la sventura di essere eretici, ma che vi aderiamo
con tutte le forze della nostra mente e col più intenso affetto
del nostro cuore.
In tale adesione vi possono essere diversi gradi, e sono appunto
questi gradi che fanno distinguere la fede di molti cristiani, pur
fermamente credenti, da quella di certe anime più particolarmente
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favorite dal Signore, le quali la praticarono in modo eroico. Mi
par conveniente accennare alcuni esempi a nostra edificazione.
Ogni buon cristiano crede all'esistenza dell'inferno e ai tre-
mendi supplizi che soffrono i dannati. Ma come credeva questo
dogma di nostra santa religione, come lo concepiva S. Francesco
Borgia che, meditandovi sopra, tremava talmente da far tremare
ancora la cella in cui si trovava? Tutti crediamo all'eternità delle
pene; ma quale non era la fede che vi prestava S. Teresa, come la
sentiva essa, che pensandoci seriamente, ne rimaneva atterrita e
andava aggirandosi per i corridoi del suo convento ripetendo a
quante religiose incontrava: Quam longa! Quam terribilis aeter-
nitas.'
Ammiriamo tutti le singolarissime prerogative che Gesù çristo
concesse a Maria, augustissima sua Madre, l'amiamo del più ar-
dente affetto. Eppure quanta differenza tra la nostra devozione
e amore, e quello di cui ardeva un S. Stanislao Kostka, il cui volto
s'infiammava, i cui occhi si riempivano di lacrime anche solo pen-
sando a Lei, passando dinanzi ad una chiesa a Lei dedicata, oppure
pronunziandone il dolcissimo nome!
Certo nella nostra mente non entra neppure il minimo dubbio
sulla reale presenza di Gesù Cristo nel SS. Sacramento dell'Eu-
carestia. Ma quanto meno viva è la nostra fede e quanto freddo è
il nostro cuore in paragone del trasporto d'amore con cui lo visi-
tava Sant'Alfonso de Liguori, la cui anima si liquefaceva nel pregare
davanti al Tabernacolo!
Ammettiamo senza esitazione che la Divina Provvidenza veglia
giorno e notte al nostro fianco, e soccorre con tenerezza più che
materna alle nostre necessità. Ma che è mai la nostra confidenza,
se la mettiamo a confronto con quella che si ammira nella vita
del Venerabile Don Bosco in ogni circostanza, ma specialmente in
quei dolorosi frangenti in cui tutto sembrava congiurare per
mandar in fumo l'opera sua, il frutto di tanti suoi sudori?
Non ignoriamo essere cosa divina per eccellenza il cooperare
con Dio alla salute delle anime, ma ohimè! quanto è meschino il
nostro zelo a petto di quello onde ardeva Don Bosco, il quale avreb-
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10.7 Page 97

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be voluto, a costo di qualunque sacrificio, distruggere ovunque il
peccato e salvare le anime di tutto il mondo, se avesse potuto! E
tutto questo era effetto della sua vivissima fede.
Oh! quando sarà che noi cammineremo sulle tracce di questi
maestri e modelli? Gettiamoci ai piedi del Crocifisso, umiliamoci
profondamente per aver avuto finora una fede cosl languida,
cosl poco operosa; e più ancora per aver tenuta una condotta non
sempre conforme alle verità che professiamo. Se non ci sentiamo
in cuore questa vivezza di fede, se l'adesione della nostra mente
alla parola di Dio non è così intensa da manifestarsi anche esterior-
mente, come avveniva ai santi di cui abbiamo fatto cenno, almeno
prostrati alla presenza del Signore ripetiamo la preghiera che varie
persone rivolgevano al Divin Salvatore dopo averne uditi gli in-
segnamenti: adauge nobis fidem; adiuva incredulitatem meam;
cioè, Signore, accrescete in noi la fede; aiutate la nostra incredulità.
E intanto sforziamoci di rendere la nostra fede così pratica
da influire su ogni nostro pensiero, su ogni nostra parola, su ogni
nostra azione, sicchè di ciascun di noi si possa ripetere ciò che S.
Paolo dice del giusto, che vive di fede: justus ex fide vivit.
6. I frutti della fede:
a) Luce e onnipotenza.
Parola umana non vale a dire quanto sia nobile e meritorio
il sacrificio che compie colui il quale generosamente sottomette la
propria intelligenza, e con tutta risolutezza protesta di credere a
tutte le verità e ai misteri che la fede gli rivela. Con quell'atto egli
riconosce l'estrema sua debolezza, l'insufficienza del suo sapere, il
pericolo continuo in cui si trova di avviarsi sul sentiero del-
l'errore.
Con gioia egli perciò accoglie la luce della divina rivelazione,
aderisce completamente agli insegnamenti di Gesù Cristo, trasmes-
sigli dalla Chiesa, alla quale si affida con la semplicità del bam-
bino che cammina sicuro quando la mano di sua madre lo sorregge.
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Il Redentore mostra di gradire talmente un simile sacrificio, che
a chi lo compie, nei termini più formali promette in compenso
la vita eterna: qui crediderit et baptizatus fuerit, salvus erit.
Orbene, quanto sarà caro al Signore colui il quale non solo
qualche volta, in certe circostanze più solenni, nel praticare qualche
atto di culto, ma in ogni giorno, si può dire ad ogni momento offre
al suo Creatore questo olocausto della propria ragione?
E ciò si avvera in quel religioso che tenendosi ognora alla
presenza di Dio, informa e santifica tutta la sua vita con lo spirito
di fede . Il suo cuore, la sua mente sono quell'altare su cui s'im-
mola questo sacrificio non mai interrotto, sacrificium juge, che
quale odoroso incenso arriva graditissimo fino al trono di Dio.
E quante grazie e benedizioni non farà discendere sul fortunato
che ne è il sacerdote! Ecco il frutto della vita di fede.
Inoltre colui che vive di fede rende assicurato l'esito delle sue
preghiere, ben inteso quando chiede cose che possano giovare alla
sua eterna salute. Leggiamo infatti nel Santo Vangelo che il nostro
amabilissimo Redentore promise che qualunque cosa avessimo
domandato nell'orazione credendo, l'avremmo ottenuta: omnia
quaecumque petieritis in oratione credentes, accipietis. (Matt.,
XXI, 22). Ma siccome i discepoli che lo stavano ascoltando, non
sembravano convinti di ciò che egli loro prometteva, Gesù in altra
circostanza ripete la sua promessa, li incalza e li sforza a prestare
il loro assenso affermando che, ove avessero una fede piena e per-
fetta: habete fidem Dei, avrebbero trasportate le montagne, avreb-
bero compiuti prodigi maggiori ancora di quelli che egli stesso
aveva operato.
Era questo promettere un miracolo, anzi uno dei più strepi-
tosi miracoli, e per concederlo esige una cosa sola, che cioè s'abbia
una fede semplice e fortemente radicata nella bontà e onnipotenza
di Dio. E non è questa una prova irrefragabile che la fede rende
onnipotente la nostra preghiera sul Cuore di Dio? Non sarà questo
uno stimolo a vivere di fede? E se talora le nostre preghiere non
sono esaudite, non sarà forse perchè non è abbastanza viva in noi
la fede?
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Ma sappiamo per esperienza che nè i nostri v0ti, neppure la
sacra ordinazione valgono a metterci al sicuro contro le tentazioni
del demonio, contro le seduzioni d'un mondo corrotto e cor-
ruttore, e contro le nostre passioni, terribili nemici che noi por-
tiamo sempre con noi stessi.
Anzi è da notare che contro di noi specialmente rivolgerà le-
sue armi il demonio, perchè sa che, se siamo veri religiosi, non
solo sfuggiremo ai suoi lacci, ma salveremo pure chi sa quanta
gioventù. Ora quale sarà l'arma poderosa con cui metteremo in
fuga il nostro implacabile nemico, con cui soggiogheremo le nostre
passioni e passeremo immuni in mezzo alle insidie del mondo?
S. Pietro ce l'addita. Dopo averci messi in guardia contro
il demonio che qual leone ruggente s'aggira cercando chi possa di-
vorare, aggiunge : cui resistite fortes in fide : a lui resistete forte-
mente con la fede. E ciò fa appunto chi lotta armato dallo spirito
di fede. Chi si abbandona in seno a Dio come un bambino in
braccio a sua madre, diventa forte della forza stessa di Dio e potrà
ripetere egli pure come S. Michele: Quis ut Deus? ricacciando nel-
l'abisso lo spirito infernale. Tale è l'efficacia dello spirito di fede.
b) Santifica tutte le nostre opere.
Il genere di vita che noi abbiamo abbracciato si chiama la
vita mista; quindi per ogni salesiano il giorno è un tessuto di
pratiche religiose e di lavori vari che hanno tutti per fine l'esercizio
della carità, specialmente a favore della gioventù. Ora che avviene
a colui che ha l'invidiabile sorte di vivere di fede?
Come il sangue circolando nelle nostre vene comunica il vigore
e il movimento a tutte le membra del nostro corpo, così in lui lo
spirito di fede dirige e santifica ogni pensiero, ogni parola, ogni
azione. Essa fa sì che anche gli atti che non riguardano diretta-
tamente il culto di Dio, cioè d'ordine puramente naturale, siano
elevati all'ordine soprannaturale, e acquistino un merito speciale
agli occhi di Dio. Tale secondo S. Giacomo era la fede che accom-
pagnava le opere di Abramo e le rendeva in modo particolare
meritorie: fides cooperabatur operibus illius (Jac., II, 22).
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10.10 Page 100

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Per questa medesima ragione ai giorni della nostra vita bene
impiegata potremo impiegare la parola del Salmista : dies pleni in-
venientur in eis, saranno veramente trovati ripieni di merito pel
cielo. Nulla d'inutile, nulla di piccolo, ma tutto in essi sarà grande,
bello e meritorio.
Che differenza invece per chi sarà trovato privo dello spirito
di fede! Anche facendo il bene, anche praticando la virtù, egli
corre rischio di lavorare senza profitto per l'anima sua e di tro-
varsi un giorno a mani vuote. E non è forse per questo che, come
leggiamo nell'Apocalisse, l'Angelo, ossia il Vescovo della Chiesa
di Sardi, fu acerbamente rimproverato? Che significano quelle
parole: non invenio opera tua plena, non trovo le tue opere piene,
se non che quelle opere erano prive di fede viva e quindi anche
delle altre virtù che da essa derivano? Perchè il Signore gli fece
dire per mezzo di S. Giovanni: nomen habes quod vivas, et
mortuus es: hai l'apparenza di essere vivo, ma sei morto? Egli era
morto perchè lo spirito della fede non avvivava le sue opere. Dio
non permetta che noi pure abbiamo a meritarci tale rimprovero!
Un giorno Gesù Cristo stava per entrare in una città della
Samaria quando gli abitanti gli chiusero le porte in faccia. Indignati
per tale enormità alcuni apostoli avrebbero voluto chiamare i ful-
mini della vendetta su quella città; ma il Divin Maestro ne li
riprese dicendo: voi non sapete di che spirito siate.
Ora il Signore che conosce il fondo dei nostri cuori, che scruta
i più intimi pensieri, nell'esaminare la nostra vita, non avrebbe
forse talvolta ragione di rimproverarci dicendo che non cono-
sciamo neppure da quale spirito dovrebbe essere animato un cri-
stiano e ben più un religioso? che cioè ignoriamo lo spirito di
fede?
Pur troppo meriteremmo tal linguaggio, se occupandoci di
tante cose frivole, non ci dessimo pensiero di nutrire con sacre let-
ture la nostra fede; se ragionassimo in modo del tutto umano, e
ci diportassimo secondo le massime del mondo. Non cosl fecero
i santi che unicamente stimavano e seguivano i dettami della
sapienza cristiana. Davide si teneva contento dei lumi che rice-
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veva da Dio, in esso riponeva la sua salvezza e dichiarava di non
aver nulla da temere: Dominus illuminatio mea et salus mea;
quem timebo?
Il dottor Lessio entrato nella biblioteca di Lovanio diceva:
ecco qua molti libri, ma un poco di luce divina vale assai meglio
che tutto questo. S. Tommaso d'Aquino mostrando il Crocifisso
a S. Bonaventura diceva: Ecco il libro da cui più ho imparato.
E ciò pensava perfino il filosofo protestante Guizot il quale
scriveva: la fede non è uno studio o un esercizio a cui si possa
assegnare un giorno, un'ora, ma è una legge che deve farsi sentire
in ogni tempo, in ogni luogo, e che solamente a tal condizione
esercita sull'anima la sua salutare influenza.
e) Forza, costanza e pace.
Donde trassero la forza e la costanza milioni di martiri in mezzo
ai crudelissimi supplizi a cui furono sottoposti? Chi sostenne tanti
confessori e delicate vergini fra le loro austere penitenze, protratte
per tutta la vita? Ce l'attesta la storia ecclesiastica, ce ne assicurano
irrefragabili documenti raccolti nelle vite dei Santi: fu la loro
vivissima fede che vinse l'efferata barbarie dei persecutori; fu la
loro fede e l'ardente loro amore a Gesù Cristo che pareva renderli
insensibili allo strazio che si faceva delle loro carni e felici di dar la
vita per la sua gloria.
Non v'ha dubbio, verrà anche per noi il giorno della prova,
e chi è fra noi che già non ne abbia fatta la triste esperienza?
E sarà anche per noi la fede che nelle sofferenze ci farà vedere
la dolce mano di Gesù, medico pietoso delle anime nostre, che an-
che facendoci soffrire apporta il rimedio alle nostre infermità mo-
rali e le guarisce. Ci conceda egli la grazia d'imparare sotto la
sua cura la beatitudine del dolore, o almeno ci aiuti ad accettare
la sofferenza con rassegnazione e con generosità.
Ma eziandìo nell'adempimento della nostra missione noi ab-
biamo bisogno di forza e di costanza. In questi tristissimi tempi
in cui lo spirito cristiano va sensibilmente scomparendo dalle
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famiglie, in cui si moltiplicano a dismisura gli incentivi al male,
in cui così di buon'ora cominciano a dominare nel cuore della gio-
ventù la superbia e il vizio, trattando specialmente con giovani
che forse già furono le vittime delle passioni, quante difficoltà
incontra l'educatore!
È solamente col lume della fede e con l'intuizione della carità
cristiana che noi sotto la meschina figura di giovanetti poveri e
abbandonati ravvisiamo la persona stessa di Colui che fu chiamato
l'uomo dei dolori, l'obbrobrio della società.
Qual maraviglia perciò se noi ci sentiamo presi da compassio-
ne per loro? se ne curiamo le piaghe profonde e cancrenose?
È la parola della fede che ci ripete alle orecchie: quanto avrete
fatto per uno di questi miei piccoli fratelli, l'avrete fatto a me:
quandiu feceritis uni ex his fratribus meis minimis, mihi feci-
stis.
E se anche un giorno sentissimo venir meno le forze per l'ec-
cessivo lavoro, se ci assalisse la noia del nostro ufficio non sempre
secondo i nostri gusti, se tentasse di abbatterci lo scoraggiamento
pel poco frutto dei nostri sudori e per l'ingratitudine dei nostri
beneficati, anche allora ci venga in aiuto la fede e ci conforti
ricordandoci che lavoriamo pel Signore il quale premia la buona
volontà quando non può premiare la buona riuscita, ed esige dai
suoi servi curam, non curationem.
Nè posso omettere che lo spirito di fede è pur quello che
c'infonde in cuore una calma ed una pace inalterabile, rappre-
sentandoci il dolcissimo Gesù che con gli occhi rivolti al cielo,
ove risiede il Padre che l'ha mandato, va ripetendo: quae placita
sunt ei, facio semper, faccio sempre tutto quello che torna di gra-
dimento al Padre mio.
Esso ci rende ancora sempre eguali nel continuo avvicendarsi di
avvenimenti or lieti or tristi, superiori ad ogni impressione di gioia
e di dolore. E non è a dire quanto questa eguaglianza di umore
moltiplichi la nostra energia, il nostro lavoro, evitando nel tempo
stesso i gravissimi danni che produrrebbe una vita disordinata-
mente attiva.
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7. Il valore delle opere nostre.
Anche a costo di abusare della vostra pazienza, sento il
bisogno di fare qualche riflessione su questo importantissimo ar-
gomento.
Chi vive di fede, si compiace di contemplare Gesù dimorante
nel suo cuore ora glorioso come in cielo, ora nascosto come nella
SS. Eucarestia, e in tale contemplazione s'accende in lui il desi-
derio di rendergli ognor più gradita questa dimora ornandola delle
più elette virtù.
Comincia col vuotare il suo cuore d'ogni sentimento d'amor
proprio, di vanagloria e di superbia, perchè Gesù solo ne sia
l'assoluto padrone. Si considera quale tempio vivo dello Spirito
Santo; quindi avrà cura che questo tempio non sia profanato dal
benchè minimo affetto impuro.
Si stimerà felice di mancare non solo del superfluo, ma per-
fino del necessario per non essere indegno discepolo di Colui che
volle per sua compagna indivisibile la povertà, che visse senza
tetto e morì nudo su un duro tronco di croce.
Rapito dall'esempio del Divin Salvatore che a detta di S. Ber-
nardo: perdidit vitam, ne perdere! obedientiam, perdette la vita
piuttosto che mancare all'ubbidienza, si stimerà felice di rendere
la sua vita un continuo sacrificio privandosi di ciò che ha di mag-
giormente suo e prezioso, cioè dell'uso della sua libera volontà.
S'armerà di sovrumano coraggio nel castigare il suo corpo, trattan-
dolo quale suo acerrimo nemico, affinchè non torni d'impedimento
allo spirito nel servire a Dio. Alla scuola di Gesù che si fece uomo
affine di poter patire per la nostra salute e con la morte più
crudele e ignominiosa e col suo sangue scancellò la macchia dei
nostri peccati, l'uomo di fede, specialmente se è sacerdote, s'in-
fiammerà di santo zelo perchè tutti partecipino ai benefici della
Redenzione, ne andasse pur di mezzo la sanità, la vita stessa.
Soprattutto poi si sforzerà di mantener vivo il fuoco sacro della
carità, virtù che più ci fa rassomiglianti a Dio stesso, e, per ere-
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scere ogni giorno nell'amore verso Dio e verso il prossimo, col
maggior fervore possibile si metterà alla scuola del Sacratissimo
Cuore di Gesù, la più splendida manifestazione del suo amore
verso di noi.
A chi vive di fede sta poi altamente fisso nella mente che
quand'anche gli venisse fatto di praticare qualche atto delle sopra-
mentovate virtù senza lo spirito di fede, ciò non sarebbe altro che
il prodotto di naturale onestà che poco o nessun merito avrebbe
davanti a Dio, nè darebbegli diritto a quel premio che il Signore
tien preparato a' suoi seguaci.
Nel giorno delle rivelazioni la divina giustizia, qual fuoco
divoratore, metterà alla prova il valore delle opere nostre. Quelle
che furono ispirate, dirette e compiute dalla fede, brilleranno quale
oro finissimo passato nel crogiuolo, e ci varranno la gloria eterna.
Quelle che ebbero sorgente da naturali sentimenti e da fini pura-
mente umani, saranno ridotte a vilissima polvere che il vento
disperderà. C'insegni la prudenza ad essere santamente avari:
veras divitias amate.
8. La fede e le pratiche di pietà.
Per ultimo consideriamo un istante quanto giovi lo spi-
rito di fede a mantenere il fervore nelle nostre pratiche di pietà.
Il religioso che vive di fede è profondamente persuaso esser la
preghiera un intimo commercio d'amicizia con Dio, quindi ben
lungi dal tornargli di peso, egli l'ama la preghiera e la considera
come cosa indispensabile alla sua vita.
Nel porsi a pregare si rappresenta alla mente il Re del Cielo e
della terra, il quale, nonostante che sia infinitamente grande e
potente, non isdegna d'intrattenersi con noi, miseri vermi della
terra, ogni volta che lo preghiamo. Non dubita punto che Iddio,
sebbene attorniato in cielo da innumerevole moltitudine di Angeli
e di Santi che senza interruzione cantano le sue lodi, pure s'abbassa
ad ascoltare le umili nostre suppliche, come avesse solo a occu-
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11.5 Page 105

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parsi d'ognuno di noi. Quindi egli prega con tutto fervore e con-
fidenza.
Con gli occhi della fede nella meditazione e nella lettura spiri-
tuale vediamo Gesù Cristo stesso farsi maestro nella via della
perfezione, e, noi prostrati ai suoi piedi come Maria Maddalena,
saremo tutti intenti ad ascoltare le sue lezioni, ripiene di tanta
sapienza da farci esclamare con San Pietro: verba vitae aeternae
habes: voi avete veramente parole di vita eterna.
La fede ci farà trovare nella SS. Eucarestia la sorgente della
vita spirituale e la forza di cui abbisognamo. Se infatti sentiamo
mancarci ogni vigore, se vediamo che nessun conforto può venirci
dalle creature e gemiamo in estrema debolezza e prostrazione
d'animo, ecco che s'appressa il buon Gesù e ci dice: Se ogni altro
cibo è vano, vieni, io ti darò il pane della vita. Mangia la mia
carne, bevi il mio sangue e vivrai: Ego sum panis vitae. O pro-
digio! In quel momento una creatura mortale si unisce col suo
Dio, se lo assimila e così la vita divina ripara, accresce e conserva
la vita umana. E sarà possibile che chi vive di fede, senta nausea di
questa manna celeste? Che vi si accosti con coscienza macchiata
di peccato? Che trascuri la preparazione e il ringraziamento alla
Comunione o alla Santa Messa?
Illuminati dalla fede ravviseremo nella Confessione uno stre-
pitoso prodigio dell'onnipotenza e della misericordia di Dio, ri-
cordando le parole di S. Agostino che ci dice: justificatio pec-
catoris maius opus quam creare coelum et terram: il rendere giu-
sto un peccatore, è più grande opera che creare il cielo e la terra.
Troveremo le nostre delizie nel visitare Gesù, prigioniero d'amore
nei nostri tabernacoli, e avremo eziandlo cura d'ogni minima ceri-
monia nella celebrazione dei divini misteri.
Questa medesima fede ci farà considerare come una gran for-
tuna, una grazia singolarissima, l'essere membri della Chiesa Catto-
lica e guidati al porto di salute dal Vicario di Gesù Cristo e
dagli altri Pastori che lo Spirito Santo ha posto a dirigere la sua
Chiesa.
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9. La fede e la vocazione.
Se avremo la fortuna di vivere di fede, sentiremo in cuore
vivissima riconoscenza a Dio per averci chiamati alla Pia Società
Salesiana, così provvidamente fondata dal Venerabile D. Bosco ;
la considereremo come l'arca di salvezza e il nostro rifugio, e l'ame-
remo come nostra dolcissima Madre. Riguarderemo la casa ove
l'ubbidienza ci ha mandati a lavorare come casa di Dio stesso ; il
nostro ufficio, qualunque sia, come la porzione della vigna che il
padrone ci diede a coltivare.
Nella persona dei Superiori vedremo i rappresentanti di Dio
stesso, sulla cui fronte la fede ci farà leggere quelle parole: qui
vos audit, me audit; qui vos spernit, me spernit: chi ascolta voi,
ascolta me; chi disprezza voi, disprezza me; quindi i loro comandi
saranno da noi tenuti come cm.i1ando di Dio stesso, e ci faremo
premura di eseguirli, guardandoci bene dal giudicarli fuor di pro-
posito e criticarli.
Riconosceremo le Costituzioni, i Regolamenti, l'orario, come
altrettante manifestazioni della volontà di Dio a nostro riguardo,
e sarà nostra cura che non siano mai trasgrediti. I giovani dei
nostri Oratorii e Istituti saranno agli occhi della nostra fede un
sacro deposito, di cui il Signore ci chiederà strettissimo conto.
I nostri confratelli che con noi dividono i dolori e le gioie,
con cui preghiamo e lavoriamo, saranno altrettante immagini vi-
venti di Dio stesso incaricate da lui medesimo ora a edificarci con
le loro virtù, ora a farci praticare la carità e la pazienza coi loro
difetti.
Oh! quando verrà quel giorno in cui noi, secondo l'immaginosa
espressione di S. Francesco di Sales, ci lasceremo portare da Nostro
Signore come un bambino tra le braccia della mamma? Quando,
carissimi confratelli, ci avvezzeremo a veder Dio in ogni cosa,
in ogni avvenimento, che noi considereremo quali specie sacra-
mentali sotto le quali egli si nasconde? Così ci persuaderemo che
la fede è un raggio di luce celeste che ci fa veder Dio in tutte le
cose e tutte le cose in Dio.
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10. La fede del nostro Venerabile Padre.
Questo appunto noi ammiriamo nella vita del nostro Vene-
rabile Fondatore. Perchè mai giovanetto usò tante industrie per
attirare a sè i fanciulli dell'umile borgata dei Becchi? Tutti lo
sappiamo; era per istruirli e tenerli lontani dal peccato. Quale
fu il fine che si propose nell'abbracciare la carriera sacerdotale,
superando innumerevoli ostacoli? Ben ce lo dice il motto: da
mihi animas. Voleva salvare le anime che la fede gli rappresentava
riscattate al prezzo del sangue stesso di Gesù Cristo.
Ordinato sacerdote si consacra alla cura dei fanciulli poveri,
perchè li vede abbandonati da tutti, crescere nella ignoranza e
nel vizio. Qual edificazione era per noi il contemplarlo occupato
per molte ore nell'udire le confessioni di tanti giovanetti, senza mai
dare il minimo segno d'essere stanco di sl penoso ministero! Ciò
avveniva perchè la sua fede vivissima gli faceva contemplare il
confessore nell'atto di curare le piaghe delle anime, di rompere
le catene da cui erano avvinte, di avviarle nel sentiero della pietà
e della virtù.
Nè avrebbe voluto che i giovanetti a lui affidati rimanessero
anche per poche ore col peccato nell'anima; perciò con efficacis-
sime parole li esortava ove fossero caduti in qualche colpa, a
confessarsene quanto prima, fosse pure alzandosi da letto durante
la notte.
E che non suggeri la fede a D . Bosco per rendere più frut-
tuosa la sua predicazione? S'era imposta la legge di evitare ogni
parola o frase che non fosse perfettamente intesa da' suoi giovani
uditori, per quanto elegante essa fosse. Evitava ogni espressione
astratta e difficile a comprendersi, e s'abituò così a un linguaggio,
quasi direi, concreto, con cui egli parlava ai sensi dei fanciulli,
se n'accaparrava l'attenzione e ne dominava la volontà. A que-
sta sua arte ed alla sua santità è dovuta la singolarissima efficacia
della sua parola.
Fu parimenti lo spirito di fede che gl'ispirò il suo ammirabile
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sistema preventivo, il quale, mentre gli procurò un posto onore-
volissimo fra gli educatori della gioventù a giudizio dei dotti, è
per noi la prova più convincente del suo ardentissimo zelo per
impedire il peccato.
Perchè mai avrebbe voluto che i suoi alunni fossero messi
nella morale impossibilità di commettere mancanze? Unicamente
per il desiderio che fosse evitata l'offesa di Dio.
Provò egli stesso quanto costasse l'assistenza a chi vuol seguire
il sistema preventivo, e fìnchè gli bastarono le forze, precedeva
i suoi figli col suo esempio e ne li spronava con le sue calde esorta-
zioni. Ricordo che ad un tale che aveva per stanchezza lasciati
soli i giovani dell'Oratorio in una domenica di agosto, disse con
forza: quando si trovano tanti giovani in ricreazione, a qualun-
que costo dobbiamo assisterli. Riposeremo in altro tempo.
Si sarebbe fatto scrupolo di tenere una conversazione, di scri-
vere una lettera senza condirla con qualche pensiero religioso, e
ciò sapeva fare con tanto garbo e con tanta finezza che nessuno
mai se ne senti disgustato. Di lui perciò si potè rendere testimo-
nianza, che niuno mai l'accostò senza sentirsi migliore. La fede
gl'insegnava che un sacerdote mancherebbe al suo dovere se facesse
altrimenti.
11. Ricordi personali.
Fui varie volte in sua compagnia quando sul bastimento dava
l'addio ai suoi missionarii, e fu in quei preziosi istanti che potei
aver la miglior prova della sua viva fede e del suo ardentissimo
zelo. A questo egli diceva: spero che tu salverai molte anime.
A quell'altro suggeriva all'orecchio: avrai molto da soffrire, ma
ricordati che il paradiso sarà il tuo premio. A chi avrebbe dovuto
assumere la direzione di parrocchie, raccomandava di prendere
cura speciale dei fanciulli, dei poveri e degli ammalati.
A tutti ripeteva: non cerchiamo denaro, cerchiamo delle
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anime. Ad un sacerdote il giorno della prima Messa augurava
che fosse il più fervente nella fede e nella divozione al SS. Sacra-
mento. Ad un altro inculcava che non facesse una predica senza
parlare di Maria. Ed egli ce ne dava l'esempio.
Entrato giovanetto nell'Oratorio, ricordo che fin dai primi
giorni nell'udir il discorsetto della sera, io non potei trattenermi
dal dire a me stesso: quanto D. Bosco deve voler bene alla Ma-
donna!
E chi fra gli anziani non ha notato con quanto sentimento,
con quale convinzione ci parlasse delle verità eterne, e come non
di rado avveniva che parlando specialmente dei novissimi si commo-
vesse talmente da venirgli meno la voce?
Nè potremo dimenticare con quanta fede celebrasse la Santa
Messa e quanta diligenza mettesse per eseguire le cerimonie, fino
a portar sempre seco il libretto delle rubriche appunto per
richiamarle di quando in quando alla memoria.
Era pure la sua fede che gli faceva considerare la sua Con-
gregazione, le sue case, come effetto della specialissima prote-
zione di Maria SS. Ausiliatrice, a cui professava la più sentita gra-
titudine. E fu udito esclamare: quanti prodigi ha operato il Signore
in mezzo di noi! Ma quante maraviglie di più avrebbe compiuto,
se Don Bosco avesse avuto più fede; e ciò dicendo gli si riempi-
vano gli occhi di lagrime! ( Lemoyne, VIII, pag. 977).
12. Ravviviamo in noi la fede.
Valgano queste mie esortazioni, e specialmente questi preziosi
ricordi del nostro Venerabile Padre, a ravvivare la nostra fede. E
ve n'ha gran bisogno!
Invero se voi per poco vi fermate a esaminare lo stato del-
1'attuale società, dovete convincervi che in molti, i quali ancora si
chiamano cristiani, la fiaccola della fede si è talmente indebolita
che minaccia di spegnersi da un momento all'altro. Vedrete altri
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molti, infelici, che già fecero naufragio nelle loro credenze, e
vivono come non avessero più religione.
Tra i giovani poi un numero sterminato frequenta le cosl dette
scuole laiche in cui spesso è delitto pronunziare il nome di Dio, e
altri non meno numerosi sono affidati talvolta alle mani di mae-
stri empi e scostumati che lavorano con tutte le loro forze a sra-
dicare dal cuore della gioventù ogni vestigio di religione e di mora-
lità. Quale avvenire ci si prepara? Non è pessimismo, ma si ha
ragione di temere che avremo una generazione intieramente priva
del soffio vitale della fede, e totalmente incadaverita.
Certo Iddio nella sua potenza e misericordia infinita troverà il
mezzo di far rifluire la vita dello spirito in questi cadaveri ormai
fetenti. Non mancheranno uomini dotti e santi che quali novelli
Apostoli saranno mandati a rinnovare la faccia della terra.
Forse il Signore che suol scegliere i mezzi più meschini per
compiere le opere più grandi, si degnerà di chiamarci a parte di
quello che, nella sua misericordia infinita, intende di fare per la
ristaurazione del suo regno nelle anime; e farà assegnamento sulla
nostra volontà e sull'umile nostra cooperazione.
Son sicuro che i figli di D. Bosco risponderanno generosa-
mente al suo appello. Indirizzandosi perciò a ciascuno di noi il
Signore dirà come ad Ezechiele: Vaticinare ad spiritum, chiamate
lo spirito di fede su questi poveri morti perchè ritornino a vita.
Ma perchè sia efficace la nostra voce, anzitutto è necessario che
possediamo noi stessi in abbondanza questa vita. Solo a questa
condizione saremo atti a compiere i disegni di Dio. Dunque met-
tiamoci subito all'opera; fin d'oggi la nostra vita sia veramente vita
di fede.
A tal fine imploro su di voi tutti, carissimi confratelli, le più
abbondanti grazie e benedizioni del Cielo, e mi raccomando alle
vostre ferventi orazioni.
Vostro aff.mo in C.].
Sac. PAOLO ALBE RA.
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12 Pages 111-120

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12.1 Page 111

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APPENDICE
1. Sacra Liturgia. - 2. Sommo Pontefice. - 3. Giornali.
Mi è parso conveniente esporre qui alcuni pensieri su tre
argomenti connessi con lo spirito e la vita di fede, voglio dire sulla
sacra liturgia, sulla devozione al Papa e sulla lettura dei giornali.
Lo spirito di fede necessariamente produce l'amore al divin
culto e alle sacre cerimonie; l'amore al Papa, Maestro infallibile
della Fede; la sollecitudine d'evitare quanto possa diminuire la pu-
rezza e la vivezza della nostra fede, com'è senza dubbio la lettura
dei giornali non informati a principii cattolici.
1. Sacra Liturgia.
Noi sappiamo che il primo autore delle leggi liturgiche fu lo
stesso Iddio, avendo Egli dettato a Mosè, distintamente e chia-
ramente, i principali atti coi quali voleva lo onorasse il popolo
giudaico.
Nel Nuovo Testamento Gesù Cristo determina i principali
riti, quelli cioè che appartengono all'essenza del sacrificio della
S. Messa e dei Sacramenti, lasciando alla Chiesa il compito di
stabilire gli altri. E ne furono infatti stabiliti alcuni dagli Apo-
stoli, come ce ne assicura il Tridentino ( Sess. 22, c. 4 e 5) e
altri dai Romani Pontefici e dai Concilii. Tutti devono religiosa-
mente osservarsi come consta dalla solenne definizione del Tri-
dentino : « Se alcuno dirà potersi le cerimonie riconosciute e
approvate dalla Chiesa Cattolica solite a usarsi nella solenne am-
ministrazione dei Sacramenti, disprezzare, o senza peccato omet-
tersi a piacimento o cambiarsi in altre nuove da qualsiasi Pastore
di Chiese, sia scomunicato: Si quis dixerit receptos et approbatos
Ecclesiae Catholicae ritus, in solemni Sacramentorum administra-
tione adhiberi consuetos, aut contemni aut sine peccato a mzm-
109

12.2 Page 112

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stris pro libito amitti, aut in novos alias per quemcumque Ec-
clesiarum Pastorem mutari passe, anathema sit ».
E ben a ragione perchè sono ordinate dalla suprema autorità
della Chiesa per fini di altissima importanza. Il Papa Sisto V
nella Bolla Immensa ( 22 gennaio 1588) esponendo le ragioni onde
fu mosso a istituire la- S. Congregazione dei Riti dice: « I riti
e le cerimonie della Chiesa contengono una professione di fede,
esaltano la maestà delle cose sacre, elevano la mente dei fedeli alla
contemplazione di altissimi misteri e l'accendono eziandlo del
sacro fuoco della divozione: Cum sacri ritus et caerimoniae, qui-
bus Ecclesia a Spiritu Sancta edocta ex apostolica traditione
et disciplina utitur in Sacramentorum administratione, divinis
officiis, omnique Dei et Sanctorum veneratione, magnam Chri-
stiani populi eruditionem veraeque fidei protestationem contineant,
rerum sacrarum maiestatem commendent, fidelium mentes ad re-
rum altissimarum meditationem sustollant, et devotionis etiam
igne infiamment... ».
Alle parole del gran Pontefice fa eco il dottissimo Cardinal
Bona che scrive: « Quantunque le cerimonie non contengano per
se stesse alcuna perfezione, alcuna santità, sono nondimeno atti
esterni di Religione coi quali, quasi con segni, l'animo si eccita
alla venerazione delle cose sacre, la mente si eleva a sublimi
misteri, è nutrita la pietà, fomentata la carità, cresce la fede, cor-
roborata la divozione, istruiti i più semplici, ornato il culto divino,
conservata la Religione, e distinti i veri fedeli dai pseudo-cri-
stiani e dagli eterodossi: Licet ipsae caerimoniae nullam secun-
dum se perfectionem, nullam contineant sanctitatem, sunt tamen
actus externi Religionis, quibus quasi signis excitatur animus ad
rerum sacrarum venerationem, mens ad suprema elevatur, nutri-
tur pietas, fovetur charitas, crescit fides, devotio roboratur, in-
struuntur simpliciores, Dei cultus ornatur, conservatur Religio,
et veri fideles a pseudo-christianis et heterodoxis discernuntur ».
E questa è la ragione per cui la Chiesa ha somma cura di farle
osservare senza la minima alterazione, ed istituì a questo fine
una Sacra Congregazione, composta di Cardinali, perchè vigili at-
110

12.3 Page 113

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tentamente sul retto ordine e sulla esatta osservanza delle sacre
cerimonie. Di qui si comprende la stima, il concetto che ne
avevano i santi maggiormente zelanti del decoro della Casa di
Dio, quali un S. Carlo Borromeo, S. Gaetano Thiene, S. Vin-
cenzo de' Paoli, S. Alfonso Maria de' Liguori, ecc. San Giuseppe
da Copertino poi, interrogato un giorno da un Vescovo in qual
modo, qualora ve ne fosse bisogno, potrebbe riformare il suo
clero, rispose: Nihil aliud curandum esse, nisi ut Sacerdotes S.
Missae Sacrificium celebrarent, et eterici divinum officium solli-
cite exsolverent; nam his officiis si bene fungerentur, illos cito
in omnibus reformatum iri.
E voi lo sapete, o miei cari confratelli, che ciò che ha forza di
riformare, ha pur quella di conservare a nutrire la pietà e la divo-
zione.
Concludiamone che le sacre cerimonie, osservate secondo lo
spirito della Chiesa, sono strumento potentissimo di santifica-
zione e un mezzo adatto per inculcare e far intendere ai fedeli
le verità della fede.
Ed ecco perchè il nostro buon Padre Don Bosco insisteva tanto
per l'esatta esecuzione nelle sacre cerimonie, e voleva che tutti
i suoi figli, nessuno eccettuato, anche gli stessi coadiutori, impa-
rassero a servir bene la S. Messa. Non vi era Corso di esercizi spi-
rituali in cui Don Bosco non riparlasse di questo argomento. La
stessa cosa possiamo ripetere di Don Rua. Basta ricordare l'istitu-
zione della soluzione del caso liturgico da lui ordinata, e leggere
la raccolta delle sue circolari a pag. 49, 52, 70, 280, 354, 459, ecc.
per vedere quanto gli stesse a cuore l'esatta osservanza dei sacri riti.
Rinnovo pertanto la raccomandazione contenuta nella circolare
del 31 gennaio 1904, dove si propone come mezzo per santificare
la quaresima lo studio accurato di ciò che riguarda le sacre Ceri-
monie. I Sacerdoti, là si dice, sanno benissimo quanto importi
eseguire con uniformità le cerimonie prescritte dalla Chiesa nella
celebrazione della S. Messa, privata o solenne, nella recita del
divino ufficio e nell'amministrazione dei Sacramenti. I chierici
anch'essi abbiano una santa ambizione pel decoro delle funzioni
111

12.4 Page 114

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religiose, desiderino ardentemente di prendervi parte; tutti poi e
preti e chierici ripassino frequentemente le rubriche; amino che si
usi loro la carità di avvertirli quando cadessero in qualche difetto;
usino insomma quelle sante industrie che non può a meno di sugge-
rire il riflettere che le rubriche sono le leggi che la Chiesa ha
stabilite per onorare la somma Maestà di Dio, il quale non desidera
essere altrimenti onorato che nel mondo che stabilisce questa sua
divina Sposa. I Signori Ispettori vedano nella loro prudenza quanto
sia opportuno di stabilire perchè i nostri confratelli possano
segnalarsi anche nell'amore ed esattezza delle sacre funzioni. Un
mezzo sarà quello di procurare che si faccia ovunque e bene la
scuola di cerimonie, e di non permettere che facilmente si ometta
o si dispensi dall'intervenirvi, ma bensl di esigere che tutti per
turno esercitino i vari sacri uffìcii.
2. Sommo Pontefice.
Come cristiani sappiamo per fede che il Papa è il Successore
di S. Pietro, il Vicario di Gesù Cristo sulla terra. Come Salesiani
non possiamo dimenticare l'ultima raccomandazione di Don Bosco
e di Don Rua sul loro letto di morte: Grande rispetto, obbedienza e
affetto ai Pastori della Chiesa e specialmente al Sommo Pontefice.
Rammentiamo che Don Bosco premendo le orme dei Santi, e
nominatamente di San Francesco di Sales, non s'appagava di quella
sottomissione d'intelletto che si restringe alle definizioni ex cathe-
dra, ma voleva la sottomissione sincera a qualsiasi insegnamento
del Papa, e sotto qualunque forma impartito. Nè solamente ne
seguiva e faceva eseguire gli ordini, ma reputava e voleva che i suoi
figli reputassero qual legge e qual dolce comando ogni avviso, ogni
consiglio, ogni desiderio del Vicario di Gesù Cristo.
Gli otto volumi delle Memorie biografiche di Don Bosco ci
ripetono con una frequenza sorprendente l'amore di Don Bosco al
Papa e quanto per sostenerne l'autorità abbia detto, operato e
sofferto. Egli lo considerò sempre come il faro luminoso che doveva
112

12.5 Page 115

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guidare i suoi passi. C'insegnò con la parola e con l'esempio a difen-
derlo, ad accoglierne gl'insegnamenti col massimo rispetto e con
la più scrupolosa ubbidienza.
Ad imitazione pertanto di Don Bosco e di Don Rua, noi pure
nutriamo in cuore sentimenti di venerazione, d'illimitata obbe-
dienza e d'amore al Sommo Pontefice. Questi medesimi sentimenti
procuriamo di trasfondere nei nostri alunni, valendoci all'uopo
d'ogni occasione; quindi:
a) nelle prediche, nel sermoncino della sera e in altre circo-
stanze parliamo volentieri del Papa, della sua autorità, della sa-
pienza delle sue disposizioni. Questo può farsi opportunamente,
ad esempio nella ricorrenza delle due Cattedre di San Pietro ( 18
gennaio e 22 febbraio), dell'onomastico ( S. Giuseppe) e natalizio
( 2 giugno 1835) del S. Padre Pio X. Altre occasioni saprà ben
cogliere la vostra pietà. Invitiamo i giovani a pregare per lui.
Studiamoci di formare nei nostri alunni una coscienza profonda-
mente cattolica e papale che li aiuti a trionfare d'ogni insidia
che in avvenire fosse tesa alla loro fede.
b) Nel programma delle nostre accademie dovrebbe sempre
figurare qualche cosa che ricordi le benemerenze e le glorie del
Papato, massime del Papa vivente.
e) Detestiamo e teniamo lontano dalle nostre case ogni scritto
ove si dica male del Papa, se ne scemino l'autorità e le prerogative,
se ne censurino le disposizioni o si contengano dottrine meno con-
formi a' suoi insegnamenti.
d) Nelle conversazioni non tolleriamo parola men rispettosa
verso la persona o l'autorità del Papa o delle S. Congregazioni
romane, o meno deferente alle disposizioni della Santa Sede.
e) Facciamoci un dolce obbligo di praticare le sue raccoman-
dazioni. Quindi adoperiamoci a tutt'uomo per istruire, massime la
gioventù, nella dottrina cattolica, per diffondere la Comunione
frequente, per promuovere il canto gregoriano: Don Bosco in
questo, voi lo sapete, ha prevenuti i desideri del Papa.
113

12.6 Page 116

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Il Sig. D. Rua, nella prima udienza avuta dal S. Padre, qual
Rettor Maggiore, gli riferiva che Don Bosco nell'ultima malattia,
anche quando non aveva più che un fil di voce, di tratto in tratto,
parlando ai Superiori che circondavano il suo letto, loro diceva:
- Ovunque vadano i Salesiani, procurino sempre di sostenere l'au-
torità del Sommo Pontefice e d'insinuare e inculcare rispetto,
obbedienza ed affetto alla Chiesa e al suo Capo. - A queste
parole il S. Padre parve commoversi e disse: - Oh! si vede che
il vostro Don Bosco era un santo simile in questo a S. Francesco
d'Assisi, che quando venne a morire, raccomandò caldamente
ai suoi religiosi di essere sempre figli devoti e sostegno della Chiesa
Romana e del suo Capo. Praticate queste raccomandazioni del vo-
stro fondatore e il Signore non mancherà di benedirvi ( Raccolta
Circolari D. Rua, pag. 22).
3. Giornali.
A tutti rinnovo le raccomandazioni fatte nella mia lettera del
24 maggio 1911 , in seguito alle disposizioni del S. Padre Pio
X: vi prego a quando a quando di rileggerla ( 1) .
In essa, riferiti i documenti pontificii relativi alla proibizione
di leggere i giornali fatta ai chierici, io ne inferiva:
« I Direttori devono impedire e i chierici devono evitare la
lettura: 1° dei giornali politici senza eccezione; 2° dei periodici
aventi fine politico o scientifico sociale e trattanti perciò bene spes-
so argomenti alieni dalle materie proposte allo studio dei nostri
giovani soci, e di quelli soprattutto nei quali si agitano contro-
versie atte ad eccitare l'animo del giovane chierico e a distrarlo
dagli studi.
Possono i nostri chierici studenti leggere ( ma solo con l'ap-
provazione dei Superiori e nelle ore non consacrate allo studio,
( 1) Vedi a pag. 43 « Disposizioni della S. Sede... » e apposito richiamo
in nota a piè pagina, relativo all'Enciclica « Exhortatio ad Clerum » di Pio
XII, con disposizioni nuove per condizioni sociali profondamente variate.
114

12.7 Page 117

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alla scuola e agli esercizi di pietà) quei periodici, che, alieni da
controversie, riferiscono notizie d'indole religiosa, atti della S.
Sede, dei Vescovi, relazione dei missionari od altro che valga a
coltivare lo spirito di fede e di pietà, come ad esempio: Il Moni-
tore Ecclesiastico, le Ephemerides liturgicae, I'Acta Apostolicae
Sedis, il Messaggero del S. Cuore, l'Ami du Clergé e altrettali ».
Raccomandava poi che degli stessi periodici non compresi
nella proibizione non fosse dai Superiori concessa la lettura, se non
nel caso che la giudicassero veramente atta ad agevolare lo
studio di materie insegnate nella scuola o nei trattati.
Detto questo dei chierici io conchiudeva: « Per tutti quanti
i confratelli poi si ricordano le vivissime raccomandazioni e le
disposizioni di Don Bosco e di Don Rua, i quali hanno sempre
inculcato che i giornali li leggessero ( privatamente e mai passeg-
giando all'aperto) solo coloro che, a giudizio dell'Ispettore, ne
avevano stretto bisogno; che anche costoro non v'impiegassero
molto tempo e sopratutto nessuno, di propria iniziativa, leggesse
fogli poco lodevoli pei loro principi. Ciò che per altro è perfet-
tamente consono a quanto prescrivono le nostre Costituzioni al-
l'art. 7 e nota ».
Debbo poi ora a tutti rammentare l'obbligo d'evitare la
lettura di quei giornali che pur non combattendo ex professo
la religione, non sono informati a principi veramente cattolici.
A legittimarne la lettura non serve il dire che sono tecnicamente
ben fatti, ricchi di notizie, ecc. Questi pregi, ripeto, non possono
scusare chi di noi legge i prefati giornali. Con tal lettura, s'in-
sinua a poco a poco nell'animo nostro, senza che ce ne avvediamo,
lo spirito che li penetra, che è spirito di mondo, pretto naturalismo,
se pur non si voglia dire qualche cosa di peggio; scema in noi la
venerazione ai Sacri Pastori, l'ossequio dovuto all'autorità ec-
clesiastica, la stima e l'affetto delle cose spirituali e va a pericolo
la purezza medesima della nostra fede.
Non v'è bisogno di far nomi. Vi basti sapere che un giornale
non è informato a principi cattolici e non può in nessun modo es-
sere annoverato fra i giornali cattolici, per capire che se ne deve
115

12.8 Page 118

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evitare e proibire la lettura. Ciascuno se ne faccia un dovere di
coscienza. Ma i Direttori poi e in generale i Superiori vigilino che
si fatti giornali non entrino nelle nostre case e non vadano per le
mani dei nostri chierici e dei nostri laici e neppure dei nostri
sacerdoti. Non facendolo, essi vengono meno a un loro preciso do-
vere, e si rendono responsabili dinanzi a Dio del danno spirituale
prodotto dalle accennate letture.
116

12.9 Page 119

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IX
Per il Monumento al Venerabile D. Bosco
1. Preghiere per la Beatificazione del Ven. D. Bosco. - 2. Iniziativa degli
ex-Allievi per un monumento. - 3. Colletta da indire tra gli Allievi
delle nostre Case.
Miei carissimi Confratelli,
Torino, 22 novembre 1912.
1. Non so se mi sarà concessa la gioia di comunicarvi io stesso
la più lieta novella che sospira il mio cuore, che arrride alla mia
mente, la novella che il Magistero infallibile della Chiesa avrà di-
chiarato Beato il nostro Venerabile Padre. Ciò dipenderà molto
anche dalle nostre preghiere.
L'ultimo teste, lo scrittore stesso delle Memorie Biografiche
di Don Bosco, è udito in questi giorni e speriamo che, quanto
prima, anche il processo informativo apostolico sarà ultimato
e i relativi atti presentati alla S. Congregazione dei Riti in Roma.
Ripeterò piuttosto quanto è già a vostra conoscenza e di cui
si sono fatti caldi ed entusiasti promotori gli ex-Allievi delle Case
Salesiane e che non può non interessare vivamente i Salesiani, i
figli di Don Bosco.
2. Iniziativa degli ex-Allievi per un monumento.
Il proclama lanciato al mondo intiero dal Comitato degli
ex-Allievi per l'erezione di un monumento a Don Bosco che dovrà
117

12.10 Page 120

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sorgere sulla piazza di Maria Ausiliatrice, nel luogo stesso ove
Don Bosco trasformò suolo ed anime, fondò la madrepatria delle
genti sue, inviò pel mondo le sue colonie, dette ad esse il punto
di perpetuo convegno, fu accolto con entusiasta unanime consenso.
Ora, mentre i più rinomati artisti studiano sul programma di
concorso a voi noto, tutti affrettiamo con il desiderio l'alba del
16 agosto 1915, primo centenario della nascita di Don Bosco,
giorno in cui cadranno i veli che avvolgeranno quell'effigie del
Padre che l'affetto dei figli e l'arte avranno saputo scolpire sul
bronzo, proprio di fronte al Santuario di Maria Ausiliatrice, ispi-
ratrice delle opere del nostro Ven. Padre e monumento perenne
esso stesso della riconoscenza di Don Bosco verso tanta Madre.
Sebbene l'amore immenso di figli avesse desiderato che noi
e noi soli o almeno noi sopratutto fossimo stati gli ideatori e gli
esecutori di questo attestato di gratitudine verso il nostro amato
Padre, non vi è chi non veda che ideato e realizzato da coloro che
furono educati nelle Case di Don Bosco e che ora si trovano sparsi
pei diversi gradi della scala sociale, cioè, degli ex-Allievi, acquista
un valore morale assai più importante in faccia a tutto quanto il
mondo. Lasciamo quindi che gli ex-Allievi, in mezzo ai quali sca-
turì spontanea la nobile idea, e che con tenacità e slancio com-
movente la vanno svolgendo, siano davvero i realizzatori di questo
attestato di gratitudine. Ciò servirà eziandio ( e a voi lo posso confi-
dare) a non distogliere la carità dei nostri Cooperatori per le opere
che abbiamo tra mano, carità di cui sentiamo ogni giorno più
forte il bisogno per condurle avanti. Gioverà inoltre a dar corpo
e consolidamento all'opera degli ex-Allievi, tanto bene iniziata, e
che ebbe una così splendida affermazione nel Congresso Inter-
nazionale tenutosi qui a Torino nel settembre 1911. I Signori
Direttori avranno in questo modo una propizia occasione per chia-
mare intorno a loro tutti gli ex-Allievi, organizzarli, federarli, in-
teressarli per l'opera dell'erigenda monumento, che s'attira la sim-
patia di tutti.
118

13 Pages 121-130

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13.1 Page 121

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3. Colletta da indire tra gli allievi delle nostre case.
Mentre pensiamo agli ex-Allievi non possiamo dimenticare
quelli che attualmente godono dei beneficii dell'educazione del
nostro buon Padre, gli Allievi delle nostre case: e sotto questo
nome di Allievi intendo comprendere anche i giovanetti dei no-
stri Oratori festivi. Essi vorranno senza dubbio e dovranno,
secondo le loro forze, concorrere a questo attestato mondiale al
Padre comune.
Dai Direttori delle nostre Case pertanto non si richiede che
concorrano con danaro all'erigendo Monumento, che dev'essere
opera esclusiva dei nostri ex-Allievi e Allievi; ma semplicemente
che attirino attorno alle rispettive Case il maggior numero di
ex-Allievi, procurando occasioni per riunioni, promovendo confe-
renze, ideando congressini, diffondendo insomma l'idea, animan-
doli ad attuarla e suggerendo quei mezzi creduti più opportuni
per raccogliere offerte, quali potrebbero essere le modiche sottoscri-
zioni personali, le lotterie, le recite, le rappresentazioni e le stesse
collette presso quelle persone, nel modo che gli stessi ex-Allievi
crederanno opportuno.
I nomi dei singoli offerenti, fosse pure di pochi centesimi,
con l'indirizzo della città o paese cui gli oblatori appartengono,
saranno stampati nel Bollettino che gli ex-Allievi, per meglio dif-
fondere l'idea lanciata, vogliono a suo tempo pubblicare.
I Signori Direttori o i Comitati locali potranno inviare il
danaro direttamente al Rev.mo Sig. D. Rinaldi Filippo, Prefetto
Generale della nostra Pia Società, ovvero al Comitato esecutivo
per il monumento a D. Bosco - Via Cottolengo, 32 - Torino.
Nessuna casa, ne son certo, per piccola che sia e per quanto
ristretta la cerchia di sua azione, vorrà esimersi da questo dolce
contributo. Affine poi di assicurare la somma indispensabile per
!'erigendo Monumento, da raccogliersi tra gli ex-Allievi di cia-
scuna Casa, la quantità minima verrà fissata dal Rev.mo Signor
D. Rinaldi, avuto riguardo agli anni di esistenza della medesima
e al numero approssimativo di ex-allievi che potrà avere. Detta
119

13.2 Page 122

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somma potrà essere raccolta e versata in due anni cioè durante
il 1913 e il 1914.
lo spero che altre volte, se il Signore mi darà vita, dovrò
ritornare su questo argomento sì dolce al cuore di noi tutti e che
non avrò punto bisogno di stimolare la vostra cooperazione, por-
tati come siete a un tale attestato dall'affetto vivo, sempre più
intenso verso il nostro Ven. Fondatore, affetto che forma il distin-
tivo di ogni Salesiano.
Pregate per me che vi sono sempre
Afj-.mo confratello in C. J.
Sac. PAOLO ALBERA.
120

13.3 Page 123

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X
Gli Oratori festivi - Le Missioni - Le vocazioni
1. Nella cameretta del Padre. - 2. La pietra angolare dell'Opera nostra.
- 3. L'Oratorio festivo di D. Bosco è per tutti. - 4. Per formare degni
abitatori del cielo. - 5. L'Oratorio è l'anima della nostra Pia Società.
- 6. Sempre avanti verso la mèta. - 7. Le energie vitali dell'Oratorio.
- 8. Il segreto per farlo agire. - 9. « ... L'Oratorio festivo è in te... ».
- 10. La vera vita dell'Oratorio. - 11. Sempre avanti! - 12. Le
nostre Missioni nella mente paterna. - 13. La prima Missione Salesiana.
- 14. Il diploma dell'Apostolato. - 15. Siate tutti Missionari!... -
16. La questione vitale per noi. - 17. Mirabile fioritura di vocazioni...
- 18. Vocazioni perdute per mancanza di coltura. - 19. Bisogna col-
tivare le vocazioni. - 20. Le attrattive divine. - 21. Parlare della vita
religiosa... - 22. Ispirarne il desiderio... - 23. I mezzi più efficaci...
- 24. Il più bel monumento a D. Bosco.
Carissimi Confratelli,
Torino, 31 maggio 1913.
Ottava di Maria SS. Ausiliatrice
Sono appena ritornato dalla visita alle nostre case di Spagna,
dove, per ben quattro mesi e mezzo, potei toccare con mano di
quanto grande entusiasmo e vivissimo affetto sia dappertutto
circondata l'Opera del Ven. nostro Padre Don Bosco e de' suoi
figli, eziandio nelle città e nei paesi nei quali non abbiamo
ancora alcuna fondazione; e l'animo mio sente prepotente il
bisogno di comunicarvi, miei buoni Confratelli, tutti i sentimenti
della mia gioia e gratitudine profonda per i tanti e così segnalati
benefizi della Divina Provvidenza verso l'amata nostra Congre-
gazione.
121

13.4 Page 124

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1. Nella cameretta del Padre.
Sono qui nella cameretta santificata dal Ven. Padre e dall'indi-
menticabile D . Rua, seduto alla stessa modesta scrivania, su la
quale sono stati scritti i tanti documenti di vita religiosa e sale-
siana, usciti fuori dall'apostolico loro cuore per la comune nostra
edificazione, e mai, come stavolta, ho sentito la necessità di una
parola calda ed efficace per invitarvi tutti, o carissimi, a magni-
ficare meco il Signore e la Vergine Ausiliatrice perchè ha operato
ed opera tuttora così grandi meraviglie nel nome del nostro buon
Padre e Maestro. Sì, unitevi meco nell'azione vivissima di grazie,
specie in questi giorni solenni, e vogliate gradire questa mia let-
tera quale tenue tributo della mia e vostra riconoscenza verso
la nostra Potente Madre Celeste. Non intendo tuttavia dirvi
della mia visita alle Case di Spagna, nelle quali tutte trovai vivo
e puro lo spirito del Padre, nè della benevolenza squisitamente ca-
valleresca che quei nostri affezionati Cooperatori e Cooperatrici
vollero testimoniarmi in questa occasione; ne troverete a suo tempo
il resoconto sul Bollettino Salesiano. Mi sia permesso notare solo
che, per quanto si dica , si dirà sempre poco a petto della realtà.
2. La pietra angolare dell'Opera nostra.
Piuttosto in questa mia desidero parlarvi dell'origine prima di
questo vivo entusiasmo, e verace simpatia universale, per l'Opera
di D. Bosco da parte di ogni ceto di persone, incominciando dalle
Autorità religiose, civili e militari, perchè così si riaccenderà nel
cuore di noi tutti una più viva fiamma di zelo per la pietra
angolare della nostra Società. Questa pietra angolare, su cui si
poggia l'Opera nostra, è formata dagli Oratori festivi, dalle Mis-
sioni e dalle Vocazioni ecclesiastiche, i tre fini primari e nobilissimi
che prefisse all'Opera sua il Venerabile Fondatore, e che armoniz-
zano talmente fra di loro da divenire quasi inseparabili, per la vita
della Congregazione.
Voglia la Vergine Santa degnarsi di fissare in queste pagine
122

13.5 Page 125

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qualche raggio almeno dello spirito che il Ven. Don Bosco e D.
Rua vollero affidare alla mia custodia.
3. L'Oratorio festivo di D. Bosco è per tutti.
Dalla lettura dei primi volumi della vita del nostro Ven.
Padre, scritta con tanto amore e scrupolosa esattezza dal carissimo
D. Lemoyne, appare luminosamente che l'Opera prima, anzi per
molti anni unica, di D. Bosco è stato l'Oratorio festivo, il suo
Oratorio festivo, quale egli lo aveva già intraveduto nel misterioso
sogno fatto a nove anni e nei susseguenti che progressivamente
gli illustrarono la mente circa l'Opera della Provvidenza affi-
datagli.
Non ci deve mai cader di mente, o carissimi Confratelli, che
l'Oratorio festivo di D. Bosco è un'istituzione tutta sua che si
differenzia da ogni altra consimile tanto per la finalità cui tende,
come per i mezzi che usa.
Secondo D. Bosco l'Oratorio non è per una data categoria di
giovani a preferenza degli altri, ma per tutti indistintamente dai
sette anni in avanti; non è richiesto lo stato di famiglia o la
presentazione del giovane da parte dei parenti: unica condizione
per esservi ammesso è quella di venire con la buona volontà di
divertirsi, istruirsi e di compiere insieme con tutti gli altri i doveri
religiosi.
Cause di allontanamento d'un giovane dall'Oratorio non pos-
sono essere nè la vivacità di carattere, nè l'insubordinazione sal-
tuaria, nè la mancanza di belle maniere, nè qualsiasi altro difetto
giovanile, causato da leggerezza o naturale caparbietà; ma solo
l'insubordinazione sistematica e contagiosa, la bestemmia, i cat-
tivi discorsi e lo scandalo. Eccettuati questi casi, la tolleranza
del superiore deve essere illimitata.
Tutti i giovani, anche i più abbandonati e miserabili, devono
sentire che l'Oratorio è per essi la casa paterna, il rifugio, l'arca di
salvamento, il mezzo sicuro di divenire migliori, sotto l'azione tra-
sformante dell'affetto più che paterno del Direttore.
123

13.6 Page 126

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4. Per formare degni abitatori del cielo.
« Questi giovani ( scriveva D. Bosco nel 1843, c10e proprio
quasi all'inizio dell'Opera sua) hanno veramente bisogno di una
mano benefica che prenda cura di loro, li coltivi quindi alla virtù,
li allontani dal vizio. La difficoltà consiste nel trovar modo di
radunarli, poter parlare loro, moralizzarli.
Fu questa la missione del Figliuol di Dio: questo può sola-
mente la sua santa religione. Ma questa religione, che è eterna ed
immortale in sè, che fu e sarà sempre in ogni tempo la Maestra
degli uomini, contiene una legge cosl perfetta che sa piegarsi alle
vicende dei tempi e adattarsi all'indole diversa di tutti gli uomini.
Fra i mezzi atti a diffondere lo spirito di religione ne' cuori
incolti e abbandonati si reputano gli Oratorii festivi ... Quando
mi sono dato a questa parte del sacro ministero intesi di consa-
crare ogni mia fatica alla maggior gloria di Dio ed a vantaggio delle
anime, intesi di adoperarmi per fare buoni cittadini in questa
terra, perchè fossero poi un giorno degni abitatori del cielo. Dio
m'aiuti a potere cosi continuare fino all'ultimo respiro di mia
vita ».
E il Signore l'aiutò non solo a continuare fino all'ultimo respiro
della vita in questa sua apostolica aspirazione, ma a perpetuarla
prodigiosamente in mezzo ai popoli con trarre fuori dal suo cuore
magnanimo la Pia Società Salesiana, che, nata nel suo Oratorio e
per l'Oratorio, non può vivere e prosperare se non per questo.
5. L'Oratorio è l'anima della nostra Pia Società.
Epperò l'Oratorio festivo di D . Bosco che si dilata sempre più,
riproducentesi in mille luoghi e tempi diversi, ma sempre unico
nella sua natura, è l'anima della nostra Pia Società. Se siamo veri
figli d'un tanto Padre, dobbiamo conservare questa preziosa vitale
eredità nella sua genuina integrità e splendore.
Dappertutto dove si trovano figli di D. Bosco deve fiorire il
suo Oratorio, aperto a tutti i giovani, per poterli radunare, par-
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lare loro, moralizzarli e renderli degni cittadini della terra non
solo, ma soprattutto, degni abitatori del cielo.
Quantunque la nostra Pia Società metta mano a svariatissime
imprese, conviene però che tutte mirino a produrre il frutto pre-
zioso e naturale della Società stessa, che è l'Oratorio festivo :
facendo altrimenti non meritiamo d'essere considerati quali veri
figli del Padre.
« Attorno ad ogni Casa Salesiana deve sorgere un Oratorio
festivo », scrisse più volte nelle sue lettere edificanti il desideratis-
simo nostro D . Rua, al quale stava tanto a cuore quest'Opera che
la anteponeva ad ogni altra. « Se volete procurare una grande
consolazione al vostro Rettor Maggiore e rallegrare D. Bosco che
dal Cielo vi guarda, non vi stancate di prendere amorosa cura di
quei giovanetti che Dio manda ai nostri Oratori ».
E nella sua lettera sui doveri degli Ispettori scrive: « .. . Vor-
rei che teneste sempre a mente essere la istituzione degli Oratori
festivi e degli Ospizi di giovani poveri, la prima Opera di carità
verso i giovanetti abbandonati, di cui abbia D. Bosco incaricata
la Congregazione. Veda l'Ispettore se in ogni casa vi è detto Ora-
torio festivo, e, se non vi è, che cosa possa farsi per istituirlo;
e se vi è, veda se funziona a dovere, o che cosa possa farsi perchè
funzioni meglio ».
« ... Con viva gioia, scrive altrove, potei constatare che voi
teneste gran conto delle mie raccomandazioni, e difatto divennero
molto più popolati gli Oratorii già esistenti. Inoltre, ben dieci ne
furono fondati nel corso del 1893, non contando quelle riunioni
domenicali in favore di giovanetti esterni che hanno luogo, si può
dire, in ogni nostro Collegio. Un Ispettore mi scriveva non è
molto che tutte le Case della sua Ispettoria avevano un Oratorio
festivo annesso. Ne sia ringraziato Iddio! ».
6. Sempre avanti verso la mèta.
Io stesso ho esperimentato più volte quanto godesse il buon
padre quando gli si parlava degli Oratori festivi e del gran bene
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che si andava compiendo in essi. Anzi posso aggiungere che più
volte ebbi la fortuna di procurargli una simil gioia, perchè nelle
mie molteplici visite alle Case e specie in quelle d'America, potei
quasi dappertutto toccar con mano come i desideri di D . Rua, a
riguardo degli Oratori, venissero eseguiti con grande amore.
La qual cosa tornava pure molto soave al mio cuore perchè
vedeva come lo spirito di D. Bosco si conservasse vivo e fecondo
nei figli, e ben mi riprometteva per l'avvenire dell'amata Con-
gregazione. Non nascondo però che da taluni si potesse far di più
per gli Oratori e non tralasciava di esortameli con salutari ammo-
nimenti.
Fui perciò sommamente lieto che il primo Congresso da me
presieduto, quale Rettor Maggiore, sia stato quello degli Oratori
festivi e delle scuole di Religione. Parvemi felice auspicio con
cui D. Bosco e D. Rua si degnarono pormi in mano diretta-
mente la Magna Charta della nostra Congregazione, perchè la
facessi praticare in tutta la sua ampiezza.
In quelle adunanze compresi una volta più tutta l'importanza
di quest'Opera prediletta da D. Bosco, e quanto lungo cammino
ci resta da fare ancora prima di raggiungere la mèta, intraveduta
dal Venerabile Padre nei suoi sogni, della salvezza della gioventù
di tutto il mondo per mezzo dell'Oratorio festivo.
E perchè più efficace fosse l'eccitamento comune a quest'Opera
santa ed urgente, ho fatto compilare uno studio accurato intorno
ai voti, alle proposte e deliberazioni del V Congresso e dei quattro
precedenti, non esitando a sobbarcarmi alla non indifferente spesa
della sua pubblicazione e relativa gratuita diffusione presso tutte
le nostre Case e presso tutti gli Ecc.mi Vescovi e Rev .mi
Parroci d'Italia i quali l'accolsero assai benevolmente.
Così posto nella sua vera luce l'Oratorio festivo, creato da
D. Bosco in conformità ai bisogni dei tempi, si vide tosto avve-
rarsi la benedizione implorata da S. S. Papa Pio X nel prezioso
autografo che si degnò concedere al suddetto lavoro, con l'erezione
di numerosi Oratori festivi nelle varie parrocchie delle città e dei
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13.9 Page 129

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paesi, non solo d'Italia, ma ancora di altre nazioni, e col costante
insegnamento in essi della Dottrina Cristiana.
E mentre godo immensamente di questo generale risveglio a
favore degli Oratori festivi, vorrei che la parola del Santo Padre ci
fosse di sprone a sempre meglio fare. Da tutto questo voi compren-
derete facilmente quanto mi stiano a cuore gli Oratori festivi, e
come desideri che vadano moltiplicandosi di giorno in giorno.
Ve lo confesso candidamente: il più bel giorno per me è
quello in cui mi si dà notizia che sorge per opera nostra un
nuovo Oratorio festivo. Non solo tutte le case dovrebbero farne
nascere uno, compiendo così il voto ardente del cuore dell'indi-
menticabile D. Rua, ma se le circostanze di luogo e di tempo
lo permettessero, anche più Oratori potrebbero essere appoggiati
alla medesima casa, impiegando in essi e sacerdoti e chierici e coa-
diutori, perchè si esercitino in ciò che è parte principale dello scopo
della nostra Congregazione.
7. Le energie vitali dell'Oratorio.
Si suol dire che quando gli Oratori festivi sorgono presso i Col-
legi e gli Ospizi, prendono minor sviluppo; ma nol sarà per certo se
il Direttore della Casa è animato dal vero spirito di Don Bosco, e
sa comprendere tutta l'altezza della sua missione.
Allora egli saprà concedere all'Incaricato dell'Oratorio la ne-
cessaria libertà d'azione, lo consiglierà di frequente sul da farsi,
lo aiuterà personalmente o a mezzo del suo Capitolo, e così dimo-
strerà di essere Direttore di fatto e non solo di nome. Dia il Diret-
tore della Casa la dovuta importanza all'Oratorio, nè si dica che
l'Oratorio arreca soverchi incomodi, perchè buona parte del per-
sonale addetto agli interni con savia precedente distribuzione po-
trebbe essere a disposizione dell'Oratorio festivo.
Anzi uno zelante Direttore potrebbe disporre le cose in modo
che, senza scapito degli studi e della disciplina, anche i convittori
più grandicelli e sicuri vengano adibiti a prestar l'opera loro negli
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Oratori festivi , e ciò con loro grande vantaggio per quando saranno
fuori delle nostre Case.
Il saper trovare e formare gli aiutanti dell'Oratorio festivo,
anche tra i giovani che frequentano l'Oratorio, è certo un punto
che presenta qualche difficoltà, però non bisogna esagerare neppure
in questo; e noi, più che altri, possiamo disporre di energie potenti,
purchè si sappiano suscitare.
Oltre ai Confratelli e ai giovani interni più buoni, dei quali
deve poter disporre il Direttore dell'Oratorio festivo, sempre d'ac-
cordo col Direttore dell'internato, se l'Oratorio è annesso all'Isti-
tuto, vi è pure un altro mezzo che potrei dire il preferito da
D. Bosco. Un Oratorio festivo ben costituito deve trovarsi, fra i
giovani più adulti od altri buoni secolari i suoi naturali catechisti
e gli speciali incaricati per il buon ordine generale.
8. Il segreto per farlo agire.
E ciò ha formato uno dei voti più ardenti dell'ultimo Con-
gresso degli Oratori festivi, voto che feci mio con entusiasmo
perchè pienamente conforme al cuore ed alla pratica del nostro
Fondatore. Spetta alla prudenza, alle industrie, al tatto fine e più
di tutto all'amore del Direttore il formarli e renderli apostoli
fra i loro compagni, come sempre usò Don Bosco nei suoi primi
Oratori.
E il Direttore vi riuscirà a meraviglia, se sarà costante nel
radunare a breve conferenza settimanale il suo personale per deter-
minare insieme tutto il da farsi nell'Oratorio. Potendo si preferi-
sca tenere la detta conferenza al sabato sera, perchè cosi il Diret-
tore potrà già dire a ciascuno quanto deve fare all'indomani.
Cosi tutto procederà bene senza pericolo di dover lamentare
gl'inconvenienti che sogliono accadere quando gli aiutanti infe-
riori non sanno con precisione cosa fare e come regolarsi. Eccetto
nelle sue linee generali l'Oratorio festivo deve recare con sè la
nota della varietà che attira e lega i giovani; ora questa nota la
deve porre il Direttore, ma la deve rendere sensibile a mezzo dei
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suoi aiutanti. In questo sta tutto il segreto della prosperità del-
l'Oratorio.
Quando un Direttore non saprà più con sante industrie vestire
a festa tutte le domeniche il suo Oratorio, o quando, pur
avendo belle iniziative, non le sa comunicare ai suoi dipendenti
se non a scatti e solo nell'opera dell'esecuzione, allora l'Oratorio
diverrà una piccola Babele ed i giovani cominceranno a stancarsi
e a non più frequentarlo.
9. « ... L'Oratorio festivo è in te ... ».
Don Rua diceva un giorno ad un Salesiano che inviava ad
aprire un Oratorio festivo: « Colà non v'è nulla, neppure il ter-
reno e il locale per radunare i giovani, ma l'Oratorio festivo è in
te: se sei vero figlio di D. Bosco, troverai bene dove poterlo pian-
tare e far crescere in albero magnifico e ricco di bei frutti ». E
così fu, perchè in pochi mesi sorgeva bello e spazioso l'Oratorio,
gremito da centinaia di giovani, i più grandi dei quali erano dive-
nuti in breve gli apostoli dei più piccoli ( 1 ).
Certo l'Oratorio ha bisogno di personale e di soccorsi, ma non
ne sono essi i principali fattori. Datemi un Direttore ripieno dello
spirito del nostro Venerabile Padre, assetato di anime, ricco di
buona volontà, ardente di affetto e di interessamento per i giovani,
e l'Oratorio fiorirà a meraviglia anche mancando di molte cose.
Lo stesso D. Rua dopo aver accennato ai molteplici e salu-
tari frutti che si erano ottenuti in più Oratori, continua: « Ma
voi potreste credere che si possono contare sì liete cose solamente
di quegli Oratori che possiedono un locale adatto, cioè una cap-
pella conveniente, un vasto cortile, un teatrino, attrezzi di ginna-
stica e giuochi numerosi ed attraenti.
» Certamente son questi mezzi efficacissimi per attirare nume-
( 1) Trovai, non è molto, un Oratorio diretto da un sacerdote secolare,
intitolato dal nostro Savio Domenico, frequentato da circa 300 giovani, privo
tuttora di cortile. Le industrie del Direttore suppliscono a tali mancanze.
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rosi giovanetti agli Oratori, e perchè i buoni princ1p11 seminati
nei loro cuori, mettano profondi radici: tuttavia debbo dirvi con
la più viva gioia che in più luoghi lo zelo dei confratelli ha sup-
plito alla mancanza di questi mezzi. Si cominciarono degli Ora-
tori in quel modo stesso che cominciò D. Bosco al Rifugio: una
scuola od una misera sala che servisse di cappella, mentre piccolo
spazio di terreno senza riparo serviva di cortile e a tutti sembrava
affatto impossibile continuare. Eppure i giovanetti, allettati dalle
belle maniere dei Salesiani, accorsero numerosi.
» L'interessamento che loro si mostrava, strappò loro dalle
labbra queste parole: altrove noi troveremmo vaste sale, ampii cor-
tili, bei giardini, giuochi d'ogni fatta: ma noi amiamo meglio venir
qui ove non c'è niente, perchè sappiamo che ci si vuol bene ».
È proprio così: l'affetto sincero del Direttore e dei suoi coa-
diutori supplisce a molte cose. Non crediamo di aver fatto l'Ora-
torio secondo lo voleva D. Bosco quando abbiamo messo su un
ricreatorio ove si son raccolti qualche centinaio di giovani.
10. La vera vita dell'Oratorio.
Per quanto si abbia a desiderare che l'Oratorio sia abbondan-
temente fornito di ogni sorta di comodità e di divertimenti al
fine di accrescere il numero degli allievi, pure tutto questo non
deve mai essere disgiunto dalle più industriose sollecitudini per
renderli buoni e ben fondati nella religione e nella virtù.
Non si creda che nel predicare basti dir loro quanto si pre-
senta alla vostra mente; siano preparate le istruzioni, le spiega-
zioni del Vangelo, perfino i catechismi; dite loro cose adattate ai
loro bisogni e nel modo più interessante che per voi si possa, per
la santificazione individuale e per la restaurazione di tutte le cose
in Cristo Gesù.
Quando un Direttore di Oratorio festivo avrà raggiunto questo
risultato che ogni domenica vi sia un certo numero di Comunioni,
può star certo che al suo Oratorio non avrà più soltanto dei ragaz-
zetti, ma giovanotti affezionatissimi che saranno il nerbo delle
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Compagnie e dei Circoli e di tutte quelle opere di perfezionamento
che devono abbellire l'Oratorio come i frutti la pianta e dei quali
si parla diffusamente nella Relazione sugli Oratorii festivi e le
scuole di Religione; relazione che spero ciascun Direttore avrà ri-
cevuto e che rileggerà di quando in quando. Ad essa quindi vi
rimetto per non dilungarmi soverchiamente in questa lettera,
anzi vorrei che fosse presa a tema delle discussioni nelle vostre
adunanze.
Se lo studio e l'esperienza vi suggeriranno qualche pratica mo-
dificazione o aggiunta vogliatemi informare. In tale relazione po-
trete trovare un vasto repertorio di quanto si può fare per affezio-
nare gli adulti all'Oratorio. Non dimenticate però che tutte quelle
opere hanno solo ragione di mezzo per raggiungere la vitalità del-
l'Oratorio, mentre la Comunione è la vita stessa.
Gli Ispettori incoraggino sempre gli Oratorii, nelle loro visite
s'interessino in modo particolare di questo punto capitale, e non
risparmino fatica per inculcarne l'attuazione. E questo potranno
fare con più facilità se, come lodevolmente e con molto pro-
fitto s'è già fatto nell'Ispettoria Subalpina, raduneranno di
quando in quando a speciale convegno i Direttori e gli incaricati
degli Oratori festivi per uno scambio di idee.
11. Sempre avanti!
Queste le cose principali su cui desideravo richiamare la vostra
attenzione, o carissimi Confratelli, intorno agli Oratorì festivi per
i quali, da qualche anno ( ed è con grande gioia del mio cuore che
l'ho constatato), v'è un risveglio santo.
Continuiamo con crescente entusiasmo in quest'opera salutare.
Io vi aiuterò sempre in tutto quello che posso: ma non arre-
stiamoci di fronte alle difficoltà: piuttosto facciamo nostro il
grido dell'Apostolo delle Indie, S. Francesco Saverio, il quale ad
ogni nuova conquista, andava ripetendo: plus ultra, Domine!
Il Barone Manno, due anni or sono, per sintetizzare tutta la
meravigliosa attività di D. Bosco che mai diceva basta, ebbe un
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richiamo classico e disse: Nil actum reputans, si quid superes-
set agendum. Anche noi non crediamo d'aver fatto alcunchè, fino
a tanto che ci resti a fare qualche cosa per il perfezionamento pro-
gressivo dell'Oratorio festivo.
Il lavoro che ci resta a fare è grande ancora, e però prepa-
riamo per il primo Centenario della nascita del Venerabile Pa-
dre, un risveglio di intensa attività negli Oratorii festivi per ritor-
narli, ove mai occorresse, alla loro vera finalità santificatrice, ecci-
tando in ciascuno di noi il desiderio vivo di lavorare in essi e di
farli fiorire in ogni opera buona e salutare. Sarà questo il più
bel monumento che possiamo innalzare a Don Bosco per quella
data memoranda e cara.
12. Le nostre Missioni nella mente paterna.
L'Oratorio festivo nella mente del Venerabile Padre doveva
essere il cuore e la vita della sua Congregazione, e noi che ne
siamo le membra non lavoreremo mai troppo in questo vastis-
simo campo dell'azione salesiana.
Però la sua mente divinatrice contemplava contemporaneamen-
te un altro campo vasto sì, ma più incolto; ancorchè non meno fe-
race ed ubertoso di fiori e frutti soavi. Le Missioni tra i popoli sel-
vaggi furono mai sempre l'aspirazione più ardente del cuore di D.
Bosco, nè temo errare dicendo che Maria SS . Ausiliatrice fino dalle
prime sue materne manifestazioni gliene aveva concessa, giova-
netto ancora, una chiara intuizione.
Con lui quindi crebbero le visioni di più popoli lontani lon-
tani che egli doveva condurre al Signore, e man mano che l'Opera
sua andava prendendo forma e vita, pareva che anche le Missioni
divenissero nel suo pensiero consolante realtà.
Egli ne parlava continuamente a noi suoi primi figli, che pieni
di meraviglia ci sentivamo trasportati da santo entusiasmo; descri-
veva, con la chiara precisione dell'esploratore, regioni lontane,
immense foreste dalla flora e fauna misteriose, fiumi maestosi,
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tribù bellicose... e poi paesi e città nuove, sorgenti come per in-
canto là dove prima regnava la solitudine e la morte...
Attorno al letto di un suo caro giovanetto, Giovanni Cagliero,
moribondo, vede i Patagoni che attendono da lui la redenzione ed
egli gli predice la guarigione e gli apre in parte i futuri suoi
destini .
13. La prima Missione Salesiana.
Le Missioni erano l'argomento prediletto dei suoi discorsi,
e sapeva infondere nei cuori tale un vivo desiderio di diventar
Missionari che sembravaci la cosa più naturale del mondo. E quan-
do il Console della Repubblica Argentina a Savona, meravigliato di
quanto vedeva all'Oratorio, lo richiese di una simile istituzione
per la provincia di Buenos Aires, egli accettò subito il disegno di
far udire la parola divina fino in Patagonia e nella Terra del
Fuoco.
Questo pensiero, umanamente parlando, sapeva di temerità
grande, perchè i Missionari che avevano tentato prima di penetrare
in quelle vaste regioni quasi inesplorate erano stati barbaramente
trucidati. Tuttavia per D . Bosco il secondo fine della sua Congrega-
zione doveva essere le Missioni e nulla lo rattenne dall'abbrac-
ciarlo in tutta la sua estensione.
Approvato ed incoraggiato altamente il suo progetto da Sua
Santità Pio IX, D. Bosco preparò la prima spedizione di alcuni
suoi figli, sotto la guida di D. Giovanni Cagliero, per 1'11 no-
vembre 1875. Egli si privò dei suoi migliori soggetti; si sottopose
a privazioni d'ogni fatta per preparare tutto l'occorente; ne trac-
ciò colla più grande minutezza l'itinerario, e provvide alle minime
occorrenze, anche materiali, di quel lungo viaggio.
Chi può ridire le cure e le sollecitudini di Don Bosco per que-
sta prima spedizione che doveva tosto essere seguita da numero-
sissime altre, apportatrici sempre di un numero maggiore di gene-
rosi apostoli in mezzo alle tribù selvagge? Chi la contentezza del
cuor suo quando li seppe giunti a destinazione sul suolo ameri-
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cano? Chi il giubilo di lui quando vide i suoi figli penetrare le Pam-
pas e la Patagonia e spingersi intrepidi attraverso la Terra del Fuo-
co fino all'estrema punta australe dello stretto di Magellano?
E quando vide la Patagonia Settentrionale eretta in Vicariato
Apostolico con la consacrazione Episcopale del primo dei Vescovi
suoi che egli portava in petto, e quando la Patagonia Meridionale
e Terra del Fuoco in Prefettura Apostolica, e quando alcuni
di quei poveri selvaggi convertiti si prostrarono dinanzi a lui per
attestargli la loro gratitudine, provò tali dolcezze che nessuno mai
potrà ridire quaggiù, e che lo consolarono abbondantemente di
tutte le pene sofferte!
14. Il diploma dell'Apostolato.
La sua Congregazione aveva conseguito brillantemente con un
esperimento rapido e decisivo, il diploma dell'Apostolato fra
le genti, e poteva ripetere le parole stesse del Salvatore: evangeli-
zare pauperibus misit me... sanare contritos corde.
D'allora in poi le Missioni furono il cuore del cuor suo e
parve vivesse più soltanto per esse. Non già che trascurasse le
numerose altre opere, ma la preferenza era ai poveri Patàgoni e
Fueghini. Ne parlava con tanto entusiasmo che si restava mera-
vigliati e fortemente edificati dell'ardore suo accesissimo per le
arume.
Pareva che ogni palpito del suo cuore ripetesse: Da mihi ani-
masi Al fascino della sua voce parlante delle Missioni si susci-
tavano nel cuore dei figli istantanee prodigiose vocazioni all'Apo-
stolato, ed i benefattori non potevano non cooperare efficace-
mente con generose oblazioni per quest'Opera qual'è la salvezza
delle anime: Divinorum divinissimum est cooperari in salutem
animarum, come disse l'Areopagita.
E il Signore benedisse copiosamente questa sua ardente sete
d'anime con donare, mercè la sua prece, ai figli suoi vaste e nume-
rose Missioni che fiorirono in breve in frutti di santità e civiltà.
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14.7 Page 137

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Nella v1s1ta alle Case e Missioni di America, compiuta dieci
anni fa, ho potuto toccar con mano la realtà di quanto dico. Dopo
le Missioni della Patagonia e Terra del Fuoco vennero quelle fra
i Bororos del Mato Grosso in Brasile, poi quelle fra gli Jivaros
nell'Equatore Orientale ed ultimamente le nuove immense Mis-
sioni delle Indie e della Cina.
15. Siate tutti Missionari!. ..
Questo è il campo estesissimo in cui la nostra Congregazione
deve far discendere, insieme col sangue redentore di Gesù Cristo,
i sudori delle fatiche apostoliche, e, se occorre, come è già avvenuto
nella Patagonia, anche il sangue dei suoi figli.
Non vi sarà difficile perciò, o carissimi Confratelli, compren-
dere il grave peso che incombe al vostro Rettor Maggiore per
provvedere di personale sicuro e zelante, e di mezzi materiali que-
ste Missioni. Anzi i bisogni così di personale come di mezzi, si
fanno sempre più sensibili, ed io sento la necessità di far appello
al cuor vostro, o buoni confratelli, per aiuto.
Sì, vogliate ancor voi dividere con me un tanto peso, pren-
dendo grandemente a cuore le nostre Missioni, primieramente colla
preghiera e poi con l'opera. La preghiera che è la potenza di Dio
nelle mani nostre, salga incessantemente ad impetrare la grazia della
vocazione all'Apostolato sopra di noi e sopra i giovani affidati
alle nostre cure. Preghiamo con intensità di fede e di affetto per
questo fine interponendo la mediazione potentissima della nostra
cara Madonna e del Venerabile Padre.
Ma la preghiera non basta, conviene unire anche l'opera. Que-
sta può essere anzitutto personale con farvi uno studio particolare
di arricchirvi delle virtù del Missionario, che debbono essere una
pietà profonda ed un grande spirito di sacrificio per tutta la vita
e non solo per alcuni anni.
Il nemico delle anime pare abbia trovato modo d'impedire il
frutto dell'Apostolato con porre nel cuore di alcuni dei chiamati
per le Missioni mille difficoltà e più ancora di presentare le Mis-
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14.8 Page 138

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sioni stesse sotto l'aspetto di un viaggio scientifico e di piacere op-
pure solo di una prova: se riesce, bene, diversamente si torna
indietro... Fatale illusione che inaridisce nella sua sorgente l'Apo-
stolato e crea una moltitudine di mercenari d'anime! Quando in
un cuore s'è accesa la fiamma dell'Apostolato, non dovrebbe più
estinguersi.
L'opera vostra poi si estenda agli altri, sia parlando sempre con
entusiasmo delle nostre Missioni evitando di ripetere: si può essere
Missionari dappertutto ( perchè ciò è assolutamente falso per i
chiamati all'Apostolato fra gli infedeli) , sia descrivendo la bellezza
di quest'Apostolato ai giovani dei nostri Oratorii, sia economiz-
zando a fine di porre da parte qualche cosa per le Missioni o rac-
cogliendo il tenue obolo dei nostri giovani o l'offerta generosa
dei Cooperatori.
Molte case si lamentano di non trovare più offerte: la vera
cagione forse non istà nella mancanza di benefattori, ma nell'a-
ver voluto convergere tutte le elemosine ai bisogni locali, senza
più preoccuparsi delle Missioni. Ci pensino un po' quei Direttori
che si trovano in questa condizione, e vi riparino con rianimare
nei loro benefattori la volontà di venir in aiuto anche alle nostre
Missioni che costituiscono la maggior gloria della nostra Con-
gregazione.
Sì, lavorate, o buoni confratelli, con questi ed altri mezzi a
favore delle nostre Missioni, ma il vostro lavoro miri sopratutto
a suscitare in mezzo ai giovani affidati alle nostre cure numerose,
sincere e salde vocazioni.
16. La questione vitale per noi.
Le vocazione allo stato ecclesiastico costituiscono il terzo
fine prefisso da D. Bosco all'opera sua: anzi l'Oratorio festivo e
le Missioni, senza quelle, sono destinati inesorabilmente a deca-
dere. Lo sviluppo degli Oratorii festivi e delle Missioni è in pro-
porzione delle vocazioni coltivate, e queste, per mirabile intreccio
di cose, hanno la loro naturale sorgente negli Oratorii e negli
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14.9 Page 139

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Istituti della Congregazione. Spetta a noi di raccoglierle e colti-
varle fìno a maturità.
La coltura delle vocazioni è per noi questione vitale, nè oc-
corre ricordare le sollecitudini e gli esempi di D. Bosco, di D . Rua
e di tanti altri cari Confratelli, per persuadercene. Chi di voi non
ha impresso nella mente le meravigliose industrie del Venerabile
Padre per suscitare e coltivare nei suoi giovani la vocazione
ecclesiastica e religiosa?
Quanti ancora tra di noi possono ripetere , glorificando l'a-
zione portentosa di D. Bosco: « Se io sono religioso, sacerdote,
missionario, lo debbo unicamente a lui, che con mano esperta ha
saputo sviluppare dentro di me la divina semenza e condurla a
maturità! ».
Tutta la vita di D . Bosco fu una prudente, ma premurosa,
instancabile sollecitudine per le vocazioni ecclesiastiche e ne prov-
vide in abbondanza a molte diocesi che ne difettavano, e poi
alla nostra amata Società, e ben potrebbe essere appellato l' apo-
stolo per eccellenza delle vocazioni!
Parimenti D. Rua, che non fece, che non disse per esse!
Leggete tutte le sue lettere circolari, e le troverete ripiene di docu-
menti altissimi per la coltura delle vocazioni; sui mezzi di svilup-
parle; su la cura che se ne deve avere; su la necessità d'imitare
Don Bosco in questo ; su l'obbligo di coltivarle fra gli artigiani,
tra i famigli e sopratutto negli Oratori festivi, ecc. Si direbbe che
egli non poteva scrivere ai suoi figli senza parlare delle vocazioni
ecclesiastiche.
17. Mirabile fioritura di vocazioni...
La questione delle vocazioni è vitale per la nostra Congrega-
zione; di qui lo zelo di questi nostri grandi Padri e di tanti altri
nostri desideratissimi Confratelli per suscitarne il maggior numero
pc.ssibile .
Come era consolante gli ultimi anni della vita del Venerabile
Padre vedere riempirsi i noviziati di anime giovanili anelanti alla
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14.10 Page 140

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perfezione religiosa e all'apostolato salesiano! Provenivano da
quasi tutti i nostri Collegi ed Oratorii i cui Direttori avevano
un'unica ambizione, quella di poter regalare ogni anno all'amata
Congregazione, non uno, ma più fiori viventi, colti proprio nel
giardino affidato alle loro cure.
E cosi si continuò ancora per lunga serie d'anni sotto il governo
di D. Rua. Ma pur troppo Egli, mentre più sentiva la necessità di
nuovi soggetti per il sostentamento delle numerose case che la Prov-
videnza man mano ci affidava, doveva constatare con sommo ram-
marico del suo cuore, che le vocazioni andavano diminuendo sen-
sibilmente, e che anzi pareva come molti direttori non se ne inte-
ressassero neppur più, col pretesto delle difficoltà dei tempi e della
tendenza quasi universale nelle famiglie di avviare alle arti e me-
stieri o al commercio i loro figli.
Si cominciò a gridare che gli studi classici presso di noi for-
mavano degli spostati, che era necessario appigliarsi alle scuole
tecniche se si volevano aver pieni i collegi, che insomma i nostri
collegi non erano piccoli seminari, che dovevasi mirare sopra-
tutto al buon esito degli studi, e cosi si dimenticò in più case
che D. Bosco le voleva semenzai di vocazioni per le Diocesi e
per le Congregazioni religiose.
Secondo lui ogni Direttore doveva essere essenzialmente cul-
tore solerte ed efficace di vocazioni, nè altrimenti la pensò sempre
il compianto D. Rua, il quale ad ogni Direttore che si recava per
qualche cosa da lui, chiedeva infallibilmente se stesse preparando
buon numero di vocazioni. E tanto era insistente su questo punto
che fu sentito taluno dire quasi in tono di rimprovero: « Ma il
sig. D. Rua vorrebbe che noi mandassimo al noviziato o per lo
meno nei seminari tutti i nostri giovani! ».
Oh! fortunato quel Direttore che riuscisse a tanto! Poichè se
dall'una parte è vero che ogni vocazione viene da Dio, dall'altro
lato non è men vero che Dio dà questa grazia ad un grande nu-
mero di giovani, ma che molti la trasandano poi per mancanza di
chi la coltivi in essi.
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18. Vocazioni perdute per mancanza di coltura.
Sì, miei buoni Confratelli, permettete lo dica con tutta schiet-
tezza: io ho la persuasione che da non pochi Salesiani al presente
si lascia perdere ogni anno più di una vocazione. Spesso prendo
in mano il catalogo della nostra Congregazione, rileggo i rendi-
conti, confronto con il passato, e un senso di mestizia mi sor-
prende nel constatare che varii Collegi ed Ospizi i quali una
volta davano abbondanti ed ottime vocazioni, ora ne dànno pochis-
sime o nessuna.
Non mi nascondo le difficoltà dei tempi, ma parmi che, se
tutti fossimo accesi da quel sacro fuoco di carità per le anime che
ardeva in petto al Venerabile Padre, sapremmo trovare nel cuor
nostro tali sante industrie da superarle o almeno renderle meno
sensibili.
Per raggiungere questo fine, non vi passi mai di mente, o caris-
simi, che D. Bosco ci ha ordinato di coltivare le scienze umane
solo per aver diritto d'insegnare la scienza divina la quale forma i
veri cristiani, e soprattutto per suscitare, cooperando all'opera di
Dio stesso, numerose vocazioni nell'immenso campo giovanile
destinato alle nostre cure.
È vero, ripeto, che Dio solo è l'autore delle vocazioni, ma non
dimentichiamo che Egli vuole servirsi della nostra cooperazione
per farle germogliare e fruttificare. In ogni vocazione v'è la parte
di Dio e la parte dell'uomo. Ogni chiamata alla vita religiosa e
all'apostolato ha la sua naturale feconda sorgente nel cuore di Dio.
E Dio, perchè ama la Chiesa, perchè ama gli Istituti religiosi
che lo servono fedelmente, perchè ama le anime e vuole salvarle,
incessantemente e a piene mani getta i germi della vocazione nel
cuore dei suoi figli.
19. Bisogna coltivare le vocazioni.
Ma, come la messe dei campi viene a maturità per la unione
delle fatiche dell'uomo e delle benedizioni del Cielo, così le voca-
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zioni non si sviluppano senza l'opera nostra. Quindi dobbiamo lavo-
rare in esse come se la loro riuscita dipendesse solo da noi
senza però mai perdere di vista che ogni bene viene da Dio.
Posti questi principii ( che ciascuno meglio potrà approfondire
nella meditazione assidua della grandezza della propria vocazione)
non mi pare inutile accennare per sommi capi ad alcuni mezzi indi-
spensabili e pratici per sviluppare il germe della vocazione sacer-
dotale o religiosa deposta dal Signore in tante anime che si affì-
dano a noi.
Nei fanciulli che la Provvidenza manda ai nostri Oratorii,
Ospizi e Collegi, dovete anzitutto, o carissimi Confratelli, combat-
tere quei difetti che costituiscono l'ostacolo principale alla pro-
duzione delle vocazioni sacerdotali o religiose, e cioè ( per nomi-
narne alcuni) la corruzione precoce, l'indebolimento dello spirito
cristiano, l'ammollimento del carattere e la mondanità: ostacoli
che da noi si vincono facilmente ed insensibilmente mediante
l'applicazione costante del sistema preventivo in cui D. Bosco
volle fondata tutta l'educazione salesiana.
Ma questo lavorio di eliminazione è puramente negativo, e per
sè non varrebbe nulla al fine proposto, se contemporaneamente
non sviluppaste in essi tutti i lati, tutte le tendenze, tutti i gusti,
soprannaturali od anche solo naturali, che possono eccitarli e atti-
rarli al sacerdozio o alla vita religiosa.
20. Le attrattive divine.
Il Signore poi si serve di questa o quell'attrattiva da noi fatta
brillare in quei vergini cuori per invitarli al suo servizio. Quando
un giovinetto dirà di aver sentito la divina chiamata, se cercherete
saper da lui in qual modo o per quale via abbia sentito la voce di
Dio, toccherete con mano che la vocazione gli è entrata preci-
samente per una delle porte che gli avete aperte con sviluppare
le inclinazioni migliori dell'animo suo.
L'uno, natura elevata, nobile, non saprà dir altro che: « è cosa
cosi grande e bella l'esser prete! » Un altro invece, pieno di
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compassione e carità risponderà: « Perchè voglio farmi prete?
Perchè i preti fanno del bene ai poveri ed io desidero fare altret-
tanto! ». Un terzo , e questo sarà il caso più frequente , anima pia,
amante di Gesù, considererà sott'altra forma i suoi desideri, mani-
festando la veemenza del suo affetto che lo spinge ad unirsi sempre
più a Lui.
Permettete, o carissimi, che qui ricordi un prezioso fatterello
accaduto pochi anni fa ad un santo educatore. Interrogava egli
un fanciullo sui dodici anni intorno al modo che teneva nell'ascol-
tare la santa Messa. Pervenuto coll'esame alla consecrazione, gli
chiese, che fai? Il fanciullo si china verso il padre dell'anima
sua, e, timido, commosso, ma deciso di profittare di quell'occasione
per rivelare una santa ambizione che accarezzava da alcuni mesi in
fondo al cuore, senza avere osato di farla conoscere: « Arrivato
a questo punto, rispose, quando vedo il sacerdote tener Gesù
nelle sue mani, io prego Gesù che mi conceda un giorno la stessa
felicità! ».
Qual deiiziosa rivelazione in questa semplice risposta! Quando
il terreno è ben preparato allora la semenza divina comincia a met-
tere i primi germogli!
E noi, se siamo fedeli al metodo preventivo insegnatoci dal
Venerabile Padre, troveremo sempre nei nostri istituti un terreno
così ben disposto e ricco di vocazioni. Come va dunque che sono
poche quelle che crescono a maturità?
Non sarà forse perchè non sono coltivate con ogni cura, la
prima delle quali si è di inspirarne il desiderio, sia descrivendo in
modo adatto alle loro intelligenze la sublimità della vocazione
ecclesiastica, sia facendone rilevare gli effetti mirabili e le consola-
zioni?
21. Parlare della vita religiosa...
S. Tommaso dichiara espressamente che quelli i quali ecci-
tano gli altri a entrare in religione, non solo non peccano, ma
meritano una grande ricompensa ( Summ. Theol., II, quaest. 189
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a. 9), purchè non usmo nè violenza, nè simonia, nè frode.
« Buona cosa, scrive il dottissimo Suarez, è indurre uno al
bene ». E più avanti: « Bisogna aiutare chi ha ricevuto una prima
mozione dello Spirito Santo, sia perchè resti saldo nella sua pia
risoluzione, sia perchè almeno non resista allo Spirito Santo, ma
piuttosto con preghiere e buone opere si ponga in istato di rice-
vere dallo stesso Spirito mozioni più efficaci. Che se non s'è fatta
ancor sentire la prima chiamata dello Spirito Santo, non conviene,
eccetto in casi specialissimi e rari, spingere direttamente ad abbrac-
ciare lo stato religioso. Tuttavia è cosa ottima eccitare e muovere
al timor di Dio, alla fuga delle occasioni del peccato, e nello
stesso tempo proporre i vantaggi e l'eccellenza dello stato reli-
gioso». (ED. V1vEs, de statu perfect. et relig. libr. V, cap. VIII,
par. 10 ).
Uno dei più grandi servizi, dice a sua volta il P. Surin, che
si possa rendere ai giovani, si è di aiutarli nella scelta che devono
fare di uno stato di vita. Siccome d'ordinario è a questa età che
Dio fa conoscere agli uomini la sua volontà sopra i diversi stati
che possono abbracciare, e siccome la maggior parte non sanno
ciò che sia la professione religiosa, importa assai far loro conoscere
i vantaggi e la sicurezza che vi si trova, acciocchè, se piacerà a
Dio chiamarli, abbiano di che difendersi contro l'amore del mondo,
dei piaceri e delle grandezze della terra, che impediscono ad una
infinità di persone di seguire la vocazione di Dio ».
22. Ispirarne il desiderio...
Ispirare in un animo il desiderio del sacerdozio e della vita
religiosa è dunque ottima cosa, purchè questo desiderio sia rivestito
di tutte le qualità e accompagnato da tutte le attitudini proprie
d'una vera vocazione. Sono fanciulli ( scrive l'abate Guibert nella
sua eccellente opera la Culture des vocations) che Dio chiama,
e non lo sospettano neppure; la dissipazione, l'irriflessione, forse
anche le mancanze, li distolgono dal prestare orecchio a questa
voce interiore...
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In moltissime circostanze il Maestro deve prevenire queste
anime. Egli, con discrete insinuazioni, deve chiamare la loro atten-
zione sopra i movimenti incompresi del loro spirito, sopra le
aspirazioni reali, ma incoscienti del loro cuore...
Quanti, divenuti adulti, ebbero a confessare: « Se nella mia
giovinezza mi fosse stata facilitata l'apertura dell'anima mia, se
mi avessero parlato di vocazione, ben di cuore mi sarei fatto
prete o religioso ». Usiamo adunque tutta la delicatezza e serietà
che merita tal materia, ma evitiamo anche l'eccesso opposto di la-
sciare perdere, per soverchia prudenza, eccellenti vocazioni...
Ecco un fanciullo che si distingue fra i suoi compagni; li su-
pera per intelligenza e pietà; è docile ai vostri ordini, è coraggioso
al dovere; la sua condotta è esemplare e nella limpidezza del
suo sguardo voi vedete risplendere la purezza dell'anima sua.
S'egli lo volesse, se sentisse la chiamata di Dio, con qual gioia ne
fareste un vostro figlio adottivo e gli confidereste la sublime ere-
dità della vostra Missione... Ma nulla lascia intravedere che egli
pensi a partecipare alle vostre fatiche ... Resterete muti dinanzi a
lui? Lo lascierete partire da voi, senza che la grazia, per mezzo
vostro, l'abbia sollecitato all'apostolato?
No, voi gli parlerete, l'interrogherete sui suoi progetti d'av-
venire... gli esporrete le gioie e la sicurezza d'una vita di sacrifizio,
la gloria e l'estensione sociale della missione d'un sacerdote e d'un
educatore. Poi pregherete perchè germogli, se a Dio piaccia, il
buon grano gettato nell'anima sua. Parlare cosi non è già violentare
un fanciullo, ma solo renderlo attento: se Dio lo chiama egli sen-
tirà la sua voce.
« Io che scrivo queste righe, cosi S. Agostino in una lettera
ad Ilario, ho provato un amore veemente per questa perfezione
di cui parlò il Signore quando disse al giovinetto ricco: va, vendi
tutto quello che hai, dàllo ai poveri ed avrai un tesoro in cielo e
poi vieni e seguimi. Ed io, non con le mie proprie forze, ma aiu-
tato dalla grazia dello stesso Signore, ho agito com'Egli aveva
detto... E con tutto il mio potere e con tutte le mie forze esorto
gli altri a prendere la stessa determinazione; e, nel nome del Si-
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gnore, ho, nella vita che meno, molti compagni ai quali inspirai
questa risoluzione col mio Ministero ».
23. I mezzi più efficaci...
Alla luce di questi principii ed esempii è facile comprendere
come la più parte delle vocazioni dipendono proprio da noi fìn
nel loro primissimo inizio; e quanto urga continuare le sante solle-
citudini di D. Bosco e di D. Rua e di tanti altri cari confratelli
per le vocazioni.
« Don Bosco, così nella lettera circolare N. 23 di D. Rua, ci
assicurava che il Signore manda sempre nei nostri collegi molti i
quali hanno il germe della vocazione; e, se questi germi non frut-
tificano, è segno che non vengono coltivati come si deve ».
Perciò i soci d'ogni casa abbiano in cima ai loro pensieri e alle
loro aspirazioni la buona e perseverante volontà di creare attorno a
sè un ambiente favorevole alla produzione delle vocazioni, sia
con esortazioni o letture pubbliche, sia con la buona parola detta
a tempo opportuno a questo o a quell'altro giovine e sia sopra-
tutto con la bontà della vita e con lo splendore della virtù.
« La vita esemplare ( è scritto nelle Deliberazioni, formulate
ancora sotto la direzione di D. Bosco stesso), pia, esatta dei Sale-
siani, la carità fra di loro, le belle maniere e la dolcezza cogli
alunni, sono mezzi efficaci per coltivare le vocazioni allo stato eccle-
siastico ».
I Direttori perciò nelle adunanze capitolari e nelle conferenze
bimensuali trattino spesso quest'argomento e attingendo alla mi-
niera delle lettere circolari di D . Rua procurino di studiare insieme
coi loro confratelli i mezzi più convenienti all'indole della Casa
o dell'Oratorio per raggiungere lo scopo. Ma tutti i mezzi escogi-
tati varranno ben poco, se non sarà osservata con ogni esattezza
la vita salesiana quale D. Bosco la voleva.
Nessuno quindi lasci le pratiche prescritte dalla Regola, non i
rendiconti, non la regolarità d'orario per tutti nelle cose comuni;
vi sia in tutto grande carità nei modi e non animosità o parzialità;
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non impazienza o collera nell'avvisare e riprendere, ma sempre
reciproca fraterna carità.
Allora ogni casa sarà veramente un centro da cui parte un
grande bene, un focolare che emana luce e calore, e continuerà
non solo a salvare a migliaia le anime che verranno alla sua ombra,
ma a produrre ogni anno nuovi apostoli atti ad iniziare altri foco-
lari di luce e calore dove c'è maggior bisogno. Cosl continuerà
benefica e salutare l'opera del Venerabile Padre in mezzo al mondo
e alla società.
24. Il più bel monumento a D. Bosco.
Ma è tempo che ponga fine a questa mia, e lo faccio invi-
tandovi tutti, o buoni confratelli, ad erigere a D. Bosco per il
1915 il monumento più gradito al cuor suo. Mentre gli artisti
si sforzeranno di glorificarlo con l'arte che rese immortale Michelan-
gelo; mentre gli antichi Allievi, ricordando i suoi insegnamenti,
cercano di mostrarsi riconoscenti con raccogliere l'obolo della loro
gratitudine; mentre i nostri buoni Cooperatori e pie Cooperatrici
intensificano la loro cooperazione, mentre la Chiesa lavora per
inalzarlo all'onore degli altari; noi figli del suo cuore, testimo-
niamogli in modo sensibile il nostro affetto, lavorando con assi-
duità e concordia a preparare per l'alba dell'agosto del 1915 nume-
rose e sode vocazioni religiose alla nostra Pia Società. Sarà questo il
monumento più bello che i figli possono inalzare alla memoria del
Padre, perchè in esso vi sarà il segreto della perennità dell'Opera
sua.
Ed ora, o carissimi, cerchiamo di accendere i nostri cuori di
un po' più di ardore e di quella carità che avvampava nel Cuore di
Gesù, e fare quanto Egli ci raccomandò: Rogate Dominum messis,
ut mittat operarios. Ma bisogna ritenere che Gesù non voleva una
preghiera sterile, come di colui che prega e intanto non fa quello
ch'è in sè per ottenere l'effetto della preghiera: il Signore vuole
che con la preghiera operiamo e li cerchiamo questi operai, e li
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aiutiamo e li coltiviamo. Se il Signore ci pone tanta messe tra
mano, è segno che prepara e vuol darceli gli operai; ma questo
importa pure che noi coltiviamo sempre con diligenza e amore
le vocazioni.
La grazia di N. S. G . C. sia con voi tutti e con i giovani alle
vostre cure affidati. Voi poi pregate affinchè questa s'accresca sem-
pre nel
Vostro aff.mo in C. ].
Sac. PAOLO ALBERA.
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Xl
Sull'ubbidienza
1. L'attuale spirito di indipendenza. - 2. Il voto d'ubbidienza. - 3. « Fa-
ctus obediens usque ad mortem ». - 4. Le tre unioni. - 5. « Qui vos
audit, me audit... ». - 6. ... Due misteri. - 7. « Subditi estote... propter
conscientiam ». - 8. I figli di ubbidienza. - 9. Il voto più eccellente.
- 10. ... Con gaudio e non fra gemiti e sospiri. - 11. L'esempio del
nostro Ven. Padre. - 12. I disubbidienti. - 13. Sacrifizio della volontà.
- 14. Sacrifizio dell'intelletto. - 15. Pretesti per non assogge ttarsi. -
16. Prontezza nell'ubbidire. - 17. « Non ex tristitia et necessitate». -
18. « Nulla domandare, nulla rifiutare». - -19. Speranze e voti.
Figliuoli Carissimi in G. C.,
Torino, 31 gennaio 1914.
Innumerevoli furono le sante industrie adoperate dal non mai
abbastanza compianto Sig. D . Rua affine di far sempre meglio pro-
gredire nella perfezione i suoi figliuoli spirituali. Fra le altre vi fu
pur quella d'inviare loro qualcuna delle auree sue circolari con
la data del 31 gennaio. Quel giorno memorando che ricordava a
tutta la famiglia salesiana il suo gran lutto, pareva da un lato
ispirasse a lui che scriveva delicatissimi sentimenti, gli avvisi più
opportuni e le più calde esortazioni a conservare nella sua inte-
rezza lo spirito del Venerabile Fondatore; e dall'altro lato quello
stesso indimenticabile anniversario sembrava disporre gli amm1
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dei Salesiani ad ascoltare con più intenso affetto e con l'attenzione
più viva la dolce parola del Padre e a sentirne tutta l'unzione ed
efficacia.
Parve anche a me ottima cosa seguire l'esempio dello zelan-
tissimo nostro Rettor Maggiore defunto; ed ecco perchè la povera
circolare che intendo inviarvi, porta in fronte la data di quel
giorno in cui Don Bosco cessò d'essere il Superiore della Pia
Società Salesiana in terra per diventarne il potente protettore in
cielo .
Giova sperare che egli illuminerà la mia mente, detterà alla
mia penna qualcuno di quei medesimi pensieri che avrebbe scritto
egli stesso, se fosse ancor in vita, e renderà queste pagine feconde ,
almeno in parte, di quei consolantissimi frutti che produssero le
belle circolari del suo primo Successore.
1. L'attuale spirito di indipendenza.
Penso di esporvi alcuni pensieri sull'ubbidienza. Voi facil-
mente comprendete le ragioni che m'inducono a trattare questo
argomento. Anche voi avete potuto accorgervi che nell'attuale
società regna un'irresistibile avversione per tutto quello che sa di
autorità e di comando.
Si direbbe che gli uomini di oggigiorno sentano nel sangue
una quarta concupiscenza cioè una brama sfrenata di scuotere il
giogo e, parlando di superiori, vadano ripetendo: proiciamus a
nobis iugum ipsorum.
Pur troppo si ha ragione di temere che tali aspirazioni pene-
trino perfino nei giardini chiusi delle case religiose, ond'io vorrei
imboccare la tromba, chiamar a raccolta tutti i figli del Ven.
Don Bosco e gridar loro come si grida agli abitanti dei Paesi Bassi,
quando il mare minaccia d'invadere il loro territorio: corriamo
alle dighe, cioè tutti leviamoci come un sol uomo, opponiamoci
a tutta possa allo spirito d'indipendenza, salviamo la nostro Pia
Società amando e praticando l'ubbidienza.
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2. Il voto d'ubbidienza.
Tutto quanto noi siamo, tutto quanto possediamo è dono
della infinita generosità di Dio. Da lui ricevemmo l'esistenza che ci
concesse a preferenza d'innumerevoli altre creature; da lui ci
vennero le nobilissime facoltà di cui va adorno il nostro cuore e
la nostra mente; da lui le grazie di ogni genere con cui c'illumina,
ci sorregge e provvede ad ogni nostra necessità temporale e spi-
rituale. Quindi chiunque per poco rifletta, chiunque non chiuda
gli occhi alla luce della fede dovrebbe riconoscere il supremo domi-
nio, l'autorità inviolabile che Iddio ha sopra tutte le sue creature.
A tutti dovrebbe ispirare orrore quel grido: non serviam, non
voglio servire, che per la prima volta risuonò sulla bocca di Luci-
fero ed è, per somma sventura, ripetuto le mille volte e in ogni
parte del mondo dagl'infelici suoi seguaci.
Tutti quanti gli uomini hanno l'obbligo di praticare la più umile
sudditanza verso il Signore dell'universo, e dovrebbero osservarne
i santi comandamenti.
Ma questa legge e quest'autorità ch'è imposta a tutti, non
basta a quelle anime privilegiate che sono chiamate a più alta
perfezione e a riparare gli oltraggi che commettono coloro che si ri-
bellano contro la divina sovranità. Esse sentono sete inestinguibile
di una sottomissione più intima e più attiva; vogliono unirsi con
i vincoli più stretti al Signore; e perciò, prostrate innanzi all'altare,
emettono il voto di ubbidienza.
Con quest'atto intendono di obbligarsi non solo a osservare
la legge di Dio, e a vivere secondo una Regola approvata dalla
Chiesa, ma di riconoscere inoltre nei loro superiori dei veri rap-
presentanti di Dio, altrettanti interpreti della volontà divina. E
noi potremo pure avere tanta fortuna se saremo costantemente e
coscienziosamente ubbidienti.
3. « Factus obediens usque ad mortem ».
La pratica del nostro voto imporrà senza fallo non lievi sacri-
fìcii alla nostra natura così avida de' suoi comodi, al nostro amor
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proprio tanto impaziente d'ogni giogo; ma ci spronino a com-
pierli egualmente la bellezza e la sublimità dell'ubbidienza, e prima
di tutto l'esempio del nostro divino modello, Gesù.
Per salvare le anime nostre egli discende dal cielo sulla terra ;
ma non cerca quel genere di vita che più gli aggrada, che meglio
risponderebbe ai desiderii delle persone del mondo; invece contem-
platelo, quel tenero bambino, gli occhi rivolti al Padre, aprendo
le piccole braccia sembra vada ripetendo: ecce venia, ut faciam,
Deus, voluntatem tuam: eccomi qua, io vengo per fare, o Dio, la
tua volontà. Lo si sottopone alla legge della circoncisione, ed egli
la subisce come se fosse un peccatore. Bisogna che fugga in Egitto,
e vi si lascia portare. Sua madre lo nutrisce e lo veste quando e
come le par bene; ed egli sorride a tutto, perchè cosi compie la
volontà del Padre.
Ubbidisce a un povero uomo, a un'umile donna, e per lo spa-
zio di trent'anni sta loro sottomesso lavorando in una misera
officina, sicchè l'Evangelista potè descrivere tutta la sua vita a Na-
zareth dicendo: et erat subditus illis. Quale non doveva essere lo
stupore di tutta la corte celeste nel vedere il suo Dio cosi ubbi-
diente e cosi umiliato!
E non havvi istante della sua carriera mortale in cui non si
sforzi di ubbidire alla volontà del Padre Celeste e di quelli che lo
rappresentano, sicchè ognora egli può ripetere: quae placita sunt
ei, facio semper.
Un giorno che, affaticato dal viaggio e dalla predicazione, ha
perchè non prenda il cibo che gli offrono, risponde: meus cibus est,
perchè non prende il cibo che gli offrano, risponde: meus cibus est,
ut faciam voluntatem eius, qui misit me. Che più? Ubbidisce
perfino a' suoi nemici, a coloro che lo configgono in croce. In
ogni circostanza della vita e persino nella sua passione e morte
è il perfetto ubbidiente, factus obediens usque ad mortem, mortem
autem crucis.
Nè solo sta sottomesso fino alla morte ma continua a darcene
l'esempio nella vita eucaristica in cui ubbidisce a tutti i sacerdoti
celebranti; si dà e si lascia portare a chiunque domandi di riceverlo,
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fosse pure sacrilegamente; dimora png1oniero d'amore nelle più
deserte spiagge, in disadorne cappelle, non altrimenti che nelle
superbe cattedrali dei paesi inciviliti.
Davanti a tali esempi di un Dio umanato, chi si lascierebbe
vincere da sregolato amor proprio, dal desiderio dei proprii como-
di? Chi non cercherebbe di rendere la sua condotta somigliante
a quella di Gesù? E ciò noi potremo fare praticando il voto di
ubbidienza, per cui la nostra vita diventa un tessuto di non mai
interrotti atti di abnegazione e di soggezione ai legittimi superiori.
4. Le tre unioni.
Dovrebbe bastare l'esempio del nostro Divino Maestro a
innamorarci della virtù dell'ubbidienza, tuttavia non vi torni grave
che io aggiunga alcune riflessioni sulla sua eccellenza e sui van-
taggi che possiamo ricavarne.
Il P. Nouet c'insegna che vi sono nella nostra santa religione
tre cose che meritano tutta la nostra considerazione. La prima è
l'unione della natura divina con la natura umana nella persona del
Verbo Incarnato. La seconda è l'unione della verginità con la
maternità in Maria quando diventò Madre di Dio fatto uomo. La
terza è l'unione della volontà divina con la volontà umana nella
persona che pratica in tutta la sua perfezione la virtù dell'ubbi-
dienza. Nè si creda che sia temerario il paragone che il piissimo
e dottissimo autore fa dell'ubbidienza con gli altri due suddetti
grandi misteri della nostra fede.
Questo è pure il concetto del grande maestro dell'ubbidienza
che fu S. Ignazio di Loyola, il quale scrive, che l'ubbidiente si
eleva al disopra del livello della condizione umana, si slancia con
forza al più alto grado della gloria e della dignità. Sciogliendosi
dalle catene della propria natura si unisce con i vincoli più stretti
alla natura divina.
E siccome è uso del Signore di concedere più abbondanti le
sue grazie a misura che trova un'anima libera da ogni cosa che
metta ostacolo alla sua generosità, ne consegue che chiunque pos-
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siede la perfetta ubbidienza, si unisce talmente con Dio da aver
diritto di far sue le parole di S. Paolo in cui sta espressa la vera
formola della più alta santità: Vivo autem, iam non ego, vivit vero
in me Christus: Io vivo, ma non già io, ma vive in me Gesù.
E i maestri di spirito, nell'affermare che chi ubbidisce si
unisce intimamente con Dio, si appoggiano alla testimonianza di
Clemente Alessandrino, che scrive: Qui paret Domino, efficitur,
ad magistri imaginem, Deus in carne conversans, vale a dire che
colui che ubbidisce a Dio ( rappresentato nei proprii superiori)
diventa a somiglianza del Maestro, un Dio rivestito di carne.
Ubbidire perciò significa distruggere nella nostra persona tutto
quanto havvi in noi di egoistico e di capriccioso per sostituirlo
colla stessa volontà divina, e ci assicura lo Spirito Santo che nel
compiere il volere di Dio si trova la vera vita: et vita in voluntate
eius ( Ps. 29, 8).
5. « Qui vos audit, me audit... ».
Ponete mente ancora a un altro insegnamento molto atto a
farci amare e praticare l'ubbidienza. Questa virtù ci avv1cma a
Dio o meglio stabilisce fra Dio e noi una comunicazione intima,
sicura e non mai interrotta.
Già il popolo d'Israele andava orgoglioso per le sue comuni-
cazioni con Dio, il quale gli aveva parlato direttamente o per
mezzo de' suoi profeti, e aveva operati tanti prodigi in suo favore.
E noi sappiamo che tali comunicazioni erano solo una pallida imma-
gine di quelle che per mezzo dell'Incarnazione Gesù Cristo avrebbe
stabilito con noi nella sua vita mortale e nella vita eucaristica.
Ma vi è ancora di più.
Perchè esistesse fra Dio e noi un intimo commercio, perchè
noi conoscessimo chiaramente la sua volontà e fossimo da lui di-
retti perfino nei più minuti particolari della vita, ecco che Egli
si degna d'investire del potere di rappresentarlo presso di noi, di
parlarci in suo nome, prima i Pastori della Chiesa, e poi, per noi
religiosi, i nostri legittimi superiori.
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A loro quindi concede le grazie di stato affìnchè possano diri-
gere nostri passi, e considera come prestato a lui il rispetto e
l'ubbidienza che noi prestiamo ai nostri superiori. Ciò dichiarò
quando disse: qui vos audit, me audit; qui vos spernit, me
spernit: chi ascolta voi, ascolta me; chi disprezza voi, disprezza
me (Luc. X, 16).
6. ... Due misteri.
In forza di tale affermazione della Sapienza Incarnata l'ub-
bidienza vien paragonata a due misteri della nostra fede che l'orgo-
glio umano vorrebbe non ammettere. Per la parola della consacra-
zione nella messa il pane e il vino sono cambiati nel corpo e nel san-
gue di Gesù Cristo. Noi lo crediamo perchè Dio l'ha detto.
Sotto le sembianze del povero della strada a cui diamo una limo-
sina, si nasconde Gesù Cristo stesso, come Egli ci assicura; e
promette che, nel giorno del giudizio, considererà e premierà
come fatto a lui medesimo ciò che noi avremo fatto in sollievo
di quel meschino. Lo crediamo perchè l'ha detto quel Dio che non
s'inganna e non può ingannarci.
Ora quella stessa verità infallibile pronunzia queste altre pa-
role: Chi ascolta voi ascolta me; chi disprezza voi, disprezza me,
e noi senza venir meno alla fede che è dovuta alla parola del nostro
Salvatore divino come potremmo dubitare che chi ubbidisce al suo
legittimo superiore, ubbidisce a Dio stesso?
Oltre a ciò dobbiamo ancora notare che, come l'indegnità del
sacerdote celebrante non altera la reale presenza di Gesù Cristo
nell'Ostia Santa, come la meschinità e, peggio ancora, la malvagità
del povero non impedisce che egli rappresenti Gesù Cristo, cosl
i difetti del superiore, fossero pure reali e non solo il portato d'una
immaginazione passionata, non basteranno mai a render vana l'assi-
curazione dataci dal Divin Redentore che chi ascolta il superiore
ascolta Dio stesso, chi disprezza il comando del superiore di-
sprezza Dio medesimo.
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16.6 Page 156

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7. « Subditi estote... propter conscientiam ».
Persuadiamoci perciò, carissimi fìgliuoli, che non è linguaggio
fìgurato, nè espressione oratoria il dire che i superiori sono i rappre-
sentanti di Dio; che in loro havvi una certa reale presenza sua,
e che perciò, non solo è loro dovuta la docilità, ma ancora l'osse-
quio interiore della nostra coscienza, come ne insegna S. Paolo
quando scrive: subditi estate, non solum propter iram, sed etiam
propter conscientiam (Rom., XIII, 5).
Di qui ne viene egualmente che nel ricevere un ordine dal
superiore ogni buon Salesiano dovrebbe immaginare di udire qual-
cuno dei profeti dell'antica legge che, parlando al popolo ebreo, so-
levano incominciare dicendo: Haec dicit Dominus: audi Israel;
questo dice il Signore: ascolta o Israele. La voce del superiore che
comanda, come quella dei Profeti, non è altro che lo strumento di
cui si serve il Signore per parlarci e darci gli ordini.
Dovremmo pure esclamare anche noi: siamo fortunati, o Israele,
perchè quelle cose che piacciono a Dio ci sono fatte note: Beati
sumus, Israel, quia quae placita sunt Dea, manifesta sunt nobis.
E questo sentimento di fede senza fallo soffocherà qualsiasi
timore che ci potrebbe suggerire il nostro amor proprio, quasi che
noi ci avvilissimo nel sottometterci a un uomo che è mortale, e
fors'anche difettoso al par di noi. La fede ci farà pure trionfare di
ogni pericolo di ribellione, richiamando alla nostra mente che, non
a un uomo c'inchiniamo, ma a Dio stesso; e di questa ubbidienza
ci terremo onorati avendo scritto S. Gregorio Magno (Pastor):
magnum est servum esse potentis; servire Dea regnare est. È
gran ventura essere al servizio d'un grande e potente: servire a
Dio è regnare.
8. I figli di ubbidienza.
Ci animi alla pratica dell'ubbidienza la considerazione dei
beni immensi che noi possiamo ricavare. Invero il religioso, che
vive interamente sottomesso al suo superiore, acquista la vera li-
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16.7 Page 157

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bertà che solo possono godere i figli di Dio, che S. Pietro chiama
figli di ubbidienza.
Il mondo vqol fare ciò che vuole, tutto ciò che vuole, niente
altro che ciò che vuole, e questo chiama grandezza, forza, perfe-
zione, libertà. Ma s'inganna a gran partito, poichè non sottomet-
tendosi alla legittima autorità moltiplica i suoi tiranni, quali sono
l'orgoglio, il capriccio, l'egoismo, la gelosia e le esigenze delle per-
sone, a cui vuol piacere.
Il vero ubbidiente invece si mantiene calmo ed eguale di ca-
rattere anche fra le più dolorose contrarietà, acquista quella fer-
mezza nel bene che nessuna difficoltà vale a smuovere, quella co-
stanza che nessuna lotta può stancare, quella vigoria che vince ogni
ostacolo; poichè, a detta di S. Gregorio, la forza dei giusti consiste
nel resistere alla propria volontà.
Chi ubbidisce è sulla via per arrivare a quell'aurea indifferenza
che S. Vincenzo de' Paoli paragonava allo stato degli Angeli,
sempre pronti a eseguire la volontà di Dio al primo cenno che loro
venga fatto, qualunque sia l'ufficio a cui sono destinati. Egli
giungerà in breve tempo alla perfezione, avendo scritto S. Bonaven-
tura che tutta la perfezione religiosa consiste nell'abdicare alla
propria volontà: tota religionis perfectio in propriae voluntatis
abdicatione consisti! ( Spec. discip.).
9. Il voto più eccellente.
Nè devesi tacere che il voto di ubbidienza è il più eccellente e
più nobile degli altri, imperciocchè « grande è la povertà, più
grande la castità, ma l'ubbidienza le supera entrambe, se è
praticata in tutta la sua integrità. Con la povertà rinunziamo ai
beni temporali, con la castità ai diletti della carne, ma con
l'ubbidienza l'uomo rinunzia alla propria volontà, regna sul suo
spirito, sul suo cuore » ( Giovanni, XXII).
Il voto di ubbidienza comprende gli altri due; onde avviene
che in certi ordini religiosi si emette solo il voto di ubbidienza,
e con esso s'intendono anche emessi gli altri due. Anzi non si
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16.8 Page 158

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comprende come un religioso possa esser fedele ai voti di povertà
e castità senza la pratica dell'ubbidienza. Si è per questo che
venuto a morte il Fondatore d'una Congregazione religiosa prima
d'aver dato una regola definitiva, a' suoi figli piangenti che
domandavano che sarebbe avvenuto di loro, rispondeva: Fate il
voto d'ubbidienza, in esso troverete tutto.
Nella vita di S. Matilde si legge che un giorno apparsole
N . S. Gesù Cristo le mostrò l'ubbidienza personificata in una avve-
nentissima donzella, che teneva nelle mani una coppa d'oro. In
questa coppa tutte le altre virtù, rappresentate da bellissime fan-
ciulle, versavano i loro profumi, e l'ubbidienza sola, così riuniti,
li presentava al trono di Dio. La visione, è evidente, voleva dire
ciò che insegnava Sant'Agostino, che l'ubbidienza è la madre e il
principio d'ogni virtù.
E S. Tommaso ce ne dà ragione dicendo che gli atti con cui
le virtù si estrinsecano, sono talmente connessi coll'ubbidienza
che per praticarle tutte bene basta ubbidire; onde S. Maria Mad-
dalena de' Pazzi così parlava alle sue religiose: « Volete voi arric-
chirvi prontamente e a buon mercato in ogni genere di virtù? Non
trascurate il salutare esercizio della ubbidienza ». E S. Gregorio
c'insegna che essa genera tutte le virtù e dopo averle generate
ci aiuta a conservarle.
A nostro conforto e incoraggiamento ricordiamoci pure che
l'ubbidienza previene il peccato e rende il buon religioso in qualche
modo impeccabile, perchè liberandolo dal pericolo di fare la sua
volontà fa seccare la sorgente di tutte le sue colpe. Questo ci
spiega il detto di S. Bernardo: « Togliete la volontà propria, e non
vi sarà più inferno ».
Ci sarà soprattutto cara l'ubbidienza se pensiamo con S. Fran-
cesco di Sales, che questa virtù è come il sale che dà il gusto e il
sapore a tutte le nostre azioni. Ella rende meritorii tutti i piccoli
atti che noi facciamo durante il giorno.
Osservate ciò che avviene in una banca. Il direttore dà mano
ad un semplice pezzo di carta, vi scrive sopra alcune cifre, e per
questo scritto quel foglio acquista il valore d'un'ingente somma di
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16.9 Page 159

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danaro. Non altrimenti il religioso che vive secondo il suo voto
scrivendo sopra tutte le sue azioni, anche più umili e ordinarie
della vita, la parola: ubbidienza, fa acquisto d'immense ricchezze
spirituali; anzi può aumentarle secondo le proprie disposizioni e
desiderii.
Dirò ancor di più: l'ubbidiente ha perfino il merito di quel
bene che vorrebbe fare, e che per ubbidire ha dovuto tralasciare.
Il riposo, l'inazione stessa e la più abbietta occupazione, per mezzo
di questa virtù diventa nobile e ricca di meriti altissimi al cospetto
di Dio.
10. ... Con gaudio e non fra gemiti e sospiri.
Ove le ragioni fin qui addotte non bastassero a renderci scru-
polosi osservatori dell'ubbidienza, a ciò ne spinga la carità fra-
terna e l'amore alla nostra cara Congregazione.
Tutti i membri della nostra Pia Società debbono essere legati
fra di loro dal vincolo della carità. Tutti sapete, figliuoli carissimi,
che se in una casa regna la carità si può essa chiamare un paradiso
in terra; se non vi regna la carità, essa diventa un inferno.
È poi naturale che si porti maggior affetto a quelli dei
nostri fratelli che più soffrono. Orbene, voi non dovete fare le
meraviglie se io vi dico che in una famiglia religiosa coloro che più
soffrono, e quindi più sono meritevoli della vostra carità, sono
appunto i superiori.
Per l'ordinario essi non hanno ambito la carica a cui furono
assunti, molti l'accettarono gemendo e lagrimando, unicamente
per non resistere alla manifesta volontà di Dio. Essi non ignora-
vano che l'autorità ha per diadema una corona di spine e per scettro
una croce. Sapevano che nella loro carica avrebbero dovuto essere
vittime sempre pronte a essere sacrificate.
Mentre si vedono circondati da segni di rispetto, debbono
aspettarsi, precisamente perchè sono superiori, dei dolorosissimi
disinganni, amari dispiaceri, sgarbatezze, mormorazioni e maldi-
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16.10 Page 160

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cenze; perciò con ragione uno scrittore di ascetica chiamò il supe-
riore: perpetuus crucifixus. Agli occhi di certuni essi hanno il torto
di volere che ognuno compia il suo dovere, che tutti osservino
le Costituzioni.
E queste sono le spine che incontrano nel governo interno della
loro famiglia; ma quante non saranno ancora le pene che dovranno
sopportare nelle loro relazioni con le autorità, nel contatto con
ogni sorta di persone, nel disbrigo degli affari più intricati!
E da chi potranno essi aspettarsi qualche sollievo in mezzo a
sl numerose e gravi ambascie? Oh! felici i superiori, esclama S.
Giovanna Francesca di Chantal, che avranno sudditi amanti e sot-
tomessi a cui essi possono comandare in ogni tempo e come faccia
bisogno, senza dover prendere tante precauzioni per non turbarli
e offenderli con gli ordini che loro daranno.
Invero qual maggior segno di amore possono gli inferiori pre-
stare ai loro superiori, che di rendere meno penoso l'esercizio delle
loro funzioni? E ciò inculca per l'appunto San Paolo dicendo:
Ubbidite volentieri e prontamente, affìnchè coloro che vi dirigono
possano compiere il loro ufficio con gaudio e non fra gemiti e
sospiri.
Dio non permetta che coloro i quali nella nostra Pia Società
hanno con ciascun membro più frequenti e intimi rapporti, che
nella gerarchia della famiglia Salesiana devono essere il principale
oggetto dei nostri doveri, costoro siano meno amati per la ragione
che son superiori. Siano dessi amati più di tutti i confratelli e
consolati dalla nostra sottomissione.
E chi non vede quanto vantaggio ne venga all'intera Congre-
gazione dalla pratica dell'ubbidienza? Tutti i soci facendo pro-
pria la volontà del Superiore saranno un cuor solo e un'anima
sola; saranno uniti di tal sorte da formare una legione compatta
e invincibile contro gli assalti de' suoi nemici.
La Pia Società, sempre giovane e robusta, renderà ognor più
vasto il suo campo di azione, combatterà vittoriosamente contro
ogni abuso e rilassatezza e si conserverà fedele allo spirito del
Venerabile suo Fondatore Don Bosco.
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11. L'esempio del nostro Ven. Padre.
E poichè ho nominato il dolcissimo nostro Padre, per-
mettetemi che io, affine di rendere più efficaci le mie esortazioni,
vi ricordi alcuni suoi esempi e insegnamenti riguardanti l'ubbi-
dienza.
Il suo diligentissimo biografo, Don Lemoyne, ce lo dipinge
quale modello di ubbidienza fin dalla sua fanciullezza, e questo era
il motivo per cui sua madre lo amò sempre di specialissimo affetto.
Diede l'esempio della più perfetta sommissione a' suoi padroni
durante il tempo che passò in una famiglia di Moncucco quale ser-
vitorello di campagna, come ne rende testimonianza il sig. Giorgio
Maglia, tuttora vivente.
Ricordiamo tutti quanti ne abbiamo letto la vita, la sua edi-
ficantissima condotta come studente e seminarista nella città di
Chieri. Tutti abbiamo notato quanto fosse stimato e amato da'
suoi professori appunto perchè ubbidiente e diligentissimo sco-
laro; e fu per questo che superiori e maestri ne conservarono così
affettuoso ricordo e che in seguito, dimenticando la loro dignità,
divennero di lui affezionatissimi amici e sinceri ammiratori.
Ordinato poi sacerdote ed entrato nel Convitto Ecclesiastico di
S. Francesco in Torino, Don Bosco si mise senza riserva nelle mani
del Ven. Cafasse, e ne seguì diligentemente i comandi e i consigli.
Al suo cenno depose ogni pensiero di entrare in un ordine religioso,
e da lui consigliato tutto si dedicò all'istruzione ed educazione della
gioventù in Torino; e noi l'udimmo le mille volte ripetere, che
se gli era stato dato di far un poco di bene, ne andava debitore alla
saggia direzione di Don Cafasse, ai cui insegnamenti e consigli si
mantenne fedele fino alla morte.
Nella fondazione e direzione dei suoi oratorii si attenne scrupo-
losamente a ciò che gli suggeriva Mons. Fransoni, nella cui persona
riconosceva quella stessa di Gesù Cristo. Quanto ci edificava la
venerazione che professava ai Pastori della Chiesa, specialmente al
Sommo Pontefice! Nè mutò condotta quando, per rimanere loro
soggetto, dovette imporsi gravi sacrifici e profonde umiliazioni;
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17.2 Page 162

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nelle contrarietà che ebbe a sopportare, si conservò ognor calmo e
prudente, cosl guardingo in ogni sua parola da poter affermare
che mai aveva mormorato.
Nelle conferenze che teneva a' suoi figliuoli , molto sovente
trattava dell'osservanza delle Costituzioni e dell'ubbidienza. Nel
collegio di Varazze, il 1° gennaio dell'anno 1872, non ancora in-
tieramente rimesso da una grave malattia, raccolse attorno al suo
letto i Salesiani di quella casa, fece loro una breve ma efficacis-
sima conferenza, trattando del buon esempio che ciascuno deve dare
ai suoi confratelli nell'osservanza delle regole e nella pratica del-
l'ubbidienza.
Comprenderemo quanto Don Bosco amasse l'ubbidienza medi-
tando attentamente i memorabili documenti che lasciò scritti nel
Capo III delle Costituzioni e l'insistente raccomandazione che leg-
giamo nell'introduzione alle medesime. Perfino quando, sentendosi
vicino alla fine de' suoi giorni e dettando il suo testamento ai Sale-
siani, inculcò l'ubbidienza con queste parole: anzitutto vi ringrazio
col più vivo affetto dell'animo dell'ubbidienza che mi avete pre-
stato... Il vostro Rettore è morto, ma ne sarà eletto un altro, che
avrà cura di voi e della vostra salvezza. Ascoltatelo, amatelo, ubbi-
ditelo, pregate per lui come avete fatto per me.
12. I disubbidienti.
Senza dubbio lo spirito del nostro Venerabile Fondatore aleggia
nelle numerose case della nostra Pia Società. Dio non voglia che
abbia a lamentare, come S. Paolo, che in esse vi siano molti disub-
bidienti i quali mettano sossopra ogni cosa. Ragione per cui inca-
ricava Tito di far loro acerbi rimproveri: increpa illos dure .
Ci torni sovente alla memoria la parola di Samuele al disub-
bidiente Saulle, che cioè il non acquietarsi ai comandi dei Superiori
è un peccato d'idolatria. Ognuno ne comprende facilmente la
ragione: col disubbidire si adora la propria volontà e non quella
di Dio; si riprende ciò che a Lui abbiamo donato, ciò che fu
chiamato dai maestri di ascetica un furto sacrilego.
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17.3 Page 163

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Quel religioso che dopo essersi dato a Dio coi voti, ad occhi
aperti disubbidisce a' suoi superiori, merita che il Divin Maestro
gli ripeta che non è atto per il regno dei cieli, come a colui che
dopo aver messo la mano all'aratro, si volge indietro. L'autore
dell'Imitazione di Cristo dice: qui se subtrahere nititur ab obe-
dientia, ipse se subtrahit a gratia, colui che si sottrae all'ubbi-
dienza, si sottrae alla grazia di Dio.
Ecco che cosa ne ricava chi ricusa di ubbidire. Non vuole star
soggetto al suo superiore, e gli avviene come alla pecora che,
non volendo sopportare la verga del pastore che la difende, va a
cadere nelle fauci del lupo. Egli rigetta un giogo leggerissimo,
quello di Gesù Cristo, per sottoporsi ad un altro immensamente
duro, freddo , pesante, poichè cade sotto la dominazione dell'orgo-
glio, del capriccio, delle passioni, anzi del demonio stesso, che non
cesserà di tentarlo fìnchè di lui abbia fatto un ribelle degno del-
l'eterna dannazione.
Oh! rifugiamoci nella fortezza dell'ubbidienza, ove al nemico
delle anime nostre non è permesso di entrare.
13. Sacrifizio della volontà.
Ma è ormai tempo che noi veniamo a qualche pratica con-
clusione, e ciò faremo prendendo per norma quanto ci lasciò scritto
D . Bosco nelle nostre Costituzioni. Egli vuole primieramente che la
nostra ubbidienza sia intiera ossia senza riserva.
E tale non potrebbe essere quella che consiste solo nell'esatta
materiale esecuzione di quanto ci è comandato. Essa potrebbe ren-
dere ammirabili le evoluzioni e i movimenti di una squadra ginna-
stica, ma non varrà a formare la compiacenza di Dio e ad arric-
chirci di meriti per il cielo.
Perchè la nostra ubbidienza possa chiamarsi olocausto, dob-
biamo sacrificare generosamente la libera volontà a Dio, che è rap-
presentato nelle persone da lui deputate a comandarci. Ma questo,
come c'insegna l'esperienza, non è tanto facile. Il nostro cuore
non è sempre placido come il Mar Morto che nessun soffio di vento
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agita e sconvolge; è piuttosto somigliante al mare di Tiberiade che
sovente è messo in moto da orribili tempeste. Si è allora che deve
apparire sul nostro orizzonte turbato il voto d'ubbidienza per co-
mandare ai venti e alle tempeste e portare la calma e la tran-
quillità.
Com'è da compiangere quel Salesiano che accoglie con giubilo
l'ordine di fare una cosa che gli aggrada, ma poi tutto si contrista
quando sono contrariati i suoi gusti e le sue inclinazioni! Che ubbi-
disce ad un superiore per cui nutre simpatia, e fa il broncio quando
la medesima cosa vien ordinata da un altro! Che dire poi del
religioso che dimentico de' suoi doveri arrivasse a disubbidire for-
malmente?... e anche di chi mendicasse pretesti per non eseguire
l'ordine ricevuto o con astuzie trovasse modo d'impedire che il
superiore gli comandi una cosa, che non gli piace o ne revochi
l'ordine?
Di lui S. Bernardo dice che non è il superiore che gli comanda,
ma è lui stesso che comanda al superiore. Qui manca il sacrificio
della propria volontà; quindi non si acquista alcun merito davanti
a Dio. Questa non è ubbidienza vera.
14. Sacrifizio dell'intelletto.
Ma perchè la nostra offerta sia completa, dev'essere accom-
pagnata ancora dal sacrificio del proprio intelletto, sicchè non solo
si sottometta la propria volontà a quella del superiore, ma ancora
il proprio giudizio.
Dobbiamo far nostro il modo di sentire del superiore, perchè lo
Spirito Santo ci avvisa di non fidarci della nostra prudenza, ne
innitaris prudentiae tuae, e diffidare di noi stessi, ed è una for-
tuna avere a nostra guida persone che per scienza ed esperienza ci
possono consigliare.
S. Francesco di Sales dice del religioso che fa il sacrificio del
proprio giudizio: egli vivrà dolcemente, tranquillamente, paci-
ficamente, come un bambino nelle braccia di sua madre. Che questa
lo porti sul braccio destro o sinistro, non se ne dà pensiero; cosi
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al vero ubbidiente non importa che gli si comandi questo o quello;
gli basta di essere nelle braccia dell'ubbidienza...
Come siete fortunati , continua il nostro Santo Dottore, non
avete da far altro che lasciarvi portare. Rassomigliate a quelli che
viaggiano sul mare; la barca li porta, ed essi vi stanno dentro
senza alcuna inquietudine. Riposano camminando, e non sentono
neppur bisogno di assicurarsi se si tenga la retta via; ciò riguarda il
pilota, il quale mirando la stella è sicuro di non sviarsi. La
bussola è nostro Signore medesimo, la barca sono le nostre Costitu-
zioni, quelli che la guidano sono i superiori.
Se trovate qualche compagno malcontento del suo stato, pen-
tito d'essersi dato al servizio di Dio, desideroso di riprendere la
propria libertà e vivere secondo i suoi gusti, cercate, indagate e
scoprirete che tutti questi mali gli vengono dal non sottomettere
il proprio giudizio a quello dei superiori.
15. Pretesti per non assoggettarsi.
Innumerevoli saranno i pretesti inventati dall'orgoglio per non
assogettarsi al giudizio altrui: che il superiore non ha scienza,
non ha tatto; che si lascia guidare nelle sue risoluzioni dalla per-
sona che gli sta a fianco; che è mosso a dar certi ordini da
animosità e fors'anche da odio e spirito di vendetta verso quel
suddito; che le cose comandate sono contrarie alla prudenza e al
buon senso; che sono di danno morale e materiale alla Congrega-
zione o ridondano a disonore del confratello che dovrebbe ese-
guirle; che sono un castigo non meritato, ecc.
Queste sono altrettante arti con cui l'amor proprio e il de-
monio cercano di trarre un povero religioso alla perdizione. Nè
tali sentimenti rimangono nascosti nel cuore del malcontento,
ma si manifestano agli altri per mezzo di critiche, maldicenze e
mormorazioni che propagano ovunque il malumore, e finiscono
talora in un'aperta ribellione contro la legittima autorità.
Ciò tutto vedeva con la sua mente perspicace il Ven. Don
Bosco che appunto nella conferenza di Varazze, già citata, diceva :
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« Si pratichi l'ubbidienza, ma non quella che discute ed esamina le
cose che sono imposte, ma la vera ubbidienza, cioè quella che ci fa
abbracciare le cose che ci sono comandate e ce le fa abbracciare
come buone perchè ci vengono imposte dal Signore». Fosse vero
che la nostra ubbidienza fosse cieca, fosse sorda ai suggerimenti
dell'orgoglio, fosse muta per evitare ogni mormorazione! Quanto
sarebbe meritoria!
Infine sarà senza riserva l'ubbidienza se si compie volentieri
anche quando non ci viene dai superiori maggiori, ma da quelli che
hanno un ufficio secondario o che non sono eminenti per qualità
personali, o perfino ci comandano con maniere sgradite. E sia
pure nostra cura di perseverare nell'adempimento degli ordini
ricevuti fino al compimento del nostro dovere. E che cosa è mai
la vita d'un buon Salesiano se non il ricominciare ogni giorno
il nostro còmpito, il nostro ufficio?
16. Prontezza nell'ubbidire.
In secondo luogo le Costituzioni vogliono che la nostra
ubbidienza sia pronta. E questa prontezza deve trovarsi anzitutto
nella volontà e manifestarsi nell'esecuzione.
Le nostre azioni devono essere fatte nel tempo loro fissato, e
questa è la condizione necessaria per la loro perfezione. Ritardarle
è renderle difettose almeno in parte, sostituendo il nostro comodo
alla Regola o all'ordine del superiore. Per mezzo del ritardo nel-
l'eseguire un comando si resiste alla grazi& che ci è data in quel
momento in cui l'ordine ci è comunicato. Il Signore batte in quel-
l'istante alla porta del nostro cuore, e noi lo facciamo aspettare e
lo facciamo battere altre volte. Col nostro ritardo ad aprire po-
tremmo esser causa che egli disgustato si allontanasse.
Sarebbe nostro dovere rispondere con prontezza e docilità agli
ordini ricevuto, appunto come risponde uno strumento musicale al
tocco di chi lo suona; come le stelle che da Dio chiamate rispon-
dono subito: eccoci qua ( BARUCH); come gli angeli quando il
Signore loro affida una missione. Il frapporre una qualche dilazione
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è cosa propria del pigro, e quindi non è a dire quanto dispiaccia
a Dio.
Invece nulla rallegra maggiormente il suo cuore, che lo spetta-
colo d'un'anima la quale, premurosa, interrompe ogni altra occupa-
zione, vola all'esecuzione della volontà di lui con gioia e amore, su-
perando ogni difficoltà, vincendo ogni ripugnanza. Non c'è da stu-
pire se in certi casi l'ubbidienza abbia fatti miracoli; questi erano
il risultato della pronta unione che in quella circostanza avveniva
della volontà di Dio con quella della persona ubbidiente. Ciò signi-
ficano le parole: vir obediens, loquetur victoriam.
17. « Non ex tristitia et necessitate ».
Le terza qualità che deve avere l'ubbidienza si è di essere
allegra, hilari animo, e questa qualità è talmente importante che
senza di essa non si può dire che si possegga davvero questa virtù.
Invero quando un religioso si sottomette ad un comando con la
fronte corrugata, con aria triste e melanconica, è questo un segno
evidente che nè la volontà, nè il giudizio, sono pienamente sotto-
messi a chi comanda; ed è, molte volte, indizio sicuro che ove si
potesse si scuoterebbe il giogo; che si ubbidisce solo perchè non si
può fare altrimenti.
In quel religioso manca lo spirito di fede, e quindi non vede
Iddio nella persona che gli comanda, nè considera l'ordine dato
come la manifestazione della divina volontà.
Se s'induce ad ubbidire, lo fa unicamente per il vantaggio
materiale che vorrebbe ricavare; vorrebbe avere la maggior ricom-
pensa facendo meno che possa sacrificii. Compatitelo, ma non
imitatelo. Costui, dice Sant'Ignazio, dev'essere enumerato fra gli
schiavi più vili.
Guai a colui che nel servizio di Dio è guidato da tristezza e
necessità, ex tristitia et necessitate.' Che cosa è venuto a fare
nella Congregazione? Non si propose cominciando la sua vita reli-
giosa di immolare sull'altare la propria volontà, il suo giudizio?
Perchè si rattrista se ora trova ciò che cercava? Per essere conse-
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guente a se stesso dovrebbe dire: l'ubbidienza mi manderà in una
casa che mi dispiace, in un clima contrario alla mia sanità; mi
darà un ufficio per cui ho irresistibile avversione; sarò affidato a
un superiore verso il quale sento antipatia; si farà tutto il con-
trario dei miei gusti e delle mie inclinazioni; ma viva Iddio! Sarò
felice, avrò trovato un tesoro, perchè so che farò la volontà di Dio.
Egli sarà contento di me perchè ama l'allegro donatore : hilarem
datorem diligit Deus.
L'ubbidiente allegro avrà ancora la consolazione di alleggerire
a' suoi superiori il peso che devono portare.
18. « Nulla domandare, nulla rifiutare ►>.
Secondo il pensiero di Don Bosco, espresso nelle nostre
Costituzioni, l'ubbidienza del Salesiano deve ancora avere una
quarta qualità, cioè dev'essere umile. Chi si sforza di approfondirsi
nella vera conoscenza di se stesso, si convincerà facilmente che è
un bel nulla avanti a Dio e ben poca cosa dinanzi alla propria
Congregazione. Si è per questo che egli troverà cosl naturale che
a lui tocchi stare sottomesso ai proprii superiori, accogliere con
animo ilare qualunque comando gli sia dato, qualsiasi ufficio gli
venga assegnato.
Fosse pur vero che nel mondo avesse appartenuto a cospicua
famiglia, avesse occupato cariche onorifiche o esercitato autorità
sugli altri; su tutto questo osserverà assoluto silenzio. Si stimerà
fortunato di aver potuto infine dar un addio alle vanità del mondo,
e godrà della più grande felicità nel pensare che ora non ha più
altro che ubbidire.
Dopo aver fatto l'olocausto di tutto se stesso nella professione,
come potrebbe egli osare di scegliersi il luogo dove abitare, l'ufficio
che deve esercitare? Sarebbe per lui una intollerabile presun-
zione. Egli sa che è suo dovere essere umile strumento nelle mani
dei suoi superiori; la sua condotta è la pratica non mai interrotta
della massima del nostro Santo Protettore : nulla domandare, nulla
rifiutare. Non ha più alcun gusto, alcun desiderio nè ripugnanze.
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Certo egli non si arroga il diritto di giudicare il governo
dei superiori; non si crederà lecito di criticare le loro disposi-
zioni. La fede l'assicura che sono i rappresentanti di Dio, perciò
teme le terribili minacce di Lui contro chiunque li offenda: nolite
tangere Christos meos. Felice di non aver a render conto di altri,
sicuro che chi comanda, risponderà per lui al tribunale di Dio, vive
senza pene, e quando giunga l'ultima ora, serenamente volerà
al cielo.
19. Speranze e voti.
Nel deporre la penna mi arride la speranza che la presente
circolare non lascerà alcuno de' miei cari figliuoli freddo e negli-
gente nell'osservanza delle Costituzioni e nella pratica dell'ubbi-
dienza. Faccio i voti più ardenti perchè ciascuno consideri questa
virtù come un prezioso tesoro, l'ami di tutto l'affetto del suo cuore,
e, occorrendo, sappia anche difenderla con tutta energia. Faccia
Maria SS. Ausiliatrice che si avveri il desiderio del nostro Ven.
Padre e Maestro, che cioè ciascuno sia di buon esempio a' suoi
confratelli nell'ubbidienza.
A ciò siano dirette tutte le nostre preghiere nelle quali cal-
damente vi supplico d'avere uno speciale ricordo pel
Vostro aff.mo in Corde Jesu
Sac. PAOLO ALBERA.
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17.10 Page 170

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XII
Anticipazione del XII Capitolo Generale
per i due Centenari di Maria Ausiliatrice e di D. Bosco
1. Centenario della istituzione della Festa di Maria Ausiliatrice e della na-
scita del Ven. D. Bosco. - 2. Anticipazione del Capitolo Generale.
Carissimi Confratelli,
Torino, 5 aprile 1914.
1. Questa circolare vi apporta una notizia, che senz'.l dubbio
tornerà di grande consolazione a tutti.
Vi è noto, che a norma delle nostre Costituzioni dovrebbe
tenersi nel 1916 il Capitolo Generale durante il quale dovrebbero
aver luogo le elezioni dei membri del Capitolo Superiore, il cui
mandato spirerebbe appunto il 16 agosto di quell'anno medesimo.
Ma voi sapete pure come per l'anno prossimo venturo 1915
stiansi preparando solenni feste per il centenario dell'istituzione
della festa in onore di Maria SS. Ausiliatrice, nostra celeste Patrona,
e per il centenario della nascita del nostro Venerabile Fondatore e
Padre Don Bosco, al quale si spera inaugurare un grande monu-
mento nel luogo stesso in cui ebbe inizio la nostra Pia Società.
È naturale che per prendere parte a tali feste vengano anche da
lontane regioni gl'Ispettori con molti altri nostri confratelli.
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2. Anticipazione del Capitolo Generale
Ad evitare per altro che per la vicinanza delle due date si
abbia a fare un doppio viaggio e così debbansi abbandonare le
proprie occupazioni due volte con grave detrimento delle nostre
Case; ad evitare parimenti che molti si astengano dal parte-
cipare alle nostre feste centenarie, il che riuscirebbe di troppo
grave rincrescimento ai Superiori, ecco la decisione che all'una-
nimità presero i membri del Capitolo Superiore. Di comun accordo
e volentieri essi hanno rinunziato ad un anno del loro mandato ed
esposta la cosa alla Santa Sede hanno chiesto che il Capitolo
Generale con le elezioni dei Superiori avessero luogo nel prossimo
venturo 1915 insieme con le nostre grandi solennità.
Ho la consolazione di notificarvi che il S. Padre Pio X, sempre
così indulgente verso i Figli di Don Bosco, di buon grado ha
annuito alla nostra domanda. Così quelli che per ufficio o per ele-
zione sono chiamati a prender parte al Capitolo Generale potranno
pure assistere alle nostre feste che speriamo abbiano a riuscire con
l'aiuto di Dio non solo solenni, ma ancora veramente vantaggiose
alle anime. Ciò non vieta che vengano anche altri confratelli a
cui i Superiori locali credessero di poter concedere tale licenza
senza troppo disturbare l'andamento delle rispettive Case.
Intanto invito tutti quanti i confratelli ad inalzare fervide
preghiere a Dio affine di poter ottenere con la potente interces-
sione di Maria Ausiliatrice che il XII nostro Capitolo Generale
possa riunirsi senza alcun inconveniente malgrado la tristizia dei
tempi che corrono e produca frutti consolanti per la nostra Pia
Società. Quanto prima sarà inviato a ciascuna casa una specie di
programma delle materie che saranno trattate nel Capitolo. Con
molto piacere saranno ricevute le proposte che qualsiasi confra-
tello crederà inviare al regolatore del Capitolo Generale. Tutte
verranno esaminate attentamente, e se ne farà quel conto che ai
membri dell'assemblea parrà opportuno davanti a Dio.
In altra lettera sarà notificata la data e il luogo in cui sarà con-
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vocato il Capitolo e tutto ciò che sarà necessario per la sua buona
riuscita, a cui tutti possiamo contribuire con le nostre fervorose
preghiere e con l'impegno di mantenerci fedeli allo spirito del
Ven. D. Bosco.
In modo speciale ricordate al Signore il
Vostro aff.mo in C. ].
Sac. PAOLO ALBERA.
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XIII
Motivi di conforto nelle attuali tristezze
1. Lo spirito di paternità e di figliuolanza. - 2. Le conseguenze della
guerra. - 3. Povertà, economia ed unione di preghiere. - 4. Un'ora
con Papa Benedetto XV. - 5. Patrono dei figli e modello degli educa-
tori. - 6. Il più bel fiore dell'Oratorio. - 7. Salutare risveglio negli
Oratori festivi . - 8. Uno sguardo alle nostre Missioni. - 9. Per le
vittime del terremoto abruzzese.
Carissimi :figli in G . C.
Torino, 29 gennaio 1915.
Festa di S. Francesco di Sales.
Fin da quando la Divina Provvidenza ha voluto, nonostante
la mia pochezza, prepormi al governo dell'amata nostra Congrega-
zione, v'ho abbracciato tutti nella carità di N. S. Gesù Cristo,
non solo quali confratelli carissimi, ma come :figli che da quel mo-
mento doveva amare con quella pienezza di affetto con cui il
Ven. Padre D. Bosco e l'indimenticabile D. Rua, amarono quaggiù
ciascuno di noi.
1. Lo spirito di paternità e di figliuolanza.
E Iddio misericordioso, abbassando lo sguardo suo sopra la mia
miseria, s'è degnato dilatare la capacità del mio cuore e comuni-
carmi ( non credo presunzione dirvelo perchè lo sento) alcunchè
di quella vera paternità che procede dal suo Cuore Sacratissimo
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e che Egli dispensa liberamente in vario modo e misura alle sue
creature.
Per la qual cosa rivolsi tosto ogni mio pensiero e sollecitudine
al bene non solo della Congregazione in generale, ma di ciascun
membro di essa in particolare, non risparmiando preghiere, nè
industrie e fatiche, perchè ognuno potesse nel miglior modo pos-
sibile raggiungere con sicurezza il fine della propria vocazione reli-
giosa. In ogni consiglio dato, in ogni deliberazione presa, specie
quando questa poteva recare amarezza ad alcuno, non vi fu mai,
ne è testimonio Iddio, altro movente che l'amor del padre unica-
mente desideroso del vero bene dei suoi carissimi figli.
Mi consola il pensiero che anche voi amate il vostro Rettor
Maggiore qual padre : perciò, mentre sapete compatire alla sua
debolezza, siete intimamente convinti che egli non si risparmierà
mai in nulla per aiutarvi in ciò che può tornar vantaggioso all'anima
vostra e al vostro corpo.
Questo mi dicono tutte le lettere che mi scrivete non solo per
darmi relazione della vostra salute e delle vostre occupazioni, ma
anche e specialmente in quelle di semplice augurio. A tutte
avrei voluto rispondere personalmente, se mi avessero bastato
le forze e il tempo, in modo rispondente all'affetto paterno che
nutro per ciascuno.
Ma non essendo questo possibile, permettete che di quando in
quando vi palesi tutto l'animo mio con qualche lettera circolare o
edificante. Nel concetto del Capitolo Generale che le ha sug-
gerite, queste lettere edificanti dovrebbero servire di sprone a lavo-
rare alla maggior gloria di Dio e giovare a mantenere vivo il
fuoco della pietà cristiana.
Parmi però che al tempo stesso tali lettere riusciranno in modo
speciale vantaggiose alla nostra Congregazione, a mantenere cioè
il mutuo affetto che unisce il padre ai figli e questi a lui. Esse por-
tano ai figli il cuore del padre che dice loro: - Coraggio! so
che incontrate difficoltà e pene, ma state sicuri che io le divido con
voi e farò di tutto per aiutarvi a superarle o sopportarle. Silvio Pel-
lico scriveva: scèmasi dei mali il peso col narrarli altrui, cosi co-
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municandoci reciprocamente le gioie e le tristezze della vita, que-
ste si fanno più leggiere, e quelle portano la loro felicità ad ogni
cuore che le riceve.
Cosl tutto diventa comune nella nostra famiglia e si avvera la
parola dello Spirito Santo che l'abitare insieme sarà cosa buona e
gioconda! I figli poi alla loro volta leggendole si sentiranno non
soltanto spronati a lavorare con maggior lena, ma eziandio a comu-
nicare al padre, insieme con le loro gioie e pene, anche quel po'
di bene che riescono a compiere, perchè all'occorrenza possa ser-
vire di eccitamento ad altri. Gradite perciò questa mia come tenue
pegno dell'amore che porto a tutti, nessuno eccettuato; e vi serva
di stimolo ad operare il maggior bene nel campo affidato alle vo-
stre cure.
2. Le conseguenze della guerra.
Noi tutti si sperava che l'anno testè incominciato - il
quale segna due date memorande per la nostra amata Congre-
gazione: il Centenario, cioè, della nascita di Don Bosco e dell'isti-
tuzione della festa di Maria SS. Ausiliatrice - ci avrebbe recato
letizia e gaudio soavissimo con le grandiose solennità che si sna-
vano preparando secondo i programmi a voi già noti.
Ma purtroppo, come sapete, si son dovute rimandare le solen-
nità esteriori, accontentandoci nelle attuali tristezze ( 1) di unirci
compatti e fidenti nella preghiera espiatoria ed impetratrice di
pace alle nazioni dilaniantisi con inaudito accanimento in una
guerra che non trova riscontro nella storia. Il flagello di Dio segue
il suo corso implacabile, e la nostra Pia Società ne risente le ine-
vitabili conseguenze.
Pensate un po', carissimi, alle tante nostre case che fiorivano
presso le nazioni dove al presente ferve la guerra o spopolate di
giovanetti, o ridotte a vita miserrima; ai numerosi confratelli chia-
mati sotto le armi dei quali parecchi pagarono già il loro tributo
( 1 ) La guerra mondiale 1914-1918.
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alla patria col sacrifìzio della vita e altri sono in pericolo di
doverlo fare quando che sia; - alla paralizzata vitalità di tanti
popoli neutrali dove pure abbiamo confratelli carissimi e nume-
rose case, alla falange di Cooperatori zelanti che erano il sostegno
nostro colle loro beneficenze e che ora non possono più venirci in
aiuto, vuoi per le interrotte comunicazioni, e vuoi sopratutto
perchè costretti a profondere i loro averi a soccorrere altre miserie
più urgenti causate dalla guerra; - alle varie Missioni che ripon-
gono tutta la loro vita nelle offerte che loro si mandavano in
dete1minate epoche, e poi potrete farvi forse un'idea del mio pre-
sente stato d'animo e di quello degli altri superiori maggiori...
È vero che molti fra voi, o carissimi, provano da vicino una
parte di queste immani tristezze, ma non mi negherete che il
cuore del padre pensando a tutti i suoi figli e a tutto, è
immensamente più provato. Aggiungete ancora a questo altri dolori
e amarezze che sono inevitabili in una Congregazione numerosa ed
estesa come la nostra, e non vi sarà difficile comprendere qual peso
graviti sopra il vostro Rettor Maggiore. Dico questo non per
mendicare il vostro compatimento, ma per eccitarvi a fare la mas-
sima economia e a pregare con più fervore per me e per la nostra
Congregazione.
3. Povertà, economia ed unione di preghiere.
Lo so che queste cose già le fate; ed io, o carissimi, ve le ram-
mento soltanto perchè possiate essere ognora fermi nella loro pra-
tica. Colle presenti strettezze finanziarie Nostro Signor Gesù Cri-
sto vuole anche prepararci alla pratica reale della virtù della po-
vertà che abbiamo abbracciato con voto e che forse verrà presto a
noi con tutte le sue privazioni; ma se lo facciamo fin d'ora, spon-
taneamente imponendoci tutti una rigorosa economia non solo in
ciò che è superfluo, ma eziandio in ciò che non è strettamente neces-
sario, rendiamo il sacrificio nostro immensamente più grato al
divino Amante della santa povertà e più meritevole per noi.
E qui mi piace ricordare l'esempio di quelli che in vista ap-
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punto delle presenti strettezze e per essere più somiglianti a Gesù
povero, proposero di privarsi di alcune cose a tavola, ciò che in
alcune case si fa già da tutti; e l'altro esempio ancor più mirabile
di alcuni confratelli e figli di Maria, che, essendo sotto le armi
nella loro patria, fanno risparmio della loro scarsa paga, come sol-
dati, per venire in aiuto alla casa cui sono aggregati o che li ha
educati. Non è certo senza rincrescimento che io pensi a tali priva-
zioni di una parte dei miei figli, ma non posso non ammirarne lo
spirito di scarificio... Oh! se fossimo tutti animati da simili senti-
menti io son sicuro che non ci mancherebbero i mezzi per soste-
nere le nostre Missioni e per continuare a fare un gran bene alla
gioventù povera ed abbandonata.
Il nostro Ven. Padre nelle memorie da lui scritte per il go-
verno della Congregazione diede ai Superiori Maggiori questo docu-
mento che merita di essere profondamente meditato da tutti:
« Nel permettere costruzioni o riparazioni di case si usi gran rigore
nello impedire il lusso, la magnificenza, la eleganza. Dal momento
· che comincerà apparire agiatezza nella persona, nelle camere o
nelle case, comincia nel tempo stesso la decadenza della nostra Con-
gregazione ». Dunque, se amiamo la nostra Congregazione, regni
la santa povertà in tutte le persone e cose nostre: pratichiamola
con rigore prima che ce ne costringa la necessità, facendo la mas-
sima economia per venire in aiuto a quelli che ne abbisognano.
Cosl in un certo senso potremo dirci anche i cooperatori materiali
di quelle opere nostre che vivono solo di carità.
Ma in questi tempi calamitosi da noi salesiani si deve special-
mente pregare, e, perchè la nostra prece sia propiziatoria presso
Dio, offriamola costantemente alla nostra Potente Ausiliatrice, al
grande e singolare presidio della S. Chiesa, al singolare aiuto dei
Cristiani, a Colei che è terribile al par degli eserciti ordinati in
battaglia... Qui in Valdocco nel divoto Santuario della cara nostra
Ausiliatrice si sono iniziate, fin dal principio della guerra, fer-
venti preghiere per questo fine; e le umili suppliche continueranno
ad elevarsi ogni giorno e con fervore sempre crescente, fìnchè
non piaccia alla divina clemenza di esaudirci.
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A queste quotidiane suppliche desidero che in spirito prendiate
parte ancor voi, o dilettissimi, nelle vostre case, ponendo in tutte
le vostre preghiere l'intenzione che siano fatte in unione a quelle
che vengono inalzate dinanzi all'altare della nostra dolcissima Ma-
donna.
Un'altra cosa mi sta grandemente a cuore e si è che diate
- come già si fa nel Santuario di Valdocco - tutta la possibile
solennità alla Commemorazione del 24 di ogni mese in onore della
Potente Ausiliatrice del popolo Cristiano, inalzando a Lei più
vive suppliche secondo le intenzioni del Santo Padre e per il
maggior bene della nostra Società.
Il nostro Ven. Padre ci ha assicurati più volte che nuovi e
insigni benefizi sarebbero elargiti nell'avvenire da questa teneris-
sima Madre al popolo cristiano, ed io faccio voti che sia questo
il tempo delle nuovissime meraviglie dell'Ausiliatrice nostra. Sl,
se noi abbiamo fiducia, possiamo ottenere tutto da Lei: preghia-
mola dunque con la fiducia che è certezza e con la costanza che
non vien mar meno.
4. Un'ora con Papa Benedetto XV.
Soddisfatto questo bisogno del mio cuore che reclamava di
avervi tutti, o dilettissimi, meco uniti nel sacrifizio e nella pre-
ghiera, io passo a darvi alcune notizie che spero torneranno a
nostro comune incoraggiamento e conforto.
Il Venerabile nostro Fondatore considerò sempre il Vicario di
Gesù Cristo come il faro luminoso che doveva guidare i suoi
passi, e c'insegnò con la parola e con l'esempio ad amarlo, a difen-
derne l'autorità e ad accoglierne gli insegnamenti col massimo
rispetto e colla più scrupolosa ubbidienza. Ora se noi, fedeli a
questo insegnamento, amiamo il Papa, come teneri figli amano il
padre loro, noi dobbiamo esultare di santa gioia nel sapere che il
sapientissimo novello Pontefice Benedetto XV ama pure grande-
mente l'umile nostra Società e tutti i suoi membri.
E non esito a dichiararvi, o carissimi, che l'attuale Santo
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Padre ci ama d'un amor forte e di predilezione. Ne ebbi mani-
festa prova nell'affettuosissima udienza privata concessami da Be-
nedetto XV la mattina del 14 ottobre u. s. In quell'ora indimen-
ticabile che mi tenne al suo fianco, non solo gustai l'ineffabile sod-
disfazione che prova il cuore d'un credente nell'essere dinanzi al
Supremo Pastore, al Maestro infallibile, al Vicario di Gesù Cristo,
ma godetti pure di quella gioia profonda che prova il figlio al
cospetto del padre suo desideratissimo, il cuore di un umile bene-
ficato che può ossequiare il suo primo benefattore. Io credo, o
carissimi, che Don Bosco stesso, che amava tanto il Papa, non
avrebbe gustato maggior dolcezza nel vedere una così perfetta
consonanza degli ideali suoi con quelli del Vicario di Gesù Cristo
e nello scorgere così apprezzata da Lui l'opera sua!
Appena ammesso alla sua augusta presenza, mi prostrai umil-
mente per baciargli il piede, ma il S. Padre con somma bontà mi
disse: ve lo permetto solo per questa volta, e subito mi fece sedere
accanto a sè.
Per prima cosa mi ricordò con molta affabilità come pochi
istanti dopo la sua elezione, a mezzo dell'Ero.mo sig. Card. Maffi,
aveva inviato al Successor di D. Bosco e a tutta la Pia Società Sale-
siana una delle sue prime benedizioni. Manifestò la compia-
cenza provata nell'accogliere nel primo Concistoro da lui tenuto,
la prima postulazione di rito per la Causa di Beatificazione e Ca-
nonizzazione del nostro Ven. Fondatore. Si congratulò del bene
che l'Opera di D . Bosco compie, mercè la grazia di Dio, in ogni
parte. E con intima soddisfazione aggiungeva: più Vescovi che
hanno case salesiane nelle loro Diocesi me ne hanno parlato molto
bene!
Disse di aver letto nell'Osservatore Romano la funzione cele-
bratasi per la pace e secondo l'intenzione del S. Padre il 24 set-
tembre, nel caro Santuario dell'Ausiliatrice nostra. Ed avendo io
soggiunto che s'intendeva ripeterla il 24 d'ogni mese per tutto
l'anno centenario:
- Sì, sì, m'interruppe, continuate! Sono funzioni che fanno
del bene; stimolano alla frequenza dei Sacramenti. V'incarico di im-
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partire a mio nome la Benedizione Apostolica tutti i mesi a tutti
coloro che vi prenderanno parte.
Si parlò in seguito a lungo di molte altre cose riguardanti
la Congregazione e le Missioni, mi concesse speciali favori per
il buon governo della nostra Società ed una specialissima bene-
dizione per tutti i Salesiani. Permise infine che fossero introdotti
alla sua presenza Augusta il Segretario del Capitolo e il Procura-
tore Generale che mi accompagnavano, e con essi pure si trattenne
alquanto in affabile conversazione. Suonando il mezzodl, ebbe
la bontà di recitare con noi l'Angelus, dopo di che nel congedarci
affettuosamente ci benedisse di nuovo con tutta effusione.
5. Patrono dei figli e modello degli educatori.
Altro motivo di conforto per noi tutti si è la stima che gode
l'umile nostra Società in Roma. Non solo la stima e l'ama d'affetto
verace il Santo Padre, ma anche gli Em.mi Signori Cardinali ed
altri personaggi cospicui, che ebbi la fortuna di poter ossequiare
durante la mia permanenza a Roma, si mostrarono molto affezio-
nati e ben informati delle Opere nostre.
Tra questi mi piace ricordare l'Em.mo Sig. Card. Gasparri,
Segretario di Stato di S. S. e nostro Protettore, il cui affetto per
la Congregazione è pari solo al suo gran cuore e alla sua vasta
intelligenza; e lo stesso dovrei dire degli Em.mi Cardinali Giu-
stini, De Lai, Gotti, Vico, ecc.
Tra i membri della Congregazione dei Riti v'è molto impegno
per la Causa di Beatificazione e Canonizzazione del Ven. D. Bosco,
la quale fa il suo corso regolare. Nel 1° Concistoro tenuto da
Benedetto XV è stata fatta la prima postulazione di rito, e il Santo
Padre ( come mi dichiarò Egli stesso nella memoranda udienza sur-
riferita) l'accolse con la più viva compiacenza. Dopo la morte del-
l'Em.mo compianto Sig. Cardinale Domenico Ferrata, ponente,
si degnò accettare tale ufficio l'Em.mo Card. Antonio Vico.
Le più belle speranze preludiano non lontano il giorno in cui
la santità del Padre rifulgerà in tutto il suo splendore nel cielo
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della Chiesa Cattolica come valido Patrono dei figli e modello salu-
tare degli educatori della gioventù. Noi abbiamo la ferma fiducia
che D. Bosco in cielo è già tutto questo, perchè le grazie e i
favori più segnalati fioriscono su la sua tomba; ma dobbiamo con
le nostre incessanti suppliche affrettare il giorno della sua glori-
ficazione in terra.
Però non basta pregare: è necessario che siamo degni suoi
figli coll'imitare le sue virtù ripetendo di frequente il motto
d'ordine lasciatoci dall'indimenticabile D. Rua: - la santità dei
figli sia prova della santità del Padre!
Nelle file degli ammiratori del nostro Ven. Padre è una gara
generosa di imitazione e non faremo altrettanto noi suoi figli pre-
diletti?
Un insigne Prelato, antico allievo, estrasse oltre cinque mila
note della vita di Don Bosco per servirsene nel suo ministero e
così seguirne le tracce il più da vicino che sia possibile. È pure
edificante ciò che decisero alcuni Comitati di ex-allievi americani:
si proposero di studiare Don Bosco ed imitarne la virtù. E noi sa-
remo da meno?
6. Il più bel fiore dell'Oratorio.
Ma l'eccitamento all'imitazione del Ven. Padre ci venga prin-
cipalmente dalla memoria, dagli esempi e dalla protezione del
pio giovanetto che simile a fiore di paradiso deliziò col profumo
delle sue virtù i tempi eroici del nostro Oratorio di Valdocco,
voglio dire: il Servo di Dio Savio Domenico.
Crebbe egli sotto lo sguardo e la direzione di D. Bosco stesso
che l'ebbe caro più di ogni altro perchè più di ogni altro cono-
sceva le grandi meraviglie che la grazia di Dio andava operando
in quel cuore tenerissimo e santamente generoso, e prevedeva
che sarebbe divenuto il modello prezioso di tutta la gioventù
raccolta all'ombra dello stemma salesiano.
Di lui, morto in concetto di santità il 9 marzo 1857, il Vene-
rabile Fondatore scrisse un'aurea biografia, e fìnchè visse ne esaltò
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le virtù, ne mantenne viva la memoria, anzi più volte ebbe a dire
che l'umile studente dell'Oratorio un giorno sarebbe stato inal-
zato all'onore degli altari. E voi sapete, o diletti figli , come la
predizione paterna abbia cominciato a realizzarsi con l'introdu-
zione della Causa di Beatificazione e Canonizzazione di questo
suo piissimo alunno avvenuta 1'11 febbraio 1914 con somma esul-
tanza nostra e degli amici tutti dell'Opera Salesiana.
È proprio qui il caso di ripetere che essendo la santità del figlio
la miglior prova di quella del Padre, questo avvenimento è un
lieto auspicio per l'avvenire della Congregazione e per il compi-
mento di uno dei nostri più ardenti voti. Certo la fama di santità
di D. Bosco contribuì non poco a quella di Domenico Savio;
ma anche la fama di santità di Domenico illustrerà vieppiù, special-
mente d'ora innanzi, quella di Don Bosco.
Nulla vi dico delle virtù del santo giovanetto perchè avete
famigliare la vita di lui, scritta dal Padre e Fondatore nostro;
nulla delle solenni commemorazioni fatte in occasione dell'intro-
duzione della sua Causa a Roma, perchè sono cose a voi già note
per mezzo del Bollettino Salesiano. Ma non posso non parlarvi
( quantunque a voi pure già noto) del trasferimento dei resti
mortali del giovane Servo di Dio nel Santuario di Maria Ausilia-
trice, avvenuta il 29 ottobre ultimo scorso.
Savio Domenico s'era talmente affezionato all'Oratorio che -
colpito dalla malattia la quale, com'egli stesso presentiva, doveva
aprirgli le porte del Paradiso - bramava terminar quivi i suoi
giorni. Ma per fare del suo desiderio un sacrificio a Dio s'arrese a
D. Boco, e ritornò presso i parenti che allora dimoravano a Mon-
donio. Quivi otto giorni dopo terminava santamente i suoi
giorni e la sua salma veniva sepolta nel cimitero di quel fortunato
paese.
Don Bosco, conoscendo la santità del suo alunno, non poteva
dubitare che il Signore non lo glorificasse a suo tempo anche
quaggiù in terra. Perciò non solo ne scrisse la vita, ma rivolse
affettuose cure paterne alla sua salma. Per cura di lui essa venne
tolta dal cimitero comune e tumulata in apposita tomba presso
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la cappella dell'umile campo santo, la quale divenne tosto pre-
ziosa per tutti gli abitanti che fin d'allora presero a considerare il
pio giovanetto come il loro santo.
Ma quella tomba per oltre 50 anni mèta di divoti pellegrinaggi
e fonte di grazie segnalate doveva esser solo provvisoria, perchè
il Signore suole dar compimento quandochesia anche a un semplice
desiderio dei suoi servi fedeli. Ora Savio Domenico aveva deside-
rato non solo di terminare i suoi giorni all'Oratorio, ma di tornare
di frequente - come aveva confidato a D. Bosco - dal cielo a visi-
tare i suoi compagni e l'Oratorio. Dispose quindi il Signore che
il suo sepolcro definitivo sorgesse nel luogo stesso già santificato
dalle sue virtù, perchè anche i suoi resti mortali fossero di salu-
tare e continuo eccitamento a forti propositi in mezzo alla perenne
falange giovanile che egli in morte s'era assunto di proteggere
dal cielo.
Per questo adesso i suoi resti mortali riposano sotto la cupola
del Santuario di Maria Ausiliatrice, dove - nell'attesa della sospi-
rata glorificazione - la pietà dei suoi divoti gli inalzerà una nuova
tomba. La storia del trasferimento dei suoi resti mortali, che voi,
o cari figli, avete già letto sul Bollettino Salesiano, mostra bella-
mente in quale grande concetto di santità fosse tenuto a Mondo-
nio Savio Domenico; e ci fa comprendere al tempo stesso esser
cosa naturale che la gente accorra ora al luogo del suo nuovo
sepolcro per implorare grazie a favori . Noi intanto ringraziamo
Iddio del prezioso tesoro affidatoci e con umili suppliche facciamo
voti che sorga presto il giorno in cui ci sarà dato invocare l'ange-
lico Savio Protettore e modello dei nostri studenti.
7. Salutare risveglio negli Oratori festivi.
In questa lettera edificante mi pare opportuno fare anche
un cenno dei frutti portati dalla mia precedente sugli Oratorii
festivi . Voi, o miei cari, l'avete ricevuta con entusiasmo, letta e
meditata; molti mi inviarono ringraziamenti per le nuove energie
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di bene che aveva rinnovato nei loro cuori; il Bollettino Salesiano
l'ha comunicata nei suoi punti generale ai nostri zelanti Coopera-
tori e con viva gioia dell'animo mio potei constatare che s'accresce
dappertutto un santo zelo per la cura dei giovani esterni.
Parecchi Ispettori raccolsero a convegno i Direttori di tutti gli
Oratori festivi dell'Ispettoria per studiare insieme i mezzi più effi-
caci per fare il maggior bene ai giovani e per rendere gli Oratori
sempre più popolati. I Direttori delle case cui sono annessi Ora-
tori festivi ( e sono pressochè tutte) conversero sopra di questi
più sollecite cure, e la maggior parte dei Confratelli prestarono più
volentieri l'opera loro domenicale e serale in mezzo ai figli del po-
polo. Col buon volere di tutti si apersero pure parecchi nuovi Ora-
tori e Circoli giovanili.
È stato un salutare risveglio e ritorno allo scopo primario
della nostra Congregazione ed i frutti non potevano non essere
abbondantissimi. Nè solo si moltiplicò il numero degli Oratori e
dei giovani che li frequentano, ma per bontà del Signore pare
non siano sterili le fatiche dei Salesiani che ne hanno cura. Ne
fanno fede le gare catechistiche fatte in vari luoghi con vera soddi-
sfazione dei ragguardevoli personaggi ecclesiastici e laici che
assistettero. Lo provano i Circoli, le Compagnie, le Casse di
Risparmio, e l'istruzione che già mostrano questi cari fanciulli
nel confessarsi ed il contegno che tengono nell'accostarsi ai Sacra-
menti. Vari di essi esercitarono un vero apostolato in mezzo alle
loro famiglie , e procurarono ai loro parenti i conforti religiosi
all'ora della morte.
E questi salutari effetti della buona educazione che s'imparte
negli Oratori, portano ancora frutti preziosi nelle famiglie e nella
società, frutti che sfuggono il più delle volte alla nostra conside-
razione. Quante conversioni ed insperati ritorni al bene si de-
vono il più delle volte all'influenza che esercita insensibilmente in
casa un giovane dell'Oratorio! L'Oratorio, o miei cari, è l'Opera
nostra per eccellenza, e non si direbbe buon figlio di D. Bosco
quegli che non avesse la passione dell'Oratorio festivo . Il Sale-
siano che ha tale passione farà sempre del gran bene dovunque.
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Tutti direttamente o indirettamente dobbiamo amare e favorire
questo genere di apostolato.
Uno zelante nostro Cooperatore, il Rev . D. Eucherio Gianetto,
della diocesi di Ivrea, ma ora parroco della Colonia italiana della
città di Elizabeth, New Jersey, negli Stati Uniti, mi scriveva il 16
ottobre scorso: « ... È circa un anno dacchè potei ottenere dal
Rev.mo D . Coppo che un bravo sacerdote salesiano venisse ogni
settimana da New-York a lavorare nel mio Oratorio festivo e ad
istruire questi piccoli italiani - più di 500 - nel catechismo
secondo il sistema del Ven. Don Bosco, e il risultato fu dei più
confortanti. I ministri protestanti sono arrabbiati, perchè vanno
perdendo terreno giorno per giorno, quantunque essi dispongano
di molti mezzi finanziari che noi non abbiamo. Sono moltissimi i
ragazzi italiani tolti dalle chiese e scuole protestanti in un sol
anno. So che un ministro protestante italiano disse con suo
grande rincrescimento, che se continuerà a venir ogni settimana da
New-York il sacerdote salesiano, egli sarebbe stato costretto ad
andarsene da Elizabeth per mancanza di alunni nella sua scuola e
chiesa.
» Questo è un trionfo del sistema educativo del Ven. Don
Bosco e dei suoi figli! Io mi auguro che il sacerdote salesiano con-
tinui a venire, e che il ministro protestante debba andarsene da
Elizabeth per non ritornarvi mai più, a maggior gloria di Dio. Il
salesiano ogni volta fa un gran bene a questa parrocchia italiana,
ed è stimato ed amato da tutti, anche dagli americani. Egli pre-
dica molto bene in italiano, inglese e spagnolo ed è uno specialista
per istruire la gioventù a lui affidata ». Vorrei che procurassimo
tutti, o miei cari figli, di divenire specialisti nell'educare la gio-
ventù e nell'attirare i giovani agli Oratori, ed allora saremo degni
figli del nostro Ven. Padre.
8. Uno sguardo alle nostre Missioni.
Anche dalle nostre Missioni ci pervengono consolanti notizie
e sono sempre più sensibili i progressi che, nonostante le attuali
183

19.6 Page 186

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strettezze di personale e di mezzi, vanno compiendo colà quei
nostri instancabili Confratelli. Le relazioni che essi m'inviano e
che un po' per volta vengono pubblicate sul Bollettino, sono la
più bella testimonianza della specialissima protezione di Maria
Ausiliatrice in quelle regioni e nel tempo stesso del loro zelo.
Però quelle lettere non contengono che una piccola parte di
quanto si compie dai nostri Missionari, sia perchè molti nella loro
umiltà non osano riferire quanto con l'aiuto divino vanno facendo,
e sia principalmente, perchè ai più manca perfino il tempo di
scrivere a causa dell'immenso lavoro che li assorbe. A questi vo-
glio ripetere qui l'invito e la preghiera fatta più volte dall'indi-
menticabile D. Rua, e cioè, di fare qualsiasi sacrificio, e scrivere,
non già per soddisfare vanamente l'amor proprio, o dar vanto alla
nostra Pia Società, ma perchè si compia tra noi il desiderio del
nostro Divin Salvatore: ut videant opera vestra bona, et glori-
ficent Patrem vestrum qui in caelis est (Matth., V, 16) , affìnchè i
confratelli ed anche gli altri, edificati dalle vostre buone opere, ne
diano gloria al Padre nostro che è nei cieli.
Non è egli per questo motivo che gli Apostoli si raccontavano
reciprocamente il bene che col divino aiuto avevano potuto com-
piere, e perfino i miracoli che avevano operato? E non è egli per
tal fine che il nostro caro Don Bosco, mentre era ancor in vita
permise che si raccontassero le varie vicende dell'Oratorio? ( Cfr.
Lettera circolare di D . Rua, p. 426 ).
Nella mia lettera annuale ai Cooperatori Salesiani ho accen-
nato a nuove residenze aperte nelle Missioni. In Patagonia nella
Repubblica Argentina quella di Comodoro Rivadavia; pure in que-
gli immensi Territori lavorano con grande profitto per la colonia
tedesca varii nostri zelanti confratelli, verificandosi in tal modo
che i Salesiani hanno cura in America e altrove non solo degli emi-
grati italiani, ma anche di quelli di altre nazionalità quando ne
scorgono il bisogno.
L'amatissimo Mons. Costamagna finalmente ha potuto sta-
bilirsi nel suo Vicariato Apostolico di Mendez e Gualaquiza e già
si sentono gli effetti della sua presenza, avendo fondata una nuova
184

19.7 Page 187

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residenza a Indanza fra i Jivaros. Questo fatto è un assai lieto au-
spicio per quella Missione difficilissima, e faccio voti che la salute
di Mons. Costamagna l'assista per convertire alla fede e alla civiltà
quella razza indomita che per più secoli rese vane le fatiche dei
più eroici Missionarii.
Un nuovo assetto, e perciò un vero sviluppo ebbe anche la
Missione dell'Heung-Shan in Cina. Quei nostri buoni confratelli
si sono diviso tutto quel vasto territorio ed ora, mercè il loro
zelo, non solo vengono regolarmente assistite le piccole cristianità
esistenti, ma sorgono nuove cappelle e coll'aiuto di Dio si fanno an-
che frequenti conversioni.
E qui mi piace trascrivervi, o canss1m1, una preziosa pagina
che trovo nelle memorie scritte di propria mano dal Venerabile
D. Bosco, perchè nei progressi della Missione della Cina parmi
cominci ad avverarsi quanto il buon Padre ha preveduto: « A suo
tempo, cosl egli, si porteranno le nostre Missioni nella China e
precisamente a Pechino. Ma non si dimentichi che noi andiamo
pei fanciulli poveri e abbandonati. Là tra popoli sconosciuti ed
ignoranti del vero Dio si vedranno le meraviglie finora non credute,
ma che Iddio potente farà palesi al mondo ».
Inoltre per annuire al vivo desiderio della S. Sede si è ac-
cettata la nuova Prefettura Apostolica del Rio Negro al Nord-
Est del Brasile, confinante coll'Equatore e colla Colombia, disa-
giatissimo e difficilissimo campo che ha già stancato la robusta
fibra di altri zelantissimi Missionari. E l'abbiamo accettata per-
chè il compianto Pio X di santa memoria ci aveva fatto dire che
dovevamo accettarla per attirare con essa le benedizioni su la
nostra Congregazione . Anche l'Em. Card. Gotti ebbe a dirmi a
riguardo di questa Missione: sappiamo che i Salesiani accettarono
questa Missione perchè essa imporrà sacrifici gravi di denaro e
fors'anche di vite.
La Sacra Congregazione di Propaganda il 25 agosto u. s.
inviava all'instancabile confratello D. ·Giovanni Balzola, le lettere
credenziali per andare, in nome della nostra Società, a prender
possesso della difficile Missione. E ben possiamo dire che il com-
185

19.8 Page 188

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pianto Pontefice ha guardato con occhio di predilezione i nostri
Confratelli del Mato Grosso, poichè tra essi non solo elesse il
Vescovo ausiliare dell'Ecc.mo Arcivescovo di Cuyabà nella per-
sona del figlio di D. Bosco Mons. Francesco d'Aquino Correa, il
Vescovo più giovane di tutta la Chiesa, ma scelse anche il primo Ve-
scovo della Prelatura di Registro de Araguaya, la quale abbraccia
tutte le Missioni del Mato Grosso, nel carissimo Mons. Antonio
Malan, instancabile Apostolo di quelle terre.
Mons. Malan fu consacrato Vescovo in S. Paolo il 15 agosto
con feste solennissime, descritte molto minutamente in un riusci-
tissimo Numero Unico. Mons. d'Aquino fu consacrato nel di-
cembre u. s. in Cuyabà. - Gli attuali sconvolgimenti infine die-
dero ai nostri Segretariati del popolo presso le diverse nazioni una
maggior occasione di lavorare con più eroismo. Voi, o miei cari,
conoscete già l'attività di quello di New York dalle relazioni che a
quando a quando si stampano nel Bollettino, ma si fa pure altret-
tanto in Buenos Aires, a Lima, a Rio Janeiro e altrove per lo zelo
dei Confratelli addetti.
Nell'Alsazia lo zelante D. Giovanni Branda si rese grande-
mente benemerito presso molte migliaia di italiani che dovettero
rimpatriare all'inizio delle ostilità. Egli quasi da solo diresse con
tatto e previdenza il rimpatrio della maggior parte. I motivi che
dànno occasione a questo bene sono certo dolorosi, ma non per
questo cessa di esser bene ed è certo nostra missione il cercare di
lenire nel miglior modo possibile i mali del nostro prossimo anche
nelle cose materiali.
9. Per le vittime del terremoto abruzzese.
Mentre stava per conchiudere questa lettera, ecco giungere
la notizia del disastroso terremoto che ha colpito inesorabilmente
le città e i paesi più importanti dell'Abruzzo e parte anche del
Casertano. Nell'immane eccidio anche noi abbiamo a lamentare
gravi danni materiali, ma, per visibile protezione dell'Ausiliatrice,
tra i pochi scampati dall'eccidio quasi generale di Gioia de'
186

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Marsi, vi sono i nostri due confratelli sacerdoti che attendevano
alla Parrocchia e all'Oratorio festivo di qual paese ora com-
pletamente distrutto. Non così avventurate furono le buone Figlie
di Maria Ausiliatrice che perdettero tre Suore, rimaste sotto le ma-
cerie.
Chiniamo la fronte ai divini voleri e preghiamo anche per le
tante vittime di questo cataclisma. Ma il cuore mi dice che D .
Bosco e D. Rua non sarebbero contenti di questo solo, perciò mi
dispongo a ricoverare, nei limiti della carità che il Signore
ci manda, una parte degli orfanelli superstiti. E sia questo un
nuovo motivo che vi ecciti, o dilettissimi, a praticare quanto ho
suggerito più sopra e così darmi la possibilità di aprire le porte dei
nostri ospizi ad un buon numero di derelitti.
Ed ora è tempo che io ponga termine a questa mia lettera riu-
scita assai più lunga di quanto io avrei voluto. Ma ho scritto quello
che il cuore mi dettava e solo perchè bramo ardentemente che,
vivendo noi stessi dello spirito del Ven. Padre D. Bosco, lo pos-
siamo anche diffondere colla parola e colle opere in mezzo alla
società, praticando e propagando la divozione di Maria SS. Ausi-
liatrice. È questa la proposta che feci ai nostri buoni Cooperatori
per l'anno centenario della nascita di D. Bosco e della festa di Maria
Ausiliatrice; però per noi, o carissimi, dev'essere non una semplice
proposta, ma una luminosa realtà.
Nella speranza che ci sia dato di poterlo celebrare presto nella
pienezza del giubilo santo e nella solennità della sospirata e sup-
plicata pace, invoco dal nostro celeste Protettore San Francesco di
Sales sopra di me e sopra di voi tutti, o cari figli, l'effusione delle
più copiose benedizioni celesti alla maggior santificazione delle
anime nostre e di quelle affidate alle nostre cure.
Vostro aff.mo in C. J.
Sac. PAOLO ALBERA.
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19.10 Page 190

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XIV
Disposizioni varie per i chiamati sotto le armi
l. Esortazione del Papa a pregare per la pace. - 2. Corrispondenza con i
confratelli militari. - 3. Pratiche per l'assegnamento al servizio di sa-
nità. - 4. Anno scolastico e locali requisibili. - 5. Militari Chierici
in sacris. - 6. Titoli per la dispensa dal servizio militare.
Carissimi Direttori,
Torino, 1° giugno 1915.
Breve:mente alcune comunicazioni che in parte forse avrete già
avute dai rispettivi Ispettori, cui in antecedenza furon fatte:
1. Esortazione del Papa a pregare per la pace.
Vi è noto come il S. Padre il 25 maggio u. s. abbia scritto
all'Em. Card. Decano del S. Collegio: « Noi esortiamo tutti i figli
della Chiesa Cattolica a praticare insieme a Noi per tre giorni conse-
cutivi o disgiunti, secondo la scelta di ciascuno, uno stretto digiu-
no ecclesiastico, e concediamo che questa pia pratica di cristiana
mortificazione valga a far lucrare, con le solite condizioni, l'indul-
genza plenaria, applicabile anche alle anime del Purgatorio ».
Ove si giunga ancora in tempo, per una certa conformità, sug-
gerisco che a cominciare da venerdl 11 giugno, festa del S. Cuo-
re di Gesù, dai Confratelli e possibilmente anche dai giovani, si
pratichi, per tre venerdì consecutivi, tale digiuno stretto. Al mat-
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20 Pages 191-200

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20.1 Page 191

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tino poi o alla sera di tali giorni si dia la benedizione col Santissimo,
previo il canto del Miserere e la recita della preghiera per la pace.,
composta dal S. Padre.
Dove si può si faccia intervenire eziandio il pubblico e i fedeli
tutti si stimolino a ricevere i Sacramenti della Confessione e
Comunione per lucrare l'indulgenza plenaria. Dal Cuore Sacratis-
simo di Gesù, onorato in modo particolare in questo mese, im-
ploriamo la sospirata pace e intanto la protezione sopra i nostri
confratelli sui campi di battaglia.
2. Corrispondenza con i confratelli militari.
I Direttori e gl'Ispettori si tengano in corrispondenza fre-
quente coi confratelli richiamati alle armi; li aiutino moralmente e
materialmente quanto possono; procurino di avere gl'indirizzi e
comunicarli al signor D . Piscetta affìnchè anche i Superiori Mag-
giori possano, occorrendo, scriver loro.
3. Pratiche per l'assegnamento al servizio di sanità.
Si faccia di tutto per fare scrivere i nostri Confratelli alla
Compagnia di Sanità: è la meno pericolosa e la più confacente
al nostro carattere di religiosi. Alcuni chierici vi furono ammessi
presentandosi in veste talare: altri presentano un attestato del
proprio Direttore. Per quelli che sono sotto le armi, e ne avevano
il diritto, non si cessi dal lavorare per ottenere il passaggio a
tale Compagnia.
4. Anno scolastico e locali requisibili.
Non si anticipi la chiusura dell'anno scolastico, nonostante le
difficoltà che si frappongono. Si procuri anzi di tenere i locali oc-
cupati con le varie nostre opere interne ed esterne. Si farà così
una vera opera di carità ai nostri giovani e alle loro famiglie.
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20.2 Page 192

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Quando si avessero a cedere i locali si esponga rispettosa-
mente alle autorità militari il vivo desiderio di avere qual cappel-
lano militare qualcuno dei nostri sacerdoti richiamati alle armi.
Forse facilmente si otterrà. Altrettanto si potrà suggerire che
facciano le Figlie di Maria Ausiliatrice quando fossero requisiti i
loro locali.
5. Militari chierici in sacris.
Tutti coloro ceh sono in sacris, a qualunque categoria essi
appartengano, abbiano o non abbiano prestato servizio militare,
che non chiamati ancora alle armi lo potranno esser prossimamente,
eccetto i nati anteriormente al primo gennaio 1876, sono invitati
a fare domanda di essere inscritti, se già non lo sono, alla com-
pagn·a di Sanità.
Tale domanda si fa al distretto militare di origine ( non a
quello di residenza ) unendo il congedo e la dichiarazione di essere
in sacris, dichiarazione rilasciata dalla Curia.
6. Titoli per la dispensa dal servizio militare.
Le dispense dalle chiamate alle armi sono disciplinate
dal Regolamento approvato con R. Decreto 13 aprile 1911, n.
377, completato dal decreto ministeriale 22 maggio 1911 e dalle
istruzioni approvate il 28 maggio 1911.
Per le chiamate per mobilitazione i ministri dei culti aventi
cura d'anime hanno titolo alla dispensa dalla chiamata alle armi,
solo se siano ufficiali di milizia territoriale o di riserva, ovvero se
siano sottoufficiali o militari di truppa ascritti alla milizia terri-
toriale, compresi quindi tutti coloro che all'atto del concorso
alla leva furono assegnati alla terza categoria e che a tale cate-
goria furono trasferiti posteriormente, nonchè tutti coloro che
furono ascritti alla prima o alla seconda categoria ed apparten-
gono per arruolamento alle classi di leva 1881, 1880, 1879, 1878,
1877, 1876.
190

20.3 Page 193

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In pratica si richiede:
a) Che il Vescovo nella cui Diocesi dimora detto prete, rilasci
un certificato nel quale si dichiari ch'egli all'atto della pubblica-
zione del manifesto di chiamata alle armi si trova nella condi-
zione di Ministro di culto avente cura di anime, e che l'opera sua
è assolutamente necessaria per il regolare andamento dell'ufficio
affidatogli.
b) Che detta dichiarazione del Vescovo sia vidimata dal subeco-
nomo dei Benefici Vacanti, con un semplice « si conferma » e
bollo d'ufficio.
c) Che la detta dichiarazione contenga le seguenti indicazioni,
che possono desumersi dal foglio di congedo illimitato, di cui il
militare è provvisto, cioè: - cognome e nome - filiazione - grado
- classe e categoria - numero di matricola o di estrazione - comune
di nascita - comune in cui concorse alla leva - distretto al quale il
militare appartiene.
Questo certificato così vidimato e precisato si manda o si porta
al Comando del Distretto Militare, prima del giorno stabilito per
la presentazione alle armi ed esso concede la dispensa.
Occorrendo si faccia rilevare all'autorità ecclesiastica che in
alcuni Oratori si ha realmente la cura delle anime di tutta o di
quasi tutta la gioventù del luogo, e che partendone il Direttore,
non si potrà sostituire da altri, sicchè egli è realmente indispen-
sabile a quel ministero spirituale. - Per qualche Vice-Parroco
l'indispensabilità riesce più manifesta ancora.
Pregate per me che vi ricordo ogni giorno a Gesù e alla Vergine
Ausiliatrice e credetemi
Vostro aff.mo in C. J.
Sac. PAOLO ALBERA.
191

20.4 Page 194

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xv
Facilitazioni governative per gli esami
Eccitamento ad usufruirne
l. Esami d'ammissione alla Licenza Liceale, Normale, Istituto Tecnico.
2. Convenienza di acquisire Titoli legali. - 3. Evitare vacanze in fa-
miglia. - 4. Corrispondenza frequente degli Ispettori coi Direttori. -
5. Esercizi Spirituali.
Carissimi Ispettori,
Torino, 4 giugno 1915.
1. Avete notato le facilitazioni fatte per gli esami, facilitazioni
di cui possono godere anche i privatisti.
Sapete già che la scuola Normale Pareggiata di Valsalice que-
st'anno è nuovamente sede legale di esami di Licenza normale pei
privatisti del Circondario di Torino.
Sapete inoltre che i candidati agli esami di licenza Liceale,
Normale o d'Istituto Tecnico hanno diritto a quattro sessioni.
Conviene quindi che almeno ad ottobre p. v. si presenti agli
esami di Licenza Normale, Liceale o d'Istituto chiunque sia in
grado di prepararsi a superare questi esami. Chi si presenta ad
ottobre p . v. a sostenere anche solo qualche prova di tali esami
avrà diritto alle varie sessioni ed a compiere l'esame dove lo ha
cominciato.
Giova tener conto del regolamento approvato con Regio De-
creto 2 giugno 1913 art. 21 che ammette a tali esami senza
alcun titolo di studio precedente, chiunque compia 23 anni entro
il 31 dicembre dell'anno in cui si domanda di fare l'esame ed
a fortiori chi ha più di 23 anni.
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20.5 Page 195

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Chi ha conseguito in questa sessione estiva la promozione od
ammissione alla 3" Liceale od alla 4a Istituto con voti non infe-
riori ad otto può presentarsi in ottobre all'esame di Licenza
Liceale e d'Istituto. Eguale concessione è fatta a chi, avendo
conseguito la promozione od ammissione anzidetta senza la vota-
zione predetta, compie i 20 anni entro il 31 dicembre p. v. oppure
ha 19 anni ed è di 1a o .di 2a categoria.
Negli Istituti pareggiati - come p. e. a Valsalice - possono
dare gli esami di Licenza gli alunni ivi iscritti; i privatisti potreb-
bero dare l'esame di ammissione alla 3a Liceale, conseguita la quale
presentandosi poi agli esami di Licenza Liceale in un liceo gover-
nativo saranno interrogati solo sul programma della 3a classe.
2. Convenienza di acquisire titoli legali.
Conviene, carissimi Ispettori, che approfittiate di queste con-
cessioni per munirvi di titoli legali tanto più che purtroppo questa
guerra ci priverà di non pochi aiuti.
Sarà anche questo un mezzo per tenere utilmente occupati
durante le vacanze parecchi nostri confratelli. - Anche gli altri
che non avessero a prepararsi ad alcun esame converrà siano
occupati - pur concedendo loro il necessario sollievo, indi-
spensabile per alcuni dopo le fatiche dell'anno scolastico-. Inten-
detevi coi vostri Direttori e fate questa ch'è pur opera di grande
carità.
3. Evitare vacanze in famiglia.
Più che mai in quest'anno come vi ho esortato a ritenere nelle
nostre Case il maggior numero di giovinetti, cosl vi prego a non
essere facili a concedere ai confratelli vacanze presso le proprie
famiglie. Riceverete con tutta probabilità più insistenti doman-
de perchè lasciate andare alcuni confratelli ad aiutare i propri
parenti rimasti privi di altri membri della famiglia, perchè chia-
mati alle armi. Vi sarà facile persuadere confratelli e loro parenti
193
J3

20.6 Page 196

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che anche la famiglia salesiana è provata assai terribilmente e
che centinaia e centinaia di confratelli sono stati chiamati alle
armi pur rimanendo i gravi impegni da sostenere. Industriatevi
in bel modo di rendere questo segnalato favore ai confratelli, la
cui vocazione altrimenti potrebbe essere in grave pericolo. Fatelo
per altro senza gettare l'odiosità sui Superiori Maggiori. Quanto
dico per le vacanze procurate di farlo in tutto il resto; il vostro
zelo per la salute delle anime, la carità verso i confratelli e Supe-
riori vi suggerirà altri espedienti che a me ora non vengono neppur
in mente.
4. Corrispondenza frequente degli Ispettori coi Direttori.
In questi tempi tenevi più che mai in frequente corrispon-
denza coi Direttori delle diverse Case, aiutateli e accorrete sul
posto ove occorra. I Superiori comunicheranno con voi, voi coi
vostri Direttori; non è possibile fare diversamente.
5. Esercizi spirituali.
Stante la tristizia dei tempi non sarà facile che quest'anno i
membri del Capitolo Superiore vengano a presiedere i vostri eser-
cizi spirituali; studiate fin d'ora per altro il modo ch'essi abbiano
a riuscire ugualmente proficui e che tutti i confratelli vi possano
prendere parte. Fatemi sapere come intendete fare e in quel che
posso io e gli altri membri del Capitolo vi aiuteremo.
Raccomandate a tutti grande prudenza nel parlare, un impegno
particolare per essere più che mai buoni religiosi, osservanti delle
nostre Costituzioni.
Il Cuore Sacratissimo di Gesù ci sia davvero modello di
carità e umiltà e ne avremo abbondanti benedizioni per noi e per
la nostra amata Congregazione.
Pregate e fate pregare per me e credetemi
Vostro aff.mo amico
Sac. PAOLO ALBERA.
194

20.7 Page 197

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XVI
Effetti e ammaestramenti della guerra - Il primo Cardi-
nale Salesiano - Il XII Capitolo Generale
1. L'avveramento di un voto di D. Rua. - 2. I nostri festeggiamenti pel
1915... - 3.... furono sospesi a motivo della guerra. - 4. Le dolo-
rose conseguenze della guerra. - 5. Dalla pietà il coraggio. - 6. Dal-
l'esempio paterno lo spirito di sacrificio. - 7. Motivi di conforto. -
8. I salesiani negli eserciti. - 9. Ammaestramenti della guerra. - 10. Il
primo Cardinale Salesiano. - 11. Il XII Capitolo Generale.
Figli carissimi in G. C.
Torino, 21 novembre 1915.
Festa della Presentazione di M. V.
Mi giunsero in questi ultimi tempi varie lettere che mi com-
mossero fino alle lacrime.
Quei buoni confratelli che le scrivevano, ispirati senza dubbio
dal loro ardente affetto verso il Superiore e guidati dalla pratica
della vita salesiana, indovinarono appieno quali pungentissime spine
trafiggono il mio cuore nell'ora presente. Alla sagacità della loro
mente non isfuggì alcuna delle dolorosissime prove per cui deve
ora passare la Pia Società Salesiana, a cagione dell'immane guerra,
che ormai allaga di sangue umano tutta l'Europa. si tennero
paghi di parole di sterile compatimento per colui che deve in
mezzo a sì terribile burrasca tenere il timone della Pia Società
Salesiana; ma cercarono di lenirne le pene, promettendo ferventi
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20.8 Page 198

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preghiere e una condotta veramente degna di figli del Venerabile
D. Bosco.
1. L'avveramento di un voto di D. Rua.
Mentre io leggeva con animo commosso e con gli occhi velati di
pianto quelle tenerissime pagine, diceva a me stesso : ecco avve-
rato un voto che faceva sovente l'indimenticabile D. Rua . Egl{
nelle sue circolari augurava che tutti i suoi figli fossero idipsum
sentientes, che cioè nutrissero i medesimi sentimenti; che le
gioie e le pene dei Superiori fossero pure le gioie e le pene di
tutti i Salesiani.
Come è dolce al mio cuore il constatare che l'augurio di D .
Rua non fu vano . In vero ho ragione di credere che oltre quelli
che mi scrissero, altri moltissimi fra i nostri confratelli sentono
all'unisono con i loro Superiori, sebbene non abbiano avuto
occasione di attestarlo per iscritto.
Con la presente circolare perciò intendo ringraziarvi tutti del
conforto che in tal modo mi avete procurato. Intanto a comune
nostra edificazione m'intratterrò per pochi istanti con voi sulle
varie vicende della nostra Pia Società, le quali sono una prova
evidente che , se talora il Signore ci visita con le tribolazioni, tut-
tavia, sempre benigno e misericordioso miscens gaudia ff,etibus,
non ci priva delle carezze del paterno suo cuore, purchè noi non
ce ne rendiamo indegni. Aggiungerò pure alcune notizie che spero
vi torneranno gradite .
2. I nostri festeggiamenti pel 1915...
Ricordate come da varii anni tutta la famiglia salesiana af-
frettasse con ardentissimi voti lo spuntare del 1915, e già con l'im-
maginazione percorresse i grandi e per noi importantissimi avveni-
menti che esso ci avrebbe apportato. Secondo i programmi inviati
dai Superiori, ci andavamo già preparando a celebrare con tutta
la possibile solennità il centenario dell'istituzione della festa di
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20.9 Page 199

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Maria Ausiliatrice, non meno che il centenario della nascita di D.
Bosco. Era nostro intendimento che le case e missioni dei salesiani
e delle Figlie di Maria Ausiliatrice unissero i loro sforzi per far nota
anche alle persone estranee alla nostra Pia Società la somma di
bene che con l'aiuto di Maria Ausiliatrice, nel lasso di pochi anni,
avevano potuto compiere.
Con solenni funzioni religiose si sarebbero resi pubblici ringra-
ziamenti a Dio e alla nostra grande Patrona per i segnalati favori
che ci avevano impartiti. Col massimo splendore· si doveva ono-
rare la memoria del Venerabile Don Bosco, inaugurando in suo
onore un artistico monumento di marmo e di bronzo. S'intendeva
infine di far conoscere a tutti quanto sia fecondo di frutti il si-
stema educativo-didattico che quel grande nostro Maestro, pog-
giando sulla religione e sulla pietà, ci aveva insegnato; e ciò con
una grandiosa Esposizione formata unicamente dei lavori dei nostri
alunni. E che i grandiosi disegni dovessero riuscire secondo i no-
stri desiderii, ce ne rendevano sicuri la buona volontà e l'impegno
dei confratelli, che già mettevano mano ai lavori di preparazione.
Oltre ai festeggiamenti esteriori era ancora balenata alla nostra
mente l'idea di accrescere la solennità delle nostre feste nell'intimo
della Famiglia Salesiana, col chiamare attorno al maggior tempio
di Maria Ausiliatrice e alle venerate tombe di D. Bosco e di D.
Rua un gran numero di Salesiani. Quale miglior occasione infatti
per celebrare il nostro XII Capitolo Generale? E il Sommo Pon-
tefice Pio X, di santa memoria, informato dei nostri divisamenti,
non solo li aveva approvati, come io vi annunziai in apposita cir-
colare, ma li benediceva augurando che potessero mandarsi ad ef-
fetto e che tornassero a maggior gloria di Dio e a vantaggio delle
amme.
Applaudivano alle nostre proposte i carissimi ex-allievi, i quali
raddoppiavano le loro industrie nel raccogliere offerte per !'eri-
gendo monumento. Si univano a noi i benemeriti Cooperatori e le
zelanti Cooperatrici, desiderosi anch'essi di concorrere a rendere
più sontuose e più proficue alle anime le feste di Maria, Aiuto dei
Cristiani.
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20.10 Page 200

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· Come era dolce ed edificante pér noi il vedere quanto v'era di
più nobile e di più eletto fra la cittadinanza raccogliersi nei
Comitati organizzatori delle nostre feste! Con quanta ammira-
zione parlavano di D. Bosco e delle opere da lui iniziate! Con
quanto zelo si offrivano per far collette, per accrescere il numero
degli aderenti!
Nè posso tacere del favore e dello spontaneo appoggio che noi
abbiamo avuto da parte delle Autorità civili ed ecclesiastiche.
Basti accennare che s'ebbe a Presidente del Comitato dei festeg-
giamenti S. E. Mons. Bartolomasi, Ausiliare dell'Arcivescovo di
Torino ed ora Vescovo dell'esercito e dell'armata italiana. Il grande
suo prestigio e la prodigiosa sua attività eran pegno sicuro che le
npstre feste sarebbero riuscite un vero e splendido trionfo per
D. Bosco. Nutrivamo inoltre ferma speranza che ogni istituto dei
Salesiani e delle Figlie di Maria Ausiliatrice, continuando a lavo-
rare con lo slancio e con l'entusiasmo con cui avevano cominciato,
sarebbe diventato un centro di azione, una sorgente di zelo instan-
cabile a fine di dare la maggior estensione possibile a quel bene
che noi ci proponevamo di fare.
3. '. .. furono sospesi a motivò della guerra.
Ma il Signore non permise che i nostri desiderii fossero soddi-
sfatti, e a noi non resta che chinare la fronte e adorare i suoi
imperscrutabili consigli. Tutte le opere da noi progettate e inco-
minciate, a un tratto furono interrotte per quella guerra mici-
diale , che va ancora presentemente mietendo un così spaventoso
numero di .vittime. Come potevasi pensare a festeggiamenti reli-
giosi e civili in un tempo in cui ovunque si piange, se da ogni
lato si levano pietosi lamenti, se non havvi famiglia ove non si
contino morti o feriti?
Lo stesso sapientissimo Pontefice Benedetto XV intravvide le
gravissime difficoltà che noi dovevamo incontrare. Di fatto nella
memorabile .udienza che si degnò di concedere al Rettor Maggiore
dei Salesiani il 14 ottobre 1914, quando io gli presentava le mie
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21 Pages 201-210

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felicitazioni per la sua elevazione alla Cattedra di Pietro, dopo
avere parlato di varie altre cose concernenti la nostra Pia Società,
mostrandosi pienamente informato dei nostri grandiosi disegni,
e che ne sarà, mi chiese, con tono di voce e con un contegno che
indicava tutto l'interessamento che annetteva a tale domanda, e
che ne sarà delle vostre feste? Esprimeva in seguito i suoi dubbi
sulla convenienza di celebrarle, e conchiudeva facendo voti, perchè
si conchiudesse la pace, e così si togliesse ogni ostacolo .
Pur troppo non si potè ottenere la cotanto sospirata pace,
t noi dovemmo contentarci di dare alle nostre feste solamente il
carattere di pietà e di devozione, sopprimendo tutto quello che
avrebbe potuto sembrare fasto e apparato esteriore, non conve-
niente alla tristizia dei giorni che corrono.
E d'altro lato come avremmo potuto far appello alla carità
pubblica onde far fronte alle ingenti spese necessarie per le fun-
zioni religiose e specialmente per condurre a termine il magnifico
monumento che doveva sorgere sulla piazza di Maria Ausiliatrice?
Infatti venne ben presto a seccarsi ogni sorgente di limosine non
solo dalle nazioni belligeranti, ma ancora dall'America e da tutte
le parti del mondo. In ogni paese venne a languire l'industria e il
commercio, ovunque si ebbero terribilmente a lamentare i tristi
effetti della guerra.
4. Le dolorose conseguenze della guerra.
Ed ebbe a sentirli, e li sente ancora spaventosamente, la nostra
povera Congregazione. Tant'è vero che rimasero interrotte non
poche imprese, che per il bene delle anime si sarebbero dovute
compiete al più presto. Vedemmo varie nostre case convertite in
caserme ed ospedali; ma ciò che maggiormente fa sanguinare il
mio cuore si è che un numero stragrande di carissimi confratelli,
fra cui molti giovani sacerdoti, si trovarono nella dura necessità
di smettere l'abito religioso per rivestire le divise militari; dovet•
tero lasciare i loro diletti studii, per maneggiare la spada e il
fucile; furono strappati dai pacifici loro collegi e dalle scuole profes-
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21.2 Page 202

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sionali per recarsi a vivere nelle caserme e nelle trincee, o, quali
infermieri, furono occupati nella cura degl'infermi e dei feriti.
Ne abbiamo pure non pochi al fronte, ove alcuni già lasciarono la
vita, e altri ritornarono orribilmente malconci.
Nè ciò è tutto : viviamo continuamente in una crudele trepida-
zione, non sapendo quali dolorose sorprese ci riservi il domani..
Neppure possono essere senz'ansietà e senza inquietudine i Supe-
riori per rispetto ai collegi che si poterono riaprire, essendo innu-
merevoli i vuoti che i confratelli chiamati sotto le armi hanno
lasciato. Fanno pena le lettere che ci scrivono i nostri carissimi
Ispettori chiedendo personale. E noi, facendo violenza al nostro
cuore, dobbiamo rispondere a tutti che non ne abbiamo. Aveva
quindi ragione uno dei nostri più rispettabili confratelli, il quale,
scrivendo al Superiore, affermava, che mai, dacchè esiste, la Pia
Società Salesiana ebbe a passare per una prova così dura e così
lagrimevole.
5. Dalla pietà il coraggio.
Ma saremmo uomini di poca fede, se ci lasciassimo vincere
dallo scoraggiamento. Mostreremmo di ignorare la storia della
nostra Pia Società, se, dinanzi alle difficoltà che sembrano
volerci sbarrare il cammino, ci arrestassimo sfiduciati. Che ne direb-
be dal cielo, donde ci guarda amorevolmente, il nostro dolcissimo
Padre, se ci ravvisasse fiacchi e scoraggiati per vederci meno nu-
merosi nel coltivare quel campo che la Provvidenza ha assegnato
alla nostr'attività? Oh! ricordatevi , o carissimi , che D. Bosco ci
riconoscerà quali veri suoi fi gli solamente quando il nostro corag-
gio e la nostra forza saranno pari alle gravi difficoltà che dob-
biamo superare.
E questo coraggio e questa energia che ci è necessaria, dobbiamo
attingerla prima di tutto dalla pietà. Se in ogni tempo mi parve
doveroso insistere, perchè tutti i Salesiani compissero con rego-
lare assiduità e con fervore costante le loro pratiche religiose, ora
più che mai sento il doverlo inculcare. Forse per far cessare i mali
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21.3 Page 203

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gravissimi che ci travagliano, il Signore aspetta che noi facciamo
dolce violenza al suo cuore con molte preghiere fatte con umiltà,
confidenza e perseveranza.
6. Dall'esempio paterno lo spirito di sacrificio.
In secondo luogo, affinchè il nostro zelo non sia affievolito da
prostrazione d'animo, teniamo sempre fissi gli occhi della mente
su Colui che dobbiamo considerare quale nostro modello, e che
dobbiamo sforzarci di riprodurre nella nostra condotta. Ricor-
diamoci sempre che la vita di D. Bosco fu come una tela tutta
intessuta di acutissime spine.
Pur quando potè sembrare a qualcuno che egli camminasse
sulle rose, il nostro Venerabile Padre affermava che quelle rose
nascondevano lunghe spine che gl'insaguinavano i piedi. E quando
mai brillò maggiormente la sua energia e la sua virtù? Allorquando
il nemico delle anime con più accanimento si sforzava di accu-
mulare ostacoli alle sue apostoliche imprese. E questo appunto è
il momento in cui ogni Salesiano dovrebbe mostrarsi più fedele
imitatore dello spirito di sacrificio e dello zelo ardente che D.
Bosco, colla parola e coll'esempio, ci ha insegnato.
Ebbi occasione, non è molto, di trattenermi con il Diret-
tore d'un fiorente istituto governativo. Com'era naturale, il discorso
cadde sul gran numero di professori chiamati a prestare servizio
nell'esercito, e quindi sull'estrema scarsezza di personale inse-
gnante. E come farete, domandai a quel signore, per sostenere le
vostre scuole? - Eh, non v'è altro mezzo, mi rispose, che fare
in pochi ciò che si faceva in molti. Ciascuno di noi dovrà essere
disposto a fare, oltre al proprio, il lavoro di coloro che sono
assenti.
E se ciò fanno coloro che sono mossi unicamente da un mi-
sero stipendio, perchè non faremo altrettanto noi , che ci propo-
niamo un fine assai più nobile con l'esercizio della nostra mis-
sione di educatori?
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21.4 Page 204

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Oh! quale consolazione proverà il vostro Rettor Maggiore, il
cui cuore sente ad un tempo tutte le pene, i disagi e le privazioni
de ' suoi figlioli lontani , quando verrà a sapere che fra i Salesiani
s'accese una santa gara di addossarsi quei pesi e quelle fatiche ,
non leggere certamente, che sono indispensabili per riempire i vuoti
lasciati soprattutto nella scuola e nell'assistenza, da coloro che
la guerra tolse dai nostri istituti!
7. Motivi di conforto.
Ma se noi esaminiamo per poco l'andamento della nostra
Pia Società, facilmente ci verrà fatto di trovare, anche fra tante
tribolazioni, molti argomenti per rianimare il nostro coraggio.
Permettetemi che ne accenni qualcuno.
Se le nostre solennità religiose si dovettero compiere senza la
magnificenza e il concorso che desideravamo , ci rallegri tuttavia
il pensiero che quanto fu sottratto alla pompa esteriore, tutto si
fece convergere alla pietà e al raccoglimento. Ciò s'ebbe ad ammi-
rare il 24 di ogni mese, in cui vedemmo una folla immensa di
devoti, prostrati innanzi alla taumaturga immagine di Marià; Aiuto
dei Cristiani, tutti assorti in lunghe e ferventi preghiere; ma lo
spettacolo più grandioso e consolante si presentò a noi dinanzi il
giorno stesso della festa. Durante quaranta ore non mai interrotte
si ebbe la chiesa gremita di popolo in adorazione del SS. Sacra-
mento esposto. Parve si rinnovasse attorno all'altare il prodigio
che intenerì il cuore del Divin Maestro, e l'indusse a far il mira-
colo della moltiplicazione dei pani, quando cioè Egli vide le
turbe così avide d'ascoltare la sua divina parola, che, dimenti-
cavano perfino di mangiare e di dormire. Tante anime buone
non sapevano staccarsi da Gest.1 in Sacramento e da Maria Ausi-
liatrice!
Serva egualmente a temperare la nostra tristezza il sa-
pere, che se a causa della guerra non si celebrarono le feste da
noi ideate in Europa, esse si fecero, e col massimo concorso e
splendore, in America e in altre parti del mondo. Quanto mi duole
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21.5 Page 205

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che di esse, per mancanza di spazio, il Bollettino non abbia dato
finora che una pallida relazione, uno scarso riassunto ! Esse sono
una prova perentoria della vastissima estensione che prese la divo-
zione a Maria SS.ma Ausiliatrice, per opera dei cari figli di D .
Bosco, in ogni paese ove essi hanno piantate le tende.
8. I Salesiani negli eserciti.
Farete forse le meraviglie, carissimi figliuoli, se io affermo,
che le stesse luttuosissime circostanze di quest'accanita guerra eu-
ropea, ci porgono occasione di ringraziare il Signore d'averci
chiamati alla nostra Pia Società, e di portare il nome di Salesiani.
Dei tanti nostri confratelli chiamati alle armi, la maggior parte
sono stati ascritti alla compagnia di Sanità. Così essi, oltre a non
essere esposti a tanti pericoli, sono ancora in grado di esercitare
un'opera di fiorita carità verso i feriti e gli ammalati, e di compiere
un fecondo apostolato in mezzo ai soldati.
Infatti non si possono contare i giovani che i Salesiani hanno
preparato alla loro prima comunione. Quanti sono i militari che
essi, con sante industrie e belle maniere, ricondussero alla pratica
della religione! Quanti ne disposero ad una morte rassegnata e si
direbbe invidiabile! Si è per opera loro che certi ospedali presero la
forma di vere case salesiane, tanto regolarmente si fanno dai sol-
dati le pratiche di pietà.
Ma come mai questi salesiani ottennero il privilegio di essere
addetti alla Sanità? Ce lo dicono essi medesimi. Ciò è dovuto al
nome di Salesiani, alla simpatia di cui esso gode anche presso
i Superiori stessi dell'esercito. A tale considerazione chi non
sentesi crescere in cuore scmp·re più la stima verso la nostra
vocazione? Chi non si metterà in guardia contro la tentazione che
potrebbe sorprenderci in certi momenti di pena e di sconforto,
di abbandonare la retta via per cui ci siamo avviati? Chiediamo
ogni giorno a Maria SS.ma Ausiliatrice la grazia di perseverare
fino alla morte in quella Congregazione che è l'oggetto delle sue
predilezioni , anche a costo di gravi sacrifici.
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9. Ammaestramenti della guerra.
E a proposito dei nostri militari non posso dirvi di quanto
conforto mi tornino le loro bellissime lettere. In esse due pen-
sieri campeggiano invariabilmente, pensieri del tutto degni di figli
di D . Bosco. Primieramente varii di loro, dopo aver dipinto a
vivissimi colori le dolorose peripezie a cui furono esposti, dopo
aver narrate le orribili stragi di cui furono testimonii oculari,
esclamarono : ed io fui salvo per miracolo! Pareva che Maria Ausi-
liatrice e Don Bosco sviassero i proiettili che dovevano colpirmi.
Che bella prova che la Madonna di D . Bosco come fu l'ispira-
trice e la protettrice della nostra Pia Società, così continua a rico-
prirne i membri col materno suo manto!
In secondo luogo i nostri amati confratelli soldati, pur non
sapendo l'uno dell'altro , ripetono ad una voce che se in passato
stimavano pesante la disciplina religiosa, ripugnante all'amor pro-
prio l'ubbidienza, penosa la povertà, ora si avvedono che tali
sacrifici sono un nulla a petto di quelli che devono sopportare
nella vita militare. Con slancio generoso promettono, che, ove il
Signore li riconduca sani e salvi alla vita salesiana, sapranno
diportarsi da religiosi veramente osservanti. Accolgano di buon
grado la lezione che loro dànno questi giovani confratelli, coloro
che forse portano il giogo della vita religiosa ex tristitia et neces-
sitate, che vorrebbero adottare la massima di lavorare e di sof-
frire il meno che sia possibile, mentre hanno dato il loro nome
ad una Società a cui non si può appartenere senza amare il sacrificio
e senza fo brama ardente di salvare molte anime.
10. Il primo Cardinale Salesiano.
Le cose che ho accennate valgono a dimostrare che, se le
croci che noi, specialmente in quest'anno, dobbiamo portare, sono
così numerose e pesanti da lasciarne lacerate le spalle, Iddio, sem-
pre ricco in bontà e misericordia, non manca di versare il bal-
samo delle sue consolazioni sulle nostre piaghe. Egli non volle per-
mettere che l'anno 1915, orribilmente disastroso per tutti, si termi-
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nasse senza che la Pia Società Salesiana avesse una prova di più
della sua specialissima protezione.
Egli infatti, per mezzo del Sommo Gerarca della Chiesa,
dispose, che uno dei figli del Venerabile D. Bosco, il più anziano
e certo il più benemerito di tutti, fosse in questi medesimi lut-
tuosissimi giorni, quasi a compenso delle nostre non poche affli-
zioni, elevato all'onore altissimo della Sacra Porpora. Già portata
sull'ali del telegrafo, sarà giunta anche alle più remote parti del
globo la faustissima notizia, che Monsignor Giovanni Cagliero,
Delegato Apostolico nel Centro America, nel Concistoro del 6
dicembre sarà creato Cardinale. Oh! certo si rallegreranno tutti
coloro che ebbero la bella sorte di avvicinare Monsignor Cagliero, di
conoscere le rare doti della sua mente e la delicatezza del suo cuore,
e di sentire gli effetti del suo instancabile zelo. Ma più di tutti
ne godono i Salesiani.
Essi non possono dimenticare l'affetto particolarissimo con cui
l'amò D. Bosco, che previde la splendida carriera che avrebbe per-
corso. Ricordano quanto Mons . Cagliero abbia lavorato per coa-
diuvare il nostro buon Padre nell'inizio e nello sviluppo della
nostra amata Congregazione, la quale sempre gli fu oltremodo
riconoscente, considerandolo quale Direttore spirituale emerito.
I Salesiani hanno ognor presente alla memoria il laborioso suo
apostolato nella Repubblica Argentina, specie nella Patagonia,
che a Lui va debitrice se ora possiede i tesori della cattolica fede ,
ed è annoverata tra i paesi inciviliti.
Meglio d'ogni altro noi abbiamo potuto farci una giusta idea
del suo attaccamento alla Santa Sede e al Papa, avendolo veduto
rispondere prontamente all'appello di Pio X, quando quel santo
Pontefice volle destinarlo quale Delegato Apostolico e Inviato
Straordinario al Centro America. Colà apparve chiaramente di che
fosse capace il grande Missionario, tal che il Papa Pio X parlando
un giorno col Rettor Maggiore della Pia Società Salesiana, si
compiacque di usare queste espressioni: « sapete che il vostro
Monsignor Cagliero nel Centro America fa veri prodigi? In lui
non v'è più personalità propria, vi è solo il rappresentante del
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Papa. Quanto mi felicito d 'averlo scelto io stesso per quella Mis-
s10ne.I ».
Ornai logoro da tanto lavoro e dai disagi inevitabili nella
vita del Missionario, Monsignore avrebbe desiderato di ritornare
tra i suoi confratelli a fìnire i suoi giorni nell'oscurità d'una cella;
ma tale non era l'intenzione di Benedetto XV, il quale, persuaso
che i tesori di scienza e d'esperienza, che Mons . Cagliero aveva
accumulati, sarebbero tornati ancora di grande vantaggio alla
Chiesa, lo volle collocare sul candelabro, annoverando fra i mem-
bri del Collegio Cardinalizio, e chiamandolo a Roma.
Il nuovo Cardinale ringraziando il Sommo Pontefice di que-
sto atto di sovrana bontà, dimentico di se stesso, gli scriveva,
che della sua elevazione alla S. Porpora si rallegrava non propter
me, sed propter meos, non per se stesso, ma per i suoi confratelli,
che, sparsi ornai su tutta la faccia della terra, stanno faticando
e soffrendo per dilatare il regno di G . C., e per salvare molte
anime. Queste sue parole mi piacque qui citare, perchè conosciate
com'egli fu sempre e continua ad essere strettamente unito ai
Salesiani che si degna sempre chiamare fratelli.
Ma anche noi , o carissimi figliuoli, dobbiamo sciogliere un
inno di riconoscenza al Vicario di Gesù Cristo, che, premiando le
virtù e i meriti del Cardinal Cagliero, volle pure onorare la Pia
Società Salesiana, di cui egli è membro. Con questa scelta la nostra
Congregazione, ultima venuta, povera di meriti , può contare an-
ch'essa un P rincipe della Chiesa, onore che giustamente si suol
riserbare agli Ordini religiosi più antichi e più benemeriti della
religione. È quindi nostro dovere mostrarcene cordialmente grati
al Sommo Pontefice, professandogli ognora la più illimitata ubbi-
dienza e sudditanza.
11. Il XII Capitolo Generale.
Prima di chiudere questa circolare debbo darvi altra notizia ,
la quale è una prova di più che, nonostante i disastrosi avveni-
menti che deploriamo, i Superiori non sono punto disanimati,
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e sperano che non abbia ad essere turbata la vita della nostra
Pia Società. Essi sono di parere, che sebbene la guerra invece di
cessare abbia preso più vaste proporzioni, pure è necessario si
raduni nell'agosto prossimo venturo il XII Capitolo Generale.
Oltre che tali adunanze sogliono essere d'immenso vantaggio
alla vitalità e all'incremento della nostra Congregazione, è ine-
vitabile si raduni il Capitolo Generale per l'elezione dei 6 membri
del Capitolo Superiore. Perciò, con la presente circolare, intendo
d'indire la nostra adunanza capitolare, e d'invitarvi tutti quelli,
che, secondo le deliberazioni organiche, hanno diritto e dovere
d'intervenire.
Continueremo, se piace a Dio, a radunarci in Valsalice ove
riposano le venerate spoglie mortali di D. Bosco e di D. Rua, non
essendovi altro luogo più adattato per andarvi ad attingere lo spi-
rito di quei nostri amatissimi Padri, e per animarci a camminare
sulle loro orme.
Si farà l'introduzione del Capitolo Generale la sera del 15 ago-
sto alle ore 18, dopo esserci preparati con una muta di spirituali
esercizi predicata appositamente pei Capitolari.
È nominato Regolatore il Sig. D. Luigi Piscetta, membro del
Capitolo Superiore, che già esercitò questo medesimo ufficio, con
soddisfazione di tutti, sei anni fa. Egli riceverà le osservazioni e
proposte che tutti i confratelli crederanno opportuno inviargli per
meglio procurare la gloria di Dio e il bene delle anime; ma sarà
necessario che gli siano inviate non più tardi della metà di luglio.
Perchè siano regolarmente convocati i Capitoli ispettoriali, e
sia fatta debitamente l'elezione del Delegato, si legga attenta-
mente in conferenza e anche in privato quanto fu stabilito e pubbli-
cato nelle Deliberazioni e nei Regolamenti. Trascurando qualche-
duna delle formalità prescritte, si corre pericolo di rendere l'ele-
zione del Delegato irregolare e fors'anche nulla. Nei dubbi o nelle
difficoltà che potrebbero incontrarsi, è bene consultare il Signor
Ispettore o qualche membro del Capitolo Superiore.
Non occorre che io vi dica quanto sia necessaria al futuro
Capitolo l'assistenza dello Spirito Santo. In esso primieramente
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21.10 Page 210

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dovranno eleggersi coloro che formeranno il Consiglio del Rettor
Maggiore, e saranno quindi incaricati di assisterlo, di aiutarlo coi
loro consigli, e dovranno prender parte con voto deliberativo ad
ogni affare di qualche momento che si dovrà decidere. In secondo
luogo ai membri del Capitolo Generale saranno proposte que-
stioni assai difficili che dovranno sciogliersi secondo lo spirito di
D. Bosco. Ognun vede adunque quanto sia necessario ricorrere a
Maria Ausiliatrice per ottenere, con la sua potente intercessione,
che il Capitolo XII sia coronato da un esito felice.
Non si prescrivono preghiere speciali in comune, lasciando che
ciascuno faccia in particolare quelle pratiche di pietà, che il suo
affetto alla nostra Congregazione, gli suggerirà . E queste nostre ora-
zioni avranno molta efficacia sul Cuore dolcissimo di Gesù, se
saranno accompagnate dal sacrificio generoso di tutte le fatiche ,
le sofferenze e le pene che incontreremo senza fallo nell'adempi-
mento dei nostri doveri.
Vi assicuro che per parte mia non cesso gratias agens pro
vobis, memoriam vestri faciens in orationibus meis, cioè faccio
ogni giorno menzione di voi nella S. Messa, sicuro che anche voi,
con ferventi preghiere, mi otterrete dal Signore le grazie che mi
sono necessarie, per portare convenientemente il peso del difficile
ufficio che mi si volle imporre.
Sempre vostro aff.mo in Corde Jesu
Sac. PAOLO ALBERA .
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22 Pages 211-220

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22.1 Page 211

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XVII
Sulle cure da aversi per i Salesiani sotto le armi
1. Corrispondenza dei Confratelli militari coi Superiori. - 2. Cura dei
Direttori per i confratelli militari di loro dipendenza. - 3. Cura dei
Direttori d'altre Case per i confra telli militari che stazionano nella loro
prossimità.
Carissimi Ispettori,
Torino, 25 marzo 1916.
1. A voi mi rivolgo sopratutto quando ho qualche cosa d'impor-
tante. I tanti confratelli chiamati alle armi sono una continua
preoccupazione al mio cuore. Mi sono sempre lusingato che questo
stato di cose avesse a terminare presto ; ma purtroppo non si
scorge ancora nessun fondato indizio di prossima pace. Conviene
pertanto che tutti d'accordo pensiamo sempre meglio ai numerosi
confratelli chiamati alle armi ed esposti a tanti pericoli.
Il vostro cuore, al par del mio, avrà goduto nel sentire che in
generale sia le autorità militari che le ecclesiastiche si lodano del-
l'opera dei Salesiani sotto le armi, e sono pure di grande conforto
le lettere di detti confratelli riboccanti di affetto e di attaccamento
alla Congregazione e al nostro Ven. Padre D . Bosco. Ma possiamo
dire di seguirli tutti questi cari confratelli? Corrispondono tutti
con noi, o non sono sempre i medesimi che scrivono ai vari Supe-
riori? Ornai un quinto della Congregazione presta servizio mili-
tare, ed è la parte che al presente prova maggiore bisogno del
nostro aiuto.
209
14

22.2 Page 212

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2. Cura dei Direttori per i confratelli militari di loro dipendenza.
Sono quindi venuto nella decisione di rivolgermi a questi amati
confratelli con apposita lettera mensile. Come vedrete, in essa rac-
comando che diano conto di loro ai propri Direttori. Voi, dal
canto vostro, inculcate come meglio potete ai Direttori che se ne
prendano la massima cura, che si tengano in frequente relazione
con loro.
Questa prima circolare i Direttori potrebbero mandarla per
lettera chiusa e così prendere occasione per scrivere a tutti, dirsi
disposti a fare di gran cuore quanto raccomandano i Superiori, e
cercare di avere quei dati che saranno indispensabili perchè il
rendiconto morale, che si richiede, produca il desiderato salutare
effetto.
Riceverete pertanto dal Sig. D. Piscetta, che si occupa dei
Confratelli sotto le armi, il modulo per detto rendiconto, che gli
rimetterete dopo che i Direttori l'avranno opportunamente com-
pilato. Esso faciliterà assai il compito ai Direttori per tenersi in
continua relazione coi confratelli della propria Casa, e farà sl che
nessuno sfugga alle loro amorevoli cure.
3. Cura dei Direttori per i confratelli militari che stazionano
nella loro prossimità.
Anche per quei confratelli che risiedono in località dove sono
case Salesiane, non può ritenersi sufficiente che si assegni la Casa
dove possono recarsi per le refezioni, ma conviene procurare che
abbiano un luogo dove potersi adunare per riposarsi, scrivere,
studiare, ecc. e soprattutto occorre che vi sia qualcuno che si
occupi con amore del loro bene spirituale. Ufficio questo che
dovrebbf'ro compiere gli stessi Direttori, e nel caso che qualcuno
di loro ne sia impedito, si deputi qualche buon confratello capace
di compiere quest'opera salutare con ogni amorevolezza, ricevendo
tutti con bontà ed affetto in quelle ore di libertà che possono
avere.
Parecchi hanno danaro in avanzo, altri, e sono i più, non hanno
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22.3 Page 213

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il sufficiente. Con questi ultimi conviene essere solleciti nel prov-
vederli del bisognevole. Agli altri si usi la carità di rammentare
che anche sotto le armi sono religiosi. E di questo spirito religioso
abbiamo molti esempi, per bontà di Dio, anche nella nostra Con-
gregazione; e vi sono di coloro che mettono tutto in comune e
prendono dalla comune cassa quello di cui hanno bisogno, altri poi
risparmiano fìnanco la misera cinquina per sopperire a maggiori
necessità.
Secondo la vostra possibilità, non contentatevi di raccoman-
dare, ma assicuratevi che si compiano le vostre raccomandazioni.
Se poi avrete qualche cosa da suggerirmi che sia atta a consolidare
nella vocazione i nostri cari confratelli militari, la sentirò assai
volentieri.
Con la presente vi sarà mandata copia degl'indirizzi che noi
abbiamo; essa però è inesatta e incompleta. Procurate, per mezzo
dei vostri segretari, di farla correggere e completare, e rimandarla
poi con sollecitudine al Sig. D. Piscetta. Un altro mese la circolare
per i soldati si spedirà da Torino direttamente, per maggior solle-
citudine, unitamente al Bollettino, ma per questo si ha bisogno
degli indirizzi esatti e di tutti gl'indirizzi.
Pregate per me che vi sono sempre
Aff.mo in C.] .
Sac. PAOLO ALBERA.
211

22.4 Page 214

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XVIII
Sulla castità
1. Il titolo più onorifico per noi. - 2. Ostie viventi, pure e accette a Dio.
- 3. Come gli Angeli di Dio. - 4. Tutti i beni ci vengono da lei. -
5. La predilezione divina. - 6. La purità e la scienza. - 7. « Nec nomi-
netur in vobis... ». - 8. La realtà d'una leggenda. - 9. Per non cadere
appigliamoci ai mezzi. - 10. Preghiamo. - 11. Confessiamoci. - 12. Co-
munichiamoci. - 13. Siamo divoti della Madonna. - 14. Mortifichia-
moci. - 15. Fuggiamo l'orgoglio. - 16. L'ozio. - 17. Le cattive let-
ture e relazioni . - 18. Le amicizie particolari. - 19. ... Per l'innocenza
del fanciullo. - 20. I due diamanti.
Carissimi Salesiani,
Torino, 14 aprile 1916.
Commemorazione dei dolori di Maria SS.
Se nel cominciare la presente circolare, vi saluto con un titolo
diverso da quello di altre volte, non ne fate le meraviglie.
L Il titolo più onorifico per noi.
Altrove vi chiamai figliuoli, e questa parola esprimeva l'in-
tenso affetto che io sento di nutrire per voi, fin da quel giorno in
cui piacque a Dio d'eleggermi, contro ogni mio merito, a padre
della grande famiglia Salesiana.
Ora chiamandovi Salesiani, intendo manifestare la sincera e
profonda stima che professo a ciascuno di voi quale religioso e
figlio del Venerabile D . Bosco. Inoltre, col darvi questo nome,
son sicuro di far cosa oltremodo gradita alla vostra pietà, poichè
esso ci ricorda la grazia singolare di cui fu larga la nostra dol-
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22.5 Page 215

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cissima Madre Maria Ausiliatrice, quando prendendoci, direi quasi,.
per mano, ci sottrasse alla corruzione del mondo e ci guidò a questo
giardino d'ogni più eletta virtù, che è la nostra Pia Società.
So pertanto che il nome di Salesiani tocca le più delicate fibre
del vostro cuore, forma il vostro vanto, come quello che ci attirò
il rispetto e la simpatia di ogni ceto di persone. Lo gradiranno
non ne dubito tutti i membri della nostra Congregazione, che lavo-
rano indefessamente nei nostri numerosi collegi e oratorii: i nostri
zelanti Missionari, che al dirsi Salesiani si videro accolti ovunque
con estrema bontà; lo leggeranno con gioia immensa i nostri cari
soldati, che pur in mezzo ai gravissimi disagi e pericoli della
guerra, non si stancano di ripetere che nulla varrà mai a scemare
nei loro petti l'affetto che portano alla loro carissima madre, la
Pia Società di S. Francesco di Sales. A tutti tornerà utile il sen-
tirsi chiamare col nome di Salesiani, che in sè racchiude un gran-
dioso programma e il più efficace eccitamento a calcare le orme di
quel Grande , che ci gloriamo d'aver avuto a Padre e Fondatore .
E di far appello ai vostri più nobili e generosi sentimenti crede
veramente necessario il povero vostro Rettor Maggiore, nell'ac-
cingersi a scrivere alcune pagine per inculcare la pratica d'una
virtù che più d'ogni altra fu cara a Don Bosco, che formò il più
ricco ornamento della sua santa vita, e che da lui fu dichiarata indi-
spensabile per chiunque voglia arruolarsi sotto la sua bandiera.
Come già avete compreso, carissimi Salesiani, desidero animarvi
a sempre meglio amare e coltivare l'angelica virtù della castità.
Le vostre ferventi preghiere e l'affetto che vi lega a D . Bosco faran-
no sì che questo mio ardente desiderio si compia.
2. Ostie viventi, pure e accette a Dio.
S. Paolo, con insolita solennità e veemenza di linguaggio,
unita ad ineffabile tenerezza , esortava i Romani ad offrire a Dio
una vittima vivente, santa e gradita al Signore, e questa egli voleva
che fosse il nostro corpo medesimo: Obsecro vos, fratres, per mi-
sericordiam Dei, ut exhibeatis corpora vestra hostiam viventem,
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22.6 Page 216

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sanctam, Deo placentem (Ro m. XII, 1 ). I sacri mterpretl inse-
gnano che l'Apostolo con tali parole intende mostrare come i
seguaci di G esù Cristo debbano conservarsi puri d'anima e di
corpo.
Conservandosi illibato di costumi, il cristiano diventa una
vittima che, a differenza delle vittime dell'antica legge, anche dopo
immolata non cessa di vivere ; una vittima la cui offerta sale fino
al trono di Dio in odore di soavità, e ne fa discendere le più co-
piose grazie e benedizioni; ed è questo un sacrificio che ciascuno di
noi può rinnovare non solo ogni giorno, ma ogni ora, anzi per tutta
la vita.
Pur troppo si può ripetere anche qui il lamento che sfuggl
dal labbro del Divino Maestro , quando per la prima volta parlò alle
turbe della virtù della castità: non omnes capiunt verbum istud,
non è dato a tutti di comprendere questa parola. Ma siano rese
grazie a Dio: se vi sono molti che hanno la mente cosl ottene-
brata da non poter penetrare il sublime insegnamento di S. Paolo,
ciò non può affermarsi di quei fortunati che, illuminati da luce
superna, anima e corpo consacrarono al servizio di Dio.
Conscii della propria debolezza, persuasi di non poter riuscir
vincitori nella terribile lotta che nel mondo avrebbero dovuto
sostenere contro il demonio e le proprie passioni, essi cercano un
asilo nella vita religiosa. Eccoli quindi, da quel giorno memo-
rando in cui corrisposero alla divina chiamata, tutti intenti alle
pratiche religiose, occupati unicamente nell'esercizio della carità
verso il prossimo, pronti sempre al sacrificio.
Di loro può dirsi che sono davvero ostia vivente, pura e vera-
mente accetta a Dio ; che la loro vita intiera è un inno incessante
all'agnello senza macchia, che si proposero a modello. Come mi è
dolce il pensare che tale sia la condotta di ogni Salesiano!
3. Come gli Angeli di Dio.
E mi confermo in questa persuasione considerando lo slancio
con cui fanno le prime prove della vita Salesiana i nostri carissimi
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22.7 Page 217

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Ascritti, la diligenza con cui i Confratelli in generale osservano le
nostre Costituzioni, e il fervore con cui si fanno annualmente gli
spirituali esercizi. Si è specialmente in quei giorni felici che lo
Spirito Santo per mezzo dei predicatori tocca loro dolcemente il
cuore, facendo conoscere quanto eccellente e sublime sia la
castità, di cui S. Basilio lasciò scritto che rende la creatura somi-
gliante a Dio, e le comunica una quasi incorruttibilità celeste e
divina, per cui chi ne sia adorno, può con tutta verità far sue le
parole di S. Paolo: conversatio nostra in caelis est; un tal uomo
sembra camminare come gli altri sulla terra, ma con il cuore e lo
spirito è sempre elevato fino a conversare con Dio.
Che fortuna per noi d'essere Salesiani! Come tali dobbiamo vi-
vere in perfetta purità; a noi debbono potersi applicare le parole
di N. S. G. C.: et erunt sicut Angeli Dei.
Per questa virtù che porta il nome di angelica, noi che ne ab-
biamo fatto voto davanti all'altare, ci avviciniamo più d'ogni
altro agli spiriti celesti. Secondo l'espressione di un Padre della
Chiesa, coloro che la possiedono, sebbene siano rivestiti di carne,
quasi fossero spiriti, non ne subiscono le umilianti conseguenze,
habent in carne aliquid non carnis.
Quale è l'angelo per natura e senza lotta, tale il Salesiano di-
venta per virtù e per grazia. E il mondo, che anche nelle sue
tenebre e ne' suoi traviamenti conserva qualche raggio di senso
cristiano, comprende talmente che il religioso deve condurre una
vita angelica, che da esso la caduta d'un religioso in qualche mo-
rale è chiamata la caduta d'un angelo. Ce lo ripete anche il nostro
S. Francesco di Sales: La castità è il giglio della virtù, essa rende
gli uomini simili agli angeli (Introd. ).
4. Tutti i beni ci vengono da lei.
Per farci sempre meglio apprezzare la bella virtù, il nostro Ven.
D. Bosco, a viva voce e ne' suoi scritti, era solito applicare ad
essa le parole del Savio: venerunt autem mihi omnia bona pariter
cum illa; insieme con essa mi vennero tutte le altre virtù.
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E infatti, che cos'è la giornata à'un Salesiano veramente geloso
di conservarsi casto, se non un tessuto di atti di quella fede che in
lui vive, agisce e santifica tutta la vita? Alieno dalle misere sod-
disfazioni dei sensi, non aspira ad altro che a quel paradiso, ove
solamente potranno essere saziati i suoi desiderii. Ha esperimen-
tato che nessuna cosa mondana potrebbe pienamente appagare il
bisogno d'amare che sente nel cuore: perciò non ama altri che Dio,
e Dio solo basta alla sua felicità.
Colui che è puro, si trova bene ovunque lo mandi l'ubbidienza,
sa sopportare i difetti de' suoi confratelli, generosamente si sob-
barca a qualsiasi disagio e sacrificio, pur di procurare la gloria di
Dio e la salvezza del suo prossimo. L'anima veramente pura è una
primavera continua, una giovinezza perpetua, un fiore che non ap-
passisce; ogni sua parola è una soave melodia, un canto di cielo!
Dio stesso si piace di rispecchiarsi in essa come nel più terso
cristallo, e pare vi stampi qualche orma della sua bellezza.
Il Salesiano fedele al suo voto ama il lavoro e lo studio, e
trova le sue delizie nelle pratiche di pietà, che sono per lui sorgente
di coraggio, di for~a e di vita. Oh! certo non avverrà mai che si
penta d'essersi dato al servizio di Dio. Benedirà quel giorno in cui
ha emesso i suoi voti, bacierà con trasporto le catene con cui si è
volontariamente legato, catene che, a detta del Ven. Beda, lo ten-
gono lontano dal male e quasi lo forzano a rimaner fermo nel bene.
5. La predilezione divina.
Il nostro Ven. Padre ci stimolava ad essere amanti della castità
richiamando sovente alla nostra mente la predilezione di N. S. G. C.
per le anime pure. Infatti il Messia si fa annunziare dai Profeti
sotto immagini verginali, quali sono il fiore dei campi, il giglio
delle convalli, il giglio fra le spine, l'agnello che si pasce fra i
gigli.
Dovendo venire al mondo, si sceglie una madre tutta pura, santa
ed immacolata, che non accetterebbe nemmeno l'altissima dignità
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di Madre di Dio, se questa tornasse a detrimento della sua ver-
ginità. Deve avere un padre putativo ed un precursore: anche
questi saranno adorni di verginale candore. Predilige un Apostolo,
a cui concede di prendere riposo sul suo cuore, e a cui morendo
affida la Madre sua: e questo in premio della sua illibata purità.
Anche in cielo vuol essere circondato da un coro di vergini,
che lo segue dovunque egli va, e che canta un inno che a nessun
altro è dato cantare. Pur nel corso dei secoli, se talora si degnò
di riposare in forma di grazioso bambino fra le braccia di qualche
umana creatura, ciò riservò sempre quale speciale privilegio a quelli
che più brillavano per la loro angelica purità.
I Salesiani poi non devono mai dimenticare che, per tratto
particolare di bontà, il Signore si degnò di affidare alle loro cure la
parte più eletta delle anime che Egli ha riscattato col suo pre-
ziosissimo Sangue: quelle cioè che in gran parte ancora serbano
intatta la sto.la dell'innocenza, e dànno speranza di arruolarsi esse
pure sotto la bandiera della verginità inalzata da Gesù e dalla
purissima sua Madre.
Che sarebbe di noi, se fossimo trovati impari a si delicata
missione? Beati noi invece, se la possiamo compiere con frutto!
E lo potremo, se procureremo di amare e praticare noi stessi la
castità!
I biografi della B. Giovanna d'Arco assicurano che tanto vere-
condo era il suo contegno, che sarebbesi detto esalare dal suo
corpo un profumo di purità: sì che i soldati stessi in mezzo ai
quali talora doveva trovarsi, andavano esenti da ogni tentazione.
Volesse Iddio che tanto si potesse affermare di ogni figlio del
Venerabile D. Bosco nell'esercizio del suo apostolato fra la gio-
ventù!
6. La purità e la scienza.
Ci sia pure altamente fisso nella memoria, che sarà special-
mente dalla pratica della castità che noi saremo aiutati ad acqui-
stare la scienza necessaria per istruire i giovani che la Provvidenza
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invia nei nostri istituti. Quanto più puro sarà lo spirito e mortifi-
cato il corpo, tanto più saremo atti al lavoro intellettuale.
Oltre l'esperienza, ce lo conferma la tradizione, che suole
dipingere l'immagine di S. Tommaso d'Aquino, il principe dei Teo-
logi, con il sole non già sulla fronte, che pure è designata quale
sede dell'intelligenza, ma sul cuore, ad indicare che alla santità
de' suoi affetti, alla purezza sua verginale è dovuta la lucidità
di spirito con cui il Santo Dottore contemplò le verità della fede ,
e la facilità e precisione con cui seppe esporle e spiegarle. Lo stesso
potrebbe dirsi di Pietro Lombardo, di Suarez, di Sant'Alfonso de'
Liguori e di altri i cui prodigiosi lavori nel campo teologico sono
una prova evidente che la vera illuminazione del genio cattolico
viene dall'innocenza del cuore.
E se queste ragioni possono bastare ad altri per indurli ad
amare e coltivare con ogni cura l'angelica virtù, non bastano ancora
ai Salesiani, che devono rivaleggiare con ogni altra famiglia religiosa
nella pratica della castità, se non vogliono essere degeneri dagli
esempi e insegnamenti del loro Fondatore.
Ognuno di noi, leggendo le memorie biografiche di Don Bosco,
ha potuto convincersi ch'egli per grazia speciale di Dio ebbe la
sorte di conservarsi immune da peccati contrari alla castità. Ne era
prova il suo contegno ognora decoroso e veramente degno d'un
ministro di Dio.
Fu ammirabile la sua correttezza nel parlare e nello scrivere;
sicchè non gli sfuggì mai una parola che potesse intorbidire la
mente o il cuore dei numerosissimi giovanetti che lo avvicinarono.
Fu maestro nel guadagnarsene il cuore, ma per raggiungere questo
fine mai non ricorse a carezze sdolcinate, ad espressioni mondane
che sia pur poco disdicessero ad un padre, ad un sacerdote.
Ma ove risplendette meglio il suo amore alla purità, si fu nel
trattare con persone d'altro sesso, a cui appena permetteva di
baciargli la mano; e ricordiamo che, avendo una volta una signora
per divozione portato la mano del buon padre a' suoi occhi amma-
lati, appena egli se n'avvide, la ritrasse bruscamente come se fosse
stato scottato.
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23 Pages 221-230

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23.1 Page 221

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Qualcuno dei testimonii depose nel suo processo, che se D .
Bosco ottenne grazie cosl segnalate, se fu tanto fecondo il suo
apostolato a vantaggio della gioventù, questo avvenne in premio
della sua illibata purità. Dal cielo ci aiuti il buon padre a non
mai allontanarci dal sentiero che verbo et opere ci ha tracciato.
Guai alla Pia Società Salesiana, se venisse a perdere quella reputa-
zione che in fatto di moralità si è acquistata!
7. « Nec nominetur in vobis ... ».
Questo timore pur troppo mi costringe a interrompere la
dolce estasi di cui godevamo contemplando insieme la bellezza di
questa virtù - che S. Clemente chiamava dono di Dio, onore de'
nostri corpi, ornamento dei costumi, domicilio dello spirito Santo,
vita degli Angeli - per dare uno sguardo anche solo da lungi al-
l'abisso orribile, in cui precipita quel religioso, che avesse la sven-
tura di lasciarsi dominare dal vizio contrario alla purità.
Ciò io faccio con immensa ripugnanza, memore dell'avviso di
S. Paolo, che scriveva di questo peccato: nec nominetur in vobis.
Temo, trattandone, di allontanarmi dalla delicatezza di D. Bosco,
che amava meglio innamorare i suoi figli della bellezza della ca-
stità, che atterrirli dipingendo loro la bruttezza del vizio. Ricordo
che, se egli era buono ed indulgente per qualsiasi altra mancanza,
era oltremodo severo quando si trattava dell'immoralità e dello
scandalo.
Per averne orrore anche noi, basterebbe che riflettessimo un
poco sulla pena che ebbe il Signore nel vedere l'uomo, il capo-
lavoro della creazione, macchiato dal fango di questo peccato: dice
la Sacra Scrittura che ne fu ferito nel più intimo del cuore: tactus
dolore cordis, intrinsecus, si penti d'averlo creato e lo punl con
il diluvio.
Tertulliano osserva che questo vizio disonora l'umanità, che
N. S. G. C. onorò in modo straordinario unendola ipostaticamente
alla sua divinità nell'Incarnazione; egli, il terribile Africano, ol-
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tremodo indignato per la gravezza di questa onta fatta all'imma-
gine di Dio stesso, ne trae perfino una conclusione falsa, affer-
mando che tal colpa Dio non la perdona. S. Bernardo arrivò al
punto di dire che, peccando contro l'angelica virtù, l'uomo pone
se stesso al disotto del livello del bruto privo di ragione.
8. La realtà d'una leggenda.
Perchè abbiamo a rifuggire dall'impurità e a tenerne anche
lontani i nostri alunni, mi sia permesso riferirvi una leggenda.
Essa ci narra che un viaggiatore, avendo camminato quasi tutto
il giorno sotto la sferza d'un infuocato solleone d'agosto, ebbe
tale una sete da sentirsi venir meno . Vedeva su di un colle vicino
molta uva bella e matura; avrebbe voluto correre a dissetarsi,
ma gl'impediva il passo un'orrida palude. Sebbene potesse com-
prendere che questa era molto profonda e pericolosa, pure si de-
cise di attraversarla.
Tutta la sua persona fu immersa in un puzzolentissimo
fango, e fu gran fortuna se potè uscirne. Raggiunse così i grappoli
di quella vigna e gli fu dato di estinguere la sete; ma il fango
di cui era coperto dalla testa ai piedi, si appiccicò al suo corpo e
vi penetrò tanto profondamente che, per quanto si lavasse, non
gli fu possibile farlo scomparire. D'allora, ovunque egli va, porta
seco un fetore orribile, per cui tutti lo fuggono, non potendo
sopportare la sua presenza.
Non è quello che, davanti a Dio e talora perfino innanzi alle
persone del mondo, succede a chi ha la sventura d'imbrattare l'a-
nima sua del peccato impuro? Quanto terribili sono le conse-
guenze d'un piacere passeggero!
Ma vi ha di peggio ancora: San Gerolamo (L. I, contra Iov.)
dice: amissa pudicitia omnis virtus ruit; perduta la pudicizia,
scompare ogni altra virtù. E non c'insegna l'esperienza che, in
chi ha fatto naufragio la purità, si estingue puranco la fiaccola
della fede, muore la speranza cristiana, si chiude il cuore a ogni
sentimento di carità?
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23.3 Page 223

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Questo vizio è paragonato nella S. Scrittura ad un fuoco divo-
rante, che sradica ogni germe di virtù: ignis est usque ad perni-
ciem dévorans et omnia eradicans genimina. Chi può enumerare i
sacrilegi e i delitti che sono la conseguenza di questi peccati?
Da quali rimorsi non è lacerata la coscienza di chi li ha commessi?
E quando permettesse il Signore che certi disordini contro la bella
virtù venissero a divulgarsi, quale scalpore ne menerebbero i ne-
mici della religione? Di quale ignominia e vergogna non sarebbe
coperto l'infelice che ne è la causa?
Uno di questi disgraziati, caduto in grave colpa contro la
moralità, si vide rigettato dal consorzio umano e rinchiuso in orrida
prigione. Un giorno, sotto il peso della vergogna e del dolore, fu
udito esclamare : Almeno non avessi più mia madre! E se questo
succedesse sventuratamente ad un religioso, anch'egli l'avrebbe
sempre la sua madre: la Congregazione, che tanto fece per lui, e
che egli ora pasce di lacrime e di amaro disinganno. Il disonore
ricadrebbe ancora su tanti confratelli di vita intemerata, i cui sacri-
fici non si possono enumerare. Resterebbe colpita di obbrobriosa
sterilità tutta quanta la Società a cui il colpevole appartiene.
9. Per non cadere appigliamoci ai mezzi.
Perdonatemi, carissimi Salesiani, se vi ho contristati con queste
dolorose riflessioni e con questi avvisi ch'io dovetti spigolare in
altri campi, e di cui per grazia di Dio voi non avete bisogno. L'ho
fatto unicamente perchè sta scritto: qui stat, videat ne cadat,
cioè : chi ha la fortuna di star in piedi, stia attento a non cadere.
Felice quegli che impara a spese altrui! Ricordiamoci che siamo
Salesiani, e come tali dobbiamo portare alta la bandiera immaco-
lata che D. Bosco ci ha lasciata. Meglio ancora, badiamo bene che
noi abbiamo fatto il voto di castità, e ogni giorno dobbiamo pro-
porci di morire piuttosto che violarlo.
E perchè tale sventura non c'incolga, adoperiamo con impegno
quei mezzi positivi e negativi che ci suggeriscono i maestri della
vita spirituale. Comincerò coll'accennarne alcuni positivi.
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23.4 Page 224

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10. Preghiamo.
È tale l'influenza che esercita su di noi la concupiscenza
della carne, che nessuno può sperare completa vittoria confidando
solo nelle proprie forze . Si è specialmente in questa lotta che
abbiamo bisogno dell'aiuto dell'alto, e questo l'otterremo con quel-
l'atto infinitamente potente che, secondo Lacordaire, mette le forze
del cielo a disposizione dell'uomo. Sappiamo che se Dio c'impone
di evitare il peccato, Egli stesso ci invita a ricorrere alla sua mise-
ricordia per ottenere la forza di respingere gli assalti del nemico,
ed è sl buono da abbassarsi fino alla nostra debolezza, fino a
combattere al nostro fianco per assicurarci la vittoria. Quando la
navicella su cui si trovavano gli Apostoli stava per essere som-
mersa, essi ricorsero a Gesù dicendogli: salva nos, perimus, e non
fu vana la loro preghiera. Ad un tratto si tacquero i venti e s'ebbe
completa bonaccia. Quante volte si rinnova questo prodigio!
Una preghiera, uno slancio d'amore, una giaculatoria, basta a
sedare la tempesta dei nostri sensi, a mettere in fuga il demonio
impuro: tanto è vero che il Signore si compiace che noi ricono-
sciamo la nostra debolezza, la nostra insufficienza, e con filiale
fiducia ci gettiamo nelle sue braccia.
11. Confessiamoci.
Nè qui s'arresta la bontà di Gesù verso di noi. Col suo san-
gue medesimo Egli preparò un bagno che purifica le anime nostre
da ogni immondezza, le guarisce di tutte le infermità e comunic'l
loro la forza che è necessaria per vincere le più terribili tenta
zioni. E il fervente Salesiano, esatto osservatore delle sue Costi-
tuzioni, ricorre ogni settimana a questo lavacro della Penitenza.
Si mette in guardia contro le astuzie del demonio, che al pari
di tutti i malfattori detesta la luce, e, come insegna S. Francesco
di Sales, per sedurre un'anima comincia con imporle la condi-
zione del silenzio.
Ciò serve di norma al buon Salesiano, che apre a due battenti
la propria coscienza al confessore, ed ha cura di nulla tacere,
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23.5 Page 225

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evitando altresl quelle vaghe espressioni che impediscono al me-
dico dell'anima sua di conoscerne a fondo le infermità e di sugge-
rire quei rimedi che la possono più facilmente guarire.
12. Comunichiamoci.
Ma il Venerabile nostro Padre ci additò ancora un'altra
abbondantissima sorgente di grazia, di forza e di coraggio. Apo-
stolo della Comunione frequente e quotidiana, mai non si stancò,
in tutta la sua laboriosissima vita, d'incoraggiare i suoi figli a ci-
barsi di quell'alimento che è il più efficace per conservare o ricu-
perare, ove si sia perduta, la virtù della castità. Nella SS. Eucare-
stia noi ci mettiamo a contatto e in intima unione con Colui che
è la purità per eccellenza, la vita della nostra ani ma, il rimedio alla
nostra concupiscenza.
Ci tornino spesso alla memoria le parole di S. Giov. Crisostomo
(Hom., 61 ), che diceva come i nostri padri, i cristiani dei primi
secoli, uscissero da quella sacra Mensa quali leoni infiammati d'a-
more, fatti terribili al demonio stesso. Nessuna meraviglia perciò
se non temevano i carnefici, e divenivano martiri della fede, e
spesse volte ancora martiri appunto della castità.
13. Siamo divoti della Madonna.
È tradizionale per i Salesiani l'insegnamento che, a conser-
varci puri, dobbiamo usare della divozione a Maria SS. Ci as-
sicurò le mille volte il nostro Venerabile Fondatore, che la Pia
Società Salesiana e tutti i suoi istituti sono opera di Maria Au-
siliatrice; sappiamo come egli non ponesse mano ad alcuna impresa
senza ricorrere alla sua potente Protettrice; e ci è noto quanta cura
avesse questa dolcissima Madre, perchè dalle Case Salesiane fosse
bandito il peccato e specialmente l'impurità.
Leggiamo nel V Volume delle Memorie Biografiche, capo XV,
che nell'avvicinarsi delle sue feste più solenni Maria SS. era solita
purificare le sue case e ne scacciava chi non era degno di abitarle,
cioè chi non intendesse di custodire la bella virtù. E questo non
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23.6 Page 226

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ci basta a provare quanto la nostra Celeste Madre abbia a cuore
che quella Società, a cui diede tanti segni di predilezione, si con-
servi sempre esemplare nella pratica della purità? Non possiamo
dubitarne, sarà assicurata la sua protezione, se avremo verso di
Lei una tenera e ardente divozione.
Perciò, quando anche si sollevasse terribile nel nostro cuore il
vento della tentazione, e la tempesta minacciasse d'inghiottirci, e
ornai ci trovassimo sull'orlo del precipizio, guardiamo la stella
del mare, invochiamo Maria, come ci insegna S. Bernardo: respice
stellam, voca Mariam . E s'anco ci vedessimo caduti nella colpa,
coperti di schifosa lebbra e meritevoli dei castighi di Dio, ricor-
diamoci che un piccolo lembo del manto di Maria può bastare per
coprire le nostre ignominie e renderci degni del perdono. Preghia-
mola quindi che ci tenga sempre sotto il materno suo manto,
mites fac et castos.
14. Mortifichiamoci.
Ma non vi sia discaro che vi accenni un ultimo mezzo
positivo per custodirci casti: e questo è la mortificazione. San
Paolo ne fa questione di vita o di morte ( Rom. VIII , 13), affer-
mando che, se noi viviamo secondo la carne, morremo; se invece
mortificheremo le inclinazioni della carne, avremo la vita. C'inse-
gna pure che, per essere predestinati, dobbiamo essere conformi
all 'immagine del nostro Divin Maestro. Ora noi sappiamo che la
vita di Gesù fu tutta croce e martirio, tota vita Christi crux
fuit et martyrium (I mit. II, 12); quindi come potremmo cercare
unicamente di godere, e fuggire con ogni studio di soffrire? Come
potremmo vivere castamente senza mettere in freno le nostre pas-
sioni, senza la mortificazione?
Il Signore disse a S. Geltrude che, per chi è mortificato,
i sentimenti del corpo e le facoltà dello spirito saranno altrettanti
servitori, sempre pronti ad aiutarlo a servire Iddio con merito e
con perfezione; chi invece non vuole mortificarsi, avrà in essi al-
trettanti ostacoli al suo avanzamento spirituale.
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23.7 Page 227

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Sia dunque nostra premura continua di mortificarci, e potremo
conservarci puri: poichè il giglio della purità fiorisce tra le spine.
Non si creda che D. Bosco abbia dato poca importanza allo spi-
rito di mortificazione; se ne studii bene la vita, e si troverà che
ogni circostanza di essa è un eccitamento ed una lezione per la
pratica della mortificazione. Per essere veri Salesiani non dobbiamo
lasciar trascorrere un giorno senza pagare un tributo alla morti-
ficazione.
15. Fuggiamo l'orgoglio.
A questi mezzi positivi, che mi parve bene di suggerirvi
per mantenervi fedeli alla vostra professione, non vi rincresca
che ne aggiunga alcuni che chiamerò negativi. M'induco a farlo
ricordando che sovente D . Bosco ci diceva con S. Filippo Neri che
nelle tentazioni· contro la castità vincono i poltroni. Quindi dob-
biamo fuggire. Fuggite l'orgoglio. Se per disgrazia un povero
religioso calpesta il suo voto di castità, cercatene la causa, e tro-
verete che è la superbia che l'ha rovinato .
Egli fece a fidanza con la propria virtù, credette d'essere ab-
bastanza forte da non temere alcun danno esponendosi a certi
pericoli: e la sua temerità fu terribilmente castigata.
Onde a ragione S. Francesco di Sales scriveva che la castità è
una virtù timida e delicata, anzi sospettosa e pusillanime; una
parola basta a sgomentarla, uno sguardo a spaventarla. Eppure in
questa diffidenza di se stesso consiste la forza; da questa viene
la perseveranza; e appunto per questo disse lo Spirito Santo:
beato l'uomo che è sempre timoroso: beatus homo qui semper
est pavidus.
Era per questo che S. Gerolamo dava per consiglio, a chi
vuole conservarsi puro, di non fidarsi della virtù praticata in pas-
sato, nessuno essendo più santo di Davide, più forte di Sansone,
più sapiente di Salomone, i quali tutti erano miseramente caduti.
Bisogna essere umili. È degno di essere meditato il pensiero di S.
Fulgenzio, che, come la verginità è l'umiltà della carne, così
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23.8 Page 228

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l'umiltà è la verginità del cuore; e, molto a proposito, parlando dei
pericoli del mondo, Sant'Antonio abate ci lasciò scritto: sola humi-
litas, secura transire potest...
16. L'ozio.
Fuggiamo l'ozio. Senza questo a che gioverebbe che sulla sua
bandiera D. Bosco avesse scritto lavoro e preghiera? Avremmo
forse dimenticato che D. Bosco teneva sempre davanti a' suoi
occhi un cartello su cui stava scritto: ogni momento di tempo è
un tesoro? Monsignor Bonomelli, parlando del nostro Fondatore,
disse: « Dio è moto e luce; e così fu pure di D. Bosco. Fu moto,
spiegando una prodigiosa attività con le numerose opere da lui
fondate e sostenute; fu luce, promovendo ovunque l'istruzione
e combattendo l'ignoranza, specie in fatto di religione ».
Dio voglia che nessun Salesiano rimanga in ozio, mentre tanto
havvi da fare nelle nostre case. E se, non ostante le raccomandazioni
dei Superiori, qualcuno perdesse inutilmente il tempo, vorrei ri-
chiamargli alla memoria questa parola di Geremia: vocavit adver-
sum me tempus, che vuol dire che nel giorno del giudizio il Divin
Giudice chiamerà il tempo a rendere testimonianza contro di noi.
Vedremo allora schierarsi dinanzi a noi quei giorni innumerevoli
che trascorremmo nel dolce far niente; vedremo come in una vasta
tela tutte le grazie che quei momenti ci avrebbero apportato, e
che noi abbiamo perdute, e nel tempo stesso le vittorie che nel-
l'ozio nostro il demonio ha riportate sopra di noi. Oh! se ci è
cara la castità, fuggiamo l'ozio come la peste.
17. Le cattive letture e relazioni.
Fuggiamo le cattive letture; quindi lungi da noi quei libri
che nulla c'insegnano di serio, che riempiono solo la nostra mente
d'inutili fantasmi e dànno esca alle nostre già troppo ardenti pas-
sioni. Che pena per i Superiori, quando vengono talora a sapere
che su questo punto certi Salesiani si formano una coscienza così
rilassata, da non trovare alcun male nella lettura di opere e di gior-
226

23.9 Page 229

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nali che la Chiesa proibisce, e che i secolari stessi si vergognereb-
bero di leggere! Come ne terremo lontani i nostri alunni, se noi
stessi li leggiamo?
Non permettete, o carissimi Salesiani, che questo richiamo del
vostro Superiore abbia ad essere lettera morta.
E quei medesimi pericoli che dovete temere dalle letture troppo
libere e frivole, potreste pur troppo incontrarli nel contatto
con le persone con cui forse, per compiere il vostro ufficio, avrete
da fare. Noi viviamo, si dice, in una casa di cristallo. Siamo curio-
samente spiati, e perfino le nostre opere di carità sono talvolta
male interpretate e giudicate sinistramente.
Quindi è nostro dovere vegliare, perchè non si contragga alcuna
relazione che ci sia dannosa e torni a disonore della Società a cui
apparteniamo. Ad esempio di D. Bosco, rifuggiamo da ogni fami-
gliarità con persone d'altro sesso, quando anche siano dotate di
specchiate virtù e moralità, e si abbia per unico fine il loro bene
spirituale. Nessuno vada in cerca di quegli impieghi che espongono
a pericoli riguardo alla castità. Potrà fare del bene, specie a per-
sone d'altro sesso, solamente chi è rassicurato dall'ubbidienza e
chi ha piena diffidenza delle proprie forze.
18. Le amicizie particolari.
Nè io posso porre fine a questo mio scritto senza inculcarvi,
o carissimi Salesiani, con tutta l'energia possibile di fuggire le ami-
cizie particolari con i giovani che sono affidati alle vostre cure.
Avviene molte volte che un religioso, dopo avere generosa-
mente abbandonato il mondo, dopo aver soffocati in cuore i più
legittimi affetti della famiglia per amare unicamente il Signore,
dopo aver fatto il totale sacrificio di se stesso nella professione, si
senta acceso di particolare affezione verso qualcuno dei giovani
da lui dipendenti. Sembra che a ciò lo spinga il desiderio del bene,
un vero spirito di carità, ed invece vi è guidato dall'affetto carnale,
appunto come ce ne avvisa l'Autore dell'Imitazione: videtur
charitas, et est carnalitas.
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23.10 Page 230

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Di qui quei segni di amore che, forse innocenti sul principio,
conducono al naufragio della purità. Oh! quante sono le misere
vittime delle amicizie particolari che il demonio miete nelle case
di educazione, a risarcirsi, per cosi dire, del gran bene che con la
pietà e con una ben intesa sorveglianza vi si va facendo!
19. ... Per l'innocenza del fanciullo.
Mi sia ancora concesso, o diletti Salesiani, d'alzare la voce
contro la mania che ha invaso molti educatori, in questi ultimi
tempi, di voler sollevare quei veli che provvidenzialmente ten-
gono coperti a gran parte della nostra gioventù certi misteri della
natura, che sarebbe a desiderare fossero ignorati per sempre.
Costoro vanno blaterando essere ormai tempo che si aprano
gli occhi ai giovanetti, e che si istruiscano, nell'aprile della loro vita,
di certe cose che neppure le persone adulte, se ben educate, osereb-
bero dire senza rossore. E tale è la brama che costoro hanno di
rapire al più presto la pace e la calma a quelle anime innocenti,
e di aprire i giovani cuori alle più abbiette passioni, che giungono
al punto di chiamare ignoranti e antiquati coloro che in questo
difficilissimo problema la pensano e agiscono diversamente da loro.
Con pace di costoro, se mai ve ne fossero pure tra i Salesiani,
io come loro Superiore debbo dichiararlo: chi professasse tale
dottrina, non può dirsi figlio di quel D. Bosco che si sarebbe sti-
mato felice se avesse potuto prolungare anche solo d'un'ora l'inno-
cenza di un fanciullo: di quel D. Bosco che nel parlare e nello scri-
vere cercava le parole che gli sembrassero più atte a tener lontano
dalla mente dei giovani ogni pensiero men che puro.
Che se si vuole porre D. Bosco tra gli antiquati, ricordino co-
storo che debbono mettervi prima di lui quel Gesù che, ponendo la
mano sul capo d'un fanciullo, pronunziò le più terribili minacce
contro chi l'avesse scandalizzato. Si dovrebbe dare questo titolo a
S. Paolo, che del peccato impuro scrisse : nec nominetur in vobis;
al Ven. Cafasso, maestro di D. Bosco, e ad altri autorevolissimi
scrittori di morale, che raccomandano istantemente agli stessi con-
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24 Pages 231-240

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24.1 Page 231

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fessori di guardarsi bene dall'insegnare al giovane penitente il
male che ancor non conosce.
Ciò non vieta che a tempo e luogo il Salesiano, e specialmente
il sacerdote, possa dare in privato spiegazioni e consigli ad un
giovane che venga a consultarlo su questioni riguardanti la passione
impura; ma ciò è ben altro che parlarne in pubblica riunione, ove
non mancano mai quelli che ne sarebbero scandalizzati.
Siano quindi banditi dai nostri istituti quei libri che in-
segnano a tale proposito massime e principii diversi da quelli che
imparammo da D. Bosco. Lasciamo che altri parli e agisca a suo
talento in materia così delicata; noi seguiamo senza scrupolo e
senza paura le tradizioni della nostra Pia Società, e non avremo mai
a pentircene. A questo proposito vi sarà inviato un accuratis-
simo studio del Sig. D. Cerruti, Consigliere Scolastico della nostra
Pia Società, che certo sarà letto con piacere e con frutto.
20. I due diamanti.
Tutti i Salesiani conoscono il sogno che ebbe D. Bosco il 10
settembre 1881. Tutti sanno che sul manto ricchissimo che indos-
sava un augusto personaggio, manto rappresentante la Pia Società
Salesiana nel 1881, risplendevano in modo speciale due diamanti
su cui stava scritto: Labor, Temperantia. Che pena ebbe a pro-
vare D. Bosco quando vide che, pochi anni dopo, quei due bril-
lanti erano caduti lasciando un gran vuoto, un guasto profondo!
A tergere le lagrime di sì buon Padre, chi non farebbe ogni sforzo,
per impedire che avvenga quello strappo, quella perdita? All'opera
dunque: e sia impegno di ogni Salesiano di conservare ognora la
perla preziosa della castità. Potius mori quam foedari: risol-
viamo con tutta l'energia del nostro animo, di morire piuttosto
che venir meno al voto di castità.
Maria SS. Ausiliatrice esaudisca la nostra preghiera.
Sempre vostro aff.mo in Corde Jesu
Sac. PAOLO ALBERA.
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24.2 Page 232

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XIX
« Facciamo di tutto per tener aperte le nostre Case
anche nel nuovo anno scolastico »
1. Annuale riunione degli Ispettori differita. - 2. Buona riuscita dello
scorso anno scolastico. - 3. Provvidenza per il nuovo anno. - 4. Eser-
cizi spirituali .
Carissimi Ispettori,
Torino, 10 luglio 1916.
1. L'anno scorso di questi giorni avevo il conforto di vedervi at-
torno a me e agli altri Superiori del Capitolo per la trattazione di
affari di vitale importanza per la nostra Pia Società. Quest'anno spe-
ravo che le nostre adunanze si sarebbero rinnovate ed estese a tutti
gli altri Ispettori, che dovevano prender parte al Capitolo Generale,
e che si sarebbero prolungate per tutto quel tempo che la gravità
del momento avrebbe richiesto. Il Signore invece ha disposto di-
versamente : sia Egli benedetto in tutto!
2. Buona riuscita dello scorso anno scolastico.
Riandando quanto si è fatto nell'anno scolastico testè decorso,
nonostante i numerosi confratelli chiamati alle armi, io non posso
non ammirare i frutti copiosi derivati dalla nostra adunanza dello
scorso anno, e la vostra sollecitudine nel tradurre in pratica, a costo
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24.3 Page 233

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anche di gravi sacrifici, i desideri dei Superiori Maggiori, assecon-
dati in ciò dalla buona volontà di tutti i confratelli. Ed è certo
degno di ammirazione il vedere, come, ad onta di tutto, abbiamo
potuto tenere aperte le nostre case e svolgere l'opera del nostro
buon Padre accanto eziandio alle poche Case requisite pei bisogni
della patria.
3. Provvidenza per il nuovo anno.
Il nuovo anno scolastico 1916-17 non si presenta migliore di
quello che stiamo per chiudere; anzi richiede da noi maggiori
sacrifici e vuole quasi che lo antecipiamo di qualche mese, vale a
dire di tutto il tempo delle vacanze.
Nella lettera mensile ultima, N. 130, esortava i Direttori a
trattenere nelle loro Case il maggior numero dei già convittori e
di accettarne altri, in modo che le nostre Case fossero, anche
durante le vacanze, occupate proficuamente a vantaggio di tanta
gioventù, specialmente dagli orfani di guerra.
Questo apostolato e questa efficace cooperazione al bene della
società furono talmente apprezzati nel loro giusto senso da molti
Comandanti, i quali si astennero dal requisire i nostri locali, o
ne desistettero al semplice eloquente esposto di quanto si faceva in
pro dei figli del popolo, e non voglio dubitare che ciò ci sarà pur
continuato in appresso, perchè il bisogno di chi si occupi di tanti
fanciulli, privi del loro sostegno naturale, aumenta ogni giorno
più. Questo però richiede da noi, nonostante un anno eccessiva-
mente faticoso, la continuazione del nostro lavoro verso i giovanetti
affidati alle nostre cure, anche durante le vacanze, onde assicurarci
le nostre Case per il nuovo anno. Comprendo perfettamente le
difficoltà che incontrate, e le maggiori cui forse dovrete andare
incontro con le nuove chiamate, tuttavia oso insistere nel pen-
siero manifestatovi, che è pur quello di tutto il Capitolo Superiore,
e che, mi pare, sarebbe anche di D. Bosco e di D. Rua: facciamo
cioè di tutto perchè le nostre Case continuino ad essere aperte
anche un altr'anno.
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24.4 Page 234

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Avrete da ridurre la sfera di azione in qualcuna di esse: pa-
zienza! ma in questo caso cominciate a togliere le classi tecniche
poi le classi del ginnasio superiore; ma si faccia in modo che si
conservino di preferenza il ginnasio inferiore e le scuole elemen-
tari. Forse si potranno riunire classi diverse sotto un solo inse-
gnante; classi di diversi collegi in un solo di essi; si potranno
anche rendere più omogenei certi pensionati. La conoscenza della
vostra Ispettoria vi suggerirà qualche altro pratico provvedimento;
ebbene studiatelo, secondo lo spirito di D. Bosco, in relazione alle
attuali circostanze e poi mandatemelo, non più tardi del 20 agosto.
I vostri progetti, ben circostanziati, dicendo cioè come intenderete
provvedere alla vita delle vostre Case, con quale personale, quali
classi mantenere, quali sopprimere e perchè, ecc., saranno esa-
minati ponderatamente dal Capitolo Superiore, il quale, fatte le
opportune osservazioni, ve li restituirà per la pratica esecuzione.
4. Esercizi spirituali.
Parecchi Ispettori mi hanno mandato la lista degli esercizi
spirituali pei Confratelli e Novizi, e mi hanno procurato cosl un
vero piacere. Gli altri me la manderanno, spero, quanto prima;
anzi fìn d'ora la chiedo loro con sollecitudine, desiderando viva-
mente che gli esercizi siano fatti dappertutto e con tutta rego-
larità, e che tutti i confratelli, vi prendano parte, tanto più che
~'anno scorso, in alcune ispettorie, non si poterono fare in comune
e con la consueta regolarità; motivo di più per supplire quest'anno
con maggior impegno. Se mai vi fossero delle difficoltà i Signori
Ispettori le espongano subito, e si farà di tutto per poterle supe-
rare. Ho pure intenzione di mandare anche quest'anno i Capitolari
ad assistere i diversi corsi di esercizi di ciascuna Ispettoria, e
attendo anche per questo la vostra nota, onde possa significarvi
quale Capitolare vi possa intervenire. I Superiori Maggiori ven-
gono a presiedere e ad aiutarvi; voi però procurate di trovarvi
egualmente onde ascoltare i rendiconti dei confratelli, sentire
e provvedere a quanto potessero aver di bisogno.
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24.5 Page 235

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Converrà che le diverse mute siano, per quanto è possibile, di
seguito e con poco intervallo, in modo che durante agosto e i
primi di settembre siano terminate, almeno le mute destinate pei
confratelli.
Invocando su di voi, sulle vostre Case e su ciascuno dei con-
fratelli affidati alle vostre cure, le più elette benedizioni del Cuore
Sacratissimo di Gesù, vogliate nelle vostre orazioni ricordare in
modo particolarissimo chi di cuore si ripete
Vostro aff.mo amico
Sac. PAOLO ALBERA.
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24.6 Page 236

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xx
Consigli ed avvisi per conservare lo spirito di D. Bosco
in tutte le Case
1. Intercessione a D. Bosco nelle correnti strettezze belliche. - 2. Modelli
e maestri. - J. Spirito di pietà. - 4. Costituzioni. - 5. Povertà.
6. Castità. - 7. Ubbidienza. - 8. Correzione. - 9. Paternità. -
10. Umiltà. - 11. Zelo.
Carissimi Ispettori e Direttori,
Torino, 23 aprile 1917.
1. Il nostro Ven. Padre e Fondatore negli ultimi mesi della pre-
ziosa sua vita, logoro e affranto dagli acciacchi della vecchiaia, fu
udito ripetere mestamente: « sono ormai inutile alla nostra Pia So-
cietà; amerei meglio andarmene al Paradiso, ove potrei sperare di
essere di maggior vantaggio a' miei cari figliuoli con la preghiera ».
Nelle terribili angosce che ci opprimono, gettiamoci fra le
braccia del nostro dolcissimo Padre, ricordiamogli le promesse che
ci ha fatto di pregare per noi, e supplichiamolo di adoperare in
favor nostro quel potere di cui per bontà divina egli gode in cielo.
Giova sperare che mercè la sua intercessione la nostra Congrega-
zione non abbia troppo a soffrire nella prova spaventosa che ora
sta attraversando. Con tutto il fervore possibile chiediamogli che
conservi saldi nella vocazione tutti i suoi figliuoli, nonostante i
gravissimi pericoli cui si trovano esposti; che mantenga vivo in
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24.7 Page 237

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tutti lo zelo per la salvezza delle anime e renda feconda di conso-
lanti frutti la nostra missione a pro della gioventù.
Per ottenere queste grazie, tanto necessarie alla nostra Pia
Società nei momenti calamitosi che attraversiamo, io faccio asse-
gnamento in modo speciale sulla fervente pietà con cui pregherete
voi stessi, o carissimi Ispettori e Direttori, non che sull'influenza
che saprete esercitare sui vostri dipendenti perchè con la loro
buona condotta se ne rendano degni.
Vi è noto inoltre che, con le tribolazioni che ci manda, il
Signore intende non solo di purificarci dalle nostre personali im-
perfezioni, ma ancora di spronarci a riparare con più ardore e
slancio il male che si fa nel mondo, e a moltiplicar ognor più
le opere buone. Vorrei perciò che la tremenda guerra che ci af-
fligge presentemente, avesse a segnare un notevole miglioramento
nelle nostre case; e a tal fine ricorro a voi, carissimi figliuoli,
con questa circolare specialmente riservata agli Ispettori e Di-
rettori. Spero che voi l'accoglierete con quella volontà di cui mi
deste tante prove, e farete tesoro dei consigli e avvisi che il desi-
derio del maggior bene mi ispira, e che sono attinti agli insegna-
menti di Don Bosco e di Don Rua .
2. Modelli e maestri.
Comincio col richiamare alla vostra memoria che, per tenere
convenientemente il posto d'Ispettori o Direttori a cui foste elevati,
dovete essere per i vostri dipendenti Modelli e Maestri.
Il Superiore si ricordi continuamente che N. S. G. C. coepit
facere et docere, e a noi tocca seguire la via che ci ha trac-
ciato. Gli siano del pari altamente fisse nella memoria le parole
di S. Paolo a Tito: in omnibus teipsum praebe exemplum bono-
rum operum ( T it. II, 7), mostrati in ogni cosa modello di buone
opere. Ciò che era inculcato a quel santo Vescovo, molto a pro-
posito si può applicare ai Superiori in genere. Essendo preposti ad
una comunità, ricordatevi che il primo dovere del vostro stato è
quello di dare il buon esempio ai vostri sudditi.
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24.8 Page 238

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Non è degno del posto che occupa, quel Superiore che sorpassa
gli altri solo nell'autorità e non nella virtù. Il dotto Salviano af-
ferma che la dignità senza la virtù è un titolo onorifico senza
l'uomo che lo porti, un ricco ornamento gettato nel fango. Il
Superiore è sempre in vista de' suoi sudditi, che sono tutti occhi
per esaminarlo e tutti lingua per criticarlo. Gli inferiori saranno
forse edificati per qualche virtù del Superiore, ma possono anche
essere scandalizzati de' suoi difetti. Purtroppo il bene si ammira,
ma non si imita, mentre il male, anche disapprovato, si segue.
A che serviranno i vostri avvisi, le vostre esortazioni e corre-
zioni, se non saranno resi efficaci dal buon esempio?
Ma il titolo che voi portate v'impone ancora il dovere di
far da Maestri ai vostri dipendenti. Come nella famiglia il padre ha
il dovere di alimentare i suoi figli, così il Superiore non adempie
il compito di padre, se lascia mancare il nutrimento spirituale
e morale ai confratelli che gli sono affidati.
Senza dubbio essi durante il noviziato si formarono una giu-
sta idea dello stato religioso, dell'essenza e della perfezione dei
voti; compresero il significato delle Costituzioni, impararono a com-
piere i diversi uffici a cui dovevano poi essere impiegati; ma quanto
imperfetta è ancora questa loro scienza! Al Superiore incombe
il dovere di completarla. Versato com'è nella scienza della vita
religiosa, ammaestrato dall'esperienza, egli potrà illuminare le
menti de' suoi sudditi, aiutarli a passare dalla teoria alla pratica,
a scoprire e specialmente a correggere i loro difetti. In lui si
dovrà avverare la parola dello Spirito Santo: labia sacerdotum
custodient scientiam et legem requirent de ore eius. Dio ha posto
quelle anime alla vostra scuola, aflinchè camminino nel sentiero
della perfezione, e voi sarete responsabili davanti a Dio, se per
vostra colpa non praticassero le virtù proprie del loro stato.
Come mai potrà un Direttore tralasciare o fare senza prepa-
razione le due conferenze mensili, se pensa a questo suo stretto
dovere? Come trascurare gli altri mezzi che tiene a sua disposi-
zione per assicurare il progresso spirituale de' suoi subalterni?
Del resto non avete che a rileggere le circolari di D. Bosco e di
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24.9 Page 239

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D. Rua, per convincervi che i Superiori non corrispondono al loro
ideale, se non si sforzano di essere verso i dipendenti Modelli e
Maestri.
3. Spirito di pietà.
Nell'eleggervi all'importante carica di cui siete rivestiti i Su-
periori Maggiori erano convinti che voi foste forniti di tal grado di
virtù, di scienza e di abilità da poterne convenientemente com-
piere i doveri. Già avevate fatte lodevolmente le prime prove e
dato affidamento di buona riuscita; tuttavia, più che sulle doti
di mente e di cuore, essi facevano assegnamento sulla grazia
del Signore, che non è mai negata a chi fa l'ubbidienza e a chi
sa implorarla con vero spirito di pietà.
Voi stessi ne faceste l'esperienza. Non è egli vero infatti che
fin dal principio della vostra carica vedeste addensarsi sul vostro
capo tale una farragine di affari, di pene e di difficoltà, da sentir-
vene quasi schiacciati? E come avete potuto vincere tanti osta-
coli? Ricorreste alla preghiera, e Dio vi diede la vittoria.
Ma sventuratamente è a temere che questo spirito di pietà
venga a diminuire o anche a spegnersi, se il Superiore si lascia tra-
volgere dal vortice di troppe occupazioni esteriori. Più ancora che
i semplici religiosi, debbono i Superiori mettersi in guardia contro
i gravissimi pericoli d'una vita disordinatamente attiva.
Invero questo avviso stesso credette dover dare S. Bernardo al
B. Eugenio III Papa, nonostante che questi nel suo indefesso la-
voro altro non avesse di mira che il bene generale della Chiesa.
La dissipazione dello spirito, la durezza di cuore, una maniera
d'agire tutt'affatto umana, sarebbero le tristi conseguenze della
mancanza di vita interiore, di unione con Dio. Secondo il consiglio
del medesimo santo Dottore, imitiamo il Verbo Eterno, che
mentre va evangelizzando la Giudea, è sempre intimamente unito
con il Padre nell'alto dei cieli.
Più che con la parola dunque, sia il Superiore di eccitamento
alla pietà col suo esempio; cosi solamente potrà santificare le sue
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24.10 Page 240

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azioni e dare tanto di pietà e fervore a' suoi dipendenti quanto è
necessario, senza mai patirne difetto egli stesso.
Venendo ora alla pratica: 1) Non manchi mai di trovarsi con
la comunità alla meditazione, alla lettura spirituale, a tutte le
funzioni e pratiche di pietà obbligatorie. 2) Approfitti di ogni
predica, sermoncino della sera, allocuzione o rendiconto, per ec-
citare i confratelli a praticare la pietà, e sia santamente industrioso
per mantenere vivo in essi il fervore. 3) Sia costante nell'esigere
che si compiano le pratiche ordinate dai Superiori, e si opponga
alla mania di abbreviarle od ometterle. 4) Abbia cura che i sacer-
doti celebrino digne, attente et devote; che si imparino bene le
sacre cerimonie e che s'insegni specialmente il canto gregoriano,
la musica sacra e quanto può accrescere decoro al culto divino.
4. Costituzioni.
Grazie a Dio, in ogm 1st1tuto salesiano che ho v1s1tato, vidi
sempre farsi molto bene, sicchè, quand'anche vi scoprissi qualche
difetto, potevo far mio il detto: ubi plura nitent, paucis non
offendar maculis. Ma le case che formano la mia delizia sono quelle
ove trovo un Superiore che, esatto osservatore egli stesso delle
Costituzioni, si dà in pari tempo massima premura perchè i suoi
dipendenti facciano altrettanto. Fra quelle mura mi par di sentire
aleggiare lo spirito di D. Bosco, anzi di udire il nostro buon
Padre ripetere a quei Salesiani: - Vi riconosco dalla vostra con-
dotta quali miei figliuoli: vi porto un particolare affetto. La vostra
casa corrisponde interamente a' miei ideali. - Qual direttore non
bramerebbe un simile elogio?
Per meritarlo, leggete, studiate e meditate quelle Costituzioni
che dal Signore forse furono rivelate al nostro Venerabile Fon-
datore, le quali certo contengono quanto insegnano i maestri di
spirito sulla perfezione, e senza di cui, giusta il detto di S. Cipria-
no, l'edificio della nostra comunità religiosa andrebbe in rovina: si
illa quae sunt bases et fundamenta totius regularis disciplinae,
exacte non fuerint observata, totum corruat aedificium necesse est.
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25 Pages 241-250

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25.1 Page 241

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Sia quindi il Direttore vigile sentinella delle sue Regole, giusta l'in-
segnamento di S. Agostino che dice: Stet regula, et quod pravum
est, ad regulam corrigatur: stiamo alla regola, e ciò che è contrario
ad essa si corregga. Giudichi dello stato del suo istituto dal modo
con cui si osservano le Regole.
Di qui si comprende quanto sia deplorevole la massima di
coloro che, per non crearsi noie e fastidi, permettono che si trasgre-
discano le Costituzioni e s'introducano abusi ad esse contrarii;
costoro invece di edificare distruggono, essendo scritto che: Mode-
rator regularis, contra regulam aedificans, destruit.
Questo è un punto importantissimo su cui dovrebbe esami-
narsi nell'esercizio della Buona Morte chiunque deve esercitare
qualche autorità sui suoi confratelli. Ogni Direttore quindi abbia
cura: 1) Che ciascuno abbia il libro delle Costituzioni. 2) Che
nell'esercizio della Buona Morte se ne legga in refettorio qualche
Capitolo. 3) Che nelle conferenze se ne spieghi qualche punto di-
scendendo alla pratica.
5. Povertà.
In questo esame sembra che dovrebbe tenere il primo posto la
pratica del voto di povertà. Sventuratamente si trovano in tutte
le comunità certi poveri religiosi, che dopo la loro professione sono
andati poco a poco declinando nel fervore, sicchè, quasi dimen-
tichi dell'obbligo che hanno contratto per tutta la vita di avan-
zarsi ogni giorno nella perfezione, in fatto di povertà pensano e
vivono poco diversamente dai mondani. Quasi senza avvedersene
si son creati innumerevoli bisogni, pretendono dai loro Superiori
tali agiatezze che non converrebbero neppure alle famiglie dovi-
ziose, e perdono la pace del cuore, se vien loro negato ciò che tanto
avidamente desiderano.
Altri, dopo avere generosamente abbandonato i parenti per
darsi al servizio di Dio, ai medesimi di nuovo si affezionano tal-
mente, che vi pensano di continuo, e ad ogni costo vorrebbero pro-
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25.2 Page 242

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curar loro certe comodità, che non sono neppure conformi alla lor
condizione.
Che potremmo attenderci da costoro, se fossero investiti di
qualche dignità nella Congregazione? Se dovessero amministrare
denaro o altri beni della Comunità? Quanto scandalo ne ver-
rebbe ai confratelli? A che si ridurrebbero le nostre Costituzioni?
Quanto saggiamente operano perciò quei Direttori che fanno rileg-
gere di quando in quando la magistrale Circolare di D. Rua sulla
Povertà! che ne richiamano a tempo e luogo in vigore le prescri-
zioni, senza lasciarsi spaventare da qualche lamento che gli spiriti
rilassati nella disciplina potrebbero muoverne!
Gli Ispettori e Direttori si persuadano che non sono padroni
del denaro e dei beni che maneggiano, ma semplicemente ammini-
stratori, e che devono poi rendere diretto conto ai Superiori di
quello che passa per le loro mani. Sarebbe mancanza grave contro
la giustizia, contro l'ubbidienza e contro la sincerità il rendere della
loro amministrazione un conto che non corrispondesse appieno
alla verità. Prendano essi a modello gli stessi amministratori civili,
che nell'esattezza dei loro conti fanno consistere tutto il loro
onore e la loro probità.
Ispirino ai loro dipendenti la massima delicatezza di coscienza,
sicchè questi si facciano scrupolo di fare anche la minima spesa
senza vero bisogno; e non mettano mano ad alcun lavoro che non
sia necessario o non sia autorizzato dai Superiori. E a ciò badino
bene i nuovi Direttori, stando in guardia contro la mania di tutto
sconvolgere e innovare, come se chi li ha preceduti nella carica
non avesse saputo far nulla di bene. In tempi cosi difficili sarebbe
poi tanto più degno di biasimo chi sprecasse il denaro in cose
superflue o di lusso, specie per la propria camera e la propria per-
sona, non curandosi di venir in aiuto ai Superiori Maggiori che
debbono provvedere alle case di beneficenza, alla formazione del
personale, alle missioni e ad altre opere indispensabili per il buon
andamento generale della Pia Società. Nè potrebbero dire di com-
piere bene il loro dovere gli Ispettori che non esaminassero accura-
tamente i registri d'ogni loro Casa. Ricordino la prescrizione del
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25.3 Page 243

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Regolamento, di non lasciare i registri stessi prima d'essersi fatta
una giusta idea del modo con cui la Casa è amministrata.
Nè si creda conforme al pensiero di D. Bosco il tesoreggiare,
fosse pure per formare una dote al proprio istituto: il nostro Fon-
datore volle sempre che noi non avessimo altro sostegno che la
Divina Provvidenza. Ed è opportuno che lo sappiate: taluno che
volle farne la prova, non ebbe la benedizione del Signore, il quale
permise talvolta che ad un tratto andasse in fumo il frutto di
lunghe e penose economie dirette a tale scopo. Nè si permetta ad
alcun confratello che si occupi in lavori di suo genio, o faccia
questue particolari, disponendo del frutto in favore della propria
famiglia o per altre opere buone. Questo è far borsa da sè e
quindi contrario al voto di povertà.
Oh! ritornino quei tempi eroici della nostra Congregazione,
quando Ispettori e Direttori si stimavano felici di poter versare in
mano a D. Bosco e a D . Rua il poco denaro che erano riusciti a
raggranellare nella loro prudente amministrazione!
Permettetemi ancora che accenni una cosa che mi stringe il
cuore: forse per un eccessivo amore della propria Casa, o forse
anche sotto pretesto di maggior regolarità nei conti, si introdusse in
alcune nostre case la consuetudine di imporre una tassa fissa a
qualunque confratello venisse chiedere ospitalità. Da ciò venne a
soffrire assai lo spirito di fraternità. Alcuni, vedendosi accolti con
freddezza e sapendo di esser obbligati a pagare pensione, amarono
meglio andar a chiedere ospitalità altrove. Invito perciò gli Ispet-
tori a studiare seriamente questo problema, prendendo unica-
mente per norma l'amore fraterno, ed escludendo tutto ciò che
sapesse anche alla lontana d'interesse.
Ancora una parola mi duole dover dire, ed è riguardo ai
nostri confratelli ammalati. Sovente s'incontrarono gravi difficoltà
per far mutar clima a qualche Salesiano infermo. Oh! io vorrei che
tutti facessero come un nostro Direttore, il quale, sebbene la sua
Casa fosse assai povera, diede ospitalità ad un confratello tuber-
coloso, finchè al Signore non piacque di chiamarlo al Paradiso; e al
Rettor Maggiore che lo ringraziava di tanta carità, rispondeva:
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16

25.4 Page 244

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« Non occorrono ringraziamenti. Quante benedizioni avrà attirato
sulla nostra Casa quel caro infermo co' suoi patimenti cosl duri e
prolungati! ».
Sia adunque premura di chi esercita qualche autorità: 1) Di
amare e far amare la povertà, e di non aver vergogna di praticarla
quand'anche la Casa propria non mancasse del necessario. 2) Di
accettare volentieri e generosamente le conseguenze della povertà
in spirito di penitenza. 3) Di non concedere permessi che aprano
la via ad abusi contrarii alla povertà, e che oltrepassino le facoltà
concesse dai Superiori Maggiori. 4 ) Di non prendere per se mede-
simi quelle libertà che si negherebbero ai proprii dipendenti.
6. Castità.
Due sono i difetti in cui cadono i Direttori, per ciò che ri-
guarda la bella virtù. Alcuni sono ottimisti, e quindi si tengono
sicuri che nel loro istituto nulla mai succeda contro la purità;
altri, al contrario, vedono ovunque mancanze contro questa virtù.
Il primo difetto è molto dannoso alle Case nostre: anzitutto v'è
pericolo che si considerino come cose leggiere o semplici man-
canze di buona educazione certi disordini che possono accadere
contro la moralità, allontanandosi in tal modo dalla delicatezza
che praticava ed e&igeva il nostro Venerabile Fondatore: in secondo
luogo quest'ottimismo può ancora essere causa che non si usi con
gli alunni tutta quella vigilanza che suggerisce il sistema preven-
tivo, affine di metterli nella morale impossibilità di offendere
Iddio.
È parimenti da riprovare l'eccesso opposto, ossia l'andazzo di
certi Superiori, che ad ogni momento ed ovunque vedono, sia tra
i confratelli come tra gli allievi, mancanze contro la moralità; non
sanno quasi aprir bocca senza far pensare che sempre si offenda il
Signore con peccati impuri; e, quel che è peggio, discendono a
certi particolari che tornano assai pericolosi a molti giovanetti
ancora innocenti.
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25.5 Page 245

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Secondo le raccomandazioni di D. Bosco, non permettano
a' maestri, assistenti o capi di laboratorio di fare essi medesimi
indagini minuziose sulle colpe di tal genere di cui qualche alunno
fosse accusato. Al solo Direttore sia riservato un ufficio cosl deli-
cato; anzi gli Ispettori e Direttori bellamente suggeriscano agli
stessi confessori la santa riservatezza che usava il nostro Vene-
rabile Fondatore nell'interrogare i suoi penitenti, e la discrezione
maravigliosa con cui sapeva rispondere alle loro domande e scio-
gliere i loro dubbi.
In tutte le cose, ma specialmente in ciò che riguarda la purità,
dobbiamo tener a mente ciò che dice S. Bernardo: « Talle discre-
tionem, et virtus vitium erit »; senza discrezione la virtù stessa
diventa vizio. Quindi non manchiamo d'inculcare ai maestri e
assistenti il dovere di una sorveglianza che secondo il sistema pre-
ventivo sia continua, si, ma non indiscreta e pesante. Devono
lasciar credere ai loro assistiti, che ciò fanno allo scopo di mante-
nere la disciplina e il buon ordine, non già d'impedire le mancanze
di altro genere, a cui forse molti degli alunni, per fortuna ancora
senza malizia, non pensano neppure; in una parola, ammaestriamo
tutti i nostri collaboratori ad essere verso la gioventù angeli cu-
stodi, che vegliano per impedire al serpente seduttore di venir a
rapirle il tesoro dell'innocenza. E così sarà tanto più felicemente
sciolta la questione sessuale, sulla quale spero che tutti gli Ispet-
tori e Direttori, dopo ciò che fu scritto l'anno scorso, saranno
perfettamente d'accordo con gli insegnamenti del Capitolo Supe-
riore.
Sarebbe egualmente da desiderare che tutti fossimo unanimi
nelle cautele riguardo ai cinematografi, a proposito dei quali s'ebbe
a lamentare in varii nostri confratelli poca delicatezza. Forse con-
verrebbe contentarci di proiezioni fisse, con le quali potremmo
meglio far conoscere le opere salesiane, specialmente le nostre mis-
sioni. È troppo difficile trovare pellicole convenienti a case di
educazione.
Nè dovete meravigliarvi se, trattando della moralità, insisto
ancora sulla necessità di attenerci scrupolosamente al Regolamento
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25.6 Page 246

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di D. Bosco anche riguardo al teatrino. Giova sperare che per
sempre si bandiscano dalle nostre scene i drammi troppo truci o
spettacolosi, e tanto più quelli che esigessero promiscuità dei sessi,
quand'anche si trattasse solo di ragazzi in vesti femminili.
Conchiudo questo punto invitando gli Ispettori e Direttori a
vegliare perchè i loro dipendenti non facciano visite non assoluta-
mente necessarie, il che può dare occasione a giudizi temerarii, a
scandalose dicerie e perfino ad atroci calunnie. L'esperienza insegni.
7. Ubbidienza.
In altri scritti ho inculcato questa virtù a tutti i Salesiani;
qui mi pare doveroso raccomandarla agli Ispettori e Direttori,
affinchè l'esempio venga dall'alto. Sant'Agostino ce ne dà ragione
scrivendo che il Superiore, per ben dirigere i suoi sudditi, deve
essere diretto egli stesso: regat te praepositus, ut possit a te regi
subiectus. Devi essere governato affine di poter governare: debes
regi, ut possis regere. Il medesimo grande Dottore aggiunge ancora
esser cosa ingiusta che uno pretenda ubbidienza da chi gli è infe-
riore, mentre egli stesso non è disposto a ubbidire a chi è superiore
a lui. San Francesco d'Assisi assicura che l'ubbidienza è opera di
fede, prova di vera speranza, argomento di carità, madre d'umiltà
e di pace. Voleva che i suoi Definitori e Provinciali fossero modelli
ai loro subalterni nell'ubbidienza ai Superiori maggiori, e mo-
strava quanto danno sarebbe venuto a loro stessi e all'Ordine intero
dal fare altrimenti.
Il medesimo Santo Patriarca ebbe forti parole di rimprovero
per quei Guardiani che non accettavano con umiltà e semplicità
gli ordini dei Superiori maggiori, e che contrariati minaccia-
vano di dare le dimissioni dalla propria carica, non badando al
grave imbarazzo in cui con ciò avrebbero posto i Superiori mede-
simi.
È perciò necessario che gli Ispettori e Direttori facciano non
solamente il sacrificio della propria volontà, ma ancora quello del
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25.7 Page 247

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proprio giudizio. Conviene che applichino a se stessi ciò che inse-
gnano ai loro dipendenti; che davvero facciano loro vedere di
considerare i Superiori maggiori quali rappresentanti di Dio, e di
non credersi dispensati dall'ubbidire, quand'anche scoprissero in
essi qualche difetto o fossero persuasi che il proprio parere do-
vesse tornare a maggior gloria di Dio e bene delle anime.
È poi secondo lo spirito del Ven. D. Bosco il comandare
in modo da rendere meno penosa che sia possibile l'esecuzione degli
ordini dati, e non da mettere la debole virtù dei sudditi a troppo
dure prove; quindi chi comanda non dica con alterigia: così voglio,
così ordino. Son io il Superiore, tacete; quando ho detto una cosa,
non ripeto, e simili espressioni, che neppure dovrebbe adoperare il
padrone verso il servitore.
Il Superiore Salesiano dia gli ordini più a modo di preghiera
che in tono di comando. Eviti di ordinare più cose alla volta,
d'imporre ai sudditi pesi e lavori superiori alle loro forze ; e si mo-
stri soddisfatto dell'opera loro, e, se non altro, mostri di apprezzare
molto la loro buona volontà. Quanto sono lontani dallo spirito
di D. Bosco quei Direttori che non trovano ben fatto se non ciò
che hanno fatto essi medesimi! Costoro sono un tormento a se
stessi e gli altri. Quanto potrebbero imparare dall'attenta lettura e
meditazione dei ricordi confidenziali del nostro Venerabile Padre
e Maestro e della sua vita!
8. Correzione.
Poichè siete Maestri dei vostri dipendenti, avete, o canss1m1
Ispettori e Direttori, il dovere di studiare il loro carattere, e scor-
gendo in loro dei difetti, aiutarli a emendarsene. Forse essi
non li conoscono, o pur conoscendoli non hanno la forza di sra-
dicarli. Già avete letto ciò che S. Bonaventura ( de sex alis)
scrisse di quel Superiore che trascura l'obbligazione di correggere i
proprii sudditi. Egli pecca contro Dio, di cui profana l'autorità;
manca contro i suoi fratelli, cui lascia correre la via del rilassa-
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25.8 Page 248

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mento; grava la propria coscienza, accumulandovi, oltre le pro-
prie colpe, anche quelle degli altri. Gersone chiama tale negligenza
rovina della pace e sorgente inesausta di discordia. Altri scrittori
spirituali la paragonano niente meno che al vizio impuro, affer-
mando che, come è l'impurità che fa precipitare il maggior numero
di anime nell'inferno, così il trascurare la correzione è quel
che rovina il più gran numero di religiosi: gli inferiori, perchè
non corretti continuano nei loro disordini: i Superiori perchè,
non correggendo gli altri, si rendono responsabili del male che la-
sciano fare .
Molti Direttori non hanno il coraggio di fare le correzioni, per-
chè è cosa odiosa; essi riversano questo compito ingrato sui Supe-
riori Maggiori. Lo fanno forse in buona fede, credendo che l'avviso
per venir più dall'alto abbia a riuscire maggiormente efficace;
ma non s'avvedono del cattivo servizio che rendono sia agli Ispet-
tori, sia ai membri del Capitolo Superiore, a cui fanno perdere o
almeno diminuire quell'aureola di paternità di cui hanno sì grande
bisogno.
Perchè la correzione sia fruttuosa, voi ben lo sapete, anzitutto
dev'essere fatta a tempo opportuno. Il Direttore non scatti nel
momento stesso in cui il subalterno commette una mancanza;
non prorompa in forti e aspri rimproveri, come forse uno zelo
intempestivo gli suggerirebbe; non dia avvisi in pubblico, spe-
cialmente lasciandosi trasportare da un impeto di collera. Egli
stesso così facendo ne scapiterebbe nella stima de' suoi dipendenti,
e forse spingerebbe il povero colpevole a qualche passo disastroso.
Fa d'uopo lasciare che si faccia la calma da una parte e dall'altra,
e allora la correzione tornerà decorosa per chi la dà e veramente
profittevole a colui che la riceve. Questo insegnava San Francesco
di Sales, e così operava il nostro dolcissimo Don Bosco.
Anche il luogo influisce sul buon esito dell'avviso, e il più
adatto è l'ufficio del Direttore, vera camera charitatis, ove, senza
che alcuno se ne accorga, in un'intima conversazione che è indi-
zio significantissimo dell'affetto del Superiore, potranno darsi scam-
bievoli spiegazioni, addursi le scuse e le attenuanti, venendo così
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25.9 Page 249

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ad un accordo che porterà la pace, e sarà forse il principio di
sante e durature risoluzioni.
Coronerà poi la buona opera compiuta dal Superiore il segreto
profondo che egli conserverà su quanto è avvenuto fra lui e il
suo confratello. Chi degli anziani non ricorda i prodigi di carità
di cui fu testimone l'umile cameretta di Don Bosco, che tanti
altri religiosi ci lf,vidiarono, come affermava a me medesimo un
venerando sacerdote, per averne fatta personale esperienza!
9. Paternità.
Questa parola dice da sola quali debbano essere i termini e i
modi con cui va fatta la correzione: basta per dire al Supe-
riore che sempre, ma specialmente nell'adempiere questo delicato
ufficio, deve ricordarsi d'essere padre.
Secondo il Concilio di Trento (Sez. XII) egli nel fare una corre-
zione non deve avere altro intendimento che: 1) Conservare la
disciplina. 2) Richiamare il confratello al suo dovere. 3) Prevenire
lo scandalo. Cosl non agirà mai per passione. Si diporterà poi da
vero padre se saprà distinguere tra la persona e la colpa, mostrando
amore e tenerezza verso il confratello, e nel tempo stesso un pro-
fondo disgusto del fallo da lui commesso.
Si istudii quindi di accogliere il colpevole con la bontà e non
con volto accigliato; tenga conto della sua età, del suo carattere
e delle sue benemerenze verso la Pia Società. Ascolti con pa-
zienza le sue spiegazioni, quand'anche gli paressero di poco peso, e
si sforzi in tutta la conversazione di mantenersi calmo e padrone di
se stesso. Diffidi di quello zelo che gli porrebbe sulle labbra titoli
ingiuriosi, minaccie di castigo e financo d'espulsione, o altre parole
che umiliano, schiacciano la persona avvisata. Le conseguenze di
tali impeti di collera saranno sempre deplorevoli: probabilmente
susciteranno una disputa in cui ne scapiterà l'autorità e il decoro
del Superiore; o se il suddito rimarrà in silenzio, farà in cuor suo
il proposito di non mai più parlare con il Superiore, e partirà con
la persuasione che questi non lo stimi, non gli voglia bene. Anzi
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25.10 Page 250

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può avvenire di peggio: forse egli prenderà la sconsigliata decisione
di uscire dalla Pia Società, affermando di non poter più vivere con
un superiore che l'ha trattato cosi male.
È questa l'occasione in cui dovrebbe specialmente brillare la
carità e la dolcezza di chi deve esercitare l'autorità. Allora dob-
biamo ricordarci che Gesù volle essere chiamato l'Agnello senza
fiele, che si propose a noi quale maestro di mansuetudine e di
umiltà, dicendo: Discite a me quia mitis sum et humilis corde.
Ci stia presente alla memoria l'esempio di pazienza che Gesù ci
dà continuamente nella SS. Eucarestia, dove in modo divino sente
gravissima pena delle ingiurie e degli oltraggi dei peccatori, e
intanto mai non li punisce come meriterebbero per le loro man-
canze.
Immaginiamo ancora di vedere il nostro Venerabile Padre, che
con il suo volto costantemente atteggiato a bontà ci dica: « sii
indulgente! » Oh! fortunati noi, se invece di essere tacciati di
troppa fierezza e severità, meriteremo la lode di essere stati pa-
zienti e dolci come D. Bosco nel dirigere i confratelli. S'intende,
ciò non vieta d'essere fermi nel proposito di far osservare le Costitu-
zioni e la disciplina.
Voglia il Signore concedere anche a noi quella eguaglianza di
carattere per cui i nostri subalterni, in qualunque caso, ricorrendo
a noi, siano sempre accolti con affetto, nè mai abbiano a tro-
varci inquieti e zgitati, sicchè possano supporre che la loro pre-
senza e la loro conversazione ci dia noia. Chi tra i figli di D.
Bosco vorrà vantarsi di essere più temuto che amato?
10. Umiltà.
Tornerebbe però inutile inculcare la paternità a chi non facesse
ogni sforzo per praticare la virtù dell'umiltà. Non sarà capace di
usare pazienza e affabilità col prossimo colui che è pieno di se
medesimo. Quindi sarà buon Superiore quegli che, conscio della
propria incapacità, prima dell'elezione non desidera le cariche:
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26 Pages 251-260

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26.1 Page 251

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quegli che, assunto contro ogni sua aspettazione a qualche dignità,
ben lungi dal compiacersene o dal considerarla quale ricompensa
a' suoi meriti, la stima invece un castigo per i suoi peccati.
Il vero umile non gode delle preminenze, non ama gli onori
che gli sono tributati per il posto che occupa, ma li sopporta come
esigenze inevitabili in una ben ordinata comunità, li accetta quali
tratti di bontà da parte de' suoi subalterni, quasi come se la sua
persona non c'entrasse per niente. È ben persuaso che tali onori
non aumentano punto le sue virtù; anzi, pensando che molti altri
saprebbero meglio di lui governare i confratelli, dagli elogi e dalle
feste che gli fanno sa trarre motivi per più profondamente umi-
liarsi.
Egli riguarda il buon risultato ottenuto dal suo Istituto non
come opera propria, ma come frutto del lavoro e dell'attività dei
confratelli; quindi con gioia coglie ogni occasione che gli si pre-
senti per attribuirne a questi il merito, nascondendo quanto più
gli è possibile la propria persona.
Non vi è pericolo che parli di se stesso, che ripeta la parola
mio, tanto è abituato a considerarsi nient'altro che un membro
qualsiasi della famiglia, sebbene debba tenere il primo posto.
Nè sarà possibile scorgere in lui ombra di gelosia per il bene
che altri sia per fare nella sua casa; ripeterà invece con gioia le
parole di San Paolo: purchè Gesù Cristo sia glorificato, anche
per opera di altri, ne godo e ne godrò immensamente. Dummodo
Christus annuntietur, gaudeo et gaudebo. Finalmente non si oc-
cuperà gran fatto di quanto dirà dell'opera sua la stampa, convinto
che ciò non aumenta per nulla i suoi meriti davanti a Dio. Con il
contegno sempre allegro e con la parola sempre garbata farà
vedere che è contento dei suoi dipendenti, dovesse pure dissimu-
lare qualche loro difetto. È incredibile il bene che un tale Diret-
tore può fare a tutti quelli che vivono con lui! Il Direttore umile
non agisce mai senza consiglio, perchè molte fiaccole illuminano più
che una sola; quindi raduna sovente il suo Capitolo, nè consulta
solo e unicamente quelli che sono del suo parere, per far trionfare
la propria volontà.
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26.2 Page 252

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11. Zelo.
Il Direttore, più che tutti gli altri figli di D . Bosco, deve
prendere a soggetto delle sue meditazioni le parole che il buon
Padre adottò quale stemma della nostra Pia Società: Da mihi ani-
mas. Egli sa che non si può far cosa più gradita al S. Cuore di Gesù,
che lavorare con zelo a salvare quelle anime che egli riscattò col
proprio sangue; che questo è il miglior mezzo per mostrargli il
nostro amore e il nostro desiderio di riparare il male che forse
abbiamo commesso nella nostra vita passata, e per consolare la
Congregazione, nostra Madre, addolorata per la morte di tanti
confratelli, e più ancora per la perdita che altri han fatto della
loro vocazione.
Quindi si sforzerà anzitutto di aiutare i proprii confratelli a
perseverar nella vocazione e a progredire ogni giorno più nel sen-
tiero della perfezione. Non lascerà nulla d'intentato per tener
lontano dal suo collegio il peccato, e specialmente l'impurità.
Amerà d'un amore santo e intenso i giovani, immaginando che
il Signore glieli affidi uno ad uno con queste parole: Accipe pue-
rum et nutri mihi. Custodi innocentiam. Non crede d'aver com-
piuto tutto il suo dovere procurando un certo grado d'istruzione
a' suoi alunni; sa che deve farne anche degli onesti cittadini, ma
specialmente dei buoni e ferventi cristiani. Non ama i suoi allievi
per quei pochi anni che passano nel suo collegio: li ama per
l'eternità. Quando partono, esprime loro la speranza di incontrarli
ancora qualche volta in vita, ma specialmente di ritrovarli in
cielo a far corona a D. Bosco. Farà ancora il possibile per tenerseli
uniti con l'Associazione degli ex-allievi, appunto per poter aiutarli
a divenire sempre più fermi nei buoni principii ricevuti in col-
legio. Il suo zelo ispirato dalla carità e diretto dalla prudenza gli
vieterà di accettare occupazioni estranee ai doveri ch'egli ha verso il
proprio istituto. Si sforzerà anzi di combattere, con la parola e
coll'esempio, la tendenza di certi confratelli a preferire uffici che li
distoglierebbero dall'insegnamento e dall'educazione della gioventù.
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26.3 Page 253

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Prima di tutto egli sarà sollecito di ciò che forma l'oggetto par-
ticolare della nostra Pia Società; considererà come una grave sven-
tura il lasciar terminare un anno scolastico senza regalare qualche
vocazione alla nostra Congregazione, affine di estenderne sempre
più la sua benefica azione, dovesse pure strappar questa grazia al
Cuore di Gesù con molti sacrifici e preghiere.
Con sante industrie inoltre cercherà di aumentare ogni giorno
più i nostri Cooperatori, affìnchè vada sempre crescendo il numero
di coloro che partecipano dello spirito di D. Bosco e con mezzi
materiali o spirituali se ne fanno promotori.
Come vedete, carissimi Ispettori e Direttori, è immenso il
campo che vi fu assegnato; innumerevoli sono pure i sacrifici che
dovrete imporvi per coltivarlo; scarsi forse saranno i frutti che ne
raccoglierete; sarete forse ripagati con la più nera ingratitudine.
Ma non lasciatevi scoraggiare: pensate che una grandissima ri-
compensa vi è riserbata. Rallegratevi pensando che, appunto perchè
avete molto da soffrire, ogni giorno, anzi ogni ora della vostra esi-
stenza sarà segnata da atti virtuosi e da meriti veramente pre-
ziosi. La vostra fede vi trasporti sovente a contemplare la gloria
che sarà il premio dei vostri sacrifici e patimenti. Ricordiamoci
che per arrivare alla gloria del Paradiso non c'è altra via che quella
del Calvario.
Avete letto che un giorno Mamma Margherita, disgustata per-
chè i giovani dell'Oratorio avevano calpestato tutto il suo orticello,
minacciò di abbandonare D. Bosco a ritornarsene ai Becchi. E il suo
figlio come riusd a calmarla? Non disse una parola, solo le additò
il Crocifisso. Quel gesto fu più eloquente di qualsiasi discorso.
Altra volta, ad un salesiano che si mostrava stanco di lavorare e
soffrire, il buon Padre indicò con lo sguardo e con la mano il
Paradiso: e quegli si rianimò talmente da diventare uno dei Sale-
siani più zelanti e attivi finchè ebbe vita.
Il vostro povero Rettor Maggiore, persuaso che anche voi
gemete sotto un peso che sembra superiore alle vostre forze, non
osa sperare di procurarvi quel conforto e incoraggiamento che il
gesto e la parola di D. Bosco arrecava a' suoi figli sfiduciati;
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26.4 Page 254

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ma vi presenta la simpatica figura di questo nostro buon Padre che
sorridente par che dica a noi tutti: Coraggio, carissimi figliuoli;
continuate a lavorare, a combattere, a soffrire. Io vi aiuto con la
mia preghiera. Intanto vi aspetto tutti in Paradiso a cantare le
glorie di Dio e della potente nostra Ausiliatrice. Oh! se sapeste
quanto è grande la ricompensa che vi sta preparata! È Dio stesso:
Ego ero merces tua magna nimis!
Pregate perchè con voi tutti la raggiunga anche
il vostro aff.mo in Corde Jesu
Sac. PAOLO ALBERA .
252

26.5 Page 255

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XXI
Contro una riprovevole « legalità »
1. - Scopo della Circolare. - 2. Basta l'osservanza dello stretto dovere? -
3. La generosità di Dio verso il religioso. - 4. « Si places, non placas ».
- 5. « Qui stat, videat ne cadat ». - 6. « Dixisti : sufficit, periisti ». -
7. « .. . Due in altum! ». - 8. Due consolanti notizie.
Torino, 25 giugno 1917.
Solennità del S. Cuore di Gesù.
Carissimi Figliuoli in Gesù Cristo,
1. S'ingannerebbe a gran partito chi credesse che il Rettor Mag-
giore, quando scrive a' suoi confratelli, non abbia altro di mira
che segnalare qualche grave disordine e muoverne amari lamenti.
Se egli agisse in tal modo, mostrerebbe certamente di conoscere
ben poco i membri della nostra Pia Società, la quale, per grazia di
Dio, conta un numero considerevole di ferventi religiosi, di sacer-
doti zelanti e di virtuosi coadiutori. Invero, s'anco qualcuno dei Sa-
lesiani fosse per dimenticare i propri doveri, sarebbe ingiusto darne
la colpa a tutta la Comunità, e farne correzioni collettive, che a
molti tornerebbero inutili e inopportune. Mi è dolce perciò il di-
chiararvi che con le mie circolari non mi propongo altro fine che di
animarvi, carissimi figliuoli, a camminare a gran passi nella via
della perfezione, sicuro che la mia parola cadrà in terreno ben
preparato e produrrà ubertosissimi frutti .
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26.6 Page 256

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2. Basta l'osservanza dello stretto dovere?
Col presente mio scritto è mia intenzione d'invitarvi tutti, o
miei carissimi figliuoli, a combattere con energia quella siste-
matica mediocrità di condotta che a certuni piace di chiamare
legalità: mediocrità per cui un Salesiano, tenendosi pago dell'os-
servanza del suo stretto dovere, sta lontano bensl dalle mancanze
gravi e scandalose, ma non si sforza di fare ogni giorno qualche
progresso nella perfezione propria del suo stato. Il dolcissimo
Cuore di Gesù, a cui è sacro questo mese, ci aiuti a comprendere
quanto questa legalità gli dispiaccia e sia dannosa all'anima nostra.
Il Divin Salvatore apparendo alla Beata Margherita Ala-
coque, volle mostrarle il suo Sacro Cuore adorno degli strumenti
della sua dolorosissima Passione. La ferita della lancia, da cui usci-
rono le ultime goccie del suo preziosissimo Sangue, miste ad
alcune stille di acqua, è il simbolo dei peccati mortali che così
numerosi trafiggono il suo Cuore, rinnovandogli, come afferma San
Paolo, i tormenti della crocifissione: rursum crucifigentes Filium
Dei.
Ma oltre a questa larga ferita, noi vediamo ancora nell'imma-
gine del Sacro Cuore una corona di pungentissime spine. E queste
che cosa rappresentano? Secondo ciò che il buon Gesù stesso ha in-
segnato alla Beata, le spine ond'è coronato il suo Cuore sono il
simbolo di quelle anime le quali, quantunque siansi consacrate
al suo santo servizio, e impegnate con voto a non commettere gravi
mancanze, non mostrano tuttavia la dovuta premura nel correggersi
dei loro difetti, e vi ricadono perciò con molta facilità, nè si sfor-
zano di riparare con la santità della vita gli oltraggi con cui lo
affliggono tanti infelici peccatori.
Quanta pena gli dà il vedere che questi poveri religiosi,
malgrado le grazie specialissime di cui li ha favoriti, nonostante i
lumi loro concessi, le pratiche di pietà con cui li ha sostenuti,
camminano sempre, per dir così, a mezza costa nel sentiero della
virtù, evitando, si può dire, con egual cura, la via che li eleve-
rebbe ai più alti seggi del Paradiso, e quella che precipita giù negli
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26.7 Page 257

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abissi della perdizione; il vedere che a loro basta di tenersi nel
giusto mezzo!
Quanto son degni di compassione questi servitori, i quali
sono docili alla voce del Signore solo quando Egli comanda, come
sul Sinai, tra le folgori e i tuoni, mentre poi si mostrano sordi e
insensibili quando Egli si presenta a loro con l'atteggiamento del
fratello più tenero e del più dolce amico, per far appello al loro
amore! Dato pure ch'Egli possa contentarsi d'una tal condotta
per parte d'un cristiano che vive nel mondo, certo non può tener-
sene pago quando si tratta d'un religioso, d'un uomo da Lui
scelto fra mille, e chiamato nel novero di quei fortunati che for-
mano, secondo S. Gerolamo, il più ricco ornamento della Chiesa
Cattolica: inter ecclesiastica ornamenta, pretiosissimus lapis.
3. La generosità di Dio verso il religioso.
Per convincerci di questo non abbiamo che a richiamarci alla
memoria l'inesauribile generosità con cui il Signore ci ha trattati.
Cerchiamo infatti se nella nostra vita vi fu un giorno, anzi un
momento solo che non sia stato segnato da qualche suo benefizio
temporale o spirituale.
È suo dono la vita, la sanità di cui godiamo. Sono effetto della
sua liberalità l'aria che respiriamo, il cibo di cui ci nutriamo, gli
abiti di cui siamo ricoperti. Da quanti pericoli ci ha difesi la sua
provvidenza, vigile sempre, qual madre tenerissima, alla nostra
custodia! A Lui siamo debitori di quelle nobilissime facoltà per
cui l'uomo è superiore a tutte le altre creature : intelligenza, me-
moria, libera volontà. Ma quanto più generoso è Egli stato verso
di noi nell'ordine soprannaturale! Che poteva darci di più di quella
grazia di cui ci fu largo nel S. Battesimo, per la quale diventammo
partecipi della natura divina, divinae consortes naturae, figli di
Dio, eredi del Paradiso?
E quando, nuovi figliuoli prodighi, con la più nera ingrati-
tudine lo abbiamo abbandonato commettendo il peccato, con quan-
ta bontà e misericordia non ci ha Egli accolti, appena ci gettammo
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26.8 Page 258

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pentiti a' suoi piedi! Anche dopo il peccato, ha Egli forse rispar-
miato con noi le finezze del suo amore? Non ha forse bandito uno
splendido banch<~tto per festeggiare il nostro ritorno fra le sue
braccia, invitandoci a sedere, quali religiosi, nei primi posti, col
dirci amabilmente: ascende superius; e dandoci il suo Corpo in
cibo e il suo preziosissimo Sangue in bevanda?
E che dire di noi, ch'Egli volle inalzare alla sublime dignità
di sacerdoti? Per farci conoscere a quale estremo sia giunta qui la
sua bontà e liberalità, basterà che ci additi l'altare e il calice ove
sacrifichiamo il suo Corpo e Sangue sacratissimo; il tribunale di
penitenza in cui esercitiamo il sacramento del perdono; la cat-
tedra di verità ove noi siamo i continuatori della sua predica-
zione.
A tutti infine Egli ricorderà che sul punto di mandar l'ultimo
respiro, ci diede la sua stessa Madre, affinchè fosse a noi Avvocata,
dispensatrice d'ogni grazia, Ausiliatrice e Madre dolcissima. Alla
vista di un tale spettacolo di carità, al ricordo di tanti e sì grandi
benefizi, come mai un religioso, un sacerdote specialmente, potrà
mettere dei limiti alla sua gratitudine? Come potrà mercanteg-
giare la manifestazione del suo amore? E quando Gesù, come se
qualche cosa mancasse alla sua felicità, si abbassa fino a chiederci
il nostro cuore, ripetendo: praebe, fili, cor tuum mihi, chi fra noi
avrebbe l'ardire di rispondergli: contentatevi d'una piccola parte di
esso, poichè il resto intendo darlo alle creature? E se Egli vorrà
scegliere a sua dimora il nostro cuore, affermando che trova in esso
le sue delizie, saremo noi sì scortesi da sbarrargli la porta di-
cendo: fermatevi, non procedas amplius?
Potremo noi trattarlo come talora si tratta un mendico che
viene a chiedere l'elemosina alla soglia della nostra casa, al quale .
porgiamo, coll'idea di dar molto, un tozzo di pane, pretendendo che
ne sia soddisfatto e si guardi bene dal lagnarsi?
Eppure tale è la deplorevole condotta del religioso che in fatto
di pratiche di pietà si adagia in una inqualificabile mediocrità, che
non si scomoda pur d'un dito per fare la minima cosa che non sia
imposta dalla regola e dall'orario della casa.
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4. « Si non places, non placas ».
Ma oltre all'obbligo di far crescere ogni giorno il tesoro dei
nostri meriti personali, perchè il Signore sia contento della nostra
maniera di servirlo, abbiamo ancora il dovere, come religiosi, di far
ascendere ogni giorno, fino all'eccelso suo trono, l'incenso odoroso
delle nostre preghiere, per farne discendere le grazie e le miseri-
cordie sui nostri prossimi, di cui siamo costituiti come ambascia-
tori.
Ora, come adempiremmo noi questa nostra benefica missione,
se la nostra pietà si riducesse a non far altro che quello che non
possiamo a meno di fare, sforzandoci di abbreviare il più possibile
le pratiche religiose, ed evitando con ogni cura tutto quello che
nel servizio di Dio ci costa sacrificio? In tal caso non avremo più
a meravigliarci che tante nostre preghiere rimangano senza effetto,
mentre quelle di molte anime pie sono cosi potenti presso Maria
SS.ma Ausiliatrice.
Ricordiamo a nostro incoraggiamento la fiducia meravigliosa
con cui il nostro Venerabile Padre ricorreva alla sua potente
Protettrice per ottenerne l'aiuto. Alcune volte sembrava temerità
da parte sua il voler essere esaudito, come quando comandava a
certi ammalati assai gravi di alzarsi da letto e camminare, di venir
a Torino con un lungo e disagiato viaggio da lontani paesi, assicu-
randoli che la Madonna li avrebbe guariti, e che sarebbero ritor-
nati s..:nza alcun incomodo alla propria casa. ·
Vi furono casi in cui i parenti avevano già preso le misure
necessarie per la sepoltura, e invece ebbero la gioia di cantare
l'inno del ringraziamento. Ma se in tali circostanze ci fosse stato
permesso di chiedere rispettosamente a Maria Ausiliatrice perchè
mai il Venerabile fosse cosi potente sul cuore di Lei, perchè nulla
Ella sapesse negare al suo devotissimo Servo, la nostra celeste Ma-
dre ci avrebbe risposto: Si, è vero, io non so negar nulla a questo
diletto mio figlio, perchè anch'egli nulla sa negare a me.
Le ferventi preghiere di D. Bosco erano accompagnate da
molti e generosi sacrifici, da frequenti atti di virtù, che comum-
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26.10 Page 260

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cavano loro una irresistibile efficacia. Qual meraviglia che di que-
sta efficacia vadano prive certe suppliche le quali partono da un
cuore freddo, da un cuore che non sente alcuna aspirazione ad
una vita più perfetta?
L'abbiamo appreso dalla bocca stessa del nostro Venerabile
Fondatore. Alcune volte, trattenendosi con bontà e famigliarità
con noi, egli discendeva ai particolari delle nostre occupazioni e
ci interrogava intorno alla scuola o agli altri uffici che ci erano
affidati .
Se, come talora avveniva, noi gli rispondevamo che le nostre
fatiche non erano coronate da felice risultato, che i nostri disce-
poli lasciavano alquanto a desiderare, che questo o quell'altro era
deficiente nella pietà e nello studio, egli con un po' di rammarico
soggiungeva: Ma tu preghi per lui? Quando devi dargli qualche
avviso, ti raccomandi a Maria SS.ma perchè renda efficace la tua
parola?
Dava cosl a divedere che nell'insegnamento e nell'educazione
della gioventù, più che sulle industrie da noi adoperate per il
progresso dei nostri scolari, egli faceva asssegnamento sulle nostre
preghiere e sulla bontà della nostra vita. Ci faceva comprendere
che per ottenere delle grazie è necessario essere persona grata
presso Dio, che deve qui avverarsi quel detto d'un Padre della
Chiesa: Si non places, non placas; cioè : non possiamo strap-
pare al Signore le grazie di cui abbiamo bisogno se la nostra
condotta non è di sua piena soddisfazione. E come potrà esserlo,
se mercanteggiamo con Lui appunto mantenendoci in una meschina
mediocrità?
Non cadremo in questo misero stato, se ci ricorderemo che è
Gesù Cristo medesimo che ci ha imposto l'obbligo d'avanzarci
di continuo nella perfezione, dicendo: Estate perfecti sicut Pater
vester coelestis perfectus est: siate perfetti com'è perfetto il Padre
vostro celeste. Trasgredirebbe questo esplicito precetto chi, dopo
aver fatto un po' di strada, s'arrestasse; a lui si applicherebbero
quelle terribili parole: Nessuno che, dopo aver messo la mano
all'aratro, si volga a guardare indietro, è atto pel regno di Dio.
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Progredirà soltanto chi tien vivo nel suo cuore questo desiderio,
che aiuta a vincere le difficoltà, diminuisce gli ostacoli, aumenta
le nostre forze e ci fa perseverare nel bene fino alla morte. A
chi nutre questo desiderio, il Signore non lascerà mancare le
grazie necessarie.
Questo dovere ci volle inculcare il nostro Divin Salvatore col
darcene Egli stesso l'esempio: poichè, sebbene fosse adorno d'ogni
perfezione fin dalla nascita, pure non volle mostrarcele tutte ad
un tratto, e amò meglio comparire in faccia al mondo somi-
gliante all'uomo che va progredendo giorno per giorno in età e
virtù: Jesus proficiebat sapientia, et aetate, et gratia apud Deum,
et homines ( Luc. , II, 52) . Come potrà Egli dunque trovare la sua
compiacenza in chi non cerca d'imitarlo anche in questo? Persua-
diamocene: mal corrisponde alla grazia della vocazione quel Sale-
siano che non fa ogni giorno qualche passo verso la perfezione.
Egli trasgredisce il primo articolo di quelle Costituzioni che pure
volle prendere come norma costante della sua vita.
5. « Qui stat, videat ne cadat ».
Ma noi religiosi abbiamo ancora altre grav1ss1me ragioni per
metterci in guardia contro il pericolo a cui ci esporremmo
contentandoci d'un grado purchessia di virtù. Non dobbiamo cre-
dere che, una volta entrati nella nostra Pia Società, abbiamo sen-
z'altro assicurata la salvezza dell'anima nostra. Finchè dura in noi
la vita, rimaniamo sempre sottomessi alla legge del combattimento.
Nè la professione religiosa, nè la sacra ordinazione han potuto
estinguere in noi il fuoco della concupiscenza. È vivo sempre in
noi l'uomo vecchio, cioè il disordinato amore di noi stessi,
contro di cui dobbiamo continuamente lottare; e il demonio dal
canto suo non ci lascierà mai un momento solo in pace, tanto
più sapendo che, se noi saremo fedeli alla nostra vocazione,
molte altre anime saranno strappate alle sue arti infernali.
Inoltre non possiamo ignorare che il mondo in mezzo a cui
viviamo è ripieno, come lo vide S. Antonio, di lacci e di seduzioni,
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sicchè nessuno può rimanere sicuro di riportarne completa vittoria,
se per poco cessasse di vegliare; onde lo Spirito Santo ci mette in
guardia dicendoci: Qui stat, videat ne cadat. I nostri nemici han
gli occhi sopra di noi, proprio come la folla che sta guardando il sal-
timbanco di piazza camminare in alto sopra una piccola corda.
Essa lo segue con una inquieta curiosità, aspettandosi da un mo-
mento all'altro che abbia da precipitare. Cosl avverrebbe se il ciar-
latano abbandonasse il bilanciere che tiene fra mano. E cade pure,
vittima della sua temerità, il religioso che non si sostiene in equi-
librio con l'impegno di progredire ogni giorno nella perfezione.
La legalità nell'adempimento de' suoi doveri, una virtù medio-
cre, non bastano a salvarlo. Esposto a gravissimo pericolo, po-
trebbe cadere d'un tratto ed essere inghiottito dall'abisso. Altre
volte potrebbe trovarsi su d'un pendio e sdrucciolare, senza pur
avvedersene, fino in fondo . Ecco qual caduta si prepara il religioso
che non cerca di praticare la perfezione, come si è obbligato di
fare quando, inginocchiato dinanzi all'altare, alla presenza di Dio,
di Maria SS.ma e del suo Superiore, ha fatto la professione.
6. « Dixisti: sufficit, periisti ».
. f: degno d'essere qui riferito un detto del nostro S. Francesco di
Sales, che nella sua brevità equivale ad un lungo discorso. All'aria
libera un piccolo fuoco si spegne; mentre se è grande, esposto al
vento, diviene un incendio. Fatene la prova. Portate all'aperto un
piccolo lumicino, e vedrete che un leggiero soffio di vento, forse
il vostro respiro stesso, basterà a spegnerlo. Quali spaventose pro-
porzioni invece prende in un attimo un fuoco ben nutrito, se soffia
sovr'esso un vento impetuoso!
Lo stesso avviene della virtù solida, elevata e generosa d'un
fervente Salesiano che si mette in guardia contro il pericolo da
me accennato. La natura stessa, del resto, ci è maestra: per lo più
si cade, non mentre si cammina in salita, ma mentre si discende.
Molto a propostito viene qui il detto: Dixisti: sufficit; periisti.
Sventuratamente un giorno, stanco di lottare contro i nemici del-
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l'anima tua, sfinito per gli sforzi fatti nel resistere alla corrente,
desideroso d'un riposo intempestivo, hai detto: basta; ma que-
sta parola ha segnato la tua rovina. E pur cercando riposo, ridu-
cendo il nostro lavoro pel servizio di Dio allo stretto necessario e
dimenticando la generosità che il Signore adoperò con noi, potremo
dire d'aver trovato sollievo alle nostre pene?
Chi per disgrazia ne ha fatto la triste esperienza, deve con-
fessare che in tal modo non ha fatto altro che aumentare le sue
sofferenze. Chi vive nel rilassamento, quali vantaggi potrà spe-
rare di ricavarne?
7. « ... Due in altum! ».
Giova qui ricordare l'episodio della pesca miracolosa nel mare
di Tiberiade. Durante tutta la notte, lontani da Gesù, gli Apo-
stoli avevano lavorato a più non posso, gettando le reti or da un
lato or dall'altro della barca, ma invano: totam noctem laborantes
nihil cepimus. Ma il Divin Maestro rivelò ad un tempo la cagione
del loro insuccesso e il mezzo di rimediarvi. Bastò che obbedis-
sero alla sua parola: Due in altum: spingete la barca in alto mare;
e tosto ebbero tal abbondanza di pesci da temere che si rompessero
le reti.
Parimenti, a chi s'avvede d'aver faticato inutilmente nella sua
mediocrità, Nostro Signore ripete: Spingete la barca in alto mare,
cioè slanciatevi con ardore nel vasto campo della perfezione, non
limitate le vostre fatiche a ciò ch'è strettamente necessario, siate
grandiosi nelle vostre aspirazioni, quando si tratta della gloria di
Dio e della salvezza delle anime; allontanatevi dalla spiaggia che
tanto restringe i vostri orizzonti, e vedrete quanto abbondante sarà
la pesca delle anime, e quanta consolazione verrà a provarne il
vostro cuore.
In questo il motto dell'apostolo zelante sarà quello stesso del
valoroso soldato: coraggio! avanti! Anche il buon religioso dirà,
al pari della passione insaziata: affer, affer; ancora, ancora. Il buon
Salesiano, accasciato sotto il peso delle croci, delle tribolazioni e dei
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sacrifici, dirà pieno di gioia con S. Francesco Saverio: amplius,
mandatemene ancor di più, ovvero con S. Francesco d'Assisi:
Tanto è il bene che m'aspetto,
Che ogni pena mi è diletto.
Se non facesse così, crederebbe d'imitare il servo infedele che
andò a nascondere sotterra l'unico talento che il padrone gli aveva
dato, sicchè quando gli fu chiesto conto del frutto che ne aveva
ricavato, non ebbe nulla da presentare, e quindi venne severissi-
mamente punito.
Quanti poveri religiosi non sanno negoziare quei tesori di
grazia e di natura di cui furono arricchiti dal Signore! Quanti, al
vivido raggio che illuminerà l'anima nostra nel momento in cui
saremo giudicati, conosceranno il danno immenso che han fatto
a se stessi e al prossimo, tenendo sepolti i proprii talenti e lavo-
rando con sì scarso zelo per la gloria di Dio e pel proprio spi-
rituale profitto!
Quando la morte ci rapisce nel fior degli anni un caro confra-
tello ornato di ingegno e di rare virtù, che tanto bene avrebbe po-
tuto fare alla nostra Pia Società, noi non possiamo a meno di
versare lacrime amare.
E perchè dunque non piangere più amaramente ancora, quando
vediamo certi nostri soci, un tempo ammirati e proposti all'imi-
tazione della Comunità, sui quali avevamo fatto tanto assegna-
mento, essere ormai ridotti all'inazione e prossimi a divenire pietra
di scandalo agli altri? E quale ne fu la causa? Forse appunto la
deplorevole legalità di condotta e il rallentamento nella virtù.
Perchè mai nell'affare più importante di cui dobbiamo occu-
parci nella nostra vita, cioè nell'acquisto della perfezione, non
imiteremo quegli scrittori che si son resi immortali colle loro opere?
Essi non trovavano mai i loro scritti abbastanza limati: continua-
mente li rileggevano, sforzandosi di renderli sempre più perfetti
Perchè non faremo noi altrettanto per le virtù proprie del nostro
stato?
A ciò potremo animarci contemplando per alcuni istanti una
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fiamma. Com'è viva! come crepita! si direbbe che ride dalla gioia
nel consumare l'esca che le si porge. Di mano in mano che le
diamo del legno, par che raddoppi la sua attività per divorarlo,
senza badare se sia più o meno prezioso, se venga dalla mano deli-
cata del padrone di casa o da quella rozza d'un servitore. Si direbbe
che girando intorno lo sguardo, tutto ciò che vede, vorrebbe divo-
rare.
Oh! perchè non le rassomiglia il nostro zelo per amar Iddio e
salvar delle anime? Tale sarebbe davvero, se noi avessimo inces-
santemente dinanzi agli occhi le perfezioni del Padre Celeste, e
ascoltassimo la voce che ci dice: inspice et fac secundum exemplar.
Quanto ci sarebbe pure profittevole l'aver sempre in mente l'esem-
pio del nostro Fondatore, che mai non s'arrestò nella via della
perfezione e nella conquista delle anime!
8. Due consolanti notizie.
Prima di por termine a questa mia circolare, debbo comuni-
carvi due consolanti notizie.
Il 2 maggio u . s. essendomi recato a Roma per le feste di Bea-
tificazione del Cottolengo, fui ricevuto, subito dopo il nostro
Em.mo Card. Cagliero, in privata udienza dal S. Padre sempre tutto
affetto ed interesse per la Congregazione.
Mi accolse con la più grande affabilità, e quando, a nome di
tutta la Congregazione, lo ringraziavo della splendida lettera au-
tografa indirizzata il 1° marzo, e gli accennavo al bene che i figli
e le figlie di D . Bosco e i loro Cooperatori vanno compiendo nono-
stante la tristizia dei tempi, Egli se ne mostrò in gran parte infor-
mato. Mi chiese notizie dei nostri missionari e dei confratelli chia-
mati alle armi, e soggiunse:
« È bene che il Papa a quando a quando dia alla Congregazione
un pubblico attestato della sua sovrana compiacenza. Continuate
nell'opera vostra di zelo secondo lo spirito del Ven. Fondatore, e ne
avrete la benedizione di Dio ».
M'incaricò infine di partecipare a tutti i Salesiani e ai loro
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alunni, alle Figlie di Maria Ausiliatrice e alle loro allieve, ai Coo-
peratori e Cooperatrici e alle loro famiglie la sua Apostolica Bene-
dizione, che in quell'istante impartiva a me con paterna effu-
sione. Vorrei trasfondere in ciascuno di voi i sentimenti che
verso il Vicario di Gesù Cristo in terra si rinnovano in me in
occasione di simili udienze!
Da più di due mesi il Signore chiamò a ricevere il meritato pre-
mio il carissimo e compianto D. Francesco Cerruti, che per oltre
un trentennio tenne con tanta competenza la carica di Consigliere
scolastico generale. La scelta del successore non era facile; ma
dopo aver ponderato bene i bisogni attuali della Congregazione,
dopo avere pregato il Cuore Sacratissimo di Gesù, la Vergine
Ausiliatrice e il Ven. nostro Padre Don Bosco, ho creduto bene
di nominare nuovo Consigliere scolastico il Rev. D. Conelli Arturo,
ispettore della Romana.
Le sue qualità personali vi sono troppo note, perchè sia neces-
sario enumerarle; farò piuttosto rilevare che egli era già di grande
aiuto al caro D. Cerruti nel disbrigo di affari scolastici, per cui
credo che anche D. Cerruti dal Cielo, ove lo riteniamo, approverà
questa scelta.
Raccomando intanto il nuovo membro del Capitolo Superiore
al vostro affetto e alle vostre ferventi preghiere, perchè, calcando
le orme del suo dotto e zelante antecessore, possa continuare l'opera
di cui ora più che mai abbisogna l'amata nostra Congregazione.
Egli prenderà possesso della nuova carica non appena sarà libero
dalle sue attuali occupazioni.
Ed ora ci aiuti il Sacro Cuore di Gesù, affìnchè non abbia
a rimanere sterile la lettura di questa circolare, che, per quanto
sia poca cosa, è però una prova non dubbia dell'amore che vi
porto, e della mia vivissima brama che tutti i Salesiani abbiano a
camminare a gran passi nel sentiero della perfezione.
Pregate perchè questa grazia sia pure concessa al vostro
Aff.mo in Corde Jesu
Sac. PAOLO ALBERA.
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27.7 Page 267

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XXII
Per i profughi delle regioni devastate dalla guerra
1. Profughi di guerra e Comitati di soccorso. - 2. Nostra cooperazione
specialmente per la gioventù. - 3. Relazione ai Superiori sull'opera
prestata.
Carissimi Direttori,
Torino, 9 novembre 1917.
1. Già da parecchi giorni assistiamo al doloroso spettacolo di
tanti poveri profughi, che dalle regioni ove più ferve la battaglia
affluiscono nelle nostre città e nei nostri paesi, giungendovi in
condizioni tali da non poter far fronte alle più imperiose necessità
della vita. Tutte le popolazioni si sono commosse alla miseranda
sorte dei loro fratelli, e dappertutto si organizzano Comitati di
assistenza e di soccorso.
2. Nostra cooperazione specialmente per la gioventù.
Conformandoci allo spirito del nostro Ven. Padre Don Bosco,
che non fu insensibile dinanzi a nessuna sventura e adattò le sue
opere ai bisogni dei tempi e dei luoghi, dobbiamo anche noi fare
del nostro meglio per concorrere in quest'opera di carità cristiana
e cittadina.
Sarà bene dunque che si dia quanto più si può appoggio ed aiuto
a cotesti Comitati e, quando sia utile e conforme a prudenza, se
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ne faccia anche parte. Ma ciò che p1u preme si è che si accetti
nelle nostre Case il maggior numero possibile di giovanetti pro-
fughi. Si notifichi adunque ai Presidenti dei Comitati istituiti per
l'assistenza dei profughi il numero dei giovani che si possono ac-
cogliere; e le accettazioni siano fatte poi dietro domanda pre-
sentata dai Presidenti stessi, affinchè l'opera nostra si armonizzi
con l'opera loro, e la beneficenza venga veramente elargita a quelli
dei quali è più evidente il bisogno.
So che i tempi sono difficili e che le eccezionali strettezze in
cui si trovano già le nostre Case ci obbligheranno a fare dei gravi
sacrifizi per provvedere al mantenimento dei nuovi ospiti ; ma
confido che voi saprete approfittare della carità pubblica e dei sus-
sidi che potrete ottenere dai Comitati, ai quali certamente non
farete appello invano.
Se poi per la ristrettezza dei locali non fosse assolutamente pos-
sibile accettare i giovani come convittori, si veda di accettarli
come semiconvittori o almeno come alunni esterni delle nostre
scuole .
3. Relazione ai Superiori sull'opera prestata.
Di tutto ciò che farete gradirò particolareggiata relazione, che
potrete anche rendere di pubblica ragione, non già per vana osten-
tazione di ciò che fanno i Salesiani, ma perchè serva di buon esem-
pio, e perchè sempre meglio si comprenda il dovere che incombe a
tutti di sollevare le miserie altrui e di sovvenire alla Patria, sopra-
tutto in quest'ora cosi triste di sventura e di lutti.
Invocando le benedizioni della nostra cara Ausiliatrice sul-
1'opera di ciascuno di voi, mi raccomando alle vostre preghiere e mi
professo
Vostro aff.mo qual padre
Sac. PAOLO ALBERA.
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XXIII
Un mazzetto di notizie care
1. Preoccupazioni presenti e divina assistenza. - 2. Tristi memorie.. .
3.... Augurio e conforto soavissimo. - 4. Il voto più ardente dei nostri
cuori. - 5. « La più pura e splendida gloria nostra». - 6. ... Sempre
di D. Bosco e con D. Bosco. - 7. ... Le dolci sembianze paterne... -
8. Un'altra gloria preclarissima. - 9. Un vescovo Presidente cli Stato.
- 10. Preziosi frutti del nostro campo... - 11. ... I Salesiani nella
milizia. - 12... . Prodigio della pedagogia moderna.
Figli carissimi in G. C.
Torino, 22 febbraio 1918.
1. Facilmente potete immaginare quanto numerose e gravi siano
nell'ora presente le sollecitudini e le pene del vostro povero Rettor
Maggiore; tuttavia egli non crede che siano motivo sufficiente per
dispensarlo dallo scrivere alcune pagine a tutti i suoi diletti fi-
gliuoli, sapendo quanto questo torni utile, anzi necessario, per man-
tenerci talmente uniti da poter davvero formare un cuor solo e
un 'anima sola.
Il mio scritto prenderà la forma famigliare d'una lettera edi-
ficante , e spero che con la grazia del Signore servirà a sollevare
alquanto il nostro spirito, accasciato sotto il peso delle tribolazioni
che in questi giorni opprimono tanta parte dell'Europa, e quindi
anche l'umile Società Salesiana. Questa lettera vi renderà ognor
più persuasi che la Provvidenza non cessa di vegliare sopra di noi,
per l'intercessione di Maria SS.ma Ausiliatrice e per i meriti gran-
dissimi del Venerabile nostro Fondatore e Padre D. Bosco: ad essi
dobbiamo le soavi consolazioni che vengono sovente ad alleviare i
nostri dolori.
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27.10 Page 270

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2. Tristi memorie...
Se per poco riandiamo con il pensiero questi ultimi anni,
quali tristi memorie si affacciano alla nostra mente! Un numero
grandissimo di amati confratelli sono stati tolti alle occupazioni
tranquille dei nostri istituti, e costretti per bisogni della Patria
ad un genere di vita assai diverso da quello a cui per divina voca-
zione erano stati chiamati, penoso sopratutto per quelli insigniti
dell'ordine sacerdotale.
La vista di varii dei nostri, che ritornati dal campo di battaglia,
porteranno forse per tutta la vita nelle loro membra le dolorose
traccie delle ferite ricevute, ci dice, sì, il dovere generosamente
compiuto, ma non può non attristare il cuore di un padre. Pen-
siamo continuamente alla dolorosa condizione, alle sofferenze di
quei nostri cari soldati che, tratti prigionieri in lontani paesi,
rimarranno chi sa per quanto tempo separati dai loro parenti,
segregati dai loro amati superiori e confratelli, condannati forse a
penosi lavori. Ci tornano sovente alla memoria i nomi di quei
nostri baldi giovani, su cui la Pia Società aveva concepito tante
belle speranze, e che invece sul campo dell'onore fecero sacrifìzio
di lor esistenza.
Vediamo anche un gran numero di nostri istituti, per imperiose
necessità, mutati in ospedali militari o in caserme di soldati. Come
ci si stringe il cuore, quando a tanti mali viene ancora ad aggiun-
gersi la memoria di non pochi nostri confratelli e superiori che
la morte ci ha rapiti, mentre noi avevamo ancora tanto bisogno
dell'opera loro!
3 . ... Augurio e conforto soavissimo ..
Ma il Signore, a conforto dei nostri cuori immersi nel dolore,
dispose che risuonasse al nostro orecchio una voce che, per la sua
altissima autorità e ineffabile dolcezza, più che ogni altra era atta a
lenire le nostre pene e ad infonderci fiducia e novello coraggio.
Voi avete già compreso che io alludo alla preziosissima lettera
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28 Pages 271-280

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28.1 Page 271

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che si degnò d'inviarci l'Augusto Vicario di Gesù Cristo, il glo-
riosamente regnante Benedetto XV. Nonostante le molteplici cure
della Chiesa Universale, il Papa abbassò il suo benevolo sguardo
sui poveri figli di D. Bosco, si compiaque di quel poco di bene
che essi si studiano di fare, specie a favore della gioventù povera e
abbandonata; mostrò di conoscere appieno le numerose opere a cui
hanno posto mano, il sistema con cui compiono la loro benefica
missione, nonchè di apprezzare i frutti che per grazia di Dio essi
vanno raccogliendo in ogni paese ove furono mandati a lavorare.
Certo nel leggere quel venerato documento non potè sfuggire
alla perspicacia della vostra mente la forma vivamente classica
del dire, nè il paterno affetto che trapela da ogni espressione,
l'opportunità di certi pensieri e sentimenti che forse egli non
avrebbe espresso scrivendo ad un'altra famiglia religiosa, per
quanto attiva e benemerita della Chiesa e della Società. Chi non
ravvisa in questo scritto del Santo ,Padre l'intenzione esplicita di
procurare ai poveri Salesiani un dolce conforto e un efficacissimo
incoraggiamento?
E come ciò non bastasse, a me stesso che ne lo ringraziava, lo
volle dire con queste testuali parole: « Ciò feci con molto pia-
cere. Era necessario che si sapesse che il Papa è soddisfatto dell'o-
pera vostra. Godo che quel documento sia stato pubblicato e larga-
mente diffuso ». Giova sperare che a tale tratto di benignità del
Sommo Pontefice noi corrisponderemo con sempre più intenso af-
fetto , con più profondo rispetto e illimitata ubbidienza, quali
pur dal Cielo esige da noi il nostro Venerabile Fondatore.
4. Il voto più ardente dei nostri cuori.
Certamente avrete appreso che il 29 aprile dell'anno scorso
credetti conveniente recarmi a Roma per presentarmi al Vicario
di Gesù Cristo e per assistere alla Beatificazione del Ven. Giu-
seppe Benedetto Cottolengo, Fondatore di quell'opera che meri-
tamente forma l'oggetto dell'ammirazione di tutti, e che è talora
chiamata il Museo delle miserie umane.
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28.2 Page 272

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Nulla vi dico dello spettacolo che presentava la chiesa di S.
Pietro in quella solennissima funzione, nulla della folla immensa di
devoti accorsi a venerare per la prima volta il nuovo Beato, nono-
stante la tristezza dei tempi che corrono; solo accenno ad una delle
più soavi consolazioni che vi ho provato.
Durante la beatificazione stessa e nei giorni seguenti che pas-
sai in Roma, ragguardevolissimi personaggi mi ripetevano: « Ora
tocca a D. Bosco. Presto vedremo un'altra volta S. Pietro gremito
di anime pie, per la beatificazione di Don Bosco. Oh! venga
presto quel giorno in cui potremo vedere D. Bosco venerato sugli
altari ». Dio voglia che si compia quanto prima il voto ardente
di tutti i Salesiani e dei numerosi ammiratori delle loro Opere.
Noi intanto potremo affrettarne l'adempimento con le ferventi
preghiere e con l'impegno di imitare le preclare virtù del nostro
buon Padre.
Siffatti cordiali augurii risuonarono di nuovo 111 mio orecchio
nel triduo che con pompa veramente romana si celebrò ad onore
del Cottolengo nella nostra chiesa del Sacro Cuore, come pure in
quello che ebbe luogo nella Basilica di Maria Ausiliatrice in To-
rma.
5. « La più pura e splendida gloria nostra».
Nell'una e nell'altra solennità si volle che tenesse il Ponti-
ficale il nostro Em.mo Cardinale Giovanni Cagliero; e questo ci
procurò il piacere e l'onore di avere con noi qui all'Oratorio anche
nell'anno testè decorso il figlio prediletto del Ven. D. Bosco, Colui
che dopo aver convertito e incivilito la Patagonia e degnamente
rappresentato la Santa Sede nel Centro America, per la bontà di
Benedetto XV fu rivestito della Porpora romana, ammesso a far
parte del Collegio Cardinalizio, ed è la più pura e splendida gloria
della Società Salesiana.
Qui, anche a costo di far pena alla sua ben conosciuta mode-
stia, mi par doveroso far noto a tutti i confratelli, specialmente a
quelli che non ebbero mai la fortuna di avvicinarlo, di quanta difì-
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28.3 Page 273

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cazione ci sia stata la convivenza con lui, sia a Roma, sia anche a
Torino.
Nel far dono d'una sua fotografia al Rettor Maggiore, egli fa-
cendo proprie le parole di S. Paolo vi scriveva in calce: Testis
enim est mihi Deus quomodo cupiam omnes vos in visceribus Iesu
Christi: mi è testimonio Iddio del vivissimo amore che vi porto
nelle viscere di Gesù Cristo. E di ciò diede splendida prova quando,
per rispetto alla sua dignità cardinalizia, vi fu questione in Vati-
cano di fissargli la dimora in un magnifico palazzo di Roma. Non
si potè indurlo ad accettare. Egli energicamente dichiarò di voler
rimanere con i suoi confratelli, in compagnia dei giovanetti del-
l'Ospizio del Sacro Cuore.
Cosl solamente gli pareva di poter continuare a vivere da vero
figlio di D. Bosco, e affermò che si sarebbe trovato a disagio
ovunque non fosse giunta al suo orecchio l'allegra e chiassosa
ricreazione dei fanciulli, ovunque non avesse avuto agio di vederli
di quando in quando e indirizzar loro qualche parola d'istruzione,
d'incoraggiamento e di paterno affetto. Per questo stesso motivo
quanto non gli tornò gradito il soggiorno all'Oratorio di Valdocco!
Il buon Cardinale continua cosl a vivere da buon Salesiano,
ricevendo con piacere i confratelli che lo vanno a visitare, e pren-
dendo vivissima parte alle loro gioie e ai loro dolori, appunto
come affermò ad imitazione di S. Paolo: os nostrum patet ad vos,
et cor nostrum dilatatum est: la mia bocca è aperta per voi, il
mio cuore è dilatato. E con la sua corrispondenza si tiene infor-
mato di quanto avviene nei nostri istituti, specialmente nelle mis-
sioni, che formano sempre l'oggetto delle sue predilezioni.
6. ... Sempre di D. Bosco e con D. Bosco.
Tutti quelli che hanno la sorte di trattenersi con lui, sono
d'accordo nell'asserire che il tema prediletto dei suoi discorsi è
sempre D. Bosco. Quanti edificanti fatterelli della sua vita ci va
raccontando! Di quanti ammaestramenti, consigli e piacevoli motti
di D. Bosco sogliono essere infiorate le sue conversazioni! Dello
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28.4 Page 274

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spmto di D. Bosco sono np1ene tutte le sue conferenze. Par-
lando del nostro Venerabile Padre non gli vien mai meno la
parola; e dimenticando di essere Arcivescovo e Cardinale, si gloria
di considerarsi anche ora quale figlio e discepolo di D. Bosco.
Una cosa sola sembra talora dargli pena, ed è il timore che noi
abbiamo anche per poco ad allontanarci dalle Costituzioni della
nostra Pia Società, nella formazione della quale egli ha efficacis-
simamente aiutato il nostro Fondatore: onde ripete sovente: obse-
cro vos ut digne ambuletis vocatione, qua vocati estis (Eph . IV,
1 ) : vi scongiuro che camminiate in maniera convenevole alla
vocazione a cui siete stati chiamati. E nel suo affetto alla nostra
Congregazione, sente dispiacere quando vede trascurate anche in
piccole cose le tradizioni dei primi tempi dell'Oratorio, per seguire
nuovi usi che si vorrebbero introdurre, sia pure con lo specioso
pretesto di migliorarle.
Nè posso passare sotto silenzio l'importanza che ebbe senza
dubbio nel processo di D. Bosco la deposizione giurata del nostro
Cardinale. Avendo vissuto tanti anni al fianco del nostro Vene-
rabile Fondatore, e veduto coi propri occhi quanto D . Bosco ebbe
a lavorare e soffrire nell'inizio e nello sviluppo della sua nuova
Congregazione; avendo inoltre goduto della piena sua confidenza
quale Direttore spirituale ancor prima di essere ordinato sacerdote,
quante preziose testimonianze avrà potuto dare intorno alle sue
eroiche virtù, intorno alle ardue imprese da lui condotte a termine,
alle gravissime difficoltà che dovette superare! Che fortuna che il
Signore, pur in mezzo ai gravi pericoli a cui fu esposta la vita di
lui, ce l'abbia conservato finora! Preghiamolo che ancora ce lo con-
servi tanto da poter assistere alla Beatificazione di Don Bosco.
7. ... Le dolci sembianze paterne...
Credo farvi cosa gradita annunziandovi che presto sarà invia-
to a Roma il Processo Apostolico del nostro Ven. Padre e Fon-
datore. Come leggeste nel Bollettino, esso si chiuse con la canonica
ricognizione della salma di D. Bosco fatta alla presenza di S. E. il
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Card. Cagliero, degli ecclesiastici componenti il tribunale e dei
medici designati dalle autorità civili. Tornò di grande consola-
zione ai presenti il vedere dopo trenta anni le dolci sembianze del
nostro buon Padre abbastanza conservate da poterlo ancora rico-
noscere, nonostante la grande umidità del luogo ove era sepolto.
Giova sperare che le diligenze con cui la salma fu riposta nella
tomba, e i saggi consigli dei Dottori, contribuiranno assai a con-
servarla in buono stato per l'avvenire.
E qui crederei di mancare a uno stretto dovere, se non tri-
butassi un ben meritato elogio e un largo attestato di riconoscenza,
a nome della intiera nostra Congregazione, ai Reverendissimi mem-
bri del Tribunale ecclesiastico, che per tanti anni s'imposero in-
credibili sacrifici per condurre a buon fine un sì lungo e sì fati-
coso processo. Nessun compenso potrebbe essere pari al loro
merito. S'aggiunga ch'essi fecero ogni cosa senza alcun vantaggio
materiale, aspettando unicamente dal Signore la loro mercede.
Perciò tocca a noi pregare il Signore perchè voglia pagare egli
stesso il forte debito di riconoscenza che abbiamo contratto verso
di loro. L'ho promesso a vostro nome. Nel tempo stesso ralle-
griamoci nel vedere che la fama della santità di D . Bosco va cre-
scendo ogni giorno e in ogni parte del mondo. E tanto più cre-
scerà durante l'anno corrente, con le divote feste che celebreremo
per il cinquantesimo anniversario della consacrazione della Basilica
di Maria Ausiliatrice. Non possiamo dubitarne, perchè le feste del-
1'Ausiliatrice torneranno pure a gloria di colui che ne promosse con
tanto zelo la divozione.
8. Un'altra gloria predatissima.
Mi sia pure permesso far qui menzione di una persona che
per le sue insigni virtù, per la sublime dignità a cui venne inalzata
e per i preziosi servigi che rende alla Santa Sede, è un'altra gloria
preclarissima della Pia Società Salesiana. Intendo parlare di Mon-
signor Giovanni Marenco, Internunzio della Santa Sede presso le
Repubbliche del Centro America.
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Rare volte si presentò l'occasione di parlare di lui nelle nostre
circolari, poichè in qualità di Vescovo residenziale di Massa Car-
rara, egli più non ebbe agio di prendere viva parte, come avrebbe
fatto molto volentieri, alle varie vicende dell'umile nostra Con-
gregazione. Ma ciononostante son certo che nessuno dei confra-
telli l'ha mai dimenticato, e che non sarà punto diminuito l'affetto
e la venerazione che gli professarono in passato quanti ebbero la
sorte di vivere con lui e sotto la saggia sua direzione.
Di Monsignor Marenco devo ricordare come egli da molti
anni fosse stimato e direi fraternamente amato da quel Monsignor
Della Chiesa, che era Sostituto per gli affari ordinari della Segre-
teria di Stato, e che ora veneriamo quale Sommo Pontefice col
nome di Benedetto XV. In vista di tale stima e affetto, non fa
meraviglia che il Papa sia venuto nella decisione di toglierlo dalla
Diocesi di Massa Carrara, per introdurlo nella via diplomatica,
inviandolo in qualità di Internunzio al Centro America.
Ricordo quanto questo cambio sia tornato doloroso a Mon-
signor Marenco : egli amava teneramente il Clero e la popolazione
che Pio X di santa memoria gli aveva affidata, ed i suoi diocesani
corrispondevano pienamente al paterno suo affetto: tanto che per
risparmiare al suo delicatissimo cuore le scene troppo tenere e
dolorose che sarebbero avvenute all'atto della separazione, egli
dovette appigliarsi al partito di abbandonare Massa fra le tenebre
della notte, all'insaputa di tutti gli affezionatissimi suoi figliuoli.
E chi avesse chiesto la ragione di tanto amore vicendevole e
di sì doloroso distacco, si sarebbe udito rispondere che non poteva
essere altrimenti, trattandosi d'un Vescovo che, seguendo fedel-
mente le traccie e gli insegnamenti di D. Bosco durante gli otto
anni del suo episcopale ministero, era stato l'amico dei fanciulli,
il consolatore dei poveri e degli afflitti, il vero padre e maestro
delle anime. Di lui si potè affermare che non ebbe nemici. Ecco
perchè nel partire ebbe sì largo rimpianto. Quanto abbiamo da
imparare dalla condotta di Monsignor Marenco !
Ora egli si trova in un nuovo campo, deve compiere un ufficio
irto di gravissime difficoltà, deve navigare fra i numerosi scogli
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della vita diplomatica e politica, ma da quanto sappiamo, cammina
sicuro, da vero Salesiano, si guadagna i cuori delle persone con
cui ha da trattare, e corrisponde appieno alle intenzioni che il
Santo Padre ebbe nell'affidargli quell'altissima e delicata mis-
sione. Nè può essere altrimenti, essendo egli guidato dalle preziose
massime di Don Bosco, utilissime per tutte le vicende della vita, e
incoraggiato dagli esempi del Cardinal Cagliero suo predecessore.
Non dubito che lo seguiremo nei suoi viaggi col memore no-
stro pensiero, che lo raccomanderemo a Maria SS.ma Ausiliatrice
nelle nostre preghiere private e comuni, e che ne parleremo sovente
nelle nostre famigliari conversazioni.
9. Un vescovo Presidente di Stato.
Quest'ordine di idee mi conduce a farvi parola di un altro
Vescovo Salesiano, di cui senza dubbio avete udito a parlare ulti-
mamente, e di cui ebbe pure ad occuparsi il nostro Bollettino.
Monsignor Francesco De Aquino Correa, fino a questi ultimi
tempi Vescovo Ausiliare dell'Arcivescovo di Cuyabà, capitale del
Mato Grosso nel Brasile, per iniziativa del Capo Supremo della
Repubblica Brasiliana fu eletto Presidente dello Stato del Mato
Grosso.
Il proporre un giovane Vescovo pel governo civile di uno Stato
aveva qualche cosa di nuovo e di straordinario per i tempi che
corrono; ed era naturale che ne rimanesse non poco sgomentato
colui sul quale cadeva la scelta. Infatti il nostro carissimo Monsi-
gnore De Aquino rispose dapprima con un energico rifiuto della
carica spinosissima, per quanto onorifica, a cui si voleva inal-
zarlo; e si arrese alle pressanti insistenze solo quando dovette con-
vincersi che il suo sacrificio era l'unico mezzo di conciliazione fra
i varii partiti, e quando si vide spinto ad accettare da Colui che
solo poteva pronunziare l'ultima parola per troncare ogni sua esi-
tazione.
Il giovane Presidente narrò poi egli stesso, in un eloquente
discorso, la lotta che ebbe luogo tra la coscienza della sua inettezza
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all'altissima carica e il sentimento del dovere, che gli imponeva
di sacrificarsi per il bene della sua amata Patria. Gli parve che un
Vescovo non potesse decorosamente negare al paese natio l'opera
sua, se questa poteva ricondurre la pace con tutti quei vantaggi
che sogliono andarle congiunti.
Mirando la croce episcopale che gli pendeva sul petto, e ricor-
dando la missione che è· propria d'un pastore d'anime, Monsignor
De Aquino esclamava : « Non è ad un Vescovo che venite a doman-
dare la soluzione dei problemi di ordine amministrativo, econo-
mico, finanziario, industriale, o che so io. Ma il problema della
pace, sì, che può benissimo essere compreso nelle sfere della mis-
sione apostolica dei ministri di Colui che venne a dire agli uomini:
La pace sia con voi ». La speranza della pace, felice conse-
guenza della conciliazione, gli fece vincere ogni riluttanza e lo
animò ad assumersi la tremenda responsabilità dell'alta carica a
cui si volle inalzarlo.
Non posso però tacere che, prima di sobbarcarsi al grave peso,
egli ebbe cura di chiedere al suo Superiore una speciale benedi-
zione, e di pregarlo che lo raccomandasse alle preghiere di tutti i
confratelli. E se 11(; faccio cenno in questa lettera edificante, si è
appunto perchè glie l'ho promesso, e perchè si sappia in tutta la
nostra umile Congregazione come il nuovo Presidente del Mato
Grosso sia persuaso che, se riuscirà a fare alcun bene, ciò sarà do-
vuto specialmente alle ferventi preghiere dei suoi carissimi con-
fratelli.
10. Preziosi frutti del nostro campo...
Ammaestrato dall'esempio del nostro indimenticabile Don
Rua, crederei mancare al mio dovere se non vi dessi qualche noti-
zia degli Oratori festivi .
Devo anzitutto rallegrarmi con quei confratelli - e grazie a
Dio sono assai numerosi - i quali non lasciarono cadere a vuoto
le varie mie esortazioni a curar lo sviluppo e la conveniente dire-
zione dei nostri Oratorii. Infatti con immensa gioia ho trovato
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28.9 Page 279

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essere di molto cresciuto il numero dei giovani che li frequentano.
Nel trovarmi in mezzo a loro mi pareva di vedere altrettanti
alunni dei nostri collegi, tanto era l'ordine e la disciplina che tra
essi regnavano. Ho constatato che non vi è domenica in cui non
vi sia un notevole numero di Comunioni; che molto migliorato è
il contegno dei giovani nelle sacre funzioni, e più divoto il canto
religioso. La stessa ricreazione è più regolata, e quindi meno pe-
nosa l'assistenza e la direzione.
Mi è dolce il vedere come varii Direttori abbiano saputo
supplire alla mancanza di personale con moltiplicare i Circoli e
coll'addestrarne i soci a fare da catechisti e da assistenti in ricrea-
zione, in chiesa, in teatro. Non posso a meno di felicitarmi dello
zelo spiegato dai Direttori e dai Circoli nel conservare e rendere
ognor più stretti i vincoli di carità che li uniscono agli alunni
militari, a cui talora con non lieve sacrificio mandarono sussidi in
denaro e buoni giornali. A loro anche un vivo ringraziamento per
averci aiutati a riparare dal freddo varii nostri profughi durante i
rigori dell'inverno.
Uno speciale elogio e ringraziamento poi è dovuto a quei sacer-
doti, chierici e coadiutori, che pur durante il servizio militare, non
dimenticarono di essere Salesiani, e industriosamente si ado-
prarono per metter su Oratorii nei luoghi ove ebbero a soggiornare.
Quanto mi han consolato le belle lettere in cui essi mi nar-
ravano il frutto delle sante loro industrie nel coltivare questo
campo, che pare dalla Provvidenza affidato specialmente ai figli
di D. Bosco! E non temano che col partire essi da quei luoghi
vadano perduti i frutti dei loro sudori. I semi da loro gettati, a
tempo e luogo germoglieranno, e Dio darà la ricompensa a quelli
che vi han cooperato.
11. ... I Salesiani nella milizia.
Nè deve mancare nella presente lettera edificante qualche
cenno intorno a quei nostri cari confratelli che, per essere lontani
dalle nostre case, obbligati ad una vita di sacrificio ed esposti a
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28.10 Page 280

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inummerevoli e gravi pericoli per l'anima e per il corpo, formano
l'oggetto della predilezione dei Superiori. Leggo sempre col più
vivo interessamento le loro lettere, e il più delle volte ne rimango
edificato e commosso. Non potendo rispondere a ciascuno in par-
ticolare, mando loro ogni mese almeno una lettera collettiva, e
godo di vedere che la ricevono con affetto, e spero anche con
frutto dell'anima loro.
Ammiro in molti l'impegno con cui compiono le pratiche reli-
giose, anche a costo di gravi sacrifici. Non pochi protestano di
volersi conservare fedeli alla loro vocazione, assicurando che ora
più che mai ne comprendono la preziosità, trovandosi a contatto
di tanti infelici ignari affatto delle grazie che Iddio tien riserbate
a chi si dona intieramente al suo santo servizio.
Avendo loro raccomandato in qualcuna delle mie lettere che
non prendessero l'abitudine di fumare, non pochi risposero affer-
mando che per grazia del Signore non si erano mai contaminata
la bocca col fumo del tabacco, sapendo quanto questa abitudine
sia contraria allo spirito salesiano.
Come è consolante il vedere che molti sopportano con gioia le
privazioni della vita militare, e s'impongono sacrifici più gravi
di quel che i Superiori vorrebbero! Molti infatti si proposero di
vivere unicamente col rancio, impiegando in opere buone e nel
comprare buoni libri i pochi centesimi che son loro distribuiti
sotto il nome di cinquina, e quei soccorsi che ricevono dal proprio
Direttore.
A questo proposito mi sia lecito citare un fatterello che mi
strappò le lagrime. Un giovane militare, ora sottotenente, venuto in
licenza invernale, ebbe cura d'impiegarne la maggior parte nel fare
gli esercizi spirituali. Volle pure fare il suo rendiconto, e quasi aves-
se una grave pena da confidare, disse che gli doleva di non aver
nulla da offrire al Superiore, per aiutarlo a sopportare le forti spese
che gravano in questo momento sulla nostra Pia Società. Ma poi
correggendosi aggiunse che veramente aveva raggranellato un po'
di denaro, e l'aveva rimesso al suo buon Direttore, a compenso di
quanto questi gli aveva mandato ogni mese al principio del suo
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29 Pages 281-290

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29.1 Page 281

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serv1z10. Il Superiore, persuaso che si trattasse di poca cosa, per
rassicurarlo gli disse che aveva fatto benissimo a consegnare quella
somma al Direttore. Curioso tuttavia di sapere a quanto ammon-
tasse quel denaro, prima di congedarlo fece cadere di nuovo il
discorso su tale argomento, e qual non fu la sua meraviglia udendo
che il caro giovane aveva rimesso al suo Direttore la bella somma
di L. 500! Commosso allora lo assicurò che quel soccorso era come
fatto a lui stesso, che in caso diverso avrebbe dovuto di sua mano
sovvenire il Direttore. Dio gli renda merito della buona opera
compiuta!
Un nostro confratello coadiutore con ammirabile zelo e con
sante industrie seppe indurre un suo commilitone, che non aveva
religione di sorta, a ricevere il santo Battesimo e a mettersi poi
con impegno a vivere da buon cristiano.
E quante altre opere buone avrei a raccontarvi dei nostri cari
militari, se non temessi di far male a sollevare il velo che le ricopre
e che le rende più accette a Dio! Dirò solo che molti sono assai
ben visti ed amati da certi loro Superiori, i quali, pur non avendo
alcun sentimento religioso, li ammirano, vedendoli compiere con
coscienza e per vera carità cristiana il loro dovere.
Aggiungo ancora che la fama della loro buona condotta giunse
fino alle più alte autorità, e giovò assai per farci ottenere favori che
sembrava follìa sperare. Serva questo per animarci tutti a far
sempre onore a quella cara Congregazione, a cui per grazia del
Signore siamo stati chiamati. Guai a chi con una poco lodevole
condotta avesse a menomare la stima di cui godono i suoi con-
fratelli!
12.... Prodigio della pedagogia moderna.
Metterò fine a questo mio povero scritto con un pensiero
sui nostri carissimi ex-allievi. Anche in questa, come in tutte le al-
tre Opere di D. Bosco, dobbiamo ricordare la parola del grano
di senapa. Quando alcuni dei nostri antichi compagni si rac-
colsero attorno a D . Bosco, e gli espressero per la prima volta i
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loro sentimenti di gratitudine e di affetto, non pensavano certo
che in avvenire tanti altri alunni delle case Salesiane in questo e
nell'altro emisfero avrebbero seguito il loro esempio. Nessuno
avrebbe immaginato i vantaggi che erano per venirne, le propor-
zioni grandiose che doveva prendere la figliale dimostrazione dei
più anziani nella tradizionale festa di S. Giovanni in Valdocco.
Ad essa molti alunni vanno debitori di aver conservato i buoni
principii ricevuti nella gioventù, di aver perseverato nella pratica
della religione e nell'esercizio delle virtù cristiane.
Con ragione il nostro compianto D . Rua mostrò di apprezzare
questa provvidenziale associazione, che un giornale torinese, pur
tutt'altro che fautore della educazione impartita dai sacerdoti,
chiamò un prodigio della pedagogia moderna. Anche negli ultimi
giorni della sua mortal carriera, il Venerato Superiore dolcemente
insisteva presso i suoi figli maggiori, che facevano amorosa corona
al suo letto di dolore, perchè continuassero le riunioni degli ex-al-
lievi, e se li tenessero ognora uniti nello spirito di D. Bosco.
Se a causa dell'orribile disastro della guerra questi ultimi non
potevano ancora veder eseguito il loro cosl bello e poetico disegno
di erigere all'amato Maestro uno splendido monumento, ci con-
soli almeno il veder trionfare in altri paesi meno infelici di noi
la bella Associazione degli ex-allievi, il sapere che questa si va
sempre meglio organizzando, e che il numeroso esercito dei suoi
membri va lavorando a diffondere dappertutto lo spirito di D.
Bosco .
Come ci tornò dolce, in una riunione a cui assistevano più
migliaia di ex-allievi e di zelanti Cooperatori, l'udire uno di essi
dire con un vero slancio di eloquenza e di figliale affetto, che
per portare degnamente questo nome ed essere davvero Coopera-
tori di D. Bosco, era necessario fare nella società quello che i
Salesiani fanno nell'interno dei loro istituti: propagare cioè at-
torno a sè quello spirito che si è appreso alla scuola di D . Bosco.
Egli conchiudeva: « Cosl saranno veramente migliorati gli indi-
vidui, santificata la famiglia, risanata la società ».
E con quanta gioia ho letto anche in una rivista degli ex-alunni
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29.3 Page 283

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d'un collegio d'America un articolo sul dovere d'ogni alunno dei
Salesiani di propagare nella propria famiglia lo spirito e il sistema
educativo del nostro indimenticabile Maestro! Voglia il Signore be-
nedire gli sforzi di questi nostri carissimi alunni, che in tal modo
divengono zelanti e benemeriti nostri collaboratori!
D. Bosco dal Cielo deve guardare con predilezione quei Diret-
tori che nulla risparmiano per la buona direzione dei loro ex-alunni,
e rendono cosi ognor più esteso e più fruttuoso lo spirito salesiano.
Giova sperare che con l'aiuto degli ex-allievi abbiano a riuscir piu
solenni le feste che ci prepariamo a celebrare in onore di Maria
Ausiliatrice. Tutto dipenderà dallo zelo con cui noi cercheremo di
animarli e dalla prudenza con cui sapremo sostenere il loro entu-
siasmo.
Sarebbe infine poco onorevole per i Salesiani, se si lasciassero
superare dagli ex-allievi nell'affetto alla memoria di D. Bosco, se
di lui parlassero meno sovente in pubblico e in privato, se aves-
sero minor impegno d'imitarne gli esempi. Faccio dunque asse-
gnamento sulla vostra buona volontà, perchè ciascuno si sforzi di
non essere secondo ad alcuno nell'amore a D. Bosco e nell'impegno
di praticarne lo spirito; secondo la nota raccomandazione di S.
Paolo (I Cor., XII, 31 ), vi sia tra di noi una santa emulazione per
arrivare a più alti gradi di pietà e di virtù, aemulamini chari-
smata meliora.
Questo di tutto cuore vi augura
il vostro aff.mo in Corde Jesu
Sac. PAOLO ALBERA.
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29.4 Page 284

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XXIV
Sul Cinquantenario della Consacrazione
del Santuario di Maria Ausiliatrice in Valdocco
1. Feste di pietà e di raccoglimento. - 2. La Madonna e D. Bosco. -
3. Lo scettro d'oro e la nostra consacrazione all'Ausiliatrice. - 4. « Ad
Jesurn per Mariam ». - 5. L'inno della gratitudine. - 6. Siamo Apo-
stoli dell'Ausiliatrice. - 7. Amiamola. imitando le sue virtù. - 8. For-
mula per la consacrazione a Maria Ausiliatrice.
Figliuoli Carissimi in Gesù Cristo.
Torino, 31 marzo 1918.
Festa di Pasqua.
Nell'accingermi a scrivere la presente circolare, non ho bisogno
di star molto a pensare quale argomento io debba trattarvi.
1. Feste di pietà e di raccoglimento.
Mi basta alz.ue lo sguardo alla maestosa cupola che domina
il nostro Oratorio, mi basta richiamare alla memoria che appunto
in questi giorni si compiono dieci lustri dacchè la nostra bella e
divota Basilica fu consacrata al culto di Maria Ausiliatrice, perchè
subito mi venga l'ispirazione d'intrattenervi, o diletti miei figli, a
riguardo di questa nostra Madre dolcissima, Maria Ausiliatrice.
S'io non vi parlassi di Lei, con ragione potreste credermi indif-
ferente alle grandiose feste che si stanno preparando in onor suo:
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29.5 Page 285

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il che sarebbe fare un grave torto all'amore che voi nutrite verso la
potente nostra Protettrice, e sarebbe altresì mancare al dovere di
gratitudine che noi tutti, come Salesiani, abbiamo verso la celeste
nostra Regina, per i grandi ed innumerevoli benefizi che volle
così generosamente largirci durante questi cinquant'anni.
Senza dubbio altre penne, ben meglio temprate della mia, tes-
seranno in ogni lingua e in ogni metro le lodi della Madonna di D .
Bosco, esaltandone la potenza e la bontà; ma è pure, credo, giu-
sto desiderio di tutti che colui il quale tiene oggi indegnamente il
posto del nostro amatissimo Fondatore e Padre, unisca anch'egli
l'umile sua voce all'armonioso concerto che dappertutto risuonerà
fra i suoi figli in onore della Vergine Ausiliatrice. In una circo-
stanza come questa, non è permesso al Rettor Maggiore dei Sale-
siani di rimanere in silenzio.
È pur vero che il rombo del cannone, il cozzo delle armi mici-
diali, i lamenti e le lacrime di tante famiglie orbate dei loro cari
e dei più validi loro sostegni, le stesse nostre Case stremate di
personale, fanno uno stridente contrasto con le voci festose che
vorrebbero erompere dai nostri petti per festeggiare l'eccelsa nostra
Protettrice; tuttavia non possiamo e non dobbiamo lasciar passare
inosservata questa data così memoranda per la storia della nostra
Pia Società. Le nostre feste saranno dunque tutte di pietà e di rac-
coglimento, quali si addicono ai tristi momenti che attraversiamo.
Voglia Maria SS.ma Ausiliatrice guidare la mia penna, per-
ch'io scriva cose meno indegne di Lei, le quali dispongano i nostri
cuori a celebrare più solennemente e divotamente che sarà possibile
le prossime feste.
2. La Madonna e D. Bosco.
Le molteplici opere iniziate e compiute dal nostro Venerabile
Padre e Fondatore formano l'oggetto dell'ammirazione di quanti ne
leggono la storia; ma ciò che più colpisce la mente di chi attenta-
mente le esamina si è il vedere come tali prodigiose imprese
siano state ideate e condotte a termine dal figlio d'un umile con-
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29.6 Page 286

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tadina dei Becchi, il quale non solo era privo d'ogni mezzo di
fortuna ed ebbe bisogno dell'aiuto di parecchi benefattori per arri-
vare al sacerdozio, ma si vide ancora trattenuto nel suo cammino
ad ogni passo da ostacoli che sembravano insormontabili.
È per questo che la sua vita, a chi la consideri con viste pura-
mente umane e naturali, si presenta come un enigma inespli-
cabile. Essa non può venir compresa e gustata se non da chi sap-
pia elevarsi con le ali della fede nelle sfere del soprannaturale, e
con spirito cristiano veda all'opera misera e deficiente dell'uomo
tendersi soccorritrice la mano onnipotente della Provvidenza Di-
vina, sola capace di sormontare le difficoltà e le barriere cosi spesso
frapposte dalla debolezza e malizia umana. Don Bosco non potè
certo avere alcun dubbio riguardo al continuo intervento di
Dio e della SS.ma Vergine Ausiliatrice nelle svariate vicende della
sua laboriosissima vita. Basta dare una scorsa ai grossi volumi della
sua biografia, per incontrarne innumerevoli prove convincenti.
All'età di nove anni egli vide in sogno un grande stuolo di
poveri giovani che l'ignoranza e il vizio aveva resi somiglianti ad
animali, ed ebbe da un misterioso personaggio, ch'era Gesù Cristo
medesimo, l'ordine di prendersi cura di loro e di formarne dei buoni
cristiani. Protestandosi egli incapace di compiere tale arduo man-
dato, gli fu assegnata quale guida e Maestra l'augusta Regina del
cielo e della terra; e furono appunto i preziosi e sublimi insegna-
menti di Lei che lo posero in grado di trasformare quegli esseri
infelici in altrettanti docili agnelli.
Da quel giorno fu la Madre di Dio che lo guidò in tutti gli
eventi più importanti della sua carriera, che fece di lui un sacer-
dote dotto e zelante, che lo preparò ad essere il Padre degli
orfani, il Maestro d'innumerevoli ministri dell'altare, uno dei più
grandi educatori della gioventù, e infine il Fondatore d'una nuova
Società religiosa, che doveva avere la missione di propagare per
ogni dove il suo spirito e la divozione a Lei sotto il bel titolo di
Maria Ausiliatrice.
Parlando ai suoi figli spirituali, egli non si stancava di ripetere
che l'opera a cui aveva posto mano gli era stata ispirata da Maria
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SS.ma, che Maria n'era il valido sostegno, e che perciò nulla essa
aveva a temere dalle opposizioni de' suoi avversari.
Permettetemi solo ch'io vi rammenti la conferenza da lui te-
nuta la Domenica 8 maggio 1864 ai Salesiani di Torino.
In quella riunione egli rivelò cose non mai dette fino allora,
fece un riassunto della storia dell'Oratorio, delle varie e dolorose
peregrinazioni compiute prima di porre stabile dimora nella casa
di Valdocco: narrò come la mano del Signore avesse colpiti tutti co-
loro che si erano opposti alle sue imprese, palesò i sogni in cui
aveva visto i suoi futuri sacerdoti, chierici e coadiutori, e perfino i
numerosissimi giovani che la Provvidenza avrebbe affidati alle
sue cure; e raccontò pure quello, che meglio si direbbe visione,
in cui era apparsa al suo sguardo una chiesa alta e magnifica, por-
tante sul frontone la scritta: Hic domus mea; inde gloria mea.
Enumerò le difficoltà sorte fin dal principio, e vinte coll'aiuto
di Dio.
Aggiunse che tutto egli aveva rivelato al Santo Padre Pio IX,
e che da lui era stato incoraggiato a fondare la nostra Pia Società.
Proposta poscia a se stesso l'obbiezione che forse egli non avrebbe
dovuto manifestare tali cose, che parevano ridondare a sua propria
gloria, la confutò perentoriamente e con tutta energia, prote-
stando che, lungi dall'avere di che gloriarsi, egli avrebbe anzi
dovuto rendere un conto tremendo, se non avesse fatto quanto
da lui dipendeva per compiere la volontà di Dio. « Non si può de-
scrivere - dice Don Lemoyne - la profonda impressione che
fece e l'entusiasmo che destò simile rivelazione » ( 1).
In quei giorni medesimi noi vedevamo incominciare per ordine
di D. Bosco gli ~cavi per gettar le fondamenta del nuovo gran-
dioso tempio, con cui egli intendeva attestare a Maria Ausilia-
trice la sua vivissima gratitudine per le grazie e i favori da Lei
ricevuti.
Solo chi ne fu testimonio, può farsi una giusta idea del lavoro
e dei sacrifici che il nostro Venerabile Padre s'impose durante tre
( 1) Memorie biografiche, Voi. V, Cap. VII, p. 664 .
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anni per condurre a termine quest'opera. Andò bussando come un
mendico di porta in porta, non solo a Torino, ma ancora in quasi
tutte le principali città d'Italia, per raccogliere i mezzi necessarii
a quella costruzione, da molti ritenuta un'impresa temeraria, troppo
superiore alle forze dell'umile prete che vi si era accinto. Sosteneva
la sua meravigliosa energia la certezza che quanto già s'era fatto,
era effetto della protezione della Madonna, e che l'incipiente Società
Salesiana avrebbe preso un prodigioso sviluppo, quando Maria
SS.ma Ausiliatrice avesse avuto un tempio e un trono conveniente
nei prati di Valdocco. Si mostrava così vero discepolo del nostro
S. Francesco di Sales, che aveva lasciato scritto: « Conosco appieno
qual fortuna sia l'esser figlio, per quanto indegno, di una Madre
così gloriosa. Affidàti alla sua protezione, mettiamo pur mano
a grandi cose: se l'amiamo di ardente affetto, Ella ci otterrà tutto
quello che desideriamo ».
Il 9 giugno 1868, con meraviglia di tutti, la nostra maestosa
Basilica veniva consacrata da Mons. Alessandro Riccardo di Netro,
Arciv. di Torino; ed io ricordo come fosse ora il momento solenne
in cui D. Bosco, tutto raggiante di gioia, e insieme con gli occhi
velati dal pianto per la profonda commozione, saliva per il primo
all'altar maggiore a celebrare, sotto i pietosi sguardi della sua
grande Ausiliatrice, il Santo Sacrificio della Messa. Alle solennis-
sime feste, che durarono ben otto giorni, accrebbero splendore
con la loro sublime dignità otto Vescovi, celebrando pontifical-
mente ed annunziando con eloquenza e con molto frutto la divina
parola alla folla straordinaria dei fedeli, accorsi anche da lontani
paesi.
A quelli tra noi ch'erano già più innanzi negli anni, non isfug-
giva come il volto del nostro Venerabile apparisse quasi trasfigu-
rato, e com'egli fosse instancabile nel parlare della sua Madonna;
e serbammo geloso ricordo di quanto egli, leggendo nel futuro,
ci disse in tale circostanza intorno alle meraviglie che Maria Au-
siliatrice avrebbe operato in favore de' suoi devoti. Quanto ci
consola adesso il vedere avverate le sue predizioni!
Nè tutto questo bastò a rendere pienamente soddisfatto il suo
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gran desiderio di attestare la propria gratitudine a Maria SS.ma,
chè, oltre a questo monumento materiale e inanimato, egli a Lei
volle inalzarne ancor un altro vivo e spirituale, istituendo da Con-
gregazione delle Figlie di Maria Ausiliatrice, a cui dava la mis-
sione di formare alla pietà e alla virtù le giovanette, e di propagare
in tutto il mondo la divozione alla loro potente Patrona. E lo svi-
luppo prodigioso assunto in breve tempo da tale Istituto, come
pure il gran bene da esso operato in ogni luogo, sono la miglior
prova che anch'esso venne fondato da D. Bosco per ispirazione
celeste.
Ma tornando al nostro caro Santuario di Maria Ausiliatrice, è
un fatto che subito dopo la consacrazione di esso si videro nella
Società Salesiana moltiplicarsi prodigiosamente le vocazioni, e
sorgere a brevi intervalli, come per incanto, numerosi Collegi,
Oratorii festivi e Scuole professionali, vere arche di salute per
moltissimi giovanetti, sottratti cosl al pericolo della corruzione e
dell'empietà. Scomparvero d'un subito le gravi difficoltà ritar-
danti l'approvazione della nostra umile Congregazione da parte
della S. Sede; e si fecero numerose spedizioni di Missionari in
America. Si andava così avverando la predizione di Maria SS.ma,
che da quel tempio sarebbe venuta la sua gloria: inde gloria mea.
Con ragione dunque possiamo affermare che la consacrazione di
esso fece veramc:nte epoca nella storia delle Opere di D. Bosco;
e che la nostra dolcissima Madre volle pure in tal modo ricom-
pensare il suo servo fedele dei sacrifìci che aveva fatto per pro-
curarle in Valdocco una dimora meno indegna di Lei.
3. Lo scettro d'oro e la nostra consacrazione all'Ausiliatrice.
Presto saranno compiuti i cinquant'anni <lacchè noi fummo
testimoni dei fatti qui brevissimamente ricordati, e ci gode l'animo
di poter dire che tutto questo periodo di tempo non fu altro che
una serie non mai interrotta di prodigi operati da Maria Ausilia-
trice in favore de' suoi devoti: appunto come ce lo aveva prean-
nunziato il nostro Venerabile.
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Per la protezione della potente nostra Patrona, l'umile Società
Salesiana ha valicato i monti e i mari, estendendosi quasi su tutta
la terra. Questa maravigliosa propagazione non può attribuirsi solo
alla attività e allo spirito d'iniziativa dei Figli di D . Bosco: noi,
che per esperienza conosciamo la debolezza delle nostre forze, più
d'ogni altro dobbiamo esser convinti che di tutto andiamo debitori
alla Vergine Ausiliatrice. Che cosa faremo dunque per dimostrarle
la nostra gratitudine?
Ecco: il vivo desiderio che abbiamo di far noto, se fosse
possibile, al mondo intero che tutte le Opere salesiane debbono
la loro origine e il loro sviluppo unicamente alla protezione di
Maria e insieme la speranza nostra ch'Ella continui a sostenerci,
guidarci e difenderci per l'avvenire, ci hanno suggerito l'ardito
disegno di porre nella mano della nostra potentissima Ausiliatrice
un ricco scettro d'oro, adorno di pietre preziose, intendendo con
quest'atto di proclamarla con la maggior solennità possibile, no-
stra Augusta R egina.
Già gli Angeli del Paradiso, al tempo di S. Gregorio Magno,
cantando la proclamarono in Roma Regina del Cielo: donde venne
la dolcissima antifona Regina Caeli, che la Chiesa pone in bocca
ai fedeli durante il tempo pasquale. Ora noi vogliamo far eco a
queste celesti acclamazioni; ed è ben giusto che onoriamo con tal
titolo la creatura più bella e perfetta che mai sia uscita dalle mani
onnipotenti del Creatore. Scrive S. Bonaventura che Dio avrebbe
potuto creare un mondo più bello, un cielo più delizioso, ma non
una Madre più degna ( 1). Ma v'è di più: il Divin Salvatore stesso
la fece sedere alla sua destra nel regno della gloria, dandole
ogni potere, sicchè con ragione venne detta l'onnipotenza suppli-
chevole: omnipotentia supplex.
Tornerà poi di vero conforto a tutta la Famiglia Salesiana il
sapere che questa semplice ma signifìcantissima funzione, la quale
avrà luogo nel cinquantenario della consacrazione della nostra basi-
lica, verrà compiuta da colui che tutti meritamente siamo soliti
( 1) Spec. B. V ., Lect. 10.
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chiamare il figlio prediletto del Venerabile D. Bosco: da quel me-
desimo D . Cagliero che con la sua musica e con l'ammirevole sua
attività fu magna pars nelle feste della consacrazione cinquan-
t'anni or sono. Egli non solo verrà a dare splendore ai nostri fe-
steggiamenti colla Sacra Porpora di cui ora è rivestito, ma li presie-
derà quale rappresentante del Vicario di Gesù Cristo in terra, del
nostro amatissimo Papa Benedetto XV. Oh! rendiamo grazie alla
Divina Provvidenza, che volle conservarci in floridissima salute
questo illustre figlio di D. Bosco, malgrado l'età e malgrado i disagi
della sua vita di missionario infaticabile!
Tale cerimonia esteriore, è facile indovinarlo, sarà accompa-
gnata dalla solenne consacrazione della nostra Pia Società alla Ce-
leste Regina. Il Rettor Maggiore pronunzierà dinanzi alla tauma-
turga immagine di Lei una preghiera, in cui Le presenterà tutti i
singoli Salesiani, le Figlie di Maria Ausiliatrice, la Pia Unione dei
Cooperatori, e tutti i nostri Istituti, supplicandola di gradire que-
st'offerta, di considerare ognora come cosa tutta sua le Opere
di Don Bosco e di conservarle sempre degne della sua protezione
e del suo affetto.
E questa consacrazione verrà rinnovata in ogni nostra Casa,
nel modo che i Superiori locali riterranno più opportuno. Credo di
non errare pensando che questo omaggio riuscirà gradito più d'ogni
altro alla nostra Regina, e farà piovere in grandissima abbondanza
sulle Opere nostre le sue grazie e benedizioni.
Del resto non sarà questa una novità per noi , poichè da ben
venticinque anni in ogni nostra Casa si recita ogni mattina, dopo
la meditazione, una devotissima preghiera intitolata: Consacra-
zione a Maria SS .ma Ausiliatrice. Da un pezzo era da tutti sentita
la necessità di avere, oltre alle preghiere vocali comuni, un'ora-
zione speciale dei Salesiani, nella quale fossero esposti i nostri
peculiari bisogni, e si chiedessero le grazie che più si addicono al
nostro stato e alla nostra missione. E nell'anno 1894 l'indimenti-
cabile D. Rua, alla cui perspicacia nulla sfuggiva di quanto potesse
tornar utile alle nostre anime, credette opportuno di colmare questa
lacuna, e ci propose la sopradetta Consacrazione, che tornò a tutti
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sommamente gradita, e che in breve e con molta facilità fu appresa
a memoria.
Come riesce dolce al Salesiano, in qualunque nazione abbia a
trovarsi e qualunque lingua debba parlare, l'udire ogni mattino,
all'ora fissata nell'orario della giornata, un numeroso coro di voci
devote che ripete questa offerta alla Madre celeste, implorandone
la protezione sopra le nostre Case e i nostri lavori! Ora quel che
siamo soliti a fare quotidianamente nelle umili e divote cappelle
delle nostre Comunità, è ben giusto che nel cinquantenario della
consacrazione della nostra Chiesa si compia con tutta la solennità
e fervore possibile davanti alla taumaturgica immagine di Maria,
proclamata nostra Augusta Regina, e fregiata dell'aureo scettro,
simbolo della sua regale dignità e potenza!
Se, come ci attesta la storia, nel secolo XVII ben venticinque
regni si consacrarono a Maria; se quasi ogni ordine e Congregazione
religiosa la volle scegliere a Protettrice, quanto più è giusto che ciò
si faccia dall'umile nostra Società, che deve la sua fondazione
e il suo mirabile fiorire alla Vergine Benedetta, come D. Bosco non
si stancava mai di ripeterci!
4 . « Ad Jesum per Mariam ».
Nè con questa consacrazione intendiamo in alcun modo
sminuire l'importanza dell'atto solenne, con cui allo spuntare del
secolo XX ci siamo consacrati al SS.mo Cuore di Gesù; chè anzi
non abbiamo con essa altro fine se non quello di rendere tale atto
più meritorio e più gradito al Signore. Tutti ricordiamo come
D. Bosco ci ripetesse sovente il motto ad ]esum per Mariam,
volendo cosi insegnarci che è vana la nostra divozione a Maria,
se non ci guida a Gesù, se non ci ottiene la forza necessaria per
vincere i nemici dell'anima nostra, per camminare sulle traccie del
Divino suo Figlio. E a ravvivare la nostra fiducia in Maria, egli
faceva incidere sulle medaglie commemorative della consacrazione
del tempio il detto di S. Bernardo: totum nos habere voluit
( Deus) per Mariam: tutto quanto è necessario alla nostra sal-
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vezza volle Iddio che noi avessimo per mezzo di Maria. Nel mede-
simo senso egli ci spiegava l'affermazione dei Dottori, essere la
divozione a Maria un segno di predestinazione; questa fu infine
la ragione della sua predilezione al titolo di Auxilium Christia-
norum, titolo che volle dare alla nuova chiesa, ancorchè si fosse
accorto che a certuni non andava troppo a genio.
A compiere con fervore questa consacrazione di noi stessi a
Gesù per mano di Maria, ci sia anche di sprone il pensiero che con
essa noi onoriamo la Madre nostra assai meglio che con qualsiasi
altra pratica di pietà. Con le altre divozioni non offriamo a Maria
che una parte del nostro tempo, una parte delle nostre buone
opere, del nostro affetto, qualche soddisfazione o qualche morti-
ficazione. Con quest'offerta invece noi le doniamo tutto in una
volta: i meriti e il lavoro, le preghiere e le sofferenze; non qualche
fiore o qualche frutto soltanto del nostro giardino, ma il giardino
stesso .
Deve inoltre consolarci.la persuasione che le nostre azioni, pas-
sando per le mani di Maria, saranno purificate da ogni mac-
chia con cui il nostro orgoglio e la concupiscenza le avessero conta-
minate. Le sue mani pure e sante non solo astergono ogni immon-
dezza, ma adornano e abbelliscono tutti i nostri pensieri, parole ed
azioni coi tesori delle sue virtù, attirandoci così gli sguardi pie-
tosi e le compiacenze di Gesù Benedetto. Ed anche le lodi con
cui noi esaltiamo le grandezze e i privilegi straordinarii di Maria,
sono da Lei rinviate al suo Diletto Figliuolo, come umilmente fece
quando S. Elisabetta la felicitava per la sua divina maternità ed
Essa esclamava: Magnificat anima mea Dominum.. . quia fecit mihi
magna qui potens est. Oh! non temiamo che i nostri doni, per
quanto meschini ed imperfetti, siano rigettati dal Signore, se gli
vengono presentati dalla dolcissima sua Madre! Ce ne assicura S.
Bernardo: Modicum quid olferre desideras? Manibus Mariae olfe-
rendum cura, si non vis sustinere repulsam: Vuoi offrire a Dio
qualche piccola cosa? Procura di offrirgliela per mano di Maria,
se non vuoi patire una ripulsa. Anzi, per meglio ravvivare la
nostra fiducia, il medesimo Santo Dottore aggiunge: S'Ella ti so-
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stiene, non cadi; s'Eila ti protegge, non hai nulla a temere; se ti
guida, non ti stanchi; se ti è propizia, arriverai al porto di salute:
Ipsa tenente, non corruis; ipsa protegente, non metuis; ipsa duce,
non fatigaris; ipsa propitia, pervenis.
Racconta la cronaca d'un Ordine religioso, che un'anima ter-
ribilmente tormentata da pene di spirito ebbe l'ispirazione di of-
frirsi al Signore per mano di Maria, e immediatamente si sentì
liberata. Compresa allora di profonda gratitudine, da quel giorno si
considerò sempre come schiava di Maria, e, per conservare la
memoria della sua consacrazione, volle fino all'ultimo respiro portar
cinta intorno alla sua persona una catena di ferro. Alla sua morte
venne a ricevere l'anima sua Maria SS.ma stessa circondata da un
coro di vergini, che l'accompagnarono al trono del Divin Giudice
cantando: Beati quelli che si fanno schiavi della Regina del cielo,
perchè godranno della vera libertà: Illi servire libertas.
Felici noi, se vivremo ogni giorno come s'addice a chi si è
totalmente dedicato al servizio di Maria!
Questo e non altro è il significato che il nostro Venerabile
Padre, adattandosi ai tempi e alle anime affidategli da Maria SS.ma,
intendeva dare all'insistente raccomandazione che faceva ai suoi
figli di portare al collo la medaglia dell'Ausiliatrice: per lui que-
sta immagine, divotamente tenuta sul petto, doveva essere una
prova del nostro amore a Maria, un riconoscimento della sua qua-
lità di nostra Madre e Regina, un'arma potentissima per mettere
in fuga il nemico infernale, un dolce ricordo della nostra apparte-
nenza ad un Istituto da Lei prediletto, e manifestamente desti-
nato a farla conoscere ed onorare dappertutto sotto il glorioso
titolo di Aiuto dei Cristiani.
Con questo fine il nostro Venerabile, dovunque andasse, distri-
buiva a piene mani le medaglie benedette dell'Ausiliatrice, sicuro
che quanti ne erano muniti sarebbero da Lei protetti in ogni
pericolo, soccorsi in ogni bisogno. E Maria SS.ma non mancò di
premiare la fiducia da lui riposta nell'uso delle sua medaglia;
così nel 1884, infierendo in varii paesi il colera-morbus, egli pro-
mise a' suoi figliuoli che quanti avessero portato la medaglia del-
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l'Ausiliatrice ne sarebbero stati immuni: e Maria avverò la pro-
messa del suo servo fedele!
5. L'inno della gratitudine.
Ma io vi faccio un torto, o miei figli diletti, dilungandomi
in tante esortazioni: voi tutti, lo so, avete già un vivissimo desi-
derio di celebrare il nostro cinquantenario più divotamente che
potrete. Oh! io son certo che ogni Salesiano affretta col desiderio
quel giorno fortunato, in cui gli sarà dato di rendere le più sen-
tite grazie a Maria Ausiliatrice, con una generosa e intiera offerta
di se stesso a Lei che fu e sarà sempre per noi tutti una inesausta
sorgente di grazie e benedizioni. Questa Madre saggia e previdente
ci amava già prima che venissimo al mondo; a Lei dobbiamo la
grazia di essere nati in paese e famiglia cristiani, di essere stati
rigenerati alla grazia col santo Battesimo, di aver ricevuto già fin
dalla nostra infanzia quei primi elementi di pietà e di cristiana
moralità, che tanto hanno contribuito a formare la nostra co-
scienza e a prepararci alle lotte della vita.
Ma la Vergine Benedetta non si tenne paga di questo, e pre-
ferendoci a tanti altri suoi figli, si adoperò, al pari dell'antica
Rebecca, a far discendere sul nostro capo le più abbondanti bene-
dizioni destinate ai primogeniti, chiamandoci, o meglio guidan-
doci per mano, alla vita religiosa e sacerdotale nella nostra Pia
Società. Oh! quand'anche impiegassimo tutta la nostra vita nel
ringraziare Maria per un favore sì segnalato, non faremmo ancora
abbastanza: solamente l'eternità potrà bastare per renderle le gra-
zie che le sono dovute. E solo quando saremo giunti alla gloria
del Paradiso, e potremo prostrarci ai piedi della nostra grande Re-
gina, solo allora ci verrà fatto di conoscere il cumulo di favori che
da Lei ci furono largiti, e che forse non avevamo neppure pensato
di domandarle: poichè nella sua bontà Ella previene spesso i
nostri bisogni, e con materna larghezza e benignità viene in soc-
corso alla nostra deficienza.
Erompa dunque dai nostri cuori in questa solennità l'inno della
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più viva gratitudine alla nostra Madre Benedetta; e come il B. An-
gelico, che in varie estasi deliziose aveva potuto contemplare da
vicino la bellezza incomparabile della Madonna, dopo essersi
sforzato invano di riprodurla sulla tela, distruggeva il suo lavoro
dicendo : Ah! non ti rassomiglia: non est similis tui; cosl anche
noi, quando giungeremo al termine delle nostre feste, per quanto
solenni esse abbiano a riuscire, dovremo umiliarci profondamente
confessandoci incapaci di far cosa che pur lontanamente sia degna
di Lei.
6. Siamo Apostoli dell'Ausiliatrice.
Ma noi non possiamo e non dobbiamo accontentarci di scio-
gliere in questa ricorrenza un inno di ringraziamento alla nostra
eccelsa Regina. Figli dell'insigne Apostolo dell'Ausiliatrice, di uno
dei più ferventi divoti di Maria, di quel grande educatore della
gioventù che considerò la divozione alla Madonna quale mezzo
efficacissimo per preservare dal vizio i suoi alunni, noi in questo
cinquantenario dobbiamo chiedere a Maria la grazia di poter sentire
rettamente e degnamente di Lei, ut de te vera et digna sapiam,
come dice Sant'Ildefonso.
Che D . Bosco avesse questo altissimo concetto di Maria, lo
prova tutto quello ch'egli ha compiuto in suo onore. Chiunque an-
che per poco l'avesse avvicinato, poteva convincersi come il pensiero
di onorare Maria non l'abbandonasse per un istante. Quante volte
lo vedevamo interrompere le sue occupazioni per raccontarci un
esempio edificante! Spesso in mezzo ai nostri divertimenti, alle no-
stre chiassose passeggiate, ad un tratto intonava una lode a Maria, ci
dava un fioretto o ci invitava a ricorrere al suo patrocinio con una
calda preghiera. A questo sacerdote dava per ricordo di non mai
fare una predica senza parlare di Maria; a quel Direttore suggeriva
di non mai prendere alcuna decisione senza ricorrere a Maria,
foss 'anche stato solo con un'Ave o con un giaculatoria; ai coa-
diutori ed anche ai giovani più anziani inculcava di raccontare in
onor di Maria qualche fatto che tornasse di vantaggio spirituale
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ai compagni; a tutti poi di fare ogni sabato qualche mortifica-
zione al medesimo scopo. A Magone Michele, sul letto di morte,
dava con sublime semplicità le sue commissioni per la Madonna.
L'Ausiliatrice stava in cima d'ogni suo pensiero, era l'oggetto
d'ogni palpito del suo cuore.
Non sarà dunque fuor di proposito che noi, figli di Don Bosco,
ci esaminiamo un poco a questo riguardo. Per esempio, leggiamo
noi a quando a quando qualche pagina di un libro che tratti di
Maria? Un gran Vescovo teneva sul suo scrittoio le Glorie di Maria,
ed affermava che il desiderio o la ripugnanza ch'egli provava per
quel libro, erano come il termometro del fervore o della tiepidezza
del suo spirito.
E le feste di Maria, in qual modo le celebriamo noi? Ricor-
diamoci che in tali occasioni sul volto di D . Bosco traspariva la
gioia più viva, sicuro indizio dell'interno ardore.
Voglia il Cielo che queste nostre feste abbiano per risultato
di farci divenire tutti apostoli ferventi della divozione a Maria, e di
farci d'ora innanzi ricorrere a Lei con fiducia, ogni volta che ci
troveremo in qualche angustia, o che dovremo por mano a qual-
che difficile impresa, ripetendo le parole che diceva alla Profe-
tessa Dèbora il condottiero Barac: Si venis mecum, vadam; si no-
lueris venire mecum, non pergam: se vieni meco, andrò; se non
vuoi venire con me, non mi muovo ( 1 ).
7. Amiamola, imitando le sue virtù.
Non posso tuttavia nascondere che poco o nulla gioverà
l'aver questo alto concetto di Maria, se esso non accenderà nei
nostri cuori la fiamma dell'amore. Amare la Madonna è per noi
uno stretto dovere: infatti dove troveremmo una creatura più degna
dell'amor nostro? Di Lei volle servirsi l'Eterno Padre nell'opera
mirabile dell'Incarnazione del Verbo; e a tal fine la preservava,
sola tra tutte le figlie di Eva, da ogni macchia, perfino da quella del
peccato originale. Maria è la Madre del Salvatore del mondo, la
(1) Iud. IV, 8.
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Sposa dello Spirito Santo. All'infuori del nome di Gesù, quale
altro può tornar più caro, più dolce alle labbra del cristiano, che
quello di Maria? S. Stanislao Kostka nel pronunziarlo si accendeva
in volto, e se ne sentiva addolcite le labbra come da un favo
di miele.
Questa nostra Madre celeste, noi non l'abbiamo mai vista con
gli occhi del corpo, ma dovremmo sempre averla presente al pen-
siero, perchè sempre veglia al nostro bene, con la tenerezza d'una
madre che non soltanto vuole, ma può venirci in aiuto. Fortunato
colui che si abitua a vivere sempre sotto lo sguardo benigno di Ma-
ria, come il bambino che non può stare neanche un momento sepa-
rato dalla mamma! Fortunato colui che con Maria divide le sue
gioie e le sue pene, e che la fa perfino depositaria di quel po' di
bene che gli è dato di compiere!
Ah! non sia mai che un figlio di D . Bosco, un membro d'una
Congregazione cotanto amata e protetta da Maria, abbia a dimen-
ticarsi anche solo per poco di questa Madre amorosissima!
Non posso terminare questa mia circolare senza richiamarvi
alla memoria il noto detto di S. Gregorio Magno: Probatio dilec-
tionis exhibitio est operis: La prova dell'amore è l'offerta delle
opere. Non basta cioè dire a Maria, sia pur col cuore, che l'a-
miamo, che in Lei riponiamo tutta la nostra fiducia: bisogna venir
a qualche cosa di più concreto. Anche il nostro Venerabile Maestro
soleva ripeterci : Più fatti e meno parole; e questo anche a pro-
posito della divozione da professarsi alla nostra Ausiliatrice.
Ora, sappiamo da S. Paolo ( Rom. VIII , 29) che quelli che Dio
ha preveduti, li ha pure predestinati ad essere conformi all'immagi-
ne del Figliol suo: è dunque nostro dovere di seguir le traccie del
nostro divino modello Gesù: senza essere simili a Lui, non si può
sperare di entrare nel regno della gloria.
E per ottenere questa somiglianza, qual mezzo può esservi
più adatto alla nostra debolezza, dell'imitare Maria, che di quel
divino esemplare è stata la copia più fedele e perfetta? Imitiamo
dunque Maria: questa sarà la miglior prova d'amore che potremo
darle, e insieme la più sicura pietra di paragone per discernere se
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la nostra divozione verso di Lei sia vera o falsa. Orbene, la vita
di questa nostra gran Madre fu un continuo progredire, dalla na-
scita fino alla morte: come dunque potremmo dire d'imitarla se,
tenendoci paghi di non commettere gravi peccati, non facessimo al-
cuno sforzo per avanzarci nella perfezione a cui nei santi voti ci
siamo obbligati di tendere?
Quanto ci sarà utile un confronto fra le eccelse virtù di Maria
e le povere nostre! Oh io spero proprio che questo esame noi lo
faremo tutti nelle prossime feste cinquantenarie, e che poi con ogni
diligenza ci adopreremo ad acquistare le virtù che ancora ci man-
cano, e a correggere in noi quei difetti che pur troppo rendono
poco accetti al Cuore purissimo di Maria i nostri omaggi e le no-
stre pratiche religiose.
Un ultimo pensiero, con cui chiudo la mia circolare, do-
vrebbe eccitare ogni buon figlio di D . Bosco alla divozione e al-
l'amore verso Maria Ausiliatrice nella ormai vicina faustissima ricor-
renza: ed anche questo pensiero ci è suggerito dalle parole e dal-
l'esempio del Venerabile nostro Padre. Egli era solito ripeterci: Se
in vita avremo praticato la divozione a Maria SS.ma ne avremo
l'assistenza e il conforto in punto di morte. E ci narrava come
visitando Michele Magone nell'ultima sua malattia, fosse rimasto
altamente meravigliato della calma imperturbata con cui il suo
giovane allievo mirava avvicinarsi la morte, e che avendogli chiesto
donde l'attingesse, s'era udito rispondere: Dalla divozione alla
Madonna.
Non è a dire quanto questa risposta consolasse il nostro
Venerabile Padre, e quanto volentieri egli se ne servisse per ani-
mare i suoi alunni ad amare la Vergine Benedetta e ad invocarla
in ogni loro bisogno.
Ci esortava inoltre a pregarla instantemente di venire Ella
stessa ad assisterci nell'estremo nostro respiro, e di presentare poi
l'anima al tribunale del Divino suo Figlio, implorandone a nostro
favore l'infinita misericordia. E abbiamo ogni motivo di credere
che tal grazia egli l'abbia ottenuta, nel placido suo passaggio al-
1'eternità; l'aveva tanto invocata con la bella preghiera della
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Chiesa: Maria, Mater gratiae, dulcis parens clementiae, tu nos
ab hoste protege, et mortis hora suscipe.
Gettiamoci dunque anche noi ai piedi della nostra Ausiliatrice,
e diciamole con tutto il fervore: O Santissima e gloriosissima Ver-
gine Madre, nostra Maestra, Avvocata e Regina, alla quale ci siamo
consacrati in qualità di figli amorosi e di servi devoti, vogliate
sempre considerarci come cosa tutta vostra, teneteci lontano
da ogni peccato, offriteci e immolateci al Sacratissimo Cuore del
vostro Divin Figlio, proteggeteci in vita ed in morte, affinchè pos-
siamo venirvi a lodare e benedire per tutta l'eternità!
Questa grazia io chiederò per voi, amatissimi figli, e voi pure
chiedetela per
Il vostro aff.mo in C. J.
Sac. PAOLO ALBERA.
8. Formula per la consacrazione dell'Opera di Don Bosco a
Maria Ausiliatrice.
O Maria, Ausiliatrice potente del popolo cristiano, porgete
benigno ascolto alle fervide preci che a Voi s'inalzano in quest'ora
solenne.
Maternamente sollecita dei bisogni morali e religiosi delle ge-
nerazioni crescenti nei tempi nuovi, Voi ispiraste al Ven. Don
Bosco di consacrarsi alla loro istruzione ed educazione; e quel fe-
delissimo vostro Servo, non appena vide iniziata l'opera a lui affi-
data, volle erigere [ questo Tempio a Vostro onore (1)], perchè
nella pienezza della futura espansione del suo apostolato tutti chia-
ramente ravvisassero l'aiuto vostro e la materna vostra protezione.
Se oggi egli vivesse, solito com'era a proclamarsi di tutto debitore
a Voi, qual inno 5cioglierebbe in vostra lode!
Voi però, insieme col suo Successore, vedete fiduciosamente
prostrata al Vostro altare la triplice Famiglia, sorta per ispirazione
e volontà Vostra; perchè [ oggi ( 2)], tutti d'un cuore, i Salesiani,
( 1) Invece di questo Tempio a Vostro onore si dica: « l'augusto vostro
Santuario di Torino».
( 2) La parola oggi si ometta.
298

31 Pages 301-310

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31.1 Page 301

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le Figlie di Maria Ausiliatrice, i Cooperatori e le Cooperatrici, ri-
boccanti di letizia nel contemplare la Vostra destra scintillante del-
l'aureo scettro che Vi hanno donato, anelano di acclamarvi loro au-
gusta Regina.
O Maria Ausiliatrice, l'Opera di D. Bosco è vostra, interamente
Vostra; Vi appartiene per diritto: ma noi, nella vivissima brama di
mostrarvi la nostra filiale riconoscenza, vogliamo che sia Vostra
anche per unanime, assoluta, irrevocabile consacrazione. Vogliamo
a Voi consacrata la mente, consacrato il cuore, consacrate le forze
e le facoltà tutte dell'anima nostra, consacrato ogni istante della
vita, perchè se siamo figli di D. Bosco e figli vostri è grazia Vostra.
A Voi quindi, o Madre tenerissima, collettivamente e individual-
mente oggi ci consacriamo, col fermo proposito di essere sempre,
col Vostro aiuto, più operosi apostoli di carità in ogni parte della
terra.
Con le più liete speranze consacriamo a Voi anche le Opere
nostre, in modo specialissimo le schiere giovanili che sono raccolte
o si raccoglieranno in avvenire ai piedi dei Vostri altari, sotto la
bandiera di Don Bosco. Crescetele Voi, Madre e Maestra divina, e
conservatele Vostre sempre, anche tra i pericoli e le insidie del
mondo, di guisa che il Vicario di Gesù Cristo abbia ad allie-
tarsi vedendo estendersi per ogni dove, anche per mezzo loro,
il regno di Dio.
O Madre di Gesù e Madre nostra amabilissima, accogliete con
l'usata bontà questa offerta, devota ed affettuosa. Il Vostro scettro
regale s'alzi ognora a protezione e a difesa sulle Case e Missioni
della Pia Società Salesiana e delle vostre Figlie, tracci la via del
paradiso alle anime in esse raccolte, protegga e difenda le fami-
glie e le opere dei Cooperatori e delle Cooperatrici; vegga e sappia
il mondo intero che i figli, gli ammiratori e gli amici del Vene-
rabile Don Bosco, sono e vogliono esser Vostri, oggi, sempre, in
eterno. Così sia.
Avvertenza. - Questa formula, usata nella Basilica di Maria Ausiliatrice,
si può ripetere nelle singole Case con le varianti indicate.
299

31.2 Page 302

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xxv
Per la Cronistoria della Congregazione
1. Necessità di una Cronistoria Generale. - 2. Commissione al Segretario
del Capitolo Superiore. - 3. Relazioni al Segretario dalle Cronache
delle singole Case. - 4. Interessamento degli Ispettori presso le Case
da loro dipendenti.
Carissimo Direttore,
Torino, 15 ottobre 1918.
1. Sempre più imperiosa si fa sentire la necessità di avere una
Cronistoria Generale della nostra amata Congregazione: ogni ri-
tardo non fa che accrescere le difficoltà della ricerca dei documenti
relativi, e d'altra parte è urgente porre un termine al grave incon-
veniente di dover perdere un tempo prezioso ogni volta che si ha
bisogno di sapere una data o una notizia di qualche nostra Casa o
fondazione .
Fin dal principio dell'opera sua, il nostro Ven. Padre
ordinava ai singoli Direttori che tenessero regolarmente la Cro-
naca delle rispettive Case; e il venerando D . Rua faceva agl'Ispet-
tori questa ingiunzione: « Osservi se vi è, e come si redige la
Cronaca della Casa; e se non fosse debitamente redatta, dia gli
opportuni ordini e stabilisca bene da chi, e come, ed anche quando
essa debba essere redatta e compiuta. Ed anche aiuti a compierla
quei Direttori che, per esser nuovi, non conoscessero ancora come
si faccia , o non fossero istruiti sugli antecedenti della Casa ».
300

31.3 Page 303

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Ora lo sviluppo straordinario, mondiale che ha assunto in
breve tempo la nostra Pia Società, esige, che queste Cronache
particolari ( che voglio sperare siano state sempre tenute al cor-
rente e gelosamente conservate) vengano raccolte e coordinate
con lavoro paziente in un solo tutto, più completo che sia pos-
sibile.
2. Commissione al Segretario del Capitolo Superiore.
A tale scopo, essendo l'Archivio Generale della Pia Società
affidato al Segretario del Capitolo Superiore, ve lo presento quale
incaricato di questo non indifferente lavoro, ch'egli andrà ese-
guendo con l'aiuto di persone adatte, formanti un'apposita Com-
missione. Ma perchè questa Commissione possa adempiere bene
al suo mandato, bisogna che vi sia chi l'aiuti efficacemente nelle
sue ricerche sulla storia particolare di ciascuna Casa.
3. Relazioni al Segretario dalle Cronache delle singole case.
E questo, chi potrebbe farlo meglio di te, Direttore carissimo?
tu possiedi la Cronaca della tua Casa e i documenti relativi, e
puoi perciò fornire le notizie e le indicazioni occorrenti; a te
dunque ci rivolgiamo, fiduciosi che voglia prender veramente a
cuore la cosa.
Ti poniamo perciò sott'occhio, in tanti distinti quesiti, tutto
quello che da te desideriamo sapere; io sono certo che il tuo
sincero e ardente amore per il Ven. D. Bosco e per la nostra
Pia Società ti darà la pazienza e la diligenza a ciò necessarie.
Tu comprendi senza dubbio la grande importanza ch'io attri-
buisco a quest'opera; è superfluo perciò ch'io ti raccomandi di
prendere in seria considerazione ogni singolo quesito, e di rispon-
dervi con ponderatezza non disgiunta da una cortese sollecitudine,
e nel modo più esauriente che ti sarà possibile.
Se incontrassi qualche difficoltà, scrivimi, e vedrò di scioglierla;
le risposte (nelle quali vorrai indicare numero e lettera dei que-
301

31.4 Page 304

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siti rispettivi), potrai mandarle a me, oppure al Segretario del
Capitolo Superiore.
Sarebbe per me una grande consolazione, se col tuo volonteroso
aiuto, questo lavoro potesse venire felicemente condotto almeno a
buon punto durante il mio Rettorato: desidero tanto di avervi
parte attiva!
Forse ti sembrerà che il momento attuale non sia il più oppor-
tuno per addossarti un nuovo peso. Ti dirò: già tre anni fa ero sul
punto di far iniziare questo lavoro: scoppiata la guerra pensai
di sospenderlo in attesa di tempi migliori; ma la necessità di esso
si fa ogni giorno più imperiosa, e ogni ritardo non fa che accre-
scere la difficoltà dell'esecuzione. Ciò mi decide a rompere l'in-
dugio .
Fidando dunque nel tuo buon volere, di cui mi desti già
tante prove, attendo il tuo prezioso contributo, mentre coi più
cordiali saluti invoco su te, su codesta Casa e su tutte le opere
tue le più elette benedizioni della nostra Celeste Ausiliatrice.
Prega anche tu per me, e credimi sempre
Aff.mo in C. ].
Sac. PAOLO ALBERA.
Carissimo Ispettore,
Torino, 11 novembre 1918.
4. Inviando a ciascun Direttore della Tua Ispettoria una copia
della lettera a due del Questionario che qui ti unisco, rivolgo pur a
te vivissima preghiera d'interessarti personalmente affìnchè questo
lavoro, che mi sta tanto a cuore per la sua somma importanza e
urgente necessità, si eseguisca colla maggior sollecitudine e dili-
genza possibile. Di quest'importanza e necessità ti potrai convin-
cere tu stesso leggendo gli stampati suddetti. Non mi sembra
quindi il caso d'insistere nel raccomandarti la cosa: son certo che,
facendo tua l'iniziativa, ti metterai tosto all'opera, incitando, con-
302

31.5 Page 305

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sigliando e aiutando in tutti i modi i tuoi Direttori, perchè pren-
dano veramente a cuore questo lavoro.
Prevedo le non poche difficoltà che dovrai incontrare per far
compiere le necessarie ricerche nelle varie Case; ma ho speranza
che il tuo amore alla Congregazione e il pensiero dell'importanza
della cosa te le facciano felicemente superare.
Del resto con un tal lavoro, oltre al far cosa graditissima al
tuo Rettor Maggiore, gioverai anche grandemente al buon governo
della tua Ispettoria, giacchè, procurandoti cosi una completa
conoscenza dello stato passato e presente di ciascuna Casa, ti met-
terai in grado di ordinare e dirigere tutto nel modo migliore.
Desidero che le risposte dei vari Direttori mi vengano pel
tuo tramite, affinchè tu possa esaminarle e, occorrendo, comple-
tarle.
Implorandoti intanto dal Signore le grazie e gli aiuti di cui
abbisogni per far fiorire le Case da te dipendenti e renderle sempre
più feconde per la gloria di Dio e il bene della gioventù, mi
raccomando alle tue preghiere, e coi più cordiali saluti sono sempre
Il tuo aff.mo in C. ].
Sac. PAOLO ALBERA.
303

31.6 Page 306

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XXVI
Per i Confratelli reduci dal servizio militare
1. Decreto della Concistoriale pei Chierici di ritorno dalle armi. - 2. Dispo-
sizioni del Capitolo Superiore nei loro riguardi.
Torino, 26 novembre 1918.
Carissimo Ispettore,
1. Avrai già letto il Decreto della Sacra Congr. Concistoriale
« De clericis e militia redeuntibus ». Richiamo la tua attenzione
specialmente sul Capo II « De dandis et assumendis informa-
tionibus », e sugli Esercizi spirituali di almeno otto giorni interi
da premettere alla ripresa della vita comune.
2. Disposizioni del Capitolo Superiore nei loro riguardi.
Ora, sentito in proposito il parere di tutti gl'Ispettori d'Italia
e del Capitolo Superiore, si è stabilito:
1 ) Che tutti i Confratelli appartenenti a codesta Ispettoria
tornando dal servizio militare si ritirino a fare un serio corso di
Esercizi spirituali secondo le norme emanate dalla S. Sede;
2) Che tutti i chierici, novizi o studenti, subito dopo gli eser-
cizi vadano alla rispettiva Casa di formazione;
3) Che quei chierici i quali per necessità sono stati mandati
nelle Case prima che per loro cominciasse il tempo del tirocinio
304

31.7 Page 307

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pratico, siano sostituiti coi sacerdoti reduci da serv1z10 militare.
4) Che i confratelli coadiutori siano oggetto di speciali cure,
o nella Casa dove saranno radunati, o da parte dei direttori delle
case a cui verranno assegnati;
5) Non si proponga nessuno al Suddiaconato prima delle pros-
sime Tempora di autunno.
Voglia raccomandare ai Direttori la più affettuosa sollecitudine
per codesti cari confratelli che ritornano alle nostre Case, dopo la
dura prova del servizio militare.
Invoco di tutto cuore su di te e i confratelli di codesta Ispet-
toria le migliori benedizioni della Vergine Ausiliatrice.
Tuo aff.mo in C. J.
Sac. PAOLO ALBERA.
305

31.8 Page 308

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XXVII
Sulla dolcezza
1. Carità e dolcezza nel governo delle Case. - 2. Sempre uguale a se stesso!
- 3. Nei panni dei nostri soggetti... - 4. Non è zelo lodevole... -
5. Gli angeli custodi visibili... - 6. Lezioni divine. - 7. Il nostro
modello. - 8. Siate padri più che superiori... - 9. Dolcezza e fermezza.
Carissimi Ispettori e Direttori,
Torino, 20 aprile 1919.
Festa di Pasqua.
1. I libri usati dai Salesiani per la meditazione e per la lettura
spirituale trattano sovente della carità. Essi d'ordinario dimostrano
con molta efficacia come questa virtù sia non solo bella e sublime,
ma ancora necessaria al buon religioso, ed arrivano anche a chia-
mare lembo di paradiso quella casa in cui regna la carità, mentre
non esitano a paragonare ad un inferno quella che ne è priva.
Senza dubbio queste considerazioni tornano di grande vantag-
gio alle anime fortunate che, dato l'addio al mondo, si consacra-
rono intieramente al servizio del Signore; ma quei libri non pos-
sono discendere ai particolari, specie riguardo ai doveri di chi
deve dirigere una comunità.
Eppure c'insegna l'esperienza che per molti l'esercizio dell'au-
torità è purtroppo occasione a mancare di carità, e li impedisce di
fare tutto quel bene che dovrebbero e potrebbero. Ciò mi ha intro-
dotto a scrivere alcune pagine, esclusivamente riservate agli Ispet-
tori e Direttori, per animarli ad usare verso i loro dipendenti non
solo la carità, ma la dolcezza, che ne è come il fiore e la perfezione.
306

31.9 Page 309

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Nell'accingermi a scrivere su questo argomento che ha, come
ben sapete, una importanza capitale, ed è la nota caratteristica
dello spirito di D. Bosco, mi sono gettato ai piedi di Gesù, e mi
parve di sentirmi dire: Discite a me quia mitis sum et humilis
corde: imparate da me ad essere dolci ed umili di cuore. An-
diamo dunque alla sua scuola, e teniamo conto de' suoi inse-
gnamenti e de' suoi esempi.
2. Sempre uguale a se stesso!
Noi ci possiamo formare con qualche facilità un'idea della
dolcezza, specialmente quando la vediamo in pratica, ma incon-
triamo poi grave difficoltà a definirla. Le parole con cui vor-
remmo rivestire i nostri pensieri, hanno sempre qualche cosa di
incompleto e di poco preciso, di modo che non finiscono mai per
soddisfarci. V'è per esempio chi l'ha definita: una facilità di carat-
tere, per cui si cede con una certa compiacenza, ma senza bas-
sezza, alla volontà altrui.
Ora chi non vede che in questa definizione non si accenna
neppure a quell'aureola, direi divina, che circonda il volto d'una
persona, forse sfornita di qualità esteriori, ma che ha la bella
sorte di praticare abitualmente la dolcezza? Nulla vi si dice di
quello sforzo, vorrei dire eroico, che è necessario in molte occa-
sioni per dominare la vivacità del carattere, per reprimere ogni
movimento d'impazienza ed anche di quello sdegno che sembra ta-
lora santo, giustificato dallo zelo e autorizzato dalla gravità della
colpa. Qui non è neppure adombrata quella virtù cosi rara, che
impone un freno alla lingua e non le permette di pronunziare pur
una parola che possa spiacere alla persona con cui si tratta. Sembra
poi che non dovrebbe mancare, in una definizione della dol-
cezza, un cenno di quello sguardo sereno e pieno di bontà, che
è il vero e limpido specchio di un animo sinceramente dolce e
unicamente desideroso di rendere felici chiunque l'avvicina.
Molto più completa invece è la definizione di S. Giovanni Cli-
maco (Grad. XII ), secondo il quale la dolcezza è quella dispo-
sizione per cui lo spirito rimane sempre eguale, nell'onore e nel
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31.10 Page 310

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disprezzo, nelle sofferenze e nei godimenti. Con queste espressioni
il Santo paragona molto efficacemente l'uomo dolce ad uno scoglio
che, emergendo alto sopra il mare, resiste alle onde infuriate,
cosicchè queste vengono ad infrangersi a' suoi piedi, senza mai
riuscire a strappargli anche solo un grano di quella roccia indistrut-
tibile di cui è composto.
Questa è la dolcezza e mansuetudine praticata da molti Santi
che Iddio volle affinare nella virtù, facendoli passare attraverso a
gravissime tribolazioni. Forse Egli non manderà prove dolorose a
tutti voi, carissimi confratelli destinati dall'ubbidienza all'eser-
cizio dell'autorità nelle nostre case; ma certo esige che vi
manteniate calmi, dolci e sempre padroni di voi stessi nel dirigere
i vostri dipendenti, nel correggere i loro difetti, nel sopportare le
loro debolezze: cosa tanto più difficile e meritoria in quanto ha
da essere il vostro lavoro d'ogni giorno, anzi di ogni momento.
3. Nei panni dei nostri soggetti...
Sono senza numero le miserie umane, e non è possibile che
esse non siano sentite anche nelle stesse comunità religiose, per
quanto i loro componenti siano animati dalla miglior volontà di
tendere alla perfezione; ma pure quante si potrebbero evitare o
almeno diminuire, se in chi dirige vi fosse ognora dolcezza di
parole e soavità di modi!
Per rimanere persuasi di questa verità basterebbe che rientras-
simo qualche volta in noi stessi, chiedendoci quali vorremmo
che fossero i nostri superiori. Quanto gioverebbe metterci, come
si suol dire, nei panni de' nostri soggetti, investirci dei loro pen-
sieri e sentimenti! Come tornerebbe utile a noi stessi e al nostro
prossimo il ricordo e la pratica di quella massima della carità cri-
stiana, di non fare nè dire agli altri quello che non vorremmo
fosse fatto o detto a noi medesimi! il tener presente quel detto del
Vangelo, che sarà usata a noi la stessa misura che avremo usata
con gli altri! Questa riflessione allontanerebbe dalla nostra mente
le tentazioni di orgoglio, che potrebbero nascere dal pensiero
308

32 Pages 311-320

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32.1 Page 311

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della carica onorifica di cui siamo rivestiti; ci salverebbe dal peri-
colo di compiacerci di quelle manifestazioni di rispetto e di vene-
razione, che i nostri dipendenti credono doverose verso i loro
Superiori; in una parola, ci ispirerebbe ognora quella carità e dol-
cezza che rende così bella e gioconda la convivenza dei fratelli
nella stessa casa.
Da tutto questo si comprende come avesse ragione il nostro
S. Francesco di Sales quando scriveva che « la dolcezza è la più
eccellente delle virtù morali, perchè è il complemento della carità,
la quale appunto è perfetta quando è dolce e insieme vantaggiosa
al nostro prossimo ».
Ricordi chiunque è posto alla direzione de' suoi confratelli,
che a lui specialmente è affidata l'attuazione di quella solenne
promessa che fece N. S. G . C. di dare ai religiosi fin da questa
vita il centuplo di quanto hanno abbandonato nel mondo per se-
guire Lui.
È il Superiore che, con tutte le industrie della sua paterna e
inesauribile bontà, deve far sì che i vantaggi della vita religiosa,
tanto vantati nei libri, non abbiano da parere pie esagerazioni,
seducenti inganni tesi alla credulità delle anime semplici e candide.
A questo senza dubbio era rivolto il pensiero del nostro Ve-
nerabile Fondatore e Padre, quando scriveva le auree pagine che
precedono le nostre Costituzioni; e certo gli darebbe una dolorosa
smentita quel Direttore o Superiore che per mancanza di dolcezza
non procurasse ai confratelli affidati alle sue cure quel conforto che
da lui si attendono. Persuadiamoci che i religiosi, sebbene abbiano
con la più grande generosità lasciati i genitori e i parenti, sono
pur sempre figli di Adamo, e sentono anch'essi il bisogno d'essere
amati. E se disgraziatamente non venga loro di trovare nei supe-
riori quella tenera affezione di cui godevano in seno alla loro fami-
glia, cederanno con facilità alla tentazione di cercarla fuori della
loro casa, stringendo di nuovo relazioni con le persone del mondo,
e finiranno forse per calpestare i loro voti e perdere la vocazione.
Ecco quali sono talvolta le tristi conseguenze delle parole pun-
genti, del tratto sgarbato e delle impazienze d'un superiore verso
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32.2 Page 312

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il suo dipendente. Quanti buoni pensieri invece sono ispirati, quanti
saggi propositi sono confermati da una affabile accoglienza, da un
viso aperto e sorridente, da una dolce parola, da una rinnovata assi-
curazione di stima e di affetto! Ci lascieremo dunque sfuggire
una sl bella occasione di fare del bene a coloro che dobbiamo
aver cari come fratelli?
4. Non è zelo lodevole ...
I maestri della vita spirituale raccomandano specialmente a chi
è posto alla direzione delle anime, di conservarsi sempre eguale di
carattere ed in pieno possesso di se medesimo. Chi non è capace
di mantenere questo equilibrio, questo continuo dominio di sè, non
potrà godere del gran vantaggio della pace interiore per se mede-
simo, e, quel che è peggio, se ha da esercitare qualche autorità sugli
altri, sarà causa di continuo turbamento per l'intera comunità.
Ora vogliamo noi sapere se siamo riusciti a dominare perfet-
tamente le nostre passioni, sl che altri non abbia mai da soffrire
per colpa nostra? Esaminiamoci se siamo fedeli nel praticare la
dolcezza, specialmente quando sono trasgrediti i nostri ordini, tra-
scurate le nostre insistenti raccomandazioni, e continuano a ripe-
tersi certe deplorevoli mancanze.
Non si creda che sia uno zelo lodevole, quello che in tali cir-
costanze ci suggerisce forti ed aspri rimproveri, che ci fa creder
necessario di prendere un contegno severo, di guardare con occhio
torvo e pieno di sdegno il colpevole che ci sta dinanzi. Invece di
portar rimedio al male che questi ha fatto, all'offesa che ha recato
a Dio, si corre rischio di inasprire l'animo suo già turbato, di
chiudere il suo cuore alla confidenza, e d'essere cagione d'un male
maggiore.
D'altra parte se non cerchiamo che di evitare il male e di cor-
reggere il difetto del nostro confratello, non dobbiamo lasciarci
vincere dalla passione e dal risentimento. Ogni atto, ogni parola
contraria alla dolcezza è sicuro indizio che non ci siamo ancora
spogliati d'ogni affetto a noi medesimi; che, più che l'amor di Dio
e l'amor alla nostra Pia Società, ci sta a cuore la nostra propria
310

32.3 Page 313

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soddisfazione, lo sfogo di una passione mal celata sotto le appa-
renze dello zelo.
Il celebre Padre Nicolao Lancisio, nell'utilissimo suo libro De
conditionibus boni Superioris, nota come una delle condizioni
per essere un buon superiore sia appunto la fama di bontà:
opinio eius bonitatis. Orbene, l'esperienza c'insegna che per quanto
un superiore sia stimato per la sua scienza, abilità e prudenza;
per quanto egli si sia fatto amare dai dipendenti con la sua
generosità, basta che egli anche solo una volta li tratti con durezza
o alterigia nei rapporti quotidiani, e particolarmente nel rendi-
conto, perchè vada perduta per sempre quella stima e benevolenza
che con tanta pena si era acquistata.
Al contrario vediamo come per mezzo della mansuetudine e
della dolcezza un superiore riesca a dominare i cuori, a soggiogare
la volontà, a dissipare inveterate prevenzioni, a vincere ripu-
gnanze che sembravano insuperabili, a correggere i difetti che
erano diventati una seconda natura. Tanto è vero ciò che afferma S.
Ambrogio: Nihil tam utile quam diligi, niente è più vantaggioso
che l'esser amato.
5. Gli angeli custodi visibili...
Per chiunque abbia a cuore la salvezza di quelle anime che N.
S. Gesù Cristo ha riscattato versando fino all'ultima goccia il suo
preziosissimo Sangue, è spettacolo oltre ogni dire desolante il con-
templare le lotte terribili ed incessanti ch'esse debbono sostenere
affine di conservarsi fedeli agli obblighi che hanno contratti nel S.
Battesimo. Agli occhi della nostra fede, come un giorno nel deserto
a S. Antonio Abbate, il mondo appare come un campo vastis-
simo, tutto seminato di lacci, che il demonio tende per impe-
dirci di camminare nel sentiero della virtù. I mondani dal canto
loro con mille arti subdole cercano di sedurci e di trascinarci al-
l'amore dei piaceri, degli onori e delle ricchezze; infine sappiamo
per esperienza quanto siano gagliardi gli assalti che ci dànno ad
ogni momento la concupiscenza della carne, la concupiscenza
degli occhi e la superbia della vita.
311

32.4 Page 314

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Chi ci darà la forza necessaria per trionfare di tanti e si formi-
dabili nemici? Ce lo dice quella medesima fede, che ci mostra la
moltitudine dei nostri nemici, le loro armi formidabili e i loro
inganni. Il nostro Divin Redentore, tutto amore e compassione
per noi, e continuamente desideroso della nostra salvezza, fa
piovere ad ogni istante sopra di noi le grazie e gli aiuti di cui
abbiamo bisogno. Ora ci difende, ora ci illumina, ora ci dà forza
e coraggio; combatte al nostro fianco, dopo la lotta rimargina le
nostre ferite, nè ci abbandona finchè non abbiamo raggiunto il
premio che Egli riserba ai vincitori.
Ma ciò non basta ancora all'affetto che ci porta, ed Egli af-
fida ad una legione innumerevole di angeli la cura di vegliare con-
tinuamente alla nostra custodia e di suggerirci con buone ispira-
zioni i mezzi per trionfare dei nostri nemici. Solo quando saremo
al possesso della gloria eterna del paradiso, ci sarà dato conoscere
di quanto andiamo debitori a questi spiriti celesti, deputati ad es-
sere a noi guida e maestri.
Ma per i religiosi il Signore ha fatto ancora di più: ha dato
loro degli angeli custodi visibili che li confortassero ed incorag-
giassero, e questi angeli siete voi, carissimi figliuoli, che nell'eserci-
zio dell'autorità praticate la virtù della dolcezza, che con una in-
stancabile pazienza e cordiale gaiezza edificate, consolate i vostri
dipendenti, e, per quanto è possibile in questa valle di pianto, li
rendete felici. Oh! non permetta il Signore che voi abbiate anche
solo per un istante a venir meno a questa nobilissima missione, che
vi fa rivali degli Angeli celesti e della stessa Provvidenza Divina!
Ci sia di sprone a praticare la dolcezza una riflessione di uno
dei più profondi interpreti odierni della S. Scrittura, il Fillion.
N. S. Gesù Cristo, dopo averci insegnato con l'esempio e con la
parola la pratica di tutte le virtù, quasi per riassumere il suo inse-
gnamento, e per mostrare a' suoi discepoli quale sia il nuovo spi-
rito ch'Egli è venuto a portare sulla terra, pronunzia quelle memo-
rabili parole: discite a me quia mitis sum et humilis corde ( S.
Matt., XI, 29): imparate da me che sono dolce ed umile di
cuore. Con queste parole il Divin Salvatore ci addita la dolcezza e
312

32.5 Page 315

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l'umiltà come le doti più caratteristiche e spiccate del suo Sacra-
tissimo Cuore, quindi anche come le doti in cui debbono mag-
giormente distinguersi quanti si pongono alla sua sequela; e infine
come il mezzo più efficace per piacere a Dio e per guadagnarsi il
cuore degli uomini.
A chiunque da dedito anche solo un poco alla pietà, appare
manifesta la necessità di praticare l'umiltà per salvarsi l'anima. Gli
autori ascetici vanno ripetendoci di frequente che fra i beati com-
prensori del Cielo non vi è posto per chi non abbia praticata
l'umiltà; e ci richiamano alla memoria con insistenza le parole del
Divin Maestro: chi si umilia sarà esaltato e chi si esalta sarà
umiliato; e quelle di San Paolo che ci propongono ad esempio
la profonda umiltà, anzi il totale annientamento di N. S. Gesù
Cristo: exinanivit semetipsum, formam servi accipiens: annientò
se stesso prendendo la forma d'un servitore.
Ma forse a taluno, e specialmente a chi deve far da superiore,
può sfuggire che non meno della umiltà è necessaria la dolcezza
verso i dipendenti. Queste virtù sono scritte nella stessa pagina
dell'Evangelo: ci sono additate dal nostro Divin Redentore come
due sorelle inseparabili, che vivono della stessa vita. Esse sono come
due metalli preziosi che, fusi insieme, si rendono reciproco servizio:
l'uno apporta la sua solidità, l'altro il suo splendore. L'umiltà ci
rende padroni del cuore di Dio, la dolcezza ci fa guadagnare la
terra, cioè il cuore degli uomini, come spiega S. Giovanni Criso-
stomo. Quanti saranno i cuori che il Superiore saprà attirare a
sè, altrettanti saranno i dominii conquistati.
Se voi, carissimi figliuoli, desiderate davvero di vedere i confra-
telli affidati alle vostre cure crescere ogni giorno nella virtù, semi-
nate delle sante gioie nell'anima loro col mostrarvi amabili. Se
desiderate vederli santi, cominciate col renderli contenti ed alle-
gri, praticando sempre e dappertutto quella dolcezza che Gesù de-
sidera impariamo dal suo dolcissimo Cuore: Discite a me quia
mitis sum et humilis corde. Così regnerà tra voi il vero spi-
rito di famiglia.
313

32.6 Page 316

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6. Lezioni divine.
Ma quel che rende oltremodo efficace la scuola di N . S. G.
C., è il suo esempio. I Profeti, che sembrarono scrivere la storia de'
suoi patimenti piuttosto che avvenimenti futuri, non ci parla-
rono dei tesori della sua scienza, nè della sua onnipotenza, nè dei
suoi strepitosi miracoli, ma della sua mansuetudine e dolcezza:
Ecce Rex tuus venit tibi mansuetus ( Zach., IX, 9). Lo parago-
narono ad un agnello che si lascia sgozzare senza un lamento. Anche
il Battista lo addita a' suoi discepoli con questo titolo: ecce agnus
Dei. Chi non ammira la pazienza e la dolcezza con cui Gesù tratta
i suoi apostoli, poveri pescatori, rozzi ed ignoranti? Nemmeno
quando, sul punto di mettersi nelle mani de' suoi nemici, trovò
i suoi apostoli addormentati, nemmeno allora non ebbe per essi una
parola di rimprovero. Inchiodato sulla croce, insultato e bestem-
miato dagli Scribi e dai Farisei, pregò il Padre di perdonarli, per-
chè non sapevano quel che si facevano.
Ancora presentemente, governando il mondo con la sua ammi-
rabile Provvidenza, ama meglio invitare i peccatori a penitenza
con le attrattive della sua misericordia, che spaventarli con i ful-
mini della sua giustizia. Ma dove noi possiamo maggiormente
ammirare la sua dolcezza, si è nel SS. Sacramento dell'Eucarestia,
in cui si rinnovano tante volte i tormenti della sua passione e
della sua morte. Sotto quei veli eucaristici Egli continua a darci
prova della sua bontà, nonostante i molti e gravi peccati che si
commettono; e fino alla consumazione dei secoli si offrirà all'Eterno
Padre come vittima espiatoria per le nostre colpe.
Che sarebbe di noi, se ci venisse a mancare questo sacrificio,
il cui soavissimo profumo odor suavissimus victimae Domini
( Exod. XXIX, 18), sale di continuo a placare la collera divina?
Quando impareremo dunque dal SS. Sacramento quella bontà, che
deve unire tutti i cuori, e di cui la dolcezza è l'aroma? Se vi è
qualcuno che abbia il dovere di apprendere questa lezione divina,
siamo certamente noi, posti dal Signore alla direzione degli altri.
Voi non ignorate, o carissimi figliuoli, che i vostri superiori,
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32.7 Page 317

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per render ognor più stabile e pratica la divozione a Maria SS., e
per lasciare un ,ricordo duraturo delle solennissime feste cinquan-
tenarie della consacrazione di quel Santuario ch'è il vero centro di
tutta la nostra Pia Società, intendono di edificare una nuova chiesa,
destinata ad onorare la Sacra Famiglia. Con questo tempio essi
vorrebbero anche proporre la S. Famiglia come modello a tutte le
Case Salesiane. Ora ditemi, carissimi, chi comandava in quella
Famiglia? L'ultimo dei componenti di essa, S. Giuseppe. E in
qual modo comandava? Dice Origene che quando, per conformarsi
alla volontà dell'altissimo, S. Giuseppe doveva far uso della sua
'¾utorità, lo faceva tremando, e moderava talmente il suo potere,
che sembrava piuttosto obbedire che comandare.
Ma parlando di dolcezza potremo noi dimenticare il titolo di
Salesiani che abbiamo la fortuna di portare? Questo nome, ormai
conosciuto in ogni parte del mondo, e circondato da tante sim-
patie, ci ricorda come il Venerabile nostro Fondatore e Padre non
senza ragione abbia scelto S. Francesco di Sales come protettore
della Pia Società che doveva iniziare. Profondo conoscitore della
natura umana, egli comprese fin dal principio che in questi tempi
per far del bene era necessario trovar la via dei cuori. Studiò quindi
con particolare impegno ed amore le opere e gli esempi di quel
maestro e modello della mansuetudine, e si sforzò di seguirne le
traccie praticando la dolcezza.
7. Il nostro modello.
Del resto una voce ben più autorevoie gli aveva imposto di
praticare la dolcezza. In quel sogno che fece all'età di 9 anni, gli
parve di vedere un numeroso stuolo di giovani che contendevano
fra loro fino a venir alle mani; bestemmiavano e tenevano di-
scorsi osceni. Portato dal suo carattere sanguigno e pronto, il
fanciullo avrebbe voluto impedir tanto male con forti rimpro-
veri e perfino con le percosse.
Ma quella voce gli disse non esser questo il mezzo con cui
sarebbe riuscito nel suo intento, e lo invitò a rivolgersi ad una
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32.8 Page 318

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grande Matrona (Maria SS.), che gli avrebbe insegnato il modo più
efficace per correggere e rendere migliori quei monelli. Tutti sap-
piamo come questo mezzo non fosse altro che la dolcezza; e D.
Bosco ne fu tanto pesuaso, che subito cominciò a praticarla con
ardore, e ne divenne un vero modello . Quanti ebbero la bella
sorte di vivere al suo fianco, attestano che il suo sguardo era
pieno di carità e di tenerezza, e che appunto per questo esercitava
sui giovani un'attrattiva irresistibile.
Un Arcivescovo, eloquente oratore, parlando di D. Bosco
nella città di Marsiglia, non dubitò di paragonarlo ai più celebri
personaggi della storia, affermando che se questi avevano eserci-
tato l'autorità sui corpi dei loro sudditi, Don Bosco aveva fatto
di più e di meglio, esercitando pieno dominio sui cuori de' suoi
figliuoli.
D'indole intimamente buona, egli dimostrava stima ed affetto
verso tutti i suoi alunni, ne dissimulava i difetti, ne parlava con
elogio; sicchè ciascuno si immaginava d'essere il suo miglior amico,
direi anzi, il suo prediletto. Per avvicinarlo non occorreva scegliere
il momento più propizio, nè era necessario ricorrere a qualche
persona influente per farsi presentare. Ascoltava tutti con pazienza,
senza interrompere e senza dimostrare fretta e noia: tanti da far
credere a molti che non avesse null'altro da fare.
Quando riceveva il rendiconto di qualche confratello, ben
lungi dal cogliere quest'occasione per fargli dei rimproveri ( per
quanto meritati) e delle severe correzioni, non aveva altro in mira
che di ispirargli confidenza e di animarlo a migliorare per l'avve-
nire la propria condotta.
Un nostro ottimo compagno raccontava che, lasciatosi affasci-
nare dalle qualità intellettuali ed esteriori d'un suo scolaro, gli si
era affezionato talmente da perdere la pace ed averne turbata la
coscienza. Decisosi infine non senza pena e con grande sforzo di
svelare ogni cosa a D. Bosco, gli si presentò col volto infiammato
e con labbro tremante gli manifestò lo stato dell'anima sua. Di
quando in quando guardava il venerabile, temendo che egli mo-
strasse meraviglia e disgusto di quanto udiva; ma sempre vedeva
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32.9 Page 319

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quel volto uguale e sorridente. Quando ebbe terminato il suo rendi-
conto, s'aspettava un duro e giusto rimprovero; invece udl parole
dolcissime, che gli rimasero per sempre impresse nel cuore e
nella memoria; e me le ripeteva, esaltando la bontà del venerato
superiore.
« Carissimo, gli aveva detto D. Bosco, m'accorgevo bene che
ti eri allontanato dal buon sentiero, e temevo assai per la tua
vocazione; ma ora tu sei venuto spontaneamente a svelarmi le tue
pene: questo tuo rendiconto sincero scaccia via dalla mia mente
ogni timore; la confidenza con cui mi hai parlato mi fa dimenti-
care tutto il tuo passato, anzi rende più vivo il mio affetto per te.
Coraggio dunque, Dio ti aiuterà a perseverare ne' tuoi buoni
propositi ».
Non occorre dirlo, questo linguaggio veramente paterno fece
un bene immenso a quel confratello, che fino alla morte si man-
tenne fedele alle sue promesse, e lavorò moltissimo alla propria
santificazione e alla salvezza delle anime. Oh! se le mura della
modesta cameretta di D. Bosco potessero parlare, quali miracoli
ci rivelerebbero, operati dalla sua dolcezza ed affabilità!
Siamo soliti a chiamare eroici quegli anni in cui D. Bosco e i
primi suoi figli tanto ebbero a soffrire e a lavorare. Or bene, che
cosa era che rendeva cosl coraggiosi e così costanti nella loro vo-
cazione quei giovani chierici e coadiutori, che pure dovevano vin-
cere tante difficoltà per rimanere con D. Bosco? Era la parola
sempre dolce e incoraggiante del nostro Venerabile Padre. Egli si
diceva felice di essere circondato da tali figli, e noi ci facevamo una
gloria di essere chiamati figliuoli e collaboratori di un tal Padre.
Quando ci proponeva qualche lavoro, fosse pur penoso e ripu-
gnante, chi avrebbe osato dire di no a lui, che ce lo richiedeva
con tanta grazia e umiltà?
Persuadiamoci bene di questo: secondo le idee del nostro Ve-
nerabile, il vero segreto per guadagnare i cuori, la qualità carat-
teristica del Salesiano consiste nella pratica della dolcezza. Seneca
stesso, benchè pagano, intravide la bellezza di questa virtù, affer-
mando che essa ha il potere quasi di trasformare l'uomo m un
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32.10 Page 320

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Dio; e S. Giovanni Crisostomo dice giustamente che praticandola si
partecipa della stessa immutabilità di Dio: nihil adeo vicinum Deo
conformemque facit, quam ista virtus. (Horn. 19 in Epist. ad
Rom.).
8. Siate padri più che superiori...
Chiamati, per grazia del Signore, a far parte della Pia Società
Salesiana, incaricati, ciascuno nel proprio ufficio, di rappresentare
D. Bosco e di conservarne lo spirito, dobbiamo sforzarci di trat-
tare con la più grande amabilità ed affabilità i nostri dipendenti.
Quanto sarebbe il degno del nome di Salesiano, e quanto male cor-
risponderebbe alla fiducia che i Superiori hanno riposta in lui, chi,
non appena assunto alla carica di Direttore, prendesse un fare
altezzoso, e si credesse autorizzato dalla sua dignità a sgridare ad
ogni momento i propri dipendenti e a rimproverarli duramente
per ogni piccola mancanza!
Farebbe conoscere di essere ben lontano dallo spirito del
nostro Fondatore, il quale più che superiore desiderava nella fa-
miglia salesiana di esser considerato quale padre. Racconta S. E. il
Card. Cagliero che essendo andato a Roma il nostro Ven. Padre,
per la prima volta, nel 1858, nel ritornare a Torino ebbe il dolore
di constatare che l'Oratorio, durante la sua assenza, aveva mutato
di aspetto, tanto da non parere più la sua casa. Interrogato quale
ne fosse la causa, rispose: « in questi mesi i giovani ebbero dei
superiori, ma non ebbero un padre ».
Dopo tale insegnamento chi oserà ancora vantarsi di amare
il rigore, di essere giustamente temuto per questa qualità? Chi
crederà necessario al buon governo di una casa religiosa di ricor-
rere a severi provvedimenti anche per i più piccoli disordini? Cosi
s'ingannerebbe a gran partito chi volesse scusare la sua durezza
con lo specioso pretesto che in ogni governo ordinato a chi com-
mette qualche fallo si minacciano pene e s'infliggono multe. So
bene che si usano talora parole forti per impedire che si tra-
scuri la disciplina, per prevenire la rilassatezza, e con la speranza
che la correzione abbia ad essere più fruttuosa . Nè manca poi
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33 Pages 321-330

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chi osserva che Mosè si presentò al popolo ebreo con la verga; e
che San Paolo stesso, deplorando qualche disordine, scriveva: in
virga veniam ad vos; o cita altri testi della S. Scrittura che sem-
brano inculcare un certo rigore verso il colpevole.
Ma noi preferiamo interpretare simili espressioni dei libri santi
alla maniera di D. Bosco, a cui il sistema preventivo, che ama me-
glio evitare il male che correggerlo, ha procurato una fama immor-
tale fra gli educatori della gioventù.
Fedeli dunque agli insegnamenti del Padre, proponiamoci di
non parlare quando il cuore è turbato; cosl eviteremo ogni parola
dura, ogni minaccia o titolo ingiurioso, ad imitazione di S. Paolo,
che, costituito Dottore delle genti, ha esercitato il suo ufficio
arando magis, et obsecrando, quam imperando, come scrisse S.
Giov. Crisostomo. Seguiamo l'esempio di S. Francesco di Sales, che
diceva d'aver fatto patto con la lingua di non parlare quando il
cuore non era tranquillo.
9. Dolcezza e fermezza ...
L'obbligo però del superiore di praticare una dolcezza paterna
e diremmo meglio materna verso i suoi sudditi, non toglie che in
molti casi egli possa e debba agire con una dolce fermezza. Egli
infatti non deve tt ascurare il dovere che gli incombe di far osser-
vare le Costituzioni, di procurare che ciascuno compia conveniente-
mente il proprio ufficio, di togliere gli abusi e di correggere i
difetti che ravvisa nei suoi dipendenti. Gesù Cristo medesimo, che
pure era venuto a salvare i peccatori, fulminò l'anatèma contro i
Farisei; la sua mano solita a benedire e a guarire, pure un giorno
si armò di flagelli per cacciare dal tempio i profanatori.
S. Gregorio Magno ( Morali I, 22) paragona i Superiori ai me-
dici, i quali, appunto perchè vogliono il bene degli infermi, sono
talora obbligati a far loro operazioni dolorose. Dunque chi deve
esercitare l'autorità, abbia cura di unire talvolta alla dolcezza il ri-
gore; ma si ricordi però che come Salesiano e discepolo di Don
Bosco, se deve inclinare da una delle due parti, questa ha sempre
da essere la dolcezza.
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Ciascuno studi bene il proprio carattere, e, se trova che è
naturalmente dolce, si sforzi d'essere fermo; se al contrario si rico-
nosce naturalmente fermo, si sforzi di praticare la dolcezza. In
questo modo si eviteranno i due estremi, e si arriverà a quel
giusto mezzo veramente desiderabile di un'autorità dolce e ferma
ad un tempo. A questo felicissimo accordo sono dovuti i frutti
ubertosissimi deìl'esemplare governo di D. Bosco e di D. Rua a cui
noi dovremmo continuamente tener fisso lo sguardo nel disimpe-
gnare il nostro ufficio.
E per conseguire questo felice risultato nulla ci riuscirà più
vantaggioso che ricorrere al Cuore Sacratissimo di Gesù. Come
ci insegna un grande teologo, il Franzelin, nel suo trattato de
Eucharistia, N. S. G . C. nel SS. Sacramento sente in una maniera
tutta speciale, in maniera divina, non solo il culto e gli omaggi,
ma ancora le ingiurie e i peccati di tutti gli uomini; eppure, come
accoglie con amore le pratiche divote, cosl sopporta con calma im-
perturbabile gli oltraggi dei peccatori. A questa non mai interrotta
dolcezza si deve, se Egli dal santo tabernacolo continua a distri-
buire le grazie a chi le chiede con umili e ferventi preghiere, e
non fulmina i suoi castighi contro coloro che l'offendono. Cosl
dovrebbe pure contemperare la dolcezza e la fermezza chiunque
è posto alla direzione degli altri, memore delle parole: discite a
me quia mitis sum et umilis corde.
Preghiamolo, il Divin Maestro, perchè renda il nostro cuore
somigliante al suo, sempre eguale, veramente dolce e mansueto.
Oh! ascolti Egli questa nostra domanda, e faccia in modo che di
ogni Superiore Salesiano si possa ripetere quel che si disse di S.
Paolo, cioè che il suo cuore era pure il cuore di Gesù : Cor Pauli,
Cor Christii
Voglia la nostra potente e pietosa Ausiliatrice ottenere con
la sua intercessione il compimento di questo voto ed augurio
cordiale
del vostro aff.mo in Corde Jesu
Sac. PAOLO ALBERA.
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33.3 Page 323

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XXVIII
Proroga del XII Capitolo Generale fino al 1922
1. Desiderio e convenienza di convocarlo. - 2. Eminenti consigli di ulte-
teriore attesa.
Carissimi Ispettori,
Torino, 1° gennaio 1920.
1. Col desiderio vivissimo che splendesse di bel nuovo la pace
nel mondo intero, sconvolto dall'immane guerra, un altro desi-
derio, non meno vivo e ardente, era ed è nell'animo mio. Il
desiderio di vedervi tutti riuniti presso le tombe venerate dei
nostri Padri, per incoraggiarci a vicenda nel lavoro incessante di
rigenerazione cristiana della gioventù; per pensare a nuovi mezzi
che rendano ognor più vigorosa la nostra Pia Società, nell'opera
sana e fattiva che deve svolgere in mezzo alla società presente ;
per ispirarci, all'ombra di quei sacri avelli, a pensieri d'azione
sempre più intensa nei varii rami dell'attività salesiana, di cor-
dialità sempre più intima nell'ambiente interno della nostra vita,
di carità salesiana sempre più feconda, per alleviare in qualche
modo i bisogni, numerosi e gravi, creati ovunque dagli avveni-
menti straordinari che per più anni agitarono l'umana società.
Immaginate : è dal 1910 che non ci raduniamo più per il
Capitolo Generale, e in questo periodo di tempo cosi lungo, quante
nuove situazioni si crearono nel mondo, che hanno un diretto
influsso sulla vitalità e sullo sviluppo della nostra Congregazione!
321
21

33.4 Page 324

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Basti accennare all'attività sorprendente della Sede Apostolica,
accresciuta in questi ultimi tempi da quell'atto vigoroso, che ri-
marrà celebre nella storia, della rinnovazione di tutta la disciplina
ecclesiastica mediante la promulgazione del nuovo Codice di Di-
ritto Canonico. E nella società civile, quante cose sono mutate!
Molte barriere son cadute; molte concezioni sono sorpassate; nuove
forze s'agitano, energie sane si manifestano dappertutto; e ciò, con
l'aiuto del Signore, fa bene sperare che giorni belli e sereni abbiano
presto a splendere sul cielo della Chiesa e di tutti coloro che,
con la Chiesa e per la Chiesa, lavorano al bene delle anime.
Lo spirito di D. Bosco, vivente e palpitante nella nostra Pia
Società, non può stare assente in questo suscitarsi di vita nuova
tra gli uomini. Esso è una energia possente, che deve allinearsi con
le altre dello stesso ordine, per tenere saldamente la sua posizione,
per agitare efficacemente quella bandiera fatidica, che D. Bosco
ci ha lasciata, e su cui sta scritto: « Da mihi animas ... ».
2. Eminenti consigli di ulteriore attesa.
Tutto ciò non poteva lasciare indifferente l'animo mio, e quindi
con ansia nutrita da un vivo desiderio aspettavo di poter indire il
XII Capitolo Generale, che deve avere un'importanza massima
per la nostra Congregazione. Mi disponevo già a darne comunica-
zione ufficiale a tutti i carissimi Confratelli con una circolare;
ma ecco che Eminentissime persone si degnarono illuminarmi coi
loro saggi consigli, mostrandomi che forse i tempi non sono ancor
abbastanza propizi per un'adunanza così importante qual è il no-
stro Capitolo Generale.
Discussa la cosa con gli altri Superiori del Capitolo, anch'essi
trovarono giusti e pieni di pratica saggezza i suggerimenti avuti;
per cui mi affrettai a riferire questa situazione alla S. Sede, la
quale, nella sua illuminata sapienza, con suo ven. Rescritto N.
2806/18 concesse che il prossimo Capitolo Generale si abbia a
tenere nell'agosto 1922, dovendosi in quel tempo procedere alla
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33.5 Page 325

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elezione non solo dei membri del Capitolo, ma anche del Rettor
Maggiore .
Questo nuovo differimento del Capitolo Generale toglie a me
la consolazione di veder presto appagato il desiderio cui accennai
al principio della presente; ma tornerà egualmente di non lieve
vantaggio alla nostra Pia Società, perchè, mentre tutto intorno a
noi tende a rinsaldarsi nell'ordine e nella pace, avremo agio a con-
siderare ponderatamente tutti quei problemi, che possono interes-
sare il nostro istituto, facendone tesoro per esporli poi nelle no-
stre future riunioni a vantaggio comune.
Mentre all'aprirsi di questo nuovo anno imploro copiose su
voi e sulle Opere che vi sono affidate le benedizioni del Cielo, la
protezione materna della nostra potente Ausiliatrice, e l'assistenza
del nostro Venerabile Padre Don Bosco, vi prego di voler dare
comunicazioni del contenuto della presente ai carissimi confratelli
delle vostre ispettorie.
Pregate per il vostro
aff.mo in Corde Jesu
Sac. PAOLO ALBERA.
323

33.6 Page 326

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XXIX
Appello agli Ispettori d'Europa per le missioni Salesiane
1. Le visioni paterne intorno alle Missioni. - 2. « ... Son pochi gli operai! ».
- 3. « Preparate molti e buoni Missionari ». - 4. « È un vostro dovere
urgente! ». - 5. L'Opera dei figli di Maria Ausiliatrice. - 6. Norme per
la scelta dei Missionari. - 7. Una tremenda responsabilità.
Carissimi Ispettori,
Torino, 19 marzo 1920.
Già da parecchio tempo avevo in animo d'intrattenermi al-
quanto con voi in particolare, o miei carissimi Ispettori d'Europa,
sopra un argomento che mi sta molto a cuore, perchè intimamente
connesso con la vita della nostra Pia Società.
1. Le visioni paterne intorno alle Missioni.
A questo oggetto il nostro Venerabile Padre e Fondatore mirò
con predilezione fin da' suoi anni giovanili, e nel corso di tutta
la sua vita, esso gli riserbò le aspirazioni più vive della sua mente e
i desiderii più cocenti del suo gran cuore; meritando cosl egli d'a-
ver avuto più volte singolari illustrazioni dall'alto in proposito, e
di poter suscitare tra i suoi Figli una numerosa falange di cuori
magnanimi, pronti ad ogni sacrifìzio per l'attuazione de' suoi nobili
disegni.
Pure intorno al medesimo argomento il SS. Signor Nostro Papa
Benedetto XV scrisse ultimamente un'immortale Enciclica, la cui
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33.7 Page 327

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importanza non può essere sfuggita neppure a voi, o carissimi, e
che merita d'essere da noi riletta di quando in quando, perchè si
riaccenda nei nostri cuori il sacro fuoco dell'apostolato. Alludo
all'Enciclica del 30 scorso novembre, con la quale l'augusto Ponte-
fice perorava la causa delle Missioni Cattoliche in mezzo agl'in-
fedeli. La fervida sua parola sprona anche me a fare appello al
vostro zelo in favore delle nostre Missioni; al che già mi spingevano
gli urgentissimi bisogni in cui esse versano.
Non è mia intenzione parlarvi delle nostre Missioni una ad una,
e neppure del vasto campo che la Divina Provvidenza ci va con-
tinuamente allargando. A questo riguardo dirò solo che sembra av-
verarsi un po' per volta il magnifico sogno fatto da D. Bosco il 30
agosto 1883, nel quale l'angelico giovanetto Luigi Colle (morto
due anni prima in odore di santità) gli fece vedere in modo mi-
sterioso l'immensa mèsse che i Salesiani avrebbero dovuto racco-
gliere in avvenire. « Sono migliaia e milioni di abitanti che atten-
dono il vostro aiuto, che attendono la fede », gli diceva additan-
dogli altissime montagne ad occidente, e ad oriente il mare. E nel
lungo viaggio che gli fece fare attraverso le Cordigliere e le foreste
del Nuovo Continente, in mezzo a numerose tribù di selvaggi,
deformi nei tratti e talvolta cosl crudeli da cibarsi persino di vittime
umane, il giovanetto Colle gli andava ripetendo: « Ecco la mèsse
dei Salesiani! ».
Questo sogno sembra integrato dalla visione ch'egli ebbe a
Barcellona il 9 aprile 1886, nella quale la Divina Pastora del
primo sogno fatto ai Becchi in età di nove anni, gli additò con
maggior precisione i numerosissimi centri di Missioni che le suc-
cessive generazioni de' suoi figli avrebbero aperto, da Valparaiso
a Santiago fino al centro dell'Africa, fino a Pechino. E mostrando
egli di credere la cosa impossibile, sia per le immense distanze e le
difficoltà dei luoghi, sia per l'esiguo numero dei Salesiani, Ella gli
disse: « Non ti turbare: faranno questo i tuoi figli, i figli de'
tuoi figli e dei figli loro; ma si tenga fermo nell'osservanza delle
Regole e nello spirito della Società... E guardatevi dall'errore che
vige adesso, che è la mescolanza di quelli che studiano le arti umane
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33.8 Page 328

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con quelli che studiano le arti divine; perchè la scienza del cielo
non vuol essere colle terrene cose mescolata ».
2. « ... Son pochi gli operai! ».
Queste cose debbono essere per noi tutti fonte di grande conso-
lazione, e farci in pari tempo comprendere, benchè solo in modo
inadeguato, l'immenso amore che il nostro Ven. Padre nutriva
per le Missioni tra gl'infedeli. Ma nel richiamarvele alla memoria,
o miei buoni Ispettori, mi esce putroppo dal fondo del cuore
il lamento del Divin Maestro: Messis quidem multa, operarii
autem pauci ( Matth., IX, 37). Biondeggia copiosa la mèsse al-
l'Oriente e all'Occidente, ma non abbiamo gli operai per racco-
glierla. Ciò è vero per tutte le Missioni Cattoliche, ma lo è par-
ticolarmente per le nostre.
Certo esse, benchè nate, si può dire, appena ieri, si sono tosto
propagate prodigiosamente, divenendo rigogliose e ricche dei
più bei frutti anche dove altri operai avevano lavorato con zelo
grande, ma invano. Non di rado però avviene che tali frutti non
possono esser raccolti neppure da noi, per la mancanza d'un numero
sufficiente di Missionari; e le lettere che ricevo dalle nostre Mis-
sioni terminano quasi sempre con la stessa commovente preghiera:
« Ci mandi dei Missionari, perchè il lavoro è troppo superiore
alle nostre forze, e l'uomo nemico viene a rapirci buona parte
della mèsse ! ».
Ma questa preghiera da più anni rimane quasi affatto inesau-
dita, nonostante tutta la buona volontà dei Superiori Maggiori.
La guerra ha spopolato i nostri pochi centri di formazione missio-
naria, e insieme ha diminuito grandemente le elemosine che la
Provvidenza soleva mandarci per questo fine; la guerra non
solo ci ha impedito di preparare nuovi Missionari nei cinque
lunghi anni della sua disastrosa durata, ma, quel ch'è peggio, ha
soffocato il germe dell'apostolato in tanti cuori che promettevano
assai bene, e ne ha reso indifferenti molti altri che prima mostra-
vano i segni più spiccati di vocazione missionaria.
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33.9 Page 329

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Cosl è avvenuta una stasi funesta, le cui conseguenze pur-
troppo si faranno ancor sentire per parecchi anni, se non ci met-
tiamo subito all'opera con tutte le nostre forze a risvegliare le voca-
zioni assopite e suscitarne delle nuove. Ora, siccome l'Europa,
nonostante le sue critiche condizioni attuali, sarà ancora per molto
tempo pressochè l'unica provveditrice di Missionari per la con-
versione dei popoli barbari, è naturale ch'io faccia particolarmente
appello al vostro zelo, o miei cari Ispettori d'Europa, perchè mi
aiutiate efficacemente e con ogni sollecitudine a provvedere alle
nostre Missioni il maggior numero possibile di buoni soggetti.
3. « Preparate molti e buoni Missionari».
Ma - dirà forse qualcuno di voi - come fare a corrispon-
dere a questo appello, se non abbiamo neppure il personale suffi-
ciente per le nostre Ispettorie?
Rispondo: è appunto perchè possiate avere personale abbon-
dante per le Ispettorie affidatevi, ch'io vi dico: preparate molti
e buoni Missionari! Quanto maggiore è il numero dei Missionari
che un'Ispettoria può inviare alle lontane Americhe, tra i selvaggi
della Terra del Fuoco, della Patagonia, del Paraguay, del Brasile,
dell'Equatore, dell'Africa, dell'India, della Cina, e dovunque ab-
biamo Missioni; tanto più numerose e preclare saranno le voca-
zioni religiose che il Signore regalerà a quell'Ispettoria.
Non è una semplice affermazione retorica: è pensiero genuino
del nostro Ven. Padre. Egli infatti, a chi, nel vederlo togliere dai
suoi collegi i soggetti migliori per allestire le sue prime spedizioni
di Missionari, gli faceva osservare che cosl operando sarebbe stato
costretto a ridurre le Case per mancanza di personale adatto, rispon-
deva con la più profonda convinzione : « Sta di buon animo: il Si-
gnore per ogni Missionario ci manderà certo due buone vocazioni;
e anche di più ».
Che cosl realmente avvenisse, ce lo attestò pure il venerando
D. Rua, che durante tutto il suo lungo rettorato non cessò mai
dall'eccitare ne' suoi figli, sull'esempio paterno, l'amore per le
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33.10 Page 330

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Missioni, preparando annualmente qualche spedizione di Missio-
nari. E cosl continuerà a succedere ancor adesso alle Ispettorie
che saranno generose nel soccorrere le Missioni, preparando ad esse
buoni soggetti, e insieme i mezzi materiali perchè possano a suo
tempo esercitare più fruttuosamente il loro apostolato.
4. « È un vostro dovere urgente! ».
Ma per riuscire in quest'opera, o miei cari, dovete anzitutto
essere intimamente persuasi che il provvedere buoni Missionari è
proprio un vostro dovere: sia perchè avete sotto la vostra giuri-
sdizione un buon nucleo di confratelli, dei quali yoi, meglio di
ogni altro, potete valutare la capacità e le speciali attitudini; sia
perchè ogni casa dell'Ispettoria, in conformità della sua propria
natura, è ( o dovrebbe essere) un perenne vivaio di nuove vocazioni
religiose, particolarmente per la nostra Congregazione.
Pensate spesso e seriamente a questo vostro dovere, e accende-
tevi d'amore per le nostre Missioni, sicchè ciascuno di voi possa
ripetere come sue proprie, prima a se stesso e poi a' suoi dipen-
denti, le parole del nostro Venerabile Padre : « Io mi sento pro-
fondamente addolorato al riflettere alla copiosissima mèsse che ad
ogni momento e da tutte le parti si presenta, e che si è costretti
di lasciare incolta per difetto di operai. Noi però non perdiamoci
d'animo: per ora ci applicheremo seriamente al lavoro, colla
preghiera e colla virtù, a preparare novelle milizie a Gesù Cristo;
e ciò studieremo di conseguire specialmente con la coltura delle vo-
cazioni religiose ».
Voi sapete in quanti modi si possono coltivare le vocazioni re-
ligiose; ma all'occorrenza potrete trovare le norme più impor-
tanti lasciateci in proposito da D. Bosco e da D. Rua, nel Capo
VIII della seconda parte del Manuale del Direttore. Alcune cose
opportune per raggiungere lo scopo troverete pure nella prima
« Lettera Edifìc;mte » che anni sono ebbi il bene di scrivere a tutti
i miei cari fratelli e figli in Gesù Cristo. Non occorre quindi
ripetere qui cose che vi sono già note; piuttosto vi faccio viva pre-
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34 Pages 331-340

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34.1 Page 331

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ghiera di richiamarvele spesso alla memoria, rileggendole e meditan-
dole nel tempo che giornalmente destinate al raccoglimento del
vostro spirito. Allora soltanto si faranno opere forse men gran-
diose e rumorose, ma certo più proficue e durature.
5. L'opera dei Figli di Maria Ausiliatrice.
Non posso poi trattenermi dal ricordarvi quel che scriveva il
Ven. nostro Padre nel 1878 a un eminentissimo personaggio,
riguardo alle vocazioni: « È difficile trovare leviti nelle agiatezze;
perciò si cerchino con la massima sollecitudine tra le zappe e tra
i martelli, senza badare all'età e alla condizione. Si radunino
e si coltivino fino a che non siano capaci di dare il frutto che i
popoli ne attendono. Ogni sforzo, ogni sacrifizio fatto a questo
fine, è sempre poco in paragone del male che si può impedire
e del bene che si può ottenere ». Chissà che adesso tra noi non
si dimentichi un po' troppo questa norma paterna, col prete-
sto che la nostra Congregazione ha bisogno di religiosi colti in
ogni ramo dello scibile umano, e che tale non può divenire chi
imprenda gli studi in età avanzata, tra i Figli di Maria? È in-
vece desiderio dei Superiori che a questi si dia il maggiore svi-
luppo possibile in ogni Ispettoria, e che « si coltivino fino a
quando siano capaci di dare il frutto che i popoli ne attendono ».
L'Opera dei Figli di Maria per le vocazioni tardive sarà sempre per
noi una sorgente inesausta di buone vocazioni, come lo è stata
fino ad oggi. « I Salesiani - lasciò ancora scritto il nostro buon
Padre - avranno molte vocazioni colla loro esemplare condotta,
trattando con somma carità gli allievi e insistendo sulla frequente
Comunione».
6. Norme per la scelta dei Missionari.
Se questi, o miei cari, saranno i vostri abituali pensieri, nelle
visite alle Case, in privato e in pubblico, parlerete delle Missioni
con quell'ardore che siete soliti a mettere nelle cose che dipendono
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34.2 Page 332

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direttamente da voi; suscitando così e nei confratelli e nei giovani
un santo entusiasmo per l'apostolato tra gl'infedeli.
Così non vi mancheranno le domande dei desiderosi di dedicarsi
alle Missioni estere; e a voi non rimarrà più che la difficoltà della
scelta. Difficoltà anche questa non trascurabile, è vero; poichè a
formare il missionario non basta l'entusiasmo del momento, ma
occorrono doti e qualità ben definite: sanità fisica, vero spirito di
pietà e di sacrifizio, equilibrio di carattere, tenacia di volere,
facilità di apprendere gl'idiomi, soda istruzione religiosa e civile;
ed è compito vostro, o miei cari, il discernere queste doti nei con-
fratelli e nei giovani che vi si offriranno come aspiranti alle Mis-
s10m.
Qui vi faccio notare che tra i vostri confratelli anziani ve ne
sono certo di quelli che ripetono il principio della loro vocazione
salesiana dal desiderio di farsi missionari, e che negli anni del novi-
ziato e dello studentato avevano fatto formale domanda di an-
dare nelle Missioni.
Allora i superiori non credettero di poterli esaudire, sia perchè
li ritenevano ancora impreparati, sia perchè ebbero bisogno del-
l'opera loro in qualche collegio, sia anche per motivi di famiglia.
Adesso, voi, intrattenendovi con loro nella intimità dei rendi-
conti, potete facilmente sincerarvi se conservano ancora le gene-
rose aspirazioni d'un tempo: dato che sia così, e che insieme essi
abbiano le doti necessarie, mi farete cosa assai gradita a segna-
larmene i nomi, anche se dalla loro partenza avesse da venir qualche
temporaneo danno o disturbo alle case ove ora si trovano.
Questo è un sacrifizio che attirerà copiose benedizioni sulle
vostre Ispettorie; ed è anche l'omaggio più prezioso che pos<;iate
deporre appiè del Monumento del Ven. Don Bosco nella sua solenne
inaugurazione. Non parlo della gioia grandissima ch'io proverei se
per quella fausta circostanza ciascuno di voi potesse indicarmi un
bel numero di Salesiani già fin d'ora formati e pronti per il lavoro
nelle Missioni.
Il più bel monumento a D . Bosco, il più degno del suo gran
cuore d'apostolo, non è dunque il Missionario, che col Croci-
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34.3 Page 333

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fisso e col Vangelo in mano va a conquistare nuovi popoli alla
religione e alla civiltà? Ora sta a voi, miei buoni Ispettori d'Eu-
ropa, moltiplicare questi vivi monumenti nelle sterminate regioni
già percorse dalla sua mente divinatrice. Fate questo, e sarete
i benedetti dalle future generazioni convertite a Gesù Cristo .
Confido che questa mia troverà i vostri cuori cosl ben disposti,
ch'io abbia, in breve, a vederne i più copiosi frutti di personale e
di aiuti materiali per le Missioni; e ve ne ringrazio di tutto cuore
fin da questo momento.
7. Una tremenda responsabilità.
Però mi preme di raccomandarvi caldamente ancora un'altra
cosa. Il dovere che v'incombe di preparare buoni soggetti e mezzi
abbondanti alle nostre Missioni deriva soprattutto dalla facoltà che
il Capitolo Superiore vi ha ultimamente delegata di ammettere i
vostri novizi alla professione religiosa e i professi alle sacre Ordi-
nazioni. Ora tale facoltà include una responsabilità cosl tremenda,
che voi certo non ve l'avrete a male se, come chiusa di questa mia,
mi permetto di richiamare sopra di essa la vostra attenzione.
Prima di ammettere uno alla professione e agli Ordini sacri,
pregate molto il Signore che v'illumini, e studiate bene il soggetto,
assumendo tutte le possibili informazioni: assicuratevi che i can-
didati abbiano atteso regolarmente agli studi teologici durante i
quattro anni prescritti dall'articolo 101 delle nostre Costituzioni
e dal Can. 976 del nuovo Codice, e che abbiano superato feli-
cemente i relativi esami. In cosa di tanta importanza non bisogna
aver fretta; e sarà sempre meglio doversi accusare d'aver ritardato
che non d'aver avuto troppa fretta. Anche quando il candidato
avesse già ottenuto il voto favorevole del Capitolo della sua Casa,
se non vi sentite il cuore del tutto tranquillo intorno a lui, ricor-
datevi che è sempre in vostro potere differire la discussione della
domanda dinanzi al Consiglio Ispettoriale, senza che abbiate da
render ragione ad alcuno dei motivi che a ciò v'inducono. Io sento
che non vi raccomanderò mai abbastanza questo punto cosl vitale
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34.4 Page 334

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per tutta la Congregazione. « Che terribile conto - vi ripeterò
con le parole medesime del venerando D. Rua - avrebbe da
rendere a Dio, chi in cosa di tanto momento non operasse con
tutta purità d'intenzione ed accuratezza, concorrendo a sommi-
nistrare alla nostra Pia Società ed alla Chiesa sacerdoti indegni di
tal dignità, o a rimuoverne chi la meritasse! » Questo però non
vi accadrà, o miei cari, se metterete in pratica tutte le norme
che vi furono date, e se cercherete di penetrarvi sempre più
del vero spirito salesiano.
Con la viva fiducia in cuore che siate per fare quanto vi ho
detto, vi saluto carissimamente nel Signore, invocando su voi,
come su tutti i cari confratelli delle vostre Ispettorie, le più copiose
benedizioni. Vi benedica la Vergine Ausiliatrice, e il gloriosis-
simo suo Sposo San Giuseppe vi protegga da ogni male.
Pregate anche voi per il vostro
aff.mo in Corde Jesu
Sac. PAOLO ALBERA.
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34.5 Page 335

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xxx
Invito all'inaugurazione del Monumento a D. Bosco
1. Ispettori all'inaugurazione del Monumento a D . Bosco. - 2. Susseguenti
esercizi spirituali. - 3. Nominativi di Confratelli usciti.
Carissimo Ispettore,
Torino, 24 marzo 1920.
1. Come avrai appreso dalle varie Circolari spedite e dal Bol-
lettino Salesiano, il 23 maggio, vigilia della grande solennità di
Maria Ausiliatrice, dopo due giorni di Congressi per Cooperatori
ed Ex-Allievi, si inaugurerà il Monumento al nostro Ven. Padre
D. Bosco. In questa circostanza il desiderio del mio cuore sarebbe
di vedere attorno al monumento tutti quanti i Salesiani: ma non
essendo ciò possibile, vorrei che almeno tutti gl'Ispettori delle
Case d'Europa venissero a portare al Padre il tributo della loro rico-
noscenza, e nel tempo stesso a ritemperarsi vie meglio in quel
vero spirito salesiano che è indispensabile per far sempre più fio-
rire le opere da lui affidate a' suoi figli, e prima fra tutte l'opera
della santificazione nostra ed altrui.
2. Susseguenti esercizi spirituali.
A questo fine - e pensando che durante le vacanze non vi è
tanto facile - vorrei che, una volta terminate le feste, cioè dalla
sera del 25 al mattino del 30 maggio, voi poteste attendere ad un
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34.6 Page 336

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breve corso di esercizi spirituali, unitamente ai Superiori del
Capitolo, qui all'Oratorio, all'ombra del Santuario di Maria Au-
siliatrice, ove tutto ancora ci parla del nostro buon Padre.
Vi attendo dunque tutti quanti, e fin d'ora godo al pensiero
di poter trascorrere qualche giorno di santo raccoglimento con
voi, che dividete con me e col Capitolo Superiore la responsabi-
lità del governo della Congregazione: mentre assicurandovi delle
mie quotidiane preghiere per voi e per le vostre Ispettorie, vi prego
di ricordarmi nelle vostre, e mi confermo
Vostro aff.mo amico
Sac. PAOLO ALBERA.
3. Nominativi di confratelli usciti.
P . S. Ti prego d'inviare con qualche sollecitudine al Segretario
del Cap. Sup. Don Gusmano una nota esatta di tutti i confra-
telli, professi temporanei o perpetui, usciti di Congregazione dal
principio della guerra fino al presente, indicando la data e il motivo
dell'uscita, come pure i titoli scolastici che essi avevano.
334

34.7 Page 337

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XXXI
Per l'inaugurazione
del Monumento al Venerabile D. Bosco
1. Imminenza dell'inaugurazione del Monumento a D. Bosco. - 2. Origine
ed esecuzione del Monumento degli ex-allievi. - 3. Il nostro monu-
mento. - 4. Bisogna saper amare i giovani. - 5. Famigliarità e con-
fidenza. - 6. ... Dolorose previsioni. - 7. ... E saranno nostri anche
adulti. - 8. « Viribus unitis ».
Torino, 6 aprile 1920.
10° anniversario della morte di D . Rua.
Miei carissimi Confratelli e Figli in Gesù Cristo.
1. Un avvenimento di primaria importanza per noi, che rimarrà
memorando nella storia della nostra Pia Società, sta per compiersi
nel prossimo mese dell'Ausiliatrice; avvenimento del quale tutti,
ne son certo, vi aspettate che il vostro Rettor Maggiore vi parli
con più larghezza di quel che abbia potuto fare nelle brevi e concise
circolari mensili.
Ed io che, come già sapete, colgo volentieri le varie occasioni
che mi si presentano di rivolgervi qualche buona parola, a comune
edificazione e incitamento salutare, lo faccio tanto più volentieri
perchè questa volta non si tratta soltanto di approfittare di un'oc-
casione propizia, ma di adempiere un vero e proprio dovere. Potrei
infatti, senza venire meno al mio ufficio, non intrattenermi alquanto
con voi intorno al glorioso monumento che tra poco, a Dio pia-
cendo, s'inaugurerà sulla Piazza di Maria Ausiliatrice, proprio di
fronte al caro Santuario di questa nostra potente e amorosa
335

34.8 Page 338

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Patrona, per eternare la memoria del nostro Ven. Padre e Fonda-
tore? Non a caso l'ho detto glorioso: poichè esso non è uno dei
soliti monumenti che con tanta frequenza si vanno erigendo ai
nostri giorni, ad appagamento di vanità o di fazioni politiche, ma è
l'espressione sincera dei sentimenti di affetto e di gratitudine
sgorganti da migliaia e migliaia di cuori filiali, è il ricordo
di glorie genuine, di tesori di virtù e di meriti che non può la
ruggine consumare, nè la tignuola corrodere.
Questo monumento dev'essere perciò caro al cuore di ogni
Salesiano, ed io per parlarvene convenientemente vorrei possedere
la mente eletta, il cuore grande e lo stile paterno e facile dell'indi-
menticabile D . Rua, del cui beato transito alla vita immortale
ricorre oggi il decimo anniversario. Vi confesso anzi che attesi
a scrivervi questa mia proprio oggi per avere da lui ispirazione
ed aiuto.
Parliamone dunque un poco insieme, del caro monumento:
ricordiamone in breve la storia e l'origine, perchè ciò è indispensa-
bile a farci ben cc.mprendere il vero e profondo significato del
fausto avvenimento, e i doveri che a noi ne derivano.
2. Origine ed esecuzione del Monumento degli ex-allievi.
Da pochi mesi appena la Divina Provvidenza mi aveva chia-
mato a reggere la nostra Pia Società, quando ( nel maggio 1911 ) si
tenne il primo Congresso Internazionale dei nostri ex-allievi. Me-
morando fu quel Congresso, e a me di grandissimo conforto nella
trepidazione che allora provavo per l'immensa responsabilità della
carica affidatami; poichè compresi che potevo fare assegnamento,
oltre che sulla vostra generosa e zelante collaborazione, o miei
amatissimi confratelli e figliuoli, anche sulle giovanili energie dei
nostri cari ex-allievi.
Essi infatti in quelle indimenticabili adunanze deliberarono al-
l'unanimità di riunire in una grande Federazione internazionale
tutti i loro centri e circoli locali, formandone cosl un organismo po-
tente, destinato a dare unità e ordine all'azione comune, e a porge-
re in tal modo un validissimo aiuto ai Salesiani per l'attuazione del
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34.9 Page 339

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loro grandioso programma di rigenerazione cnstiana del mondo.
E per avere un simbolo reale e duraturo della votata Federa-
zione, essi decisero in quelle medesime adunanze d'inalzare sulla
piazza di Maria Ausiliatrice un monumento a Don Bosco, come
perenne testimonianza del loro riconoscente affetto, e insieme della
loro fedeltà ai santi principii e ideali dal Venerabile Padre praticati
con insuperabile atdore per lasciarne poi col suo esempio in retag-
gio a' suoi figli l'apostolato.
L'esecuzione dell'idea fu affidata ad un Comitato di illustri e
competenti personaggi, suscitando dappertutto entusiastiche ade-
sioni. Il monumento, come sapete, doveva inaugurarsi nel 1915,
anno centenario della nascita del nostro Ven. Padre; e si sarebbe
certamente inaugurato, se il flagello immane della guerra non fosse
venuto a troncare ogni cosa.
Ma il forzato ritardo dell'inaugurazione non fece che accre-
scere il desiderio: migliaia di nostri ex-allievi, pur in mezzo alle
rudi fatiche e ai pericoli della vita militare, vi tennero costante-
mente fisso il pensiero; e nelle lettere che mi scrivevano dagli ac-
campamenti, dalle trincee, dalle caserme, con espressioni vibranti
gratitudine e affetto intenso, mi dicevano la loro viva speranza di
potere, a guerra finita, assistere alla sospirata inaugurazione.
Credo che altrettanto e forse ancor più, possono affermare quei
Direttori che durante la guerra si tennero in relazione epistolare
coi loro ex-allievi. In quei lunghi anni d'attesa il monumento di D.
Bosco fu un centro d'unione dei loro cuori, un conforto, un aiuto
a sostenere con cristiana fortezza le vicende guerresche. E quando
alfi.ne i superstiti poterono far ritorno ai domestici focolari, uno
dei loro primi pensieri fu di dar compimento il più presto pos-
sibile ai loro voti ardenti. Fu stabilita l'inaugurazione per il 23
maggio prossimo, e la Presidenza della Federazione con un entusia-
stico appello fece invito a tutti d'intervenire ai festeggiamenti inau-
gurali e alle altre manifestazioni che avranno luogo in quella circo-
stanza.
Fra breve dunque il monumento, libero dal rozzo involucro
che ora lo nasconde, si ergerà nelle sue linee semplici e severe
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34.10 Page 340

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dinanzi agli occhi di tutti; e a tutti dirà l'amore, la riconoscenza
imperitura degli ex-allievi per il grande educatore ed apostolo della
gioventù, dirà i frutti mirabili maturati in tante anime d'ogni
paese dal suo metodo pedagogico, dalla sua ardente carità, dall'e-
sempio dell'intera sua vita.
Quale alto significato morale, quali tesori di vita racchiude-
ranno quelle fredde pietre, quel bronzo inanimato! Quale più
splendida e gloriosa corona può esservi per un educatore, che quella
intessuta da coloro che furono da lui formati alle virtù cristiane e
civili, dai fiori olezzanti della loro gratitudine, dai frutti sani e
copiosi della loro vita integra ed onorata!
Questo il monumento, questa la corona con cui gli ex-allievi
hanno voluto onorare la memoria del Ven. D . Bosco.
3. Il nostro monumento.
E noi, per bontà del Signore chiamati ad essere figli d'un tal
Padre, e continuatori della sua missione, che dobbiamo fare, dal
canto nostro, in questa memoranda circostanza?
Sono sicuro che voi vi sarete già adoperati con tutto l'impegno
a raccogliere il maggior numero possibile di adesioni per le pros-
sime feste, mediante adunanze preparatorie dei vostri rispettivi
ex-allievi, ai quali avrete fatto comprendere la somma importanza
dell'avvenimento; perciò su questo punto non mi trattengo oltre.
Ma sarebbe troppo poco, se ci limitassimo a questo, e a pro-
curare che le feste riescano splendide e soddisfacenti sotto ogni
aspetto; e io credo di non andar errato affermando che D . Bosco
in tal caso non sarebbe contento di noi. Un altro monumento
egli vuole dai suoi figli , un monumento imperituro, aere peren-
nius: vuole che da questa solenne occasione e dalla vista del monu-
mento di pietra e di bronzo essi traggano incitamento a far rivivere
in se stessi le sue virtù, il suo sistema educativo, il suo spirito
tutto quanto, sì da tramandarlo sempre fecondo e vitale di gene-
razione in generazione.
Far rivivere Don Bosco in noi, è il più bel monumento con
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35 Pages 341-350

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35.1 Page 341

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cui possiamo onorare la sua memoria e renderla preziosa e bene-
fica anche ai secoli venturi. Leggiamo, studiamo con indefesso
amore la sua vita, sforziamoci d'imitarlo nel suo zelo ardente e
disinteressato per la salute delle anime, nel suo amore e nella sua
illimitata devozione alla Chiesa e al Papa, in tutte le virtù di cui
ci ha lasciato tanti preclari esempi.
E facciamo tesoro dei suoi ammaestramenti, ricordandoci
ch'essi non erano soltanto un frutto del suo non comune ingegno e
della sua profonda esperienza, ma anche dei lumi soprannaturali
ch'egli chiedeva con insistenti preghiere, e che gli erano largiti
come premio della sua inalterabile fedeltà nel lavorare il campo
affidatogli dal Signore.
Il sistema educativo di Don Bosco - per noi che siamo per-
suasi del divino intervento nella creazione e nello sviluppo della
sua opera - è pedagogia celeste. E invero, non furono dati già
al pastorello dei Becchi, nel sogno eh'egli ebbe a nove anni, i
principii fondamentali del sistema preventivo, quando gli fu detto
dal misterioso e venerando personaggio: « Non colle percosse, ma
colla mansuetudine e colla carità dovrai guadagnare questi tuoi
amici? ».
Naturalmente io non intendo qui di enumerarvi tutte le norme
educative che il nostro buon Padre ci ha lasciate: voi potete
leggerle in quell'aureo suo trattatello sul « sistema preventivo »,
che precede il Regolamento per le Case Salesiane, e che ora ho di-
sposto sia stampato a parte in formato comodo, e distribuito a
quanti lo vorranno. Del resto l'intera sua vita non è altro, si può
dire , che una continua, mirabile applicazione di tali norme.
4. Bisogna saper amare i giovani.
Una cosa però mi sta particolarmente a cuore di raccomandare
alla vostra imitazione ·n questa circostanza: quell'amore, quell'af-
fettuoso interessamento per i giovani, che fu il segreto del suo
meraviglioso ascendente sopra di essi. E qui mi sembra di non poter
fare cosa migliore che lasciar parlare lo stesso D. Bosco. Ecco quel
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ch'egli scriveva da Roma il 10 maggio 1884 ai suoi figli dell'Ora-
torio, narrando una di quelle sue consuete illustrazioni mentali a
cui ho accennato sopra:
« La famigliarità porta amore, e l'amore confidenza. Ciò apre i
cuori, e i giovani palesano tutto senza timore ai maestri, agli assi-
stenti e ai superiori. Diventano schietti in confessione e fuori di
confessione, e si presentano docili a tutto ciò che vuol comandare
colui dal quale son certi di essere amati... Che i giovani non solo
siano amati, ma che essi stessi conoscano d'essere amati... Cono-
scano essi che essendo amati in quelle cose che a loro piacciono,
col partecipare alle loro inclinazioni infantili, imparino a vedere
l'amore in quelle cose che naturalmente loro piacciono poco; quali
sono la disciplina, lo studio, la mortificazione di se stessi, e queste
cose imparino a fare con amore ... Che i Superiori amino ciò che
piace ai giovani, ed i giovani ameranno ciò che piace ai Superiori.
E a questo modo sarà facile la loro fatica.. . Anticamente ( cioè
nei primi tempi dell'Oratorio) i cuori erano tutti aperti ai Supe-
riori, che i giovani amavano ed obbedivano prontamente. Ma ora i
Superiori son considerati come superiori e non più come padri,
fratelli e amici, quindi sono temuti e poco amati. Perciò bisogna
rompere la barriera fatale della diffidenza col sostituirvi la confi-
denza cordiale; e l'obbedienza guidi l'allievo come la madre il suo
bambino.. .
5. Famigliarità e confidenza.
» Per rompere la barriera della diffidenza ci vuole famiglia-
rità coi giovani, &pecialmente in ricreazione. Senza famigliarità non
si dimostra l'amore, e senza questa dimostrazione non ci può essere
confidenza. Chi vuol essere amato deve far vedere che ama. Gesù
Cristo si fece piccolo coi piccoli e portò le nostre infermità. Ecco
il maestro della famigliarità. Il maestro visto solo in cattedra è mae-
stro e non più, ma se va in ricreazione coi giovani diventa come
fratello. Se uno è visto solo a predicare sul pulpito, si dirà che
fa nè più nè meno del proprio dovere, ma se dice una parola in
ricreazione è la parola di uno che ama... Chi sa di essere amato,
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35.3 Page 343

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ama; e chi è amato, ottiene tutto, specialmente dai giovani. Questa
confidenza mette una corrente elettrica fra i giovani e i superiori.
I cuori si aprono e palesano i loro difetti... Questo amore fa soppor-
tare ai superiori le loro fatiche, le noie, le ingratitudini, i disturbi,
le mancanze, le negligenze dei giovanetti...
» Gesù Cristo non spezzò la canna già fessa, nè spense il luci-
gnolo che ancor fumava. Ecco il vostro modello. Allora non si
vedrà più chi lavorerà per fine di vanagloria; chi punirà sola-
mente per vendicare l'amor proprio offeso: chi si ritirerà dal campo
della sorveglianza per gelosia d'una temuta preponderanza altrui:
chi mormorerà degli altri volendo essere amato e stimato dai gio-
vani, esclusi tutti gli altri Superiori, guadagnando null'altro che di-
sprezzo e moine: chi si lasci rubare il cuore da una creatura e per
far la corte a questa trascuri tutti gli altri giovanetti: chi per
amor dei proprii comodi tenga in non cale il dovere strettissimo
della sorveglianza: chi per rispetto vano si astenga dall'ammonire
chi dev'essere ammonito. Se ci sarà questo vero amore, non si cer-
cherà altro che la gloria di Dio e la salute delle anime.
» È quando illanguidisce questo amore che le cose non vanno
più bene. Perchè al sistema di prevenire colla vigilanza e amoro-
samente i disordini, si va sostituendo a poco a poco il sistema,
meno pesante e più spiccio per chi comanda, di bandir leggi che,
se si sostengono coi castighi, accendono odii e fruttano dispiaceri;
e se si trascura di farle osservare, fruttano dispiaceri ai superiori e
son cagione di gravissimi disordini? Ciò accade necessariamente, se
manca la famigliarità.
» Il Superiore sia tutto a tutti, pronto ad ascoltare ogni dubbio
e lagnanza dei giovani, tutto occhi per sorvegliare paternamente la
loro condotta, tutto cuore per cercare il bene spirituale e temporale
di coloro che la Provvidenza gli ha affidati. Allora i cuori non
saranno più chiusi, e non regneranno più certi segretumi che ucci-
dono. Solo in caso d'immoralità i Superiori siano inesorabili. È
meglio correre pericolo di scacciare dalla casa un innocente, che
ritenere uno scandaloso ...
» L'osservanza esatta delle regole della casa è il mezzo preci-
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35.4 Page 344

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puo per farvi trionfare la famigliarità, l'amore e la confidenza...
Infine non si scordi mai che il piatto migliore in un pranzo è
quello della buona cera... ».
In quella stessa illustrazione celeste egli osservò pure con im-
mensa tristezza del suo cuore quello che accadrebbe nelle case
salesiane, dove più non si praticassero queste norme fondamentali.
6.... Dolorose previsioni.
« ... Osservai ( cosi il Venerabile) e vidi che ben pochi preti e
chierici si mescolavano fra i giovani, e ancor più pochi prendevano
parte ai loro divertimenti. I superiori non erano più l'anima della
ricreazione. La maggior parte di essi passeggiavano tra di loro senza
badare a quel che facessero i giovani; altri guardavano la ricrea-
zione non dandosi neppur pensiero degli allievi; altri sorvegliavano
così alla lontana, senz'avvertire chi commetteva qualche man-
canza; qualcuno poi avvertiva, ma raramente e quasi sempre in
atto minaccioso. Vi era qualche Salesiano che avrebbe desiderato
intromettersi in qualche gruppo di giovani, ma vidi che questi
giovani cercavano studiosamente d'allontanarsi dai maestri e dai
superiori... ».
Oh! facciamo tutti del nostro meglio perchè queste dolorose
previsioni del nostro buon Padre non abbiano ad avverarsi mai!
Amiamo i nostri giovani, circondiamoli delle cure più premu-
rose; non pensiamo di aver fatto tutto il nostro dovere impar-
tendo loro l'istruzione necessaria per lo stato di vita che intendono
abbracciare; ma cerchiamo di unirli indissolubilmente a noi col
vincolo dell'amore. Essi allora sentiranno un irresistibile bisogno
di aprirci il cuore, di metterci a parte delle loro aspirazioni, dei loro
progetti per l'avvenire, di ricorrere a noi per consiglio e conforto
nelle difficoltà e nelle lotte; noi diverremo in tal modo i loro con-
fidenti ed amici, e potremo esercitare sopra di essi una benefica in-
fluenza , temperandone i bollori smodati e rianimandone le vacil-
lanti energie nelle ore di scoraggiamento.
Tutto questo dobbiamo farlo non solo verso i giovani dei nostri
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35.5 Page 345

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collegi, ma anche verso quelli degli oratorii festivi; e chiunque vi
abbia lavorato anche solo per breve tempo, sa quali frutti conso-
lanti vi si possono ottenere con la famigliarità e la confidenza.
7. ... E saranno nostri anche adulti.
Voi vi domanderete senza dubbio perchè proprio in questa cir-
costanza io abbia pensato di farvi una speciale raccomandazione su
tal punto. Ve lo spiego subito. Fra il monumento di D. Bosco e gli
ex-allievi esiste una connessione molto intima. L'idea del monu-
mento e quella della Federazione internazionale sono, come in
principio vi ho ricordato, due idee gemelle, nate nel medesimo
tempo; e il monumento, espressione dell'affetto riconoscente degli
ex-allievi, viene ad essere anche il centro, il vessillo intorno a cui si
stringono in fascio poderoso e compatto le loro falangi.
È naturale quindi che il monumento mi faccia pensare più in-
tensamente ad essi, avvisando ai mezzi migliori per stringerli sem-
pre più tra di loro e con noi, e rendere cosi più attivo ed efficace il
loro contributo all'azione salesiana. Ora, la raccomandazione che
ho voluto farvi, mira appunto a prepararci dei buoni ex-allievi, che
siano i nostri più affezionati amici e zelanti cooperatori.
Ho detto zelanti cooperatori, perchè non dobbiamo dimenticare
che gli ex-allievi di ciascuna nostra Casa, divenuti uomini e con-
seguita la loro stabile posizione nella società, s'aggiungono per ciò
stesso all'immensa falange della Pia Unione dei Cooperatori Sale-
siani, alla quale il loro Direttore avrà cura d'inscriverli a tempo
opportuno, facendo loro pervenire regolarmente il Bollettino Sale-
siano . Cosi ogni ex-allievo concorrerà al progressivo avveramento
della benedizione che D . Bosco augurava alla detta Pia Un ione con
le parole: « Verrà tempo in cui il nome di Cooperatore Salesiano
sarà sinonimo di buon cattolico ».
Ma, o carissimi confratelli e figli, dipende principalmente da
noi l'avveramento di questa consolante e grandiosa benedizione
paterna. Se però non avremo saputo guadagnarci l'amore e la
confidenza illimitata dei nostri giovani durante gli anni del Collegio
343

35.6 Page 346

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e dell'Oratorio, avremo un bel fare statuti e regolamenti perfetti
per le loro associazioni, spedire circolari, indire solenni adunanze, te-
ner discorsi, preparare simpatiche feste, promuovere manifestazioni,
ecc., ecc.; ma non riusciremo mai ad ottenere una vera cordialità
di rapporti, una unione veramente vitale, fruttuosa e duratura.
8. « Viribus unitis ».
Noi dobbiamo fare in modo ch'essi vengano ad amare con tra-
sporto la vita delle case salesiane, e che gli anni trascorsi con noi
abbiano ad essere sempre per loro uno dei più graditi ricordi:
allora non avremo amici più fedeli, cooperatori più zelanti di loro,
giacchè nessuno meglio di loro sarà in grado di comprendere e
apprezzare pienamente lo spirito dell'opera nostra; la loro orga-
nizzazione sarà il più sicuro baluardo terreno della nostra Pia So-
cietà, e viribus unitis lavoreremo con ardore a quel rinnovamento
di vita cristiana da cui soltanto possiamo attenderci la vera paci-
ficazione sociale.
A questo fine però fa anche d'uopo che le nostre amorose cure
e delicate attenzioni, e le sante industrie per unirli a noi non si arre-
stino agli anni del Collegio e dell'Oratorio, ma si continuino anche
dopo, instancabilmente. I Direttori in modo speciale mantengano
cordiali relazioni con gli ex-allievi; li facciano partecipare a tutte le
vicende non solo della casa, ma dell'intera Società Salesiana; spedi-
scano loro le pubblicazioni concernenti la casa, e di tempo in tempo
anche qualche opuscolo di buona propaganda; li aiutino con l'o-
pera e col consiglio, sia a migliorare la lor condizione sociale, come
a superare le difficoltà e le prove della vita; li riuniscano a con-
ferenze morali o sociali, a oneste rappresentazioni, a ritiri spi-
rituali ( possibilmente ogni anno) ; usino insomma tutti i mezzi
che credono più adatti a far loro del bene, tenendo lontano con
ogni cura quanto può essere causa di divisione degli animi, prin-
cipalmente le questioni di partito e di politica: la nostra poli-
tica sia unicamente quella di fare il bene alla gioventù povera e
abbandonata, senza distinzione alcuna.
344

35.7 Page 347

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Molte altre cose vi potrei dire su questo caro argomento degli
ex-allievi; ma non voglio tediarvi, e del resto voi potete facil-
mente dedurle d.11 poco che ve ne ho detto.
Piuttosto lasciate ch'io termini questa mia rievocando ancora
un ricordo del nostro Ven. Padre. Un giorno del 1868 egli si fermò
nel mezzo della piazza, dinanzi alla chiesa di Maria Ausiliatrice,
non ancora interamente compiuta, e disse a chi lo accompagnava:
· « Qui in mezzo mi piacerebbe inalzare un monumento che rappre-
sentasse Mosè in atto di percuotere la rupe, e da questa far zam-
pillare una vena d'acqua che venisse raccolta in una vasca ».
Il monumento in mezzo alla piazza è stato inalzato: non è
precisamente quello voluto dal nostro buon Padre, ma in qualche
modo n'è figura, poichè da esso, come dalla mosaica rupe, zam-
pillerà perenne e copiosa la vena degli ammaestramenti e degli
esempi di lui, che lo farà incessantemente rivivere nei suoi figli
sparsi per tutto il mondo.
Nella circolare mensile N. 167 vi facevo comunicare il movi-
mento avvenuto nei membri del Capitolo Superiore dopo la morte
del Rev.mo e carissimo Don Clemente Eretto, riservandomi di
parteciparlo io stesso in una mia prossima circolare. Ora il nuovo
Economo Generale Rev.mo Don Arturo Conelli e il nuovo Consi-
gliere Scolastico Generale Rev.mo Don Bartolomeo Fascie, già li
conoscete all'opera perchè da parecchi mesi esercitano la loro
carica. Perciò mi contento solo di raccomandarvi che vogliate con-
tinuare a circondarli del vostro affetto e della vostra docile cor-
rispondenza nell'opera piena di zelo che essi vanno svolgendo nel
loro rispettivo campo, per il bene della nostra Congregazione.
La clementissima nostra Ausiliatrice, la cui potente benedi-
zione invoco mane e sera su tutti voi, o miei diletti fratelli e fi-
gliuoli, compia in ciascuno di voi questo voto ardente del mio
cuore.
Non dimenticatevi di me nelle vostre quotidiane preghiere, e
credetemi sempre
Vostro aff. mo in C. ].
Sac. PAOLO ALBERA.
345

35.8 Page 348

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XXXII
Annunzio della pubblicazione
degli « Atti del Capitolo Superiore »
1. Opportunità della pubblicazione. - 2. Sue caratteristiche.
Carissimi Confratelli,
Torino, 24 giugno 1920.
1. Per favorire e agevolare lo sviluppo organico della nostra Pia
Società, e per avvivare negli animi e nei cuori lo spirito del nostro
Padre, i Superiori Maggiori hanno sempre usato di rivolgere, di
tempo in tempo, o a tutti i Confratelli, o ai Superiori delle Case e
delle Ispettorie, le loro deliberazioni e i loro consigli mediante
Lettere Circolari. La raccolta di tali Lettere, di vario genere,
forma già una collezione voluminosa, e costituisce una fonte pre-
ziosissima di norme piene di saggezza, a cui dovremmo attingere
sempre con riverenza e con amore.
Avviene però facilmente che tali Circolari, non avendo alcun
legame tra loro, vadano talora smarrite, rendendo così incompleta
la collezione; per lo stesso motivo esse non riescono facili a con-
sultarsi in pratica, riducendo perciò assai il bene, che da esse si
ripromettono i Superiori. Di più, specialmente riguardo alle Cir-
colari mensili, la loro invariabile periodicità può scemare quell'in-
teresse, che dovrebbero suscitare, secondo il noto principio « ab
assuetis non fit passio ».
346

35.9 Page 349

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Per ovviare a questi inconvenienti, e per rendere più diretti e
saldi i rapporti che stringono tutte le Case col centro della Pia
Società, il Capitolo Superiore ha deliberato di comunicare i suoi
Atti ai Confratelli in un Fascicolo intitolato « Atti del Capitolo Su-
periore della Pia Società Salesiana», che, d'ordinario , si pubbli-
cherà ogni due mesi.
2. Sue caratteristiche.
Tale fascicolo consterà di due parti: 1° Atti del Capitolo Supe-
riore; Comunicazioni e note. - Nella prima parte si riporte-
ranno i varii Atti che emanano o direttamente da tutto il capitolo
Superiore o dai singoli membri del medesimo, per quello che ri-
guarda l'ufficio proprio di ciascuno di loro. Essa costituisce quindi
la parte principale e, direi, ufficiale di questa pubblicazione. Nella
seconda parte si pubblicheranno, con opportuni commenti e di-
chiarazioni, quelle Comunicazioni provenienti dalle Autorità Ec-
clesiastiche o ci ,ili, che possono interessare il nostro Istituto.
Pure in questa seconda parte troveranno luogo quelle altre Comu-
nicazioni che i Superiori, volta per volta, crederanno conveniente
di fare. La spedizione del detto Fascicolo sarà fatta , in doppia copia,
direttamente da Torino agl'Ispettori e ai Direttori.
Il Capitolo Superiore confida che anche questo nuovo mezzo
sia per giovare al bene di tutta la Pia Società, stringendo sempre
più i vincoli che uniscono i Confratelli ai Superiori Maggiori, e rav-
vivando di continuo quello spirito di Don Bosco, che deve ani-
mare tutte le nostre opere.
Pregate per il
vostro aff.mo in C. ].
Sac. PAOLO ALBERA.
347

35.10 Page 350

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XXXIII
Il Monumento simbolo d'amore
e sintesi dell'opera nostra
1. D. Bosco vi sorride... - 2. Il simbolo dell'amore alle anime... - 3. Il
fascino potente dello spirito di D. Bosco. - 4. Siamo degni del Padre .. .
- 5. I nostri ex-allievi. - 6. La lettera del Papa ai Cooperatori.
Carissimi Confratelli,
Torino, 24 giugno 1920.
1. Quando, di qui innanzi, verrete a Torino per portarvi all'O-
ratorio ad effondere la vostra pietà e la vostra tenera divozione
davanti all'altare della nostra cara Madre celeste Maria Ausiliatrice,
e rivedere i vostri Superiori, appena discenderete dal Corso Regina
Margherita verso la Piazza di Maria Ausiliatrice, il primo a volgervi
un sorriso di compiacenza e a darvi un saluto affettuoso, sarà Don
Bosco. Egli ora si aderge maestoso sulla base marmorea, libero
ormai dal rozzo involucro che per più anni lo tenne nascosto
agli occhi dei passanti.
Ho detto che si aderge maestoso, ma nella sua maestà vi è la
tenerezza del padre, che così delicatamente si riproduce nell'espres-
sione artistica, in cui il bravo scultore ha saputo ritrarlo. Ed è
questa caratteristica, che, più d'ogni altra considerazione, rende
particolarmente caro a noi il monumento di D. Bosco. Egli fu Pa-
dre; egli è Padre: fu ed è Padre di molti figli! e sono i figli che, nel-
l'entusiasmo del loro amore e della loro riconoscenza, hanno voluto
eternare le sue paterne sembianze nel bronzo e nel marmo!
348

36 Pages 351-360

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36.1 Page 351

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Mentre io sto scrivendo queste poche linee per voi, mi sento
il cuore pieno della più intensa commozione, non tanto per il
monumento in sè, che sarebbe troppo poca cosa, quanto per il suo
significato, e per la folla de' pensieri e dei ricordi che fanno ressa
alla mia mente.
2. Il simbolo dell'amore alle anime ...
Il bronzo e il marmo, elementi freddi e inerti fra tutti, sono
freddi e inerti, molto spesso, anche quando sono usati a ripro-
durre i grandi uomini o i grandi fatti della storia, ma per D. Bosco
non è cosl. Quel bronzo, quel marmo, non sono elementi inerti,
freddi e privi di ,ita: no! Per l'arte, e per l'alito arcano che da essi
si sprigiona, assumono movenze vitali; e l'amore e la ricono-
scenza che li scolpirono, imprimono energie nuove, e direi miste-
riose, che ne fanno un simbolo perennemente vivente: il sim-
bolo dell'amore alle anime!
« Pone me ut signaculum... quia fortis est ut mors dilectio »,
sta scritto nella Cantica ispirata ( c. VIII, 6): « Mettimi come
un simbolo... perchè l'amore è forte come la morte! ». E qui sono
due amori che vengono simboleggiati, e, per questo stesso, eter-
nati: l'amore del padre verso i figli, e l'amore, che dai figli ritorna
al padre, nell'espressione della riconoscenza imperitura; amori forti,
indistruttibili, immutabili, che hanno avuto bisogno di pla-
smarsi nella materia più resistente alle forze distruttrici del tempo,
quia fortis est ut mors dilectio!
Quella corona di fanciulli che circonda D. Bosco, e che costi-
tuisce il gruppo centrale del monumento, è l'espressione plastica di
quei due amori, e a me pare che da quel gruppo si sprigioni
una voce a ripetere il motto che per D. Bosco fu programma:
« Da mihi animas! » e le anime sentono la voce paterna, accor-
rono assetate di bene, si stringono intorno al Padre, che le guida alla
vita, alla vera vita, che è la fede!
Tutto il monumento è una grandiosa sintesi dell'opera di D.
Bosco. Ed è qui, che, ad un semplice sguardo, la mia mente si
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36.2 Page 352

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riempie di ricordi. La Divina Provvidenza dispose, per il mio
bene, che anch'io fossi della fortunata schiera, che prima avvicinò
D. Bosco, e a lui si affezionò in maniera immutabile. Volle Iddio
annoverarmi tra i primi fìgli di un tanto Padre, e quindi io veggo
con la mia mente tutta una vita, tutta una storia, e, vorrei dire,
tutta una grandiosa epopea scolpita nel monumento: epopea,
perchè l'elemento umano nella vita e nella storia di D. Bosco è
cosi intrecciato con l'elemento divino, che la sua vita e la sua
storia, più che umana, è divina.
3. Il fascino potente dello spirito di D. Bosco.
lo non starò qui a ripetervi le pagine immortali di questa storia:
voi tutti le conoscete, voi anzi ne siete parte viva e attiva, perchè
perpetuate D. Bosco, con le sue manifestazioni di bene, in mezzo
alla gioventù dei nostri tempi. Cosi pure mi dispenso dal descri-
vervi le giornate indimenticabili sia dei Congressi Internazionali
dei Cooperatori e Cooperatrici e degli Ex-Allievi Salesiani, come
dell'inaugurazione del monumento a D. Bosco, e della solennità di
Maria Ausiliatrice. Il nostro Bollettino vi recherà la cronaca di
quelle giornate, che rimarranno memorande nella storia della no-
stra Pia Società.
Vi dirò soltanto che in quei giorni, attorno a Don Bosco, non
vi fu una voce discorde, non un moto incomposto; e ciò non solo
tra i suoi intimi, ma in tutti, sen~'alcuna eccezione, dai più
alti ai più umili, e fìn tra i seguaci di principii e teorie avverse;
e in tutti, di tutto il mondo, perchè da ogni parte si acclamava
al grande benefattore dell'umanità. Sembrava che ogni persona
sentisse l'influsso benefico, il fascino potente del suo spirito,
buono ed amoroso, e che si sentisse attratta a stringersi attorno a
lui per fargli corona, come quel gruppo di fanciulli che lo cir-
conda nel monumento.
C'è da andare orgogliosi d'essere fìgli di D . Bosco! A consi-
derare il doloroso contrasto che ancor oggi constatiamo nell'uma-
nità, che soffre e langue, quasi stremata di forze , dopo l'immane
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36.3 Page 353

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flagello che l'ha percossa, e che pur, quasi ovunque, si dibatte, si
dilania e si contorce nell'odio di parte, e l'aura di pace, di amore
e di concordia, che circonfuse tutti i figli e gli ammiratori di D.
Bosco, accorsi da ogni parte del mondo per onorarlo, si fa più
profonda la com·inzione che il nostro Ven. Padre fu inviato da
Dio per rigenerare la società odierna, richiamandola alle pure sca-
turigini dell'amore e della pace cristiana.
4. Siamo degni del Padre...
Noi siamo i suoi figli, e se figli, anche eredi di questo sacro de-
posito, che in noi non deve isterilirsi; e per mostrarci degni suoi
figliuoli, e all'altezza del còmpito nostro nel tempo presente, prima
di tutto siamo saldi nella vocazione: Unusquisque in qua voca-
tione vocatus est in ea permaneat (I ad Cor. VII, 20).
Come il bronzo e il marmo del monumento resistono all'azione
dissolvente di ogni elemento avverso, così noi siamo saldi di
fronte a qualsiasi difficoltà, a qualunque influsso malsano che ten-
desse a separarci dal nostro Padre.
In secondo luogo, conservando la nostra vocazione, procuriamo
di perfezionarla, affinchè camminiamo in maniera degna di essa:
ut digne ambuletis vocatione, qua vocatis estis ( ad Ephes. IV,
I); abbiamo quindi sempre presente il programma di D. Bosco:
Da mihi animas, sacrificando per esso tutto il nostro essere, inco-
minciando dalle nostre particolari vedute, che, accarezzate o seguite,
anche sotto l'apparenza di maggior bene, potrebbero divenire, sia
pure inconsapevolmente, forza disgregatrice anzichè elemento d'u-
nione.
E per salvare queste anime, perfezionando la nostra voca-
zione, rivestiamoci dello spirito del nostro Ven. Padre, che è spi-
rito di fede, spirito di pietà, spirito di sacrifizio e di lavoro costante
ed instancabile. Soltanto formandoci allo spirito di D. Bosco,
potremo operare come D. Bosco, e ottenere, nell'opera nostra di
educatori, quei frutti meravigliosi di rigenerazione spirituale che
ottenne D. Bosco.
351

36.4 Page 354

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Ma per questo bisogna conoscere D. Bosco. Bisogna pur dire
che vi sono tanti, anche fra noi, che parlano di D. Bosco solo
per quel che ne sentono dire; donde la necessità vera e urgente
che con grande amore se ne legga la vita, con vivo interesse se ne
seguano gl'insegnamenti, con affetto filiale s'imitino i suoi esempi.
Bisognerebbe che ogni Salesiano sentisse costantemente nell'a-
nimo l'impulso profondo ed efficace a divenir tale da meritare un
monumento, come lo meritò il nostro Padre. L'ideale è troppo
alto, potrà dir qualcuno. Ma per quanto alto non è meno vero,
mentre è pure alla portata di tutti, perchè è proprio dei figli ren-
dersi somiglianti al Padre. Che se non si erigerà un monumento
a ciascuno di noi, saremo stati noi stessi gli scultori e i costruttori
del monumento indistruttibile della nostra santificazione, infor-
mando tutta la nostra vita alle virtù di D. Bosco.
E questo accenno mi richiama alla mente l'altro monumento,
assai più bello e più espressivo di quello inauguratosi il 23 dello
scorso maggio: il monumento della sua Beatificazione. Con viva
gioia vi comunico che il processo per la Causa di Beatificazione e
di Canonizzazione del nostro Ven. Padre va innanzi assai bene,
e anche abbastanza rapidamente, se si tien conto delle rigorose
disposizioni canoniche regolanti questa materia così delicata ed
importante. È alla bontà del S. Padre che andiamo debitori del
progredire di questa Causa, che forma uno dei voti più ardenti del
nostro cuore; siamo quindi sempre riconoscenti al Sommo Pontefi-
ce, e nello stesso tempo facciamo salire continuamente le nostre fer-
vorose suppliche al trono di Maria Ausiliatrice, affinchè si degni
di affrettare la glorificazione del suo fedel Servo.
5. I nostri ex-allievi.
Prima di por termine alla presente non posso omettere una
parola riguardo ai nostri carissimi ex-allievi. Chi di voi partecipò
alle adunanze del loro secondo Congresso Internazionale, si è certa-
mente convinto che le anime e i cuori di quei nostri figliuoli sono
352

36.5 Page 355

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veramente plasmati secondo i principii educativi lasciatici da
D. Bosco.
Si suol dire che gli educatori godono poche soddisfazioni nella
pratica del loro ministero. Io non so se si possa immaginare una
soddisfazione più bella e più gradita, che il vedere gli allievi da
noi educati, di tutte le età e di tutte le condizioni sociali, accorrere
da ogni parte del mondo per glorificare, in segno di riconoscenza,
colui che personificò in sè l'esempio più vivo ed efficace di quel
sistema pedagogico che li formò uomini di carattere, integri cit-
tadini, cristiani zelanti. È una soddisfazione santa, questa, di cui
non dobbiamo privarci, anche perchè ci rende maggiormente àla-
cri nell'adempimento dei doveri gravi e molteplici della nostra
missione.
Con questo secondo Congresso, la Federazione Internazionale
degli ex-allievi è entrata decisamente nel periodo della sua più in-
tensa organizzazione e della sua più feconda attività. Io non ho
bisogno di raccomandare a tutti i carissimi Confratelli di fa-
vorire, in tutte le maniere possibili, il sorgere delle Unioni degli
ex-allievi, e di renderle salde e attive.
Tutti siamo convinti della importanza massima di tenere uniti
con noi e tra di loro, col vincolo fraterno dell'affetto e col so-
stegno morale e anche materiale, tutti coloro che furono da noi edu-
cati: si tratta del frutto dei nostri sudori; sono parti della nostra
vita, che non dobbiamo permettere che si corrompano o peri-
scano. Quindi non badiamo a sacrifìzi; i Direttori in modo parti-
colare debbono rivolgere cure speciali all'Unione degli ex-allievi.
Ricordiamo sempre che i nostri allievi formano con noi il più
bello e il vero monumento del nostro Ven. Padre.
6. La lettera del Papa ai Cooperatori.
Vorrei dirvi qualche parola intorno ai nostri benemeriti Coope-
ratori, che sono il sostegno costante di tutte le nostre Opere;
di essi però vi dirà il nostro carissimo Don Rinaldi. Io mi limito
a raccomandarvi di pregare molto per loro, in segno di ncono-
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23

36.6 Page 356

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scenza, e inoltre, per ispirarvi maggior attività, se c'è bisogno,
anche in questo campo, vi trascrivo qui la bellissima lettera che
il Santo Padre si degnò inviarmi in occasione dell'Ottavo Con-
gresso Internazionale dei Cooperatori. Essa, mentre è un inno
di lode per i nostri benemeriti Cooperatori, è pure un fervido e
caloroso invito per noi tutti al lavoro più intenso, più intelligente
e più fattivo, secondo il programma nobilissimo del nostro Vene-
rabile Padre. Eccovi pertanto il testo della consolantissima let-
tera:
AL DILETTO FIGLIO
Sacerdote PAOLO ALBERA
Retto r M aggio re d el1a Congregazio ne
Sales iana del V ene rab. D o n G. Bosco
Benedictus PP. XV.
La notizia che voi ci avete dato del prossimo Ottavo Congresso
Internazionale dei Cooperatori Salesiani in Torino, il quale sarà
coronato dalla inaugurazione del monumento eretto alla memoria
del Ven . Giovanni Bosco dalla gratitudine e dalla pietà dei suoi
figli, è stata appresa da Noi con tanto maggiore letizia quanto
più opportuna, a Nostro avviso, è l'ora di richiamare da ogni parte
a raccolta tutte le migliori energie dei fedeli per ridestarle al
massimo rendimento a pro della buona causa, e sopratutto al rag-
giungimento di quel nobile fine in cui s'impernia il programma
del Venerabile Don Bosco, cioè la salvezza della gioventù. In una
sì provvida iniziativa Noi abbiamo un nuovo documento della
vigile ed oculata attività della grande Famiglia Salesiana e del
senso pratico onde la medesima, camminando fedelmente sulle
orme del glorioso suo Fondatore, è guidata nelle sue generose e
sante intraprese. Non dubitiamo quindi che, come dai precedenti
Congressi, così da questa nuova solenne assemblea uscirà rin-
saldata la coesione e riacceso lo zelo dei Cooperatori, ed in pari
tempo nuovo impulso trarranno e nuova forza di adattamento le
molteplici Opere nelle quali, come albero gigantesco, la Pia Unione
354

36.7 Page 357

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Salesiana dirama la sua attività nelle Diocesi e nelle Parrocchie di
quasi tutto il mondo. Il nobile programma che la sapienza e la
santità del Fondatore tracciarono ai Cooperatori Salesiani nell'isti-
tuirli, non può non apportare in mezzo al popolo cristiano i più
tangibili e preziosi frutti di eterna vita. Ond'è che Noi ben di
cuore facciamo l'augurio che tale programma sia nel prossimo
Congresso oggetto di utili deliberazioni in armonia coi bisogni di
questi tristissimi tempi, ed abbiamo ferma fiducia che la mistica
figura di Don Bosco, come si ergerà nel marmo dinanzi alla Basilica
di Maria Ausiliatrice, così si aderga viva sempre nello spirito e nel
cuore di tutti i Suoi figli e vi fomenti ognor più la devozione
alla V ergine Madre di Dio e la frequenza alla Santissima Euca-
restia, fonte di carità e di vita. A tal fine impartiamo con tutta
l'effusione del!'animo a voi, diletto Figlio, degno Successore di
D. Bosco, ai vostri Confratelli e alle Figlie di Maria Ausiliatrice
sparsi in ogni plaga della terra, ai Cooperatori e Benefattori, agli
alunni degli Istituti Salesiani, a tutte le Opere della Congregazione
ed in particolar modo a quanti prenderanno parte all'imminente
Congresso Internazionale, l'Apostolica Benedizione.
Dal Vaticano, li 1.5 maggio 1920.
xv. BENEDICTUS PP.
Dalla relazione dei Congressi che il nostro Bollettino vi
recherà, apprenderete che i voti del S. Padre non caddero invano;
ora tocca a noi far sì che le deliberazioni discusse ed approvate in
questi solenni consessi non rimangano lettera morta. Interessia-
moci tutti di conoscere bene queste deliberazioni, e poi mettia-
moci fervidamente al lavoro perchè possiamo vederle pienamente
realizzate; queste cose, alla fine, sono parte importantissima della
nostra vita.
Pregate per il
Vostro aff.mo in C. J.
Sac. PAOLO ALBERA.
355

36.8 Page 358

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XXXIV
Disimpegno diligente dei propri doveri
l. Non avere occupazioni estranee al proprio ufficio. - 2. Attribuzioni dei
membri del Capitolo Superiore e del Segretario.
Torino, 24 agosto 1920.
1. Il nostro Ven. padre Don Bosco riteneva che il disimpegno
diligente ed accurato di quei doveri, che a ciascuno provengono
dall'ufficio affidatogli dall'ubbidienza, fosse di somma importanza
per il buon andamento tanto delle singole nostre Case quanto
di tutta la nostra Pia Società. Fermo in questo principio, incul-
cava sempre a tutti i suoi figli di non assumere alcun impegno
che potesse ostacolare l'esatta esecuzione di tali doveri.
Egli scriveva una volta ai Superiori : « Un ricordo impor-
tante, e che io giudico fondamentale , si è di fare in modo che nessun
membro ( della Pia Società) abbia delle occupazioni estranee al
proprio ufficio », e più innanzi aggiungeva che la nostra Congre-
gazione avrebbe come un vuoto, quando i singoli membri non
fossero esclusivamente occupati nelle cose fissate dal Regolamento.
Non sarà quindi fuor di proposito, che ognuno di noi, sia du-
rante gli esercizi spirituali, sia nella preparazione che farà in que-
sto scorcio di vacanze per incominciar bene il nuovo anno scola-
stico, rifletta un poco su questo punto di tanta importanza, pren-
dendo poi le risoluzioni più opportune per il bene proprio e per
quello di tutta la Pia Società.
356

36.9 Page 359

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Mi è ben noto, del resto, che i nostri buoni Direttori e Ispet-
tori mettono già in pratica questa raccomandazione del nostro
Fondatore, attendendo al proprio ufficio col più grande amore e
sollecitudine senza lasciarsene frastornare da alcuna occupazione
estranea. Perciò mi limito a ricordar loro una direttiva che li aiu-
terà grandemente in questo. Quando i Direttori hanno da far
proposte ai loro Ispettori, è assai conveniente che le scrivano su
fogli separati, e non nel corpo di lettere, che talvolta contengono
cose confidenziali; e Direttori e Ispettori vogliano fare altrettanto
coi vari membri del Capitolo Superiore. È questa una vera carità
che si usa ai Superiori; fa risparmiare tempo, facilita la trasmis-
sione al Capitolare competente di quelle proposte che più diretta-
mente lo riguardano, e in tal modo si rende più sollecita e rego-
lare l'evasione della pratica e l'esecuzione dell'affare.
2. Attribuzioni dei membri del Capitolo Superiore e del Segre-
tario.
Conoscete già per le varie comunicazioni fatte precedente-
mente le attribuzioni degl'Ispettori; qui mi pare opportuno ricor-
dare sommariamente quelle dei singoli membri del Capitolo
Superiore e del Segretario: cosi ognuno saprà meglio a chi deve
rivolgersi nei singoli casi.
Il Prefetto Generale, oltre al far le veci del Rettor Maggiore
in caso di assenza, ha ancora le seguenti attribuzioni : Quanto
concerne la regolarità dell'amministrazione - Cura degli Ex-
Allievi e dei Cooperatori Salesiani - Vigilanza sulla redazione del
Bollettino Salesiano - Cura dei Confratelli Missionari m par-
tenza, e di quelli che rimpatriano temporaneamente.
Il Direttore Spirituale Generale, si occupa del profitto spm-
tuale e morale dei Soci, della coltura e sviluppo delle vocazioni,
di quanto concerne le ammissioni al Noviziato, ai Voti e alle
Sacre Ordinazioni; di far redigere le Biografie di quei soci che
ne saranno ritenuti meritevoli; delle pratiche per le Cause di
357

36.10 Page 360

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Beatificazione; della diffusione del Culto di Maria SS. Ausiliatrice;
degli Oratori Festivi. - Riceve i rendiconti morali dagl'Ispettori,
dà a questi le istruzioni pei casi di dimissione, e si prende spe-
ciale cura di regolarizzare la situazione di coloro che non si tro-
vassero a posto secondo le prescrizioni della disciplina religiosa.
L'Economo G enerale amministra direttamente quanto appar-
tiene, non a ciascuna casa o a ciascuna ispettoria, ma a tutta la
Pia Società. - Dà norme direttive e vigila su quanto è di pro-
prietà delle singole Ispettorie o Case, cioè sulla forma giuridica
più adatta per acquistare, possedere, conservare, alienare gl'immo-
bili; sulle costruzioni nuove, sugli ampliamenti o mutamenti note-
voli, di cui manda i disegni debitamente approvati, senza dei
quali non è permesso por mano ai lavori; sulle liti concernenti
interessi materiali; sull'investimento dei capitali mobili, sulla
quantità di questi proporzionata ai corrispondenti impegni, e
sulla sicurezza della loro materiale custodia. - Ha cura di pro-
muovere con esortazioni ed opportuni suggerimenti una ben intesa
economia .
Il Consigliere Scolastico Generale ha la cura delle Scuole e
degli Studi; si occupa, d'intesa col Rettor Maggiore, del trasfe-
rimento dei Confratelli Chierici o Sacerdoti da una Ispettoria ad
un'altra; di assegnare alle varie Ispettorie il personale che di-
pende direttamente dal Capitolo Superiore; di far le pratiche per
avere dalle Ispettorie quello richiesto da speciali esigenze. -
Esercita una cura speciale sopra i Confratelli iscritti a corsi di
Studi Superiori - Cura la revisione salesiana delle pubblica-
zioni dei soci - Vigila sulle pubblicazioni delle Tipografie nostre.
Il Co nsigliere Professionale Generale ha la cura delle Scuole
Professionali e Agricole nonchè del personale laico della Pia So-
cietà - Procura che i coadiutori professi, usciti dal noviziato,
abbiano una conveniente formazione tecnico-professionale - Si
occupa, d'intesa col Rettor Maggiore, del trasferimento dei Coa-
diutori da una Ispettoria ad un'altra; di assegnare alle varie
Ispettorie i Coadiutori che dipendono direttamente dal Capitolo
358

37 Pages 361-370

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37.1 Page 361

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Superiore; di far le pratiche per avere dalle Ispettorie quelli ri-
chiesti da speciali esigenze - Vigila sul personale esterno, o
comunque non facente parte della Pia Società; sui Saggi annuali
sulle Esposizioni, dando opportunamente norme pratiche e diret-
tive. - Cura le vocazioni tra i Coadiutori.
Il Consigliere Capitolare Generale ha la cura e la vigilanza
(per mezzo degl'Ispettori, ai quali tocca la cura e la vigilanza
diretta) dei Confratelli soggetti al servizio militare. - Esercita
pure una cura particolare sulle nostre Missioni, assistendo special-
mente i Confratelli Missionari con l'aiuto morale e col consiglio,
anche circa i rapporti con le autorità ecclesiastiche - Svolge
ancora le pratiche riguardanti i soccorsi materiali destinati alle
Missioni.
Il Segretario del Capitolo Superiore cura l'ordinamento, la
retta gestizione e conservazione dell'Archivio generale - Compila
la relazione quinquennale da inviarsi alla S. Sede - Cura la reda-
zione della Cronistoria della Pia Società, dell'Orda divini Offecii
recitandi Missaeque celebrandae, del Catalogo dei Soci, degli
« Atti del Capitolo Superiore », dell'Anagrafe generale dei Con-
fratelli e di tutti i lavori di Statistica generale.
Per regolare informazione e per l'opportuno consenso, è neces-
sario che ogni pratica da svolgersi e svoltasi presso le Sacre Con-
gregazioni Romane o presso gli Uffici della Santa Sede passi per
il tramite del Rettor Maggiore.
Ecco quanto avevo a cuore di raccomandarvi. Iddio benedica
copiosamente le fatiche di tutti, e Maria SS. Ausiliatrice e il
nostro Ven. Padre D . Bosco veglino sempre efficacemente su
tutta la nostra amata Congregazione.
Pregate per il
Vostro aff.mo in C. J.
Sac. PAOLO ALBERA.
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37.2 Page 362

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xxxv
Don Bosco nostro modello nell'acquisto della perfezione
religiosa, nell'educare e santificare la gioventù, nel trat-
tare col prossimo e nel far del bene a tutti
1. Lettere di compiacenza per la precedente Circolare sul monumento a
D. Bosco. - 2. « Exemplum dedi vobis ». - 3. Soavi ricordi personali.
- 4. La genesi della nostra Regola. - 5. Apostolato santificatore. -
6. Come D. Bosco cresciamo ogni nella perfezione. - 7. L'atto più
perfetto di D. Bosco. - 8. Gettiamoci anche noi fra le braccia di Dio.
- 9. I dieci diamanti. - 10. Il fondamento dell'apostolato. - 11. Il
dono della predilezione verso i giovani. - 12. Bisogna amare i giovani.
- 13.... Come ci amava D. Bosco. - 14. La carità e il timor di Dio.
- 15. Anime e Paradiso! - 16. Mettere i giovani nell'impossibilità di
offendere Dio. - 17. Missione educativa soprannaturale. - 18. Scuola
di belle maniere. - 19. Come dobbiamo trattare col prossimo. -
20. « Dobbiamo far del bene a tutti ». - 21. La politica di Don Bosco
sia la nostra.
Carissimi Figli in Gesù Cristo,
Torino, 18 ottobre 1920.
1. Molti di voi, o personalmente, o per lettera, o a mezzo
dei loro Ispettori o di qualche confratello, vanno comunicandomi
la loro soddisfazione e contentezza grande per la lettera che
scrissi in occasione dell'inaugurazione del monumento al nostro
Ven. Padre, dicendola rispondente al bisogno, universalmente sen-
tito tra noi, di un forte richiamo alla genuina realtà della vita
salesiana, e pienamente conforme al vivo desiderio che ha ogni con-
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37.3 Page 363

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fratello di essere con efficaci incitamenti aiutato a divenire un
degno Figlio di Don Bosco.
2. « Exemplum <ledi vobis ».
Non vi nascondo che tali dichiarazioni mi tornano sommamente
gradite e di non piccolo conforto nel mio gravoso ufficio, perchè
sono l'indice sicuro del vivo interessamento che voi, o miei cari
Confratelli e Figli, prendete alla conservazione della nostra So-
cietà nel suo spirito primitivo, e al suo progressivo incremento;
e insieme dimostrano che avete ben compreso l'alto significato del
monumento.
Oh! esso è veramente un simbolo che in muto linguaggio
ci richiama di continuo l'obbligo di far rivivere Don Bosco in noi:
la dolce immagine paterna, sorridente del suo affascinante, indimen-
ticabile sorriso, par che ripeta, dal suo marmoreo piedestallo ai figli
presenti e futuri, vicini e lontani, le parole di Gesù: « Io v'ho
dato l'esempio, affinchè facciate voi pure come ho fatto io :
exemplum dedi vobis, ut quemadmodum ego feci, ita et vos fa-
ciatis ( Giov. XIII, 15) .
Come D. Bosco, per esser più sicuro di ricopiare in sè il modello
divino, ricalcò le otme del mite Francesco di Sales, che elesse poi
a Patrono dell'Opera, così noi alla nostra volta dobbiamo porre
a modello unico della nostra vita religiosa il nostro buon Padre,
ben convinti che, ciò facendo, riprodurremo pure perfettamente in
noi il Divino Esemplare d'ogni santità. Don Bosco sia dunque il
nostro modello, e studiamoci di ricopiarlo in noi con ogni per-
fezione, per farlo così rivivere, sempre fecondo di nuove energie
nell'apostolato dell'opera sua redentrice a pro della gioventù po-
vera e abbandonata.
Voi tutti, o miei carissimi, siete soliti a largheggiare con
me in augurii, voti e preghiere, sia nell'occasione del mio ono-
mastico, sia nelle altre ricorrenze festive e circostanze varie che
a voi sembrano più opportune: ora io ho pensato di manifestarvi
la mia viva gratitudine e corrispondenza al vostro affetto, abboz-
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37.4 Page 364

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zando qui alcuni pensieri sopra quest'argomento, che racchiude
in sè il segreto della nostra santità personale e della prosperità
dell'amata nostra Congregazione.
Vi faccio tuttavia notare, o miei carissimi Figli e Confratelli,
che quanto scriverò sarà ben poca cosa a paragone della vastità
dell'argomento : questo infatti abbraccia tutta la vita di D. Bosco,
e lo spirito ch'egli ha impresso all'Opera sua, così varia e multi-
forme. Parmi però di potervene parlare con qualche conoscenza
di causa, appartenendo anch'io alla fortunata schiera di ~oloro che
a D. Bosco debbono tutto quel che sono, che l'han veduto coi
propri occhi e ascoltato colle proprie orecchie: vidimus oculis no-
stris, audivimus, perspeximus et manus nostrae contrectaverunt
( I Ep. di San Giovanni I, 1); e vi assicuro che scrivo con una
gioia ineffabile e con la più profonda convinzione di dirvi soltanto
cose osservate e udite, che custodisco gelosamente nel mio cuore.
3. Soavi ricordi personali.
Quando ebbi la ventura di essere accolto all'Oratorio il 18
ottobre 1858, erano già più di tre lustri che il nostro Ven. Padre
esercitava qui in Valdocco il suo apostolato, con un crescendo
meraviglioso d'iniziative e d'opere giovanili così geniali e feconde,
che la fama pubblica lo proclamava fin d'allora l'Apostolo moderno
della gioventù povera e abbandonata. Cinque anni ho vissuto col
buon Padre, respirando quasi la sua stessa anima, perchè, si può
dirlo senza esagerazione, da noi giovani d'allora si viveva intera-
mente della vita di lui, che possedeva in grado eminente le virtù
conquistatrici e trasformatrici dei cuori.
Anche i cinque anni successivi, che passai nel primo Collegio
di Borgo San Martino, furono si può dire una continuazione della
convivenza con lui, perchè quella casa formava ancora coll'Ora-
torio quasi una sola famiglia: si viveva separati materialmente ma
non di spirito, perchè D. Bosco era sempre l'anima di tutto e
di tutti.
Poi, l'anno della consacrazione del Santuario di Maria Ausilia-
362

37.5 Page 365

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trice, ritornai qui, e per altri quattro anni potei godere la sua
intimità, e attingere dal suo gran cuore quei preziosi ammae-
stramenti ch'erano tanto più efficaci su di noi, quanto meglio li
vedevamo già in pratica da lui nella sua condotta giornaliera.
Durante quegli anni principalmente, ed anche in seguito, nelle
sempre desiderate occasioni che ebbi di stargli insieme o di accom-
pagnarlo ne' suoi viaggi, mi persuasi che l'unica cosa neces-
saria per divenire suo degno figlio era d'imitarlo in tutto: perciò,
sull'esempio dei numerosi fratelli anziani, i quali già riproducevano
in se stessi il modo di pensare, di parlare e di agire del Padre, mi
sforzai di fare anch'io altrettanto.
Ed oggi, alla distanza di oltre mezzo secolo, ripeto pure a voi,
che gli siete figli al par di me, e che a me figlio più anziano, siete
stati da Lui affidati: - Imitiamo D. Bosco nell'acquisto della
nostra perfezione religiosa, nell'educare e santificare la gioventù,
nel trattare col prossimo, nel fare del bene a tutti.
4 . La genesi della nostra Regola.
L'essere stati chiamati a far parte della Congregazione
fondata da D . Bosco per la continuazione dell'Opera sua nei
tempi futuri, fu per noi tutti una grazia segnalatissima del
Signore, il quale nella sua bontà volle toglierci dalla vita dei sem-
plici cristiani e chiamarci ad abbracciare lo stato di perfe-
zione, che ha per base la pratica dei consigli evangelici.
Perciò noi dobbiamo tendere con ogni studio all'acquisto pro-
gressivo della perfezione propria del nostro stato, la quale è tutta
racchiusa nella Regola che abbiamo professato. Questa Regola ha
da essere la norma e la misura della nostra santità; e noi dobbiamo
amarla, o miei carissimi figli, dell'amore medesimo che portiamo
a D. Bosco, perch'essa è, oserei dire, l'essenza dell'anima sua, o
per lo meno il frutto più prezioso della sua ardente carità e del-
l'amabile sua santità.
Chi può enumerare gli studii, le preghiere, le mortificazioni,
gli esperimenti fatti dal buon Padre mentre l'andava man mano
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37.6 Page 366

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preparando e praticando personalmente? Chi le pene, le contrarietà
e difficoltà d'ogni genere, da lui incontrate e felicemente superate,
per farla approvare dalla suprema Autorità della Chiesa?
Il germe della Regola era in fondo al suo cuore fin da quando
sogni misteriosi facevano intravedere a lui fanciullo e giovanetto
la sua futura missione; fin da quando, per corrispondere alla chia-
mata del Signore che lo invitava sensibilmente allo stato di per-
fezione, egli divisava di entrare in un ordine religioso; fin da
quando, iniziata la sua missione, la intravedeva, nelle sue nume-
rose visioni, immensa, sterminata attraverso i secoli venturi; la
qual cosa egli ben intendeva che non avrebbe potuto avverarsi,
qualora egli non avesse incarnato, per dir così, tale missione in un
corpo morale appositamente costituito nella Chiesa per conser-
varla e propagarla di generazione in generazione.
Quelli che son mossi da superna virtù a compiere un nuovo
apostolato rispondente ai bisogni spirituali della società cristiana
del loro tempo, di solito vivono dapprima per anni nella solitudine
e nella preghiera, per preparare la Regola da praticarsi; e poi, cer-
cati i primi compagni, si dedicano con essi all'apostolato intra-
veduto quale mèta lor assegnata dal Signore, nell'osservanza della
Regola adottata.
Il nostro Venerabile invece, appena conobbe chiaramente essere
volontà di Dio ch'egli si facesse apostolo della gioventù povera
e abbandonata, e che in tale apostolato conseguisse la propria san-
tificazione, si mise tosto all'opera; la Regola e gli aiutanti sareb-
bero venuti in seguito, come il frutto dalla pianta. Volle anzi-
tutto compiere egli stesso quel che avrebbe poi richiesto a' suoi
figli: per dir cosi, vivere la sua Regola prima di scriverla e di farla
approvare dalla Chiesa.
5. Apostolato santificatore.
I fondatori di istituzioni religiose mirano in primo luogo alla
santificazione personale, e solo dopo ciò all'apostolato a pro degli
altri; perciò chi vuol abbracciare l'Istituto deve anzitutto consa-
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37.7 Page 367

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crare molti anni a santificarsi. E la cosa è ragionevolissima, perchè
nessuno può dare quel che non possiede. Don Bosco però - pur
conservando l'idea fondamentale che la santificazione personale
debba precedere l'apostolato - con fine intuito dei tempi e dello
spirito moderno, insofferente di certe mediocrità non essenziali al
conseguimento del fine, comprese che con un po' di buona volontà
si poteva far procedere di pari passo la santificazione propria e
l'apostolato.
Ne fece quindi egli pel primo l'esperienza, e poi dispose che i
suoi figli facessero altrettanto, dando anzi all'apostolato una pre-
ferenza tale che gli osservatori superficiali potevan credere ch'egli
avesse formato una società di zelanti sacerdoti e di volenterosi
laici col solo scopo di consacrarsi all'educazione della gioventù.
E può sembrare che insinui la stessa cosa anche il 1° articolo
delle nostre Costituzioni, nel quale il fine primario della santi-
ficazione propria è dichiarato solo con una proposizione secondaria:
« ... i soci mentre si sforzano di acquistare la perfezione cristiana,
esercitino ogni opera di carità, ecc... ».
La nostra Regola, come la vita del nostro Fondatore, fa andare
innanzi simultaneamente la santificazione propria e l'apostolato,
anzi dell'apostolato fa in certo senso la causa efficiente della perfe-
zione religiosa : in quanto cioè chi si consacra all'apostolato sale-
siano deve necessariamente confortare con l'esempio proprio gl'in-
segnamenti che imparte e le virtù che inculca. Chi non sentisse una
tal necessità, non può essere apostolo, perchè l'apostolo altro non è
che una continua effusione di virtù santificatrici per la salvezza
delle anime. Qualunque apostolato che non miri a questa effusione
santificatrice, non merita punto un nome sì glorioso.
6. Come D. Bosco cresciamo ogni nella perfezione.
Ora tutta la vita del nostro Ven. Padre è stata un incessante,
laboriosissimo apostolato; e in pari tempo egli attese con tanto
ardore all'acquisto della perfezione, che non si saprebbe dire se
pensasse più a questa o a far del bene ai suoi cari giovani: in lui
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37.8 Page 368

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perfezione religiosa e apostolato sono stati una cosa sola, durante
tutta la sua vita!
Più studieremo, o carissimi, questa vita benedetta e meravi-
gliosa, e meglio ci convinceremo che, per essere suoi veri figli,
bisogna operare al par di lui la nostra perfezione religiosa nel più
attivo e fecondo esercizio dell'apostolato che ci è imposto dalla
nostra vocazione.
L'osservanza pura e semplice della Regola non basterebbe a san-
tificarci, qualora non fosse vivificata dall'imitazione assidua di
quanto ha fatto il nostro buon Padre. Quanto la Regola determina
circa il fine, la forma, i voti, il governo religioso e interno della
nostra Società, è contenuto dentro articoli cosl generali, che po-
trebbe benissimo applicarsi anche ad altre Congregazioni affini.
Ora, se ci accontentassimo dell'osservanza legale di questi
articoli, riusciremmo bensl a plasmare un bel corpo, ma senz'anima.
Questa, cioè lo spirito che deve informare il corpo, la dobbiamo
attingere dagli esempi del nostro Fondatore.
Noi dobbiamo, o carissimi, esser sl, al par di lui, lavoratori
instancabili nel campo affidatoci, iniziatori fecondi delle opere
più adatte e opportune al maggior bene della gioventù d'ogni
paese, per conservare alla Congregazione quel primato di sana mo-
dernità che le è proprio, ma non ci cada mai di mente che tutto
questo non ci darebbe ancora il diritto di proclamarci veri figli
di D . Bosco: per essere tali dobbiamo crescere ogni giorno nella
perfezione propria della nostra vocazione salesiana, sforzandoci
con ogni cura di ricopiare lo spirito di vita interiore del nostro
Venerabile.
Sul suo esempio rendiamoci famigliari nelle nostre occupazioni
qualcuna delle tante espressioni che gli fiorivano spontaneamente
sul labbro, vere voci del suo cuore, il cui suono mi pare ancor
adesso una carezza soavissima: « Si lavori sempre per il Signore!
- Nel lavoro alziamo sempre gli occhi a Dio! - Che il demonio
non ci abbia a rubare il merito di nessun'azione. - Coraggio! La-
voriamo, lavoriamo sempre, perchè lassù avremo un riposo eterno.
- Lavora, soffri per amor di Gesù Cristo, che tanto lavorò e soffri
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per te. - Ci riposeremo poi in Paradiso! - Un pezzo di paradiso
aggiusta tutto. - Le nostre vacanze le faremo in paradiso! ecc... ».
Lavoro e paradiso erano per lui inseparabili; e lasciò scritto ne'
suoi ultimi ricordi: « Quando avverrà che un Salesiano cessi di
vivere lavorando per le anime, allora direte che la Congregazione
ha riportato un grande trionfo, e sopra di essa scenderanno copiose
le benedizioni del Cielo! ».
7. L'atto più perfetto di D. Bosco.
Il concetto animatore di tutta la sua vita era di lavorare per
le anime fino alla totale immolazione di se medesimo, e così
voleva che facessero i suoi figli. Ma questo lavoro egli lo compiva
sempre tranquillo, sempre eguale a sè, sempre imperturbabile, vuoi
nelle gioie, vuoi nelle pene; perchè, fin dal giorno in cui fu chia-
mato all'apostola~o, si era gettato tutto in braccio a Dio! Se lavo-
rare sempre fino alla morte è il primo articolo del codice salesiano
da lui scritto più coll'esempio che colla penna, gettarsi in braccio
a Dio e non allontanarsene più mai fu l'atto suo più perfetto.
Egli lo compì quotidianamente, e noi dobbiamo imitarlo nel mi-
glior modo possibile, per santificare il nostro lavoro e l'anima
nostra.
· Gettarsi in braccio a Dio è l'atto primo e più naturale di ogni
anima, appena essa apre l'intelligenza alla cognizione del suo
Creatore; ma se tutte le anime sentono questa spinta iniziale verso
Dio, non tutte sanno corrispondervi generosamente. La più parte
si lasciano dissip1re dalle attrattive delle cose esteriori, alle quali
si aggrappano come a lor fine, o per lo meno come a mezzo indi-
spensabile per arrivare grado a grado fino a Dio.
Il nostro Ven. Padre invece si slanciò in Dio fin dalla sua prima
fanciullezza, e poi per il resto della sua vita non fece più altro
che aumentare questo suo slancio, fino a raggiungere l'intima
unione abituale con Dio in mezzo ad occupazioni interrotte e dispa-
ratissime: unione della quale era indizio quella inalterabile egua-
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37.10 Page 370

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glianza d'umore, che traspariva dal suo volto invariabilmente sorri-
dente.
In qualunque momento ricorressimo a lui per consiglio sem-
brava che interrompesse i suoi colloqui con Dio per darci udienza,
e che da Dio gli fossero ispirati i pensieri e gli incoraggiamenti
che ci regalava.
Quest'intima unione imprimeva alle sue parole tale un accento,
che nell'ascoltarlo pure per brevi istanti ci si sentiva migliorati
ed elevati fino a Dio, anche quando ( cosa rara) non avesse ter-
minato il discorso col pensiero di Dio o de' suoi benefizi. Tanta
era l'ardenza del suo amore per Iddio, che non poteva stare senza
parlarne; e non poche volte essa traspariva anche dall'espressione
del volto e dal tremolio delle labbra.
8. Gettiamoci anche noi fra le braccia di Dio.
Gettiamoci fiduciosi, o carissimi, fra le braccia di Dio, come
fece il nostro buon Padre; allora si formerà in noi pure la dolce ne-
cessità di parlare di Lui, e non sapremo più fare alcun discorso
senza cominciare o terminare con Lui.
Allora non solo i nostri pensieri e parole, ma anche le azioni
nostre risentiranno alcunchè del fuoco del divino amore, a salutare
edificazione del prossimo; allora sopratutto ci riusciranno naturali,
com'erano a Don Bosco, gli esercizi ordinarii della perfezione reli-
giosa, e porremo ogni nostra cura per non tralasciarne alcuno.
Altri si servono di questi medesimi esercizi come di mezzi per
raggiungere la perfezione; noi invece, figli di D. Bosco, li dobbiamo
sul suo esempio praticare come atti naturali del divino amore, che
già è vivo in noi, per esserci gettati intieramente ed amorosamente
fra le braccia di Dio. Per noi essi debbono essere non già la legna
che serve ad accendere e alimentare nel cuor nostro il fuoco divino,
ma le fiamme stesse di questo fuoco.
Gettiamoci fra le braccia di Dio, e riusciremo facilmente a
tenerci lontani dal peccato e a sradicare dal nostro cuore ogni cat-
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38 Pages 371-380

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38.1 Page 371

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uva inclinazione ed abitudine, togliendo così di mezzo i più gravi
ostacoli della perfezione religiosa.
Lo conosceremo e lo ameremo sempre più, praticando la sua
santa legge e i consigli evangelici; ci attaccheremo più stretta-
mente a Lui con la preghiera e il raccoglimento di spirito, col
lavorare incessantemente a realizzare in noi il volo placere Dea in
omnibus, conformandoci alla sua santa volontà.
Allora, con l'esercizio assiduo delle virtù proprie del nostro
stato, non ci sarà difficile orientare continuamente il cuore e lo
spirito verso Dio, che diverrà per tal maniera il fine diretto delle
nostre azioni. E saremo, come il nostro buon Padre, sottomessi
sempre e in ogni contingenza della vita ai divini voleri.
Egli, nelle più grandi disgrazie e tribolazioni, non usciva
mai in parola di lamento, nè si mostrava triste, pauroso, trepi-
dante, ma col suo volto ilare e colla sua dolce parola infondeva
coraggio agli altri: « Sicut Domino placuit... sit nomen Domini
benedictum! Niente ti turbi: chi ha Dio, ha tutto. Il Signore è il
padrone di casa, io sono l'umile servo. Ciò che piace al padrone,
deve piacere anche a me ». Quante volte sono stato testimone
di questa sua totale sottomissione alle disposizioni divine!
Possederemo altresi, al par di lui, un grande raccoglimento
nella preghiera. Noi al vederlo pregare restavamo come rapiti e
quasi estasiati. Nulla vi era in lui d'affettato, nulla di singolare; ma
chi gli era vicino e l'osservava, non poteva far a meno di pregar
bene anche lui, scorgendogli in viso un insolito splendore, riflesso
della sua viva fede e del suo ardente amore di Dio.
Quando pregava con noi ( oh! l'ineffabile ricordo che an-
cora mi riempie il cuore di dolcezza!), la sua voce spiccava in
mezzo alle nostre cosi armoniosa e con un tono cosi singolare,
che ci muoveva a tenerezza e ci eccitava potentemente a pregare
con più ardore. Non si cancellerà mai dalla mia memoria l'impres-
sione che provavo nel vederlo dare la benedizione di Maria Ausilia-
trice agl'infermi. Mentre recitava l'Ave Maria e le parole della
benedizione, si sarebbe detto che il suo volto si trasfigurasse: i
suoi occhi si riempivano di lagrime, e la voce gli tremava sul
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24

38.2 Page 372

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labbro. Per me quelli erano indizi che virtus de illo exibat; perciò
non mi meravigliavo degli effetti miracolosi che ne seguivano, se
cioè erano consolati gli afflitti e risanati gl'infermi.
9. I dieci diamanti.
Si è imitando questa sua intima, continua unione con Dio,
che si compiranno anche nel nostro cuore le mirabili ascensioni
di cui parla il Profeta: Ascensiones in corde suo disposuit
( Salmo 83): le quali per noi consistono nella pratica esatta, gene-
rosa e costante delle virtù simboleggiate nei dieci diamanti, di
grossezza e splendore straordinari, visti dal Venerabile, nella sua
visione del 10 settembre 1887, sul manto di un misterioso per-
sonaggio che raffigurava la nostra Pia Società. Queste virtù, che
dobbiamo sempre più far crescere in noi, o carissimi, se vogliamo
che l'amata nostra Congregazione raggiunga il magnifico splen-
dore osservato da D. Bosco nella visione, sono la fede, la speranza,
la carità, la temperanza, l'obbedienza, la povertà, la castità, il lavo-
ro, e il digiuno, delle quali tutte stimolo e corona è il premio.
Alimentiamo dunque in noi con ogni studio questa unione;
assuefacciamo un po' per volta tutte le fibre del nostro essere
a trovar Dio in ogni cosa.
Posti quaggiù, al dire di San Tommaso, tra le cose del mondo
e i beni spirituali, coi quali è connessa la nostra eterna beatitudine,
noi sappiamo che, quanto più aderiamo a quelle, tanto più ci
allontaniamo da questi, e viceversa; perciò mettiamo ogni cura nel
liberare il nostro cuore dai beni terreni, con la vigilanza, con lo
spirito di abnegazione e di mortificazione, per vivere unicamente
del nostro Dio.
Sia che ci mortifichiamo, sia che ci concediamo qualche sol-
lievo, sia che lavoriamo, sia che riposiamo, che amiamo o sentiamo
avversione; che proviamo tristezza e gioia, speranza o timore; in
tutte le cose ci sforzeremo di aver sempre di mira il divino bene-
placito .
Nella preghiera poi e durante la S. Messa ci separeremo ancor
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38.3 Page 373

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più dagli oggetti visibili, per arrivare a trattare con Dio invisibile
come se lo vedessimo. Nulla esteriormente rivela la presenza dello
Sposo divino, ma l'anima lo sente. È Lui che parla al nostro cuore,
che incoraggia, che compatisce, e sopratutto è Lui che dà alla
volontà nostra una tempra nuova, uno slancio più generoso.
Di qui una luce, una forza, una pace ineffabile, una libertà
santa, che fa crescere l'anima di giorno in giorno nell'amor divino,
fino ad inalzarla ai più eroici sacrifizi imposti dalle multiformi
vicende della nostra vocazione.
Così cresceremo ognor più nella religiosa perfezione, e la san-
tità del Padre continuerà ad essere glorificata in quella dei figli.
Su questo punto fondamentale della sua fisionomia morale non
s'insisterà nè si dirà mai troppo; e la vita di lui contiene al
riguardo tesori inestimabili, ma ancora in buona parte non rivelati
nè esploratori.
10. Il fondamento dell'apostolato.
Dobbiamo in secondo luogo imitare D. Bosco nell'educare e
santificare la gioventù. Siccome in lui apostolato e perfezione
religiosa furono, come sopra si è detto, due atti simultanei e quasi
fondentisi in uno solo, così avviene sovente che nell'imitarlo si
dia il primo posto all'apostolato, fra i giovani, perchè è cosa che
da più nell'occhio.
Ma non dimentichiamolo: la perfezione religiosa è il fonda-
mento dell'apostolato, e se manca il fondamento, il nostro edi-
fizio educativo rovinerà al primo imperversar della bufera. Chissà
che alcuno di voi, o carissimi, non abbia già dovuto farsi qualche
volta questa domanda: « Perchè mai, pur affaticandomi dì e notte
per educar bene i giovani affidatimi, raccolgo così scarsi frutti?
Negli studi, a furia di battere, tanto va ancora; ma non riesco a
formarli nel carattere, nè a coltivare buone vocazioni; e i miei
giovani, ancora prima di aver compiuti i loro studi nel mondo, di-
menticano facilmente i sani principii che ho loro instillati! Per-
chè? ».
371

38.4 Page 374

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La risposta penso che si possa trovare in queste righe. Il
gran successo di D. Bosco nell'educazione della gioventù si deve
attribuire più alla santità della sua vita che all'intensità del suo
lavoro o alla sapienza dei suoi insegnamenti e del suo sistema
educativo .
11. Il dono della predilezione verso i giovani.
Ben fissato questo punt~, dirò che per ricopiare l'apostolato
del Padre tra i giovani, non basta sentire per essi una certa qual
naturale attrazione, ma bisogna veramente prediligerli. Questa pre-
dilezione, al suo stato iniziale, è un dono di Dio, è la stessa voca-
zione salesiana; ma spetta alla nostra intelligenza e al nostro cuore
svilupparla e perfezionarla.
L'intelligenza riflette al ministero ricevuto nel Signore, per
poterlo compiere convenientemente: vide ministerium quod acce-
pisti in Domino, ut illud impleas ( Coloss. VI, 17). Essa pensa alla
grandezza del ministero d'istruire la gioventù e di formarla alla
virtù vera e soda: di cavare cioè dal bambino l'uomo intiero, come
l'artista cava dal marmo la statua: di far passare i giovani da uno
stato di inferiorità intellettuale e morale a uno stato superiore:
di formare lo spirito, il cuore, la volontà e la coscienza per mezzo
della pietà, dell'umiltà, della dolcezza, della forza , della giustizia,
dell'abnegazione, dello zelo e dell'edificazione, innestati coll'esem-
pio insensibilmente anche in loro. Insomma l'intelligenza, in questa
luce dell'apostolato giovanile, intuisce, medita e comprende tutta
la bellezza della pedagogia celeste di D. Bosco, e ne infiamma il
cuore, perchè la pratichi amando, attirando, conquistando e tra-
sformando .
12 . Bisogna amare i giovani.
La predilezione è perfezione d'amore: è quindi sopratutto
nel cuore che si forma, e si forma amando. Bisogna, o carissimi, che
noi amiamo i giovani che la Provvidenza affida alle nostre cure,
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38.5 Page 375

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come li sapeva amare D. Bosco. Non vi dico che la cosa sia facile,
ma è qui che sta tutto il segreto della vitalità espansiva della nostra
Congregazione.
Bisogna dire però che D . Bosco ci prediligeva in un modo
unico, tutto suo: se ne provava il fascino irresistibile, ma la lingua
non trova i vocaboli per farlo capire a chi non l'ha provato sopra
di sè, e neppure la più fervida fantasia sa rappresentarlo con imma-
gini atte a darne una giusta idea.
Ancor adesso mi sembra di provare tutta la soavità di questa
sua predilezione verso di me giovinetto: mi sentivo come fatto pri-
gioniero da una potenza affettiva che mi alimentava i pensieri, le
parole e le azioni, ma non saprei descrivere meglio questo stato
dell'animo mio, ch'era pure quello de' miei compagni d'allora...
sentivo d'essere arr..ato in un modo non mai provato prima, che
non aveva nulla da fare neppur con l'amore vivissimo che mi por-
tavano i miei indimenticabili genitori.
13 . ... Come ci amava D. Bosco.
L'amore di D. Bosco per noi era qualche cosa di singolarmente
superiore a qualunque altro affetto: ci avvolgeva tutti e intera-
mente quasi in un'atmosfera di contentezza e di felicità, da cui
erano bandite pene, tristezze, malinconie: ci penetrava corpo e
anima in modo tale che noi non si pensava più nè all'uno nè al-
l'altra: si era sicuri che ci pensava il buon Padre, e questo pen-
siero ci rendeva perfettamente felici.
Oh! era l'amore suo che attirava, conquistava e trasformava
i nostri cuori! Quanto è detto a questo proposito nella sua biogra-
fia è ben poca cosa a paragone della realtà. Tutto in lui aveva
per noi una potente attrazione: il suo sguardo penetrante e talora
più efficace d'una predica; il semplice muover del capo; il sorriso
che gli fioriva perenne sulle labbra, sempre nuovo e variatissimo,
e pur sempre calmo; la flessione della bocca, come quando si vuol
parlare senza pronunziar le parole; le parole stesse cadenzate in un
modo piuttosto che in un altro; il portamento della persona e
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38.6 Page 376

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la sua andatura snella e spigliata: tutte queste cose operavano sui
nostri cuori giovanili a mo' di una calamita a cui non era possibile
sottrarsi; e anche se l'avessimo potuto, non l'avremmo fatto per
tutto l'oro del mondo, tanto si era felici di questo suo singolaris-
simo ascendente sopra di noi, che in lui era la cosa più naturale,
senza studio nè sforzo alcuno.
E non poteva essere altrimenti, perchè da ogni sua parola ed
atto emanava la santità dell'unione con Dio, che è carità perfetta.
Egli ci attirava a sè per la pienezza dell'amore soprannaturale che
gli divampava in cuore, e che colle sue fiamme assorbiva, unifi-
candole, le piccole scintille dello stesso amore, suscitate dalla mano
di Dio nei nostri cuori.
Eravamo suoi, perchè in ciascuno di noi era la certezza esser
egli veramente l'uomo di Dio, homo Dei, nel senso più espressivo
e comprensivo della parola.
Da questa singolare attrazione scaturiva l'opera conquistatrice
dei nostri cuori. L'attrattiva si può esercitare talvolta anche con
semplici qualità naturali di mente e di cuore, di tratto e di por-
tamento, le quali rendono simpatico chi le possiede; ma una simile
attrattiva dopo un po' di tempo si affievolisce fino a scomparire
affatto, se pure non lascia il posto a inesplicabili avversioni e
contrasti.
Non cosl ci attraeva D. Bosco: in lui i molteplici doni natu-
rali erano resi soprannaturali dalla santità della sua vita, e in que-
sta santità era tutto il segreto di quella sua attrazione che conqui-
stava per sempre e trasformava i cuori.
14. La carità e il timor di Dio.
Egli perciò, appena si era cattivati 1 nostri cuori, li pla-
smava come voleva col suo sistema ( proprio interamente suo nel
modo di praticarlo), che volle chiamare preventivo in opposizione
al repressivo. Però questo sistema - com'egli stesso dichiarava
negli ultimi anni di sua vita mortale - non era altro che la carità,
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38.7 Page 377

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cioè l'amor di Dio che si dilata ad abbracciare tutte le umane
creature, specie le più giovani ed inesperte, per infondere in esse il
santo timor di Dio.
Oh! il nostro buon Padre è sempre andato avanti ( e lo confes-
sava con semplicità egli medesimo) come il Signore gl'ispirava e
le circostanze esigevano, mosso unicamente dall'ardente sua brama
di salvar le anime e d'infondere nei cuori il santo timor di Dio!
Tutta la sua pedagogia è ispirata dal Signore, ed è quindi la
nostra eredità più preziosa.
Ma essa, o carissimi, si assomma in due soli termini: la carità
e il timor di Dio. Prima la carità in noi (e notate che dicendo
carità intendo amor di Dio e amor del prossimo portati alla per-
fezione voluta dalla nostra vocazione), e poi l'uso di tutti i mezzi
- e sono senza numero - e di tutte le industrie sante delle quali
è sempre feconda la carità per infondere nei cuori il santo timor
di Dio.
Meditate pur seriamente e analizzate più minutamente che po-
tete questa Magna Charta della nostra Congregazione, che è il si-
stema preventivo, facendo appello alla ragione, alla religione e al-
l'amorevolezza; ma in ultima analisi dovrete convenire meco che
tutto si riduce ad infondere nei cuori il santo timor di Dio: in-
fonderlo, dico, cioè radicarlo in modo che vi resti sempre, anche in
mezzo all'infuriar delle tempeste e bufere delle passioni e vicende
umane.
Questo fece il nostro Ven. Padre durante l'intera sua vita;
questo egli vuole che abbiano di mira i suoi figli nella pratica del
sistema preventivo. Tutto il suo studio, tutte le sue cure più che
materne miravano direttamente solo ad impedire l'offesa di Dio e a
farci vivere alla presenza di Lui come se lo avessimo realmente
veduto coi nostri occhi.
Dio ti vede! era la parola misteriosa che sussurrava di fre-
quente alle orecchie di tanti: Dio ti vede! ripetevano qua e là
appositi cartelli; Dio ti vede! era, possiam dire, l'unico mezzo
coercitivo del suo sistema per ottenere la disciplina, l'ordine, l'ap-
plicazione allo studio, l'amore al lavoro, la fuga dei pericoli
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38.8 Page 378

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e delle cattive compagnie, il raccoglimento nella preghiera, la fre-
quenza ai Sacramenti, l'allegrezza espansivamente clamorosa nelle
ricreazioni e nei divertimenti.
15. Anime e Paradiso!
Al pensiero poi della divina presenza egli congiungeva quello
della salvezza dell'anima. Salvar le anime! fu la parola d'ordine
ch'egli volle impressa sullo stemma della sua Congregazione, fu,
si può dire, l'unica sua ragione d'esistere: s'intende salvare prima
l'anima propria e poi quella degli altri. Aiutarlo a salvar l'anima
nostra era il regalo più prezioso che potessimo fargli , era la grazia, il
favore che ci domandava con ineffabili insinuazioni, perchè l'unica
sua aspirazione, il fine unico del suo apostolato in mezzo a noi, era
di condurre tutte le nostre anime in paradiso a veder Dio faccia a
faccia.
Infondeva poi questi tre pensieri con tanta dolcezza e soavità,
che non si poteva non essere pervasi dai suoi medesimi sentimenti;
e ne ricevevano salutari impressioni anche i più refrattari, nei quali
fruttarono più tardi commoventi resipiscenze, con sinceri penti-
menti e ritorni al bene, come più volte ho potuto toccar con
mano, con immensa consolazione dell'animo mio, anche durante
questi anni di rettorato.
16. Mettere i giovani nell'impossibilità di offendere Dio.
Noi pure, o carissimi, dobbiamo mirare prima d'ogni altra
cosa ad infondere nei nostri giovani queste tre verità in modo che
esse risaltino facilmente agli occhi loro, anche senza che ne fac-
ciamo argomento preciso dei nostri discorsi.
D'altronde non dobbiamo temere di parlarne di frequente,
specie nelle conversazioni famigliari in cortile, e in quelle indi-
viduali e più intime, talora necessarie per poter lavorare meglio
un ' anima.
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38.9 Page 379

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Se non stiamo in guardia, v'è molto a temere che alcuni di noi,
quantunque animati da ottima volontà di zelare il bene, non sap-
piano compiere convenientemente questa parte principalissima,
essenziale della nostra educazione salesiana.
V'è pericolo che si lascino trasportare troppo dalla passione per
lo studio classico o professionale, o per i giuochi e le società spor-
tive, e che riducano la formazione spirituale dei giovani ad im-
partir loro un'istruzione religiosa saltuaria, incostante, e perciò nè
convincente nè duratura, e al compimento delle poche pratiche
di pietà quotidiane e domenicali, fatte in gran furia e per abitudine,
quasi a levarsi di dosso una noia o un peso.
Non già che si debbano aumentare le pratiche di pietà: queste
debbono essere nè più nè meno che quelle prescritte, ma bisogna
far sì che siano animate da quella profonda convinzione che solo
si ottiene quando si riesce a farle stimare ed amare dai giovani,
come sapeva fare D. Bosco.
Non vogliate credere questo pericolo tanto remoto, nè tenerlo
come una pia esagerazione di chi vi scrive. Oh! no purtroppo!
V'è nell'atmosfera che si respira oggigiorno tale una tendenza ad
accontentarsi delle apparenze esteriori nell'educare i nostri giovani,
che facilmente si mettono in non cale le mille industrie che ado-
perava il nostro D. Bosco per infondere nelle anime un santo
orrore al peccato e una singolare attrattiva per le cose spiri-
tuali.
Ma il nostro metodo di educare non consiste forse tutto nel
« mettere i giovani, per quanto è possibile, nell'impossibilità
d'offendere Iddio? ». Ora questo non si raggiunge col reprimere
i disordini dopo che sono avvenuti, perchè allora, diceva D.
Bosco, Dio è già offeso; nè col cercare tutti i modi per preve-
nirli, essendo moralmente impossibile prevenirli tutti, pur colla vi-
gilanza più scrupolosa.
È necessario che nei cuori giovanili venga infuso il timor di
Dio, alimentato dal desiderio vivissimo di salvarsi l'anima. Solo
così si conquistano e si trasformano realmente i cuori dei giovani;
solo così potremo dire che da noi si educa e si santifica la
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gioventù che affluisce negli Oratorii festivi e giornalieri, nei col-
legi, nei pensionati e negli altri Istituti che la Provvidenza viene
man mano affidando alle nostre cure.
17. Missione educativa soprannaturale.
Questo punto è la chiave per applicar bene il sistema pre-
ventivo; ma forse lo si perde un po' troppo di vista, non già per
mancanza di buona volontà, ma perchè riguarda cose trascendenti
l'orbita dei sensi, cose che per poterle efficacemente comunicare
altrui, bisogna prima sentirle profondamente dentro di se me-
desimi.
Senza questo senso profondo della vita soprannaturale, noi
invano cercheremo di essere valenti professori, anzi specialisti nel-
l'arte d'insegnare; invano ci assimileremo gl'insegnamenti e le
massime educative del nostro Ven. Padre; invano ci sforzeremo
di ricopiare e riprodurne in noi la condiscendente bontà e la pru-
dente fermezza: potremo forse riuscirvi in apparenza, ma i frutti
non corrisponderanno alle fatiche: Hic labor, hoc opus est!
Procuriamo dunque, o carissimi, che la nostra missione educa-
tiva sia eminentemente soprannaturale, come quella di D. Bosco,
e troveremo il sistema preventivo molto facile e fruttuoso anche
nelle sue più minute particolarità: regnerà in noi e attorno a noi
quell'amorevolezza e famigliarità tanto inculcata dal Venerabile
nella lettera-visione che scrisse da Roma a tutti i suoi figli del-
l'Oratorio, quattro anni prima di lasciar questa terra.
Se riuscissi a indurvi tutti a ciò, o miei cari Figli e Con-
fratelli, questa sarebbe già una grande e bella ricompensa alla fatica
da me sostenuta 1~ello scrivervi la presente.
18. Scuola di belle maniere.
Mi resterebbe ora a dire del dovere che abbiamo d'imitare
il nostro buon Padre anche nel trattare col prossimo e nel far del
bene a tutti. Ma vedo questa mia già più lunga di quanto pen-
savo ; perciò mi accontenterò solo di aggiungere alcuni pensieri,
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39 Pages 381-390

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39.1 Page 381

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tanto più che l'assidua e amorosa lettura della sua vita sarà per cia-
scuno di noi anche una continua scuola di belle maniere.
In Don Bosco abbiamo una prova eloquentissima che la san-
tità non è nemica dell'urbanità e del galateo, ma anzi se ne serve
bellamente per effondere in una più vasta cerchia sociale il buon
profumo delle più elette e delicate virtù. Benchè nato da poveri
contadini egli ebbe un senso squisito di quanto riguarda sia la
pulizia personale, il vestire, il portamento, sia il contegno in chiesa,
in scuola, nei viaggi, negli incontri, nelle visite, a mensa, come
ospite in casa altrui, e via dicendo.
La facilità con cui assimilava quanto leggeva o vedeva fare dagli
altri, lo rese fin da' suoi primi anni padrone di e compitissimo
nel trattare con ogni ceto di persone, dalle più umili alle più
altolocate; tanto che gli stessi patrizi si domandavano con mera-
viglia dov'egli avesse potuto apprendere una cosi squisita urba-
nità. Nella buona creanza egli vedeva il fiore delicato di molte
virtù; la sua scuola di galateo formò una preziosa regola di con-
dotta civile per quanti seppero approfittarne, e continuerà ad
esserlo per quelli che si studieranno di modellare la loro condotta
sulla sua vita.
Sforziamoci dunque, o miei cari, di essere anche noi, come il
nostro santo modello, compiti e ben educati in ogni nostro atto,
anche se fossimo soli o con gente di condizione inferiore. Ricor-
diamo che la buona educazione consiste non già in una serie di vane
cerimonie e d'inchini più o meno aggraziati, e neppure nelle fa-
cezie e spiritosità di cattivo gusto che i mondani sogliono usare per
attirarsi il favore degli uomini, ma nella sincera espressione
esterna dei sensi di umiltà, di abnegazione, di benevolenza, che
dobbiamo nutrire verso di tutti.
19. Come dobbiamo trattare col prossimo.
La buona educazione in D. Bosco era modestia, umiltà,
dominio di se stesso, prontezza al sacrifìzio, esercizio di morti-
ficazione, amor del prossimo nel più alto senso della parola.
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39.2 Page 382

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L'amor del prossimo lo rendeva gentile e cortese con tutti, anche
con chi l'ingiuriava; a tutti mostrava la propria stima con le parole
e con le opere; era sempre pronto a sacrificarsi per far loro del
bene, e dimenticava se stesso e i suoi meriti per riconoscere e met-
tere in rilievo quelli degli altri. Rinunziava ai propri comodi pel
vantaggio altrui, alle proprie opinioni per associarsi alle altrui, in-
somma si comportava col prossimo in modo da lasciarlo sempre
edificato e contento di lui.
Ecco in poche linee il nostro modello per la maniera di trattare
col prossimo! Se noi, o miei carissimi Figli, sapremo imitarlo,
faremo per certo vivere D . Bosco nella nostra persona e in mezzo al
mondo, e conquisteremo un grandissimo numero di anime per
il Signore. Oh! sia questa la nostra più grande ambizione, sia il
nostro più ardente desiderio!
Per questo dobbiamo non solo prediligere i giovani affidati alle
nostre cure, ma in pari tempo cercar di avere un cuore così grande
come quello del nostro Ven. Padre, il quale avrebbe voluto strin-
gere in un amplesso tutta quanta l'umanità.
Egli nelle creature vedeva ed amava il Creatore; quindi non
faceva distinzione di persone, non guardava nè alle colpe, nè
alle inimicizie, nè alle ingratitudini, nè al colore politico; e chiun-
que ricorreva a lui non restava mai deluso.
La sua carità era proprio simile a quella del Padre Celeste,
che fa sorgere il sole e cadere la pioggia sui peccatori come sui
giusti; e se una predilezione si può dire che avesse, oltre a quella
immensa per i suoi giovani, era per i più miserabili e bisognosi.
Voleva che noi pure facessimo altrettanto, e ci diceva di fre-
quente : « Si procuri che chiunque avrà da trattare con noi, vada
via soddisfatto; che ogni qualvolta parleremo a qualcheduno, sia un
amico di più che acquistiamo; perchè noi dobbiamo cercar di ac-
crescere il numero dei nostri amici e diminuire quello dei nemici,
dovendo noi far del bene a tutti. Accoglieremo bene e sempre con
dolcezza i forestieri, perchè essi lo pretendono, siano essi ricchi o
poveri; anzi coloro che si trovano in condizione inferiore preten-
dono ancor più degli altri di essere trattati con deferenza ».
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39.3 Page 383

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20. « Dobbiamo far del bene a tutti».
La parola del nostro Ven. Padre è che noi dobbiamo fare
del bene a tutti, e dobbiamo perciò saper trattare in modo da
non offendere e nemmeno disgustare alcuno. Tutto quindi in noi
deve convergere a questo, che con l'esercizio della bontà, della
dolcezza e della soavità ci sia dato far del bene sempre, dapper-
tutto e in ogni circostanza. Per questo però ci vuole un tratto
squisito nel conversare, nel discutere e nel trattare con qualunque
specie di persone; ci vuole quella prudenza ch'era ammirabile in
D. Bosco, e che s'acquista con lo spirito d'osservazione e di rifles-
sione; ci vuole l'imperturbabilità di lui in ogni evento e lieto e
triste; ci vuole il suo spirito di gratitudine, che lo legava indis-
solubilmente ai suoi benefattori, anche per i più piccoli benefizi.
Oh! il suo amore verso i benefattori, quanto era vivo ed espan-
sivo! Egli pregava e faceva pregare per loro, era pronto a far loro
ogni sorta di servigi, per quanto gravosi a lui e a' suoi figli, e persi-
no ad accontentarli nei loro innocenti capricci; si adoperava ad ot-
tener loro favori spirituali, indulgenze, benedizioni del S. Padre,
ed anche onorificenze; li soccorreva nelle sventure, ricambiando
ad usura il bene che gli avevano fatto, e questo ricordava e faceva
conoscere in ogni propizia circostanza. La gratitudine era per
lui la molla più potente per fare un bene sempre maggiore al suo
prossimo; e dev'esserlo anche per i suoi figli .
21. La politica di D. Bosco sia la nostra.
Qui dovrei accennare al modo com'egli trattava con le
Autorità civili ed ecclesiastiche, e alla sua norma riguardo alla poli-
tica; ma sono cose che voi pure, o carissimi, già conoscete dalla
sua vita. « La mia politica - diss'egli in un'occasione a Pio IX -
è quella di Vostra Santità, è quella del Pater noster.. . Adveniat
regnum tuum.' Ecco ciò che più importa! ». Raccomandava a tutti
di far conoscere quale fosse il suo programma: « Far del bene
a quanti si può, e del male a nessuno. Mi si lasci far del bene ai
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39.4 Page 384

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ragazzi poveri e abbandonati, affinchè non vadano a finire in un
ergastolo. Ecco la sola mia politica! Come cittadino io rispetto
tutte le Autorità costituite; come cattolico e come prete dipendo
dal Sommo Pontefice ... ».
Ho voluto richiamarvi, o miei cari, in modo particolare questo
prezioso insegnamento, perchè ai tempi attuali è di somma,
assoluta importanza per la vita della nostra Congregazione che
ognuno di noi lo faccia suo alla lettera, sl che non si abbia mai a
dire di un Salesiano che fa della politica, che s'immischia in
cose di partiti. L'unico nostro partito è quello di far del bene a
tutti nel miglior modo possibile.
Ancora una volta, in nome dell'affetto vivissimo che a voi
mi lega, vi supplico di darvi ad uno studio costante, quotidiano
della vita del nostro buon Padre, affine di poter acquistare, cia-
scuno secondo le proprie forze, le sue virtù.
Ad un magnifico, indimenticabile spettacolo noi abbiamo as-
sistito nella inaugurazione del suo monumento: abbiamo visto
stringersi attorno a questo, vivente ghirlanda, le schiere irrequiete
e festose dei nostri giovani ( come D . Bosco dal Cielo ne avrà
esultato!); abbiamo visto gli ex-allievi accorrere da ogni paese a
rendergli omaggio; abbiamo visto personaggi augusti, autorità ec-
clesiastiche e civili, delegati di numerose nazioni straniere, rappre-
sentanti insigni delle lettere, delle scienze e delle arti, venire a
inchinarsi a Don Bosco, a portargli il tributo riverente dell'ammi-
razione e della gratitudine universale. Abbiamo assistito a manife-
stazioni grandiose di fede, di amore, di santa allegrezza e concor-
dia, a spettacoli indimenticabili, che ci hanno commossi fino alle
lagrime, e che ci han fatto vedere quanto sia rispettata, onorata,
amata in tutto il mondo e da tutte le classi sociali la memoria del
nostro buon Padre.
Ora questo spettacolo, ormai passato alla storia, si riprodurrà
e rinnoverà perennemente per opera nostra, se ciascuno di noi farà
rivivere in sè D. Bosco; perchè allora continueranno ad affluire le
falangi giovanili attorno al Padre, e in tutti i paesi della terra il
nome di D. Bosco continuerà ad essere acclamato e benedetto,
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39.5 Page 385

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perchè vivente nei fìgli. Affìnchè questo si compia, inalzo continue
preghiere a tutti i santi confratelli già beati comprensori in cielo,
al Venerabile Padre, alla nostra Ausiliatrice, della quale imploro
su ciascuno di voi in particolare la benedizione potentemente effi-
cace e feconda.
Prima di terminare ricordo che il 17 p. v. dicembre ricorre-
ranno le nozze d'oro di messa del carissimo Sig. D. Giulio Barberis,
Direttore spirituale della nostra Pia Società. A me pare che basti
questo semplice richiamo perchè si risvegli in tutte le Case un coro
di riconoscenza, vario nella sua esplicazione, ma tale da far com-
prendere tutta la nostra gratitudine a lui, che forze, mente e cuore,
tutto quanto ha speso per la Congregazione.
Pregate per il
Vostro aff.mo in C. ].
Sac. PAOLO ALBERA.
383

39.6 Page 386

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XXXVI
Norme per la visita delle Case
1. Dalle vacanze all'inizio del nuovo anno. - 2. Importanza somma della
visita ispettoriale. - 3. Cura del Direttore per i Confratelli. - 4. Come
curare gli studi ecclesiastici. - 5. Cura dei Sacerdoti novelli. - 6. Il caso
mensile e gli esami annuali. - 7. Vigilanza sui Confessori. - 8. Come
esercitare questa vigilanza. - 9. Per la comunicazione delle Facoltà
della S. Penitenzieria.
Carissimi Ispettori,
Torino, 4 dicembre 1920.
L'anno scolastico 1919-20 è trascorso lasciando nella memoria
di tutti quanti i Salesiani memorie indelebili, e imprimendo nelle
pagine della storia della nostra Pia Società fatti, che il tempo
non potrà mai cancellare.
1. Dalle vacanze all'inizio del nuovo anno.
Sono passate anche le vacanze scolastiche, e certamente non
senza profitto dei carissimi Confratelli; profitto per l'anima e pro-
fitto per il corpo; per l'anima, inquantochè tutti, senza dubbio,
hanno atteso a compiere religiosamente i Santi Spirituali Esercizi,
rinnovandosi efficacemente nei buoni propositi della propria santi-
ficazione; per il corpo, prendendo quel poco di meritato riposo
che le circostanze permettono, onde ristorare alquanto le forze,
già abbastanza indebolite per le fatiche sostenute. Ed ora eccoci al
principio del nuovo anno scolastico.
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39.7 Page 387

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Non dubito punto che i Direttori, d'accordo con voi, abbiano
messo tutto l'impegno per iniziare il nuovo anno con tutta regola-
rità. Anche qui, più che in altre cose, ha piena applicazione il
detto popolare: « Chi ben comincia è alla metà dell'opera ». E ciò
è tanto più vero per noi, che, seguendo gl'insegnamenti del nostro
Ven. Padre Don Bosco, poggiamo tutta la nostra azione sopra il
sistema preventivo.
Quindi nelle varie Case avrà avuto luogo il Triduo per l'in-
cominciamento dell'anno scolastico; si sarà fatto conoscere tanto
ai Confratelli che assumono nuovi Uffici, come ai giovanetti affi-
dati alle nostre cure, quelle parti del Regolamento che li riguardano
in particolare; si sarà fatto tutto il possibile per provvedere ogni
classe e ogni laboratorio dei propri insegnanti e assistenti; si
saranno distribuiti il lavoro e le occupazioni in modo che mentre
non vi sarà alcuno sovraccarico di fatiche, non rimarrà neppure al-
cuno inoperoso o non sufficientemente occupato, con danno evi-
dente della sua professione religiosa.
Quando tutto è ordinato e regolato secondo le sapienti norme
che ci lasciò D. Bosco nei nostri Regolamenti, ogni cosa procede
bene, con soddisfazione di tutti e con comune vantaggio; e il Si-
gnore benedice più largamente. Ricordo che una delle ultime
strenne che ci lasciò l'indimenticabile signor D. Rua, fu questa:
« Serva ordinem, et orda servabit te ». Pei nostri Istituti, poichè
sono Istituti di educazione, questo motto dovrebbe essere la parola
d'ordine.
2. Importanza somma della visita ispettoriale.
Intanto voi, carissimi Ispettori, mentre avete assistito col con-
siglio e con l'opera i Direttori per l'incominciamento regolare
dell'anno scolastico, vi apprestate certamente a visitare le Case, che
sono soggette alla vostra giurisdizione, onde rendervi conto per-
sonalmente dell'andamento della vita salesiana che in esse si
svolge. Ed ecco una bella occasione per voi d'imprimere fin da
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25

39.8 Page 388

▲back to top
princ1p10 nei vostri Istituti quella forma di vita che più corri-
sponde all'ideale del nostro Ven. Padre. Tutto dev'essere pre-
sente ai vostri occhi, e particolarmente al vostro cuore, affinchè
possiate opportunamente prevedere e paternamente provvedere. Il
Sig. Don Rua, scrivendo agl'Ispettori nel 1902, a proposito delle
visite ch'essi fanno alle Case, specialmente al principio dell'anno,
disse: « ... una visita dell'Ispettore, oltre che consola grandemente
e toglie i timori e le titubanze, serve a dare alle cose la vera piega
che devono prendere ». ( Ved. Lettere Circ. di D. Rua, pag. 215).
In questa visita, non occorre ch'io lo dica, voi avete a dar
prova di tutta la vostra paterna sollecitudine, specialmente per
quanto si riferisce alla vita religiosa salesiana dei Confratelli.
Come dissi fin da principio, i nostri carissimi Confratelli si
sono certamente rinvigoriti nell'entusiasmo della vita salesiana negli
Esercizi Spirituali; non bisogna pertanto permettere che questo
entusiasmo si dissipi per trascuratezza o neghittosità, o venga
messo a dura prova per soverchia tensione nel lavoro, senza la-
sciare il tempo necessario per compier bene tutte le pratiche di
vita religiosa, che sono l'alimento della nostra professione. Siate
adunque solleciti nell'assicurarvi che nulla difetti ai Confratelli,
specialmente per quanto si riferisce alla loro vita di religiosi sale-
siani.
3. Cura del Direttore per i Confratelli.
Una raccomandazione particolare dovete fare ai Direttori per
la cura che debbono avere dei Confratelli giovani, siano Chierici
o Coadiutori. Essi non possono avere ancora quella formazione re-
ligiosa e salesiana, ch'è tanto necessaria per far del bene in mezzo
ai giovani; tocca pertanto ai Direttori usare ogni diligenza, come
farebbe un padre, e vorrei dire una madre, attorno ai suoi figliuoli,
per formarne il cuore e la mente secondo il cuore e la mente di
D. Bosco.
I Chierici poi hanno bisogno di attenzioni speciali per la loro
formazione ecclesiastica, ed a ciò devono rivolgere le loro cure
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39.9 Page 389

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solerti ed assidue i Direttori e i Catechisti. Dobbiamo invero rin-
graziare con tutto l'animo Maria SS. Ausiliatrice, per la visibile
protezione largita a questi buoni figliuoli durante la terribile
prova della guerra. Ben poche furono le defezioni in confronto di
quanto si poteva temere; e mentre quasi tutti son ritornati fra le
braccia materne della Congregazione, hanno pure conservato in-
tegro quello spirito di pietà, di umile ubbidienza, di docile atti-
vità che D . Bosco voleva nei suoi figli . Sia pertanto nostro impegno
di nutrirli ora di abbondante e sano spirito ecclesiastico e di abbon-
dante e sana scienza ecclesiastica.
Fortunatamente quasi tutti i Chierici possono essere raccolti
negli Studentati di Filosofia, e gran parte in quelli di Teologia,
nonostante la grande scarsezza di personale; e là, sotto la vigilanza
dei Superiori immediati, possono avere quella conveniente for-
mazione ecclesiastica, che stava tanto a cuore a D . Bosco, a D.
Rua, e che forma una delle più assillanti preoccupazioni del vostro
Rettor Maggiore.
I Chierici che compiono il Tirocinio pratico devono essere so-
stenuti e guidati con amorevolezza e paternità da tutti i Superiori.
È questo il periodo, vorrei dire, più importante della loro vita
salesiana, poichè son messi nelle circostanze pratiche di dover
attuare in sè e nei giovani affidati alla loro assistenza e al loro inse-
gnamento, quei principii pedagogici del sistema preventivo di D.
Bosco, che dovranno poi costituire il loro patrimonio educativo-
didattico per tutta la loro vita.
E qui la bontà del Direttore ha larghissimo campo d'eserci-
tarsi, specialmente nello spianare le difficoltà, che inevitabilmente
si presentano quando si fanno i primi passi nella difficile via del-
l'educare. Vigilanza pure amorevole bisogna usare verso questi
giovani Chierici, perchè facciano buon uso del tempo; perciò con-
viene esigere che nelle varie Case in cui vi sono Chierici addetti
al Triennio pratico, si compia diligentemente il Corso apposita-
mente prescritto per loro. Il Sig. D. Rua scrisse delle pagine
piene di pratica saggezza a questo proposito, e voi potrete tro-
varle nelle sue mirabili Lettere Circolari.
387

39.10 Page 390

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4. Come curare gli studi ecclesiastici.
Un punto però su cui mi preme richiamare particolarmente
la vostra attenzione, è quello che riguarda gli studi ecclesiastici.
Forse nella vostra Ispettoria avete qualche Studentato cosi-
detto « minore»; ebbene io desidero che tale Studentato, per
quanto è possibile, sia « minore » solo di nome, ma che di
fatto nulla lasci a desiderare cli fronte agli altri studentati pro-
priamente detti. Abbiate dunque la massima cura di scegliere
Confratelli esperti nelle discipline ecclesiastiche che devono inse-
gnare, stabilite un orario sufficiente per lo svolgimento normale
delle varie materie, esigete rigorosamente che tutti possano fre-
quentare e frequentino realmente con tutta regolarità le varie
lezioni, e informatevi cli quando in quando come procedono
queste scuole, con qual diligenza s'insegna, e qual profitto ne rica-
vano i Chierici.
Ricordatevi, miei cari Ispettori, che è gravissima la respon-
sabilità che vi assumete cli fronte alla Congregazione, di fronte
alla Chiesa, di fronte alle anime, nel formare i vostri Sacerdoti. D.
Bosco non badava a sacrifici a questo riguardo: D. Rua, nelle sue
lettere, tornava con insistenza sopra di questo punto; ed io potei
vedere, nel periodo di tempo in cui il Signore mi volle Superiore
della Pia Società, potei vedere, dico, fiorire i nostri Studentati cli
Teologia con esuberante vitalità. Facciamo di tutto perchè que-
sta_ bella tradizione non abbia menomamente a scemare, anzi sia
nostra cura cli tenere sem,pre in fiore gli studi ecclesiastici, come
sono sempre in fiore quelli delle altre scienze. Io vi auguro che nes-
suno di voi, quando dovrà deliberare sull'ammissione di qualche
Chierico agli Ordini Sacri, senta un qualche rimprovero dalla
propria coscienza, ripensando che se il candidato non è ben nutrito
di studi sacri, la colpa non è sua! ...
E se tutte le materie ecclesiastiche di programma devono essere
insegnate e studiate con pari diligenza, quelle a cui deve darsi mag-
gior importanza sono certamente la Teologia Dogmatica e la Teo-
logia Morale. Sono queste come i due occhi, che c'illuminano nel
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40 Pages 391-400

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40.1 Page 391

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cammino della vita spirituale, e che, per conseguenza, fanno sì
che possiamo essere buone guide anche per gli altri. Se ci manca
l'una o l'altra scienza, o se ne difettiamo in qualche modo, la
nostra vista rim:me oscurata, ottenebrata in modo che mettiamo
noi stessi e le anime che si affidano a noi nei più gravi pericoli.
Ars artium est regimen animarum diceva il grande S. Gre-
gorio, e i nostri sacerdoti, oltre che diventar buoni insegnanti,
buoni educatori, devono essere anche esperti confessori e predica-
tori; ma non potranno essere nè l'uno nè l'altro, se non studiano
profondamente queste due materie fondamentali delle scienze sacre.
5. Cura dei Sacerdoti novelli.
A questo riguardo pertanto procurate di dare tutto il vostro
aiuto ai novelli Sacerdoti, perchè si preparino sollecitamente e con
ogni diligenza all'esame di Confessione presso gli esaminatori
stabiliti dagli Ordinari locali. Incoraggiateli a questo, e forniteli
di tutti quei mezzi che sono necessari perchè possano fare una
preparazione sollecita, accurata e completa. Fateli anche guidare
nello studio d'un buon trattato d'Ascetica, affinchè prendano amore
a dirigere saggiamente le anime che potranno ricorrere al loro mini-
stero.
L'esam,e pubblico poi presso gli Ordinari locali sia sempre pre-
ceduto da quello dato in Congregazione avanti esaminatori da voi
delegati. Coloro che saranno riconosciuti idonei da questi ultimi,
potranno eserciure il loro ministero verso i giovani delle nostre
Case; nessuno per altro sia presentato a subire l'esame presso
l'Ordinario, e sopratutto ad esercitare il ministero fuori delle nostre
Case, prima che siano trascorsi almeno due anni dall'ordinazione
sacerdotale .
6. Il caso mensile e gli esami annuali.
Per tenere poi in esercizio tutti i Sacerdoti nello studio della
Teologia Morale, non permettete che si trascuri nelle Case la so-
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40.2 Page 392

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luzione del Caso di Coscienza e della Questione Liturgica, che
deve aver luogo una volta al mese. È un uso questo che vige ormai
da moltissimi anni nella nostra Pia Società, e che ora ha la con-
sacrazione da una prescrizione tassativa del Codice di Diritto Ca-
nonico, il quale al Can. 591 dispone precisamente che: « in qualibet
saltem formata domo, minimum semel in mense, habeatur solutio
casus ~oralis et liturgici... ». Nè la predetta soluzione venga omes-
sa in qualche casa « non formata », perchè, se no, i Sacerdoti
addetti alla medesima dovrebbero intervenire alla soluzione del
Caso di morale e di liturgia prescritta dall'Ordinario Diocesano,
come prescrive il Can. 131, § 3.
E poichè ora si è cominciato a pubblicare negli Atti del Capi-
tolo Superiore la soluzione dei Casi di Morale e di Liturgia,
proposti per l'anno scolastico testè decorso, non sarà inopportuno
che ogni mese, dopo la soluzione del Caso proposto, si legga nel-
l'adunanza la soluzione d'un Caso di coscienza e d'una Questione li-
turgica proposti per l'anno precedente.
Per convincervi maggiormente dell'importanza di queste Con-
ferenze, riflettete alla prescrizione contenuta nel Canone 23 77, in
forza della quale è data facoltà all'Ordinario di punire, secondo
la propria prudenza, quei Sacerdoti che non intervenissero alle me-
desime .
Con pari fermezza esigete che i sacerdoti novelli ottemperino a
quanto prescrive il Can. 590, il quale dice testualmente cosl:
« Religiosi sacerdotes.. . post absolutum studiorum curriculum, quo-
tannis saltem per quinquennium, a doctis gravibusque patribus exa-
minentur in variis doctrinae sacrae disciplinis antea opportune de-
signatis ». Alla qual prescrizione fa riscontro la sanzione conte-
nuta nel Canone 2376, che impone all'Ordinario di indurre al
predetto esame, con pene opportune e proporzionate, quei sacer-
doti che si rifiutassero di sottoporvisi senza esserne stati dispen-
sati o legittimamente impediti. Canone, che, sebbene direttamente
si riferisca agli Ordinari Diocesani, tuttavia, per ragione della ma-
teria, che è in stretta connessione col Can. 590 sopra citato, deve
estendersi anche ai religiosi. Voi pertanto prenderete occasione da
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40.3 Page 393

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queste rigorose disposizioni del Diritto Ecclesiastico sia per impe-
dire che qualcuno si esima con facilità dal detto esame, sia per
non essere tanto indulgenti nel dispensare dal medesimo per qua-
lunque motivo; per la dispensa infatti si richiede una « causa
grave » ( Ved. Canone 590). Il programma per tale esame è stato
opportunamente stabilito dal Consigliere Scolastico Generale, ed
è a conoscenza di tutti; non rimane quindi se non che voi fac-
ciate eseguire queste prescrizioni.
7. Vigilanza sui Confessori.
Finora vi parlai principalmente della cura assidua che si deve
usare per formare i nostri Sacerdoti istruiti nelle scienze sacre,
e specialmente per formarli confessori saggi e prudenti. Ma che do-
vrei dirvi della vigilanza che dovete usare, perchè quelli che sono
già Confessori esercitino l'altissimo ministero della Confessione
colla massima delicatezza e prudenza?
Noi abbiamo un esempio sublime a questo riguardo, ed è il
nostro Ven. Padre D. Bosco. Egli, come risulta dalla sua vita,
aveva una riverenza cosl profonda tanto verso il Sacramento della
Penitenza, come verso le anime che ricorrevano a lui, che nel
ttRtto, nelle parole, in tutti i suoi atti e rapporti verso i penitenti
ispirava sentimenti di viva pietà e compunzione, affezionando cosl
le anime alla vera divozione, non a se stesso. Don Bosco fu il punto
di partenza di quell'intemerata tradizione, che si è mantenuta sem-
pre nella nostra Pia Società; e per me, e per qualunque vero figlio
di D. Bosco sarebbe motivo di troppo grande dolore quando qual-
cuno intaccasse, anche menomamente, questa pura ed immaco-
lata tradizione. Voi certamente comprendete il mio pensiero; ma
affìnchè non vi sia luogo a dubbio o incerte interpretazioni, ve
lo esporrò con tutta semplicità e chiarezza.
È stato deplorato che taluni Confessori usino con le penitenti
un linguaggio troppo famigliare, per esempio dando loro del« tu »,
e adoperando altre espressioni che fomentino intimità e dimesti-
chezza; che facciano alle penitenti e ricevano da esse visite; che
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40.4 Page 394

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si trattengano in lunghe conversazioni con esse nelle sagrestie, nelle
foresterie e nei parlatori, sotto pretesto di direzione spirituale; che
tengano con le medesime senza una vera necessità corrispondenza
epistolare.
Voi comprendete facilmente quanto sia pericoloso e irregolare,
per non dire altro, un tal modo di procedere nell'esercizio del sacro
ministero delle Confessioni; esso facilmente potrebbe condurre a
conseguenze perniciose e fatali, e non spendo altre parole sopra di
questo punto.
Non posso però far a meno di comunicarvi alcune precise deli-
berazioni al riguardo, affìnchè ciò non s'abbia mai a deplorare nei
nostri confessori.
8. Come esercitare questa vigilanza.
Prima di tutto, visitando le Case affidate alle vostre cure, infor-
matevi con tutta prudenza se mai qualcuno dei sacerdoti appro-
vati per le Confessioni sia venuto meno alla delicatezza e prudenza
indispensabili per amministrare fruttuosamente questo Sacramento,
con ogni sorta di penitenti, ma specialmente con quelli di diverso
sesso. Se vi capitasse di trovarne qualcuno, con tutta carità ma
con fermezza ammonitelo in privato, perchè si attenga scrupolosa-
mente alle norme prudenziali che dànno i moralisti serii e i maestri
di spirito sopra di questa materia; aggiungendo all'ammonizione la
minaccia della sospensione dall'udir le Confessioni, o anche quella
della sospensione « a divinis » secondo la gravità o le circostanze
del caso, se ricadesse in tali deplorevolissime leggerezze.
In ogni Casa poi, dove si trovino sacerdoti confessori, special-
mente se prestano il loro ministero in chiese pubbliche o in qualche
Istituto Femminile, raccogliete i soli sacerdoti a particolare Con-
ferenza, e mentre raccomanderete loro di tenersi sempre in eser-
cizio per quanto si riferisce allo studio della Teologia Morale, e
sopratutto di evitare i difetti sopra deplorati, toccate il punto
pratico dell'ascoltar le Confessioni, soffermandovi prudentemente
sulla delicatezza da usare colle penitenti, accennando pure
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40.5 Page 395

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che sareste severi verso chiunque non mantenesse un contegno reli-
giosamente dignitoso con loro, o comunque desse motivo a incon-
venienti o abusi sopra di questo punto.
Desidero ancora che, appena avrete compiuto questa vostra
visita alle Case, mi riferiate l'esito delle vostre indagini sopra que-
sto punto in particolare.
In seguito poi, nelle vostre visite alle Case, ricordatevi d'in-
formarvi sempre con diligenza e prudenza sul modo con cui viene
amministrato questo santo Sacramento della Penitenza. Procurate
sia allontanato qualunque inconveniente o abuso potesse verificarsi
su tal materia, e in qualunque vostro suddito, anche se coprisse uf-
fici importanti; nè dimenticatevi di raccomandare che si eviti di
parlare di Confessione ( 1 ).
È mia precisa volontà, carissimi Ispettori, che non s'intacchi
menomamente da alcuno dei nostri quella intemerata tradizione
che forma una delle glorie più belle e più pure della nostra Pia
Società .
( 1) INSTRUCTIO S. ROMANAE ET UNIVERSALIS INQUISITIONIS AD REVE-
RENDISSIMOS LOCORUM ORDINARIOS FAMILIARUMQUE RELIGIOSARUM MODE-
RATORES SUPER I NVIOLABILI SANCTITATE SIGILLI SACRAMENTALIS. -
Naturalem et divinam sigilli sacramentalis legem in Ecclesia Christi semper
et ubique sanctissime servatam fuisse ne ipsi quidem confessionis sacra-
mentalis acriores hostes in dubium unquam revocare serio potuerunt. ldque
providentissimo Dei consilio absque ulla dubitatione tribuendum est, qui,
sacramentalem confessionem veluti secundam post naufragium deperditae
gratiae tabulam hominibus misericorditer offerens, omnem aversationis cau-
sam ab ea dignatus est amovere.
Non desunt nihilominus quandoque salutaris huius sacramenti admi-
nistri qui, reticitis quamquam omnibus quae poenitentis personam quomo-
documque prodere queant, de submissis in sacramentali confessione clavium
potestati sive in privatis collocutionibus sive in publicis ad populum con-
cionibus (ad auditorum, ut aiunt, aedificationem) temere sermonem facere
non vereantur. Cum autem in re tanti ponderis et momenti nedum perfectam
et consummatam iniuriam sed et omnem iniuriae speciem et suspicionem stu-
diosissime vitari oporteat, palam est omnibus quam mos huiusmodi sit im-
probandus. Nam etsi id fiat salvo substantialiter secreto sacramentali, pias
tamen audientium aures haud offendere et diffidentiam in eorum animis
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40.6 Page 396

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9. Per la comunicazione delle Facoltà della S. Penitenzieria.
Prima di por fine alla presente devo dir due parole intorno alla
Comunicazione II contenuta nel N. 3 degli Atti del Capitolo
superiore pag. 82. Tale comunicazione riferisce le facoltà speciali
contenute nel nuovo Foglio della S. Penitenzieria, e che io « ad
quinquennium », ho delegato tanto a voi come ai Direttori delle
Case. Gli altri Confratelli Sacerdoti approvati per le Confessioni,
che volessero godere tali facoltà, ho disposto che si rivolgano a
voi, perchè a voi intendo di lasciare il giudizio sull'idoneità dei
singoli ricorrenti a usare con la debita prudenza e cautela le dette
facoltà.
baud excitare sane non potest. Quod quidem ab huius sacramenti natura
prorsus est alienum, quo clementissimus Deus, quae per fragilitatem humanae
conversationis peccata commisimus, misericordissimae suae pietatis venia
penitus abstergit atque omnino obliviscitur.
Haec animo reputans Suprema haec Sacra Congregatio Sancti Offìcii
muneris sui esse ducit omnibus locorum Ordinariis Ordinumque Regularium
et quorumque Religiosorum Istitutorum Superioribus, graviter onerata
eorum conscientia, in Domino praecipere ut huiusmodi abusus, si quos ali-
cubi deprehendant, promte atque efficaciter coercere satagant; atque in
posterum tam in scholis theologicis quam in casus moralis, quas vocant,
conferentiis et in publicis et in privatis ad Clerum allocutionibus et adhorta-
tionibus sacerdotes sibi subditos sedulo edoceri curent ne quid unquam,
occasione praesertim Sacrarum Missionum et Exercitiorum Spiritualium, ad
confessionis sacramentalis materiam pertinens, quavis sub forma et quovis
sub praetextu, ne obiter quidem et nec directe neque indirecte (excepto casu
necessariae consultationis iuxta regulas a probatis auctoribus traditas propo-
nendae) in suis seu publicis seu privatis sermonibus attingere audeant;
eosque in experimentis pro eorum habilitationes excipiendas hac super re
peculiariter examinari iubeant.
Sacra Congregatio confìdit neminem ex Confessariis huiusmodi prae-
scriptionibus contraventurum: quod si secus acciderit, praedicti Ordinarii
et Superiores, transgressores graviter moneant, recidivos congruis poenis per-
cellant, ac in casibus gravioribus Supremo huic Sacro Tribunali rem quam-
primum deferant.
Datum Romae ex Aedibus Sancti Offìcii, die 9 iunii 1915.
R. Card. MERRY DEL VAL.
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40.7 Page 397

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Quando pertanto voi giudicaste, che il ricorrente merita la
comunicazione di queste facoltà, gli trasmetterete il foglio stam-
pato che le contiene, e che vi sarà inviato quanto prima in numero
sufficiente di copie, e con questo atto io intendo di comunicare al
medesimo le facoltà stesse.
Per potervi meglio regolare nei singoli casi, è bene che cono-
sciate il tenore della concessione fatta dalla S. Penitenzieria. Essa
dice: « S. Poenitentiaria Tibi dilecto in Xto Rectori Maiori Con-
gregationis Salesianae facultates quae in adnexo folio typis edito
enumerantur concedit ad quinquennium a data praesenti computan-
dum, cum potestate eas comunicandi etiam habitualiter, non tamen
ultra praefìnitum terminum.. . nec non, ob peculiares causas, cum
aliquot eiusdem Congregationis religiosis, scientia ac prudentia con-
spicuis, dummodo tum Ipse tum omnes praedicti fueritis ab Ordi-
nario loci ad excipiendas fìdelium confessiones legitime adprobati;
eaque lege ut iisdem facultatibus in actu sacramentalis confes-
sionis et pro foro conscientiae dumtaxat, uti valeatis... ».
Avrete poi cura di farmi avere l'elenco dei nomi di coloro a
cui sarà fatta una tal comunicazione, indicando pure per ciascuno
il N° del Foglio trasmessogli.
Ecco, carissimi Ispettori, quanto mi stava a cuore di dirvi in
particolare. Voi che con tanta abnegazione dividete con me e con
gli altri Superiori del Capitolo le gravi cure e il peso del governo
della Congregazione, tenetevi sempre strettamente uniti di mente
e di cuore con questo centro della Pia Società, affìnchè tutti,
« cor unum et anima una », lavorando alacremente secondo lo spi-
rito del nostro Venerabile Padre, possiamo raggiungere l'alto scopo
di rigenerazione sociale, ch'egli si propose nel fondare la nostra
amata Congregazione.
Pregate per il vostro
Aff.mo in C. J.
Sac. PAOLO ALBERA.
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40.8 Page 398

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XXXVII
Le strenne per l'anno 1921
1. Emozioni e proponimenti pel 1931. - 2. La nomina del Card. Cagliero
alla sede di Frascati.
Carissimi,
Torino, 24 dicembre 1920.
1. Sta per finire il 1920, questo anno che rimarrà memorando
nella storia della nostra Pia Società, come « l'anno del monumento
a D. Bosco »: anno di emozioni indimenticabili, di santi entusiasmi
e, ne sono persuaso, anche di forti proponimenti. In altre mie vi ho
già espresso, o figli e confratelli carissimi, il voto ardente ch'esso
abbia a segnare per noi tutti l'inizio di un rifiorimento dello spirito
salesiano, di una più amorosa ed assidua imitazione degli esempi
che ci ha dati il nostro buon Padre, di una più fedele osservanza dei
suoi principii educativi.
Io confido che tutti, per l'amore che portate a Lui e alla Con-
gregazione, abbiate dato a questo mio voto la più incondizionata
adesione della mente e del volere, e che in tutti esso abbia ride-
stato i più nobili ed elevati pensieri e sentimenti, e insieme le
più elette energie di azione.
Perciò, mentre stiamo per varcare la soglia del nuovo anno,
quale augurio più bello potrei fare a voi ed a me, se non che il mio
voto abbia a divenire realtà, e che nel 1921 si abbia a fare un
primo grande passo verso la sua attuazione? Sl, miei buoni figli, è
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40.9 Page 399

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questo l'augurio che più spontaneo prorompe dal mio cuore, e sono
certo che vi riuscirà gradito: che l'anno prossimo sia un anno in
cui tutti lavoriamo con impegno e concordia a far rivivere D .
Bosco in noi e nell'intera opera salesiana: nella nostra vita di reli-
giosi, nella nostra attività di insegnanti, di educatori, di pastori
d'anime; nei giovanetti che il Signore ci affida, nei nostri Ex-Allievi
e Cooperatori, in tutte le persone di cui dobbiamo in qualunque
modo occuparci.
Con questo augurio io ricambio quelli filiali e affettuosissimi
che mi giungono da voi, mentre vi ringrazio delle vostre preghiere
per me, assicurandovi che da parte mia non vi dimentico mai,
e di continuo vi raccomando alla nostra Madre e Ausiliatrice amo-
rosissima e a D. Bosco, affìnchè vi conservino sempre perseve-
ranti nella vocazione, e pieni di ardore, di perfezione e di zelo
apostolico.
2. La nomina del Cardinal Cagliero alla sede di Frascati.
Di questo zelo apostolico a cui dobbiamo ispirarci, abbiamo
avuto in questi giorni un altro esempio luminoso in quel grande
Figlio di D. Bosco, qual'è il nostro Ero.mo Cardinale Cagliero.
Con la morte del Card. Boschi si era resa vacante la Sede Su-
burbicaria di Frascati, una delle sei Sedi riserbate agli Em.mi
Cardinali dell'Ordine dei Vescovi. S. S. Benedetto XV, che stima
altamente le belle doti del nostro Ero.mo Cardinale, sapendolo sem-
pre animato da un ardente zelo per le anime, si degnò proporlo,
nonostante la di lui età avanzata, a succedere all'Ero.mo Card.
Boschi nella Sede di Frascati, e cosl il nostro Ero.mo Cardinale
Cagliero optando per quella Sede passò nel numero dei Cardinali
Vescovi.
L'alto onore, che deriva al nostro Ero.mo Cardinale da que-
st'atto del Romano Pontefice, e la stima grandissima che S. S.
Benedetto XV gli ha dimostrato in questa solenne circostanza, e
che gli espresse pubblicamente con lusinghiere parole dopo il
Concistoro Segreto del 16 c. m. mentre sono una novella prova
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40.10 Page 400

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dello zelo instancabile per la salute delle anime di questo grande
Figlio di D . Bosco, devono pur essere per noi tutti forte incita-
mento a seguire animosi queste nobili tracie, che sono quelle stesse
del nostro Ven. Padre.
Intanto eccovi le mie Strenne per il nuovo anno :
PER I SALESIANI
Persuasi che l'umiltà è il fondamento della perfezione, ci stu-
dieremo di praticarla meglio che ci sia possibile, nei pensieri,
nelle parole, nel portamento.
P E R I GIOVANI
Non dimenticate mai che Dio trova la sua delizia in un'anima
adorna della sua grazia. Se invece l'anima è macchiata dal peccato,
Iddio l'abbandona, ed essa diviene triste dimora del demonio. In
guardia dunque contro il peccato!
Gesù Bambino vi benedica tutti e vi conceda nel santo Natale
la gioia e la pace degli uomini di buona volontà! Credetemi
sempre
Vostro aff.mo in C. J.
Sac. PAOLO ALBERA.
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41 Pages 401-410

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41.1 Page 401

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XXXVIII
Memorabile udienza Pontificia e notizie care
1. Il mio maggior conforto. - 2. « Oh se fossero qui tutti! ». - 3. Il
Papa e D. Bosco. - 4. « Senza pretendere di migliorare le Costituzioni ».
- 5. Il nostro Cardinale. - 6. L'Istituto delle Figlie di Maria Ausilia-
trice. - 7. La « Vita di D. Bosco ». - 8. La nostra riconoscenza. -
3. Nuove indulgenze alla preghiera a Maria Ausiliatrice. - 10. Per il
patrono della Chiesa Cattolica.
Carissimi,
Torino, 10 febbraio 1921.
Il Bollettino del corrente mese vi recò la nuova dell'udienza
privata che S. S. Benedetto XV, nella sua paterna benevolenza,
volle accordarmi ai 18 dello scorso dicembre.
Gl'interessi della nostra Pia Società m'indussero, come già
altre volte per il passato, a recarmi a Roma, dove avrei potuto
ringraziare di presenza molti Eminentissimi Principi di S. Chiesa,
che seguono con profonda simpatia lo sviluppo delle Opere del
nostro Ven. Padre, e le sostengono col loro benevolo appoggio;
e insieme attestare al nostro Santo Padre l'indefettibile e filiale
attaccamento di quanti sono Figli e Figlie di D. Bosco.
1. Il mio maggior conforto.
Se debbo esprimervi tutto quello che passa nell'animo mio in
questo istante, vi dirò che, tra i doveri che m'incombono per l'uf-
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41.2 Page 402

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ficio assegnatomi dalla Divina Provvidenza, uno di quelli da cui ri-
cevo maggior conforto è indubbiamente questo di prostrarmi ai
piedi del Papa, per dirgli che tutti i Salesiani e tutte le Figlie di
Maria Ausiliatrice nutrono per lui quei medesimi sentimenti di
devozione profonda e illimitata che nutriva il nostro Ven. Padre.
E se il paterno affetto che sento per ciascuno di voi in parti-
colare non mi fa velo, mi pare di poter affermare con tutta verità
che realmente nei due rami della grande famiglia di D . Bosco il
Papa occupa sempre il posto veneratissimo di Supremo Superiore,
che gli è assegnato dalle nostre Costituzioni ( art. 33), anzi, più
che di Superiore, di Padre amato.
È questa un'impronta che D . Bosco volle dare alla nostra
umile Società, trasfondendo in essa quei sentimenti che traboc-
cavano dal suo cuore; e noi possiamo andare orgogliosi di averla
mantenuta sempre intatta, e di avere concorso a diffondere, do-
vunque l'opera nostra potè giungere, la divozione e l'attacca-
mento alla S. Sede Apostolica.
Il Santo Padre conosce molto bene questa nostra prerogativa,
e forse è da attribuire a ciò la singolare e paterna benevolenza con
cui si è sempre degnato di accogliere il Superiore dei Salesiani.
L'ultima volta che mi fu dato di prostrarmi alla sua presenza, io mi
sentivo avvinto a lui da un legame di così forte e profonda
gratitudine, che mi pareva di non essere di fronte alla dignità più
sublime che esista sulla terra, quella cioè di Vicario di Gesù Cri-
sto, ma vicino ad un Padre, ad un Benefattore, che con bontà
ed amabilità senza pari si occupava dei molteplici interessi con-
cernenti la nostra famiglia.
Egli di tutto si mostrò informato, e mentre visibilmente mani-
festava la sua paterna compiacenza per l'attività instancabile che i
Figliuoli e le Figliuole di D . Bosco vanno svolgendo a benefizio
di tanta gioventù, con singolare tratto di bontà voleva conoscere
le difficoltà di vario genere che, oggi soprattutto, si oppongono allo
sviluppo e all'efficacia dell'opera provvidenziale del nostro Ven.
Padre.
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41.3 Page 403

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2. « Oh se fossero qui tutti! ».
Io mi sentii grandemente confortato da un'accoglienza cosl
affettuosa e festevole, e pensavo: « Oh! se fossero qui presenti
quanti formano la famiglia salesiana, quale incitamento non ne ri-
ceverebbero a lavorare sempre più a vantaggio di tante giovani
anime, sull'esempio di D. Bosco! »
Il sapere che l'opera nostra, nonostante le nostre manchevo-
lezze, con la protezione della Vergine Ausiliatrice produce un po'
di bene alle anime, e risponde sempre a quei fini di sublime carità
che D. Bosco ebbe nell'iniziarla; il sapere ch'essa è apprezzata dai
buoni, e impone rispetto anche a coloro che sventuratamente non
conoscono la bellezza e la bontà degl'insegnamenti di Gesù Cristo,
~ senza dubbio un grande conforto per noi, e insieme un inci-
tamento efficace ad essere costanti e assidui in questa missione
di bene.
Ma quando l'approvazione, il gradimento, gli attestati di stima
ci vengono direttamente da Colui che, per la potestà somma di cui
è rivestito, è il solo che possa renderci sicuri che camminiamo
sulle orme del nostro Ven. Padre, e che l'opera nostra è benedetta
da quel Dio di cui egli è il rappresentante sulla terra; allora e
cuore e spirito si sentono incitati non solamente a proseguire
nel faticoso lavoro dell'apostolato salesiano, ma anche a mettere in
esso tutto il loro entusiasmo e fervore.
Questo entusiasmo io lo provai in quei soavi momenti in cui
dalla sovrana degnazione del S. Padre mi fu concesso di stare alla
sua presenza; ed è per questo che avrei voluto che tutti voi vi
foste trovati ai suoi piedi insieme con me: avreste sentito anche
voi in egual misura tale entusiasmo santo, che sarebbe stato un
gradito compenso e sollievo alle vostre fatiche .
Ma se non vi fu concesso di attingere direttamente dalla Cat-
tedra Apostolica questo novello vigore, io supplico la Vergine
Ausiliatrice che ve lo infonda Lei quando sentirete a leggere que-
ste mie povere parole, che non possono certo riprodurre appieno
i miei sentimenti.
401
26

41.4 Page 404

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3 . ... Il Papa e D. Bosco.
E, per meglio disporre a ciò l'animo vostro, gioverà che ripen-
siate al salutare influsso che riportava D . Bosco da ogni sua visita
al Sommo Pontefice. Noi tutti conosciamo le difficoltà senza nu-
mero che il nemico del bene suscitava attorno al nostro Ven.
Padre, per impedire che l'opera sua avesse a sorgere e a prosperare.
Nonostante gli aiuti particolari del Cielo e la costante assistenza
della Vergine Ausiliatrice, egli doveva lottare incessantemente; e
spesso, quando questa lotta si faceva più aspra, insidiosa ed acca-
sciante, egli sentiva il bisogno di correre a Roma, di gettarsi ai
piedi del Papa, per avere da lui la parola autorevole del conforto,
e l'assicurazione che l'opera sua era veramente voluta da Dio.
Rinfrancato in tal modo, era solito scriver subito una lettera
da Roma ai suoi amati figliuoli, per trasfondere in loro i suoi
sentimenti, l'energia novella onde traboccava l'animo suo, e per
invitarli tutti a inalzare fervide preghiere per il Papa, in segno di
profonda gratitudine per il benefizio ricevuto.
Per D. Bosco, il Papa era una sorgente inesauribile di atti-
vità e di bene: dal Papa egli attingeva il coraggio indomito nelle
sue sante imprese, la costanza incrollabile nel fare il bene, anche
quando ostacoli sopra ostacoli gli attraversavano la via. D. Bosco
per il Papa soffri assai, e ancor più era pronto a soffrire. Dal
Papa egli cercava sopratutto una cosa: la certezza che tutto il suo
operato, le sue iniziative di bene, le molteplici opere di aposto-
lato, lo spirito informatore del suo nascente Istituto, rispondessero
pienamente alle direttive e ai desideri del Vicario di Gesù Cristo;
perchè, diceva, quando abbiamo l'approvazione del Papa, abbiamo
l'approvazione di Dio; quando il Papa è contento di noi, lo è pure
Iddio.
Così anche noi, che ci gloriamo di chiamarci figli di Don Bosco,
dobbiamo al par di lui nutrire costantemente nel nostro spirito
questi sentimenti d'illimitata e indefettibile sudditanza e devo-
zione filiale verso il Sommo Pontefice, e rallegrarci sapendo che
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41.5 Page 405

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il Papa è pienamente soddisfatto dell'opera nostra, per quanto
umile ancora e manchevole.
Questo egli mi ripetè più volte, durante l'udienza che si degnò
concedermi; e questo io ripeto a voi, lusingandomi che la mia
voce, come eco di quella paterna e benevola del S. Padre, risuoni
nell'anima vostra e nel vostro cuore, e vi susciti quei sentimenti
di affetto sempre più profondo e di gratitudine sempre più sen-
tita, che io stesso ebbi a provare.
4. « Senza pretendere di migliorare le Costituzioni ».
Vi dirò ancora un'altra cosa che vi farà certo molto piacere.
Il motivo principale per cui egli si dichiarava soddisfatto delle
Opere Salesiane, e si mostrava sicuro ch'esse avessero sempre a
mantenersi, come per il passato, degne della sua stima, era questo,
ch'egli vedeva sempre vivificati dallo spirito del loro grande Fon-
datore i due Istituti che formano la famiglia salesiana.
A me parve allora di sentire nelle sue parole come l'eco di
quelle del grande Pio IX, che il nostro buon Padre ha riferite nella
sua Prefazione alle Costituzioni: « Se i Salesiani, senza pretendere
di migliorare le loro Costituzioni, si studieranno di osservarle con
precisione, la loro Congregazione sarà ognor più fiorente ». Nelle
Costituzioni infatti potete esser certi che si contiene, meglio che
altrove, lo spirito genuino di Don Bosco.
Questa assicurazione del Santo Padre, la quale, con grande con-
forto, è venuta a dare un'autorevole conferma alle calde raccotian-
dazioni che spesso io vi rivolgo di essere in tutto custodi gelosi
dello spirito del nostro Ven. Padre, sia a tutti di efficace incita-
mento ad osservare in modo sempre più perfetto le nostre Co-
stituzioni, per meritarci sempre la stima e l'approvazione del
Santo Padre.
5. Il nostro Cardinale.
Il nostro Ero.mo Cardinal Cagliero fu un altro oggetto a cui
il Papa nella sua squisita bontà dedicò un'attenzione tutta parti-
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41.6 Page 406

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colare. Egli ebbe parole di viva compiacenza per lo zelo di cui
il Cardinale si mostra sempre animato, nonostante la sua età avan-
zata e le gravi fatiche già sostenute a pro delle anime e in servizio
della Chiesa. Veramente pare che D. Bosco abbia voluto stam-
pare una più vasta orma del suo spirito in questo suo degno
figlio, che fu uno dei primi a darsi tutto a lui, e a lasciarsi plasmare
da lui interamente. Quando si tratta di lavorare per il bene delle
anime, egli mostra ancora un ardore giovanile; e io stesso fui testi-
mone di questa sua infaticabile operosità, in occasione del suo
solenne ingresso nella Diocesi di Frascati, avvenuto il 16 gen-
naio scorso ( 1) . Oh! non limitiamoci ad una sterile ammirazione :
sappiamo imitare i buoni esempi di zelo e di attività salesiana che
ci ha lasciati il nostro Ven. Padre, e che si rinnovano continua-
mente sotto i nostri occhi per opera dei più grandi tra i suoi figli.
6. L'Istituto delle Figlie di Maria Ausiliatrice.
Il Santo Padre si degnò altresl di ricordare con lusinghiere pa-
role di encomio l'opera benefica e salutare che indefessamente
va compiendo a benefizio delle fanciulle del popolo, l'Istituto delle
Figlie di Maria Ausiliatrice. Riconobbe con paterno compiacimento
che anche questo benemerito Istituto è saldamente fondato sullo
spirito di carità, di zelo e di sana operosità del nostro Ven. Padre;
e rallegrandosi del suo sviluppo sempre crescente, espresse la viva
speranza che con tale spirito continuasse infaticato a formare delle
maestre veramente cristiane, e ad impartire una soda educazione
religiosa a tante povere fanciulle. Aggiunse che si ripromette im-
mensi vantaggi per il bene dello stesso Istituto. A questo mira
sopratutto la nomina del Superiore dei Salesiani a Delegato Apo-
stolico per l'Istituto delle Figlie di Maria Ausiliatrice.
(1) Si porta a conoscenza dei Confratelli che S. Em. il Card. Cagliero
continua a risiedere a Roma (21), Via Marsala, 42 : quivi perciò gli dev'es-
sere indirizzata la corrispondenza.
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41.7 Page 407

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7. La « Vita di D. Bosco».
Non posso dirvi poi quanto abbia g101to l'animo mio per la
benigna accoglienza fatta dal Santo Padre ad un esemplare della
« Vita di Don Bosco », da me umilmente offertogli in dono; tanto
da sfogliarlo con interesse alla mia stessa presenza. Con questo
atto di alta degnazione mi parve ch'egli partecipasse più intima-
mente a quanto vi è di più caro nella nostra vita di Salesiani, e
quasi volesse dirmi: « Oh! ripetete a tutti i Salesiani che il Papa
vuole tanto bene a D. Bosco: tanto quanto glie ne vollero Pio
IX, Leone XIII e Pio X! ».
Egli mi disse ancora che numerose istanze gli vengono pre-
sentate direttamente, affìnchè con la sua autorità voglia indurre
il Superiore dei Salesiani ad accettare nuove fondazioni; e aggiunse
che se da un lato queste insistenze gli fanno piacere, come un
attestato di stima ai figli di D. Bosco, dall'altro egli sa che que-
sti non si risparmiano, e fanno già quanto è in loro potere per ben
coltivare il vastissimo campo affidato alle loro fatiche; e che
farebbero di più se potessero disporre d'un maggior numero di
braccia.
8. La nostra riconoscenza.
Miei cari confratelli: di fronte a così insigni prove di bontà
e di benevolenza con cui il S. Padre si è degnato di onorarci, noi
non ci mostreremmo buoni figli di Don Bosco, se ci limitassimo ad
un semplice sentimento di compiacenza, e non procurassimo di cor-
rispondervi con un maggior impegno nel conformarci al fine
per cui abbiamo abbracciato la vita salesiana.
Accettiamo dunque in spirito di umile riconoscenza questi
segni di stima e di benevolenza, con la persuasione che essi, per
la somma bontà del S. Padre, sono assai superiori ai nostri meriti.
E ringraziando con fervore Iddio che in tempi così tristi ha vo-
luto confortarci con incoraggiamenti così lusinghieri, studiamoci
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41.8 Page 408

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di conservare sempre in noi, nelle nostre comunità, in tutto il
nostro Istituto lo spirito di lavoro e di zelo per il bene della gio-
ventù, lo spirito di disciplina e di pietà ch'è baluardo della nostra
vocazione, lo spirito di carità e di dolcezza che deve cementare
ognor più la cordiale unione tra di noi, e attrarre altre anime a
unirsi generosamente alle nostre file sotto la bandiera di D . Bosco.
Se opereremo in tal modo, D. Bosco ci sorriderà dal Cielo, e po-
tremo sempre meritare queste particolari benedizioni del Signore.
9. Nuove indulgenze alla preghiera a Maria Ausiliatrice.
Prima di chiudere questo mio scritto, vi annuncio con vero
piacere che la preghiera a Maria SS. Ausiliatrice, quale siamo soliti
a recitare ogni giorno dopo la meditazione, fu arricchita dalla
S. Sede di nuove e numerose indulgenze, parziali e plenarie. Ne
troverete il testo autentico, quale fu indulgenziato, in altra parte
degli Atti; e d'ora innanzi nella recita in comune userete il nuovo
testo, differente dall'antico solo per una lievissima modifi-
cazione, che troverete notata in carattere corsivo, e che fu intro-
dotta per fare partecipi delle nostre preghiere anche i carissimi
nostri ex-allievi, che ce ne fecero pubblica e calda preghiera. Os-
servo che, se si vogliono lucrare le indulgenze suddette, bisogna
servirsi del testo nuovo, e non più dell'antico. Questo prezioso
tesoro spirituale, che la Santa Sede ha benignamente aperto in no-
stro favore, ci sproni a ricorrere con maggior frequenza e fervore
alla nostra cara Madre Maria SS. Ausiliatrice, e a diffonderne
sempre più il culto.
10. Per il patrono della Chiesa Cattolica.
Un'ultima raccomandazione mi sta a cuore di farvi. Nello
scorso luglio il S. Padre Benedetto XV emanava il Motu proprio
« Bonum sane», con cui prescriveva a tutto l'Episcopato cattolico
che entro l'anno, a cominciare dall'8 dicembre 1920, indicesse so-
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41.9 Page 409

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lenni feste giubilari in onore del grande Patriarca S. Giuseppe,
ricorrendo il 50° anno da che l'angelico Pio IX lo dichiarava solen-
nemente Patrono della Chiesa universale.
A tutti noi, che nutriamo una tenera divozione a questo gran
Santo, che D . Bosco volle come uno dei celesti protettori della
nostra Pia Società, deve tornare quanto mai gradita questa so-
lenne ricorrenza, al fine di attestare al Santo Patriarca la nostra
perenne gratitudine per la celeste protezione accordata alla nostra
Congregazione, per rinnovarci nella fervorosa divozione verso di
Lui, e per corrispondere il meglio possibile ai desiderii del S. Padre.
Sia pertanto nostro impegno di celebrare con grande fervore il
mese a lui consacrato, sopratutto onorandolo con una costante
imitazione delle sue virtù caratteristiche, della sua fede viva e
inconcussa, del suo amor di Dio spinto fino al sacrifizio, della
sua umiltà profonda, del suo totale distacco dalle cose della terra
e dalle proprie comodità. E col nostro esempio trasciniamo anche
i nostri cari giovani a tale imitazione.
Una cura particolare si abbia per gli artigiani, riattivando tra
essi, nel miglior modo possibile, la Compagnia di S. Giuseppe,
affinchè possa divenire anche un semenzaio di buone vocazioni,
delle quali abbiamo sl urgente bisogno. Il Santo Padre, indi-
cendo queste solenni onoranze giubilari a S. Giuseppe, ha inteso
particolarmente di incitare la classe operaia a mettersi sotto la
protezione di Lui, che fu insieme umile operaio e padre putativo
del Divin Redentore, e a seguirne le orme; sicchè abbia ad essere
scongiurato il pericolo dei fatali rivolgimenti che di quando in
quando minacciano di abbattere ogni ordine stabilito.
Noi che siamo educatori di operai, seguendo gli esempi di
D. Bosco e conformandoci ai desideri del Santo Padre, facciamo
del nostro meglio per infondere in essi lo spirito di questo per-
fetto modello di santo e di operaio insieme: faremo cosl opera me-
ritoria di fronte alla Chiesa e alla società civile.
Perchè poi il nostro concorso a queste solenni onoranze sia più
vivo ed efficace, è mio desiderio che la festa del Patrocinio di
S. Giuseppe venga celebrata quest'anno in tutte le nostre Case
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41.10 Page 410

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ed Oratorii festivi col più grande splendore possibile, facendovi
precedere, se si può, un triduo solenne con predicazione.
Dal Santo Patriarca invochiamo con fervore una protezione
costante ed efficace su tutta quanta la Chiesa, sul Sommo Pontefice,
su tutte le Opere di D. Bosco, e in particolare sulla nostra Pia
Società, sull'Istituto delle Figlie di Maria Ausiliatrice, sulla Pia
Unione dei Cooperatori; e infine un aiuto specialissimo per il buon
esito delle Cause di Beatificazione dei nostri Servi di Dio.
Comunicandovi ora con grande affetto la benedizione del Santo
Padre, mi raccomando alle vostre preghiere, e vi sono sempre
Aff.mo in C. ].
Sac. PAOLO ALBERA.
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42 Pages 411-420

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42.1 Page 411

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XXXIX
Nonne per la Direzione spirituale
dell'Istituto delle Figlie di Maria Ausiliatrice
1. Il loro delegato apostolico. - 2. Parte dispositiva del Decreto Apo-
stolico. - 3. Direzione paterna. - 4. Campo per l'esercizio di questa
paternità. - 5. Estensione di questo campo. - 6. L'imitazione di D.
Bosco e di Madre Mazzarello. - 7. Per il progresso scientifico. - 8. Per
l'amministrazione ed economia. - 9. - Norme pratiche. - Appendice.
Carissimi Ispettori,
Torino, 20 febbraio 1921.
Come già sapete, il Santo Padre Benedetto XV, in vista del
gran bene che fanno le Figlie di Maria Ausiliatrice coi loro
Collegi ed Oratori festivi, si degnò d'esaudire le loro ripetute sup-
pliche di essere ancora poste sotto l'alta direzione del Successore di
Don Bosco.
1. Il loro delegato apostolico.
A tal fine quindi, quale Rettor Maggiore della Pia Società Sale-
siana, fui nominato Delegato Apostolico dell'Istituto delle Figlie
di Maria Ausiliatrice, coll'incarico di provvedere paternamente al
bene spirituale e morale di esso, di promuoverne la conveniente
coltura e istruzione, e d'invigilare sull'investimento retto e sicuro
dei capitali e delle doti. Il S. Padre pensò che in tal modo que-
sto benemerito Istituto fosse per mantenersi più sicuramente nello
spirito del suo Fondatore, che è pure il nostro.
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42.2 Page 412

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Per parte mia, sebbene già oppresso dal peso della direzione
della nostra Pia Società, non credetti di potermi sottrarre a questo
ufficio pur sapendo che avrei dovuto sobbarcarmi ad un lavoro
superiore alle mie forze . Ho quindi accettato questa carica, su cui
grava una grande responsabilità, allo scopo di aiutare questo se-
condo ramo della famiglia di D. Bosco a conservare lo spirito
ch'egli aveva cercato d'infondergli.
Mi sono tosto messo all'opera, e con la parola e con gli scritti
ho procurato di essere di qualche vantaggio alle buone Figlie di
Maria Ausiliatrice, che si reputarono felici di vedersi, per questo
atto di sovrana bontà del S. Padre, riunite spiritualmente a coloro
che consideravano sempre come fratelli in Gesù Cristo e in D.
Bosco .
Nell'assumere il delicato e importante ufficio mi tornò d'inco-
raggiamento l'aver potuto accertarmi che le buone Suore sono
tutte animate da vero spirito salesiano, lavorano con zelo al bene
delle anime, mostrandosi in ciò degne figlie di D. Bosco, e godono
grande stima presso i Vescovi diocesani da cui dipendono, e
presso la S. Sede, dalla quale ricevettero già segnalati favori. Ma
dovetti pure convincermi che, se da Torino potevo essere di qualche
utilità al Consiglio Generalizio e alle Ispettrici e Comunità più
vicine, nonchè a poche altre per via epistolare, non ero in grado
però di assistere direttamente tutta la Congregazione delle Figlie di
Maria Ausiliatrice. Compresi pertanto di aver bisogno che i miei
buoni confratelli mi venissero in aiuto: e i confratelli che meglio
sono in grado di aiutarmi, e in cui debbo riporre maggior fiducia,
sono senza dubbio i nostri carissimi Ispettori. Al loro zelo quindi
faccio appello con questa lettera, nella quale essi troveranno al-
cune norme per ottenere più facilmente lo scopo desiderato.
2. Parte dispositiva del Decreto Apostolico.
Anzitutto mi pare cosa rispondente al fine di questa mia tra-
scrivere qui la parte dispositiva del Decreto con cui la S. Sede si
degnò nominarmi Delegato Apostolico dell'Istituto delle Figlie di
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42.3 Page 413

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Maria Ausiliatrice. Esso dice: « Sanctitas Sua... statuit atque de-
crevit, ut Rev.mus Rector Generalis Piae Societatis Salesianorum
nominaretur, ad quinquennium, tamquam Delegatus Apostolicus
Istituti Sororum a Maria Auxiliatrice, qui, quovis biennio, sive per
se sive per alium ab eo subdelegandum, Filiarum Mariae Auxilia-
tricis Domos, ( quae tamen quoad administrationem autonomae et
independentes semper existent) paterno consilio visitet eum dum-
taxat in fìnem , ut probatus Fundatoris spiritus foveatur, et spi-
ritualis, moralis atque scientifìcus progressus curetur; ac etiam,
si opus fuerit, et quin administrationi manus apponat, rectum
capitalium investimentum et dotum a Sororibus solutarum secu-
ritatem invigilet atque tueatur. Salva tamen Ordinariorum juris-
dictione ad Juris Canonici normam. Contrariis quibuscumque
minime obstantibus ».
Una prima considerazione da fare sul Decreto suddetto si è
che in esso viene testualmente confermata l'indipendenza ed auto-
nomia amministrativa ed economica dell'Istituto delle Figlie di
Maria Ausiliatrice in rapporto alla nostra Pia Società. A questo
riguardo perciò bisogna tener presenti, per conformarvi la propria
condotta e le proprie disposizioni, le norme date con tanta sag-
gezza dal veneratissimo nostro D . Rua di s. m. in varie sue Lettere
Circolari, e particolarmente in quella del 21 novembre 1906,
N° 33.
In secondo luogo è da osservare che le disposizioni presenti
della S. Sede non mutano nè modificano affatto la natura dei rap-
porti giurisdizionali che normalmente intercedono tra i Rev.mi Or-
dinarii Diocesani e l'Istituto delle Figlie di Maria Ausiliatrice:
ciò infatti è espresso nella clausola con cui termina il Decreto:
« Salva tamen Ordinariorum jurisdictione ad Juris Canonici nor-
mam ». Tali rapporti in massima parte son precisati nel Codice
di Diritto Canonico, ed è oltremodo opportuno che ciascuno di
voi ne prenda ccurata cognizione, trattandosi di una materia assai
delicata e importante; tenendo conto che, direttamente, riguardano
l'Istituto delle Figlie di Maria Ausiliatrice quelle prescrizioni che
si riferiscono agl'Istituti di Diritto Pontificio; e indirettamente, dirò
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42.4 Page 414

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così, quelle che concernono tutte le Religiose in genere, sempre
però in relazione alle Costituzioni dell'Istituto stesso, che furono
debitamente approvate dalla S. Sede Apostolica.
3. Direzione paterna.
Le due considerazioni ora esposte vengono a determinare la
natura dell'azione che il Delegato Apostolico, per sè o per mezzo
di un suddelegato, può e deve esercitare verso l'Istituto delle Figlie
di Maria Ausiliatrice, e che nel Decreto viene caratterizzata con le
due parole: « paterno consiglio ». Si tratta perciò d'un'azione tutta
quanta fondata sulla paternità, di un'influsso che si esercita non
mediante imposizioni, precetti e sanzioni, ma solo mediante con-
sigli paterni.
È proprio quello a cui mirava D. Bosco allorchè, certo per
divina ispirazione, gettò le prime basi della nuova famiglia reli-
giosa, che doveva poi divenire l'Istituto delle Figlie di Maria Au-
siliatrice e dilatarsi per tutto il mondo. Egli lo dimostrò anche in
seguito nel tracciare le prime Costituzioni del novello Istituto:
queste infatti sono tutte pervase da uno spirito grande di paternità,
quale poteva sgorgare da un cuore come il suo. E del resto è quello
che sempre si fece.
Perciò la caratteristica della paternità è pur quella che deve
contraddistinguere i vostri rapporti colle buone Figlie di Maria
Ausiliatrice, o miei cari Ispettori. E questo pensiero mi richiama
alla mente l'avviso pieno di pratica saggezza, che il nostro indi-
menticabile D. Rua dava sovente agli Ispettori, quando in qualche
modo avevano da occuparsi delle Suore: egli voleva che tenessero
un certo ordine nell'esercizio del loro zelo, e rivolgessero le prime
loro cure ai confratelli Salesiani e agl'interessi delle Case Sale-
siane da loro dipendenti; in secondo luogo poi, e senza trascurare
questo loro dovere principale, si prendessero un particolare inte-
ressamento, anche con un po' di sacrifizio, per mantenere il
fervore della pietà e l'osservanza delle Costituzioni tra le Suore.
Venivano in terzo luogo i giovani, intorno ai quali si doveva spen-
412

42.5 Page 415

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dere la propria opera intelligente e solerte di educatori cristiani,
per formarli secondo i santi ideali di D. Bosco. Ciò naturalmente
corrisponde al concetto di una ben intesa carità, di quella carità
che deve servir di norma al nostro operare, se vogliamo trar pro-
fitto dalle nostre fatiche .
4. Campo per l'esercizio di questa paternità.
Anche il campo nel quale io v'invito ad esercitare con me la
vostra paterna carità a vantaggio delle buone Figlie di Maria Ausi-
liatrice, è sapientemente delimitato dal sopradetto Decreto Aposto-
lico. Prima d'ogni altra cosa si tratta di mantener sempre vivo in
mezzo a loro lo spirito del nostro Ven. Fondatore e Padre, sl
che tutte e ciascuna le informi, come l'anima informa il corpo,
e che la vita dell'Istituto, in se stessa e nelle sue manifestazioni,
sia veramente vita salesiana, conforme al concetto di D. Bosco, e
alle sapienti direttive ch'egli ci ha lasciate nella sua vita, ne' suoi
scritti, nelle sante tradizioni che costituiscono un prezioso patri-
monio della grande Famiglia Salesiana.
Questo spirito, che vive e si perpetua in tutte le nostre isti-
tuzioni, è quello che deve dare una propria personalità morale,
una propria fisionomia all'Istituto delle Figlie di Maria Ausilia-
trice, per modo ch'esso non abbia a confondersi con altri istituti
.:ongeneri. È questo spirito che deve formare il vincolo più forte
e duraturo tra le diverse Case e Comunità delle Suore, e rendere
veramente salesiano l'ambiente di tutte e di ciascuna, nonostante
le differenze di nazionalità, paese o direzione, e gl'influssi esterni
di qualsiasi natura: deve sentirsi in esse alitare lo spirito buono,
amabile e santamente giocondo del nostro buon Padre.
Questo spirito non può esprimersi con parole, ma è costituito
dal complesso delle virtù, dei principii ed insegnamenti, delle molte-
plici attività che caratterizzano il vero figlio di D. Bosco, e che
rendono attraente ed efficace il sistema educativo lasciatoci da
questo nostro Padre. È uno spirito insomma che sgorga spontaneo
da un cuore infiammato di carità, di amore ardente per le anime,
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42.6 Page 416

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pronto a sostenere per la loro salvezza qualunque sacrificio, rinun-
ziando generosamente alle proprie comodità, e anche a quelle ragio-
nevoli soddisfazioni che si possono lecitamente attendere dalle pro-
prie fatiche, perchè lo conforta la ferma speranza di poter con-
durre queste anime a Dio.
Praticamente quindi un tale spirito, mentre tiene lontane
quelle piccolezze e quei risentimenti personali che sono tanto facili
a nascere nelle comunità, c'induce a vivere uniti a Dio, con la co-
stante disposizione di abbracciare con animo mansueto ed ilare
le pene fisiche inerenti alla vita di ogni educatore cristiano che,
praticando il sistema preventivo, voglia rendere santamente effi-
cace la sua azione sulle menti e sui cuori dei giovani.
A conservare e rinvigorire questo spirito nelle buone Figlie
di D. Bosco dev'essere principalmente diretta l'opera vostra so-
lerte e sagace: questo infatti è il fine precipuo che ha mosso il S.
Padre a nominare il Rettor Maggiore dei Salesiani Delegato Apo-
stolico per l'Istituto delle Figlie di Maria Ausiliatrice; e questo
ha da essere pure il vostro santo proposito di figli affezionati che
vogliono conservare intatto l'inestimabile patrimonio morale ere-
ditato dal Padre.
5. Estensione di questo campo.
Quanto mai estesi poi sono i confini di questo campo, nel
quale siete chiamati ad esercitare il vostro zelo paterno di saggi
consiglieri; e il Decreto stesso ora citato stabilisce con parole as-
sai comprensive la materia intorno a cui dovrà aggirarsi l'azione del
Delegato Apostolico e dei suoi legittimi collaboratori, dicendo che
bisogna prendersi a cuore il progresso spirituale, morale e scienti-
fico dell'Istituto, e salvaguardarne gl'interessi economici con vigi-
lante assistenza. Come vedete, salva la responsabilità amministra-
tiva, e salva anche la responsabilità disciplinare strettamente giu-
ridica, tutto il resto che concorre a mantenere e ad accrescere la
vitalità religiosa e sociale dell'Istituto, è affidato alla nostra pa-
terna vigilanza; còmpito certamente arduo, per il fatto stesso che
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42.7 Page 417

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questa vigilanza nella sua esplicazione ed applicazione dev'essere
sempre e solo paterna.
Quanto al progresso spirituale, la vostra perspicacia non ha
certo bisogno ch'io accenni ch'esso non si limita solamente a quel
che riguarda l'attività spirituale interna di ogni singolo membro,
ma si estende alla formazione religiosa dei membri stessi in armo-
nia con le Costituzioni professate nell'Istituto, e sopratutto con
lo spirito e col fine che Don Bosco si propose, e di cui ho testè
parlato. Si estende inoltre all'istruzione e coltura religiosa e cate-
chistica, che deve prendere sempre maggiore incremento tra le
buone Figlie di Maria Ausiliatrice, affinchè il loro Istituto cor-
risponda meglio allo scopo per cui D. Bosco lo fondò, e la loro
azione tra le fanciulle del popolo sia ognor più efficace. Si estende
infine all'istruzione religiosa che l'Istituto stesso è chiamato a im-
partire alle giovanette affidate dalla Divina Provvidenza alle cure
delle buone Suore.
Già in questo solo si potrebbe esplicare un'attività così vasta
ed intensa, da assorbire gran parte delle vostre energie. Non oc-
corre però ch'io vi dica che questa vostra attività dev'essere sapien-
temente moderata, trattandosi di un'attività direttiva, quale si ad-
dice ad un saggio e paterno consigliere. Sia pertanto vostra cura
illuminare opportunamente le Superiore su quanto concerne la vita
religiosa, e con appropriate conferenze, fatte di rado e sopra-
tutto in occasione delle vostre visite alle Case delle Figlie di Maria
Ausiliatrice, richiamare alla mente delle buone Suore l'osservanza
esatta e fervorosa delle Costituzioni, che costituiscono come il
loro Vangelo, e in particolare l'esercizio costante di quelle virtù
che le Costituzioni medesime inculcano con tanta insistenza. Nello
stesso tempo informatevi se le varie Case a cui si estende la vostra
paterna vigilanza, abbiano un Cappellano fisso per la celebrazione
della S. Messa e per le altre funzioni religiose, e se tale incarico
gli sia stato affidato dalla legittima autorità : di qui infatti si può
giudicare delle garanzie morali ch'egli offre, cosa di cui certo non
potete disinteressarvi. Se mai qualche Casa fosse priva di questo
aiuto, che tanto giova alla regolarità della vita religiosa, non ri-
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42.8 Page 418

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sparmiate le vostre premure per procurarglielo, preferendo, ogni
volta che sia possibile, un buon Confratello Salesiano, che an-
ch'egli però dovrà essere debitamente autorizzato.
Similmente usate ogni diligenza nell'informarvi se tanto le
Suore quanto le giovanette affidate alle loro cure abbiano como-
dità di ascoltare la parola di Dio, esposta in modo adatto a loro, e
d'istruirsi sempre meglio nella religione; e questo particolarmente
in quegl'lstituti in cui le giovanette debbono frequentare le scuole
pubbliche, o andar a lavorare in fabbriche invase da elementi gua-
sti o malsani. Essendo l'istruzione religiosa, come già dissi, il perno
intorno a cui deve aggirarsi tutta l'azione salesiana, se trovate in
ciò qualche deficienza, procurate di prestare con tutta carità e zelo
il vostro intelligente aiuto per rimediare e migliorare le cose,
valendovi anche qui , sempre che sia possibile, di Confratelli nostri
pii e prudenti.
6. L'imitazione di D. Bosco e di Madre Mazzarello.
Il progresso morale del nostro caro Istituto è un altro punto
della massima importanza, a cui siete chiamati a rivolgere cure
solerti e instancabili. Il fondamento su cui deve poggiare tutta
questa attività, è una buona coscienza, retta, sicura, delicata; e
saranno benedette da Dio le fatiche da voi spese, anche con qualche
sacrifìzio, per dirigere saggiamente le buone Figlie di Maria Ausi-
liatrice che ricorrono all'opera vostra. Altro elemento indispen-
sabile per promuovere questo progresso morale colle vostre pa-
terne industrie, è la formazione del carattere delle buone Suore, che
deve modellarsi sui mirabili esempi del nostro Ven. Padre D. Bosco
e della Madre Mazzarello.
Qui la materia mi condurrebbe a ripetervi qualche concetto
già espresso più sopra, accennando alla necessità che anche l'Isti-
tuto delle Figlie di Maria Ausiliatrice sia informato allo spirito di
D. Bosco, poichè è lo spirito del Padre che deve plasmare il carat-
tere dei figliuoli. Come pertanto non mi stanco io dal ripetervi
questo punto essenziale della nostra vita e personalità salesiana,
416

42.9 Page 419

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cosl non avete a stancarvi voi di ripeterlo anche alle buone Suore
nelle vostre conferenze, per incitarle a ricopiare sempre meglio D .
Bosco in se stesse, cosicchè non solo il loro interno, ma anche il
portamento esterno, gli atteggiamenti, le parole, rispecchino sempre
il delicato sentire, il riserbo amabile e pieno di naturalezza del
nostro Ven. Padre.
Man mano che questi concetti s'imprimeranno più profonda-
mente nell'anima e nel cuore di ogni Figlia di Maria Ausiliatrice,
il vero progresso morale dell'Istituto sarà sempre meglio assicurato;
e si manifesterà chiaramente nell'attività instancabile, umile e di-
sinteressata a pro delle fanciulle del popolo, nell'amore alla povertà
e nello spirito di sacri.6.zio, che si vedranno fiorire in tutte le
Comunità delle buone Suore.
Con questo progresso morale, che voi dovete attivare nell'Isti-
tuto, hanno pure non poca attinenza i rapporti di esso con le
Autorità ecclesiastiche, civili e scolastiche, nonchè con altri Isti-
tuti, Enti, o persone estranee. Il nostro Venerabile Padre ci ha
lasciato esempi luminosi della prudenza e delicatezza che debbono
evidentemente presiedere a tali rapporti; e voi non mancherete di
prestare avvedutamente il vostro appoggio, i vostri consigli, l'aiuto
della vostra influenza, aflinchè il nome e l'opera di D. Bosco siano
debitamente apprezzati anche nella persona delle sue buone
figliuole .
7. Per il progresso scientifico.
Al progresso spirituale e morale deve poi necessariamente andar
congiunto quello scientifico. Poichè l'Istituto delle Figlie di Maria
Ausiliatrice, al pari della nostra Pia Società, ha per fine precipuo,
dopo la santificazione dei suoi membri, l'educazione e l'istruzione
della gioventù, è chiaro che lo studio assiduo e ordinato e il culto
della sua scienza è anche per le Suore di importanza essenziale.
Esso si deve far procedere in buona armonia col progresso spiri-
tuale, cosicchè nessuno dei due sia di detrimento all'altro, ma anzi
abbiano ad aiutarsi e integrarsi a vicenda. Bisogna evitare che una
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27

42.10 Page 420

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spiritualità troppo spinta, e non conforme all'indole pratica e
attiva dell'Istituto, faccia trascurare lo studio; e nel tempo stesso
far sì che la pietà non venga dal troppo studio inaridita. Alla con-
servazione di questo giusto equilibrio vi prego, miei buoni Ispet-
tori, di rivolgere le vostre intelligenti e amorose cure.
Intanto con la vostra parola prudente incoraggiate le Supe-
riore a indirizzare agli studi quelle buone figliuole che all'atti-
tudine e capacità intellettuale uniscono sano criterio, serietà di
giudizio, e sopratutto docilità di carattere; tenendo conto per
altro che la formazione scientifica di esse non abbia menomamente
a pregiudicarne la formazione religiosa. Ond'è che dalle Suore
dedite agli studi si ha da esigere un'istruzione religiosa più soda e
profonda, una pietà più sentita, e un maggior attaccamento alla
S. Sede Apostolica, a imitazione di D. Bosco, perchè è là che splende
il faro luminoso che irradia anche il sano progresso della scienza.
Alle premure per la buona formazione scientifica delle Suore che
se ne mostrano capaci e degne, vogliate aggiungere uno speciale
interessamento affìnchè le scuole tenute dalle Figlie di Maria Ausi-
liatrice, di qualunque grado siano, non abbiano ad essere seconde
a nessun'altra; e qui è aperto alla vostra esperienza ed accortezza un
campo vastissimo e assai fecondo di bene. Tutta poi l'attività
scientifica, tutto il progresso e miglioramento dell'Istituto in que-
sto campo, siano dalla vostra saggia vigilanza mantenuti in armo-
nia col sistema pedagogico del nostro Ven. Padre: giacchè è sopra
questa base che dobbiamo appoggiare ogni nostra istituzione, è
sopra questo fondamento incrollabile che dobbiamo inalzare il
grande edificio dell'educazione salesiana, di tanti beni apporta-
trice al mondo.
8. Per l'amministrazione ed economia.
Anche quanto alla parte amministrativa ed economica, voi po-
trete, secondo lo spirito del citato Decreto, dar molto aiuto alle
buone Suore, specialmente ai nostri giorni, in cui, per il sovverti-
mento di ogni cosa, e sopratutto dell'ordine economico e aromi-
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43 Pages 421-430

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43.1 Page 421

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nistrativo, anche i più esperti in materie così vitali per un Istituto
si trovano spesso di fronte a serie e gravi difficoltà nelle contrat-
tazioni, negli acquisti, nelle pratiche per la sicura ed utile con-
servazione dei capitali e delle proprietà immobiliari, nel trapasso
dei diritti reali, e simili. Generalmente in questa materia le reli-
giose sono meno competenti ed esperte che in qualsiasi altra, sia
perch'essa esige tante cognizioni e attitudini particolari, che nor-
malmente sono in contrasto con la loro indole e con le loro incli-
nazioni, sia anche per la difficoltà che ordinariamente v'incontrano
a motivo della loro stessa condizione.
Perciò, ogni volta che potete, vogliate prestare il vostro gene-
roso concorso alle buone Superiore che hanno la responsabilità di
questa partita, consigliandole e guidandole opportunamente. Pro-
curate sopratutto di salvaguardare i loro interessi anche materiali,
quando foste consultati o pregati d'interessarvi circa le proposte
di nuove fondazioni, di nuove costruzioni da farsi nei loro Isti-
tuti, o di compre-vendite di qualche importanza. Tutelate con pru-
dente accortezza le loro proprietà, specialmente vigilando sulla si-
cura garanzia nell'utile investimento dei capitali di cui dispon-
gono, e nella retta conservazione delle doti, di cui il Decreto fa
espressa menzione. Anche qui avrete talvolta da fare qualche sa-
crifìzio per proteggere gl'interessi delle buone Figlie di Maria
Ausiliatrice presso le diverse Autorità con cui possono avere dei
rapporti; ma io son certo che lo farete volentieri.
Ed ora, per rendere più pratiche le brevi considerazioni che vi
ho esposto per aiutarvi nell'applicazione del Decreto Apostolico
citato, aggiungerò alcune norme pratiche, desumendole in massima
parte dalle Deliberazioni dei nostri primi Capitoli Generali.
9. Norme pratiche.
1. Ogni Ispettore, quale suddelegato del Rettor Maggiore della
nostra Pia Società, che è pure Delegato Apostolico dell'Istituto
delle Figlie di Maria Ausiliatrice, ha sotto la sua cura e vigilanza
paterna le Comunità di Suore comprese nei limiti della sua Ispet-
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43.2 Page 422

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toria, o a lui particolarmente affidate, notando però che tale delega-
zione non gli conferisce sulle Comunità suddette una giurisdi-
zione propriamente detta, giacchè questa spetta interamente agli
Ordinarii, a norma del nuovo Codice di Diritto Canonico. È neces-
sario quindi che all'occorrenza l'Ispettore ottenga le debite facoltà
dal Vescovo Diocesano.
2. Procuri l'Ispettore di acquistare esatta conoscenza delle
Costituzioni, deliberazioni Capitolari e delle norme disciplinari e
regolamentari dell'Istituto delle Figlie di Maria Ausiliatrice, per
mettersi in grado di contribuire coll'esortazione e col consiglio al-
l'esatta osservanza di esse.
3. Se nell'Ispettoria vi è la casa di noviziato, invigili che vi si
osservino le prescrizioni per la regolare ammissione al noviziato e
alla professione religiosa, a norma dei Ss. Canoni e delle Costi-
tuzioni dell'Istituto.
4. Vegli affinchè le Suore siano religiosamente e conveniente-
mente istruite secondo il proprio stato e le esigenze dell'ufficio a cui
saranno destinate.
5. In occasione della sua visita alle Case, ascolti le Suore che
desiderano parlargli: ciò può essere utile per il buon indirizzo delle
anime, e offrirgli l'opportunità di consigliare, con cognizione di
causa, quello che giudica vantaggioso a ciascuna Suora in parti-
colare, e alla Casa in generale.
6. Vegli inoltre perchè siano debitamente osservate le pre-
scrizioni ecclesiastiche per quanto riguarda le confessioni, l'aper-
tura di coscienza e la santa Comunione. Aiuti poi l'Ispettrice e
le Direttrici a provvedere convenientemente per gli Esercizi spi-
rituali .
7. Visiti almeno una volta ogni due anni le singole Case, inte-
ressandosi paternamente di quanto può giovare al loro bene spiri-
tuale, morale, scientifico e materiale, in conformità dei criteri sopra
esposti.
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43.3 Page 423

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8. Infine tenga presenti nel disimpegno del suo ufficio le se-
guenti norme:
a) Si comporti veramente da padre, secondo lo spirito e
l'esempio di D. Bosco, evitando egualmente la famigliarità e il
soverchio rigore.
b) Si mantenga in buona relazione coll'Ispettrice e colle altre
Superiore, aiutandole e consigliandole prudentemente nel loro uf-
ficio, affinchè non venga menomata la loro autorità.
e) Dia benigno ascolto a quanto gli riferiscono le Suore; e,
pur non lasciandosi mai sfuggire una parola che suoni disistima
per alcuna, specialmente se Direttrice, tenga però conto di tutto
quello che può giovargli per la loro direzione. Si astenga nelle con-
ferenze dal far allusione a qualche difetto individuale; nelle con-
versazioni ordinarie coi confratelli eviti di parlar delle Suore, e
tanto meno quindi ne parli con estranei. Di esse tratterà solo con
chi di ragione.
d) Faccia in modo che le Suore sappiano ch'egli mantiene il
segreto, che desidera il loro bene, e che a tempo e secondo giu-
stizia ne prende le difese. Non riferisca mai in una Casa quel
che può aver trovato di men lodevole in un'altra.
e) Promuova in ogni maniera lo spirito dell'Istituto, che è
spirito di sacrifizio, di pietà, di santa giovialità, salva sempre la
virtù e la perfezione religiosa.
Per vostra comodità riporto sotto in Appendice le Norme
date dalle nostre Deliberazioni per i rapporti colle Suore che pre-
stano l'opera loro nei nostri Istituti; norme che sono da confor-
mare allo spirito del citato Decreto. Intanto io nutro fiducia che,
con l'aiuto di Dio e della nostra potente Ausiliatrice, noi riu-
sciremo, seguendo i criterii tracciati nella presente lettera, a dare
un nuovo impulso di bene al caro Istituto delle nostre buone Suore,
in conformità all'idea che ne ebbe il nostro Ven. Padre. Voi, che
mi siete sempre stati larghi del vostro concorso nel governo della
Pia Società, vorrete certo essermi di valido aiuto anche in que-
st'opera importantissima; e poichè ogni due o tre anni devo fare
una relazione alla S. Sede sull'andamento di questo benemerito Isti-
421

43.4 Page 424

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tuto, vi prego d'inviarmi almeno ogni due anni un rendiconto
su ciascuna delle Case soggette alla vostra paterna vigilanza: ren-
diconto che dev'essere compilato in base ai varii punti qui esposti.
Mentre vi auguro la sovrabbondanza dei beni celesti, e l'as-
sistenza del nostro buon Padre D. Bosco nel disimpegno del vo-
stro importante ufficio, mi raccomando alle vostre fraterne pre-
ghiere.
Vostro aff.mo in C. J
Sac. PAOLO ALBERA .
APPENDICE
(Dalle Deliberazioni dei 6 primi Capitoli Generali della P . S. S. )
183. Negl'Istituti ove le Suore di Maria Ausiliatrice prestano
l'opera loro, la loro abitazione sia intieramente separata da quella
dei Salesiani, di modo che niuno possa nè entrare nè uscire,
se non per la porta della loro Casa che mette all'esterno.
184. Solo mezzo di comunicazione sia la cosidetta Ruota , tanto
per commestibili, quanto per abiti, biancheria, arredi sacri, e simili.
185. Il dormitorio e l'infermeria sono luoghi rigorosamente
riservati. Se per ragionevole motivo deve entrarvi il Direttore, sia
esso accompagnato da una Superiora, e l'uscio non sia mai chiuso
a chiave.
186. È stabilito un parlatorio, dove al bisogno la Direttrice può
conferire col Direttore e con le persone esterne. Questo però senza
grave necessità non deve mai avvenire di notte, nè mai coll'uscio
chiuso a chiave.
187. Dove l'abitazione non è ancora a norma dell'articolo pri-
mo, niuno degli interni potrà inoltrarsi nella parte destinata alle
Suore, senza licenza del Direttore, nè fermarsi a parlar con alcuna
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43.5 Page 425

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di esse, senza il permesso e la conveniente assistenza della Diret-
trice o di chi ne fa le veci. Parimenti, occorrendo ad alcuna Suora
di dover parlare col Direttore o con altra persona da lui delegata,
dovrà prima render avvertita la Direttrice.
188. Questi colloqui siano brevi, ed improntati di gravità, pru-
denza e carità. Si eviti ogni famigliarità nelle parole e nel tratto.
189. Il Direttore vegli attentamente nella scelta e nel modo
di portarsi delle persone che hanno qualche incarico relativamente
alle Suore, come sarebbe per la cucina, biancheria, ecc.
190. Le Suore avranno una Cappella propria per le pratiche di
pietà. Dove ciò non potesse farsi, assisteranno, per mezzo di appo-
sito coretto, alle sacre funzioni nella Chiesa della comunità.
191. Per la predicazione, confessione, ecc., si osserverà quanto
è stabilito dai Sacri Canoni e dalle Regole loro particolari.
192. Le confessioni non si ascolteranno mai di notte. Avve-
nendone la necessità, si osserveranno le ecclesiastiche prescrizioni.
423

43.6 Page 426

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XL
Don Bosco modello del Sacerdote Salesiano
l. Motivi di questa lettera. - 2. Il prete salesiano dev'essere un altro D.
Bosco. - 3. L'eccelsa dignità sacerdotale. - 4. Sempre prete in ogni
istante! - 5. Dobbiamo studiare continuamente. - 6. I vari fini
dello studio. - 7. Il nostro studio principale. - 8. Approfondire lo
studio della teologia. - 9. Storia e liturgia. - 10. Per dare un'impronta
propria alle nostre scuole. 11. Lettura di giornali e libri di proprio uso.
- 12. Per la nostra vita morale e religiosa. - 13. ... Verso una perfezione
sempre più alta. - 14. Costituzioni e tradizione salesiana. - 15. Come
dev'essere la nostra orazione. - 16. Metodo per far bene l'orazione.
- 17. La recita dell'Ufficio Divino. - 18. La celebrazione della S. Messa.
- 19. Durante e dopo la S. Messa. - 20. Il Sacramento della Confes-
sione. - 21. Perchè la Confessione frequente è poco fruttuosa. -
22. Il giorno della Confessione. - 23. Necessità della direzione spiri-
tuale. - 24. Il còmpito del direttore spirituale. - 25. L'esame quoti-
diano è indispensabile. - 26. ... Soprattutto l'esame particolare.
27. Le nostre divozioni. - 28.... Per l'esercizio delle virtù. - 29. Lo
spirito di mortificazione. - 30. Santifichiamoci!
Carissimi Confratelli Sacerdoti,
Torino, 19 marzo 1921.
1. Mentre scrivevo l'ultima mia lettera sulla necessità e sul
modo di praticare gli ammaestramenti e d'imitare gli esempi
del nostro Ven. Padre, per farlo rivivere in noi con l'esercizio
delle virtù religiose e con la continuazione del suo provvidenziale
apostolato in mezzo alla gioventù, sentii vivo il desiderio d'indiriz-
zarne una in particolare a voi, carissimi Confratelli sacerdoti, per-
chè solo il prete salesiano, a motivo del carattere sacerdotale di cui
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43.7 Page 427

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è stato al par di lui insignito, può più perfettamente imitarlo.
Sono invero molte, gravi ed affatto speciali le obbligazioni e respon-
sabilità del nostro sacro ministero sulle quali pare al Superiore di
dover richiamare l'attenzione dei suoi cari sacerdoti ; ma siccome
son cose che non interessano direttamente gli altri Confratelli,
chierici e coadiutori, cosi scrivendo a tutti è obbligato a omet-
tere tanti particolari che pure hanno grande importanza nella for-
mazione del vero prete salesiano.
Per ovviare in qualche modo a questo inconveniente, Don
Bosco, nei primi tempi dell'opera sua, riusciva, pur in mezzo alle
altre sue numerose occupazioni, a scrivere di quando in quando
a ciascuno de' suoi figli in particolare preziose norme, incoraggia-
menti e ammonizioni, che ancor oggi sono per noi testimonianza
eloquente del suo ardente amor di Dio e del suo zelo per la sal-
vezza delle anime. lo, come ben comprendete, non posso scrivere a
ciascuno di voi in particolare; perciò scrivo a tutti insieme ; ma
ognuno di voi tenga questa mia come scritta proprio a lui solo,
chè tale è la mia intenzione.
2. Il prete salesiano dev'essere un altro D. Bosco.
Quanti entrano a far parte della nostra Pia Società, assu-
mono con ciò stesso l'obbligo di vivere secondo lo spirito, gli esem-
i:,i e gli ammaestramenti del suo Ven. Fondatore. Però questo do-
vere non obbliga tutti nella stessa misura: ai Superiori esso incom-
be più gravemente che ai semplici preti, e a questi più che ai chie-
rici e ai confratelli laici.
Quindi solo il prete salesiano può far rivivere in sè D. Bosco
in tutta la pienezza della sua personalità, perchè solo chi è prete
puo ricopiare integralmente un altro prete. Ma, ripeto, oltre all'a-
verne la possibilità, egli ne ha lo stretto dovere. Se i Ss. Padri
della Chiesa dicevano che il sacerdote dev'essere un altro Gesù
Cristo: Sacerdos alter Christus, non parmi di chieder troppo ripe-
tendo a ciascuno di voi: « Il sacerdote salesiano dev'essere in tutto
e sempre un altro Don Bosco! ».
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43.8 Page 428

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E aggiungo che per conseguire questo fine dobbiamo anzitutto
scolpirci bene in mente quello ch'era solito dire il nostro buon
Padre quando parlava dei sacerdoti: - Il prete è sempre prete, e
tale deve manifestarsi ad ogni istante!
3. L'eccelsa dignità sacerdotale.
Nel giorno memorando in cui il Vescovo ci ha imposto le
mani per infonderci le benedizioni dello Spirito Santo e la grazia
del sacerdozio, il segno sensibile s'è arrestato alla nostra carne,
ma la virtù del Sacramento è scesa a pervadere e penetrare pro-
fondamente tutte le fibre del nostro essere, e ha fatto di ciascuno
di noi un altro uomo, stampando nell'anima nostra un segno mi-
sterioso, al quale saremo eternamente riconosciuti.
Il carattere sacerdotale, lo sappiamo, non è solo una cosa santa e
salutare, ma è tenace, incancellabile, perpetuo incorruttibile,
come il nostro spirito nel quale è impresso: esso persisterà in noi
fin nella vita futura, ad onore eterno di chi avrà vissuto in con-
formità di esso, ad eterno disonore di chi si sarà reso infedele
alla sua vocazione: Tu es sacerdos in aeternum.
Questo carattere indelebile ci dà il diritto di trattare e maneg-
giare le cose sante, di tenere tra le mani la Vittima divina e di
offrirla all'Eterno Padre; e insieme ci conferisce il potere di giu-
dicare e purificare le anime.
« E poichè Dio - come si esprime il Monsabré - non lar-
gisce mai un potere alla sua creatura, senza fornirle il mezzo di
usarne come · conviene, e per altra parte un potere sacro non
può venir eserciuto regolarmente e convenientemente che da un'a-
nima santificata, Dio compl la consacrazione sacerdotale colla
grazia. In quest'ordine di cose una bontà comune non potrebbe
bastare al sacerdote: gli occorre l'eccellenza. Elevato dalla sua di-
gnità al di sopra del popolo, il sacerdote dev'essergli superiore
anche nel merito della santità; santità che dev'essere tanto più
alta in quanto .:he per lui non si tratta solo, come per gli altri
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43.9 Page 429

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cristiani, di prendere degnamente un posto nella famiglia di Cristo,
ma di adempiervi il maggior ufficio che si possa concepire... ».
Ora il nostro Venerabile Padre, con quel suo detto: « il prete
è sempre prete, e tale deve manifestarsi ad ogni istante », voleva
innanzi tutto che i suoi figliuoli sacerdoti comprendessero bene la
grandezza e sublimità del loro carattere, dei loro uffici, del loro
potere; perchè, quanto più si conosce e si stima la dignità di
cui s'è rivestiti, tanto maggior diligenza si metterà a conservarne
integro e puro lo splendore. Credetemi, o miei cari, la prima cosa
che dobbiamo fare per tradurre in realtà il detto del nostro Fon-
datore, si è di renderci famigliare, e sto per dire quotidiana, la
meditazione dell'eccelsa dignità sacerdotale, non già per insuper-
birne, ma per averne incitamento a comportarci in modo degno di
essa. Ripetiamo con frequenza a noi stessi le belle parole di San-
t'Efrem: « Quale ineffabile potenza, quale profondità nel formi-
dabile e maraviglioso sacerdozio della nuova legge! - O potestas
ineffabilis! O quam magnam in se continet profunditatem for-
midabile et admirabile sacerdotium! ».
4. Sempre prete in ogni istante!
Quest'assidua considerazione avrà la virtù di produrre un
po' per volta in noi, miei cari sacerdoti, quel profondo intimo con-
vincimento della nostra vera grandezza, che è sommamente neces-
sario sopratutto ai nostri giorni. È finita, grazie a Dio, la tre-
menda guerra europea, ma perdurano tuttora, e chissà fino a
quando, gl'innumerevoli suoi effetti deleterii. Tra questi primeggia
lo sconvolgimento di non pochi dei principii che devono reggere
l'umana società. Non si vuol più riconoscere autorità di sorta, nè
divina nè umana, non più diritti, non più dignità nè gradi: si
pretende ridurre tutti ad uno stesso livello materiale e morale;
anzi, di valori morali non si parla più affatto, ma solo della mate-
ria, della sordida materia! Tutta l'atmosfera che si respira è cosi
pregna di siffatte perniciose aberrazioni, che anche i buoni possono
alla fine esserne inquinati, conformando ad esse la propria condotta,
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43.10 Page 430

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o cercando di scusare o giustificare con esse le defezioni da quei
principii cristiani che dovrebbero essere loro norma di vita.
Nella nostra Pia Società, grazie a Dio e alla visibile assistenza
del Ven. Padre, v'è una cura particolare per guardarsi da simili con-
taminazioni; tuttavia il pericolo si fa ognor più minaccioso, e
potrebbe quando che sia far capolino anche fra noi. Per questo,
miei cari, ho detto che ai nostri giorni ci è necessaria più che
mai una profonda convinzione dell'eccellenza del sacerdozio, affìn-
chè possiamo conservarci preti, sempre preti in ogni istante, come
fu D. Bosco, come fu il venerando D. Rua, come furono tanti
altri nostri confratelli, che già ci precedettero nella patria beata
Ma questo non è, per cosi dire, che lo sfondo del quadro, la
condizione preliminare per l'imitazione perfetta del nostro modello;
noi non dobbiamo quindi limitarci a questo, ma darci anche ad
uno studio assiduo e amoroso dei lineamenti morali che abbiamo
da riprodurre in noi. Un aiuto e una guida in tale studio già mi
sono sforzato di dare a tutti indistintamente i carissimi Confra-
telli con la mia ultima lettera, nella quale D. Bosco viene additato
come modello nell'acquisto della perfezione religiosa, nell'educare
e santificare la gioventù, nel trattare col prossimo, nel far del bene
a tutti. Gioverà pertanto che la rileggiate con attenzione. Qui ag-
giungo, quasi a complemento di essa, le cose che riguardano parti-
colarmente la vita e perfezione sacerdotale; e per non dilungarmi
troppo, lascio a ciascuno di voi, o carissimi, di farne il raffronto
con la vita del nostro Ven. Padre, la quale vorrei che fosse il vostro
libro prediletto.
5. Dobbiamo studiare continuamente.
Labia sacerdotis custodient scientiam, et legem requirent
ex ore sius. Con queste parole il profeta Malachia ( 2, 7) ci ammo-
nisce che una delle qualità del sacerdote è la scienza. Ora, se questo
è vero per tutti i sacerdoti in generale, lo è in modo particolare
per quelli che, come noi, si consacrano all'educazione e all'istru-
zione della gioventù. E poichè la scienza non si acquista senza lo
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44 Pages 431-440

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44.1 Page 431

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studio, ne segue che dobbiamo studiare. Sl, o miei cari, dobbiamo
studiare, affìnchè non si compia su di noi il terribile vaticinio di
Osea ( 4, 6): Quia tu scientiam repulisti, repellam te, ne sacerdotio
fungaris mihi: poichè tu hai rigettato la scienza, io ti rigetterò dal
mio sacerdozio.
Dobbiamo studiare anche se fossimo dotati d'ingegno forte ed
eletto: l'ingegno è una gemma preziosa, ma greggia, che abbi-
sogna d'essere ripulita e lavorata perchè dia splendore: è il ta-
lento di cui parla il Vangelo, e che bisogna far fruttare. Di più vi
sono molte cose a cui nessun ingegno, per quanto acuto, può senza
studi arrivare.
Lo studio è necessario dal punto di vista morale e sopran-
naturale, per considerare la nostra pietà e avvalorare il nostro
apostolato in mezzo ai giovani; e dal punto di vista intellettuale per
non lasciar intorpidire nell'inerzia le nostre facoltà, per comple-
tare, secondo le esigenze dei tempi, la prima formazione intel-
lettuale che abbiamo ricevuto nella scuola, ed anche per tenerci al
sicuro dai tradimenti della memoria, e custodire intatto il tesoro
delle cognizioni già acquistate.
Allo studio dobbiamo attendere con serietà, fermo volere e
costanza, procurando di assegnargli un posto fisso nel nostro orario
giornaliero, secondo la possibilità e le esigenze del proprio ufficio,
e non solamente il tempo in cui non sapessimo che cosa fare.
Poco o molto, conviene studiare ogni giorno, perchè uno studio
fatto in modo saltuario non raggiunge il suo intento, e a poco
a poco si finisce per abbandonarlo del tutto.
Studiamo con diligenza, senza torpore nè mollezza, senza pre-
cipitazione, con la pazienza di andar a fondo delle cose per cavarne
tutto quello che può giovare alla nostra vita salesiana e al nostro
apostolato; completando in pari tempo lo studio teorico con quello
pratico sul gran libro della vita, con l'attesa osservazione dei fatti
spirituali e morali che avvengono in noi stessi e negli altri. Come
fa pena il vedere talvolta qualche giovane sacerdote che sciupa
il suo tempo libero girando qua e là, chiacchierando, divagan-
dosi in mille cose vane, o leggendo libri e giornali di nessuna
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44.2 Page 432

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utilità - se pur non cattivi
imparare!
quasi non avesse più nulla da
6. I vari fini dello studio.
Bisogna però anche evitare l'eccesso opposto: di appassionarci
per lo studio a tal segno che ne venga detrimento alla nostra vita
interiore e agli altri doveri del nostro ministero. Ricordiamoci,
o carissimi, che il Signore medesimo volle che i suoi ministri fossero
sale della terra avanti di esserne la luce: Vos estis sal terrae...
vos estis lux mundi (Matth., V, 13-14); - sappiamo dunque mo-
derare la nostra attività, la curiosità dello spirito, la sete della
scienza, per conservare sempre il raccoglimento necessario all'u-
nione con Dio; e non lasciamoci mai indurre ad abbreviare o a
tralasciare, per la passione dello studio, le nostre pratiche di pietà.
Teniamo presente quel che dice il gran Dottore San Bernardo
circa i varii fini che uno può prefiggersi nello studio: « Sunt nam-
que qui scire volunt ut sciantur ipsi, et turpis vanitas est. Sunt
qui scire volunt, ut scientiam suam vendant, scilicet pro pecunia,
pro honoribus, et turpis quaestus est. Sunt quoque qui scire volunt
ut aedificent, et caritas est; et item qui scire volunt ut aedifi-
centur, et prudentia est: horum hominum soli ultimi non inve-
niuntur in abusione scientiae, quippe qui ad hoc volunt intel-
ligere ut bene faciant!
Santifichiamo noi pure il tempo dello studio e rendiamolo me-
ritorio per il Cielo, proponendoci a fine supremo di esso non la
vanità, non la semplice soddisfazione del naturale desiderio di
sapere, ma la nostra propria edificazione, la salvezza delle anime
e la gloria di Dio; e invocando sovente il divino aiuto, non solo
al principio, ma anche nel corso dello studio.
7. Il nostro studio principale.
Questo nostro studio inoltre va fatto con programma, e
con metodo, secondo un piano prestabilito e ben circoscritto, nel
quale sia assegnato a ciascuna materia il posto che per la sua im-
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44.3 Page 433

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portanza e dignità le compete. Tale programma noi lo troviamo
sufficientemente determinato nelle nostre Costituzioni, al Capo
XII, dove si tratta « Dello Studio »; ad esso dobbiamo attenerci
scrupolosamente nei nostri studi, se vogliamo veramente corri-
spondere ai desideri del nostro Ven. Padre.
Lo studio della Sacra Bibbia, il liber sacerdotalis per eccel-
lenza, deve avere la precedenza su tutti gli altri, perchè, al dire del-
1'Apostolo, essa è utile a insegnare, a convincere, a correggere,
a formare alla giustizia. Omnis scriptura divinitus inspirata utilis
est ad docendum, ad arguendum, ad corripiendum, ad erudien-
dum in iustitia (II Tim ., 3, 16).
I Santi Padri s1 formarono sulla Sacra Bibbia; e sempre i grandi
fondatori di Ordini religiosi diedero per regola ai loro seguaci di
leggerne ogni giorno qualche tratto. Questo è raccomandato anche
a noi da D. Bosco, che ce ne ha fatto una precisa prescrizione
nelle Costituzioni, dove leggiamo che i sacerdoti, e tutti i soci
che aspirano allo stato chiericale, devono dirigere, con tutto im-
pegno, il loro studio principale alla Sacra Bibbia ( art. 1O1-102).
Siano dunque i santi libri nostro pascolo quotidiano: leggia-
moli non come farebbe un curioso, un semplice letterato od un
semplice storico, ma con profondo rispetto religioso, in forma di
meditazione affettiva più che per semplice studio, sforzandoci di
penetrare bene quelle espressioni cosl luminose e profonde, e
magari imparando a memoria quei versetti che meglio ci possono
servire nelle meditazioni e nell'esercizio del ministero. Noi fortu-
nati se potessimo formarci un linguaggio tutto scritturale! Allora
non saremmo più noi a parlare, ma per mezzo nostro parlerebbe lo
Spirito Santo, il quale opera quello che dice: ipse dixit, et /acta
sunt ( Ps. 32, 9), e la cui parola è luce, vita, medicina, ed ha
un'efficacia tutta particolare sulle menti e sui cuori.
Una raccomandazione mi sta grandemente a cuore riguardo a
questo ramo di studio: cioè, che nelle gravi controversie bibliche
sollevate ai nostri giorni, specie nel campo della critica letteraria
e storica dei testi ispirati, stiate bene in guardia contro le ten-
denze razionalistiche del pensiero contemporaneo, serbando in-
431

44.4 Page 434

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tatta la vostra fede nell'autorità divina delle S. Scritture, e non ab-
bandonando alcuno dei punti ammessi dagli esegeti cattolici. Se
in questo non volete sbagliarvi mai non avete che da far sempre
vostre le sentenze e le decisioni della Chiesa, unica maestra infal-
libile.
Non perdiamoci vanamente nelle questioni esteriori di storia e
di critica, ma fissiamo bene l'oggetto generale e il piano di ogni
libro, l'idea madre e il pensiero dominante d'ogni capo, e mettiamo
ogni autore nell'ambiente in cui visse; allora ci sarà facile gu-
stare questa manna discesa dal Cielo a ristorarci nel nostro pel-
legrinaggio verso la Patria.
8. Approfondire lo studio della teologia.
Allo studio amoroso della Sacra Bibbia deve andar congiunto
quello della Teologia Dogmatica, ai nostri giorni più che mai
necessario, non solo per conoscere a fondo le verità della fede, la
loro ragionevolezza, la loro necessità per il nostro vero bene tem-
porale ed eterno, ma anche per saperne render ragione ai contrad-
dicenti: ut potens sit exhortari in doctrina sana, et eos, qui con-
tradicunt, arguere ( Ad Tit., I, 9), e ciò in maniera adatta alla
condizione di ciascuno, sia dotto o ignorante, perchè: sapientibus
et insipientibus debitor sum (Ad Rom., I, 14 ), dice San Paolo; e
sopratutto per renderci più idonei a compiere efficacemente la no-
stra missione di educatori cristiani.
A questo fine infatti, secondo quanto prescrivono le nostre co-
stituzioni, dev'essere diretto lo studio della Teologia, non che di
quei libri e trattati, che parlano di proposito del modo d'istruire la
gioventù nella religione (art. 102). Non crediamo di saperne
abbastanza per aver riportato l'optime negli esami sui varii
trattati, o per aver conseguito con onore i gradi accademici.
Il dogma cattolico, più si studia e si penetra, più diventa fe-
condo di luce e di nuove meraviglie per le nostre menti. Ricor-
riamo poi a fonti sicure, non dimenticando che « il nostro maestro
sarà S. Tommaso, e altri autori che nelle istruzioni catechi-
432

44.5 Page 435

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stiche, e nella spiegazione della dottrina cattolica sono stimati
comunemente più celebri» (Costit.: Art. 103).
Lo studio poi della Teologia Morale, Pastorale, Ascetica e Mi-
stica, nonchè del Diritto Canonico secondo il nuovo Codice,
quanto necessita di venire ben approfondito! Siccome, al dire
del Ven. Cafasso, « la Teologia Morale, considerata nella sua ap-
plicazione, si può dire inesauribile ed infinita, come infiniti sono gli
aggiunti e le circostanze che possono modificare le singole azioni
ed il giudizio che se ne deve fare »; così il sacerdote ha da
studiarla per tutta la vita.
Altrettanto si deve dire della Teologia Pastorale, dell'Ascetica
e della Mistica, le quali, per certi rispetti, si possono dire com-
plemento e perfezione della Teologia Morale. Purtroppo questi
tre rami della Teologia non sono apprezzati da tutti conveniente-
mente, o per lo meno si considerano solo come retaggio di pochi
sacerdoti privilegiati. Errore questo, per il quale non pochi sacer-
doti, trascurando un tale studio, rimangono inetti a dirigere le
anime, e ad elevarle a quel grado di santità cui Dio le chiama.
Nella direzione delle anime conviene curare non solo il mi-
nimum dell'obbligazione, ma anche il maximum della perfezione
possibile; e questo vale altresì riguardo ai giovani affidati alle no-
stre cure. Noi dobbiamo mirare a farne dei santi, pur senz'averne
l'aria; ma non potremo riuscirvi se non conosciamo bene la teo-
logia ascetica e la mistica. Dicendo mistica non intendo rife-
rirmi ai fatti straordinari della vita soprannaturale, ma solo alla per-
fezione cristiana raggiunta con la preghiera vocale, meditativa, af-
fettiva e contemplativa, come insegna il nostro dolcissimo S. Fran-
cesco di Sales.
Procuriamo quindi, miei carissimi, di tenerci al corrente di
questa scienza, per preparare alle anime una via sicura e piana
al Cielo, iter tutum et planum, come appunto dice la Chiesa ri-
guardo al nostro Patrono; per provvedere ad ogni bisogno, per illu-
minare le intelligenze, per consolare i cuori, per trarre abbondante
profitto d'ogni dono anche soprannaturale delle anime, non la-
sciando che vadano frustrati i disegni di Dio sopra di esse.
433
28

44.6 Page 436

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Il nostro Ven. Padre possedeva a fondo questa scienza, ed
aveva anche il segreto d'instillarla ne' giovani cuori, senza nep-
pure farne il nome; e così ci diede un Domenico Savio, un Fran-
cesco Besucco, un Michele Magone, e tutta una falange di giovani
e confratelli santi. Ma questo segreto non si può insegnare a
parole: è un prezioso tesoro che si trova solo colla lettura assi-
dua, attenta e amorosa della vita di Lui, e fortunati quelli che
vi si dedicano! Quali meraviglie potranno operare nel campo
dell'educazione!
9. Storia e liturgia.
Non meno raccomandabile è lo studio della Storia sacra, eccle-
siastica e profana, che ci fornirà armi poderose per difendere la
religione contro gli attacchi degli avversari, i quali fanno spesso
della storia « una congiura contro la verità », secondo l'espressione
del De Maistre. Quanti sforzi han fatto e fanno tuttora i Pro-
testanti, i razionalisti e tutti gli altri nemici della Chiesa, per
negare, alterare, contraddire certi fatti storici sia dell'Antico, sia
del Nuovo Testamento, o riguardanti i Sommi Pontefici, dedu-
cendone conclusioni funeste alla fede!
Ora, se noi conosciamo bene la storia, potremo confutare fa-
cilmente questi errori e impedire che si diffondano in mezzo al
popolo. Così ha fatto pure il nostro Ven. Padre, che sempre si
adoperò a far conoscere al popolo le grandezze della Chiesa Catto-
lica e del Papa, e così dobbiamo fare anche noi.
Lo studio della S. Liturgia è anch'esso indispensabile. È que-
sto studio che più d'ogni altro concorre a nutrire lo spirito eccle-
siastico e sacerdotale, che infonde nell'animo amore e riverenza
per le sacre cerimonie e per le funzioni della Chiesa, che fa pene-
trare il senso intimo delle solennità che si susseguono nei varii
tempi dell'anno ecclesiastico, che, in una parola, ci fa vivere della
vita stessa della Chiesa, nostra madre. È questo studio che ci fa
ammirare l'alta sapienza della Chiesa nell'ordinamento liturgico
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44.7 Page 437

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delle feste e in tutte le sue prescrizioni anche le più piccole, che
riguardano le Rubriche, le S. Cerimonie o il Canto Sacro, che ci
rende accurati e diligenti nell'amministrare con edificazione i Ss.
Sacramenti, e nel compiere bene e con decoro il Divino Sacrifizio
ed ogni funzione .
Si legge che S. Teresa era disposta a dare la vita anche per il
più piccolo precetto ecclesiastico: e noi troveremo pesante con-
sacrare qualche tempo ad uno studio più accurato della S. Li-
turgia, delle prescrizioni, dei riti e delle cerimonie della Chiesa,
che il Concilio di Trento chiama venerande ed utili?
Rileggete con amore alcuni pensieri, che vi espressi sopra di
questo medesimo argomento nell'Appendice I alla mia lettera sulla
Vita di Fede, del 21 novembre 1912 . Là troverete alcune consi-
derazioni e norme pratiche, che mi lusingo abbiano sempre effi-
cacia di eccitarvi ognor più allo studio diligente e accurato di
quanto concerne la S. Liturgia.
Don Bosco anche negli ultimi suoi anni portava quasi sempre
con sè il libro delle Rubriche per la celebrazione della S.. Messa,
e lo andava rileggendo attentamente. Imitiamolo!
10. Per dare un'impronta propria alle nostre scuole.
A motivo della nostra condizione speciale di educatori dob-
biamo pure coltivare le scienze profane naturali. Quindi con la
lettura di qualche opera dei maestri del pensiero contemporaneo
e di qualche buona rivista cattolica seguiamo, con un sano criterio
e sapiente indirizzo, il movimento delle idee del nuovo tempo,
le scoperte fatte nel mondo delle scienze, la tattica attuale de' ne-
mici della Chiesa, le nuove forme che riveste l'errore, le obie-
zioni contemporanee contro le verità cristiane, e via dicendo.
Ma anche qui diamo la preferenza allo studio di quelle scienze,
che più direttamente concorrono a farci meglio raggiungere il fine
che D. Bosco ebbe nel fondare la Pia Società. Penetriamo quindi
con cura affettuosa il pensiero educativo del nostro Ven. Padre, e
procuriamo di approfondire le nostre cognizioni pedagogico-didat-
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44.8 Page 438

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tiche, ispirandole sempre ai concetti e alle direttive, che costitui-
scono la base del nostro sistema di educazione.
Inoltre coltiviamo con amore e con vivo interesse gli studi clas-
sici, specialmente di latinità, rimettendo in fiore i classici cristiani,
affinchè il loro pensiero penetri nelle giovani anime e serva di
contravveleno al pensiero dei classici pagani. Ricordiamo a questo
proposito quanti sacrifici abbia sostenuto D. Bosco per diffondere
le opere di questi grandi maestri nelle lettere e nella vita cri-
stiana. È così che si concorrerà più efficacemente a liberare ovun-
que la scuola dalle mene segrete dei nemici della Chiesa, a dar
un'impronta propria alle nostre scuole, che devono formare le
novelle generazioni atte a riformare il vivere civile, guastato da
tanti influssi malsani, ridonando dappertutto all'insegnamento la
vera libertà, unica tutrice delle scienze e delle lettere. Tanto più
poi ci deve stare a cuore lo studio di queste scienze in quanto gio-
vano assai a procurare buone vocazioni allo stato ecclesiastico e
allo stato religio5o.
Non crediamoci però lecito di leggere qualunque cosa solo per-
chè siamo preti : le prescrizioni positive sulla censura e sulla proi-
bizione dei libri, contenute nel Codice di Diritto Canonico ( Lib. ,
III Tit. 23, Can. 1384-1405), devono osservarsi diligentemente an-
che da noi: quindi senza permesso e senza grave necessità non
leggiamo alcun libro scritto dai nemici della Chiesa, neppur sotto
pretesto d'erudizione, o di esami da subire.
Che se taluno si trovasse eccezionalmente obbligato allo stu-
dio di qualche scritto pericoloso per la fede o per i costumi, ne
ottenga la debita licenza, e poi, prima di farne uso, si procuri una
profonda conoscenza della verità combattuta, e potendo ricorra
anche al consiglio e all'assistenza di qualche confratello o per-
sona che sia ben addentro nella materia di cui si tratta. Dio voglia
che la trascuranza di questa importantissima cautela non abbia già
reso debole la fede e rilassata la condotta di qualche povero con-
fratello!
Studiamo dunque, studiamo con ardore e perseveranza, miei
cari sacerdoti! Parecchi dei sacerdoti ordinati in questi ultimi anni
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44.9 Page 439

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non poterono frequentare la scuola regolarmente, o dovettero ab-
breviare il tempo, e quindi hanno un obbligo più pressante di com-
pletare convenientemente i loro studi ecclesiastici; ma anche gli
altri non devono credersi dispensati dall'obbligo dello studio!
Nella scuola s'impara solo a studiare, ma dopo bisogna appro-
fondire le cose studiate, e impedire che sfuggano dalla memoria;
bisogna tenersi al corrente dei continui progressi delle scienze
sacre, progressi non già nelle verità rivelate, chè il libro è
chiuso con Gesù Cristo e i suoi Apostoli, ma nel dame la
spiegazione, nel ricavarne le conseguenze, nel metterne in rilievo
le bellezze.
Persuadiamoci bene, miei cari, che lo studio ci è assolutamente
necessario per conservarci sacerdoti di Gesù Cristo, sacerdoti nello
spirito e nell'indirizzo abituale dei pensieri, sacerdoti nel cuore e
nel ministero: sacerdoti come ci vuole e come fu D. Bosco!
11. Letttura di giornali e libri di proprio uso.
Vi ho raccomandato tanto lo studio serio e ordinato, pur sa-
pendo che ciò fate con molto buon volere. E l'ho fatto per in-
coraggiarvi in una cosa di tanta importanza per la nostra Pia
Società .
A ciò concorre assai il contenere nei giusti limiti la lettura dei
giornali, come si esprimono le nostre Costituzioni, quindi non vi
sia chi impiega il suo tempo disponibile in simili letture. A questo
riguardo anzi tenete sempre presenti le disposizioni, che comu-
nicai in proposito nell'Appendice III alla mia circolare sulla Vita
di fede , più sopra citata, per conformarvi diligentemente la vostra
condotta. I Signori Ispettori poi e i Signori Direttori siano vigi-
lanti sopra di questo punto, come prescrivono le nostre Regole
( art. 7), e i nostri Regolamenti, specialmente agli art. 270 e 397,
e le ulteriori disposizioni dei Superiori.
Da quanto fìn qui ho esposto non vorrei poi che qualcuno
deducesse conseguenze non contenute affatto nella mia intenzione,
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44.10 Page 440

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specialmente per quel che si riferisce all'acquistare e ritenere libri
per proprio uso.
A questo proposito non vi sono speciali raccomandazioni da
fare, basterà che ciascuno procuri di osservare religiosamente quan-
to prescrivono le nostre Costituzioni all'art. 20, e; e i nostri Regola-
menti agli art. 38, 39 e 40, nonchè le sagge avvertenze che il
Rev.mo D. Rua, di s. m., faceva al riguardo nella sua Circolare del
dicembre 1909, N.0 38 (Lettere Circolari di D. Rua pag. 413 ).
L'amore o la passione allo studio non ci faccia mai dimen-
ticare che siamo vincolati dal voto di povertà, la cui osservanza
esatta e diligente deve sempre precedere qualsiasi immoderato
desiderio d'imparare. Si studi con amore e diligenza, ma non a
detrimento della disciplina e della perfezione religiosa, e avendo
di mira di rendersi sempre più capaci a disimpegnar bene quegli
uffici assegnatici dall'ubbidienza, ricordando il detto dell'Apo-
stolo S. Paolo: « Non plus sapere quam oportet sapere, sed
sapere ad sobrietatem: et unicuique sicut Deus divisi! mensuram
fidei » (Ad Rom ., XII, 3 ).
È facile comprendere i gravi inconvenienti che sorgerebbero a
danno della nostra Pia Società da una condotta che non si con-
formasse a queste disposizioni; e a prevenire tali inconvenienti
giova efficacemente che i Superiori interessati provvedano con
saggezza e con amore perchè ogni Casa sia fornita d'una Bibliote-
china, che soddisfi sufficientemente ai bisogni della medesima, in
conformità e proporzione dello scopo dell'opera che svolge. Imi-
tiamo D. Bosco, imitiamo D. Bosco anche in questo! e Maria SS.
Ausiliatrice, che è pur sede della sapienza, guiderà e benedirà i
nostri studi, come guidò e benedisse quelli del nostro buon Padre.
12. Per la nostra vita morale e religiosa.
Ma l'ardore per la cultura della nostra vita intellettuale non
basterebbe, o miei carissimi, a farci riconoscere degni figli di D.
Bosco, se non ci eccitasse in pari tempo e con moltiplicata inten-
sità a perfezionare la nostra vita morale, religiosa ed apostolica.
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45 Pages 441-450

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45.1 Page 441

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Dei vari fini dello studio enumerati da San Bernardo, solo gli
ultimi due sono degni di noi: ut aedificentur, et prudentia est; ut
aedificent, et hoc caritas est. Perciò la prudenza ci guidi ora nel
richiamare alla mente e nel riconoscere quanto dobbiamo fare ut
aedificemur, per santificarci: soltanto quando avremo provveduto
alla nostra santificazione, potremo riuscire a santificare gli altri.
Più precisamente, se vogliamo che l'apostolato fra i giovani sia
fruttuoso, dobbiamo far servire i nostri studi all'acquisto della
vita interiore.
L'abate Chautard, nel suo libro: L'anima dell'Apostolato, scrive
opportunamente: « Vivere con se stesso, in sè, dirigere se stesso,
e non lasciarsi dirigere dalle cose esteriori, ridurre l'immaginazione,
la sensibilità, ed anche l'intelligenza e la memoria allo stato di
serve della volontà, e conformare continuamente questa volontà
a quella di Dio, è un programma che si accetta sempre meno, in
questo secolo di agitazione, il quale ha veduto nascere un ideale
nuovo: l'amore dell'azione per l'azione. Affari, sollecitudini di fa-
miglia, igiene, buona fama, amor di patria, prestigio della cor-
porazione, pretesa gloria di Dio, fanno a gara per impedirci di vi-
vere in noi stessi. Questa specie di delirio della vita esteriore ar-
riva anche ad esercitare su noi un'attrazione irresistibile ».
Non intendo qui di parlare della necessità della vita interiore:
mi sia permesso però di accennare le cose più importanti per la
soda formazione della nostra vita morale e religiosa di sacerdoti
salesiani, per animare me e voi a metterle in pratica. In questa for-
mazione, o miei cari, dobbiamo anzitutto aver sempre ben chiaro
dinanzi alla mente lo scopo della nostra vita, che è unicamente la
gloria di Dio mediante la nostra santificazione e salvezza.
Alla visione del fine poi deve andar congiunta la stima sopran-
naturale della nostra vocazione sacerdotale, e la coscienza perenne
del grave dovere ch'essa c'impone di servir le anime per guada-
gnarle a Dio, di essere mediatori tra Dio e gli uomini, redentori
e santificatori in unione con Gesù Cristo, sacerdote eterno.
Non dimentichiamo inoltre che dobbiamo raggiungere questo
fine essenziale del sacerdozio nell'ubbidienza assegnataci dai Supe-
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45.2 Page 442

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riori, e secondo la misura de' nostri talenti e delle grazie ricevute.
Non c'è bisogno di compiere opere grandiose o atti eroici di virtù
che non ci siano imposti dal nostro stato: basta che ci applichiamo
a vivere e agire nell'obbedienza con spirito di perfetta conformità
ai divini voleri e di unione intima con Gesù Cristo, facendo nel
miglior modo possibile tutte le nostre azioni ordinarie, ed elevando,
con l'intenzione, anche le più piccole e indifferenti al grado di
opere meritorie per la vita eterna.
13 . ... Verso una perfezione sempre più alta.
Di più, tranne qualche caso affatto eccezionale, nella dire-
zione della nostra vita morale e religiosa bisogna seguire metodi-
camente il corso normale delle vie spirituali, ed elevarci alle
vette della perfezione passando per i diversi gradi intermedi.
Quindi nelle nostre azioni dobbiamo proporci prima di ogni
altra cosa la perfetta osservanza della legge naturale e dei doveri
generali della vita cristiana, che sono il fondamento indispensa-
bile di ogni vita sacerdotale e religiosa; non dobbiamo mai tra-
scurare la pratica delle virtù ordinarie, la lotta contro il peccato
e le cattive inclinazioni della nostra natura, le quali purtroppo non
sono distrutte nè dalla consacrazione sacerdotale, nè dalla pro-
fessione religiosa.
Guardiamoci però dall'errore, molto comune e molto pernicio-
so, di fermarci a questa pratica delle virtù ordinarie e a questa
lotta contro le cattive inclinazioni, senza congiungervi il desiderio
vivo di una perfezione più alta, e lo sforzo costante per conse-
guirla .
A una tale inerzia suole indurre la pigrizia spirituale, ed anche
un falso concetto di ciò che esige la vocazione. Non basta un
programma minimo di virtù, un grado di moralità solo sufficiente
a mantenere l'anima nella grazia santificante, un'osservanza me-
diocre delle norme generali della vita sacerdotale, comuni a tutti i
preti secolari. La nostra vocazione ci obbliga non solo a tendere
alla santità: Haec est enim voluntas Dei, sanctificatio vestra (I
440

45.3 Page 443

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Ad Thess., IV, 3): ut essemus sancti, et immaculati (Ad Eph.,
I, 4), ma anche ad acquistarla nel grado più perfetto che ci sia
possibile, con l'orrore ad ogni male e con l'amore ad ogni bene,
poichè, come dice San Tommaso, la santità amovet a malo, facit
operari bonum, et disponit ad perfectum.
14. Costituzioni e tradizione salesiana.
Uno degli aiuti più validi in quest'opera della nostra santifi-
cazione, lo abbiamo nelle Costituzioni che ci ha dato il nostro
Ven. Fondatore. Il sacerdote salesiano che medita profondamente
le Costituzioni e si sforza poi di praticarle con esattezza, può
in breve tempo elevarsi fino alla perfetta unione con Dio, a quel-
l'unione ch'è l'essenza della santità, e che in D. Bosco era ininter-
rotta, nonostante la molteplicità delle sue occupazioni.
Le Costituzioni infatti determinano tanto gli esercizi necessarii
per nutrire in noi la vita spirituale (l'orazione, il Breviario, la S.
Messa), quanto quelli destinati al rinnovamento dello spirito (la
confessione, la direzione spirituale, i ritiri mensili e annuali, e con-
seguentemente gli esami di coscienza); tanto le divozioni par-
ticolari del nostro Istituto, quanto le virtù sacerdotali proprie della
nostra missione; tanto il campo del nostro apostolato, quanto i
modi pratici per esercitarlo con vantaggio degli altri e di noi stessi.
Ce lo dice D. Bosco medesimo nel prezioso trattatello che pre-
cede le Costituzioni: « Adoperiamoci di osservare le nostre Regole,
senza darci pensiero di migliorarle o di riformarle. - Se i Salesiani,
disse il nostro grande benefattore Pio IX, senza pretendere di
migliorare le loro Costituzioni, si studieranno di osservarle con pre-
cisione, la loro Congregazione sarà ognor più fiorente ».
Il medesimo concetto è espresso in modo più solenne da que-
ste fatidiche parole del suo memorabile sogno del 10 settembre
1881 sull'avvenire della Pia Società: Attendite et intelligite: Me-
ditatio matutina et vespertina sit indesinenter de observantia Con-
stitutionum. Si haec feceritis, numquam vobis deficiet Omnipo-
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45.4 Page 444

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tentis auxilium. Spectaculum facti eritis munda et Angelis, et tunc
gloria vestra erit gloria Dei.
La Regola però non determina che le linee generali in ordine
alla nostra santificazione; bisogna quindi integrarla e vivificarla
colla genuina tradizione salesiana, tradizione che noi troviamo rac-
chiusa nei Regolamenti, nelle primitive Deliberazioni Capitolari,
nelle lettere e nelle circolari mensili dei Superiori Maggiori; e in
quell'insieme di particolarità minute e di speciali consuetudini che
si tramandano a viva voce e si conservano nella Casa Madre.
E a questo riguardo vigiliamo gelosamente, miei carissimi, che
non abbia a penetrare nella nostra Pia Società nessuno dei tarli ro-
ditori dell'osservanza religiosa additati dal nostro buon Padre, e
specialmente il primo, cioè il prurito di riforma.
Noi dobbiamo rimanere quali ci volle D . Bosco, e muteremmo
la fisionomia ch'egli impresse nella Pia Società, se, mossi da troppo
zelo di santità esteriore, volessimo dare alla vita nostra una mol-
teplicità di pratiche divote, le quali, pur essendo ottime per altri
Istituti, tendono a snaturare il carattere di spiritualità intima e
non appariscente che Don Bosco impresse al suo.
Sarebbe poi male peggiore se si andasse all'estremo opposto,
e, mal interpretando le intenzioni del Fondatore, si ritenesse
che per essere suoi seguaci basti aver la passione per la gioventù,
la tendenza alla scuola e alla vita chiassosa in mezzo alle turbe
giovanili, quantunque non si abbia diligente premura di eserci-
tarsi attivamente nella propria santificazione.
15. Come dev'essere la nostra orazione.
Per evitare questi due estremi, occorre conoscere con chia-
rezza quali cose c'impongono le costituzioni per il nutrimento
e il rinnovamento della nostra vita spirituale: quali divozioni
e pratiche di pietà ci prescrivono, quali virtù ci obbligano ad eser-
citare, e in qual grado; e infine quali norme ci dànno per il nostro
apostolato.
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45.5 Page 445

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Le Costituzioni per il nostro nutrimento spirituale c'impongono
tre cose: l'orazione, il Breviario, e la S. Messa. Non parlo delle
varie preghiere vocali, che anche noi sacerdoti dobbiamo recitare
con regolarità, attenzione scrupolosa e secondo il metodo pre-
scritto, e possibilmente insieme colla comunità, se non ne siamo
impediti da qualche urgente dovere del nostro ministero.
L'orazione, che le Costituzioni ci prescrivono a nutrimento
dello spirito, è la mentale, che secondo S. Teresa è « una pura co-
munione d'amicizia, per mezzo della quale l'anima s'intrattiene
da sola a solo con Dio, e non si stanca di manifestare il suo amore ·
a Colui dal quale sa di essere amata »; e secondo S. Alfonso de'
Liguori è « la fornace dove le anime s'infiammano d'amor di Dio ».
« Se giova, dice S. Agostino, vivere con uomini saggi, perchè dalla
loro conversazione c'è sempre da guadagnare; che dovrà dirsi di
coloro che vivono abitualmente in compagnia di Dio? ».
Noi perciò, miei cari, per conformarci allo spirito delle Co-
stituzioni, dobbiamo dare all'orazione mentale il carattere di vero
trattenimento intimo, di conversazione semplice ed affettuosa con
Dio, sia per manifestargli il nostro amore, sia anche per venir me-
glio a conoscere le opere necessarie per la nostra santificazione e per
animarci a praticarle con maggior generosità.
Quest'esercizio, preso nel suo significato più largo, è non solo
moralmente necessario alla conservazione della vita spirituale con-
veniente ad un prete, ma assolutamente indispensabile al progresso
nella vita soprannaturale. Dobbiamo dunque attendere ad esso con
costanza, non lasciandoci scoraggiare dalle difficoltà che possiamo
incontrarvi; e possibilmente farlo in comune, durante l'intiera
mezz'ora prescritta.
16. Metodo per far bene l'orazione.
Nel far l'orazione mentale seguiamo il metodo appreso durante
il noviziato e gli anni della nostra formazione religiosa, e le norme
contenute nel libretto: « Pratiche di pietà in uso nelle Case Sa-
lesiane ».
443

45.6 Page 446

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Evitiamo di aggravar la mente e il cuore con minute divisioni
e suddivisioni: queste cose intralciano l'opera dello Spirito Santo,
e tolgono all'anima la libertà dei movimenti che le è necessaria per
elevarsi a Dio. La nostra meditazione però sia attiva, cioè un vero
lavoro delle potenze dell'anima, che non degeneri tuttavia in arida
speculazione, ma limiti l'attività dell'intelletto soltanto alle conside-
razioni necessarie per muovere la volontà, ed eccitare in essa gli
affetti soprannaturali.
I maestri di spirito dichiarano essere dottrina comune dei Santi
che a ciascun grado di perfezione corrisponda un modo speciale
d'orazione. Quindi, finchè l'anima nostra è assorbita dalle cure e
occupazioni esteriori, per quanto buone siano, fino a tanto che è
esposta a gravi pericoli di peccare, e insieme poco esperta delle
cose spirituali, av:·emo bisogno di molte riflessioni e considerazioni
per elevare la nmtra mente e il nostro cuore a Dio, e muovere
la nostra volontà a sante e forti risoluzioni.
A misura però che la forza delle passioni va in noi scemando,
e si fa più vivo il desiderio del progresso spirituale e più ardente
l'amor di Dio, il lavoro dell'intelletto avrà una parte sempre minore
nella nostra orazione, mentre prevarranno i movimenti del cuore, i
santi desideri, le domande supplici e le risoluzioni fervorose. Questa
è la cosidetta orazione affettiva, che è superiore all'orazione men-
tale, e che a sua volta conduce all'orazione unitiva, chiamata dai
maestri di spirito orazione contemplativa ordinaria.
Qualcuno forse penserà che un Salesiano non debba mirare
tant'alto, e che D. Bosco non abbia voluto questo dai suoi figli,
giacchè da principio egli non impose loro neanche la meditazione
metodica in comune.
Ma io posso assicurarvi che fu sempre suo desiderio di vedere
i suoi figli elevarsi, per mezzo della meditazione, a quell'intima
unione con Dio ch'egli aveva cosl mirabilmente attuata in se stesso,
e a questo non si stancò mai d'incitarci in ogni occasione propizia.
Non abbandoniamo però l'orazione mentale semplice senza ave-
re insistito a lungo negli sforzi per farla bene, nè senza aver preso
consiglio da qualche illuminato direttore di spirito. Perseveriamo
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in essa, sopportando con umiltà e senza scoraggiamenti le diffi-
coltà apparenti o reali che s'incontrano in quest'intimo commer-
cio con Dio.
Le distrazioni della mente, le aridità del cuore non devono tur-
barci, e d'ordinario non dobbiamo nemmeno cercare di combat-
terle con sforzi eccessivi, i quali forse aumenterebbero il male an-
zichè diminuirlo. Cerchiamo però di toglierne le cause, esaminando
se non provengano da qualche colpa o negligenza nostra, da man-
canza di preparazione prossima e di raccoglimento, da difetto di
metodo, da dissipazione abituale della vita, da passioni immorti-
ficate o mal combattute, da eccesso di attività naturale, da males-
sere fisico, ecc.
Se saremo uomini d'orazione, ci sarà facile sopportare con
pazienza le avversità e le miserie della vita, trovare la forza e il
coraggio per vincere le tentazioni del nemico, mortificare la volontà
con tutte le sue inclinazioni, conoscere le astuzie del demonio, e
sventarne le trame a nostro danno.
Ci sarà facile scacciare dall'anima nostra i vani pensieri e le cure
soverchie, nutrirla di soda divozione, di pensieri buoni e di ardenti
desiderii, confermarla nelle vie del Signore, ottenerle l'effusione e
le grazie dello Spirito Santo, Maestro d'ogni verità, e inalzarla un
po' per volta fino alla perfetta unione con Dio. L'orazione quindi è
veramente il pernio vitale della perfezione religiosa.
17. La recita dell'Ufficio Divino.
La preghiera liturgica del Breviario è - dopo la Santa Messa
e l'amministrazione dei Sacramenti - la funzione sacerdotale più
necessaria ed onorifica; e noi dobbiamo stimarla e amarla, richia-
mandoci sovente alla memoria la sublimità del mandato che adem-
piamo quando, nonostante la nostra indegnità, offriamo a Dio, in
nome di Gesù Cristo e della Chiesa universale, quest'omaggio col-
lettivo, ufficiale, sociale dell'umanità e dell'intera creazione.
Il sacerdote infatti nell'esercizio di questa funzione cessa in
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certa maniera d'essere individuo singolo, e diviene moltitudine,
popolo, società; ed è per questo che parla spesso in prima per-
sona plurale, e invita ad ogni istante i cristiani a unirsi a lui nella
preghiera; e se dice: Domine, exaudi orationem meam! aggiunge
tosto: Oremus: preghiamo tutti insieme, o fratelli; e in questa
preghiera il Signore sia con voi: Dominus vobiscum!
Oh! quanto augusta ed eccelsa è mai questa funzione, e quanto
giova a mantenere nel sacerdote lo spirito soprannaturale che tutto
deve informarlo! Le preghiere ch'egli va leggendo, sono in gran
parte composte di parole ispirate da Dio medesimo, sono l'espres-
sione del suo pensiero. L'adorazione, la lode, l'ammirazione, il
ringraziamento, il dolore, il pentimento, l'amore, i più santi ardori
e desideri trovano nel nostro Breviario l'espressione più sentita e
più efficace.
Veramente l'uomo non saprebbe da solo trovare un linguaggio
così espressivo, nobile e santo per parlare con Dio, come quello
del Breviario! Quale aiuto possente è offerto alla nostra fede,
alla nostra pietà, alla nostra divozione da questa preghiera così
varia e così sublime nella sua semplicità!
Procuriamo dunque, miei carissimi, di penetrarci bene di que-
sto importante dovere, e di compierlo con tale attenzione e fer-
vore da edificare quanti ci vedono, e da nutrire veramente l'anima
nostra coi divini insegnamenti e coi santi affetti racchiusi nelle pre-
ghiere che leggiamo!
Per riuscirvi però occorre una preparazione prossima, imme-
diata, specie quando siamo più carichi di occupazioni o in un
certo stato di abbattimento fisico o morale. Anzitutto dobbiamo
ordinare la recita del Breviario in conformità del nostro calendario
liturgico, e scegliere un luogo propizio al raccoglimento e alla
pietà. Il nostro Ven. Padre fin dal primo anno del suo sacerdozio
aveva fatto questo proponimento: « Procurerò di recitare divo-
tamente il Breviario, e di recitarlo preferibilmente in chiesa ».
Forse quest'ultima cosa non ci sarà sempre possibile; ebbene, in tal
caso recitiamolo pure in camera, o passeggiando in luogo con-
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veniente, tranquillo e solitario; l'essenziale è che poniamo ogni
studio per evitare le cause di distrazione e d'interruzioni.
Prima di cominciare la recita raccogliamoci qualche istante
per fare un atto di viva fede, per allontanare dalla mente ogni
altro pensiero, per porre le varie intenzioni generali e particolari,
e per chiedere allo Spirito Santo la grazia cli pregar bene. Poi
recitiamolo digne - attente - ac devote, come ci suggerisce la Chiesa
nell'Aperi Domine.
Digne, cioè con rispetto e fedeltà : rispetto interno ed esterno,
manifestato dal contegno modesto e religioso del corpo e dalla ri-
servatezza dei sensi; fedeltà nell'osservanza precisa e costante delle
prescrizioni liturgiche.
Attente, sia pronunziando le parole del testo distintamente e
con senso, sia sforzandoci, senza ansietà, di comprendere il signi-
ficato letterale delle parole che pronunziamo, e cli rigettare pron-
tamente ogni divagazione dello spirito; ma sopratutto evitando
ogni precipitazione e fretta nel compimento cli questo nostro
precipuo dovere, e procurando di tenere la nostra mente fissa in
Dio, che è il fine delle nostre orazioni, per adorarlo, amarlo, e rin-
graziarlo con tutta l'anima, e per implorare da Lui con gli affetti
del cuore quelle grazie di cui abbiamo bisogno.
Questa è la terza delle tre attenzioni, che, secondo San Tom-
maso, si possono avere nelle orazioni vocali. Triplex est attentio,
quae orationi vocali potest adhiberi: una quidem, qua attenditur
ad verba, ne aliquis in eis erret; secunda, qua attenditur ad sensum
verborum; tertia, qua attenditur ad finem orationis, scilicet ad
Deum, et ad rem pro qua oratur ( 2, 2, q. 85, a. 3 in corp.); e lo
stesso Santo Dottore la dice maxime necessaria (ibid.), perchè è
quella che dà precisamente alla nostra orazione il vero carattere di
preghiera, che è elevatio mentis in Deum.
Devote, cioè con amore, pietà e fervore, in ispirito di orazione,
fermandoci alquanto sulle preghiere che più ci commuovono. Di
grande aiuto è il leggere qualche succinta parafrasi dei Salmi, ad es.
quella eccellente desunta dalle opere del Ven. Bellarmino: una tale
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45.10 Page 450

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preparazione dischiuderà all'anima nostra le mirabili bellezze e
tesori spirituali del Breviario.
18. La celebrazione della S. Messa.
Ma l'azione vera del sacerdote, quella per la quale egli è
costituito dal Sacramento dell'Ordine, voi ben lo sapete, o miei
cari, è la celebrazione del S. Sacrifizio della Messa. Tutte le azioni
più sante che si son compiute o si compiranno in avvenire,
tutte le più ardenti e serafiche preghiere non solo della Chiesa
militante, ma anche di quella trionfante, tutte queste cose prese
insieme non valgono una sola Messa.
La Messa è il compendio di tutti i sacrifizi antichi, che univano
l'umanità al suo Dio: l'olocausto, l'ostia pacifica, la vittima pel
peccato; è il sacrifizio della Croce, che perennemente si rinnova a
noi; è l'immolazione di un Dio, che in certo modo si mette fra
le nostre mani; è un Dio che adora, un Dio che ringrazia, un
Dio che placa, un Dio che implora.
E noi sacerdoti siamo gli strumenti attivi di tante meraviglie,
le quali stabiliscono fra Dio e noi una unione che direi unica nel
suo genere, e che trova il suo riscontro solo nell'unione ipostatica
e in quella di Maria col Verbo incarnato. La Vittima divina che
offriamo a Dio dà la sua carne in cibo all'anima nostra, e si fa
per così dire una sola cosa con noi, comunicandoci la sua vita
medesima. È Dio .che prende possesso del nostro essere, per sosti-
tuirvi le sue perfezioni alle imperfezioni e miserie nostre. Qui man-
ducat de spirituali convivio, dice San Giovanni Crisostomo, imple-
tur Spiritu Sancta, dilatatur sensibus, nutritur in veritate, pingue-
scit in fide et acquirit vitam aeternam. (Homil. XVII, sup. Matth.).
E quest'unione con Dio presente in noi non si limita ai brevi
istanti della Comunione sacramentale, ma si mantiene anche dopo
che le sacre specie sono scomparse. In me manet et ego in illo.
(Joan. , VI, 57). Gesù rimane in noi colla sua vita, perfezionando
con azione misteriosa ed incessante il nostro essere. Eucharistia,
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46 Pages 451-460

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dice San Tommaso, perficit Christo coniungens, et ideo hoc Sa-
cramentum est perfectio perfectionum. ( S. Thom. , in IV; dist .
VIII. q. l a. art. 1°, q. 3 ad l.m).
Meditiamo di frequente, cari sacerdoti, sull'eccellenza della
Messa, per poterla celebrare sempre con intenso amore, e con
quella scrupolosa esattezza che nasce dall'idea d'un grande dovere
e dal sentimento d'un'alta responsabilità. Avvezziamoci a consi-
derarla come vivente memoria, riproduzione e applicazione del sa-
crifizio della Croce, in cui il Sacerdote celebrante fa le veci di
Gesù Cristo sacerdote eterno.
Sull'esempio di D. Bosco, non omettiamo mai la celebrazione
della Messa, per quanto molteplici ed urgenti siano le nostre oc-
cupazioni, eccetto il caso d'impossibilità o di malattia; allora però
dovremmo procurare almeno di ricevere la S. Comunione.
Nè dispensiamoci mai dalla preparazione prossima, dall'eccitarci
alla contrizione perfetta, dal determinare bene tutte le intenzioni
generali e particolari secondo cui intendiamo o dobbiamo celebrare.
E teniamo sempre scolpito in mente quel passo dell'Imitazione
(lib. IV, c. XI, 6, 7), in cui sono così mirabilmente compendiate le
doti e le disposizioni necessarie per ben celebrare: O quam mun-
dae debent esse manus illae, quam purum os, quam sanctum cor-
pus, quam immaculatum cor erit sacerdotis, ad quem toties ingre-
ditur Auctor puritatis! Ex ore sacerdotis nihil nisi sanctum,
nihil nisi honestum et utile procedere debet verbum, qui tam
saepe Christi accipit sacramentum. Oculi eius simplices et pudici,
qui Christi corpus solent intueri! Manus purae, et in caelum ele-
vate, quae Creatorem caeli et terrae solent contrectare!
19. Durante e dopo la S. Messa.
Durante la celebrazione non pensiamo più ad altro che a man-
tenerci nelle disposizioni più sante possibili: calma, raccogli-
mento, timore riverenziale. Dopo la consacrazione, il pensiero co-
stante che ci troviamo faccia a faccia con Dio e siamo m uruone
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intima con Gesù Sacerdote e Vittima, ecciti in noi il fervore della
preghiera e una santa avidità di approfittare di quegl'istanti cosl
preziosi.
Osserviamo con religiosa attenzione le minime rubriche : pro-
nunzia distinta e intelligibile di tutte le parole, principalmente di
quelle del Canone; gravità semplice, e improntata a pietà ; rive-
rente posatezza nelle azioni prescritte, al che deve badare sopra-
tutto chi è di indole vivace e sbrigativa; non singolarità nel porta-
mento, nel tono, nella pronunzia, nei movimenti; non genuflessioni
a metà, non sguardi curiosi o distratti, non mezzi segni di croce,
non esclamazioni nè sospiri.
Dopo la S. Messa guardiamoci bene dal divagarci o discorrere
subito con altri: oh! come ci teneva a questo il nostro Ven.
Padre! come insisteva che i suoi figli non facessero mai eccezione a
questo riguardo , e che in sacrestia si osservasse da tutti un religioso
silenzio!
Deponiamo con riverenza e garbo i sacri paramenti, e poi fac-
ciamo il nostro ringraziamento di almeno un quarto d'ora, col più
grande raccoglimento a noi possibile. Se dalla Messa non ricaviamo
tutto il frutto di santificazione che per sè è destinata a produrre,
ciò in gran parte è da attribuire alla mancanza del conveniente rin-
graziamento. Facciamo un po' di esame su questo punto, e poi
proponiamoci d'imitare i luminosi esempi di D. Bosco. Molte
altre cose si potrebbero dire su quest'azione divina del sacerdote ;
ma non mancano i libri che ne trattano espressamente, e d'altra
parte son persuaso che voi ne fate gi à l'argomento preferito delle
vostre meditazioni, e perciò passo ad altro.
Oltre all'orazione, al Breviario e alla S. Messa, che hanno da
essere l'alimento fondamentale della nostra vita di sacerdoti sale-
siani, le Costituzioni ci prescrivono ancora altri esercizi atti a cor-
roborarci nello spirito, vale a dire la confessione settimanale, la
direzione spirituale, l'esame di coscienza, la lettura spirituale, e
i ritiri mensili e annuali.
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20. Il Sacramento della Confessione.
Anzitutto la Co nfessione. Anche parlando a voi, m1e1 cari
sacerdoti, non sarà del tutto inutile il richiamare la vostra atten-
zione sul pericolo che vi è di ridurla ad una mera formalità, e di
fa rla macchinalmente e per abitudine. Teniamolo lontano da noi
tale pericolo, col ravvivare la nostra fede e riverenza verso questo
Sacramento della divina misericordia, e col prepararci ad esso me-
glio che possiamo.
Richiamiamo con frequenza alla nostra mente quanto abbiamo
studiato nella Teologia Dogmatica e Morale intorno all'origine e
natura divina di questo Sacramento, che porta più profonda l'im-
pronta di quella che può dirsi l'opera di Dio per eccellenza, l'o-
pera cioè della nostra redenzione, e che perciò è meraviglioso in sè
e nella sua efficacia. Facciamone argomento delle nostre medita-
zioni , e ci persuaderemo sempre meglio dell'infinita bontà e miseri-
cordia di N. S. Gesù Cristo nel donare agli uomini questa fonte
meravigliosa di ogni santità, e nel comunicare a noi sacerdoti la
sua stessa autorità in ordine alla remissione dei peccati, associan-
doci così intimamente alla sua opera redentrice.
Erit fans patens domui David, in ablutionem peccatorum,
aveva profetato Zaccaria ( XIII, I) , e non v'ha dubbio alcuno che
la fonte da lui vaticinata è questo Sacramento: fonte non chiusa,
come la piscina probatica, di cui solo una volta all'anno l'Angelo
scendeva a muovere le acque, per renderle salutifere al primo che
vi s'immergeva; ma a tutti aperta e accessibile in ogni tempo, e,
con cui ogni sacerdote, Angelo novello , può guarire le anime dalla
loro infermità, e mondarle da ogni macchia.
Nulla può resistere alla potenza purificatrice e rigeneratrice di-
questo Sacramento: non la gravezza dei peccati, non la loro quan-
tità o diuturnità, non la proclività dell'abito connaturato: Gesù
ha dato agli Apostoli e ai loro successori il più ampio e illimitato,
potere di rimettere i peccati.
Quello che è più meraviglioso e notevole, dice il Faber, nella;
condizione di un'anima battezzata di fronte al peccato, è la per-
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petua ed illimitata ripetizione di questo Sacramento di purifica-
zione, che è il Sacramento della Penitenza.
Questa purificazione è opera eminentemente positiva, è la giu-
stificazione, la quale non si ha, nè si può avere se non per la infu-
sione della grazia abituale perduta per il peccato. Nell'atto in cui
l'assoluzione discende nell'anima, questa ritorna alla vita della
grazia, ricupera i meriti delle opere mortificate dal peccato, e il
potere di acquistarne dei nuovi e più grandi con l'esercizio e la
perseveranza nel bene.
È vero, miei carissimi, che l'assoluzione non rende impeccabili ;
l'esperienza ben ce lo dice; ma non è piccolo il numero delle anime,
che ricevendola con le disposizioni richieste ne sono così rinfran-
cate, che, per quanto possa esser lunga la loro vita, per quanto
radicati gli abiti cattivi, per quanto frequenti e gravi i pericoli ,
violente le tentazioni, allettatrici le attrattive, pure perseverano
nel bene, anzi crescono in virtù, e non rare volte giungono a toc-
care la santità più eminente.
Ora, queste anime che sono state in tal maniera pervase dalla
virtù del prezioso Sangue di Gesù, da non commettere più alcuna
colpa grave, quantunque sentano di non essere obbligate ad
accostarsi a questo lavacro di rigenerazione, istituito per i peccati
mortali, vi si accostano tuttavia con tanto maggior frequenza, e
con disposizioni tanto più perfette, quanto meno può sembrare
che ne abbiano bisogno.
E allora cosa avviene in esse? Allora non solo è riconfermato
il perdono delle colpe gravi, ogni qualvolta ne fanno anche solo
generica accusa, e non solo sono cancellati i peccati veniali che le
deturpavano e le rendevano meno belle agli occhi di Dio; ma si
-accresce inoltre in esse la divina grazia, e con la grazia abituale si
moltiplicano pure le grazie attuali necessarie per conservarsi stabil-
mente nell'intima amicizia di Dio. La loro mente è sempre più
illuminata riguardo alle cose spirituali, e la volontà sempre meglio
si rinfranca nei suoi propositi, e si sente come portata da una
forza misteriosa ad avanzare agile e spedita sulla via del bene,
superando ogni ostacolo.
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Per questo i Santi, quanto più crescevano in santità, e tanto più
sovente si accostavano a questo sacramento; perchè profonda era
in loro la convinzione, non esservi mezzo migliore per mondarsi
dalle minime imperfezioni e per crescere nella virtù e nella san-
tità, che il tuffarsi spesso in queste acque salutari. Perciò, miei cari,
se veramente vogliamo sperimentare ancor noi la forza di questo
rimedio, la virtù di questo balsamo, l'efficacia di questo conforto,
dobbiamo come i Santi accostarci frequentemente alla confessione
( almeno ogni settimana, conforme prescrivono le Regole) , non
solo per mondarci dalle colpe, ma anche per aver nuove grazie di
luce, di forza, di santa letizia, che ci aiutino a progredire sempre
più nella perfezione religiosa.
Non gioverà però la frequenza a questo Sacramento, se non
vi compiremo gli atti e non vi porteremo le disposizioni che la
sua natura stessa richiede, e che il divin Salvatore vuole da noi.
Non fa certo mestieri ch'io ripeta qui a voi ciò che riguarda tali
disposizioni e tali atti, perchè son cose che tutti conosciamo ed ab-
biamo praticato, più o meno perfettamente, fin da bambini. Mi
accontento solo di alcuni semplici riflessi.
21. Perchè la Confessione frequente è poco fruttuosa.
Il Faber in una delle sue ammirabili Conferenze cerca quale sia
la causa per cui la confessione frequente è cosl poco fruttuosa,
e la trova unicamente nella mancanza di retta intenzione: tutti gli
altri difetti che sogliono guastare le nostre confessioni, in ultima
analisi fanno capo a questo.
Certo noi , in ossequio alle Regole, ci confessiamo settima-
nalmente, e siamo anche abbastanza diligenti nella preparazione :
facciamo un sufficiente esame, ci eccitiamo ad un dolore profondo,
ci manca la volontà deliberata di farci migliori. Anche l'accusa
pare non abbia difetti notevoli, onde l'assoluzione produce il suo
effetto purificatore. Ma diveniamo noi migliori come abbiamo
promesso?
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Forse son dieci, dodici, vent'anni e più che continuiamo a
confessarci ogni settimana, eppure ci troviamo sempre su per giù
allo stesso punto, se non peggiori di prima. Qual è dunque il
difetto segreto, che, quasi tarlo roditore, gusta tanta opera nostra
insieme e di Dio, anzi più di Dio che nostra? La mancanza della
purità d'intenzione, il non mirare unicamente e semplicemente
a Dio.
Infatti, se ben ci esaminiamo, i motivi prevalenti che c'indu-
cono ad accostarci alla confessione sono il più delle volte i meno
retti. Talora, per es., si sente il bisogno d'andare a confessarsi, più
che per il dolore d'aver offeso Dio, per timore della pena che tien
dietro al peccato, sia esso l'inferno o il purgatorio. Questo motivo,
in sè buono e santo, se diviene predominante toglie certo molta ef-
ficacia alla confessione, in ordine alla nostra perfezione sacerdotale,
perchè questa si compie nell'amor filiale e non nel timore.
Altre volte siamo indotti a confessarci non tanto dal peccato
quanto dalle angustie che proviamo; oppure andiamo a confessarci
perchè dobbiamo comunicarci nella S. Messa, e cosl praticamente
dimentichiamo che la confessione è un Sacramento a sè, facendone
quasi un rito di preparazione alla Messa.
Oppure vi andiamo perchè abbiamo bisogno di consiglio, od
anche solo perchè è venuto il giorno stabilito. Non già che la
fedeltà al giorno stabilito non sia cosa lodevole; ma se ci fer-
miamo alla materialità di essa, in breve l'accostarsi al Sacramento
sarà una semplice formalità.
22. Il giorno della Confessione.
Perciò, miei cari sacerdoti, è molto importante che, venuto il
giorno della nostra confessione, rinnoviamo l'intenzione di acco-
starci a questo lavacro purificatore per renderci più accetti a Dio,
per servirlo con maggiore sua soddisfazione, per rinfrancarci nel
suo servizio, per crescere in energia, generosità e costanza.
Nel giorno stabilito offriamo le preghiere della S. Messa e del-
l'ufficio per ottenere la grazia di ben confessarci, ed esaminiamo
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la nostra coscienza con rettitudine e severità, evitando però la so-
verchia applicazione, le ansietà e gli scrupoli nella ricerca dei man-
camenti. Piuttosto insistiamo sull'eccitarci ad una vera e viva con-
trizione, con la recita attenta di qualcuno dei salmi penitenziali,
con la meditazioae di qualche stazione della Via Crucis, od an-
che solo contemplando per alcuni istanti il Crocifisso; e poi fac-
ciamo dei fermi proponimenti, determinando bene il difetto
che vogliamo combattere, o meglio la virtù che vogliamo praticare.
Qui merita di essere praticata la norma che dava un esperto
direttore di spirito: « Quando le colpe veniali - dice egli -
sono avvertite, si deve avere a loro riguardo un distinto dolore
e un particolare proposito, se almeno si vuole veramente emendar-
sene; ma se le colpe veniali sono più per debolezza e fragilità ,
per sorpresa, allora è molto meglio concepire il dolore e fare il
proponimento sulla negligenza nel valersi dei mezzi per evitarle, o
almeno per diminuirle, negligenza che ben difficilmente manca.
Invero, mettendosi subito a usare tali mezzi come si conviene, si
è sicuri di schivare anche la massima parte di quei difetti ».
Durante la confessione, lo spirito di fede ci faccia veder Dio
nella persona del confessore; osserviamo tutte le rubriche pre-
scritte dal Rituale o consacrate dall'uso; facciamoci conoscere
quali siamo, confessando le nostre colpe con chiarezza, semplicità,
precisione, umiltà, calma e lealtà, senza scuse nè artifizi, senza
falso rossore nè rispetto umano.
Al momento dell'assoluzione rinnoviamo il dolore dei peccati
commessi, riceviamo con gioia riconoscente la grazia sacramentale,
non omettiamo mai un fervoroso ringraziamento, ed eseguiamo
al più presto la penitenza che ci sarà ingiunta.
Ma affinchè la confessione produca in noi, sacerdoti e religiosi ,
tutti i suoi frutti di santità, e santità grande, bisogna che ci fac-
ciamo uno studio di non cambiare il nostro confessore senza una
vera vecessità, e in pari tempo ricordiamo che le Costituzioni
dicono di accostarci al Sacramento della Penitenza da confessori
qui... munus illud erga socios exerceant cum Rectoris licentia.
Al Canone 519 del Codice di Diritto Canonico è detto chiaramente
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che tale Regola resta in tutta la sua integrità, nonostante la li-
bertà concessa ad ogni religioso, ad suae conscientiae quietem, di
accostarsi anche a confessori non annoverati fra quelli designati
dal Superiore legittimo.
Ed io, per il vero bene dell'amata Congregazione e per la con-
servazione del genuino spirito salesiano in ciascuno di noi, inalzo
al Signore la più fervida preghiera perchè l'art. 108 delle Costi-
tuzioni sia ora e sempre osservato da ogni socio in tutta la sua
integrità.
23. Necessità della direzione spirituale.
Accanto al Sacramento della misericordia di Dio, e in certo
modo quasi a complemento di esso, sia come rimedio, sia co-
me conforto nelle molteplici difficoltà che offre l'acquisto della
perfezione religiosa, vi è la direzione spirituale, e di essa pure,
miei cari sacerdoti, intendo parlarvi brevemente.
La direzione spirituale è l'insieme dei consigli, delle norme
teoriche e pratiche, che una persona saggia e sperimentata nelle
vie dello spirito, dà ad un'anima che desidera progredire nella
perfezione.
Negli antichi monasteri questa direzione formava una cosa sola
col rendiconto: il religioso manifestava al Superiore con filiale fi-
ducia tutta la sua coscienza, e ne veniva diretto in foro esterno e in
foro interno.
La Santa Chiesa però, a tutela della libertà di coscienza, ha
stabilito che il rendiconto si aggiri solo su cose esterne, come av-
vertono espressamente anche le nostre Costituzioni; non esclu-
dendo però che il religioso possa di sua libera volontà aprirsi in-
teramente col Superiore. Chi dunque ha nel suo Superiore una
illimitata confidenza, e si sente di rivelargli anche le cose più in-
time dell'anima sua, può farlo , che ne ritrarrà inestimabili vantaggi.
Chi poi preferisce limitare alle cose esteriori il proprio rendi-
conto ( che nessuno deve mai omettere di fare mensilmente), si
ricordi che una direzione spirituale gli è indispensabile anche
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se è sacerdote, e procuri perciò di averla da colui che gl'ispira mag-
giore fiducia.
Naturalmente il confessore, non essendo solo giudice, ma ancora
medico e maestro, amico e padre, conoscendo più d'ogni altro le
spirituali nostre qualità e tutto l'insieme della vita nostra, può,
nel Sacramento e fuori di esso, farsi nostra guida nella via della
religiosa perfezione, tanto più che, nel nostro caso, egli medesimo
è tenuto a perseguire la nostra stessa perfezione e a vivere dello
stesso spirito religioso.
Ho detto, miei cari, che la direzione spirituale ci è indispen-
sabile anche se sacerdoti : il sacerdozio e la professione religiosa
ce ne fanno un obbligo maggiore, in quanto che, come sacerdoti e
come religiosi, siamo tenuti ad una perfezione più alta di quella
che si potrebbe esigere dai semplici cristiani.
Infatti, senza una soda direzione spirituale, è pressochè impos-
sibile divenir perfetti : questo è il sentimento unanime dei Padri
e Dottori della S. Chiesa, e di quanti uomini spirituali fiorirono
nel corso dei secoli cristiani. - Chi s'appoggia al proprio giu-
dizio, asserisce Cassiano, non arriverà mai alla perfezione, e non
potrà sfuggire alle insidie del demonio (Con/. II, 14, 15) .
E San Vincenzo Ferreri : - Nostro Signore, senza del quale
nulla possiamo, non accorderà mai la sua grazia a colui, che, avendo
a sua disposizione un uomo capace d'istruirlo e di dirigerlo, tra-
scura questo mezzo potente di santificazione, credendo di bastare a
se stesso, e di potere con le proprie forze cercare e trovare le
cose che gli sono utili alla perfezione dell'anima.
Questa della direzione è la via regia che guida sicuramente gli
uomini in cima alla scala misteriosa dove si trova il Signore : è la
via che han battuta i Santi: hanc viam tenuerunt omnes sancti.
Solo poche anime privilegiate, prive senza lor colpa d'un direttore
spirituale, fu rono guidate immediatamente da Dio con illustra-
zioni personali ; ma questa è l'eccezione, e non la regola. (De
vit. sp., II, I).
Anzitutto, dice San Gregorio Magno, bisogna applicarsi a tro-
vare una buona guida e un buon maestro ( Lib. de Virg. , c. 13) .
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46.10 Page 460

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- È grande orgoglio, continua S. Basilio, il credere di non aver
bisogno di consiglio. ( In cap. I, Isaiae). - Son poveri illusi, escla-
ma a sua volta San Giovanni Climaco, quelli che confidando in se
medesimi hanno creduto di non aver bisogno di guida. ( I Grado,
cap. 2). - Quegli che presume di farsi maestro e guida a se
stesso, dice S. Bernardo, si fa discepolo d'uno stolto ( Epist. 87).
Insomma, o miei cari sacerdoti, da tutti gli scritti degli uomini
spirituali si eleva una voce concorde per dirci la necessità della
direzione spirituale, la quale, se vogliamo ben penetrare lo spi-
rito delle nostre Regole , ci è pure inculcata dall'art. 18, dove
siamo invitati a manifestare ai Superiori con semplicità e spon-
taneamente le infedeltà esteriori commesse contro le Costituzioni,
ed anche il nostro profitto nella virtù, affinchè possiamo ricevere
da loro consigli e conforti, e, se farà d'uopo, anche le convenienti
ammonizioni. Meglio di così non poteva essere insinuata la pratica
della direzione spirituale!
Non occorrono altre parole per dimostrarne la necessità ; tut-
tavia giova osservare che, quando sentiamo dire che qualcuno s'è
allontanato dalla vita religiosa che aveva professata, mentre com-
piangeremo una sì gran disgrazia, invocando con la preghiera la
misericordia di Dio sull'infelice, dobbiamo pensare che tale sven-
tura non gli sarebbe certamente avvenuta, s'egli si fosse affidato
ad un buon direttore spirituale, e ne avesse seguiti i consigli e le
esortazioni.
24. Il còmpito del direttore spirituale.
Ma la direzione spirituale, miei cari sacerdoti, non dev'es-
sere una cosa saltuaria e mutevole, bensì un sistema unico e co-
stante di condotta, teorico e pratico insieme, atto a guidarci alla
santità.
Il còmpito del direttore spirituale è quello di farci conoscere
quello che Dio vuole da noi, le virtù che dobbiamo praticare,
i mezzi a cui dobbiamo ricorrere, i pericoli contro cui dobbiamo
premunirci per non venir meno alla nostra vocazione salesiana.
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47 Pages 461-470

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47.1 Page 461

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È lui che deve eccitarci quando siamo rilassati, e moderarci
negli ardori indiscreti; è lui che deve frenare la nostra immagina-
zione, e additarci la giusta misura da tenere nella pratica della
virtù, nella scelta delle letture, e nelle relazioni col prossimo, la
vera natura delle tentazioni e le armi più opportune per com-
batterle.
È lui che deve istruirci sui mezzi migliori per sradicare i
difetti e acquistare le virtù; che deve misurare la nostra esat-
tezza nelle pratiche di pietà, nell'osservanza delle regole e nel-
l'adempimento dei doveri inerenti alla vocazione. Ora queste cose
non possiamo avere se non da una guida stabile e tutta ripiena
dello spirito salesiano.
Il nostro Patrono S. Francesco di Sales dice bellissime cose
intorno al direttore spirituale, e molte fanno al caso nostro. Tra
l'altro nella Filotea ( I, 4) dice: « Non consideriamolo come un
semplice uomo, e non riponiamo la nostra fiducia in lui come lui
e nel suo sapere umano, ma in Dio che ci comunicherà i suoi favori
e le sue ispirazioni mediante il ministero di quell'uomo, met-
tendogli nel cuore e sul labbro quanto sarà richiesto dal nostro
bene... Trattiamo con lui a cuore aperto, con ogni sincerità e
fedeltà, manifestandogli chiaramente il bene e il male senza finzioni
nè dissimulazioni; in tal modo il bene sarà preso ad esame e fatto
più sicuro, e il male corretto e rimediato: cosi anche ci sentiremo
alleggeriti e fortificati nelle nostre pene, e ci serberemo modesti e
regolati nelle nostre gioie.
Anche intorno agli altri esercizi sopra accennati, cioè l'esame
di coscienza, l'Esercizio della buona morte, gli Esercizi spirituali
annuali e la lettura spirituale, vi sarebbero molte cose a dire;
ma mi limiterò a raccomandare a voi e a me di non trascurarne
alcuno, affinchè in punto di morte abbiamo tutti la consolazione
di poter dire a noi stessi che li abbiamo compiti regolarmente e
diligentemente. Permettetemi tuttavia che insista alquanto sulla
pratica giornaliera dell'esame di coscienza, per la sua somma im-
portanza anzi necessità assoluta per chi è stato chiamato alla vita
di perfezione religiosa.
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47.2 Page 462

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25. L'esame quotidiano è indispensabile.
Persino i filosofi antichi, che si sono in qualche modo occu-
pati della scienza pratica della vita, hanno riconosciuto l'impor-
tanza di questo mezzo per ben ordinare la propria condotta, e
l'hanno lodato, praticato e insegnato ai loro discepoli.
Ma noi, o miei cari, non abbiamo bisogno di appellarci alla
sapienza pagana, perchè abbiamo la parola dello Spirito Santo me-
desimo, che ci inculca di riandare gli anni della nostra vita nel-
l'amarezza dell'anima nostra (Is., 38, 15); di raccoglierci nella no-
stra stanza a pentirci dei nostri falli, nascosti nell'interno del pen-
siero ( Salm., 4, 5); di giudicarci da noi medesimi, per non essere
severamente giudicati da Dio (I Cor., II, 31). Per citare solo qual-
cuno dei moltissimi luoghi della Scrittura che trattano tale argo-
mento.
Perciò i Padri, i Dottori della Chiesa, e quanti hanno aperto
scuole di cristiana perfezione, dai più antichi ai più recenti, in-
culcarono sempre l'esame di coscienza quotidiano come un mezzo
indispensabile per andar innanzi nella perfezione: hoc fac singulis
diebus, dice per es. S. Giovanni Crisostomo ( In Psalm. 4).
E notate ch'essi inculcavano l'esame di coscienza a tutti i cri-
stiani che vogliono vivere in grazia di Dio e salvarsi; e non solo a
quelli, che son chiamati ad abbracciare lo stato dei consigli evan-
gelici .
Ascoltatemi, diceva S. Giovanni Crisostomo ai fedeli di Co-
stantinopoli: voi avete un registro su cui notate le entrate e le
uscite di ciascun giorno, e non andate a dormire alla sera senza
aver tirato i vostri conti. Orbene, la vostra coscienza non è forse un
libro aperto, in cui dovete ogni sera registrare partitamente le vo-
stre perdite e i vostri profitti? Ogni sera dunque, prima di ad-
dormentarvi, prendete questo libro e dite a voi stessi: Andiamo,
anima mia, facciamo un poco i conti: che hai tu fatto di bene, che
hai commesso di male?
Ora, se l'esame di coscienza è così necessario per tutti, non
sarà forse infinitamente più necessario a noi che, chiamati dal Si-
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47.3 Page 463

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gnore, abbiamo abbracciato la vita di perfezione? Noi non arri-
veremo mai ad una perfetta purità di coscienza, se non vegliamo
su tutti i movimenti del cuore e su tutti i nostri pensieri, in
modo da evitare, per quanto è possibile, qualunque cosa che possa
dispiacere a Dio e che non tenda alla sua gloria. Ma per conoscerci e
vigilare sopra di noi bisogna che ci esaminiamo con diligenza quoti-
dianamente.
Con quest'esercizio, al dire di S. Basilio, divengono utilissimi
tutti gli altri della vita di perfezione, quali sono i Sacramenti, la me-
ditazione e la preghiera, mentre senza di esso tali esercizi o non si
fanno, o non si fanno bene : certo non se ne cava quel profitto
che si dovrebbe. Prendiamo per es. la meditazione: che altro è mai,
se non il preventivo, per così dire, morale e spirituale della gior-
nata? Ma a che potrà essa giovare, se la sera non faremo di riscon-
tro, il consunti vo, per vedere come gli effetti abbiano corrisposto
alle previsioni, anzi agli stanziamenti fatti a bene dell'anima , a
gloria di Dio?
Ecco perchè non vi è pratica a cui il demonio faccia una guerra
così spietata, valendosi di tutte le sue arti e di tutti i suoi mezzi,
come a questa dell'esame. Egli ben sa che se riesce ad impe-
dirla ad un'anima, questa, per quanto frequenti i Sacramenti e si
ecciti al fe rvore di spirito, non progredirà mai nelle vie della
perfezione e potrà quando che sia divenire sua preda, per la man-
canza della piena e perfetta cognizione di se stessa, e partico-
larmente dei lati più deboli e più accessibili ai suoi attacchi.
Ma perchè l'esame di coscienza torni realmente proficuo al
nostro spirito, bisogna che sia davvero quotidiano, che per nessun
pretesto ci dispensiamo dal farlo, e che lo facciamo come si con-
viene anche nella sua parte intrinseca.
Il demonio, quando non riesce a farcelo tralasciare del tutto ,
procura che lo facciamo trascuratamente, nel qual caso non si
conclude nulla , e, quel ch'è peggio, si ha ancora l'illusione di
averlo fatto. Ora, miei cari sacerdoti, S. Gregorio c'insegna che
per farlo come si conviene dobbiamo esaminare noi stessi con una
disquisizione sollecita, premurosa, sottile : sollecita inquisitione di-
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scernentes ( Mar., V, 6): dobbiamo studiare le nostre azioni fino
alla prima loro sorgente, il concepimento dell'idea , come hanno
fa tto e fanno tuttora i Santi: Electorum est actus suos, ab ipso
cogitationis fo nte, discutere (Ma r., II, 6) .
Il giardiniere che vuole aver ben ripulite le aiuole, non s'accon-
tenta di togliere quanto viene sopra la terra , ma va a cercare le
radici, e se arriva a estirparle interamente, può esser sicuro che
l'erbaccia non soffocherà più i fiori. Altrettanto dobbiamo far noi
coi nostri difetti: sradicarli senza misericordia.
Credo fuo r di proposito scendere agli altri particolari che so-
gliono inculcarsi per far bene quest'esame, perchè già si conoscono,
e d'altronde non mancano libri ascetici che ne trattano sapien-
temente : non tralasciamo però di rileggere di quando in quando
le norme a ciò relative.
26.... Sopratutto l'esame particolare.
Oltre all'esame generale i maestri della vita di perfezione rac-
comandano pure quello particolare: il primo riguarda tutti i
mancamenti commessi nella giornata, il secondo una sola specie di
essi. « Il demonio - dice S. I gnazio - imita un capitano che vuol
prendere in poco tempo una fo rtezza , dove spera di fare un ricco
bottino. Egli si accampa, considera le forze e la posizione di que-
sta fortezza , e l'attacca dal lato più debole . Così fa il nemico del
genere umano. Egli incessantemente gira attorno a noi, esamina
minutamente come stiamo quanto alle virtù teologali, cardinali,
morali, e scoperto in noi il lato debole e meno provvisto di salu-
tare difesa, da questo ci attacca e cerca di farci sua preda. »
Il lato più debole dell'anima nostra è quello dell'inclinazione na-
turale, è la passione o cattiva consuetudine che vien chiamata
« passione dominante »: e da questo lato dobbiamo con maggior
attenzione provvedere a fortificarci contro gli assalti del nostro ne-
mico; il che si ottiene principalmente coll'esame particolare.
La ricerca della passione dominante diviene tanto più mala-
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gevole, quanto più uno si avanza nella perfezione, specie quando
gl'impulsi sensibili della grazia muovono l'anima più gagliarda-
mente e ne quietano i moti cattivi.
Per scoprirla dobbiamo anzitutto invocare i lumi dello Spirito
Santo con assidua preghiera. Poi esaminiamo diligentemente e a di-
verse riprese quali siano i nostri pensieri abituali, di quali si occupi
la nostra mente la mattina al nostro primo destarci; quale sia il sog-
getto dei sogni a cui ci lasciamo andare nei momenti di solitudine;
quale la sorgente più comune delle nostre gioie e delle nostre
tristezze; quale la causa del nostro affanno nell'ora dello scon-
forto; quale il motivo che ci conduce ad operare, e che ordina-
riamente ispira la nostra condotta; quale l'origine delle nostre
mancanze, e via dicendo.
Tutti questi sentimenti possono, è vero, avere altre cause acci-
dentali, ma il più delle volte sono soltanto la conseguenza di una
disposizione interna, d'una condotta abituale, che costituisce la pas-
sione dominante. Possiamo anche scoprire questa passione po-
nendo mente agli attacchi del tentatore, il quale ci conosce meglio
che non ci conosciamo noi stessi, e ci batte da quella parte dove
è più facile riportare vittoria.
E trovata che l'abbiamo, bisogna tosto por mano a sradicarla.
Quando i difensori d'una fortezza conoscono il lato debole, dove
il nemico darà l'assalto e tenterà di far breccia, su questo punto
concentrano i loro sforzi. E quel che si deve fare prima di tutto è
di allontanare il pericolo.
In tal modo col fortificarci non solo si trova un riparo, ma si
assicura anche la vittoria; perchè, soggiogato il difetto predo-
minante, il demonio è vinto, e i suoi tentativi susseguenti non
sono più temibili ; che anzi torneranno di vantaggio piuttosto che di
danno all'anima nostra. Non dobbiamo tuttavia lusingarci di ri-
portare questa vittoria definitiva in un sol colpo. Fintantochè non
avremo fatto serii progressi nella pietà, fintantochè non avremo
acquistato il vero fervore della vita spirituale, il difetto domi-
nante si conserverà molto forte in noi; ma se ingaggeremo la lotta,
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se la continueremo con coraggio e con perseveranza, saremo sicuri
di raggiungere il grado di perfezione proprio della nostra santa
vocazione.
Per l'esame particolare si può seguire uno dei tanti metodi sug-
geriti dai maestri di spirito. Quello però che arreca maggiormente
utilità è l'aggiungere a tale esame una sanzione, vale a dire una
penitenza per ogni mancanza che si commette. Questa penitenza
può consistere in qualche orazione o in determinate mortificazioni:
così si sconta la mancanza, e si è spinti a far più attenzione per
l 'avvenire .
Se l'esame particolare è sommamente utile e pressochè neces-
sario all'anima nm,tra , tutto ciò che è forma , metodo, procedi-
mento, ha un'importanza secondaria. Ognuno quindi l'adatti ai
suoi bisogni personali . Ora questo adattamento consiste quasi
sempre nel semplificare, man mano che si progredisce nella cono-
scenza di se stessi, la propria vita, nel concentrare i pensieri, gli
affetti, gli atti , le tendenze sopra un unico punto... E questo punto
sarà per lo più di poter arrivare a conoscere quale sia la volontà di
Dio in quel dato momento, in quella situazione, di fronte a
quelle opere, a quelle difficoltà, dopo quelle cadute, con quel tem-
peramento, ecc. Allora l'anima, conoscendo ciò che Iddio vuole da
lei, si applicherà a darglielo, si esaminerà ogni giorno se abbia
raggiunto l'ideale voluto e scelto sotto lo sguardo di Dio.
Allora il controllo sotto forma di statistica rigorosa non s'im-
pone più, quantunque un controllo vi sia sempre. Allora l'anima
farà tutti i sacrifizi che l'amore domanda. E l'esame particolare di
un'anima che comincia a salire, è il sacrifizio passato allo stato di
regola di vita.
Mi resterebbe ancora a dire delle divozioni nostre particolari e
delle virtù che il salesiano deve possedere in quanto è educatore
della gioventù ; ma trattandosi di cose che sono già state ripetu-
tamente inculcate, specie nelle preziosissime lettere dell'indimenti-
cabile nostro D. Rua, mi limiterò a fare in proposito solo qualche
osservazione concernente i sacerdoti in particolari.
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27. Le nostre divozioni.
Noi sacerdoti dobbiamo amare e far amare le due divo-
zioni che più ci ha inculcate il nostro Ven. Padre, cioè la divo-
zione all'Eucarestia e quella a Maria Ausiliatrice. Dai suoi sogni
egli aveva appreso come in questi ultimi tempi, in cui pare che il
male trionfi e vada sempre più dilagando, l'Ostia Santa e l'Auxi-
lium Christianorum dovessero ritenersi le due colonne fondamen-
tali, i due primarii mezzi di salvezza per la società cristiana.
Chi guarda la cosa superficialmente, potrà forse obiettare che
queste due divozioni sono di tutti i tempi e di tutti i fondatori
di società religiose, e che perciò si esagera nel presentarle come
proprie quasi soltanto dell'opera di Don Bosco. È vero, sì, sono di
tutti i tempi, ma il modo usato dal nostro buon Padre per diffon-
derle e per farle amare, e da lui lasciato in retaggio a' suoi figli ,
è nuovo e proprio tutto nostro.
Questo modo, o meglio segreto, non è scritto in alcun libro,
ma è diffuso nella vita e negli scritti di D. Bosco, e si respira,
per dir così, in tutte le nostre case; perciò lo posseggono bene
coloro che in queste hanno ricevuto la loro educazione; mentre
quelli che vengono da noi in età più avanzata, più di rado riescono
ad assimilarselo perfettamente.
Questo semplice rilievo basta a farci capire come la diffusione
delle divozioni suddette dipenda quasi unicamente dall'instillarle
con azione insensibile ma costante nel cuore dei giovani, che la
Provvidenza ci affida. E siccome non si può dare ciò che non si ha,
così dobbiamo cominciare ad avere noi stessi questa divozione,
questo vivo e fervente amore all'Eucarestia e a Maria Ausiliatrice,
per poterlo comunicare agli altri.
Gioverà a far amare l'Eucarestia la nostra fede nella presenza
reale di Gesù Cristo, fede che noi cercheremo di manifestare in
tutte le nostre azioni, dalla più piccola alla più grande, nella genu-
flessione davanti al Tabernacolo, come nella devota celebrazione
del S. Sacrifizio.
Parliamo spesso ai giovani di Gesù Sacramentato, del suo amore
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per noi; incitiamoli a fargli frequenti v1s1te, dandone noi per i
primi l'esempio, e magari accompagnandoci con loro; esortiamoli
alla Comunione frequente, anzi quotidiana, mettendo in pratica
tutte le industrie di cui faceva uso D. Bosco; infine facciamo di
tutto per mantener in fiore la Compagnia del SS . Sacramento, senza
pretendere di riformare il Regolamento, che fu approvato da D.
Bosco medesimo. L'amore all'Eucarestia sarà anche il miglior
mezzo per suscitare nei nostri giovani la vocazione sacerdotale e
religiosa.
Ma per far fiorire questa divozione è utilissima quella a Maria
SS.: ad Jesum per Mariam! Vari sono i titoli e gli esercizi di pietà
approvati dalla Chiesa, coi quali possiamo onorare la nostra Madre
Celeste; ma noi Salesiani dobbiamo dare la preferenza al titolo e
alla divozione dell'Ausiliatrice Immacolata; poichè in questo nome
è nata e si è svolta tutta l'opera di D. Bosco, ed è questa la divo-
zione che il nostro buon Padre ci ha raccomandata .
A diffonderla aiuterà molto il largo uso della benedizione di
Maria Ausiliatrice ( di cui ogni sacerdote salesiano dovrebbe sa-
pere la formala a memoria), facendone conoscere l'intima efficacia
ed eccitando la fiducia del popolo col racconto dei prodigi che
con essa otteneva D . Bosco; nè a tal fine gioverà meno il sostenere
e far conoscere l'Associazione dei Divoti di Maria Ausiliatrice,
canonicamente eretta in Arciconfraternita in Torino e arricchita
dalla S. Sede di numerose indulgenze: Associazione che ogni
salesiano deve premurosamente diffondere, come inculcano le
nostre Costituzioni ( art. 6, e). Similmente si abbia zelo nel pro-
muovere e nel prestarsi a celebrare solennemente il pio esercizio
del 24 d'ogni mese in onore della Vergine Ausiliatrice, a cui sono
pur annessi tanti favori spirituali.
28.... Per l'esercizio delle virtù.
Tutti questi esercizi e divozioni debbono essere da noi
ordinati al conseguimento delle virtù necessarie alla nostra santi-
ficazione. Fra queste virtù non sono certo da trascurare quelle
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dette umane o naturali, che formano l'uomo nel senso genuino
della parola, l'uomo di cuore e di carattere: come la bontà, la
rettitudine, la generosità, la costanza, ecc.
Ma la base granitica della nostra vita spirituale dev'essere co-
stituita dalle virtù cristiane: fede, speranza, amor di Dio e del
prossimo, religione, umiltà, mortificazione, povertà, castità, obbe-
dienza, giustizia, ed altre ancora. Il semplice elenco di esse do-
vrebbe destare in ciascuno di noi il ricordo delle esortazioni e
degl'incitamenti con cui i Superiori si sforzarono durante gli anni
della nostra formazione, e si sforzano tuttora, di spingerci innanzi
nella pratica di esse.
Le lettere e circolari dei nostri Padri contengono tesori di
ascetica salesiana; ed io mi auguro che i Direttori sappiano servir-
sene opportunamente a vantaggio di se stessi e dei confratelli da
loro dipendenti.
Nella pratica della virtù bisogna che evitiamo l'incostanza, cosa
non rara purtroppo nella nostra vita di continua, vertiginosa atti-
vità. Si è diligenti, ma poco appresso si diviene dissipati e molli .
Si dà prova talvolta di coraggio e di generosità; ma presto il
fervore si rallenta e si affievolisce. Si combattono per qualche
tempo i propri difetti, ma poi si torna da capo.
Altra condizione indispensabile per il fruttuoso esercizio della
virtù è il raccoglimento, che è l'anima d'ogni vita interiore. Esso
consiste nel chiudere il cuore, per quanto è possibile, alle occu-
pazioni e ai rumori mondani , per aprirlo alle aspirazioni del Cielo;
nell'evitare la dissipazione e vivere abitualmente alla presenza dì
Dio, al che occorre e basta veramente un po' di buona volontà.
Quantunque sovraccarichi di occupazioni, purchè sappiamo
disporre le cose, possiamo trovare buoni momenti di calma e di
pace. Anche senza vivere da cenobiti, è sempre possibile riserbarsi
qualche ora di quiete; e se vi son giorni in cui non abbiamo un
minuto a nostra disposizione, non ne mancano però altri in cui
godiamo d'una certa libertà.
Del resto, pur in mezzo a continue occupazioni, si può benis-
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47.10 Page 470

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simo mantenersi nel raccoglimento, seguendo gli ammaestramenti
del nostro Santo Patrono a Filotea, che D. Bosco seppe pra-
ticare in modo cosi perfetto:
» Fra giorno, egli dice, riconduci l'anima il più spesso pos-
sibile alla presenza di Dio... osserva ciò che fa Dio e ciò che fai tu;
vedrai i suoi occhi rivolti verso di te, e su te sempre appuntati con
un affetto indicibile. O Dio, gli dirai, perchè non miro sempre te
come tu miri me? Perchè, o mio Signore, pensi così spesso a me,
che penso cosi poco a te? Dove siamo, o anima mia? il nostro
posto è in Dio, ed ora invece dove ci troviamo?
» Ricordati adunque di raccoglierti spesso nella solitudine del
cuore, mentre col corpo sei in mezzo alle conversazioni e agli affari.
Nè questa solitudine mentale può in alcun modo essere disturbata
dalla moltitudine di quelli che ti stanno d'intorno: poichè, se stanno
intorno alla tua persona, non istanno già intorno al tuo cuore,
che da solo a solo può in verità rimanere alla presenza di Dio...
» Aspira a Dio molto spesso con brevi, ma ardenti moti del
cuore : ammira la sua bellezza, invoca il suo aiuto, gettati in ispi-
rito ai piedi della sua Croce; adora la sua bontà, interrogalo spesso
sulla tua salvezza; donagli mille volte al giorno l'anima tua; fissa
lo sguardo interiore sulla sua benignità; tendi la mano verso di
lui; come un povero bambino verso suo padre, perchè ti sia di
guida; ponilo sul tuo petto come un mazzolino odoroso, pian-
talo nel mezzo dell'anima tua come uno stendardo; ed eccita molti
e varii affetti nel tuo cuore, per accendere in te l'amor di Dio,
un'appassionata e tenera dilezione di questo sposo celeste...
» Nè quest'esercizio è gran che malagevole, potendosi senza
pregiudizio intercalare a tutti i nostri affari e a tutte le nostre
occupazioni; perchè tanto in questi ritiri spirituali quanto in
questi slanci interiori tutto si riduce a piccole e brevi diversioni ,
le quali, anzichè d'impedimento , sono molte volte d'aiuto a prose-
guire ciò che stiamo facendo ... ». ( Filotea, II, 12, 13) .
Nel leggere questa bellissima pagina della Vita divota non
ci par forse di vedervi un tratto della fisionomia morale del no-
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48.1 Page 471

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stro buon Padre e modello? E non ci par facile, con un po' di
buona volontà, riuscire ancor noi a vivere in questo modo, rac-
colti in intima e continua unione con Dio?
29. Lo spirito di mortificazione.
Non meno necessario, per poter esercitare in modo perfetto
le virtù religiose, è il rinnegamento di se medesimo. « Chi non
vince mai le proprie ripugnanze, diviene sempre più delicato »,
dice S. Francesco di Sales.
L'abneget semetipsum del Vangelo è la condizione essenziale
della nostra perfezione religiosa; la mortificazione in tutte le sue
multiformi applicazioni quotidiane, toglie dal cuore ogni in-
gombro, dà all'anima la libertà, alla mente un criterio più retto e
più aperto alle divine aspirazioni; e avvezzandoci a piegare la
nostra volontà sotto l'impero della fede, ci rende più facili tutte
le altre virtù: l'obbedienza, la quale non è che la sottomissione della
propria volontà a quella dei Superiori; l'umiltà, la quale non è che
la mortificazione dell'amor proprio; la carità, la quale consiste nel
dimenticare se stesso per gli altri; e sopratutto la pazienza, che è
compagna indivisibile della mortificazione, perchè solo chi sa ac-
cettare le croci mostra di essere morto a se stesso e a tutti i pro-
pri affetti.
Chi invece s'avvezza a cercar dappertutto la propria soddisfa-
zione, chi dà retta sempre ad ogni capriccio, finisce per amare i
propri difetti, e perde il desiderio di emendarsene. Allora non
ascolta più ragioni, tiene la mente schiava delle proprie incli-
nazioni, inganna deliberatamente se stesso, e vive ribelle agl'im-
pulsi della grazia.
Scrive a questo riguardo un pio autore: « Vi sono dei religiosi
che nulla ricusano ai loro sensi. Se immaginano di aver freddo .
vogliono riscaldarsi, se pensano di aver fame vogliono mangiare.
Se vien loro in mente qualche divertimento, vi si dànno senza
stare a pensarci su, sempre risoluti a prendersi tutte le soddisfa-
zioni, senza quasi sapere praticamente in che consista la morti-
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48.2 Page 472

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fìcazione. Quanto ai loro uffici, li adempiono a maniera di sgravio,
senza spirito interiore, senza gusto e senza frutto ... Non esami-
nano che molto superficialmente lo stato della loro coscienza. Vi-
vendo essi in un sì profondo oblio di se medesimi, un'infinità di
oggetti passa ogni giorno nella loro mente, e il loro cuore è tra-
sportato fuori di sè, e come ubbriacato dallo schiamazzo delle
cose esteriori . Tali religiosi possono trovarsi spesso in pericolo
più grave che i secolari». (Lallemant, II , Princ., 2, cap. Il).
Guardiamoci dunque con ogni cura, miei cari sacerdoti, dal
cadere in uno stato così miserando e fatale: pratichiamo, ad imi-
tazione del nostro Ven. Padre, una continua mortificazione dei
sensi, della gola, di tutte le passioni; rendiamoci padroni del
nostro cuore, moderando gli affetti di simpatia, di sensibilità, di
collera, di avversione, in guisa da tenerli sempre soggetti alla retta
ragione, e da indirizzarli costantemente alla maggior gloria di Dio
e al bene del prossimo.
Le nostre Costituzioni non c'impongono speciali mortificazion i,
all'infuori del digiuno del venerdì in onore della Passione di N .
S. Gesù Cristo; vogliono però che « ciascuno sia pronto a soppor-
tare quando occorra, il caldo, il freddo, la sete, la fame , le fatiche ,
il disprezzo, ogni qualvolta queste cose giovino alla maggior gloria
-di Dio, allo spirituale profitto degli altri e alla salvezza dell'anima
propria » ( Art. 100) .
Ricordiamoci inoltre della risposta , degna di tutta la nostra
riflessione, che fu data a D. Bosco in un sogno, allorchè domandò se
la sua Congregazione sarebbe durata molto: « La Congregazione
vostra durerà fino a che i soci ameranno il lavoro e la temperanza.
Mancando una di queste due colonne, il vostro edifizio ruinerà,
schiacciando superiori e inferiori ed i loro seguaci. Lavoro e tem-
peranza siano dunque la nostra quotidiana mortificazione ».
30. Santifichiamoci!
Ma è tempo ormai che ponga termine a questa mia. Miei
carissimi confratelli sacerdoti, non dimentichiamo mai che D .
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48.3 Page 473

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Bosco anche dal Paradiso ci chiede continuamente che lo aiutiamo
a salvare l'anima nostra, cioè a santificarci; ed io non so trovare
a questo mio scritto una chiusa migliore delle parole con le quali
egli nel gennaio del 1884 ci animava ad aiutarlo nella grande im-
presa: « Le cose che voi dovete praticare, affine di riuscire in
questo grande progetto, potete di leggieri indovinarle. Osservare le
nostre Regole, quelle Regole che S. Madre Chiesa si degnò appro-
vare per nostra guida e per il bene dell'anima nostra , e per il van-
taggio spirituale e materiale dei nostri amati allievi.
» Queste Regole noi le abbiamo lette, studiate, ed ora for-
mano l'oggetto delle nostre promesse, e dei voti con cui ci siamo
consacrati al Signore. Pertanto io vi raccomando con tutta l'anima
mia, che niuno si lasci sfuggire parole di rincrescimento, o peggio
ancora di pentimento di essersi in simile guisa consacrato al Signo-
re. Sarebbe questo un atto di nera ingratitudine. Tutto quello che
abbiamo o nell'ordine spirituale o nell'ordine temporale, appar-
tiene a Dio; perciò quando nella professione religiosa noi ci con-
sacriamo a Lui , non facciamo altro che offerire a Dio quello che
Egli stesso ci ha, per così dire, imprestato, ma che è di sua asso-
luta proprietà.
» Noi pertanto, recedendo dall'osservanza dei nostri voti, fac-
ciamo un furto al Signore, mentre davanti agli occhi suoi ripren-
diamo, calpestiamo, profaniamo quello che gli abbiamo offerto,
e che abbiamo riposto nelle sue sante mani. Qualcuno di voi po-
trebbe dire : L'osservanza delle nostre Regole costa fatica . L'osser-
vanza delle Regole costa fatica a chi le osserva mal volentieri,
a chi ne è trascurato. Ma ai diligenti, a chi ama il bene dell'anima ,
quest'osservanza diviene, come dice il Divin Salvatore, un giogo
soave, un peso leggero: "Jugum meum suave est, et onus meum
leve ".
» E poi, miei cari, vogliamo forse andare in paradiso in car-
rozza? Noi appunto ci siamo fatti religiosi, non per godere, ma
per patire e procurarci meriti per l'altra vita; ci siamo consacrati
a Dio non per comandare, ma per obbedire; non per attaccarci
471

48.4 Page 474

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alle creature, ma per praticare la carità verso il prossimo, mossi dal
solo amor di Dio; non per fare una vita agiata, ma per essere
poveri con Gesù Cristo; patire con Gesù Cristo sopra la terra, per
farci degni della sua gloria in cielo.
» Animo dunque, o cari ed amati figli : abbiamo posto la mano
all'aratro, stiamo fermi: niuno di noi si volti indietro a mirare il
mondo fallace e traditore. Andiamo avanti! Ci costerà fatica, ci
costerà stenti, fame, sete e forse anche la morte: noi risponderemo
sempre: Se ci diletta la grandezza dei premii, non ci devono per
niente sgomentare le fatiche che dobbiamo sostenere per meri-
tarceli: Si delectat magnitudo praemiorum, non deterreat cer-
tamen laborum ».
La protezione teneramente materna della nostra Ausiliatrice e
la sua potente benedizione sia sempre con noi, e ci aiuti a perse-
verare nel divino esercizio fino al nostro ultimo respiro, con la
certa e soave speranza di poter andare subito a tener compagnia
al nostro buon Padre e a tutti i santi confratelli, nel bel Paradiso.
Così sia.
Vostro aff.mo in C. f.
Sac. PAOLO ALBERA.
472

48.5 Page 475

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XLI
Preghiere per gli ex-allievi
Divozione a Maria SS. Ausiliatrice
l. Dai Congressi Ex-Allievi e Cooperatori Salesiani fioritura di Opere. -
2. Dagli Ex-Allievi domanda di particolare « Ave Maria», nelle preghiere
dei nostri alunni. - 3. Testo della proposta. - 4. Occasione di maggior
pietà Mariana per l'incipiente Mese di Maggio.
Carissimi,
Torino, 24 aprile 1921.
1. Dopo i Congressi Internazionali degli Ex-Allievi e dei Coo-
peratori Salesiani, che si sono tenuti l'anno scorso, in occasione
della solenne inaugurazione del Monumento al nostro Ven. Padre
D. Bosco, i vincoli che univano già gli uni e gli altri alla nostra
Congregazione si sono fatti sempre più stretti e sempre più te-
naci . Tutti infatti possiamo constatare, con un senso di vero con-
forto, l'attività spiegata tanto dai Cooperatori quanto dagli Ex-Al-
lievi, dopo quelle solenni adunanze. Dappertutto sorsero nuovi
gruppi; quelli che erano dispersi o indifferenti procurarono di
unirsi agli altri e di scuotere la propria apatla, per lavorare secondo
lo spirito di D . Bosco, e realizzare così i Deliberati dei Congressi
celebrati.
473

48.6 Page 476

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È tutta una fio ritura di nuove opere che va sviluppandosi e
prendendo forma propria, dovunque giunge amato e venerato il
nome del nostro buon Padre.
Tutto ciò è oltremodo confortante, perchè ci fa conoscere
quanta vitalità riserbi ancora questa nostra Pia società, sorta da
tanto umili principii, e perchè discopre ai nostri occhi la gran-
dezza della mente divinatrice del nostro Venerabile Padre, quando ,
guidato certamente dalla Divina Provvidenza, pose mano a ge t-
tar le fondamenta di questa sua opera principale, che da sola è ca-
pace di rendere immortale il suo nome.
Ma in mezzo a tanta operosità, in mezzo a tanto fervore di
entusiasmo, quello che maggiormente infonde nell'animo un sen-
timento di profonda contentezza, è il vedere quanto gli Ex-Allievi
si mostrino sempre più animati dello spirito del nostro Istituto, che
è spirito di pietà, spirito di religiosità.
2. Dagli ex-Allievi domanda di particolare « Ave Maria» nelle
preghiere dei nostri alunni.
Questi buoni figliuoli , ricordando con pensiero nostalgico, nei
giorni del Congresso, i bei giorni della loro fanciullezza, pas-
sati nella dolce intimità della vita famigliare delle nostre Case,
espressero con tenerezza filiale il desiderio di essere ricordati tut ti
i giorni da coloro ch 'essi venerano come padri e fratelli maggiori
nelle preghiere che inalzano al Signore. Oltre alla delicatezza del
pensiero e del sentimento, che si ammira nell'espressione di que-
sto desiderio, vi è in esso tutta la realtà del nostro sistema educa-
tivo, che ha lasciato nel cuore e nell'animo dei nostri carissimi Al-
lievi un'impronta indelebile, e che deve formare per noi la più
dolce ricompensa per le nostre fatiche, e lo stimolo potente per
non allontanarci menomamente dagl'insegnamenti educativi del
nostro Padre.
Fu per me un soave conforto soddisfare a questo desiderio
filiale , e, per quanto nessun Salesiano certamente abbia mai omesso
nelle sue preghiere un ricordo per tutti coloro che ci son cari come
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48.7 Page 477

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figli, mi parve opportuno che degli Ex-Allievi si facesse speciale
menzione nella Preghiera e Consacrazione a Maria SS. Ausiliatrice,
che siamo soliti di recitare in comune quotidianamente; intendendo
con ciò non solo d'implorare sopra di loro la protezione di questa
nostra celeste Madre, ma anche di rinnovare, insieme con la nostra,
la loro consacrazione a Colei, a cui D. Bosco volle che tutti i suoi
fossero consacrati per sempre.
Ora gli Ex-Allievi, avendo conosciuto questo atto compiuto
dai Salesiani per soddisfare il loro desiderio, pieni di riconoscenza,
per mezzo del Comitato Federale, che tutti li rappresenta, avan-
zano un'altra domanda, non meno cara e non meno gentile della
prima.
Domandando che i figli di D. Bosco li ricordassero nelle loro
orazioni al Signore, essi vollero dimostrare quanto sentano ancora
fortemente i vincoli che a noi li uniscono; con la domanda che
ora presentano, essi ci fanno intendere che vogliono formare con
noi e coi nostri giovanetti ancora una sola famiglia , sotto il manto
materno della nostra celeste Ausiliatrice.
lo non saprei meglio esprimervi il loro desiderio, che riferen-
dovi integralmente la proposta che mi trasmise il Comitato Fede-
rale degli Ex-Allievi, nella data memoranda dell'anniversario della
morte di D. Rua , di s. m. Eccola:
3. Testo della proposta.
« Proposta al Rev.mo Don Paolo Albera d'un 'Ave Maria da
recitarsi dagli alunni di tutti gl'Istituti Salesiani per gli Ex-Allievi.
CONSIDERANDO:
1 ) Che nella Preghiera a Maria SS. Ausiliatrice, che tutti 1
Salesiani recitano al mattino, fu introdotta la frase Ex-Allievi fra
le categorie di persone per le quali si invocano le benedizioni
materne della nostra Regina; e di ciò si dà umilissimo, ma senti-
tissimo ringraziamento e plauso al Superiore Generale, a nome di
tutti gli Ex-Allievi ;
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48.8 Page 478

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2 ) Che un ricordo speciale nelle preghiere degli alunni a favore
degli Ex-Allievi è insieme utilissimo dal punto di vista sopran-
naturale ed efficacissimo dal punto di vista pedagogico, perchè abi-
tua la mente del giovanetto all'idea della federazione, al senti-
mento della fratellanza, e più tardi, quando sarà fuori, può susci-
targli un caro ricordo o un salutare freno , o un richiamo, o un
rimorso ...
Il Comitato Federale, umilmente, ma calorosamente ed unani-
memente porge preghiera e fa voti:
Che nelle preghiere, per tutti gli alunni degli Istituti Salesiani
sia anche prescritta questa: Per gli Ex-Allievi: Ave Maria, e sia
distinta e non confusa con altre.
Torino, Oratorio, 6 aprile 1921.
XI Anniversario della morte di Don Rua.
IL COMITATO FEDERALE ».
Conviene che vi dica che questo atto compiuto dai nostri caris-
simi Ex-Allievi mi ha profondamente commosso. Io vedo che lo
spirito di D. Bosco aleggia continuamente attorno agl'innumere-
voli suoi figliuoli ; scorgo che le opere nostre apportano frutti
copiosi di bene nei cuori e nelle anime e mentre ne ringrazio
la Vergine Ausiliatrice, ne traggo l'auspicio a sperar sempre meglio
per l'avvenire.
Comprenderete pertanto facilmente che, se fu per me di non
lieve conforto esaudire la prima domanda degli Ex-Allievi, non
minore conforto provo ora nell'esaudire questa seconda. Ed è per
questo che sono venuto nella deliberazione, che nelle preghiere
che si recitano in comune, e più precisamente nelle preghiere della
sera, dopo recitato il Pater, Ave, Gloria per la Beatificazione del
Ven. D . Bosco, si aggiunga un'A ve Maria per i nostri carissimi
Ex-Allievi, con questa forma: Per gli Ex-Allievi: Ave Maria, etc.
Tale aggiunta dovrà essere pure inserita nella nuova edizione del
Manualetto: Pratiche di pietà in uso nelle Case Salesiane.
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48.9 Page 479

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4 . Occasione di maggior pietà Mariana per l'incipiente Mese di
Maggio.
Questo fatto mi porge l'occasione propizia di dirvi una pa-
rola d'incitamento, se ve n'è bisogno, per animarvi sempre più ad
una tenera e viva divozione alla nostra Madre celeste, Maria SS .
Ausiliatrice, nell'inizio del mese a Lei consacrato.
Noi, figli di D. Bosco, tutto dobbiamo a Lei, e questo pensiero
dobbiamo tenerlo sempre fisso nella mente, perchè sia l'anima della
nostra divozione verso di questa nostra Madre.
Non è una divozione qualunque che dobbiamo praticare verso
Maria SS. Ausiliatrice, ma è una divozione filiale, che deve sgor-
gare perennemente dal nostro cuore pieno di gratitudine, per quello
che siamo, come Salesiani, per quello che, come Salesiani, abbiamo
fatto e facciamo, e per quello che, come Salesiani, abbiamo ottenuto
e speriamo di ottenere di bene per noi e per gli altri.
Questo è e deve essere il fondamento dell'amor nostro speciale
a Maria SS. Ausiliatrice, e il contrassegno che deve distinguere la
nostra divozione verso di Lei, da quella che potremmo avere verso
la SS. Vergine onorata sotto qualsiasi titolo. Maria SS. Ausiliatrice
è la nostra Madre.
Se pertanto in ogni tempo ci stringiamo affettuosamente attorno
a Lei, con maggiore intensità, con maggiore tenerezza mettiamoci
sotto il suo materno manto in questo mese a Lei consacrato, e
stando continuamente vicini a Lei, mostriamole il nostro amore fi.
liale con l'esatto adempimento dei nostri doveri e con la scrupolosa
osservanza delle Costituzioni, come se negli uni e nelle altre tro-
vassimo l'espressione di quanto desidera da noi questa celeste Ma-
dre: Si diligitis me, mandata mea servate ( lo., XIV, 15) .
Nè limitiamo la nostra divozione a noi soli: diffondiamo ognor
più la divozione a Maria SS. Ausiliatrice in ogni ceto di persone. È
un ordine che D. Bosco lasciò ai suoi figliuoli, e che noi dobbiamo
tenerci onorati di poter eseguire. Diffondiamo sopratutto que-
sta divozione mediante l'Associazione dei Divoti di Maria Ausilia-
trice, facendola fiorire col solennizzare convenientemente la Com-
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48.10 Page 480

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memorazione al 24 d'ogni mese, e accrescendo il numero degli
iscritti, e delle nuove istituzioni dell'Associazione. L'anno scorso la
S. Sede largì varii favori spirituali a benefizio di questa Pia Asso-
ciazione, e in relazione con la Commemorazione del 24 d'ogni
mese; voglio sperare che tali favori non siano stati concessi invano,
ma che in tutte le nostre Case si farà il possibile per adempiere
quelle poche pratiche a cui sono annessi tanti benefizi spirituali.
Si abbia poi particolare impegno di diffondere la divozione a
questa nostra Madre anche tra i nostri Cooperatori. Essi dovreb-
bero appartenere tutti ai Divoti di Maria Ausiliatrice, perchè sono
i più diretti interessati a sostenere le nostre opere, che sono Opere
dell'Ausiliatrice; e a tal uopo si presta propizia l'occasione della
seconda Conferenza da tenersi ai Cooperatori nella ricorrenza della
festa della nostra celeste Patrona.
Mentre vi auguro che la celeste Ausiliatrice vegli sempre so-
pra di voi con tenerezza materna, mi raccomando alle vostre pre-
ghiere.
Afj-.mo in C. ].
Sac. PAOLO ALBERA.
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49 Pages 481-490

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49.1 Page 481

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XLII
Sulle vocazioni
1. « Da mihi liberos! ... ». - 2. La preghiera e l'opera nostra per le voca-
zioni. - 3. La genesi della vocazione. - 4. « Si vis perfectus esse!... ».
- 5. La vocazione è divina, ma libera. - 6. La chiamata del Vescovo e
l'accettazione del Superiore... - 7. Una risposta del Catechismo. -
8. Le vocazioni salesiane dipendono da noi! - 9. La vocazione secondo il
Ven . D. Bosco. - 10.... Nella visione paterna. - 11. Il segreto per avere
molte vocazioni. - 12. Un pescatore meraviglioso. - 13. « Come fa il
giardiniere delle piante... ». - 14. Siamo cercatori di vocazioni! - 15. La
caratteristica dello spirito salesiano.- 16. Il terreno più propizio per le
vocazioni. - 17. I veri apostoli delle vocazioni. - 18. L'attrattiva per la
purezza... - 19. Coltiviamo la purezza nei nostri giovani. - 20. La
missione del coadiutore salesiano. - 21. Ad maiora natus sum! -
22. Il bisogno di darsi e di sacrificarsi. - 23. Lo spirito soprannaturale.
- 24. Le virtù soprannaturali. - 25. Seminiamo le vocazioni. -
26.... Con la preghiera e le mortificazioni. - 27.... Con la santità per-
sonale. - 28. Deliberazioni del Capitolo Superiore. - 29. Ciò che
devono fare gli Ispettori. - 30 È indispensabile l'opera del Direttore.
- 31. La cooperazione di tutti. - 32. « Se nella mia fanciullezza ... ».
- Appendice.
Miei fratelli e figli dilettissimi,
Torino, 15 maggio 1921.
Pentecoste e inizio della Novena
di Maria Ausiliatrice.
1. L'anno scorso vi ho ripetutamente esortati ed eccitati ad
inalzare al nostro Ven. Padre, con la vostra condotta modellata sui
suoi luminosi esempi, il solo vero e vitale monumento degno di
lui e di noi. Con quelle mie esortazioni io intendevo principalmente
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49.2 Page 482

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di promuovere l'imitazione individuale degli esempi paterni; ma
insieme esse miravano altresl a suscitare in ognuno di voi un
amore più vivo e ardente per la nostra cara Congregazione, che,
uscita dal gran cuore del Padre, ha da trarre vita e incremento
dall'amore dei figli, ai quali egli l'ha lasciata in eredità preziosis-
sima.
Ora quest'amore alla Congregazione ci deve spronare non
solo a donarle tutte le nostre migliori energie, ma anche a sfor-
zarci continuamente di accrescere il numero de' suoi membri, con
una intensa ricerca e coltura di vocazioni salesiane, per metterla
in condizione di attuare sempre meglio, e in una cerchia sempre più
vasta, il suo programma, che è la gloria di Dio procurata me-
diante l'educazione della gioventù povera e abbandonata.
Perciò, miei carissimi, dopo avervi stimolati con tutte le mie
povere forze a ricopiare in voi stessi la cara immagine paterna, ora
voglio parlarvi dell'obbligo che abbiamo tutti di lavorare alacre-
mente a guadagnare a D. Bosco nuovi figli e imitatori, i quali alla
lor volta, seguendo il vostro esempio, abbiano a tramandare il
Padre vivente ad altri figli venturi.
Non lo sentite adunque anche voi, come lo sento io, come lo
sentono gli altri Superiori Maggiori, il gemito angoscioso della no-
stra amata Congregazione: Da mihi liberos, alioquin moriar?
(Gen., 31, I): dammi dei figli, altrimenti muoio? Essa vuole dei
figli, cioè molte nuove vocazioni religiose, perchè sono la condi-
zione indispensabile della sua vita e del suo apostolato. Il giorno
in cui venisse colpita da sterilità assoluta, sarebbe anche il giorno
della sua morte; e di questa veneranda madre della nostra reli-
giosa perfezione non resterebbe più che un freddo ricordo sto-
rico.
Per questo, prima D. Bosco, e poi l'indimenticabile Don Rua,
hanno tanto parlato e insistito sulla necessità di coltivar le voca-
zioni, con una frequenza che a taluno parve persino eccessiva: per
questo io pure ve ne scrissi diffusamente nella mia prima lettera
edificante del 31 maggio 1913, e più tardi (31 gennaio 1915) nel
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49.3 Page 483

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capo VIII della II parte del Manuale del Direttore, dove rac-
colsi quasi alla lettera le sapienti norme dei Padri nostri a que-
sto riguardo, affìnchè ogni direttore, avendole sempre alla mano,
potesse metterle più facilmente in pratica e farne argomento pre-
diletto delle sue conferenze. Per questo infine ho approfittato di
ogni occasione che mi sembrasse propizia, per animarvi anche solo
incidentalmente, a suscitare nuove vocazioni.
E le mie calde esortazioni, posso dirlo con vero e profondo
compiacimento, non rimasero lettera morta, ma produssero anzi
frutti eccellenti, dei quali va ora orgogliosa la nostra Pia Società.
2. La preghiera e l'opera nostra per le vocazioni.
Tuttavia mai forse come oggi si è sentito in tutta la sua dolo-
rosa verità il divino lamento: Messis quidem multa, operarii autem
pauci ( Matth. , IX, 37); la mèsse è cresciuta a dismisura, e troppo
scarso è il numero degli operai che si consacrano a raccoglierla,
per cui gran parte di essa va miseramente perduta. Sono stati so-
pratutto i terribili sconvolgimenti sociali di questi ultimi anni,
che hanno tolto alla Congregazione numerosi soggetti già formati,
rendendole insieme più difficile che mai la formazione di nuove
reclute.
Consci di tutta la gravità e urgenza dell'odierna situazione, i
Superiori Maggiori dedicarono parecchie delle loro laboriose adu-
nanze allo studio dei mezzi più efficaci per suscitare e coltivare
numerose e buone vocazioni; e io intendo ora di comunicarvi, o
miei carissimi, qualcuna delle tante cose proposte, che dopo maturo
esame furono ritenute più atte a raggiungere l'intento.
Ogni giorno, dopo la lettura spirituale, noi supplichiamo il
Cuore di Gesù che voglia mandare buoni e degni operai alla nostra
Pia Società, e conservarglieli... ut bonos et dignos operarios
Piae Salesianorum Societati mittere et in ea conservare digneris
te rogamus, audi nos. Questa preghiera è certo sommamente gra-
dita a Gesù benedetto e possiamo star sicuri che, per quanto di-
pende da Lui, noi avremo sempre tutte quante le vocazioni
481
31

49.4 Page 484

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che sapremo meritarci con l'opera nostra. Ora l'opera nostra con-
siste primieramente nel preparare il terreno propizio alle voca-
zioni, poi nel seminarle, e per ultimo nel coltivarle fino a perfetta
maturità.
In altri termini, la vitale questione delle vocazioni aspetta la
sua positiva soluzione da ciascuno di noi; e se la nostra Con-
gregazione non ne ha quante ne reclama l'abbondanza della mèsse
che le tien preparata la Provvidenza, forse, esaminandoci un po'
seriamente, dobbiamo confessare che tale scarsità di operai evan-
gelici proviene dal non aver noi quella prudente, premurosa, inces-
sante sollecitudine per le vocazioni, che si ammirava nel nostro
Venerabile Padre, in Don Rua, che ne fu il perfetto imitatore, e in
tanti altri ottimi confratelli, la cui memoria vivrà tra noi in bene-
dizione eterna.
3. La genesi della vocazione.
A far meglio comprendere ciò mi sembra conveniente, o
miei carissimi, di ricordare anzitutto con la maggior chiarezza pos-
sibile i principii fondamentali che regolano ogni vocazione: ci
saranno pure di grande aiuto a superare le difficoltà che avessimo
ad incontrare nell'impresa.
La vocazione in genere - cioè l'elezione di un determinato
stato di vita - viene da Dio, il quale, come è l'Autore di tutto il
creato, così anche ispira ad ogni anima ragionevole quale via essa
debba percorrere per conseguire il suo fine.
Però in generale Egli non comunica tale sua ispirazione in modo
straordinario, e neppure la palesa con segni tali di certezza da
non lasciare alcun dubbio sulla scelta; invece Egli suol porre, per
così dire, il germe della vocazione nelle doti stesse naturali che
compatte, in diverso grado e maniera, alle anime: cioè, pur creando
tutti gli uomini a sua immagine e somiglianza, pur determinando
a tutti il medesimo fine, secondo il suo beneplacito dà loro qualità
personali differenti, che li inclinano chi ad uno stato e chi ad un
altro; e per lo più forma attorno a ciascuno un ambiente adatto
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49.5 Page 485

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al pieno sviluppo di tali qualità, onde, quasi insensibilmente,
ciascuno è guidato ad abbracciare lo stato di vita più conforme
alla sua personalità, lo stato nel quale gli sarà più facile e sicuro
il conseguimento del suo fine ultimo.
Questa è, in via ordinaria, la parte di Dio nella vocazione delle
sue creature. L'abbracciare poi positivamente uno stato piuttosto
che un altro, è lasciato alla libera elezione personale, coadiuvata
dalla divina grazia ( che mai non manca a chi fa tutto il possibile
per non demeritarla), e dall'opera di quelli che sono incaricati
dello sviluppo e dell'educazione dei singoli individui.
Quali siano le vie di Dio, in questa distribuzione delle doti e
qualità, ci è esposto egregiamente da S. Tommaso. « La Provvi-
denza, egli dice, per regola generale non impone a nessuno uno
stato determinato di vita, ma dispone così bene i temperamenti e
le inclinazioni degli uomini, che, in seguito a libera elezione fatta
sotto questa duplice influenza, che per lo più raggiunge il suo
scopo, ogni carriera umana ha sempre un numero conveniente di
liberi candidati ( Supp ., q. 41, a 2 ad 4) ».
Ciò posto, il primo còmpito nostro riguardo alle vocazioni con-
siste nel vedere chi abbia le doti richieste per qualcuno dei varii
rami dello stato di perfezione; per il sacerdozio, o per il sem-
plice stato religioso, o per quello religioso-missionario; doti
che si possono ridurre a tre principalmente, vale a dire: scienza
sufficiente, probità di vita, retta intenzione.
4. « Si vis perfectus esse... ! ».
Lo stato di perfezione, appunto perchè tale, è lasciato alla
libera elezione delle anime. Si può dire con verità, o miei carissimi,
che ad ogni vocazione sacerdotale o religiosa si rinnova misteriosa-
mente la scena evangelica del giovane che chiede a Gesù cosa
debba fare per conseguire la vita eterna. Il Signore s'accontenta
dell'osservanza dei comandamenti: serva mandata. E la maggior
parte si ferma qui. Ma accanto a questo, che è per così dire il
programma minimo necessario per raggiungere il proprio fine,
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Gesù fa risuonare di continuo alle anime più generose, nei modi
più diversi e impensati, l'invito sublime: Si vis perfectus esse...!
E queste anime, quando siano ben guidate, non si rattristano
per tale invito, come il giovane del Vangelo, ma anzi ne esultano
di gaudio ineffabile, e si slanciano senza esitare sulla via ch'Egli
ha loro additata: Exultavit ut gigas ad currendam viam!
Ho detto: « quando siano ben guidate », e questa è la parte
dell'uomo, la parte nostra, nella formazione delle vocazioni.
Gesù non fa a nessuno un obbligo assoluto di ascoltare il suo
amorevole appello, perchè vuol rispettare nella creatura ragionevole
il gran dono della libertà, di cui Egli stesso l'ha ornata.
Quindi, perchè il germe della vocazione cresca e maturi i suoi
frutti, noi dobbiamo procurargli un ambiente propizio e circondarlo
delle più sollecite cure. « Dio - vi dicevo già nella mia prima
Lettera edificante - è l'autore delle vocazioni, ma non dimenti-
chiamo, o carissimi, che Egli vuole servirsi della nostra coopera-
zione per farle germogliare e fruttificare. In ogni vocazione c'è la
parte di Dio e la parte dell'uomo. Ogni chiamata alla vita religiosa
e all'apostolato ha la sua naturale feconda sorgente nel cuore
di Dio.
» E Dio, perchè ama la Chiesa, perchè ama gli istituti religiosi
che la servono, perchè ama le anime e vuol salvarle, incessante-
mente e a piene mani getta i germi della vocazione nel cuore dei
suoi figli. Ma come la mèsse dei campi viene a maturità per l'unione
delle fatiche dell'uomo e delle benedizioni del Cielo, così le
vocazioni non si sviluppano senza l'opera nostra.
» Quindi dobbiamo lavorare in esse come se la riuscita dipen-
desse solo da noi, senza però mai perdere di vista che ogni bene
viene da Dio: Omne donum perfectum desursum est, descendens a
Patre luminum (Jac., I, 17) ».
5. La vocazione è divina, ma libera.
Sì, ogni bene vien da Dio, quindi non solo il germe della voca-
zione, ma anche la nostra potenzialità e volontà di lavorare effìca-
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49.7 Page 487

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cemente per lo sviluppo e la maturazione di tali germi: utraque
autem sunt dona Dei ( Eccl. , I , 13). Perciò ogni vocazione sacerdo-
tale-religiosa è divina sia per la parte diretta che vi ha Dio stesso,
e sia per quella che lascia a noi giacchè in fondo anche il nostro
lavoro è dono suo: unusquisque proprium donum habet ex
Dea (I Cor. , 7, 7).
Ma perchè la vocazione possa giudicarsi divina, non è neces-
sario che Dio palesi direttamente la propria volontà alla persona
chiamata. Non già che Egli non chiami talora per rivelazione, o
per ispirazione diretta, ma tali chiamate straordinarie non sono
frequenti, nè formano la regola; e per lo più Egli le riserba solo
a coloro che destina a qualche missione particolare.
« Dio - scrive Cornelio a Lapide - lascia sovente alla libera
elezione di ciascuno la scelta del proprio stato di vita; tuttavia
una simile scelta può dirsi che viene da Dio in quanto che è da
Dio la direzione delle cause seconde e la provvidenza di ogni bene.
Dio infatti con la sua Provvidenza ordinaria dirige ciascuno per
mezzo dei parenti, degli amici, dei confessori, dei maestri e di
tutte le altre occasioni e cause seconde, le quali fanno sl che
l'uno abbracci il matrimonio e l'altro il sacerdozio: ma libera-
mente, giacchè queste cause direttrici non s'impongono necessaria-
mente, ma lasciano la libertà... Avvenuta la scelta, Dio dà a cia-
scuno le grazie conforme allo stato abbracciato... Scegli, dice San-
t'Ambrogio, lo stato che vuoi, e Dio ti darà la grazia propria e
conveniente per vivervi onestamente e santamente » ( Corn . a Lap. ,
inICor., 7, 7).
6. La chiamata del Vescovo e l'accettazione del Superiore...
Normalmente dunque la vocazione sacerdotale-religiosa con-
siste nella libera elezione di tale stato, fatta per motivi sopran-
naturali, nell'avere le qualità per esso richieste, e nella chiamata
del Vescovo, ovvero, per chi aspira ad entrare in una religione
approvata dalla Chiesa, nell'ammissione al noviziato e alla profes-
sione religiosa.
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49.8 Page 488

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Il Vescovo poi o il Superiore religioso, per poter legittima-
mente chiamare od accettare alcuno, basta che riscontrino in lui
la retta intenzione congiunta all'idoneità, cioè ad un complesso di
doti di grazia e di natura, ad una scienza, ad una probità di vita,
che diano fondata speranza ch'egli possa convenientemente adem-
piere gli uffici e i doveri della vita sacerdotale e religiosa; e prima
di questa chiamata od accettazione nessuno ha il diritto di farsi
ordinare sacerdote, nè di entrare in religione.
Questo è il concetto che della vocazione ci dà un autorevole
documento pubblicato negli Acta Apostolicae Sedis del 15 luglio
1912. Una Commissione di Cardinali nominata dal S. Padre, dopo
maturo esame, formulava sulla questione della vocazione sacerdo-
tale i seguenti principii, approvati dal Papa Pio X di s. m.: 1.
Neminem habere unquam ius ullum ad ordinationem antecedenter
ad liberam electionem Episcopi. - 2. Conditionem, quae ex parte
Ordinandi debet attendi, quaeque vacatio sacerdotalis appellatur,
nequaquam consistere, saltem necessario et de lege ordinaria, in
interna quadam adspiratione subiecti seu invitamentis Spiritus
Sancti, ad sacerdotium ineundum. - 3. Sed e contra, nihil plus
in Ordinando, ut rite vocetur ab Episcopo, requiri quam rectam
intentionem simul cum idoneitate in iis gratiae et naturae dotibus
reposita, et per eam vitae probitatem ac doctrinae suffi,cientiam
comprobata, quae spem fundatam faciant fare ut sacerdotii mu-
nera recte obire eiusdemque obligationes sancte servare queat.
Qui si parla solo della vocazione sacerdotale, ma è evidente che,
fatte le debite proporzioni, gli stessi principii valgono anche per
le vocazioni allo stato religioso.
7. Una risposta del Catechismo.
Ora, miei cari, questi principii non sono una novità, ma rias-
sumono in modo chiaro e preciso la pura dottrina della Chiesa
intorno alla questione della vocazione sacerdotale e religiosa,
dottrina già espressa nel catechismo pubblicato per ordine di Papa
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49.9 Page 489

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Pio X, dove è detto che « nessuno può entrare a suo arbitrio negli
Ordini, ma dev'essere chiamato da Dio per mezzo del proprio
Vescovo, cioè deve avere la vocazione, con le virtù e le attitudini
al sacro ministero, da essa richieste » ( Parte III, Sezione I, Cap.
VII, N. 403).
Anche qui è dichiarato espressamente:
a) Che nessuno può di propria testa accedere agli Ordini o
alla professione religiosa;
b) che il diritto di accedervi lo acquista chi è chiamato
da Dio;
c) che la chiamata si manifesta al soggetto per mezzo del
proprio Vescovo, o del Superiore religioso;
d) che chi è stato chiamato in tal modo ha la vocazione nel
suo significato genuino, come l'intendeva San Paolo quando pro-
clamava la gran legge: nec quisquam sumit sibi honorem, sed qui
vocatur a Dea ( Hebr., 5);
e) perchè, come spiega il Catechismo del Concilio di Trento,
si considerano chiamati da Dio quelli che son chiamati dai legit-
timi ministri della Chiesa: Vocari autem a Dea dicuntur qui a legi-
timis Ecclesiae ministris vocantur ( De Ordine);
f) che questa vocazione richiede nel soggetto le virtù e le at-
titudini necessarie per il sacro ministero e per la vita religiosa.
Pongasi mente alla conclusione che deriva dalle cose dette.
Perchè un giovane sia chiamato allo stato religioso o sacerdotale
basta ( con l'ammissione del legittimo Superiore, sempre necessaria)
ch'egli abbia l'idoneità per tale stato, ossia quel complesso di doti
di natura e di grazia, di scienza e di virtù per cui egli dia fondata
speranza di adempiere fedelmente i doveri di tale stato: e che
mosso da retta intenzione concepisca il proposito di dedicarsi al
sacerdozio o alla religione.
Questo proposito, si noti bene, può essere preparato, suggerito,
eccitato, rafforzato da opportuni consigli e da esortazioni anche
insistenti (purchè senza pressione morale che scemi la libertà)
dell'educatore, del confessore o di altra persona prudente.
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49.10 Page 490

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8. Le vocazioni salesiane dipendono da noi!
Ritornando ora al còmpito nostro riguardo alle vocazioni,
lavoriamo, ripeto, come se la loro riuscita dipendesse solo da noi, e
con l'intima persuasione che ne avremo quante il nostro zelo saprà
e vorrà suscitarne nell'àmbito del nostro apostolato.
La Sacra Congregazione di Propaganda Fide, in una sua Istru-
zione ai Vescovi delle Indie Orientali sulla conversione dei Gen-
tili, in data 19 marzo 1893, dichiara espressamente essere do-
vere dei Vescovi di cercare e formare il maggior numero possibile
dei più degni soggetti; e a suo tempo promuoverli agli Ordini
sacri: ut ad sacros ordines quamplurimos et quam aptissimos ad-
ducerent, instituerent et suo tempore promoverent ( 1 ). Ora, se
la Santa Chiesa fa dipendere dall'azione dei Vescovi l'aver nume-
rose vocazioni al sacerdozio, ne segue che le vocazioni religiose
alla lor volta dipendono in via ordinaria dall'azione dei membri di
ciascuna religione.
( 1) Cercare i candidati al sacerdozio, formarli e a suo tempo promuo-
verli agli Ordini sacri spetta ai Pastori preposti alla custodia del gregge
di Gesù Cristo. Se son veri pastori, essi non aspettano che Iddio mandi i
candidati al sacro ministero, ma li cercano con la cura amorosa con cui la
donna del Vangelo cerca la dramma smarrita: adducerent; trovatili, non
attendono che Dio li formi con grazie straordinarie, ma si dedicano essi
stessi alla formazione: instituerent; e solo dopo averli ben formati, li pro-
muovono: suo tempore promoverent. Con incessanti suppliche facciano
pure violenza al Signore perchè invii numerosi operai nella vigna evange-
lica: ma non dimentichino mai che l'invito del Maestro : ite et vos in vineam
meam (MATTH., 20, 7) lo possono e devono fare a quanti giovani credono
idonei all'alta missione. E siccome al dir di S. Tommaso, Dio non abban-
dona la sua Chiesa al punto che sia priva o quasi di ministri idonei, nè
che manchi del numero sufficiente per il bisogno del popolo cristiano
(Suppl. q. 36, articolo 4 ad 1): così troveranno sempre chi voglia abbrac-
ciare lo stato ecclesiastico-religioso. Mettano perciò tutto il loro impegno:
id potius curandum est, ut quae Deus humanae permisi! industriae, fide-
liter exequantur; ed il Signore non lascerà mai mancare le vocazioni sacre.
I Vescovi (diceva pure Benedetto XIV nell'Enciclica Ubi primum)
sogliono lamentarsi che la mèsse è molta e gli operai pochi: ma forse sa-
rebbe anche da lamentare che essi medesimi non usino tutte le dovute sol-
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50.1 Page 491

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Quindi, come i Vescovi sono strumenti principali nel suscitare,
formare e chiamare al sacerdozio soggetti idonei, cosl noi, o
miei carissimi, dobbiamo esserlo per le vocazioni salesiane: a tutti
incombe il dovere di suscitarne e formarne più che possiamo, ma
il diritto di chiamare definitivamente e di ammettere alla profes-
sione religiosa compete soltanto ai Superiori Maggiori.
È bensl vero che i Vescovi hanno direttamente da Dio la
missione di ammettere in suo nome al sacerdozio i candidati che
ne giudicano degni, mentre i Superiori che accettano e ammettono
alla professione religiosa ripetono la loro autorità direttamente
dalla Chiesa e solo mediatamente da Dio; tuttavia coloro ch'essi
ammettono alla professione, sono pure chiamati da Dio, perchè
vocari a Dea dicuntur qui a legitimis Ecclesiae ministris vo-
cantur.
9. La vocazione secondo il Ven. D. Bosco.
Grande è dunque il nostro còmpito, e grave la nostra responsa-
bilità, o miei carissimi confratelli e figliuoli! Il Venerabile D.
Bosco era solito dire che l'accettazione di un giovane in qualche
nostra Casa ( particolarmente nell'Oratorio di Valdocco) era un se-
gno prezioso di vocazione.
Non già che tutti i giovani delle nostre Case siano chiamati ad
abbracciare lo stato di perfezione; ma certo moltissimi di loro,
sotto l'influsso salutare dell'ambiente che li avvolge e li penetra,
verranno a conoscere di aver doti e qualità per poter aspirare a
tale eccelso stato, per cui un po' alla volta potranno anche libe-
ramente disporsi ad abbracciarlo.
lecitudini per formare operai idonei e in numero conveniente alla mèsse:
imperocchè non nascono, ma si fanno i buoni e valorosi operai, e la cura
di farli spetta principalmente alt'attività intelligente e alle industrie dei
Vescovi: BONI NAMQUE ET STRENUI OPERARII NON NASCUNTUR SED FIUNT;
UT AUTEM FIANT, AD EPISCOPORUM SOLERTIAM, INDUSTRIAMQUE MAXIME
PERTINET.
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50.2 Page 492

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In fatto di vocazione, il buon Padre possedeva la dottrina ge-
nuina della Chiesa ( come l'ho esposto or ora per sommi capi) :
quindi, perchè i suoi giovani fossero del tutto liberi nell'elezione
dello stato di vita, evitava ogni parola che potesse indicare una
qualsiasi imposizione e coercizione, sia da parte di Dio, come
delle circostanze individuali, famigliari o sociali.
Al di sopra di tutto egli poneva la salvezza dell'anima, la quale,
diceva, assolutamente parlando si può conseguire in qualunque
stato, purchè scelto e abbracciato dopo maturo esame delle pro-
prie doti e qualità personali, alla luce dell'al di là e sotto la guida di
persona esperta nelle vie del Signore.
E siccome senza una speciale rivelazione nessuno può sapere
con certezza i disegni eterni di Dio sopra di lui, cosi egli ritenne
che il còmpito suo, e quindi anche il nostro, riguardo alle
vocazioni, consistesse non già nello scrutare e indovinare tali di-
segni, ma sì nell'aiutare i giovani a scegliersi lo stato di vita più
conforme alle loro doti e inclinazioni particolari; perchè era sicuro
che con ciò avrebbero potuto più agevolmente conseguire l'eterna
salvezza.
Nel prezioso trattatello premesso alle nostre Costituzioni,
egli riassume, è vero, i sentimenti di Sant'Alfonso intorno alla vo-
cazione religiosa, e quindi a prima vista sembra inculcare la dot-
trina (prevalente ai tempi del Santo Dottore) che ciascuno sia
assolutamente predestinato ad un certo stato di vita, fuori del
quale corre grave pericolo di non aver le grazie necessarie per
salvarsi.
Ma a ben considerare, quelle pagine non sono per chi deve an-
cora scegliere la propria vocazione, sibbene per chi l'ha già scelta;
non sono per indicare la via da percorrere, ma per mantenere in
essa chi già vi cammina: sono insomma il commentario genuino
delle parole del Salvatore: « Nessuno, che dopo aver messo mano
all'aratro, volge indietro lo sguardo, è buono per il regno di
Dio » ( Luc., IX, 62).
È evidente infatti che chi ritorna indietro dallo stato di perfe-
zione abbracciato nella piena luce della sua libertà come la via più
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certa di salvezza, deve rimaner privo delle maggiori grazie che
avrebbe ricevuto perseverando, e perciò incontrare maggior dif-
ficoltà a salvarsi.
Che il nostro Padre qui abbia voluto soltanto ammonirci a
perseverare nella vocazione, e non dare delle norme per la scelta
dello stato, lo prova il suo stesso contegno verso coloro che, o per
fiacchezza di volontà, o per altri motivi, si ritraevano poco dopo la
prova dalla vocazione abbracciata: non solo egli li compativa, ma
li aiutava in tutti i modi, affinchè riprendessero lena e facessero
il possibile per salvarsi l'anima nello stato inferiore a cui erano
discesi.
Anzi questo suo aiuto era tanto più largo e costante, quanto
più cresceva il loro numero, perchè egli conosceva per esperienza
le gravissime difficoltà che il più delle volte bisogna saper superare
per mantenersi nella via dei perfetti.
Anche ne' suoi sogni assisteva alle lotte che i suoi giovani do-
vevano sostenere per divenire apostoli...
10 . ... Nella visione paterna.
« Grande e lunga battaglia di giovanetti - lasciò scritto
egli stesso in data 9 maggio 1879 - contro guerrieri di vario
aspetto, di diverse forme, con armi strane. In fine rimasero po-
chissimi superstiti. Altra più accanita ed orribile battaglia avvenne
tra mostri di forma gigantesca e uomini di alta statura, ben ar-
mati e ben esercitati. Essi avevano uno stendardo assai alto e largo,
nel cui centro stavano dipinte in oro queste parole: Maria, Auxi-
lium Christianorum. La pugna fu lunga, sanguinosa, ma quelli
che seguivano lo stendardo furono come invulnerabili e rimasero
padroni di una vastissima pianura. A costoro si congiunsero i
giovanetti superstiti alla antecedente battaglia, e tra tutti for-
marono una specie di esercito, avendo ognuno per arma nella destra
il S. Crocifisso, nella sinistra un piccolo stendardo di Maria Ausi-
liatrice modellato come sopra.
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» I novelli soldati fecero molte manovre in quella vasta pia-
nura, poi si divisero e partirono, gli uni all'occidente, altri verso
l'oriente; pochi al nord, molti al mezzodi.
» Scomparsi questi, succedettero le stesse battaglie, le stesse
manovre e partenze per le stesse direzioni. Ho conosciuti alcuni
delle prime zuffe; quelli che seguirono erano a me sconosciuti,
ma essi davano a divedere che conoscevano me, e mi facevano
molte domande ».
In queste poche pennellate parmi, o miei carissimi, di vedere
delineata prima la vita dell'Oratorio di Valdocco, e poi quella
dell'amata Congregazione, di questa vigna prediletta, che piantata
con inenarrabili fatiche dal Venerabile nostro Padre nel giardino
della Chiesa, abbisogna di sempre nuove schiere di buoni operai.
Come il padrone della parabola evangelica, D. Bosco fìnchè
visse non si stancò mai di aggirarsi per le città, per i paesi e le
borgate in cerca di essi, ripetendo con insistenza ai grandi e ai pic-
coli, ai ricchi e ai poveri: Venite, ve7:ite anche voi nella mia vigna!
E trovava sempre qualche volenteroso che rispondeva al suo
invito. Ma siccome la vigna, oltrechè lavorarla, bisognava anche
custodirla giorno e notte dai nemici, cosl non tutti, anzi da prin-
cipio solo pochi perseveravano tra le asprezze della lotta e le
intense fatiche; gli altri tornavano indietro.
I pochi superstiti però, pur sotto il pondus diei et aestus, con
prolungate esercitazioni si addestrarono presto, e si agguerrirono
talmente da resistere agli assalti dei nemici; e un po' per volta,
divenuti un vero esercito, dopo molte manovre nella pianura, si
sparsero, come D . Bosco aveva visto nel sogno, alcuni all'oriente,
altri all'occidente, parecchì al settentrione, e molti al mezzodl
della vigna, sia per coltivarla e difenderla meglio, sia per tro-
vare le nuove reclute necessarie a colmare i vuoti lasciati dagli
scomparsi.
L'occhio paterno, fisso nell'avvenire, assiste al rinnovarsi delle
battaglie, delle manovre e partenze di altri e poi altri ancora, che
gli sono sconosciuti, ma che conoscono lui e lo tempestano di
domande. Vede tanto i valorosi che cadono combattendo, quanto
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50.5 Page 495

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( non so dire con che amarezza del suo cuore ) i pusillanimi che
indietreggiano e un po' per volta abbandonano affatto il campo
di battaglia; ma al loro posto vede con gioia sottentrare tosto vo-
lenterose nuove reclute, frementi di più ricche energie.
11. Il segreto per avere molte vocazioni.
Poi la visione si allarga: una pioggia di .fiammelle splen-
denti che sembrano fuoco di vario colore: un amenissimo giardino:
un personaggio ::ivente la .fisionomia di San Francesco di Sales,
che gli offre un libro, nel quale a stento egli riesce a leggere alcuni
avvisi per i novizi, per i professi, per i direttori e per il Supe-
riore ...
A questo punto il Venerabile, tutto assorto nel pensiero delle
vocazioni, chiede al misterioso personaggio che si debba fare per
promuoverle; ed ecco la risposta che gli vien data: I Salesiani
avranno molte vocazioni colla loro esemplare condotta, trattando
con somma carità gli allievi e insistendo sulla frequente Comu-
nione... Nel!'accettazione escludere i pigri ed i golosi; vegliare
se havvi garanzia sulla castità... E per le Missioni studiare e colti-
vare le vocazioni indigene.
Da queste semplici parole, che tutti dovremmo imprimerci
profondamente nella memoria, appare chiaro che la formazione
delle vocazioni dipende molto da noi, e che con la nostra buona
condotta e carità possiamo averne quante ne vogliamo.
Come va dunque che esse sono cosl scarse e insufficienti alle
necessità della Congregazione? Perdonatemi, o miei carissimi, ma
purtroppo mi sembra che la ragione di ciò continui ad essere quella
che già lamentavo nella mia prima lettera edificante.
Permettetemi di ripeterla qui con le stesse parole: « Io ho la
persuasione che da non pochi Salesiani si lascia perdere ogni anno
più d'una vocazione. Spesso prendo in mano il catalogo della nostra
Congregazione, rileggo i rendiconti, confronto col passato, e un
senso di mestizia mi prende nel constatare che varii collegi ed
ospizi che una volta davano abbondanti ed ottime vocazioni, ora
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ne dànno pochissime o nessuna. Non mi nascondo le difficoltà dei
tempi, ma parmi che, se tutti fossimo animati dal sacro fuoco di
carità per le anime che ardeva in petto al Venerabile Padre, sa-
premmo trovare nel cuor nostro tali e tante industrie da superarle,
o almeno renderle meno sensibili ».
Da quel tempo, quanto s'è ancora aggravata questa penuria di
vocazioni! Per attenuare le nostre responsabilità, abbiamo cercato
di gettarne tutta la colpa sull'immane guerra che ha desolato
anche l'umile famiglia nostra, privandola di tante preziose esisten-
ze, e paralizzandone la vitalità e le iniziative; tuttavia, se ben
ascoltiamo la voce della nostra coscienza, non ci sarà difficile per-
suaderci che se avessimo lavorato di più, la Pia Società si alliete-
rebbe ora di un maggior numero di vocazioni.
Forse si è perduto di vista che D. Bosco ci aveva ordinato
di coltivare le scienze umane specialmente per aver modo d'in-
segnare la scienza divina che forma i veri cristiani, e sopratutto
di suscitare, coll'aiuto di Dio, numerose vocazioni nell'immenso
campo giovanile affidato alle nostre cure.
Forse ci siamo dimenticati che questo era uno dei punti essen-
ziali della nostra vocazione salesiana, e ci siamo accontentati di esse-
re maestri e professori distinti e instancabili, di null'altro preoccu-
pati che di far studiare, studiare e poi studiare ancora, come un
qualsiasi insegnante laico, aflìnchè gli alunni avessero a riportare i
più brillanti risultati negli esami finali, e conseguire i migliori
diplomi professionali, per poter concorrere ai posti più rimu-
nerativi.
E nell'Oratorio festivo si è forse data la preminenza ai giuochi,
allo sport, al teatro, alla musica e a tutte le altre cose esteriori, ri-
ducendo al minimo lo studio e la pratica della religione.
12. Un pescatore meraviglioso.
Ah! miei buoni confratelli, se nei nostri Oratorii, Collegi,
Ospizi e Pensionati lo studio e la pratica della religione avessero
sempre, come voleva D. Bosco, il posto d'onore, qual terreno pro-
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50.7 Page 497

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pizio si avrebbe per seminare e far fiorire in abbondanza le voca-
zioni sacerdotali e religiose!
Mi appello alla vostra stessa esperienza: non avete anche voi
osservato che le Case ove la pietà ha il primato, sono veri semenzai
di vocazioni, e che queste invece scarseggiano o mancano affatto là
dove la pietà languisce? Perchè il primo Oratorio festivo di D .
Bosco, perchè il primo Ospizio di Valdocco, perchè i primi Col-
legi diedero in breve tante e cosl splendide vocazioni, che i Pa-
stori di numerose Diocesi dell'Italia e dell'Estero vi ricorrevano
per aver clero?
Ecco: in quelle prime Case da tutti si mirava in primissimo
luogo alle cose dell'anima; le parole dell'Apostolo: Non habemus
hic manentem civitatem, sed futuram inquirimus ( Hebr., 13, 14 ),
che racchiudono l'intero programma della vita cristiana, erano nel
cuore di tutti, spronandoli ad una santa emulazione per correggersi
dei difetti ed esercitarsi in ogni più bella virtù.
In tal modo la mente direttiva del buon Padre, illuminata
dall'ardente sua carità verso Dio e verso le anime, andava pre-
parando insensibilmente il terreno più propizio per le vocazioni
ecclesiastiche e religiose. Ogni qualvolta perciò risuonava alle
orecchie di quei giovani il si vis perfectus esse, il divino invito
alla pratica dei consigli evangelici e dell'apostolato, molti e molti
pieni di santo entusiasmo rispondevano tosto: Io, io son pronto!
Prenda me!
Oh! le indimenticabili scene che vidi più volte rinnovate sotto
i miei occhi, negli anni più belli trascorsi accanto al Venerabile
Padre! S'era tutti convinti ch'egli avesse dal Signore doni affatto
singolari, e in primo luogo quello della penetrazione e visione delle
coscienze; ma anche prescindendo da tali superni carismi, D. Bo-
sco con le sue naturali qualità, riusciva a preparar cosl bene il
terreno alle vocazioni, che quando ne faceva poi un lontano
cenno, pareva la cosa più naturale del mondo, e si restava quasi
mortificati di non aver saputo pensarci e decidersi prima.
Era nelle ricreazioni, sopratutto in quelle più animate, che il
buon Padre diventava un pescatore meraviglioso. Per lungo tempo
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studiava l'indole, le tendenze, il carattere di ciascuno, con pm
amore di quello con cui una madre si occupa del bene de' suoi figli;
e più uno dimostrava nei guochi vivacità e padronanza di sè, più
egli l'andava preparando con lo sguardo, con le parole all'orecchio
( nelle quali però non entrava quasi mai la vocazione), con piccoli
incarichi di fiducia, col fascino del suo affetto paterno, che pareva
tutto intero per ciascuno de' suoi giovani; cosicchè, quando era
giunto il momento propizio, bastava solo che dicesse all'orecchio:
« Non ti piacerebbe consacrarti al Signore per salvar delle anime? »
perchè il fortunato vedesse già decisa con luminosa chiarezza la
propria vocazione. E non erano entusiasmi passeggeri.
Ora, in queste subitanee trasformazioni e decisioni dovremo
forse veder sempre dei fatti straordinarii, e per cosi dire miraco-
losi? Che in parecchi casi sia veramente stato cosi, non v'è dubbio;
ma per lo più esse non erano altro che il risultato finale delle
sante industrie, delle assidue fatiche, delle preziose preghiere con
cui il Venerabile Padre aveva preparato il terreno alla vocazione, e
l'aveva coltivata fino al suo pieno sviluppo.
13. « Come fa il giardiniere delle piante... ».
Ebbene, se noi pure, o miei carissimi, non risparmieremo in-
dustrie, fatiche e preghiere, io vi assicuro che non ci mancheranno
certo ogni anno abbondanti vocazioni. Il più lo ha fatto D. Bosco;
a noi non resta che seguirne gli esempi. La sua grande missione
fu quella di fondare dappertutto Oratorii, Ospizi e Collegi in
cui raccogliere i figli del popolo per allevarli cristianamente.
Noi siamo i continuatori di questa sua mirabile missione, per-
ciò dobbiamo fare come faceva il nostro Modello, cioè studiar
bene i giovani, « apprezzarne in tempo le disposizioni fisiche, intel-
lettuali, morali, per farne poscia, come fa il giardiniere delle piante
del suo vivaio, la cerna, altre pel piano, altre per la collina. Questi
non ha testa nè memoria per nulla; e ben per questo ci accontente-
remo di inoculargli le cose necessarie alla salute. Quest'altro non
ha volontà nè attitudine a continuarla sui libri, e ben questo lo
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applicheremo alle arti e mestieri, qual più gli aggrada. Ma poi que-
st'altro dall'aria ingenua, dal carattere franco, dalla memoria felice,
dall'intelligenza aperta, dagli illibati costumi, ah! questo, come
primizia eletta, coltiveremo con maggior cura, perchè metta bene,
s'invigorisca, vada in alto. Attenda dunque questo giovane ad un
corso regolare di studi, si renda forte nei primi elementi, più forte
nella latina grammatica, ancor più forte nella rettorica. Orbene,
con tal coltura mandata innanzi, io metto pegno che, come soprav-
verrà al giovane l'età competente, egli si farà uomo di Chiesa,
perchè il Padrone della mèsse l'avrà scelto ad operare e dissodare
la sua vigna». (Me m . Biogr., voi. V, pag 410).
Quale frutto di una simile cernita diligente, oculata, penetran-
tissima fatta da D. Bosco durante la sua vita in mezzo ai gio-
vani, ben 2500 sacerdoti sono usciti, per sua stessa confessione,
dalle sue Case e sono andati a lavorare nelle Diocesi! E se si
tien conto anche delle altre vocazioni da lui qua e là seminate e
coltivate, si può ben ritenere assai probabile il calcolo di chi ha
fatto ascendere ad un numero molto maggiore i sacerdoti e reli-
giosi da lui formati.
E non dimentichiamo, carissimi, che D. Bosco per ottenere
questo miracolo di apostolato ha dovuto prima cercare tutti gli
elementi necessari, cioè il luogo, gl'individui e i mezzi per mante-
nerli e lavorarli; mentre invece noi - eccetto, s'intende, i Supe-
riori, ai quali incombe pure la ricerca degli individui e dei mezzi
- ordinariamente non abbiamo che da coltivare le vocazioni nei
giovani che ci sono affidati.
14. Siamo cercatori di vocazioni!
Ho detto « ordinariamente », perchè in senso largo siamo an-
che tenuti a « questuare vocazioni allo stato greggio » tra i no-
stri parenti, amici e conoscenti, sia col buon esempio, sia colla
parola, sia anche colla corrispondenza epistolare.
Se il Poverello d'Assisi, per distaccare i cuori dei suoi con-
temporanei dalle ricchezze e dai piaceri in cui erano ingolfati,
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volle che i suoi seguaci vivessero nella più rigida povertà di spirito
e di fatto, questuando giorno per giorno il necessario all'esistenza,
per cui furono chiamati frati questuanti, o cercatori; noi in un
certo senso dovremmo, sulle orme del Padre, gloriarci di essere
chiamati i questuanti o cercatori di vocazioni presso tutti i popoli.
E tale nostra questua, non di cibarie per i corpi, ma di cuori
generosi per l'apostolato sacerdotale-religioso, sarà una predica così
efficace come quella dei fraticelli d'Assisi al loro tempo: essi, col
loro distacco da tutto, facevano disprezzare le ricchezze e amare la
povertà che mena dritto a Gesù Cristo; noi, facendo risuonare alle
orecchie dei giovani il divino invito del si vis perfectus esse, deste-
remo in molti di loro il desiderio della perfezione, e cosl predi-
cheremo al mondo incredulo la necessità di far ritorno al sopran-
naturale, nella pratica sincera della vita cristiana, che altro non è
se non la vita di Gesù negli individui, nelle famiglie, nella società
intera.
15. La caratteristica dello spirito salesiano.
Mi parve opportuno, o miei carissimi, fermare la vostra atten-
zione sopra questa specie di apostolato da esercitarsi nella sfera
delle nostre relazioni non solo famigliari, ma anche d'amicizia o di
semplice convenienza, perchè esso costituisce una delle più spiccate
caratteristiche del genuino spirito infuso da D. Bosco nella sua
istituzione.
Più si studia la sua vita, e più emerge la genialità affatto nuova
della sua creazione. Vedendo egli l'odio accanito che ferveva ai
suoi tempi contro la nostra santa religione, e in modo partico-
lare contro gli Ordini e le Congregazioni religiose che la rivolu-
zione andava sopprimendo con leggi inique anche negli Stati fino
allora cattolici; ed intuendo che non gli sarebbe stato possibile
dare esistenza ad una nuova famiglia religiosa, qualora l'avesse
modellata su quelle già soppresse, egli mise da parte ciò che era
pura forma esteriore, e iniziò la sua Società con quanto era stret-
tamente necessario alla perfezione religiosa.
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51 Pages 501-510

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51.1 Page 501

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Alla tradizionale terminologia delle Congregazioni d'un tempo
egli sostituì nomi comuni e meno appariscenti; la sua aveva da
essere solo una pia società di persone consacrate all'educazione
della gioventù povera e abbandonata; i soci dovevano conservare,
coi diritti civili, il dominio radicale dei loro beni, pur essendo
vincolati con voto alla pratica dei consigli evangelici, e quindi in
pratica realmente poveri, non potendo senza permesso fare alcun
atto di proprietà; dovevano congiungere lo spirito di personale ini-
ziativa con la debita sottomissione al Superiore: e da questo spi-
rito appunto la nostra Società ritrae quella geniale modernità che
le rende possibile di fare il bene richiesto dalle necessità dei tempi
e dei luoghi; infine, pur avendo essi detto addio ai parenti, agli
amici, al mondo per seguire Gesù Cristo, tale distacco non doveva
imporre una separazione violenta che li obbligasse quasi a rom-
pere i legami di natura e ogni relazione esteriore: potendo be-
nissimo la volontà essere perfettamente distaccata da tutto e da
tutti, senza bisogno di separazioni materiali.
L'intero suo sistema educativo si riduce a formare volontà
capaci di compiere il proprio dovere e di praticare i consigli evange-
lici in grado eroico, non per timore umano, non per coercizione
esteriore, non per forza, ma liberamente per amore.
La sua istituzione è una famiglia formata unicamente di fra-
telli che hanno accettato i medesimi doveri e diritti nella più per-
fetta libertà di scelta e nell'amore più vivo a un tal genere di
vita.
Per questo egli voleva assolutamente esclusi dalle sue case gli
ordinamenti e le disposizioni disciplinari che limitassero in qualche
modo la libertà propria dei figli di famiglia : ciascuno doveva os-
servare l'orario e il regolamento non già costretto da agenti estrin-
seci, ma spontaneamente per libera elezione del proprio volere.
16. Il terreno più propizio per le vocazioni.
Ora questo spirito di famiglia, in cui l'autorità dei Supe-
riori non si fa sentire con imposizioni militaresche, ed è l'amor fì-
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liale che muove la volontà dei sudditi a prevenire anche i semplici
loro desiderii, questo spirito di famiglia è il terreno più propizio
per le vocazioni; perciò, miei carissimi, noi dobbiamo gelosamente
conservarlo ed accrescerlo.
Parlando con amici, conoscenti, estranei, facciamo risplendere
questo nostro spirito in tutta la sua luce, sia col contegno sempre
gioviale e allegro, sia esaltando la felicità del nostro stato tutte le
volte che se ne offre il destro.
Cosi, quasi senz'avvedercene, estenderemo il terreno per le
vocazioni, perchè non pochi insensibilmente saranno indotti a de-
porre i lor pregiudizi intorno allo stato religioso, e all'occasione
forse loderanno il nostro genere di vita, o magari anche lo consi-
glieranno a chi è ancor dubbioso sulla scelta dello stato. E non è
questo indirettamente un apostolato per le vocazioni?
Ma sopratutto, miei cari, dobbiamo conservare questo spirito
di famiglia negli Oratorii festivi , nelle Case, nei Collegi e Con-
vitti in cui lavoriamo, perchè solo dove regna questo spirito
possono fiorire le vocazioni.
Facciamo dunque vivere intorno a noi quella famigliarità che
il nostro buon Padre ci ha tanto caldamente ed efficacemente de-
scritta nella sua memoranda lettera da Roma del 10 maggio 1884,
che è il commentario più autentico del suo Sistema Preventivo.
La potete leggere e rileggere, o miei cari, negli Atti del Capitolo
Superiore ( pag. 40-48); ed io faccio i più caldi voti perchè gli
alunni delle nostre Case di Noviziato e di Studentato la studino
unitamente al Sistema preventivo con vero amore filiale, si da im-
primersela profondamente nella mente e nel cuore. Anzi, a rendere
tale studio più agevole, la farò tra breve stampare in libretto a
parte.
17. I veri apostoli delle vocazioni.
Da quanto sono venuto fin qui dicendo, voi, cari figli, avrete
facilmente compreso l'importanza somma del cercare vocazioni,
nei limiti delle vostre attribuzioni e dei rapporti con gli esterni.
500

51.3 Page 503

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I veri apostoli delle vocazioni fanno come lo scultore, il quale,
prima di porsi all'opera ideata, cerca egli stesso il blocco di marmo
più fino, e poi lo fa trasportare nel suo studio per lavorarlo con
intelletto d'amore.
Durante questi anni del mio Rettorato ho assistito con gioia
al grande movimento giovanile degli allievi ed ex-allievi dei nostri
istituti; e dal fondo del cuore ho inalzato più volte l'inno del
ringraziamento al Signore e alla potente nostra Ausiliatrice per que-
sta meravigliosa abbondanza di giovani baldi, accorrenti con entu-
siasmo sotto il vessillo che porta in ogni paese del mondo il Da
mihi animas! del nostro buon Padre!
Ogni qualvolta poi nelle nostre Case ebbi a trovarmi attor-
niato dal gaio stuolo degli allievi, nell'osservare il lor volto buono,
ingenuo, sul quale apparivano chiaramente le belle doti di cui erano
forniti, mi veniva spontaneo il pensiero che moltissimi di loro si
sarebbero consacrati al Signore, qualora fossero stati ben indiriz-
zati e aiutati a scegliere quella ch'Egli chiamò « la miglior parte ».
E nelle memorande adunanze degli ex-allievi, in tanto scintillio
di belle qualità di mente e di cuore nella pienezza del loro svi-
luppo, pensavo pure che forse molti e molti di loro avrebbero
abbracciato la carriera dell'apostolato delle anime, se fossero stati
ben disposti e lavorati dai loro Superiori e insegnanti.
Miei buoni confratelli, queste cose non sono semplici suppo-
sizioni e pii desiderii; è un fatto che quando il terreno, pur essendo
ben preparato e concimato, non rende frutto, la colpa è da ascri-
versi al contadino, che o non ha seminato, o ha sparso semente
non buona, o non si è curato di vegliare perchè crescesse bene
e non fosse mangiata dagli uccelli e soffocata dalla zizzania.
Nell'immensa turba di giovanetti che la Provvidenza invia
alle nostre Case, sono numerosi quelli che offrono un terreno molto
atto a produrre il fiore della vocazione sacerdotale-religiosa, che
hanno cioè speciali qualità per lo stato di perfezione; ma, come
s'è già detto sopra, occorre vi sia chi sappia convenientemente indi-
rizzarli e guidarli. E questo dobbiamo far noi, se vogliamo dimo-
strarci figli affezionati della S. Chiesa e della nostra Congregazione.
501

51.4 Page 504

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18. L'attrattiva per la purezza ...
Quali sono dunque le giovani anime che offrono un terreno più
propizio per le vocazioni? Noi, o miei cari, dobbiamo porre l'occhio,
come faceva da vero specialista il nostro Venerabile, sopra quelli
che hanno una particolare attrattiva per la purezza.
Non parlo di quella purezza negativa, incosciente, che è do-
vuta unicamente all'equilibrio o alla calma del temperamento, o
ad una fortunata ma effimera ignoranza di certi misteri della vita;
ma di una purezza positiva, cosciente, voluta, dell'adolescente che
già sa o almeno comincia a sospettare l'esistenza e la natura di
quei piaceri, che forse già sente la sua natura inferiore trascinata
verso di essi, e che tuttavia nella sua ragione, nel suo cuore, nel-
l'anima sua prova un disdegno, un disgusto per tali cose, e
quindi un desiderio, un bisogno di tenersene lontano, per rispar-
miarne ai suoi sguardi, alla sua immaginativa, alla sua vita
l'alito contaminatore.
I giovani che hanno tale attrattiva per la purezza, nella scelta
del genere di vita da abbracciare non possono non dare la prefe-
renza allo stato ecclesiastico-religioso, perchè non tarderanno a com-
prendere, prima per via intuitiva e poi un po' alla volta per via
dimostrativa, che questo è il solo stato in cui si possa conservare
la purezza nel suo più alto grado.
Infatti lo spirito generale che regna nel sacerdozio e nelle cor-
porazioni religiose, le lezioni e gli esempi di Gesù Cristo e dei
Santi, che la Chiesa fa studiare e meditare ai preti e ai religiosi, le
sollecitudini di questa divina Madre delle anime per l'onore e la
santità de' suoi ministri, tutto parla di purezza, tutto esalta la
purezza, tutto spinge quasi a forza verso la purezza.
La purezza ha un'intima affinità con lo stato ecclesiastico-re-
ligioso, ne è inseparabile e quasi con essi s'identifica. Questo
intuiscono in qualche modo anche i giovani; perciò noi possiamo
sperar molto da quelli che sono affamati e assetati di purezza;
mentre al contrario non dobbiamo, in via generale, fare assegna-
mento su quelli che hanno tendenze troppo marcate per i piaceri
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51.5 Page 505

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della vita, cosa che è relativamente facile a conoscersi con lo studio
oculato dei varii temperamenti, e più ancora coll'osservazione co-
stante delle inclinazioni buone e cattive di ciascuno.
19. Coltiviamo la purezza nei nostri giovani.
Rivolgiamo dunque i nostri sforzi e le nostre attenzioni
principalmente a conservare e a coltivare la purezza nei giovani
che ci sono affidati.
Come faceva il Venerabile, insistiamo senza mai stancarci
sulla necessità di stare sempre occupati in qualche cosa; in ri-
creazione essere sempre in moto, non mettersi mai le mani addosso,
non camminare a braccetto o tenersi per mano, o stringere la mano
del compagno. Non tollerare che i giovani siano tra loro sgarbati o
si abbraccino anche solo per ischerzo. Rigorosamente, ma con pru-
denza, inibire le amicizie particolari, per quanto sulle prime paia
non presentino pericolo di sorta; ed in ciò siamo inesorabili.
Non solo esecriamo il turpiloquio, ma non soffriamo che si pro-
nuncino parole plateali, che possano suscitare un pensiero, un sen-
timento men che onesto.
Nelle esortazioni parliamo della purezza più che del vizio
contrario, e di questo facciamo solo cenno con termini riservati e
prudenti. Evitiamo di pronunciare i nomi di tali peccati; alle ten-
tazioni non diamo altro epiteto che quello di cattive; una caduta
chiamiamola disgrazia, proprio come faceva D. Bosco, al quale
persino il vocabolo castità non sembrava abbastanza atto a impri-
mere nei suoi giovani quel candore immacolato di cui li voleva
rivestiti.
O miei carissimi, supplichiamo il nostro buon Padre che ci
ottenga la grazia di poter anche noi insinuare nel cuore dei nostri
giovani l'amore, l'entusiasmo per la regina delle virtù, cosicchè
abbiamo poi a proclamare « beati quei giorni in cui un piccolo
neo riguardo ai costumi li commoveva al pianto e li spingeva con
insistenza ai piedi del confessore, sl grande era l'effetto prodotto
in essi dalle nostre parole, quando parlavamo della purezza».
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51.6 Page 506

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Insomma vigiliamo continuamente per allontanare dagli occhi
e dalle mani dei giovani tutto quello che può far nascere in loro
qualche malsana curiosità, avendo ognor presente alla memoria il
grave monito che il buon Padre era solito dare a' suoi primi figli:
« Ricordatevi: de moribus! ecco tutto: salvate la moralità.
Tollerate tutto, vivacità, insolenza, sbadataggine, ma non l'offesa
di Dio, e in modo particolare il vizio contrario alla purità. State
bene in guardia su questo, e mettete tutta l'attenzione vostra
sui giovani a voi affidati ».
20. La missione del coadiutore salesiano.
Nelle case di educazione dove regna sovrana la purezza, non
difetteranno mai le vocazioni sacerdotali-religiose; aggiungo anzi
che saranno più abbondanti le vocazioni religiose, perchè è in
religione che si può conservare meglio e più sicuramente questo
candido giglio. Per un fine particolare, o miei cari figli, desidero
che notiate questo.
Per l'indole stessa della nostra istituzione, noi dobbiamo darci
attorno a coltivare la vocazione religiosa anche in quei giovani
studenti o artigiani, i quali, pur essendo buoni e desiderosi d'una
vita di perfezione e d'apostolato, non possiedono tutte le doti di
mente e di cuore per aspirare al sacerdozio, ovvero non se ne
sentono l'animo.
Nelle Congregazioni d'un tempo i fratelli laici formavano una
specie di secondo ordine dipendente dal primo, e partecipante dei
beni spirituali solo in minor grado.
Don Bosco ha soppresso il tradizionale dualismo; e i membri
della sua Società godono tutti gli stessi diritti e privilegi; il carat-
tere dell'Ordine sacro impone, si, maggiori doveri, ma i diritti sono
eguali tanto per i sacerdoti e i chierici quanto per i coadiutori;
questi non sono un « second'ordine », ma veri religiosi salesiani,
che debbono esercitare in mezzo alla gioventù l'identico apostolato
dei sacerdoti eccettuate soltanto le mansioni sacerdotali.
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51.7 Page 507

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Quindi i nostri coadiutori devono rendersi atti a catechizzare,
a tener conferenze religioso-sociali, a insegnare nelle scuole pri-
marie e medie, a divenir capi d'arte, ad assistere giorno e notte i
giovani, ad amministrare i beni della comunità, a svolgere insomma
tutta quella parte dello svariato programma del nostro apostolato
per la quale non si richiede il carattere sacerdotale.
Ora, presentando la missione del coadiutore salesiano in tutta
la sua sociale importanza, in tutta la sua attraente bellezza e varietà
a quei giovani di cui ho detto sopra, essi ne saranno facilmente in-
vogliati ad abbracciarla.
Queste vocazioni, o miei cari, sono uno dei bisogni più impe-
riosi per la nostra Pia Società, la quale senza di esse non saprebbe
conseguire le alte finalità sociali che le sono imposte dai tempi
presenti; e d'altra parte l'istituzione dei coadiutori forma una
delle più geniali creazioni della carità, desiderosa sempre di ren-
dere a tutti più agevoli le vie della perfezione.
Coltiviamo perciò con particolare impegno buone vocazioni di
coadiutori. Parlando di vocazione salesiana, facciamo chiaramente
capire che si può averla intiera e completa anche senza il sacerdozio,
e che i coadiutori della nostra Pia Società sono in tutto eguali ai
preti, tanto per i diritti sociali quanto per gli spirituali vantaggi.
Il maestro, il professore, il catechista, il prefetto, il direttore,
che potranno dire di essere riusciti a formar dei buoni coadiutori,
si saranno acquistata una specialissima benemerenza nella Congre-
gazione.
Ma soprattutto, queste vocazioni di coadiutori debbono cer-
carle e coltivarle i coadiutori stessi, non solo nelle scuole e labo-
ratorii, dove se ne offre forse meno facile il destro, ma nelle ri-
creazioni, durante le quali debbono stare anch'essi in mezzo ai
giovani, prendendo parte amichevolmente ai loro giuochi e con-
versazioni. In questo i buoni coadiutori possono esercitare un'in-
fluenza di gran lunga più efficace che non i chierici e i sacerdoti;
infatti un chierico, un sacerdote, può tutto al più descrivere ai
giovani la vita del coadiutore salesiano, ma il coadiutore que-
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51.8 Page 508

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sta vita la vive dinanzi ai loro occhi, offre loro il modello, e si sa
che verba movent, exempla trahunt: se le parole possono muovere
gli esempi trascinano ...
E poichè parliamo del potere dell'esempio, ricordiamoci, o
miei carissimi, che a nulla gioverebbero le più assidue industrie per
aver buone vocazioni di coadiutori, se gli allievi non vedessero
praticamente nella nostra vita salesiana quell'uguaglianza e frater-
nità vera tra preti e coadiutori, da noi vantata a parole.
Oh! faccia il Signore che nessuno di noi abbia già da meritarsi
il grave, per quanto amorevole, rimprovero che si legge nella Circo-
lare di D. Rua del 1° Novembre 1906: « Mi scese al fondo del
cuore come uno strale - scriveva questo nostro Padre venerato
- la lagnanza udita qualche voìta dai coadiutori, che essi non
sono considerati quali fratelli, ma quali servitori! » ( L. Circ.,
pag. 355).
21. Ad maiora natus sum!
Un altro carattere che il giovane deve avere per essere un
terreno propizio alla vocazione, è quella elevatezza di sentire
che aborre da quanto è mediocre, banale e volgare, e anela a
cose grandi; che dinanzi ai beni e agli onori terreni gli fa dire,
con gli occhi scintillanti di nobile fierezza: Excelsior! Ad maiora
natus sum!
Evidentemente lo stato sacerdotale-religioso non può non avere
delle forti attrattive per questi giovani, perchè è uno stato supe-
riore ad ogni altro anche solo dal punto di vista puramente umano.
Ma in loro una simile elevatezza d'animo per lo più non è che
in embrione, e sta a noi di svilupparla mediante l'educazione.
Qui principalmente, o miei cari, si deve manifestare tutta la
valentia dell'educatore salesiano e la bontà del sistema preventivo.
Questo sistema - che è la nostra più preziosa eredità - quando
sia ben interpretato e meglio applicato, ci farà distinguere facil-
mente i vari caratteri dei nostri giovani, e c'indicherà i mezzi per
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51.9 Page 509

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migliorarli tutti, pur elevando ad una maggior perfezione quelli
che si sentono chiamati a più alte cose.
Permettetemi di ricordarvi quanto ebbi già a dire quando mi
sforzai di descrivervi D . Bosco quale nostro modello nell'educare
e santificare la gioventù: là può trovarsi anche la norma di quel
che dobbiamo fare per plasmare i nostri giovani in conformità
degli esempi paterni.
Colla pratica del nostro sistema non permetteremo che si gua
stino i caratteri già buoni per natura e per educazione di famiglia,
vegliando perchè i compagni di natura più terrena non abbiano
a trarli alle loro idee, ai loro gusti, ai loro progetti sull'avvenire,
a nulla insomma di basso, e neppure di comune, come sarebbero le
aspirazioni alla fortuna, al lusso, al benessere e alle comodità,
ai piaceri volgari, ai successi e alle vanità mondane.
Con destrezza induciamoli a levar lo sguardo verso un ideale
superiore, verso il bene e la virtù, verso le gioie ardue, ma tanto
più soavi che procura il dovere compiuto e la pace con la propria
coscienza, verso una vita seria, utile e degna.
Di quando in quando nella scuola, nelle conferenze, nelle
« buone notti », nelle ricreazioni, parliamo con entusiasmo di que-
sti nobili ideali; e se talvolta nei discorsi familiari delle ricreazioni
qualcuno manifestasse preoccupazioni d'amor proprio o d'inte-
resse, non manchiamo di condannarle apertamente col dire: « Ciò
è basso, è meschino, è banale, non è degno di un cuore generoso ».
È sopratutto in questi discorsi che possiamo trovare l'occasione di
ripetere sotto mille diverse forme la parola santa del Sursum
corda!
Nei primi volumi della vita del nostro Buon Padre possiamo
trovare, leggendoli con amore, una miniera preziosa di norme e
di esempi per l'esercizio pratico di questo apostolato, mera-
vigliosamente fecondo di ottime vocazioni.
Facciamone tesoro tutti quanti, o miei carissimi, tenendo però
presente una cosa molto importante per noi, ed è che per D.
Bosco offrivano un buon terreno alla vocazione i giovani più biri-
chini, com'egli soleva chiamarli, cioè irrequieti e vivaci, ma m-
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51.10 Page 510

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sieme ardenti e di sl gran cuore da sentirsi spinti ad uscir di se
medesimi, ad amare, e, per conseguenza, a dare, poi a darsi, e
infine a sacrificarsi totalmente per il bene altrui.
Le sue conquiste migliori sono state in mezzo ai fanciulli di
tal natura; molti ancor viventi possono farne veridica testimo-
nianza, e se mettessero sulla carta i ricordi dei loro primi anni e
la genesi della lor vocazione, come risalterebbe più fulgida l'arte
del Venerabile nell'inalzare i cuori al desiderio e al conseguimento
della perfezione!
22. Il bisogno di darsi e di sacrificarsi.
Mettiamo ancor noi ogni nostro studio nel cercare di tali gio-
vani dal cuore ardente e generoso: una parola, un movimento, un
atto di gentilezza o di carità a favore di qualche compagno, pos-
sono esserne le prime rivelazioni: e coltivandoli con sapiente amore,
un giorno o l'altro riceveremo da loro la confidenza di un prin-
cipio di aspirazione verso la vita ecclesiastico-religiosa, perchè un
po' per volta si farà strada in loro il pensiero che solo in tale stato
potranno soddisfare appieno al bisogno che sentono di darsi e
di sacrificarsi per gli altri.
Ho detto « coltivandoli con amore »; perchè a ciò è indispen-
sabile l'opera nostra, sia per combattere senza tregua in loro l'egoi-
smo, correggendone ogni più piccola manifestazione, e sia per
abituarli a compiere di frequente piccoli atti di generosità, mo-
strando loro, anche solo con un semplice sguardo, che ne siamo
contenti e li approviamo.
Incitiamoli ad esser larghi nel dare ai compagni e ai poveri,
ma principalmente nel darsi, cioè nell'essere servizievoli e pieni di
attività per il bene. Facciamo che amino lo studio e il lavoro come
la via più sicura per giungere presto a far del bene.
Iniziamoli alle piccole cariche delle varie Compagnie, alla sor-
veglianza nelle ricreazioni, nei giuochi, come altrettanti mezzi per
fare un po' di bene ai compagni. Stimoliamoli a dar consigli, a pro-
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52 Pages 511-520

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52.1 Page 511

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testare energicamente contro i cattivi discorsi, a diffondere il buono
spirito e la pietà in tutti i modi...
Che se per dare bisognerà privarsi, e per darsi ed agire bi-
sognerà scomodarsi, faticare, farsi innanzi vincendo la timidezza
e il rispetto umano, e talora esponendosi anche ai dileggi e agli
scherni altrui, allora la formazione sarà migliore e più sicura.
23 . Lo spirito soprannaturale.
Però i nostri giovani, per quanto amanti della purezza, della
elevatezza di sentire e dell'abnegazione più generosa, non saranno
mai terreno propizio alle vocazioni, se non possederanno un
profondo spirito soprannaturale.
Sappiamo che tutta l'opera nostra di educatori deve mirare,
sulle orme di D. Bosco, a formare dei cristiani convinti, prati-
canti, il che non potremo ottenere senza penetrarli bene di so-
prannaturale. E questo spirito è tanto più necessario nei giovani
forniti dal Signore delle qualità necessarie per l'apostolato delle
anime.
Sia perciò nostro studio di dare ad essi idee soprannaturali :
imbeviamo le loro menti delle grandi verità della fede, principal-
mente di quelle che riguardano più da vicino la direzione della
nostra vita, quali sono: la grandezza di Dio, i suoi benefizi e
gli altri molteplici titoli che gli conferiscono il diritto assoluto di
disporre di noi per il suo servizio; - la sua infinita amabilità,
la dolcezza del darsi interamente a Lui; - la certezza della
morte, congiunta all'incertezza della sua ora e del divino giu-
dizio che fisserà in eterno la nostra sorte felice od infelice; - la
vanità e fragilità delle cose terrene; - l'importanza capitale della
salvezza dell'anima; - la malizia infinita del peccato, il pregio
immenso della grazia, il valore inestimabile dell'anima; - la di-
gnità e i meriti degli sforzi che l'uomo fa per salvarsi, la neces-
sità di seguire Gesù più da vicino che sia possibile.
Prendiamo tutte le occasioni propizie per instillare profonda-
mente nell'animo dei nostri giovani queste supreme verità, e ciò
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52.2 Page 512

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in modo naturale e persuasivo, più con l'esempio della nostra fede
che con i discorsi.
Avvezziamoli a fare una breve lettura quotidiana in forma di
meditazione, come suggerisce il Venerabile Padre nel Giovane
Provveduto. Quanto sono belle e care le letture e le considerazioni
da lui scritte nei primi anni del suo apostolato in mezzo ai gio-
vani! Come in esse egli rivela tutta l'ardente sua carità e il suo
metodo educativo interamente ispirato al soprannaturale!
Con le idee soprannaturali suscitiamo in essi i sentimenti cor-
rispondenti : un forte timor di Dio ( oh! il Dio ti vede! di Don
Bosco com'era efficace!), timore temperato però da una pietà fi-
liale; l'orrore di tutto ciò che può offendere Iddio, la paura del-
l'inferno, un vivo desiderio del paradiso; il disprezzo del mondo,
dei suoi piaceri, delle sue pompe, delle sue massime e del suo
spirito.
Eccitiamoli sopratutto ad un amore virile e tenero insieme
verso N . S. Gesù Cristo, il Gesù del Presepe, del Calvario, del-
l'Eucarestia; a studiare nel S. Vangelo la sua vita, la sua fisionomia
sublime e dolce; a visitarlo nel tabernacolo, a unirsi a Lui di
frequente, anzi ogni giorno con la S. Comunione, almeno spirituale;
ad amare la S. Chiesa con trasporto, man mano che le loro menti
vanno apprendendo le glorie meravigliose della sua storia, delle sue
opere eccelse, de' suoi santi.
24. Le virtù soprannaturali.
Di più, le idee e i sentimenti soprannaturali debbono far fio-
rire nei giovani - in misura compatibile colla loro età - le
virtù soprannaturali: la carità, l'umiltà, la mortificazione di cui è
quotidiana palestra l'osservanza esatta del Regolamento; l'abnega-
zione, lo zelo per le anime.
Per l'acquisto di queste virtù, e anzitutto per la correzione dei
difetti, che ne è la condizione indispensabile, insegniamo ai nostri
giovani a maneggiare le armi potenti dell'esame generale e parti-
colare. Cosi insensibilmente si formeranno in loro dei gusti so-
510

52.3 Page 513

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prannaturali: il gusto della preghiera, della parola di Dio, delle
devote letture, delle funzioni di chiesa; e saranno desiderosi, felici
di servire la Messa, ogni volta che se ne offrirà loro l'occasione.
Leggete, leggete, miei carissimi, quei veri gioielli che sono le
biografie di Savio Domenico, di Michele Magone, di Francesco
Besucco, di Luigi Colle, e troverete che D. Bosco, per crescersi
attorno questi vaghissimi fiori di santità, fece precisamente quanto
vi ho detto or ora.
Nè si pensi che questa formazione soprannaturale dei nostri
giovani spetti unicamente al direttore, al catechista, al confessore:
no, no, essa esige il concorso di tutti, e quindi anche quello degli
insegnanti e dei capi d'arte, dai quali anzi alle volte forse dipende
in massima parte, essendo essi più d'ogni altro a contatto coi
giovani.
I maestri, i professori, i capi d'arte, gli assistenti, se sono al-
l'altezza della loro missione e sanno approfittare delle occasioni
che hanno continuamente, possono meglio d'ogni altro infondere
il soprannaturale prima nell'intelligenza, poi nel cuore e nella vita
interna dei loro allievi.
L'insegnante salesiano dev'essere ben convinto della necessità
di dare agli allievi una soda istruzione religiosa; e la storia, la
letteratura, la filosofia, le scienze, le matematiche, la geografia
ecc., gli offrono ad ogni istante il destro d'insinuare almeno indi-
rettamente qualche verità religiosa.
Questo è uno dei punti capitali del nostro sistema educativo:
se lo trascuriamo, inevitabilmente le vocazioni nei nostri istituti
verranno meno.
25. Seminiamo le vocazioni.
Però, miei carissimi, se siamo ben compresi della nostra
missione educativa, quale la vuole D. Bosco, non possiamo accon-
tentarci di preparare il terreno propizio alle vocazioni, del che
vi ho intrattenuto fin ora: ma dobbiamo anche seminarle e colti-
varle amorosamente.
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52.4 Page 514

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Anzitutto, seminarle, cioè far uso dei mezzi di cui dispo-
niamo perchè in quel terreno propizio la vocazione realmente na-
sca e prenda forma. E questi mezzi sono: la preghiera, le esorta-
zioni, le letture ascetiche, le mille pie industrie di cui D. Bosco ci
fu incomparabile maestro. « I Salesiani avranno molte vocazioni
colla loro esemplare condotta », gli disse il misterioso personaggio
del sogno; quindi per far nascere numerose vocazioni intorno a noi,
dobbiamo ordinare la nostra condotta, l'intera vita nostra allo
scopo della Pia Società, che è l'acquisto della perfezione nell'eser-
cizio d'ogni opera di carità sia spirituale, sia corporale verso dei
giovani, specialmente dei più poveri, ed anche l'educazione del
giovane clero.
Perchè mai D. Bosco, nel 1° articolo: Del fine della Società Sale-
siana, ha voluto determinare che i soci si occupino anche dell'educa-
zione del giovane clero? Non perchè abbiamo ad occuparci diretta-
mente di Seminari diocesani - cosa che anzi l'art. 77 ci vieta di
fare senza l'espressa licenza della Santa Sede nei singoli casi -
ma perchè ci diamo massima cura di coltivare nella pietà e nella
vocazione coloro che si mostrassero in modo speciale commendevoli
nello studio e nella pietà ( art. 5) .
Per essere veri figli di D. Bosco dobbiamo aver sempre pre-
sente questo fine, e, qualunque sia la nostra occupazione, stu-
diarci in tutti i modi di suscitare il maggior numero possibile di
vocazioni nel campo assegnatoci dalla Provvidenza. Nessuno dica
di non potere: anche chi ha occupazioni che non riflettono diretta-
mente i giovani, dev'essere seminatore e coltivatore solerte di vo-
cazioni. Fra i tanti mezzi suggeriti più volte dal Ven. Padre e
da D. Rua, molti sono quelli che fanno per tutti; e mi sembra di
far cosa utile a ricordarvene qui alcuni.
26 . ... Con la preghiera e le mortificazioni.
Il Ven. D. Bosco faceva dipendere molto dalla preghiera le nu-
merose vocazioni che andava formando. Se ora difettiamo di voca-
zioni, chissà che non sia perchè non preghiamo bene?
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52.5 Page 515

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Molte volte anche da noi si prega meccanicamente, per abitu-
dine, senza riflessione, e allora come possono le preghiere rag-
giungere il loro scopo? Mettiamo dunque in esse delle intenzioni
ben determinate, congiunte a quel maggior fervore che ci è pos-
sibile, e ne sperimenteremo la potente efficacia sul cuore di Dio.
Nella quotidiana Preghiera e Consacrazione a Maria SS. Ausilia-
trice diciamo proprio di cuore a questa nostra buona Madre e
Regina: « ... promuovete le sante vocazioni, e accrescete il numero
dei sacri ministri, affinchè per mezzo loro il regno di Gesù Cristo
si conservi tra noi e si estenda sino agli ultimi confini della
terra! ... Fate altresì, o Maria Ausiliatrice, che noi siamo tutti rac-
colti sotto il vostro manto di madre, e che nessuno mai vi ab-
bandoni! » .. .
E ripetiamo con frequenza e con ardore lungo il giorno la
bella supplica al Cuore di Gesù, già da me ricordata al principio di
questa lettera : « Cor Jesu Sacratissimum, ut bonos et dignos ope-
rarios Piae Salesianorum Societati mittere, et in ea conservare
digneris, te rogamus audi nos! ». Credetemi, miei cari, queste pre-
ghiere, se ben fatte, non saranno vane: il Salesiano che prega nel
vero senso della parola, trasfigura e santifica se medesimo, ed è un
focolare di vita divina che riscalda le anime e le apre alla grazia.
A queste preghiere per le vqcazioni uniamo lo spirito di morti-
ficazione, perchè· la generosità di Dio è proporzionata a quella dei
nostri desideri e delle nostre suppliche. I desideri consistenti in
sole parole costano poco e valgono meno; ma quelli che ci rendono
forti contro noi stessi, che ci fanno vincere le ripugnanze, resi-
stere alle tendenze cattive, praticare i doveri penosi, sopportare i
difetti del prossimo, manifestano a Dio tutta la vivezza delle no-
stre aspirazjoni, e lo inclinano più fortemente ad esaudirci.
Non intendo dire che si debbano fare apposite penitenze per ot-
tenere vocazioni; l'assiduo nostro lavoro e la regolare osservanza
sono già di per sè mortificazione non piccola; ma certo farebbero
opera grandemente meritoria ed efficace quei buoni confratelli che,
non potendo far altro, imitassero l'esempio del nostro Ven. Padre,
513
33

52.6 Page 516

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il quale, quando aveva bisogno di qualche grazia molto importante,
s'imponeva speciali austerità, riuscendo così ad ottenere il suo
intento.
Le anime mortificate hanno esercitato sempre uno straordina-
rio ascendente sul cuore di Dio; perciò non vi rechi meraviglia que-
sta mia asserzione: il Salesiano umile, nascosto, continuamente
intento al suo dovere, che di quando in quando si mortifica corag-
giosamente per ottenere vocazioni alla Pia Società, riesce a susci-
tarne senza neppure avvedersene.
Durante il viaggio che feci attraverso le Americhe come rap-
presentante dell'indimenticabile D. Rua, alcuni di questi umili
confratelli mi chiesero licenza di far ciò; e avendola io concessa,
ho poi constatato che le Case ov'essi avevan dimora producevano
ogni anno buone vocazioni; e che trasferendoli in altre Case fino
allora state affatto sterili di vocazioni, tale sterilità ben presto
cessava, grazie alle loro preghiere ed occul.te mortificazioni.
27 .... Con la santità personale.
Però preghiere e mortificazioni varrebbero poco, senza la con-
dotta esemplare e la santità personale di ogni singolo Salesiano.
È un fatto innegabile, o miei carissimi, che nelle Comunità reli-
giose le vocazioni sono in proporzione diretta del fervore e della
santità dei loro membri.
Il nostro buon Padre ci ha sempre inculcato questa verità nelle
sue esortazioni, e più ancora con l'esempio pratico della sua san-
tità, che faceva fiorire dappertutto le vocazioni, inducendo i cuori
generosi a seguirlo dappresso nell'aspra via da lui battuta.
Allora, cioè nei primi tempi della mia giovinezza, noi stima-
vamo un grande onore d'essere annoverati tra i suoi figli, ed era in
noi la ferma volontà di consacrarci al Signore interamente e
non solo a mezzo, non per vantaggi temporali, ma per la gioia di
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52.7 Page 517

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poter condurre, come lui, una vita tutta di sacrifizio, benchè appa-
rentemente ordinaria e comune.
La santità del Padre fu la causa effettiva della vocazione di
tutti i suoi figli: noi si voleva seguirlo, perchè da lui emanava una
segreta virtù che ci rendeva il cuore più ardente, lo spirito più
illuminato, le passioni più calme, spronandoci in pari tempo ad
imitarlo in tutto .
Questa segreta virtù traluceva così abitualmente dal suo
sguardo sereno, dal suo perenne sorriso e da tutta la sua fisio-
nomia, che noi lo vedevamo già trasfigurato in Dio e nel pieno pos-
sesso di quella pace divina e di quel coraggio sovrumano che sono
propri dei santi; onde i nostri cuori ardevano del desiderio di
essere come lui e con lui, a costo di qualunque sacrifizio.
Orbene anche noi, miei cari, con l'osservanza esatta delle Re-
gole, con l'esercizio delle più solide virtù, con l'amore della nostra
vocazione, con la carità fraterna, con l'evangelica famigliarità e
con l'interrotta unione a Dio, possiamo acquistare questa segreta
virtù della santità del nostro Venerabile Padre, e come lui suscitare
numerose vocazioni intorno a noi.
Il nostro tenor di vita poi dev'essere così attraente, da farne
desiderare ai nostri giovani la geniale attività, l'inalterabile gaiezza.
Don Bosco ci voleva sempre allegri, pur in mezzo alle maggiori
fatiche e ai dispiaceri più assillanti, pur in mezzo alle privazioni
e ai sacrifizi.
Inoltre parliamo sovente della vita salesiana, mettendone in
rilievo gl'innumerevoli vantaggi, la molteplice varietà delle oc-
cupazioni, adatte per tutte le indoli e per i più differenti carat-
teri; il gran numero degl'istituti e delle case, per cui, quando
uno non potesse più lavorare con frutto in un luogo, sarebbe facile
trasferirlo altrove perchè possa continuare a rendersi utile; la
bellezza del nostro apostolato, la soavità dello spirito che lo
anima; la modernità e vastità delle opere.
Io sono certo poi che pessuno mai dinanzi agli allievi vorrà
mostrarsi malcontento della sua vocazione, o screditare in qual--
siasi modo la Congregazione che l'ha annoverato tra i suoi figli.
515-

52.8 Page 518

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28. Deliberazioni del Capitolo Superiore.
Finora vi ho parlato di quello che possono e debbono
fare a pro delle vocazioni i Salesiani in genere; ma, oltre a que-
sto, speciali doveri incombono ai Superiori del Capitolo, agl'Ispet-
tori e ai Direttori coi loro relativi Consigli o Capitoli, agl'in-
segnanti, ai capi d'arte, agli assistenti, a tutti quelli insomma
che hanno qualche autorità sui giovani.
Ora i Superiori del Capitolo hanno tenuto recentemente varie
adunanze intorno alle vocazioni, per trarre dal tesoro di norme
pratiche avuto in eredità dai Padri tutto quello che sembrasse più
adatto ed opportuno per conseguire lo scopo desiderato.
Tutti furono unanimi nel riconoscere l'urgenza di un intenso
apostolato a pro delle vocazioni ecclesiastiche e religiose, sopratutto
salesiane, e il grave dovere che incombe ai singoli soci di mettersi
tosto all'opera per esercitarlo secondo le proprie forze; e in questa
persuasione hanno deliberato quanto segue:
Preferire, tra le nuove fondazioni che vengono proposte, quelle
che dànno speranza più fondata di fornire molte vocazioni, sia
per il buono spirito della gente del luogo, come per la comodità di
concentramento dei soggetti, delle visite da parte dei Superiori, e
dei mezzi di finanziamento.
Mandare - quando sembri conveniente - qualche confratello
abile e dotato di sano criterio e prudenza a fare conferenze per
suscitare vocazioni, e, se è necessario, a reclutare giovani, special-
mente artigiani e famigli, nei paesi, come fanno altre corporazioni
religiose.
Interessare allo stesso scopo i Cooperatori e i Parroci mediante
circolari apposite, o articoli sul Bollettino, o nelle prescritte con-
ferenze che si tengono in occasione delle feste di San Francesco di
Sales e di Maria SS. Ausiliatrice. E io per ottemperare a quest'ul-
tima deliberazione ho ritenuto conveniente di rivolgere ai nostri
buoni Cooperatori, nella mia lettera del gennaio di quest'anno, un
caldo appello perchè ci aiutassero a preparare nuove vocazioni reli-
giose e sacerdotali.
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52.9 Page 519

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« Sono pressochè quotidiane - dicevo - le domande di
nuove fondazioni, e una delle mie pene più gravi è appunto quella
di dover rispondere negativamente alle commoventi istanze che ci
pervengono, o da centri estremamente bisognosi di aiuto imme-
diato per salvare tanta povera gioventù, o da eminenti ed augusti
personaggi, cui non vorremmo e non dovremmo mai dir di no.
Eppure, con tutta la buona volontà di non indietreggiare mai di
fronte al lavoro, vi confesso apertamente che non ci è possibile
far di più. Come provvedere a questo gran bisogno?
» Col moltiplicare le vocazioni. Quanti bravi fanciulli, se
venissero debitamente incoraggiati e sorretti, sarebbero felici di
consacrarsi ad opere di carità e di zelo nello stato religioso e sacer-
dotale! Questa coltura divina spetta principalmente ai genitori e
a tutti quelli che sentono amore per la gloria di Dio e per la salute
delle anime. " Ricordiamoci - diceva Don Bosco - che noi
regaliamo un gran tesoro alla Chiesa, quando le procuriamo una
vocazione. Serva essa per le Diocesi, o per le Missioni, o per un
istituto religioso, è sempre un gran tesoro che si regala alla
Chiesa di Gesù Cristo". Voi quindi farete un'opera santa e della
più alta importanza, se nel nuovo anno e in tutti gli anni avve-
nire, col consiglio e con ogni miglior appoggio morale e materiale,
vi adopererete per inviare alla Società Salesiana qualche nuova vo-
cazione. Io vi protesto innanzi a Dio che sarà per noi la migliore e
più cara elemosina! ».
Altra deliberazione del Capitolo Superiore fu che i Superiori
Maggiori facciano frequenti visite alle Case, fermandovisi il tempo
necessario per animare tutti alla perfetta osservanza delle nostre
Regole; e ciò perchè, come ho detto sopra, le vocazioni dipendono
dalla buona condotta dei soci.
Essi dovranno insistere particolarmente presso i Direttori che
si faccia fare a tutti il rendiconto mensile, chiamando coloro che
non si presentassero spontaneamente; che si tengano, e bene, le
conferenze bimensili; che si dia molta importanza all'Esercizio
di buona morte, facendolo fare ai confratelli separatamente dai
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52.10 Page 520

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giovani, perchè altrimenti serve a poco; e che gli Esercizi spiri-
tuali annuali dei confratelli siano ben preparati, avvisando in tempo
i predicatori, ed esortandoli a parlare anche della vocazione, del suo
gran pregio, dell'importanza e del dovere di perseverare in essa,
dei mezzi di perseveranza, ecc.
29. Ciò che devono fare gli Ispettori.
I Superiori del Capitolo faranno di tutto perchè queste norme
siano praticate puntualmente dappertutto, ma i loro sforzi per es-
sere fecondi hanno bisogno, o miei carissimi, della vostra coopera-
zione; perciò vi scongiuro con tutta l'anima, e in nome dell'affetto
che vi porto, a non volerci negare questo indispensabile aiuto;
e faccio appello in modo speciale a voi, miei buoni Ispettori e
Direttori.
Gl'Ispettori sono il braccio, o meglio l'anima, del Capitolo
Superiore per la conservazione del vero spirito salesiano nelle
Case, e per l'universale diffusione dell'Opera di D . Bosco a favore
della gioventù povera e abbandonata.
Essi infatti, secondo l'art. '73 delle Costituzioni, governano
le lspettorie e tengono le veci del Rettor Maggiore nelle case e
nei negozi loro affidati : debbono fare cioè per le Ispettorie quello
che il Rettor Maggiore col suo Capitolo fa per tutta la Società.
Anch'essi perciò col loro Consiglio debbono studiare a fondo le
cause della mancanza di vocazioni, e i mezzi per rimediarvi.
In ogni Ispettoria, oltre al Noviziato proprio, che è indispen-
sabile, vi sia almeno una Casa-Ospizio veramente tale, cioè desti-
nata a formar vocazioni di studenti e di artigiani, e dove la bene-
ficenza si faccia con questo preciso scopo, il quale è bene che
sia dichiarato nel foglio-programma; e l'Ispettore vegli perchè non
s'abbia a trasformare poco per volta l'Ospizio in un Collegio. Vi
sia pure una Casa per i figli di Maria, possibilmente modellata su
quella di Penango.
Rammentino i cari Ispettori l'illustrazione superna con cui il
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53 Pages 521-530

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53.1 Page 521

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buon Padre venne ispirato a fondare l'Opera di Maria Ausiliatrice
per le vocazioni degli adulti allo stato ecclesiastico.
Più l'opera sua andava sviluppandosi, e più la sua mente era
dominata dal pensiero delle vocazioni; e una sera del 1875,
mentre egli stava nella sacristia del Santuario di Maria Ausilia-
trice, gli sembrò di trovarsi nella sua camera al tavolino col regi-
stro dei giovani tra le mani, e di udire una voce che gli diceva:
« Vuoi sapere il modo di accrescere, e presto, il numero dei buoni
preti? Osserva quel registro, da esso ricaverai il da farsi ». Don
Bosco osservò, ma non seppe ricavar nulla. Allora temendo di
sognare, si alzò bruscamente per vedere chi gli avesse parlato. I
giovani a quella vista pensarono che avesse male, e fecero per sor-
reggerlo, ma egli, dopo averli assicurati che non era nulla, riprese a
confessare.
Finite le confessioni e andato che fu in camera, per obbedire
a quella voce misteriosa si mise a sfogliare tutti i registri della
casa, e alfìne gli balenò alla mente il pensiero che, di tanti gio-
vanetti che intraprendevano gli studi per abbracciare la carriera
ecclesiastica, appena 15 su 100, cioè neppur due su dieci, giun-
gevano a mettere l'abito ecclesiastico; gli altri ne eran distolti da
affari di famiglia, dagli esami liceali, dal mutamento di volere,
frequente a quell'età. Invece quasi tutti quelli che venivano
all'Oratorio più adulti, cioè 98 su 100, mettevamo l'abito eccle-
siastico e riuscivano preti con minor tempo e fatica.
Egli venne quindi a questa conclusione: « Questi sono più si-
curi e possono far più presto: è ciò che cercavo. Bisognerà quindi
che mi occupi di loro, che apra delle case espressamente per loro, e
che cerchi la maniera di coltivarli in modo speciale.. . ».
Oggi forse quest'Opera di Maria Ausiliatrice per le vocazioni
tardive è alquanto trascurata; eppure non ha cessato di avere tutta
la sua importanza.
Non si tratta certamente di far dei preti a metà, senza gli studi
necessari, chè questo sarebbe un danno immenso e per la Chiesa e
per la nostra Società, e d'altronde è ormai reso impossibile dalle
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53.2 Page 522

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precise disposizioni del Codice riguardo agli studi ecclesiastici; si
tratta di un prezioso segreto per aver più numerose e più sode
vocazioni.
Sia dunque l'Opera di Maria Ausiliatrice una delle più care ai
nostri Ispettori, come lo fu a Don Bosco, a Don Rua, come lo è pur
oggi a tutti i Superiori del Capitolo.
La scelta di buoni Direttori e di personale veramente adatto
e degno soprattutto dal lato religioso, è un'altra cosa che ha un
grande influsso sulle vocazioni, e che dipende in massima parte
dall'oculatezza e prudenza degli Ispettori.
Procurino essi inoltre che possibilmente nel noviziato i coadiu-
tori possano tenersi esercitati nella propria arte, potendo avvenire
che la mancanza di tale possibilità distolga alcuni artigiani dal-
l'andare al noviziato. Richiamando a mente quanto ho detto più
sopra, si comprenderà meglio l'importanza di questa norma.
Sarebbe pure utilissimo che, come vi sono Case ove i chierici
professi triennali vengono perfezionati nella formazione religiosa
e negli studi, ve ne fossero di consimili anche per i coadiutori
artigiani, ove questi potessero divenire buoni capi d'arte e buoni
religiosi. Di una solida formazione religiosa essi hanno bisogno al-
meno quanto i chierici, se non di più ancora, sia per poter divenire
anch'essi buoni educatori salesiani, e sia per i più frequenti contatti
pericolosi che forse avranno col mondo esterno corrotto e cor-
ruttore.
Gl'Ispettori inoltre, compresi come sono di quello spirito di
famiglia che D. Bosco volle sempre vedere nelle nostre Case, fac-
ciano uso di tutta la loro autorità per impedire che in essa abbia
ad infiltrarsi lo spirito militaresco, un triste frutto della guerra che
purtroppo ha forse qualche proselito anche tra noi. Dove già fosse
penetrato, diano ordini espliciti perchè la ginnastica venga limi-
tata ai soli esercizi preliminari, e lo sport venga usato solo con
molta prudenza e parsimonia.
Le nostre Case non debbono essere trasformate nè in caserme,
nè in piazze d'armi, nè in palestre o campi di giuoco; un tale abuso
è una delle precipue cause dello scemare doloroso delle vocazioni.
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53.3 Page 523

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È quindi precisa volontà non solo mia, ma di tutti i Superiori
del Capitolo, ch'esso venga al più presto eliminato; e ciò valga
anche per gli Oratorii festivi, dove esso non reca danni men
gravi.
Altro abuso da togliersi, inaudito nel sistema educativo nostro,
è quello delle vacanze-premio durante l'anno scolastico. Non si
concedano sotto nessun pretesto: non per tema che diminuisca il
numero dei giovani; non perchè i confratelli abbiano alcuni giorni
di sollievo ( noi, come il nostro buon Padre, ci riposeremo in para-
diso! ); non perchè i giovani sono dei corsi superiori, o solo pen-
sionanti che frequentano le scuole pubbliche, nel qual caso anzi
bisogna approfittare appunto di quei giorni per intensificare la loro
educazione religiosa con esercizi spirituali e conferenze, se vogliamo
evitare il grave pericolo di ridurci ad essere degli albergatori, o al
più degli istitutori sullo stampo di quelli di certi convitti civici!
A questo riguardo gl'lspettori procurino altresl di accorciare,
per quanto è possibile, le vacanze ai novizi di fresco accettati,
perchè stando a casa non abbiano a perdere la vocazione, come
purtroppo di frequente è avvenuto. Potendo, procurino loro
un conveniente svago inviandoli a passare le vacanze in qualche
nostra Casa con dintorni ameni e ricchi di belle passeggiate.
Diano somma importanza agli Esercizi spirituali dei giovani,
scegliendo buoni predicatori nostri ( agli estranei, come ho già altre
volte raccomandato, si ricorra solo in caso di necessità estrema),
ed esortino i predicatori stessi a parlar molto della vocazione, so-
pratutto il predicatore delle istruzioni, che possibilmente dovrebbe
essere un esperto Direttore. Nelle Ispettorie dove saran praticate
queste norme, non difetteranno più le vocazioni, e l'azione salesiana
fiorirà mirabilmente in nuovi e più grandiosi istituti.
30. È indispensabile l'opera del Direttore.
Ma per quanto facciano i Superiori del Capitolo e gl'Ispet-
tori, essi non riusciranno a suscitare e coltivare abbondanti voca-
zioni senza il concorso dei Direttori delle Case, col rispettivo
521

53.4 Page 524

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loro personale. Tocca ai Direttori mantenere ed accrescere in cia-
scun Salesiano la pietà e la virtù, secondo gli insegnamenti e gli
esempi del nostro Fondatore, e, come scriveva l'indimenticabile
D. Rua ai Direttori d'America il 24 agosto 1894, « conservare ai
nostri istituti quel carattere che Egli loro impresse, carattere che
consiste specialmente nello sforzo unanime, generoso e costante dei
Superiori, maestri e assistenti perchè sia allontanato il peccato,
perchè si pratichi spontanea la vera e soda pietà. L'educazione ed
istruzione della gioventù senza spirito religioso, ecco la piaga del
nostro secolo. Dio non permetta mai che le nostre scuole ne siano
infette! ».
Sono i Direttori che devono compiere la maggior parte di que-
sto importantissimo lavoro, dal quale, come si è detto più volte,
dipendono le tanto desiderate vocazioni. Per compierlo convenien-
temente meditino spesso quanto scriveva ancora lo stesso D. Rua
nel 1897:
« Voi non farete le meraviglie se vi confesso che, formato alla
scuola di D. Bosco, non so chiamare vero zelo quello d'un reli-
gioso o d'un sacerdote, il quale si tenesse pago d'istruire ed edu-
care i giovani del suo istituto o della sua scuola, e non cercasse
d'avviare verso il santuario quelli in cui scorgonsi segni di voca-
zione, e che sogliono essere i migliori ».
Io ho la certezza che i Direttori, quando siano profonda-
mente penetrati e convinti di questo pensiero, avranno sempre
nella loro casa un ricco semenzaio di vocazioni.
Pur adoperandosi a far del bene alla società civile col dar asilo
a tanti poveri giovanetti che sono in pericolo d'incamminarsi sulla
via del vizio, e pur praticando la carità col dare a questi giova-
netti il pane, con l'istruirli, col farne dei buoni cristiani e degli
onesti cittadini; pur facendo tutto questo, dico, il buon direttore
mirerà più in alto, cioè si sforzerà di aumentare il numero dei preti
e dei coadiutori salesiani, memore sempre che senza di ciò la nostra
Pia Società si ridurrebbe a non poter più compiere la sua missione,
e che l'apostolato salesiano sarebbe monco, se non tendesse in
primo luogo a far proseliti.
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53.5 Page 525

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Per ottenere un tale intento, il Direttore sia veramente padre
verso i propri dipendenti, provvedendo con sollecitudine alle loro
necessità, anche materiali: ciò apre i cuori, mentre l'indifferenza
li chiude e genera disgusti e tentazioni contro la vocazione .
« Il punto più culminante da inculcarsi ai Direttori - scriveva
D. Rua agl'Ispettori nel 1902 - si è che la cura loro speciale
dev'essere di indirizzare bene i confratelli, e preti e chierici e
laici. Sì, il loro grande impegno deve consistere nel conservare
loro la vocazione colla carità, pietà, prudenza: trattar tutti bene,
e ricordare specialmente che i confratelli, anche coadiutori, non
sono servi, ma fratelli e figliuoli; perciò van trattati con fraterna ca-
rità, con sollecitudine, con confidenza. Insegnino pure i Direttori
ai soci ed inculchino la povertà, e la facciano osservare ; ma
comincino essi a darne l'esempio, ed intanto s'adoprino con fra-
terna sollecitudine a non lasciar mai mancar loro nulla del neces-
sario, anzi siano piuttosto abbondanti nel provvederli. Insegnino i
Direttori ai soci ad essere veramente ubbidienti, ma essi si studino
di non far pesare troppo l'ubbidienza, adoperando con loro modi
buoni, e non pretendendo da loro più di quello che possono fare.
Inculchino pure di prendere i mezzi per conservare la castità, per-
ciò la fuga delle intemperanze, delle amicizie particolari, delle co-
modità, delle carezze; ma intanto siano i primi a dar buon esempio
in tutte queste cose; poi ascoltino il socio quando dice di essere in
pericolo, non lo lascino in circostanze troppo difficili per le sue
forze, lo pongano in condizioni favorevoli per conservare la bella
virtù. Non si mandino fuori di casa a fungere uffizi o a far lavori
quelli che non sono più che sicuri ».
Per lo stesso motivo i Direttori facciano in modo che i chierici
possano compiere i loro studi regolarmente, affinchè non abbiano
a lagnarsi dell'inosservanza di quanto le Costituzioni dispongono
a loro favore, e a deplorare poi di essere sacerdoti solo a mezzo.
« I varii Direttori delle Case - così Don Rua agl'Ispettori nel
1902 - veglino attentamente ed usino i mezzi necessari affinchè
i tre anni di tirocinio pratico, che i chierici devono passare nelle
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53.6 Page 526

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Case dopo lo studenta~o filosofico, siano ben regolati; si eseguisca
quanto di pratico venne e verrà ordinato sul modo di occupare quel
tempo, e i Direttori, in questi tre anni specialmente, facciano pro-
prio da padri, e tengano una cura affatto speciale di questi novelli
figliuoli che loro vengono consegnati, e che più degli altri abbiso-
gnano delle loro attenzioni, non essend'.:> ancora del tutto formati ».
Inoltre i Direttori trattengano spesso i confratelli sulla maniera
di coltivare le vocazioni; facciano conferenze apposite ai confes-
sori circa il modo sano e prudente di servirsi del loro ministero a tal
fine; inculchino a tutti che non si abbia paura di parlare di voca-
zione ai giovani, e che si facciano fruttare i molti mezzi di cui
disponiamo all'uopo, richiamando su ciò specialmente l'attenzione
dei catechisti.
Quando è di passaggio un missionario zelante, lo preghino di
parlare ai giovani della vita delle Missioni, della vocazione e del-
l'apostolato: questo, se si fa bene, è molto fruttuoso. Non è fuor
di luogo ricordare ancora una volta che dipende principalmente
dai Direttori di promuovere la vita di famiglia , la cordialità tra i
confratelli, cosicchè ognuno possa dire proprio di cuore : O quam
bonum et iucundum habitare fratres in unum! Ciò affeziona molto
i giovani all'ambiente salesiano, e fa loro desiderare di vivervi
sempre. Che cosa fu che distolse D. Bosco dal suo giovanile pro-
posito di entrare in un Ordine religioso? Quel sogno in cui gli fu
detto : « Alla Pace - era il nome del convento in questione -
non troverai pace! » ( Mem . Biogr. di D. Bosco, vol. 1° pag. 301) .
Si raccomandi poi senza posa la massima carità coi giovani!
Nelle accettazioni i Direttori delle Case-Ospizio preferiscano i
giovani che dànno maggiori speranze di vocazione; licenzino quelli
che deludono tale speranza, per fare posto ad altri. Coi buoni che
son poveri, non istiano a lesinare sulla pensione.
Tutti i Direttori poi evitino il lusso degli abiti e della mensa
perchè ciò non favorisce le vocazioni; promuovano la frequente
confessione e comunione, le varie Compagnie fondate dal Venera-
bile, specie quelle del SS. Sacramento e del Piccolo Clero; e fac-
ciano in modo che nella casa tutto parli di Dio e richiami alla
524

53.7 Page 527

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mente le verità eterne, servendosi anche all'uopo d'iscrizioni o
cartelli appesi alle pareti dello studio, della scuola e di altri luoghi
ove sembri conveniente con massime e detti scritturali.
Esigano continuamente dai loro subalterni meno materialità
di disciplina, ma più amore e più vita di famiglia.
Parlino sovente ai giovani di D. Bosco, della bellezza della
vita dell'Oratorio nei primi tempi, quando vi fioriva un Domenico
Savio, un Michele Magone, un Besucco, un Gavio, un Passio,
tutto un giardino meraviglioso di santità giovanile. Parlino delle
nostre Missioni e degli eroici missionari che hanno consacrato ad
e&se tutta la loro vita; della vocazione, spiegando bene quale ne sia
il concetto, e come non sia necessario sentirla ma basti che sia rico-
nosciuta come tale da coloro che hanno da Dio la grazia e l'ufficio
di giudicarne. Di simili argomenti bisogna parlare in tutte le no-
stre Case e a tutti i nostri giovani, anche a quelli dei corsi supe-
riori, ma con speciale frequenza negli Ospizi.
Alcuni Direttori mantengono giovani in altre Case: ciò non
basta, bisogna coltivare le vocazioni nella Casa propria, altri-
menti verrà a soffrirne anche il buono spirito di essa. Si scelgano
convenientemente i libri da leggere in chiesa, in dormitorio, in
refettorio o altrove, le rappresentazioni teatrali e cinematografiche,
seguendo scrupolosamente e sempre in questa scelta le norme che ci
ha lasciato D. Bosco. Al termine delle scuole primarie si suggerisca
ai giovanetti di entrare nel ginnasio anzichè nelle scuole tecniche,
enumerandone i maggiori vantaggi, qualunque abbia ad essere la
professione che più tardi vorranno scegliere.
Ancora: i Direttori non si limitino a curare le vocazioni solo tra
gli studenti, ma tengano in gran conto e coltivino con amore quei
giovani artigiani, agricoltori od anche famigli della loro casa, i quali
aspirano a farsi salesiani: pensino alla loro coltura, usino in loro
favore la beneficenza, chè allora vi sarà maggiore speranza di voca-
zione; li aiutino in ogni modo a vincere le loro difficoltà, e poi pro-
pongano pel noviziato quelli che dànno affidamento di buona
riuscita .
E quando questi coadiutori, già confratelli, vanno a lavorare
525

53.8 Page 528

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in una Casa, non creda il Direttore di essa che la loro educazione
sia già del tutto compiuta; anzi, allora più che mai bisogna con
pazienza e zelo star loro attorno, perchè è specialmente all'inizio
della vita d'azione salesiana che devono essere ben curati, affinchè
vi prendano un buon avviamento, e perseverino poi sino alla fine
( Cfr. Lett. Ed. di Don Rua, N° 3) .
I Figli di Maria che non riescono nello studio, si procuri di
avviarli a farsi coadiutori. Si accettino in prova i famigli con
facilità e larghezza: omnes probate! Si usi con loro carità e pa-
zienza, e si assistano con amorosa sollecitudine nelle loro pratiche
di pietà: anche di qui possono uscire molte vocazioni.
Per ultimo non tralascino i Direttori di coltivare e far colti-
vare le vocazioni anche negli Oratori festivi, i quali anzi devono
essere considerati come un vivaio dei più cospicui e feraci. « Sì,
- esclamava il venerando D. Rua nel 1906 - anche negli Oratori
festivi conviene coltivare le vocazioni. Ricordiamo che il nostro
buon Padre raccolse nell 'Oratorio festivo le sue prime reclute ; e
così in altre nostre Ispettorie le prime e buone reclute per la
nostra Pia Società si ebbero dagli Oratori festivi. In generale si
lavora a coltivare le vocazioni nei Collegi; ma negli Oratorii festivi
talora quasi non si pensa a questa parte così importante della
nostra missione ».
Si seguano in ciò le norme date sopra, adattandole alle partico-
lari circostanze di ogni singolo Oratorio. Mezzo sovrano però è
quello che praticò D. Bosco per avere le sue prime vocazioni, cioè
gli Esercizi spirituali per tutti gli Oratoriani, e poi un corso spe-
ciale in luogo appartato per quelli che sembrano aver doti e qua-
lità per una buona vocazione. Gli Oratorii festivi che hanno usato
questo mezzo diedero già ottime vocazioni, e continuano a darne
ancora, quasi per tradizione. Aggiungerò che le vocazioni uscite
dagli Oratorii festivi possiedono in generale più spiccata la vera ca-
ratteristica dei figli di D. Bosco, che è, direi, la passione per l'Ora-
torio festivo, nel quale riescono a meraviglia. Ora, poichè l'Oratorio
fes tivo è la palestra principale del nostro apostolato, non è chi
non veda la necessità e l'importanza di tali vocazioni.
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53.9 Page 529

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31. La cooperazione di tutti.
Ma i Superiori del Capitolo, gl'Ispettori e i Direttori per po-
ter attuare il vasto programma da me qui brevemente delineato,
abbisognano dell'attiva cooperazione del personale di ogni singola
Casa. Ecco perchè ho voluto indirizzare questa lettera a tutti
voi, o miei carissimi confratelli e figliuoli; ed ho buona speranza
ch'essa vi sia d'incitamento a zelare questo grande apostolato, dal
quale dipende la vita della nostra Pia Società.
Ciascuno, mi pare, può trovare in essa le cose principali da
farsi a tal fine. Da tutti la nostra Pia Società aspetta vocazioni: dai
Prefetti come dagli Economi, dai Catechisti come dai Consiglieri
scolastici e professionali, dagl'insegnanti e dai capi d'arte come
dagli assistenti, nelle case più grandi come nelle più piccole.
Nessuno deve credersi dispensato dal far la sua parte, ma tutti
andar a gara perchè il numero delle vocazioni vada di anno in anno
aumentando. Nd 1920 abbiamo avuto nei nostri Noviziati un
totale di 487 ascritti: in media uno all'incirca per ogni nostra Casa,
poichè le Case sono attualmente 433 . Che sia così difficile rag-
giungere una media di due vocazioni per casa? Se tutti ci mette-
remo di buona voglia, non credo. E quale passo avanti non po-
trebbe fare la nostra Congregazione, se ogni anno potessimo avere
ottocento novizi in luogo di quattrocento!
Permettetemi ora di ripetere qui, a conclusione di questa mia ,
alcuni pensieri che vi esposi già altra volta, e che, parmi, non sa-
ranno mai abbastanza meditati.
Nei fanciulli che la Provvidenza manda ai nostri Oratori,
Ospizi e Collegi, gl'insegnanti, i capi d'arte e gli assistenti devono
anzitutto sopprimere quei difetti che costituiscono il principale
ostacolo al germogliare delle vocazioni religiose e sacerdotali, cioè,
per nominarne alcuni: la corruzione precoce, l'indebolimento dello
spirito cristiano, il rammollimento del carattere e la mondanità;
cose tutte che possiamo togliere facilmente ed insensibilmente con
l'applicazione costante del sistema preventivo, su cui Don Bosco
volle fondata l'educazione salesiana .
527

53.10 Page 530

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Ma questo lavoro di eliminazione è puramente negativo, e per
sè non gioverà affatto al fìne desiderato, se contemporaneamente
non cercheremo di sviluppare nei nostri alunni tutti i lati, tutte le
tendenze, tutti i gusti soprannaturali, od anche solo naturali, che
possono eccitarli o attirarli alla vita religiosa e sacerdotale.
Il Signore poi si servirà di questa e di quell'attrattiva, fatta
brillare da noi a quei giovani cuori, per invitarli al suo servizio.
Quando un giovanetto dirà di aver sentito la divina chiamata, se
si cercherà di sapere da lui in qual modo o per qual via l'abbia
sentita, si toccherà con mano che la vocazione gli è entrata precisa-
mente per una delle porte che gli furono aperte sviluppando le
migliori inclinazioni dell'animo suo.
L'uno, natura elevata, non saprà dir altro se non che è cosa bella
e grande l'esser religioso salesiano e prete. Un altro invece, pieno
di caritatevole compassione, dirà : « Perchè voglio farmi Salesiano,
prete? Perchè i Salesiani, i preti fanno del bene ai poveri giovani,
ed io voglio fare altrettanto! » . Un terzo, anima pia, amante di
Gesù, considererà sotto altra forma i suoi desiderii, manifestando la
veemenza dell'affetto che lo spinge a unirsi sempre più al suo
Signore: e questo sarà il caso più frequente.
Un santo educatore interrogava un giorno un fanciullo dodi-
cenne intorno al modo che teneva nell'ascoltare la S. Messa. Giunto
coll'esame alla Consacrazione, gli chiese che cosa facesse in quel-
l'istante. Il fanciullo si chinò verso il padre dell'anima sua, e timido,
commosso, ma deciso di profittare di quell'occasione per rivelare
una santa ambizione che accarezzava da qualche tempo in fondo al
cuore, senz'aver mai osato di manifestarla : « Arrivato a questo
punto - rispose - quando vedo il Sacerdote tener Gesù nelle
sue mani, io prego Gesù che mi conceda un giorno la stessa feli-
cità! » Quale deliziosa rivelazione in questa semplice risposta!
32. « Se nella mia fanciullezza ... ».
A tranquillità poi di ogni coscienza, San Tommaso d'Aquino
dichiara espressamente che quelli i quali eccitano gli altri ad en-
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54 Pages 531-540

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54.1 Page 531

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trare in religione, non solo non peccano, ma meritano una grande
ricompensa ( Summa Theol., 2a 2ae, Quaest. 189 art. 9), pur-
chè non usino nè violenza, nè simonia, nè frode. « Buona cosa è
indurre uno al bene», scrive il dottissimo Suarez. E più innanzi:
« Bisogna aiutare chi ha ricevuto una prima mozione dello Spirito
Santo, sia perchè resti nella sua risoluzione, sia perchè almeno
non resista allo Spirito Santo, ma piuttosto con preghiera e buone
opere si ponga in istato di ricevere dallo stesso Spirito mozioni più
efficaci... È poi sempre cosa ottima eccitare e muover al timor di
Dio, alla fuga delle occasioni del peccato, e nello stesso tempo pro-
porre i vantaggi e l'eccellenza dello stato religioso ».
« Uno dei più grandi servizi che si possono rendere ai giovani
- dice a sua volta il P. Surin - si è di aiutarli nella scelta che
devono fare di uno stato di vita. Siccome d'ordinario è a questa
età che Dio fa conoscere la sua volontà circa i diversi stati che
possono abbracciare, e siccome la maggior parte non sanno ciò che
sia la professione religiosa, importa assai far loro conoscere i van-
taggi e la sicurezza che vi si trovano, affinchè, se a Dio piacerà
chiamarli, abbiano di che difendersi contro l'amore del mondo,
dei piaceri e delle grandezze della terra, che impediscono ad un'in-
finità di persone di seguire la vocazione di Dio ».
Suscitare in un'anima il desiderio del sacerdozio e della vita re-
ligiosa è dunque ottima cosa, purchè questo desiderio sia rive-
stito di tutte le qualità più sopra enumerate. La maggior parte dei
ragazzi non sospettano neppure di aver le doti per la vocazione allo
stato di perfezione: la dissipazione, l'irriflessione, fors'anche le
mancanze, impediscono loro di vederle...
In moltissime circostanze quindi gl'insegnanti, i capi d'arte e
gli assistenti devono prevenire queste anime, richiamando con pru-
denza discreta la loro attenzione sulla possibilità ch'essi hanno, con
le loro qualità, di fare un giorno un gran bene, se si daranno al-
l'apostolato con l'elezione di una vita superiore e migliore sotto
ogni aspetto... Quanti, divenuti adulti, ebbero già a dire: « Se
nella fanciullezza mi fosse offerto il destro di aprire l'anima mia,
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54.2 Page 532

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mi si fosse parlato di vocaz10ne, ben di cuore mi sarei fatto
religioso e prete! ».
Si usi dunque tutta la delicatezza e la serietà che merita una
tal materia, ma si eviti anche l'eccesso opposto di lasciar perdere
per una soverchia e inopportuna prudenza, eccellenti vocazioni.
Orsù dunque (finirò con le parole di D. Rua}, lavoriamo, sì,
lavoriamo tutti indefessamente per moltiplicare gli operai evan-
gelici, e così si estenderà sempre più la sfera di nostra pia azione
a favore della Chiesa e della società. Ed intanto procuriamo noi
stessi di corrispondere sempre meglio alla grazia della nostra voca-
zione, col far sì che, mentre cerchiamo, secondo le nostre forze,
di salvare il prossimo, ci studiamo di evitare ogni minima colpa
deliberata in noi stessi. Facciamo nostro l'avviso dello Spirito
Santo: recupera proximum secundum virtutem tuam, et attende
tibi ne incidas ( Eccl., 27, 29).
E mentre io esorto voi, miei buoni figliuoli, ad una santa emula-
zione di sempre nuovi progressi nella perfezione, vi prego di non
dimenticarvi di me nelle vostre preghiere: di me che sento
sempre più la necessità della divina grazia e del vostro concorso
perchè mi sia meno grave il peso del posto in cui Dio mi volle
mettere.
Da parte mia non cesserò d'invocare su ciascuno di voi le divine
benedizioni, mentre con cuore di Padre mi riaffermo
Vostro aff.mo in C. J.
Sac. PAOLO ALBERA.
A complemento e illustrazione di questa mia, credo oppor-
tuno e conveniente aggiungere qui alcuni pensieri sulla vocazione
tratti dai nostri Padri.
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54.3 Page 533

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APPENDICE
I. Dagli scritti del Venerabile Don Bosco.
1. Se avessi avuto una. guida! - 2. Che devo fare, finito il ginnasio? .
3. Requisiti per la elezione dello stato. - 4. Mezzi per accertarsi della
vocazione. - 5. Testimonianza del confessore. - 6. Accrescere il per-
sonale. - 7. Opera « Figli di Maria ». - 8. Vocazioni ecclesiastiche
anche secolari. - 9. Cura delle vocazioni ecclesiastiche.
1. « ... Oh! se allora avessi avuto una guida, che si fosse presa
cura della mia vocazione, sarebbe stato per me un gran tesoro .
Ma questo tesoro mi mancava. Avevo un ottimo confessore che
pensava a farmi buon cristiano, ma di vocazione non si volle mai
mischiare. Consigliandomi con me stesso, dopo aver letto qualche
libro che trattava della scelta dello stato mi son deciso di entrare
nell'Ordine Francescano. - Se io rimango chierico nel secolo,
diceva tra me, la mia vocazione corre gran pericolo di naufragio.
Abbraccerò lo stato ecclesiastico, rinuncerò al mondo, andrò in un
chiostro, mi darò allo studio, alla meditazione, e nella solitudine
potrò combattere le passioni, specialmente la superbia, che nel mio
cuore aveva messe profonde radici ». ( Plll Manoscritto di Don
Bosco: - Memorie dell'Oratorio dal 1835 ~l 1855. - Lemoyne,
Mem . Biogr., val. 1, 268).
« Colla ritiratezza e colla frequente Comunione si perfeziona
e si conserva la vocazione e si forma un vero ecclesiastico ». ( Pa-
role del Teo!. Borel al chierico Bosco nel 1839. Mem . Biog., 1,
460).
2. Che devo fare, finito il ginnasio?
Merita di essere meditato il colloquio che un giovane ebbe
verso il 1857 con Don Bosco intorno alla vocazione, e che questi
et lasciò scritto. Il giovane gli aveva più volte domandato a qual
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54.4 Page 534

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genere di vita lo consigliasse di appigliarsi, dopo compiuto il
ginnasio.
- Sta buono, gli rispondeva Don Bosco, studia, prega, e a
suo tempo Dio ti farà conoscere ciò che sarà meglio per te.
- Che cosa debbo praticare affinchè Dio mi faccia conoscere
la mia vocazione?
- San Pietro dice che colle buone opere noi possiamo renderci
certi della vocazione e della elezione dello stato.
- Quali sono i segni che manifestano essere o non essere un
giovane chiamato allo stato ecclesiastico?
La probità dei costumi, la scienza, lo spirito ecclesiastico.
- Come conoscere se vi sia la probità dei costumi?
- La probità dei costumi si conosce specialmente dalla vit-
toria sui vizi contrari al sesto comandamento, e di ciò bisogna ri-
mettersi al parere del confessore.
- Il confessore già mi disse che per questo canto posso andar
avanti nello stato ecclesiastico con tutta tranquillità. Ma e per la
scienza?
- Per la scienza tu devi rimetterti al giudizio dei Superiori
che ti daranno gli opportuni esami.
- Che cosa s'intende per spirito ecclesiastico?
- Per spirito ecclesiastico s'intende la tendenza e il piacere
che si prova nel prendere parte a quelle funzioni di chiesa che sono
compatibili coll'età e colle occupazioni.
_:_ Niente altro?
- Vi è una parte dello spirito ecclesiastico che è più d'ogni
altra importante. Essa consiste in una propensione a questo stato,
per cui uno è desideroso di abbracciarlo a preferenza di qualunque
altro stato, anche più vantaggioso e più glorioso.
- Tutte queste cose trovansi in me. Una volta desideravo
ardentemente di farmi prete. Ne fui avverso per due anni, per quei
due anni che lei sa; ma al presente non mi sento a nessuna altra cosa
inclinato. Incontrerò alcune difficoltà da parte di mio padre, che
mi vorrebbe in una carriera civile, ma spero che Dio m'aiuterà a
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54.5 Page 535

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superare ogni ostacolo. - Don Bosco gli fece ancor osservare
che il farsi prete significava rinunciare ai piaceri terreni; rinun-
ciare alle ricchezze, agli onori del mondo; non aver di mira cariche
luminose; esser pronti a sostenere qualunque disprezzo da parte
dei maligni, e disposti a fare tutto, a tutto soffrire per promuovere
la gloria di Dio, guadagnargli anime, e per prima salvare la
propria.
- Appunto queste osservazioni, ripigliò il giovane, mi spin-
gono ad abbracciare lo stato ecclesiastico. Imperocchè negli altri
stati havvi un mare di pericoli, che trovansi di gran lunga inferiori
nello stato di cui parliamo ». ( Mem . Biogr., V, 704 e seg.).
Al medesimo giovane, quando venne il padre a ritirarlo dal-
l'Oratorio per non lasciargli abbracciare lo stato ecclesiastico, Don
Bosco nel congedarlo diede questi consigli: « Mio buon figliuolo,
una gran battaglia ti aspetta. Guàrdati dai cattivi compagni e dalle
cattive letture. Abbi sempre la Madonna per tua madre e ricorri
spesso a lei. Fammi presto sapere delle tue notizie ». ( Mem.
Biogr., V, 706).
Son poche parole, ma valgono un trattato!
3. Requisiti per la elezione dello stato.
« ... Questo giovane è veramente deliberato di proseguire la
carriera degli studi per la via ecclesiastica. La sua buona condotta,
la sua ritiratezza, la sua frequenza alle pratiche religiose, la sua atti-
tudine agli studi lasciano niente a desiderare per una buona riuscita.
Ma egli è povero: per questi tre anni fu a mie spese; aprirà la Prov-
videnza qualche strada. La mia speranza e quella del giovane Fusero
sono rivolte a lei. Da quanto V. S. mi scriverà dipende il presentarsi
all'esame dell'abito chiericale o differire ancora ».
In questo brano di una lettera di Don Bosco al Teol. Appen-
dino, Arciprete di Caramagna, in data 8 giugno 1855 (Mem. Biogr.,
V, 390) sono enumerati chiaramente, come nel colloquio già citato,
i requisiti secondo lui necessari per divenir prete o religioso. A
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54.6 Page 536

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suo avviso la divina chiamata doveva riconoscersi dalle doti e qua-
lità personali. Precisamente la dottrina genuina della S. Chiesa,
dottrina tanto travisata e contorta in certi libri ed opuscoli dei
suoi e dei nostri tempi intorno alla vocazione!
« ... L'elezione dello stato qui nella casa è pienamente libera,
e senza tutti i necessari requisiti, per esempio, nessuno è ammesso
a vestire l'abito clericale. Chi fu vestito di questo ha segno di
vocazione; ma chi non è chiamato a questo stato, nei tempi mise-
rabili in cui viviamo, io giudico assai meglio che lavori la terra ... ».
( Mem . Biogr., VII, 182).
4. Mezzi per accertarsi della vocazione.
« ... Molti di voi saranno preti, moltissimi resteranno seco-
lari. Ma non bisogna che voi, perchè dite: mi farò prete, vi cre-
diate di riuscire preti; e voi perchè dite : io prete non mi voglio
fare , crediate dover essere secolari. No e poi no. · Molte volte
Dio chiama ad esser preti certi giovani che neppure se lo sogna-
vano; e molte volte giovani che si credevano chiamati al sacerdozio,
anzi chierici che avevano già presa la veste, cambiarono strada.
Dunque fìnchè abbiam tempo preghiamo il Signore che c'insegni la
strada per la quale dobbiamo camminare.
» E primo mezzo per fare certa la nostra vocazione, è quello
che ci suggerisce San Pietro: Fratres, satagite ut per bona opera
certam vestram vocationem et electionem faciatis . Condurre una
vita piena di buone opere, una vita col santo timor di Dio. Tutto
quello che facciamo, farlo alla maggior gloria del Signore, e allora
il Signore ci darà quello che vuole da noi, per che strada dobbiamo
incamminarci, qual carriera abbiamo da scegliere.. .
» Il secondo mezzo è quello del quale San Paolo parla così:
-Opertet autem illum et testimonium habere bonum ab iis qui foris
sunt. Chi sono costoro che essendo fuori di noi debbono renderci
testimonianza? Sono il padre, la madre, il parroco, i compaesani, il
direttore e i Superiori del collegio o casa di educazione nella
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54.7 Page 537

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quale ci troviamo. I giovani ben presto colla loro condotta dimo-
strano dove Dio li chiami, e secondo questa condotta coloro che
foris sunt proferiscono la loro sentenza. Vedendo certi giovani
che sono raccolti in chiesa, riserbati nel tratto, affabili con tutti,
sentite che si va dicendo di loro: - Che buon prete sarà costui!
- Di quell'altro si dice: - Che buon avvocato diventerà! - Di
un terzo: - Un valoroso soldato sarà! ecc.. . Bisogna star attenti
a far tutto con diligenza, eziandio i doveri più piccoli, se vogliamo
che il Signore ci faccia conoscere la strada per la quale egli in-
tende che noi camminiamo. Vi sarà un giovane, al paese del quale
si sa da tutti che ha intenzione di farsi prete, ma in quanto a stu-
diare studia poco, in chiesa va meno che può e vi sta con poca divo-
zione, giuoca volentieri, frequenta certi compagni, si lascia sfuggire
certe parolacce. La popolazione parla di lui e dà la sua testimo-
nianza: - Che cattivo prete ha da riuscire costui! -
» Ah! miei cari, diportatevi bene,··acciocchè i Superiori pos-
sano dirvi francamente il loro parere sulla vocazione. State attenti
a quello che vi dico adesso, perchè sono cose che nei libri non si
trovano, oppure si trovano in libri che voi nel vostro stato presente
non potete procurarvi. Abbiate confidenza nei vostri Superiori,
venite a consultarli, perchè è nostro piacere giovarvi in tutto
quello che possiamo. Vi sono giovani che in tutto l'anno non
s'accostano mai ai Superiori e non s1 curano menomamente di
pensare alla loro vocazione...
5. Testimonianza del confessore.
» Ora parlel·Ò del testimonio interno della nostra vocazione,
che solo può giudicare le cose interne dell'anima nostra , e questo è
il confessore. A lui perciò dobbiamo aprire schiettamente la nostra
coscienza, ed egli saprà dire dove il Signore ci vuole. Scelto che
abbiamo un confèssore, dobbiamo con assiduità andare dallo stesso,
perchè altrimenti che giudizio potrà dare della nostra vocazione,
se non ci conosce perfettamente? Quindi non bisogna che voi
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54.8 Page 538

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abbiate due confessori, uno per i giorni feriali e l'altro per i giorni
di festa; che quando avete sulla coscienza qualche cosa che sia più
grave del solito, o almeno che vi sembri più grave, andiate a con-
fessarvi da un altro, lasciando il solito. A questo modo accadrà che
il vostro confessore si crederà di avere un angioletto e invece avrà
un diavoletto, e darà un giudizio oh! quanto diverso dal vero!
Voi quindi vi incamminerete per uno stato per il quale il Signore
non vi voleva. Peggio se faceste come certi giovanetti che tutte le
volte che si confessano cambiano confessore... Tuttavia con ciò
non voglio dire che chi muta confessore faccia peccato. Questo
no. Anzi faccio notare che se qualcuno di voi avesse per disgrazia
qualche peccato grave nell'anima e non avesse il coraggio di confes-
sarlo al proprio confessore ordinario, è molto meglio, piuttosto che
fare una confessione sacrilega, che vada da un altro confessore:
cambi anche tutte le volte. È meglio che sia incerto del proprio
stato, che commettere un sacrilegio, tacendo un peccato in con-
fessione . Ma costui prima di decidere sulla vocazione, alla fin del-
l'anno faccia una buona confessione generale. Il confessore lo ascol-
terà con carità, lo aiuterà a dire ciò che ha vergogna di dire e gli
mostrerà qual sia la sua vocazione. Ricordatevi dunque che il
primo giudice della vostra vocazione si è il confessore. Se i vostri
parenti, se il parroco, se i vostri Superiori vi dicessero di farvi pre-
te; se aveste anche voi una certa inclinazione di farlo, ma il con-
fessore vi dicesse: - Figlio mio, questo stato non è per te! -
a nulla valgono tutte le altre testimonianze, è questa sola che
voi potete seguire.
» Nello stato secolare poi vi sono anche molte gradazioni di
mestiere, di professione, di grado sociale. Anche in ciò è meglio che
stiate a ciò che dirà colui il quale conosce bene il vostro interno.
Vi potrà dire p . es.: - il fare il maestro non è per te; il fare
l'avvocato, o il medico, o il militare, non è per te. Prendi in-
vece questa o quest'altra arte o professione. - Il confessore,
uomo di esperienza, ne sa più di voi. Esso vi può anche suggerire
i mezzi per fare la vostra carriera. Naturalmente se voleste farvi
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54.9 Page 539

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per es., avvocati e non ne aveste i mezzi, egli non potrà sommini-
strarveli, ma almeno tante volte potrà additarvi il modo col quale
conseguire il vostro fine» (Mem. Biogr., VII, 828, 831-33 ).
6. Accrescere il personale.
« ... Ed ora pensiamo ad accrescere il nostro personale; ma
per averlo bisogna che tutti ci facciamo un impegno di guadagnare
qualche nuovo confratello. Ciò dipende principalmente dai Diret-
tori delle case. Bisogna che essi procurino di guadagnarsi e di
mantenere la confidenza di quei giovanetti, che vedono chiara-
mente poter essi fare in avvenire un gran bene. E questo per
l'unico fine di trarli nella Pia Società. Io ve lo dico per esperienza:
posso assicurarvi che se v'è un giovane che facendo i suoi studi
abbia sempre avuto illimitata confidenza col suo Superiore e Diret-
tore, facilmente si riuscirà a guadagnarlo. Vedendo nel suo Diret-
tore non il superiore, ma il padre, verserà il suo cuore nel cuore di
lui, e farà quanto questi gli consiglia di fare. Così porrà affezione
alla casa, senza conoscere ancora la Società ne praticherà le Regole,
e, conosciutala appena, l'abbraccerà per non lasciarla mai, tolto il
caso che perdesse la confidenza. Al contrario vi sono giovani che
vengono qui, fanno tutti i loro studi, non si ha niente a dire sulla
loro condotta, saranno buoni, meriteranno buoni voti; ma se non
hanno questa confidenza, non si potranno avere che due decimi di
speranza che eglino siano per entrare o per restare con noi. La
ragione sta in questo, che riguardarono il loro Direttore, non come
un padre, ma come un superiore, che invigila sulla lor condotta
esterna e non di più. Da ciò si prenda norma per giudicare la
necessità di ispirare affetto per conoscere le propensioni degli
allievi e degli altri dipendenti». (Memorie Biogr., IX, 69-70).
« ... La nostra Pia Società è una delle ultime Congrega-
zioni religiose, ma come le altre fu suscitata dalla bontà di Maria
SS., che di tutte si può dire la fondatrice e la madre, dal Cenacolo
fino ai nostri giorni. Essa non ha altro scopo che di preparare buoni
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54.10 Page 540

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ecclesiastici e buoni laici per compiere la m1ss1one che le venne
affidata. Dobbiamo pertanto procurare primieramente la santifìca-
.i:ione dell'anima propria e quindi quella degli altri» (Mem. Biogr.,
IX, 347).
« ... Noi abbiamo scelto a questo mondo la cosa migliore :
salvar le anime. È vero che non siamo in numero sufficiente alla
necessità, perchè son tanti quelli che hanno bisogno di aiuto per
salvarsi. Ma facciamo quel che possiamo. Il campo è aperto. Dal-
l'Impero Birmano, dall'Africa, dall'America, da Genova, da Roma,
ci scrivono invocando la nostra opera. Pregate il Signore che mandi
degli operai. .. Messis multa... operarii autem pauci. Rogate ergo
Dominum messis ut mittat operarios in messem suam ( Luc., X, 2) .
Coraggio! il salvar le anime, fra le cose divine, è la più divina!
Dicano gli uomini del mondo che è passato il tempo dei religiosi,
che i conventi rovinano ovunque : noi, a qualunque costo, vogliamo
cooperare col Signore alla salute delle anime... » ( Mem. Biogr., IX,
714 ).
« Dio chiamò la povera Congregazione Salesiana a pro-
muovere 1~ vocazioni ecclesiastiche fra la gioventù povera e di
bassa condizione. Le famiglie agiate, in generale, sono mischiate
troppo dello spirito del mondo , da cui disgraziatamente restano
assai spesso imbevuti i loro figliuoli, cui fanno perdere così il
principio di vocazione, che Dio ha posto nel loro cuore. Se questo
spirito si coltiva e sarà sviluppato, viene a maturazione e fa
copiosi frutti . Al contrario non solo il germe di vocazione, ma
spesso la medesima vocazione già nata· e cominciata sotto buoni
auspici, si soffoca o s'indebolisce e si perde.
» I giornali, i libri cattivi, i compagni, i discorsi non riservati in
famiglia, sono spesso cagione funesta della perdita delle voca-
zioni, e non di rado sono sventuratamente il guasto e il traviamento
di coloro stessi, che hanno già fatta la scelta dello stato.
» Ricordiamoci che noi regaliamo un gran tesoro alla Chiesa
quando noi procuriamo una buona vocazione; che questa vocazione
o questo prete vada in Diocesi , nelle Missioni, o in una casa reli-
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55 Pages 541-550

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55.1 Page 541

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giosa, non importa. È sempre un gran tesoro che si regala alla
Chiesa di Gesù Cristo.
» Ma non si dia questo consiglio ad un giovinetto, che non
è sicuro di conservare l'angelica virtù, nel grado che è stabilito
dalla sana teologia. Si transiga sopra la mediocrità dell'ingegno ,
ma non mai sulla mancanza della virtù di cui parliamo.
» Quando un giovinetto manifesta segni di vocazione, procu-
rate di rendervelo amico. È indispensabile allontanarlo dalle let-
ture cattive e dai compagni che fanno discorsi osceni. Colla fre-
quente confessione e comunione, conserverete al vostro allievo
la regina delle virtù, la purezza dei costumi ».
7. Opera « Figli di Maria ».
« Coltivate l'Opera di Maria Ausiliatrice secondo il program-
ma che già conoscete ; per mancanza di mezzi non cessate mai di
ricevere un giovane che dia buone speranze di vocazione. Spen-
dete tutto quello che avete ; se fa mestieri, andate a questuare ;
e se dopo ciò voi vi trovate nel bisogno, non affannatevi, che
la V ergine in qualche modo, anche prodigiosamente, verrà in
aiuto ».
8 . Vocazioni ecclesiastiche anche secolari.
« Il lavoro, la buona e severa condotta dei nostri confra-
telli guadagnano e, per così dire, trascinano i loro allievi a seguirne
gli esempi. Si facciano sacrifizi pecuniari e personali, ma si pratichi
il sistema preventivo, ed avremo delle vocazioni in abbondanza.
Se non si possono annullare, almeno si procuri di diminuire i giorni
delle vacanze, quanto sarà possibile. - La pazienza e la dolcezza ,
le cristiane relazioni dei maestri cogli allievi guadagneranno molte
vocazioni tra loro ; però anche qui si usi grande attenzione di non
mai accettare alcuno tra i soci, tanto meno per lo stato ecclesia-
539

55.2 Page 542

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stico, se non vi è la morale certezza che sia conservata l'angelica
virtù.
» Quando il Direttore di qualche nostra Casa ravvisa un allievo
di costumi semplici, di carattere buono, procuri di renderselo
amico. Gl'indirizzi sovente qualche buona parola, l'ascolti volen-
tieri, si raccomandi alle preghiere di lui, l'assicuri che prega per
lui nella S. Messa; lo inviti per es. a far la S. Comunione in onore
della B. V. e in suffragio delle anime del purgatorio, per i suoi
parenti, per i suoi studi e simili. In fine del ginnasio lo persuada
a scegliere quella vocazione, quel luogo ch'egli giudica più van-
taggioso per l'anima sua e che lo consolerà di più in punto di
morte.
» Ma studii d'impedire la carriera ecclesiastica in coloro che
volessero abbracciarla per aiutare la propria famiglia, per motivo
che fosse povera. In questi casi diasi consiglio di abbracciare altro
stato, altra professione : un'arte, un mestiere: ma non mai lo stato
ecclesiastico ».
« Studia e fa progetti, non badare a spese, purchè ottenga
qualche prete alla Chiesa, specialmente per le Missioni » ( Da una
lettera di D. Bosco a D. Luigi Lasagna, 30 - 9 - 1885) .
9. Cura delle vocazioni ecclesiastiche.
« Per coltivare le vocazioni ecclesiastiche, insinuate: 1°
Amore alla castità; 2° Orrore al vizio opposto; 3° Separazione dai
discoli; 4° Comunione frequente; 5° Usate con loro carità, amore-
volezza e benevolenza speciale ». ( Dai Ricordi dati ai primi Mis-
sionari, 1875).
Inoltre non dimentichiamo mai di leggere e rileggere i
cinque mezzi suggeritici dal Ven. Padre nella sua Lettera Circolare
del 12 gennaio 1876, che qui riporto nella loro integrità:
« ... Nel desiderio di venire a cose valevoli a coltivare le voca-
zioni religiose, ed efficaci per conservare lo spirito di pietà tra
i Salesiani e tra i giovanetti a noi affidati, io mi fo a raccomandarvi
540

55.3 Page 543

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alcune cose che l'esperienza m1 ha fatto ravvisare sommamente
necessarie.
» 1) In ogni Casa, e specialmente nell'Oratorio di S. Francesco
di Sales, ciascuno diasi la massima sollecitudine di promuovere le
piccole Associazioni, come sarebbe il Piccolo Clero, la Compagnia
del SS. Sacramento, di S. Luigi, di Maria Ausiliatrice e dell'Imma-
colata Concezione. Niuno abbia timore di parlarne, raccomandarle,
favorirle, e di esporne lo scopo, l'origine, le indulgenze ed altri
vantaggi che da queste si possono conseguire. Io credo che tali As-
sociazioni si possano chiamare Chiave della pietà, Conservatorio
della morale, Sostegno delle vocazioni ecclesiastiche e religiose.
» 2) Guardarvi bene dalle relazioni, amicizie o conversazioni
geniali o particolari sia per iscritto, sia per colloquio, sia per mezzo
di libri o di regali di qualunque genere. Quindi le strette di mano,
le carezze sulla faccia, i baci, il camminare a braccetto o passeggiare
colle braccia l'uno in collo dell'altro sono cose rigorosamente proi-
bite, non dico solo tra di voi, o tra di voi e gli allievi, ma eziandio
tra gli allievi stessi. Teniamo altamente fisse in mente nostra le
parole di San Girolamo che dice: Affezione per nessuno, o af-
fezione egualmente per tutti.
» 3 ) Fuga del secolo e delle sue massime. Radici di dispiaceri e
di disordini sono le relazioni con quel mondo che noi abbiamo ab-
bandonato, e che vorrebbe di nuovo trarci a lui. Molti fìnchè vis-
sero in Casa Religiosa apparivano modelli di virtù; recatisi al-
trove, presso i parenti o presso gli amici, perdettero in breve
tempo il buon volere, e ritornati in religione non poterono più
riaversi, e taluni giunsero a perdere affatto la medesima vocazione.
Pertanto non recatevi mai in famiglia se non per gravi motivi;
e per questi gravi motivi non ci andate mai senza il dovuto per-
messo, e per quanto è possibile, accompagnati da qualche Confra-
tello scelto dal Superiore.
» L'assumervi commissioni, raccomandazioni, trattare affari,
comperare o vendere per altrui sono cose da fuggirsi costante-
mente, perchè trovate rovinose per le vocazioni e per la moralità.
541

55.4 Page 544

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» 4) La sera dopo le orazioni ciascuno vada subito a riposo.
Il fermarsi a passeggiare, chiacchierare o ultimare qualche lavoro,
sono cose dannose alla sanità spirituale e anche corporale. So che
in certi siti, grazie a Dio non nelle nostre Case, si dovettero deplo-
rare dolorosi disordini, e l'origine si trovò nelle conversazioni ini-
ziate e continuate nelle ore cui noi accenniamo.
» 5) La puntualità nel recarsi a riposo è collegata colla esat-
tezza nella levata del mattino, che con pari insistenza intendo di
inculcare. Credetelo, miei cari, l'esperienza ha fatto fatalmente
conoscere che il protrarre l'ora del riposo al mattino senza necessità
fu sempre trovata cosa assai pericolosa. Al contrario l'esattezza
nella levata, oltre di essere il principio di una buona giornata, si
può eziandìo chiamare un buon esempio permanente per tutti. A
questo proposito non posso omettere una calda raccomandazione
ai Superiori di fare in modo che tutti, nominatamente i Coadiu-
tori e le persone di servizio, abbiano tempo di assistere ogni mat-
tina alla S. Messa, comodità di ricevere con frequenza la Santa
Comunione e accostarsi regolarmente al Sacramento della Penitenza,
secondo le nostre costituzioni » ( L. Circ. di Don Bosco, 10-12).
Questa raccolta di pensieri e sentimenti del Venerabile
intorno alle vocazioni è complemento e illustrazione di quanto son
venuto esponendovi nella mia lettera. Meditando le parole del Pa-
dre, vi sarà facile comprendere la larghezza delle sue vedute sul-
l'importantissima questione delle vocazioni, e convincervi come
praticando i suoi consigli possiamo farne sorgere molte e molte
intorno a noi. Terminerò con queste parole della lettera latina da
lui indirizzata ai Direttori e Superiori d'ogni Casa, in data 8
dicembre 1880:
« Filii mei in Christo carissimi, maneamus in vocatione, qua
vocavit nos Dominus, et satagamus, ut per bona opera vocationem
et electionem nostram certiorem faciamus. Nam, quod Deus aver-
tat, si nos posuerimus manum ad aratrum et respexerimus retro,
apti non erimus regno Dei ».
542

55.5 Page 545

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Il . Dagli scritti del venerando Don Rua.
1. Curare la perseveranza delle vocazioni. - 2. Confratelli coadiutori per
le vocazioni tra gli alunni artigiani. 3. Chiave maestra pel bene delle
case e delle vocazioni. - 4. Zelo speciale di D. Bosco per le vocazioni .
- 5. Esortazione.
« ... Ciascun Direttore, d'accordo cogli altri superiori della
propria Casa, si dia la massima sollecitudine per non lasciar fallire
le vocazioni ecclesiastiche o religiose che il Signore avessegli
affidate a coltivare. A tal fine sarà molto utile leggere attenta-
mente quanto prescrivono le Deliberazioni alla Distinzione III ,
Cap. IV (Usanze religiose) e metterne in pratica le norme come
meglio sarà possibile. Facciamo in modo che non si abbia a render
conto a Dio delle vocazioni che Egli avesse suscitate a servizio della
Chiesa e della nostra Pia Società, e che fossero andate perdute per
nostra negligenza». (L. Circ. 1893, pag. 33 e seg. ).
« .. . Il poco amore agli studi sacri o precede o segue l'inde-
bolimento e talvolta la perdita della vocazione ». ( L. Circ. , 100).
( Ai Direttori d'America) « .. . Noi cominciammo il grande
lavoro della formazione dei vostri Confratelli, a voi (Direttori)
tocca compierlo specialmente riguardo ai più giovani : a voi tocca
coltivarli nello spirito e vegliare perchè nessuno abbia a perdere
la vocazione, che è la grazia più grande che Iddio conceda dopo
quella del Battesimo. E qui bisogna pur che vi sveli un pensiero
che tutta sconvolge la mia mente, mi strappa abbondanti lacrime
dagli occhi ed è una pungentissima spina al mio cuore. Varii Con-
fratelli traversarono l'Oceano, vennero volenterosi in codeste re-
gioni per guadagnare delle anime a Gesù : ed invece forse perdettero
se stessi. Infatti invano io cerco il loro nome sul catalogo, più non
si fa parola di loro nelle vostre interessantissime relazioni: essi
non sono più figli di Don Bosco! A loro certamente sono da impu-
tarsi tali defezioni, ed io son ben lontano dal gettarne ad altri
la colpa. Tuttavia voi mi scuserete se nel mio profondissimo dolore
io ho pensato che forse si sarebbero salvati, se nei loro Direttori
avessero trovato un padre dello stampo di Don Bosco, il quale
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55.6 Page 546

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colla carità e colla dolcezza salesiana avesse trovato la via per di-
scendere in quei cuori che stavano per chiudersi alla grazia e cedere
alle tentazioni. Faccia Iddio che il passato ci serva di lezione per
l'avvenire! » ( L. Circ. 1894, 114 e seg.).
( Raccomandando l'economia): « ... Forse con quella moneta
che voi economizzate, ci verrà fatto di fornir il pane ad un povero
giovane di più, che sarà accolto nelle nostre Case di beneficenza:
facendo il sacrifìzio di qualche cosa non necessaria contribuirete
a dare alla Chiesa un ministro di più, alle nostre Missioni un buon
operaio, un salvatore a tante anime in pericolo di perdersi ». ( L.
Circ. 1897, 155).
2. Confratelli coadiutori per le vocazioni tra gli alunni artigiani.
« ... Pel carattere che è proprio della nostra Pia Società, non
solo è riserbata abbondantissima mèsse agli ecclesiastici, ma i
nostri carissimi Confratelli coadiutori sono essi pure chiamati ad
esercitare un vero apostolato in favore della gioventù in tutte le
nostre Case, e specialmente poi nelle nostre scuole professionali;
perciò fa duopo che siano coltivate le vocazioni religiose anche
frammezzo i nostri giovani artigiani e famigli ... È di assoluta ne-
cessità osservare quali giovani artigiani mostrino qualche segno
di vocazione, coltivarli come aspiranti, farli partecipare agli esercizi
spirituali durante le vacanze, ricevere e facilmente esaudire le
domande di quelli che desiderano di essere ascritti quando hanno
raggiunto l'età di 16 o 17 anni. Allora conviene, per quanto è pos-
sibile, mandarli prontamente alla Casa di Noviziato, dove si pos-
sano raccogliere frequentemente a conferenze per loro spiegare
la Santa Regola, istruirli intorno a quelle virtù che un buon reli-
gioso deve praticare, e intorno a quei difetti che deve evitare »
( L. Circ. 1897, 158 e seg.).
« ... In questo momento pare che si faccia più che mai sen-
tire la necessità di formare Confratelli artigiani e coadiutori di
soda e provata virtù. Qual vasto campo al loro zelo si apre in
tutte le nostre Case, ma specialmente nelle Missioni! Mostrereb-
544

55.7 Page 547

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bero perciò di meglio comprendere i veri interessi della nostra
cara Congregazione quelli che nel lavorare fra i nostri giovani
artigiani avessero in mira di suscitare e sviluppare delle vocazioni
alla vita salesiana » (L. Circ. 1898, 165).
« ... Chi è privo dello spirito di sacrifizio non avrà la forza di
praticare la povertà, si esporrà al pericolo di far naufragio nella
castità, e farà molto dubitare della sua perseveranza nella vo-
cazione». (L. Circ. 1899, 204 ).
« Se il Signore ci pone tanta mèsse tra mano, è segno che ci
prepara e vuol darceli gli operai; ma questo importa che noi
coltiviamo di più le vocazioni. Egli vuol dare i frutti della cam-
pagna; ma è al tutto necessario che il contadino la lavori, semini,
l'accudisca. Don Bosco ci assicurava che il Signore manda sempre
nei nostri collegi molti i quali hanno il germe della vocazione ;
e se questi germi non fruttificano, è segno che non vengono col-
tivati come si deve. Vi assicuro che è una pena al mio cuore udire
alcuni, anche Direttori, blaterare quasi contro i Superiori dicendo :
Si aprono troppe Case, si vuol far troppo; e intanto questi son
quelli che non coltivano le vocazioni, che trascurano di pren-
dere i mezzi per coltivare i giovani, che cioè non sostengono le
Compagnie, non raccomandano la frequenza dei Sacramenti , non
stabiliscono mezzi seri per conservare l'illibatezza nei giovani; e
cosl dai loro collegi non escono mai dei chierici e dei coadiutori...
Se i vostri Salesiani sono buoni, diligenti, esemplari, esercite-
ranno una benefica influenza sui vostri allievi, e coll'esempio li trar-
ranno al bene, aiutandovi potentemente nella coltura delle voca-
zioni » ( L. Circ. 1901 , 264 e seg. ).
3. Chiave maestra pel bene delle case e delle vocazioni.
« Una cosa Don Bosco considerava come la chiave maestra
per far procedere bene le Case e nello stesso tempo curare la
vocazione nei Confratelli : ed è che non si tralascino mai dai
Direttori le due Conferenze mensili e mai non si tralasci di rice-
vere i rendiconti dai Confratelli... » ( L. Circ. 1902, 296).
545

55.8 Page 548

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« ... Vorrei che tutti i Salesiani, ma specialmente i Sacer-
doti, sentissero il bisogno di suscitare tra i loro alunni degli eredi
della loro sublime missione. Non so spiegarmi come non si veda
da tutti la necessità di riempire quei vuoti che la morte e la per-
dita di vocazione hanno fatto tra le file dei nostri soci. Si direbbe
che molti non si rendono conto della grande penuria di personale
in cui versano le nostre Opere, di cui alcune già si dovettero soppri-
mere ed altre ormai non possono più continuare. Eppure parecchi,
i quali forse sono più esigenti nel chiedere personale, non pensano
per nulla a suscitare o sviluppare e a conservare le vocazioni alla
vita salesiana . E dire che nello scorso anno vi furono intiere Ispet-
torie che non diedero neppure un novizio! Quanta pena ne provo
io, che fui testimonio per tanti anni dei sacrifizi che s'imponeva
il Venerabile Don Bosco per formarsi qualche collaboratore! Mi
consola la speranza che questo mio lamento non rimarrà senza
effetto ... » ( L. Circ. 1908, 394 ).
4. Zelo speciale di D. Bosco per le vocazioni.
« ... Il nostro amatissimo Padre Don Bosco fu consultato
un giorno da una gran signora sul modo di riparare tante bestem-
mie, tante profanazioni e tante empietà che si deplorano ai nostri
giorni. Ella proponeva varii mezzi, offrendo a tale scopo ingenti
somme. Don Bosco le fece toccar con mano che coll'aiutare un
giovane a divenir sacerdote si farebbe molto più e meglio che con
qualsiasi opera buona, ripetendo così le parole di S. Vincenzo
de' Paoli, con cui egli aveva tanti tratti di somiglianza, che nes-
sun'opera è così bella e così buona come l'aiutare a fare un prete.
E infatti tra tutte le sue opere non ha egli. dato a questa la sua pre-
ferenza? Quali non furono le sante industrie da lui adoperate fin
dal principio dell'Oratorio per formare degli alunni del Santuario?
Chi non ammira la costanza di Don Bosco vedendolo più volte ri-
cominciare quando riuscivano vani i suoi tentativi , vedendolo
solerte nel coltivare un giovanetto in cui avesse riconosciuti i segni
d'una vera vocazione, vedendolo infine sì coraggioso nell'affron-
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55.9 Page 549

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tare i sacrifizi e le spese che chiede la formazione d'un sacerdote?
Don Bosco conobbe per esperienza che molti sono fortunatamente
i giovani che hanno i germi della vocazione ecclesiastica e reli-
giosa, così disponendo Iddio pel bene della sua Chiesa, e trovò
che i mezzi più efficaci per conservarli e svilupparli sono la pietà
e i buoni costumi. Ho fiducia che non solo i Direttori, ma ancora
i maestri, gli assistenti e tutti i Confratelli, ciascuno nella sua
sfera, si sforzeranno con santa emulazione per favorire le voca-
zioni...» . (L. Circ. 1894, 437 e seg.).
5. Esortazione.
« ... Vi esorto di tenere in gran conto e di occuparvi molto
di quei giovani artigiani, agricoltori e dei famigli nelle vostre Case,
i quali aspirano a farsi Salesiani; pensate alla loro coltura, aiuta-
teli in ogni modo a vincere le difficoltà che incontrano per la loro
vocazione, e poi proponete pel Noviziato quelli che dànno spe-
ranza di buona riuscita ... » (L. Circ. 1896, 450).
« ... S. Paolo scrisse che il Sacerdote deve vivere dell'altare;
così pure il contadino del frutto del suo campo, il pastore del latte
delle sue pecore. Egualmente una comunità religiosa deve vivere
delle opere che va facendo, e con ciò intendo dire che il suo lavoro
non solamente deve procurarle il sostentamento, ma ancora deve
fornirle gli operai. Coltivando le vocazioni si riempiono di nuovo
le file dei soldati che la morte e (purtroppo) le defezioni hanno
diradato, si ringiovanisce la Pia Società, se ne estende la sfera
d'azione, si rallegrano i vecchi che vedono continuamente la loro
spirituale posterità». (L. Circ. 1905, 496).
« Don Bosco nel compilare il programma dei Figli di Maria
Ausiliatrice, citò le seguenti parole di S. Vincenzo de' Paoli: non
v'è opera di carità più bella che formare un sacerdote. Mano dunque
all'opera; nulla si risparmii; si lavori, si vegli, si preghi perchè
in ogni nostra Casa germogli qualche fiore da offrire a Maria Ausi-
liatrice». (L. Circ. 1905,497) .
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55.10 Page 550

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XLIII
Convocazione del Capitolo Generale XII - La revisione
delle Costituzioni - Il terzo Centenario della morte di
S. Francesco di Sales
l. Dodici anni senza Capitolo Generale! - 2. - Convocazione e preghiere.
- 3. Revisione e nuova approvazione delle Costituzioni. - 4. Il Cente-
nario del nostro Patrono. - 5. L'apostolato del Salesio e di D. Bosco. -
6. I nostri festeggiamenti. - 7. « Il Figlio del S. Cuore di Gesù».
Carissimi,
Torino, 21 settembre 1921.
Ogni qualvolta prendo la penna in mano per comunicarvi qual-
che notizia, oppure per esortarvi a tendere con crescente slancio
alla vostra religiosa perfezione, lavorando indefessamente in mezzo
alla gioventù povera e abbandonata - la porzione più preziosa
dell'eredità paterna - lo faccio sempre con molto piacere, perchè
l'esperienza m'assicura che non solo i miei poveri scritti vi rie-
scono graditi, ma che fate del vostro meglio per mettere in pratica
quanto vi vado suggerendo, sia per il vostro bene individuale come
per l'incremento dell'amata nostra Congregazione.
Egual buona accoglienza spero quindi che farete a quanto sto
per dirvi adesso, trattandosi di cose per noi importanti.
1. Dodici anni senza Capitolo Generale!
L'anno prossimo si compiranno dodici anni dacchè l'amabile
Provvidenza del Signore, che suole scegliere i deboli e gl'inetti
'.548

56 Pages 551-560

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56.1 Page 551

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per il compimento delle sue opere, mi chiamò a succedere al vene-
rando indimenticabile D. Rua nel governo della Congregazione; per-
ciò, a norma delle nostre Costituzioni, dovrà adunarsi il Capitolo
Generale per l'elezione del nuovo Rettor Maggiore.
Ricordo come fosse ora la memoranda mattina del 16 agosto
1910, quando mi vidi, indegno qual ero, inalzato a sl sublime
ufficio, a sì grave responsabilità. Ricordo la commozione, anzi la
costernazione allora provata; le ansie, i timori, le lagrime sparse
quel giorno sulla tomba di D. Bosco, le preghiere ardenti che
rivolsi a questo nostro buon Padre perchè mi venisse in aiuto;
e come alfi.ne m'indussi ad accettare la carica, benchè con somma
ripugnanza, e solo per non contraddire alle divine disposizioni...
Poi mi sfilano dinanzi alla memoria tutte le meraviglie che Dio
si compiacque di operare in questi anni, servendosi della mia po-
vera persona; e allora, col cuore tutto commosso e con gli occhi
pieni di lagrime, vado ripetendo: - A Domino factum est! A
Domino! Misericordias Domini in aeternum cantabo.' Sia benedetto
in eterno il Signore! Grazie all'efficace intercessione di Maria SS.
Ausiliatrice, del Ven. Don Bosco, ed anche - perchè non dirlo?
- del nostro secondo padre Don Rua, l'Opera Salesiana ha con-
tinuato a crescere e a propagarsi in modo mirabile, ad onta della
pochezza di chi n'era a capo.
Voi ben sapete, o miei carissimi, che se la pace non fosse stata
turbata dalla guerra mondiale, noi nel 1915, ricorrendo il cente-
nario dell'istituzione della festa di Maria Ausiliatrice, nostra beni-
gna Patrona, e quello della nascita di Don Bosco, avremmo potuto
assistere ad un grande trionfo dell'Opera da loro fondata. Inol-
tre si sarebbe tenuto allora per anticipazione il XII Capitolo Gene-
rale, poichè i membri del Capitolo Superiore, prevedendo che in
quella duplice fausta ricorrenza sarebbero qui convenuti gl'Ispet-
tori e molti Confratelli, avevano all'unanimità rinunziato ad un
anno del loro mandato, che scadeva solo il 16 agosto 1916; e ciò
per ragioni di economia facili a comprendersi. Da quel trionfo, e
insieme dalla cara presenza e dai saggi ed illuminati consigli degli
Ispettori e dei Delegati, io sarei stato non poco riconfortato nel
549

56.2 Page 552

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sostenere il grave peso del mio ufficio. E con apposita Circolare
in data 5 agosto 1914 vi comunicavo tale deliberazione, che il Papa
Pio X di s. m. si era benignamente degnato di approvare.
Ma purtroppo scoppiò la tremenda guerra; si dovettero sospen-
dere i grandiosi festeggiamenti progettati, e mancò il motivo di an-
ticipare il Capitolo Generale. Si sperò ancora di poterlo convocare
nel 1916, anno in cui avrebbe dovuto regolarmente tenersi; e il
Rev.mo Regolatore Teol. Luigi Piscetta il 26 gennaio di quel-
l'anno diramava i temi da trattarsi e le norme per l'elezione dei
Delegati. Ben presto però si vide che molte e gravi difficoltà vi si
opponevano, e un buon numero d'Ispettori coi relativi Delegati
non avrebbero assolutamente potuto intervenirvi; cosicchè, per
consiglio anche di parecchi Em.mi Cardinali di Curia , e incorag-
giato dall'esempio di altre Corporazioni religiose, domandai ed
ottenni dalla Santa Sede la facoltà di differire la convocazione del
Capitolo Generale fino a tempi migliori, e di mantenere in carica i
sei membri del Capitolo Superiore fino a quando quello si fosse
potuto radunare.
2. Convocazione e preghiere .
Ora mi è grato annunciarvi che, a Dio piacendo, il XII Capitolo
Generale si terrà nella nostra casa di Valsalice (Torino) il 16 ago-
sto 1922, giorno anniversario della nascita di D . Bosco. Ne sarà
scopo precipuo l'elezione del Rettor Maggiore e di tutti i membri
del Capitolo Superiore . Confermo nella carica di Regolatore il
Rev.mo Teol. Luigi Piscetta, al quale perciò si devono far pervenire
al più presto quelle osservazioni o proposte che si credessero
opportune per la maggior gloria di Dio, per il bene delle anime
e per la prosperità della Congregazione.
Come potrete vedere dai temi proposti essi mirano principal-
mente alla ricerca dei mezzi più efficaci per mettere meglio in pra-
tica quel che fu già stabilito in precedenza, con qualche accenno
suggerito dai tempi nuovi e dalle circostanze in cui viene a trovarsi
la nostra Pia Società.
550

56.3 Page 553

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Ma poichè nulla di bene si può fare senza il divino aiuto, v'in-
vito ad implorarlo fin d'ora con ferventi preghiere, come del resto
prescrivono di fare le Costituzioni all'art. 50 . Pensate alla gran-
dissima importanza delle future elezioni e deliberazioni, e vi sen-
tirete a ciò stimolati. A questo proposito faccio mie le belle parole
della Circolare dell'indimenticabile Sig. D. Rua per la convoca-
zione dell'XI Capitolo Generale : « Non prescrivo alcuna pratica
particolare di pietà, ma vi esorto tutti quanti siete figli di D. Bosco
a indirizzare ogni orazione, tutte le opere di carità, e più ancora i
sacrifizi propri della vita religiosa , ad ottenere un esito felice a
questa riunione » ( Circolari, pag. 421) . Solo, perchè ogni giorno
sia richiamata alla memoria di tutti quest'intenzione, desidero
che al Pater, Ave e Gloria a S. Francesco di Sales che recitiamo
dopo la lettura spirituale si premettano queste parole : A S. Fran-
cesco di Sales per il felice esito del prossimo Capitolo Generale.
E sempre sull'esempio di Don Rua ( Circ. , pag. 420) , si è deciso
che dall'8 al 14 agosto p. v. cioè nella settimana che precederà il
Capitolo Generale, tutti coloro che dovranno esserne membri si
riuniscano per un corso di Esercizi spirituali a Valsalice, presso le
tombe dei nostri Padri, per meglio prepararsi a fare ogni cosa colla
più grande purità e rettitudine d'intenzione.
3. Revisione e nuova approvazione delle Costituzioni.
Un'altra cosa ancora debbo comunicarvi, e riguarda le nostre
Costituzioni e le annesse deliberazioni del X Capitolo Generale.
D'ora innanzi esse debbono essere a noi tutti doppiamente care e
preziose, perchè furono diligentemente rivedute a norma del nuovo
Codice di Diritto Canonico e della Circolare della S. Congrega-
zione dei Religiosi_in data 26 giugno 1918 e testè approvate nella
loro nuova forma dalla S. Sede, Spero di potervene far avere copia
qualche mese prima che si raduni il Capitolo Generale, affinchè pos-
siate prendere visione anche delle variazioni, e studiare i modi mi-
gliori per poterle praticamente osservare con esattezza. Non pen-
sate però, miei cari, che vi siano introdotti dei cambiamenti sostan-
551

56.4 Page 554

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ziali: tuttavia alcuni ritocchi resi necessari da questa rev1S1one
non sono privi di notevole importanza, come quelli che riguar-
dano il rendiconto, le modalità per l'ammissione in Congregazione,
agli Ordini Sacri e l'Amministrazione, meritevoli quindi del vostro
studio, e destinati a rendere più fattivo l'organismo della nostra Pia
Società .
4. Il Centenario del nostro Patrono.
Un altro argomento, di cui mi sta molto a cuore d'intratte-
nervi, è quello del terzo Centenario della morte di San Francesco
di Sales, che ricorrerà il 28 dicembre dell'anno prossimo. Noi, che
da lui dobbiamo non solo prendere il nome, ma altresì lo spirito,
abbiamo il dovere di precedere tutti gli altri nel celebrarlo de-
gnamente .
La Provvidenza ebbe certo un fine speciale nel disporre che la
nostra Congregazione si nominasse da lui anzichè dal suo Fonda-
tore; anzi possiamo pensare che dietro qualche illustrazione celeste
D . Bosco abbia scelto come Patrono dell'Opera sua questo Santo,
e dato ai suoi figli il nome di Salesiani; benchè egli non ne abbia
mai fatto parola nei suoi discorsi, e neppure nelle sue Memorie.
Certe deliberazioni ed avvenimenti umani, considerati in se
stessi, sembrano senza importanza speciale; ma se li guardiamo alla
luce della Divina Provvidenza, « .. . che tutto move - per l'uni-
verso, penetra e risplende - in una parte più e meno altrove », ci
appaiono bellamente e sapientemente coordinati al compimento
dei disegni di Dio nel governo dell'umanità . Don Bosco, non sap-
piamo se per suggerimento altrui o per altre circostanze occasio-
nali , scelse S. Francesco di Sales a Patrono dell'Opera sua; e la sera
del 26 gennaio 1854 radunò quattro de' suoi giovani ( a ciò pre-
parati già da lungo tempo) , perchè insieme con lui facessero, col-
l'aiuto di Dio e di San Francesco di Sales, una prova di esercizio
pratico della carità del prossimo, per venire poi ad una promessa, e
quindi, se fosse stato possibile e conveniente, farne voto al Signo re;
552

56.5 Page 555

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imponendo il nome di Salesiani a coloro che si sarebbero proposto
un tale esercizio. A tutta prima queste cose, al pari di tante altre
che sono registrate quasi a caso nella vita di D. Bosco, non offrono
nulla di straordinario; ma considerandole nella luce della Provvi-
denza, ci fanno apparire la missione di D. Bosco ai nostri giorni
come un riflesso, o meglio una continuazione di quella iniziata più
di tre secoli or soao dal Salesio.
5. L'apostolato del Salesio e di D. Bosco.
Per questo, miei cari figli, il terzo Centenario della morte del
nostro Patrono deve primieramente eccitarci ad uno studio più
intimo e profondo della sua vita e de' suoi scritti in correlazione
coll'Opera nostra, divenuta oramai l'Opera Salesiana per anto-
nomasia, e perciò stesso destinata a diffondere e popolarizzare, con
tutti i mezzi di cui dispone, il suo spirito e la sua dottrina,
già perfettamente assimilati da Don Bosco e da lui genialmente
trasfusi nel suo sistema educativo.
San Francesco di Sales, coll'esempio, coll'apostolato e con gli
scritti, fu un educatore singolare di perfezione e di santità in
mezzo a' suoi contemporanei, i quali, attratti dalla sua incantevole
amabilità e dolcezza, concepivano un grande orrore per il male e un
vivo desiderio di acquistare delle buone abitudini, come la pazienza,
la generosità, l'obbedienza, la rettitudine, la cordialità, la familia-
rità, la compassione e il rispetto verso i poveri, la riverenza filiale e
l'amore sommo verso Dio.
Leggendo con pia devozione le biografie che ne scrissero i suoi
contemporanei ed anche i moderni , le sentiamo come pervase da
una pedagogia affatto soprannaturale, mentre il nostro pensiero
corre spontaneo ad un'altra vita che in massima parte si svolse sotto
i nostri occhi, e che quasi vivemmo noi stessi prima che venisse
scritta e divulgata.
I principii educativi sono i medesimi: la carità, la dolcezza, la
familiarità, il santo timor di Dio infuso nei cuori; prevenire, impe-
553

56.6 Page 556

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dire il male, per non essere costretti a punirlo. Ma diversi sono
e l'ambiente e gli educandi. Ai tempi di San Francesco di Sales,
nel grande rilassamento morale prodotto dal paganesimo rinascente,
vivevano ancora nella maggior parte delle famiglie dei forti ger-
mogli di virtù patriarcali ed evangeliche, i quali non abbisognavano
se non di essere coltivati con cura . Allora la pianta celeste del cri-
stiano ( planta caelestis, come la chiamò un S. Padre) era ancor
tanto rigogliosa da produrre, se ben coltivata, frutti abbondanti di
ogni più eletta virtù . San Francesco, cultore meraviglioso, unico,
applicando i detti principii pedagogici a queste piante celesti, a
poco a poco, adagio, soavemente, come fa nno gli angeli, con movi-
menti graziosi e senza violenza, cioè con un mirabile insieme di
bontà, di dolcezza, di amabilità e senza sforzo alcuno, fece rifiorire
per ogni dove la pietà, restituendole tutta la bellezza delle sue
forme : e i suoi educandi furono Filotea e T eotimo.
Due secoli appresso, D . Bosco, di fronte allo spaventoso ina-
ridire della vita cristiana nelle famiglie , causato dal crescente pre-
dominio dell'empietà, comprese che la salvezza non poteva più spe-
ra rsi dalla cultura di piante già formate , poichè queste eran prive
del succo vitale : e che occorreva invece cercare numerosi vi-
vai per i giovani germogli ancor suscettibili di rigenerazione. E
così fece, nella sua operosa carità: creò i vivai, vi raccolse i ger-
mogli , anche se un po' guasti e avvizziti ; poi a poco a poco, adagio,
soavemente, li andò coltivando con gli stessi principii educativi già
usati dal Salesio. I suoi educandi furono i poveri e derelitti figli
del popolo, i suoi birichini, com'egli amava chiamarli. E con le
sue cure amorose seppe trarne fiori olezzanti di virtù, seppe trarne
buoni e zelanti collaboratori per la sua opera.
Sia perciò in ognuno di voi, miei cari figli , un sacro ardore di
ben approfondire gli scritti del nostro celeste Patrono, specie la
Filotea, il Teotimo e le Lettere spirituali: è questo il primo e
più pratico modo di celebrare il glorioso suo centenario.
Tale studio poi susciterà nei nostri cuori una divozione più
viva e salutare verso di Lui, e in pari tempo ci suggerirà i modi
55 4

56.7 Page 557

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più efficaci per onorarlo degnamente nella solenne ricorrenza di
cui parliamo.
6. I nostri festeggiamenti.
I Superiori Maggiori hanno già pensato di far celebrare que-
sta data memoranda con un ciclo di festeggiamenti pubblici e,
direi , ufficiali della Congregazione, dal 28 dicembre prossimo a
tutto l'anno 1922; e al più presto ne sarà diramato il programma
particolareggiato. Intanto però comincio a far appello a ciascuno di
voi , miei carissimi, e in modo speciale agl'Ispettori e Direttori,
perchè si dispongano fin d'ora a parteciparvi efficacemente e splen-
didamente, cioè non limitandosi ad una esecuzione quasi passiva
del programma suddetto, ma svolgendolo con genialità, e in-
tegrandolo con altre forme di festeggiamenti che sembrino far
meglio raggiungere lo scopo.
I Direttori poi procurino di far leggere in refettorio la Vita
di S. Francesco di Sales, e gli scritti a lui relativi che verranno pub-
blicati nel corso dell'anno centenario ; parlino sovente di lui nelle
conferenze, nelle istruzioni e nel sermoncino della buona notte;
esortino professori e maestri a cogliere nella scuola ogni propizia
occasione per ricordare qualche fatto o detto di questo gran Santo,
facendo rilevare principalmente la sua intemerata e pia giovinezza,
il suo coraggio, la sua bontà generosa con tutti .
Approfondiamo di preferenza questo periodo della sua vita, per
poter presentare ai nostri giovani un modello adatto alla loro età ,
e così incitarli salutarmente ad amare come lui la purezza, la nobiltà
di carattere, le aspirazioni elevate, la perfezione, e a seguire gene-
rosamente la propria vocazione, quando ne sia il tempo .
I predicatori degli esercizi spirituali durante l'anno, specie
quelli delle istruzioni, lo prendano per tema preferito. Fortunati i
giovani che si sentiranno attratti dagli stessi ideali del nostro Pa-
trono!
Ma più fortunati noi, educatori salesiani, se ci sarà dato po-
555

56.8 Page 558

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ter rivolgere ai nostri alunni, al termine dei loro studi, l'elogio che
il celebre Pancirolo da Padova fece al Salesio nel fregiarlo, venti-
quattrenne, delle insegne dottorali: « ... Le vostre virtù eguagliano
la vostra scienza; il vostro cuore è puro quanto chiaro e nobile è il
vostro ingegno. Non si può amare la virtù senza amare voi, umano,
caritatevole e compassionevole... L'orrore spontaneo per tutto ciò
che è male, la pratica costante di tutto ciò che è bene, si con-
giungono in voi coi sentimenti più nobili e generosi, massime colla
più solida pietà... ».
Ecco il fine a cui devono tendere i nostri festeggiamenti.
Dispongano poi gl'Ispettori e Direttori perch'essi vengano
inaugurati con ogni solennità religiosa e civile il 28 dicembre p.
v., e perchè sopratutto si celebri con particolare splendore la festa
del Santo.
A questa si faccia precedere una divota novena predicata, o
per lo meno un triduo, in cui si parli unicamente di San Francesco
di Sales e delle sue virtù; e serva ad essa di corona un'appropriata
accademia musico-letteraria, che dev 'essere il più possibile, opera
di giovani.
Procurino i Direttori che da questo centenario gli alunni ab-
biano a ritrarre un gran frutto ; e gli Ispettori dal canto loro prepa-
rino possibilmente speciali adunanze giovanili a modo di piccoli
congressi, ove siano largamente rappresentate tutte le case del-
l'Ispettoria, e ove si tratti appunto dei modi e mezzi pratici con
cui i giovani possono conservarsi pii, morigerati, virtuosi e forti
nel tempo degli studi e fino al conseguimento della propria vo-
cazione.
In questi convegni San Francesco di Sales sia studiato e
presentato principalmente come modello del perfetto cavaliere
cristiano, che sa vivere puro ed illibato anche in mezzo ai pericoli
del mondo , appunto come la fontana Aretusa, che mescola, senza
ritrarne l'amarezza, le sue colle acque del mare, com'ebbe a dire
il Pancirolo nell'elogio già citato. Tali adunanze, se ben preparate
e dirette, produrranno frutti meravigliosi, e serviranno a far amare
da tutti la vera pietà. E bisogna interessare a prendervi parte at-
556

56.9 Page 559

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tiva anche e sopratutto gli ex-allievi, nonchè i Cooperatori, e tutti
i membri della grande famiglia salesiana.
7. « Il Figlio del S. Cuore di Gesù ».
Ho detto che questi nostri festeggiamenti centenarii debbono
trarre la loro efficacia dallo studio della vita e degli scritti del
nostro Santo Patrono, ed avere intima e pratica connessione d'in-
tenti coll'opera nostra. Ora, o miei carissimi, nella vita e negli
scritti di S. Francesco di Sales noi possiamo chiaramente cono-
scere la sorgente a cui egli attinse la soavissima dolcezza del suo
carattere e gli ardori della sua carità: cioè il Cuore di Gesù ; e
ciò mi porge motivo a rivolgervi una speciale esortazione.
Di S. Francesco di Sales scrisse l'angelico Pio IX: « È una me-
raviglia il considerare specialmente come.,. egli abbia gettati i germi
della divozione al S. Cuore di Gesù... ». S. Giovanna Francesca di
Chantal, che lo conobbe intimamente, lo proclamava il fi glio del
S. Cuore di Gesù; tanto era simile per umiltà e mansuetudine a
questo Cuore divino quello del Fondatore della Famiglia religiosa
che un secolo dopo avrebbe dato S. Margherita Alacoque. E questa
stessa, in seguito a speciale rivelazione, lasciò scritto di lui: « Men-
tre egli viveva su questa terra, faceva continua dimora nel Cuore
di Gesù, nè riusciva a distrarlo da ciò alcuna altra occupazione ; la
familiarità del Divino Amante elevò San Francesco di Sales alla
perfezione delle due virtù del S. Cuore : la dolcezza e l'umiltà ».
Scorrendo poi gli scritti del Santo, è vero che essi non trat-
tano ex professo del S. Cuore di Gesù; ma come si manifestano
chiaramente i suoi sentimenti verso di Esso! Egli invita le anime
da lui dirette ad abitare sem pre nel costato aperto del Salvatore;
le vede nel Cuore di Gesù; nell'orazione vede questo Cuore attor-
niato da tutti i cuori che l'amano; e prega il Cuore reale del Salva-
tore per il nostro. « ... Se voi mirate questo Cuore, è impos-
sibile che non vi piaccia, perch'esso è dolce, soave, benigno e amo-
roso verso le povere creature che riconoscono le proprie
miserie ; è pietoso coi miserabili e buono coi peccatori pentiti. E
557

56.10 Page 560

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chi non amerebbe questo Cuore reale, così paternamente materno
verso di noi? .. . Non siamo noi figli destinati ad adorare e servire
l'amoroso e paterno Cuore del nostro Salvatore? Non è questa la
base su cui dobbiamo fondare le nostre speranze? Egli è nostro
maestro, nostro re, nostro padre, nostro tutto. Pensiamo a ser-
virlo come si conviene, ed Egli penserà a dispensarci i suoi fa.
vari... Per mezzo di una santa sottomissione unite i vostri cuori al
Cuore di Gesù: questo Cuore innestato sopra la Divinità è la
radice dell'albero, e voi siatene i rami ».
Possiamo adunque dire che S. Francesco di Sales, oltrechè pro-
feta e precursore della divozione al Sacro Cuore di Gesù, ne fu un
apostolo ardente ed operoso!
Orbene, miei carissimi, se il nostro celeste Patrono San Fran-
cesco di Sales si chiama ed è il Figlio del Cuore di Gesù, per la
straordinaria imitazione delle virtù di quel Cuore e per la singolare
divozione verso di Esso, prima ancora che questa fosse introdotta e
riconosciuta dalla Chiesa, non vi parrà fuor di proposito che nelle
feste centenarie di S. Francesco di Sales, io vi esorti vivamente a
rinnovarvi tutti in essa, studiandola praticamente e diffondendola
in ogni modo . Sarà anzi questo uno dei migliori e più graditi
omaggi che potremo fare al nostro S. Patrono, quantunque non
si riferisca direttamente alla persona di Lui.
Sono poi certissimo che se noi, durante questo anno giubilare,
alle solenni onoranze commemorative di S. Francesco di Sales uni-
remo quale omaggio indiretto questo novello fervore nella divo-
zione pratica al S. Cuore di Gesù, otterremo altresl, a così dire,
la più larga approvazione del Ven. Don Bosco nostro Fondatore e
quella dell'indimenticabile Don Rua. Poichè non è d'uopo qui
ricordare di qual tempra fosse la divozione al S. Cuore di Ge-
che essi praticarono in vita e vollero dai loro figli: mentre,
per tacere d'altro, ne sono prove più che eloquenti, per il primo
la Basilica del Sacro Cuore da lui eretta in Roma, e per il secondo
la solenne consacrazione di tutta la Pia Società al S. Cuore nel-
l'aprirsi del secolo ventesimo.
55 8

57 Pages 561-570

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57.1 Page 561

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Nel chiudere questa mia v1 mvito, o miei figli canss1m1, a
rallegrarvi con me che il XII Capitolo Generale si tenga- nel terzo
centenario del nostro Santo Patrono: è una felice coincidenza,
dalla quale possiamo trarre i migliori pronostici per l'esito di
quella importante riunione. San Francesco di Sales, da noi onorato
quest'anno in modo speciale, vorrà certo dal Cielo presiederla,
e ottenere dal Sacro Cuore di Gesù , reso a noi propizio dalla
nostra più fervente divozione, copiose grazie e lumi a tutti i
Capitolari, affinchè le loro discussioni e deliberazioni siano per
ternare di maggior gloria al Signore e di vera utilità alla nostra
amata Famiglia Salesiana.
Con questa fiducia tutti paternamente vi benedico nel nome
della Vergine Santissima Ausiliatrice, alla quale di continuo vi rac-
comando. Pregate voi pure per il vostro
afj.mo in C. f.
Sac. PAOLO ALBERA.
559

57.2 Page 562

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57.3 Page 563

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INDIC E
pag.
Presentazione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
5
I. L'XI Capitolo Generale - Elezione del nuovo Rettor Mag-
giore - In udienza dal Papa Pio X - Programma da lui
tracciato - Notizie varie
7
... Come fratello ed amico, 7
La memoria di D . Rua, 8
Stima e riconoscenza al Prefetto Generale, 9
L'undecimo Capitolo Generale, 10
.. . Sotto il peso della responsabilità, 13
Ai piedi del Santo Padre Pio X..., 15
... e il programma da Lui tracciato , 16
Le scuole professionali e la morte di D. Bertello, 17
La persecuzione nel Portogallo, 18
« Tene quod habes... »..., 19
Conclusioni pratiche, 21
« ... Ecco il ricordo del Padre morente! », 23
II. Sullo spirito di pietà
Le lettere circolari, 26
L'attività nostra e i suoi pericoli, 28
Le pratiche religiose e lo spirito di pietà, 29
Necessità dello spirito di pietà, 31
Senza spirito di pietà.. ., 32
Nell'ora della prova, 34
36
26
561

57.4 Page 564

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pga.
La perseveranza finale, 34
Il fondamento del sistema preventivo, 35
La nota caratteristica di D . Bosco, 36
Esattezza nelle pratiche di pietà, 38
Santificare le azioni quotidiane, 39
La malattia dell'agitazione, 40
« Spiritu ferventes... », 41
li nuovo Consigliere Professionale, 43
III. Deliberazioni Capitolari per il corso tecnico, per i Con-
vitti-pensionati e per le vacanze durante l'anno scolastico 44
Per il corso tecnico , 45
Per i Convitti-pensionati, 45
Per le vacanze dei giovani, 45
Appendice
Norme per l'apertura, 46
Eccezione alla Regola, 47
IV. Disposizioni della S. Sede vietanti la lettura dei giornali
ai Chierici studenti . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
48
Raccomandazioni di D . Bosco e di D . Rua , 51
V. Contro l'abuso delle vacanze presso i parenti ed amici
53
«... Omnium malorum afficina », 53
« Viribus unitis », 54
Due abusi da evitare, 55
VI. Sulla disciplina religiosa
57
Motivi di conforto, 57
Alla scuola di D. Bosco, 58
La disciplina secondo D. Bosco, 60
I due cardini della disciplina, 61
La Casa religiosa disciplinata, 61
Il rovescio della medaglia, 63
562

57.5 Page 565

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V antaggi della disciplina per l'individuo, 64
Per la nostra Pia Società, 65
Senza la disciplina tutto crolla, 66
Osservanza delle leggi canoniche, 67
Osservanza delle Costituzioni, 68
I regolamenti e le prescrizioni dei Superiori, 70
Il solerte custode della disciplina, 71
Stare in guardia contro Io spirito d 'indipendenza, 73
Stare in guardia dallo zelo temerario, 74
Hoc fac et vives... , 75
Appendice
Attribuzioni dell'Ispettore, 76
Formazione del personale, 77
Conservazione del personale, 77
Formazione del personale direttivo, 79
Noviziato, 79
Studentato Filosofico, 80
Studentato Teologico, 80
Studi superiori e universitari, 81
Sostenimento delle Case di Formazione, 81
Direttori, 82
Misure spiacevoli ma necessarie, 83
VII. Alcune im portanti comunicazioni
Le vacanze non siano troppo lunghe, 85
Nulla si stampi senza permesso, 86
Co me parlare della patria, 87
Amore al Vicario di Gesù Cristo, 87
VIII. Sulla vita d i fede ...... .
Necessità della vita di fede , 90
Le tre vite del cristiano, 90
I germi della vita di fede, 91
I benefizi della fede, 92
I gradi della fede, 93
I frutti della fede, 95
pag.
85
89
563

57.6 Page 566

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pag.
U valore delle opere nostre, 10 l
La fede e le pratiche di pietà, 102
La fede e la vocazione, 104
La fede del nostro Venerabile Padre, 105
Ricordi personali, 106
Ravviviamo in noi la fede, 107
Appendice
Sacra Liturgia, 109
Sommo Pontefice, 112
Giornali, 114
IX. Per il Monumento al Venerabile D. Bosco . . . . . . . . . . . . . . 117
Iniziativa degli ex-Allievi per un monumento, 117
Colletta da indire tra gli allievi delle nostre case, 119
X. Gli Oratori festivi - Le Missioni - Le vocazioni
121
Nella cameretta del Padre, 122
La pietra angolare dell'Opera nostra, 122
L'Oratorio festivo di D . Bosco è per tutti, 123
Per formare degni abitatori del cielo, 124
L'Oratorio è l'anima della nostra Pia Società, 124
Sempre avanti verso la mèta , 125
Le energie vitali dell'Oratorio , 127
Il segreto per farlo agire, 128
« ... L'Oratorio festivo è in te... », 129
La vera vita dell'Oratorio, 130
Sempre avanti, 131
Le nostre Missioni nella mente paterna, 132
La prima Missione Salesiana, 133
Il diploma dell'Apostolato, 134
Siate tutti Missionari!. .. , 135
La questione vitale per noi, 136
Mirabile fioritura di vocazioni..., 137
Vocazioni perdute per mancanza di coltura, 139
Bisogna coltivare le vocazioni, 139
Le attrattive divine, 140
56.4

57.7 Page 567

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pag.
Parlare della vita religiosa..., 141
Ispirarne il desiderio..., 142
I mezzi più efficaci... , 144
Il più bel monumento a D. Bosco, 145
XI. Sull'ubbidienza .. .. . ... . ... . ............. . .... .. .
147
L'attuale spirito di indipendenza, 148
li voto d ' ubbidienza , 149
« Factus obediens usque ad mortem », 149
Le tre unioni, 151
« Qui vos audit, me audit... », 152
.. . Due misteri, 153
« Subditi estote... propter conscientiam », 154
I figli dell'ubbidienza, 154
li voto più eccellente, 15 5
... Con gaudio e non fra gemiti e sospiri, 157
L'esempio del nostro Yen. Padre, 159
I disubbidienti, 160
Sacrifizio della volontà, 161
Sacrifizio dell'intelÌetto, 162
Pretesti per non assoggettarsi, 163
Prontezza nell'ubbidire, 164
« Non ex tristitia et necessitate», 165
« Nulla domandare, nulla rifiutare », 166
Speranze e voti, 167
XII. Anticipazione del XII Capitolo Generale per i due Cen-
tenari di Maria Ausiliatrice e di D. Bosco . . . . . . . . . . . . . . . . 168
Xlii. Motivi di conforto nelle attuali tristezze
Lo spirito di paternità e di figliuolanza, 171
Le conseguenze della guerra, 173
Povertà, economia ed unione di preghiere, 174
Un'ora con Papa Benedetto XV, 176
Patrono dei figli e modello degli educatori, l 78
Il più bel fiore dell'Oratorio, 179
171
565

57.8 Page 568

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pag.
Salutare risveglio negli Oratori festivi, 18 1
Uno sguardo alle nostre Missioni, 183
Per le vittime del terremoto abruzzese, 186
XIV. Disposizioni varie per i chiamati sotto le armi
188
Esortazione del Papa a pregare per la pace, 188
Corrispondenza con i confratelli militari, 189
Pratiche per l'assegnamento al servizio di sanità, 189
Anno scolastico e locali requisibili, 189
Militari chierici in sacris, 190
Titoli per la dispensa dal servizio militare, 190
XV. Facilitazioni governative per gli esami - Eccitamento ad
usufruirne . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 192
Convenienza di acquisire titoli legali, 193
Evitare vacanze in famiglia, 193
Corrispondenza frequente degli Ispettori coi Direttori, 194
Esercizi spirituali, 194
XVI. Effetti e ammaestramenti della guerra - Il primo Car-
dinale Salesiano - Il XII Capitolo Generale . . . . . . . . . . . . . . 195
L'avveramento di un voto di D . Rua, 196
I nostri festeggiamenti pel 1915..., 196
... furono sospesi a motivo della guerra, 198
Le dolorose conseguenze della guerra, 199
Dalla pietà il coraggio, 200
Dall'esempio paterno lo spirito di sacrificio, 20 I
Motivi di conforto, 202
I Salesiani negli eserciti, 203
Ammaestramenti della guerra, 204
Il primo Cardinale Salesiano, 204
li Xll C apitolo Generale, 206
XVII. Sulle cure da aversi per i Salesiani sotto le armi . . . . . . 209
Cura dei Direttori per i confratelli militari di loro dipendenza, 210
Cura dei Direttori per i confratelli militari che stazionano nella
loro prossimità, 2 IO
.566

57.9 Page 569

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pag.
XVIII. Sulla castità . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
212
Il titolo più onorifico per noi, 212
Ostie viventi, pure e accette a Dio , 213
Come gli Angeli di Dio, 214
Tutti i beni ci vengono da lei, 2 l5
La predilezione divina, 216
La purità e la scienza, 217
« Nec nominetur in vobis... », 21 9
La realtà d'una leggenda, 220
Per non cadere appigliamoci ai mezzi, 221
Preghiamo, 222
Confessiamoci, 222
Comunichiamoci, 223
Siamo divoti della Madonna, 22 3
Mortifichiamoci, 224
Fuggiamo l'orgoglio, 225
L'ozio, 226
Le cattive letture e relazioni, 226
Le amicizie particolari, 227
... Per l'innocenza del fanciullo , 228
I due diamanti, 229
XIX. « Facciamo di tutto per tener aperte le nostre Case anche nel
nuovo anno scolastico » . ..... . ...... . . .
230
Buona riuscita dello scorso anno scolastico, 230
Provvidenza per il nuovo anno, 231
Esercizi spirituali, 232
XX. Consigli ed avvisi per conservare lo spirito di D. Bosco
in tutte le Case . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 234
Modelli e maestri , 235
Spirito di pietà, 237
Costituzioni, 238
Povertà, 239
Castità, 242
Ubbidienza, 244
567

57.10 Page 570

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pag.
Correzione, 245
Paternità, 247
Umiltà, 248
Zelo, 250
XXI. Contro una riprovevole « legalità » . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 253
Basta l 'osservanza dello stretto dovere?, 254
La generosità di Dio verso il religioso , 255
« Si non places, non placas », 257
« Qui stat, videat ne cadat », 259
« Dixisti: suflicit, periisti », 260
« ... Due in altum! », 261
Due consolanti notizie, 263
XXII. Per i profughi delle regioni devastate dalla guerra
265
Nostra cooperazione specialmente per la gioventù, 265
Relazione ai Superiori sull 'opera prestata, 266
XXIII. Un mazzetto di notizie care . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 267
Tristi memorie... , 268
... Augurio e conforto soavissimo... , 268
Il voto più ardente dei nostri cuori, 269
« La più pura e splendida gloria nostra», 270
... Sempre di D. Bosco e con D. Bosco, 271
... Le dolci sembianze paterne..., 272
Un'altra gloria preclarissima, 273
Un vescovo Presidente di Stato, 275
Preziosi frutti del nostro campo... , 276
... I Salesiani nella milizia, 277
... Prodigio della pedagogia moderna, 279
XXIV. Sul Cinquantenario della Consacrazione del Santuario
di Maria Ausiliatrice in Valdocco
282
Feste di pietà e di r accoglimento, 282
La Madonna e D . Bosco, 283
568

58 Pages 571-580

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58.1 Page 571

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pag.
Lo scettro d'oro e la nostra consacrazione all'Ausiliatrice, 287
« Ad Jesum per Mariam », 290
L'inno della gratitudine, 293
Siamo Apostoli dell'Ausiliatrice, 294
Amiamola, imitando le sue virtù, 295
Formula per la consacrazione dell'Opera di Don Bosco a Maria
Ausiliatrice, 298
XXV. Per la Cronistoria della Congregazione . ... . ... .
300
Commissione al Segretario del Capitolo Superiore, 301
Relazioni al Segretario dalle Cronache delle singole case, 301
XXVI. Per i Confratelli reduci dal servizio militare . . . . . . . . 304
Disposizioni del Capitolo Superiore nei loro riguardi, 304
XXVII. Sulla dolcezza .. ...
306
Sempre uguale a se stesso!, 307
Nei panni dei nostri soggetti. .. , 308
Non è zelo lodevole... , 310
Gli angeli custodi visibili... , 311
Lezioni divine, 314
li nostro modello, 315
Siate padri più che superiori..., 318
Dolcezza e fermezza.. ., 319
XXVIII. Proroga del XII Capitolo Generale fino al 1922 . . . . 32 1
Eminenti consigli di ulteriore attesa, 322
XXIX. Appello agli Ispettori d'Europa per le Missioni Salesiane 324
Le visioni paterne intorno alle Missioni, 324
« ... Son pochi gli operai! », 326
« Preparate molti e buoni Missionari», 327
« È un vostro dovere urgente ! », 328
569

58.2 Page 572

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pag.
L'opera dei Figli di Maria Ausiliatrice, 329
Norme per la scelta dei Missionari , 329
Una tremenda responsabilità , 331
XXX. Invito all'inaugurazione del Monumento a D. Bosco . . 333
Susseguenti esercizi spirituali, 333
Nominativi di confratelli usciti, 334
XXXI. Per l'inaugurazione del Monumento al Venerabile
D. Bosco
335
Origine ed esecuzione del Monumento degli ex-allievi, 336
Il nostro monumento, 338
Bisogna saper amare i giovani, 339
Famigliarità e confidenza, 340
.. . Dolorose previsioni, 342
... E saranno nostri anche adulti, 343
« Viribus unitis », 344
XXXII. Annunzio della pubblicazione degli « Atti del Capitolo
Superiore »
346
Sue caratteristiche, 347
XXXIII. Il Monumento simbolo d'amore e sintesi dell'opera
nostra
348
Il simbolo dell'amore alle anime... , 349
Il fascino potente dello spirito di D . Bosco, 350
Siamo degni del Padre... , 351
I nostri ex-allievi, 35 2
La lettera del Papa ai Cooperatori, 353
XXXIV. Disimpegno diligente dei propri doveri . . . . . . . . . . . . 356
Attribuzioni dei membri del Capitolo Superiore e del Segre-
tario, 357
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XXXV. Don Bosco nostro modello nell'acquisto della perfezione
religiosa, nell'educare e santificare la gioventù, nel trattare
col prossimo e nel far del bene a tutti . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 360
« Exemplum dedi vobis », 361
Soavi ricordi personali, 362
La genesi della nostra Regola, 363
Apostolato santificatore, 364
Come D. Bosco cresciamo ogni dì nella perfezione, 365
L 'atto più perfetto di D . Bosco, 367
Gettiamoci anche noi fra le braccia di Dio, 368
I dieci diamanti, 370
Il fondamento dell'apostolato, 371
Il dono della predilezione verso i giovani, 372
Bisogna amare i giovani, 372
.. . Come ci am ava D. Bosco, 373
La carità e il timor di Dio. 374
Anime e Paradiso!, 376
Mettere i giovani nell'impossibilità di offendere D io , 376
Missione educativa soprannaturale, 378
Scuola di belle maniere, 378
Come dobbiamo trattare col prossimo, 379
« Dobbiamo far del bene a tutti », 381
La politica di D. Bosco sia la nostra , 381
XXXVI. Norme per la visita delle Case . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 384
D alle vacanze all'inizio del nuovo anno , 384
Importanza somma della visita ispettoriale, 385
Cura del Direttore per i Confratelk 386
Come curare gli studi ecclesiastici, 388
Cura dei Sacerdoti novelli, 389
Il caso mensile e gli esami annuali, 389
Vigilanza sui Confessori, 391
Come esercitare questa vigilanza, 392
Per la comunicazione delle Facoltà della S. Penitenzieria, 394
XXXVII. Le strenne per l'anno 1921 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 396
La nomina del C ardinal Cagliero alla sede di Frascati, 397
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XXXVIII. Memorabile udienza pontificia e notizie care . . . . . . 399
Il mio maggior conforto, 399
« Oh se fossero qui tutti! », 401
... Il Papa e D. Bosco, 402
« Senza pretendere di migliorare le Costituzioni », 403
Il nostro Cardinale, 403
L'Istituto delle Figlie di Maria Ausiliatrice, 404
La « Vita di D . Bosco », 405
La nostra riconoscenza, 405
Nuove indulgenze alla preghiera a Maria Ausiliatrice, 406
Per il patrono della Chiesa Cattolica, 406
XXXIX. Norme per la Direzione spirituale dell'Istituto delle
Figlie di Maria Ausiliatrice . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 409
Il loro delegato apostolico, 409
Parte dispositiva del Decreto Apostolico, 410
Direzione paterna, 412
Campo per l'esercizio di questa paternità, 413
Estensione di questo campo, 414
L'imitazione di D . Bosco e di M adre Mazzarello, 416
Per il progresso scientifico, 417
Per l'amministrazione ed economia, 41 8
Norme pratiche, 419
Appendice
XL. D. Bosco modello del Sacerdote Salesiano . . . . . . . . . . . . . . 424
Il prete salesiano dev 'essere un altro D . Bosco, 425
L'eccelsa dignità sacerd otale, 426
Sempre prete in ogni istante!, 427
Dobbiamo studiare continuamente, 428
I vari fini dello studio, 430
Il nostro studio principale, 430
Approfo ndire lo studio della teologia, 432
Storia e liturgia, 434
Per dare un'impronta propria alle nostre scu ole, 435
Letture di giornali e libri di proprio uso, 437
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Per la nostra vita morale e religiosa, 438
Verso una perfezione sempre più alta, 440
Costituzioni e tradizione salesiana, 441
Come dev 'essere la nostra orazione, 442
Metodo per far bene l'orazione, 443
La recita dell'Ufficio Divino, 445
La celebrazione della S. Messa, 448
Durante e dopo la S. Messa, 449
Il Sacramento della Confessione, 451
Perchè la Confessione frequente è poco fruttuosa, 45 3
Il giorno della Confessione, 454
Necessità della direzione spirituale, 456
Il còmpito del direttore spirituale, 45 8
L'esa me quotidiano è indispensabile, 460
... Sopratutto l'esame particolare, 462
Le nostre divozioni, 465
... Per l'esercizio delle virtù, 466
Lo spirito di mortificazione, 469
Santifichiamoci!, 470
XLI. Preghiere per gli ex -allievi - Divozione a Maria SS. Ausi-
liatrice . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 473
Dagli ex-allievi domanda di particolare « Ave Maria » nelle pre-
ghiere dei nostri alunni, 474
Testo della proposta, 475
Occasione di m aggiore pietà Mariana per l'incipiente Mese di
Maggio, 477
XLII. Sulle vocazioni
La preghiera e l'opera nostr a per le vocazioni, 48 1
La genesi della vocazione, 482
« Si vis perfectus esse... ! », 483
La vocazione è divina, ma libera, 484
La chiamata del Vescovo e l'accettazione del Superiore... , 485
Una risposta del Catechismo, 486
Le vocazioni salesiane dipendono da noi!, 488
La vocazione secondo il Yen. D. Bosco, 489
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.. . Nella visione paterna, 491
Il segreto per avere molte vocazioni, 493
Un pescatore meraviglioso, 494
« C ome fa il giardiniere delle piante.. . », 496
Siamo cercatori di vocazioni!, 497
La caratteristica dello spirito salesiano, 498
li terreno più propizio per le vocazioni, 499
I veri apostoli delle vocazioni, 500
L 'attrattiva per la purezza... , 502
Coltiviamo la purezza nei nostri giovani, 503
La missione del coadiutore salesiano, 504
Ad maiora natus sum!, 506
Il bisogno di darsi e di sacrificarsi, 508
Lo spirito soprannaturale, 509
Le virtù soprannaturali, 5IO
Seminiamo le vocazioni, 511
.. . Con la preghiera e le mortificazioni, 512
... Con la santità personale, 514
Deliberazioni del Capitolo Superiore, 516
Ciò che devono fare gli Ispettori, 518
È indispensabile l'opera del Direttore, 521
La cooperazione di tutti, 527
« Se nella mia fanciullezza... », 528
A p pendi ce
I ) Dagli scritti del Yen. D . Bosco , 531
C he devo fare , finito il ginnasio?, 531
Requisiti per la elezione dello stato, 533
Mezzi per accertarsi della vocazione, 534
Testimonianza del confessore, 535
Accrescere il personale, 537
O pera « Figli di M aria», 539
Vocazioni ecclesiastiche anche secolari, 539
Cura delle vocazioni ecclesiastiche, 540
2) Dagli scritti del venerando D . Rua, 543
Confratelli coadiutori per le vo cazioni tra gli alunni artigiani, 544
Chiave maestra pel bene delle case e delle vocazioni, 545
Zelo speciale di D . Bosco per le vo cazioni, 546
Esortazio ne, 547
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XLITI. Convocazione del Capitolo Generale XII - La revi-
sione delle Costituzioni - Il terzo Centenario della morte
di S. Francesco di Sales
548
Dodici anni senza Capitolo Generale!, 548
Convocazione e preghiere, 550
Revisione e nuova approvazione delle Costituzio ni , 551
Il Centenario del nostro Patrono, 552
L'apostolato del Salesio e di D . Bosco, 553
I nostri festeggiamenti , 555
« Il Figlio del S. Cuore di Gesù », 557
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